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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative connesse all'accertamento di responsabilità con riguardo agli scontri verificatisi a Nassiriya nella notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 - n. 2-00800)
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00800, concernente iniziative connesse all'accertamento di responsabilità con riguardo agli scontri verificatisi a Nassiriya nella notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, la nostra interpellanza trae spunto e ragione dalle conclusione dell'iter processuale avviato dal tribunale militare di Roma, in seguito alla vicenda relativa a un episodio di guerra in cui furono coinvolti i militari italiani del contingente inviato a Nassiriya.
Nell'agosto del 2004, in Iraq, mentre era in corso un confronto militare assai aspro tra le truppe statunitensi e i miliziani di Moqtada Al Sadr, nella città di Najaf, si verificarono scontri anche a Nassiriya, che videro coinvolti i militari italiani di stanza in quell'area (in particolare, il reggimento lagunari Serenissima, lì presente in quel periodo), schierati in difesa dei tre ponti sull'Eufrate.
Un filmato girato da un giornalista americano, Micah Garen, che in quel periodo si trovava ospite del contingente italiano, portò alla luce una testimonianza importante del conducente dell'ambulanza che venne coinvolta nella sparatoria e che subì conseguenze drammatiche. Il conducente sosteneva che i militari italiani avessero sparato contro l'ambulanza che trasportava una donna partoriente all'ospedale di Nassiriya, provocando la morte della donna e di altre persone.
Il 27 agosto del 2004, vi fu una seduta delle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato per ascoltare le comunicazioni del Governo in ordine agli eventi iracheni di quel periodo e, in particolare, in ordine alla drammatica vicenda del rapimento e dell'uccisione del giornalista Pag. 37italiano Enzo Baldoni. Nel corso della seduta, da alcuni parlamentari, tra cui la sottoscritta, furono chiesti chiarimenti in relazione alla notizia della sparatoria sull'ambulanza in questione.
In quella occasione, l'allora Ministro degli affari esteri Frattini, alla presenza del Ministro della difesa Martino, respinse, con molta foga e forza, ogni addebito, dichiarando che le notizie, circolate anche sulla stampa italiana in seguito alle testimonianze del giornalista americano Garen, erano assolutamente destituite di qualsiasi fondamento.
Peraltro, attraverso l'accertamento compiuto dall'autorità giudiziaria, è emerso - in modo incontrovertibile - che i fatti si sono realmente verificati secondo le modalità indicate dal giornalista americano. In particolare, dalla sentenza, emessa recentemente dal tribunale militare di Roma, emerge che il veicolo colpito era davvero un'ambulanza dell'ospedale civile di Nassiriya, recante gli usuali contrassegni e dispositivi luminosi, e che a bordo di essa si trovavano sette persone, tre delle quali sedute sui sedili anteriori, che sono sopravvissute, e altre quattro posizionate nella parte posteriore, morte in seguito all'esplosione della vettura causata dai colpi dei militari italiani.
Il tribunale militare ha assolto i militari implicati nella vicenda, ma ha accertato il carattere obiettivamente criminoso del fatto per l'assenza di ogni causa di giustificazione, asserendo, in qualche modo, che i militari avevano preso fischi per fiaschi, ossia che avevano male interpretato ciò che si stava muovendo davanti ai loro occhi.
Non si trattava pertanto di un'autobomba - è scritto nella sentenza -, di un veicolo organizzato ad autobomba, che si dirigeva a luci spente verso il contingente italiano e che veniva fatto esplodere per sventare un attentato, come emerso dalla testimonianza fornita dai militari implicati e dalle autorità militari che hanno condotto l'inchiesta di loro pertinenza. Si trattava di un'autoambulanza che si è incendiata solo a causa delle sventagliate di mitragliatrice esplose dai lagunari della Serenissima con l'arma di reparto.
Chiediamo di sapere se il Governo nel frattempo, quello precedente o l'attuale, dato che la competenza riguarda entrambi, abbia risarcito il danno ai familiari delle vittime o in difetto se intenda risarcirlo al più presto; chiediamo di conoscere lo stato delle cose su questo punto di estrema importanza.
Chiediamo di sapere, inoltre, se le regole di ingaggio applicate dal dispositivo militare di accompagnamento dell'invio del contingente italiano a Nassiriya prevedessero una tale evenienza. Tutto ciò è scritto nel testo dell'interpellanza, ma voglio precisare meglio la domanda, dato che certamente non poteva essere prevista la possibilità di aprire il fuoco anche contro le ambulanze in deroga all'articolo 191 del codice penale militare di guerra. Vogliamo sapere se le regole di ingaggio vennero formulate - su questo insisto perché lo voglio proprio sapere - in maniera non adeguata a mettere in evidenza l'assoluto vincolo inibitorio affinché si potessero svolgere azioni di questo genere.
Chiediamo anche di sapere se il Governo intenda accertare se i fatti si siano svolti secondo la testimonianza dell'autista e secondo il racconto che ha fatto il giornalista americano anche alla luce della sentenza del tribunale militare di Roma che - ripeto - da una parte si assolve in nome di un accreditamento di non comprensione di quello che stava succedendo, ma dall'altra riconosce l'evento criminoso. Domandiamo se il Governo intenda accertare, altresì, alla luce di questa importante sentenza, le responsabilità della catena di comando del battaglione lagunari «La Serenissima» e dei comandanti della missione Antica Babilonia nella diffusione di informazioni false all'opinione pubblica e alle autorità politiche del nostro Paese.
Intendiamo sapere, infine, se il Governo non ritenga che l'encomio concesso dal generale Corrado Dalzini al maresciallo Stival, il sottufficiale che ha ordinato di aprire il fuoco contro l'ambulanza, non costituisca un atto illegittimo di compiacimentoPag. 38 dato il carattere criminoso dell'episodio secondo la definizione che ne fornisce la sentenza e se intenda prendere provvedimenti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'interpellanza in esame si riferisce alla vicenda degli scontri avvenuti nella notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 a Nassiriya tra i miliziani sciiti e i militari italiani della task force «Serenissima», per il controllo dei tre ponti che collegano, lungo il fiume Eufrate, le zone nord e sud della città, con particolare riferimento all'episodio che ha visto coinvolto un veicolo civile, rivelatosi alla luce dei fatti un'ambulanza che, mentre tentava di attraversare il ponte «Charlie», verso le 3,30, del 6 agosto 2004, veniva fatto segno da fuoco erogato dai militari del contingente italiano.
In via preliminare, nell'affrontare tale complessa e delicata vicenda si ritiene opportuno, anche per una questione di sensibilità istituzionale e di dovere etico, assumere atteggiamenti improntati a criteri di equilibrio, chiarezza e buonsenso, nell'interesse generale di pervenire, sempre e comunque, al primato della verità.
Tale sottolineatura appare doverosa nella considerazione che l'interpellanza in discussione, che si impernia sostanzialmente sulla sentenza di assoluzione dei militari italiani coinvolti nell'episodio predetto, così come è stata formulata, non si basa evidentemente su un quadro della situazione completo e pare presentare l'occasione per deduzioni o valutazioni non appropriate.
In effetti è l'intera citata sentenza del giudice per l'udienza preliminare, in data 9 maggio 2007, che va presa in considerazione, senza sottrarne parti essenziali e ridurla ad una lettura selettiva. Soltanto un esame completo della stessa sentenza, nella sua interezza, può consentire un approccio soddisfacente alla vicenda e offrire gli elementi oggettivi di valutazione.
All'interno di detta sentenza, in particolare in alcuni punti che vanno messi qui in evidenza, risiedono anzitutto le risposte alle domande di cui all'interpellanza.
Fatta questa premessa, con riferimento all'aspetto secondo cui sarebbero state fornite, dai comandi militari in teatro, informazioni e versioni dei fatti false «nel tentativo di allontanare da sé la responsabilità per un evento criminoso», come pure al presunto «castello di menzogne attraverso il quale si è voluta negare perfino l'esistenza del fatto materiale», si ritiene che la sentenza consenta di fare ampia luce.
Dall'analisi della sentenza, infatti, con particolare riguardo alla parte in cui il gruppo ricostruisce la dinamica dell'episodio, lo stesso giudice evidenza, spiegandone le ragioni, il diverso tenore delle deposizioni rese da numerosi militari italiani; deposizioni che appariranno non soltanto contrastanti con le testimonianze rese dai cittadini iracheni, ma anche divergenti tra loro.
In proposito, la sentenza stessa fa riferimento al fatto che «le condizioni di particolare tensione operativa, nonché le difficoltà visive derivanti dal buio notturno (...), le diverse posizioni occupate da ogni singolo militare (...), possono con tranquillità spiegare le divergenze e le imprecisioni che è stato possibile evidenziare nelle ricostruzioni del fatto (...), senza doversi spingere fino ad ipotizzare falsità artatamente preordinate ovvero muri di omertà».
Ancora, la sentenza afferma: «appare comunque non convincente ed anzi destituita di fondamento la tesi di un muro di omertà costruito da una sorta di congrega, preoccupata solo di dichiarare il falso a chiunque cercasse di accertare quanto accaduto in quella notte».
D'altro canto, sempre secondo quanto si rileva dalla sentenza, «l'episodio in questione non è stato nascosto dai militari operanti sin dal suo primo verificarsi, nella sua immediatezza; tanto è vero che sul registro degli avvenimenti della "Serenissima" si legge (...): "un mezzo stava Pag. 39attraversando il ponte C non fermandosi all'alt e sparando contro il dispositivo, veniva colpito da colpi di arma da fuoco ed esplodeva"».
Dalla lettura di tali passaggi si rileva che, nell'immediatezza del fatto risultava obiettivamente operazione complessa ricostruire con precisione i fatti e la dinamica dell'episodio. Riguardo alla deduzione degli onorevoli interpellanti secondo cui l'autorità giudiziaria avrebbe «accertato il carattere obiettivamente criminoso del fatto per l'assenza di ogni causa di giustificazione», si osserva che lo stesso GUP giunge a conclusioni diametralmente opposte a tale deduzione.
In particolare con riferimento alla ricostruzione del fatto, il GUP ritiene sia necessaria «una sua più ampia contestualizzazione».
Infatti nella citata sentenza, si legge: «i nostri militari si trovavano nella notte tra il 5 il 6 agosto 2004 a fronteggiare un attacco di vaste dimensioni belliche; durante il suo perdurare si verificavano vari tentativi di attraversare il ponte denominato «Charlie» ad opera di svariati autoveicoli; mentre in tutte le altre occasioni i conducenti ottemperavano alle intimidazioni a tornare indietro, in due casi ciò non si verificava». Uno dei due casi è proprio quello di cui si sta discutendo.
«Tutto questo» - continua la sentenza - «in un più generale contesto operativo in cui occorreva non solo rispondere militarmente ad eventuali aggressioni in campo aperto, per così dire di natura tradizionale, ma anche tener conto che non infrequentemente dal fronte opposto si sarebbe fatto ricorso a strumenti di guerra nuovi e diversi, in estrema sintesi qualificabili come terroristici e di guerriglia».
La medesima autorità giudiziaria - va rimarcato - ha assolto i militari italiani, «perché» - come affermato nella sentenza, - «persone non punibili per aver ritenuto di agire in stato di necessità militare».
Le considerazioni sullo stato di necessità valgono anche per la più ampia questione riguardante le regole d'ingaggio rispetto al richiamato articolo 191 del codice penale militare di guerra.
Le regole di ingaggio sono vincolate ai principi del diritto internazionale, pattizio ed umanitario, e sono assunte in conformità alle vigenti leggi penali, ordinarie e militari, e devono rispondere ai criteri di necessità e proporzionalità dell'azione. Da una parte, quindi, queste regole servono a codificare l'autodifesa, dall'altra devono precisare il livello di uso della forza, per raggiungere lo scopo della missione nel caso in cui vengano incontrati atteggiamenti ostili.
In particolare, l'autorità giudiziaria fa rilevare, nell'ambito della sentenza, che la possibilità di utilizzare la forza in modo adeguato è stata applicata in maniera del tutto legittima, benché condizionata dallo stato di necessità militare. Nel particolare contesto operativo di cui si discute, i militari, fra l'altro, avevano «l'oneroso compito di adottare provvedimenti e di intraprendere iniziative di particolare delicatezza e difficoltà, talvolta in tempi e modi rapidissimi». Il comportamento tenuto dai militari, pertanto, è stato ispirato ai principi di proporzionalità e necessità e l'uso della forza è stato deciso solo dopo aver rilevato l'inefficienza delle altre disposizioni poste in essere per dissuadere il mezzo dell'attraversamento del ponte.
La sentenza, ha tra l'altro, accertato che «i mezzi da loro utilizzati per fronteggiare la situazione di ritenuto pericolo erano (...) gli unici disponibili e comunque proporzionati (...)». Sulla specifica circostanza, il giudice afferma che: «a fronte di tali ritenute emergenze operative non si poteva far altro che, ed in pochi istanti, decidere di applicare le regole di ingaggio (...) facendo uso delle armi a disposizione e della successiva gradualità prescritta. Non vi era altra possibilità per impedire che il veicolo in questione oltrepassasse il limite di sicurezza, che esso si avvicinasse ulteriormente al dispositivo, tanto più che era giunto a distanza ravvicinata, qualificabile in non più di cinquanta o sessanta metri».
Con riferimento, poi, alle richieste di risarcimento danni, si rappresenta che agli Pag. 40atti del procedimento penale sono presenti istanze di risarcimento o aiuto economico, formulate dai parenti delle vittime a margine e nel corso dei relativi verbali di assunzione di informazioni come persone informate sui fatti.
Tali verbali furono redatti dal Provost Marshall del contingente italiano e trasmessi alla procura militare della Repubblica di Roma a seguito e a corredo della notizia di reato, nella prima fase delle indagini militari, in data 31 agosto 2004. Nessuno dei parenti delle vittime risulta, però, essersi formalmente costituito nel procedimento come persona danneggiata, ai sensi dell'articolo 90 del codice di procedura penale ovvero come parte civile, ai sensi degli articoli 74 e 76 dello stesso codice. La predetta sentenza non contiene, pertanto, alcuna statuizione civile a favore delle persone offese. Ogni valutazione economica sarà conseguente al giudicato penale.
Con riferimento, infine, all'aspetto relativo alla presunta concessione di un encomio a favore del maresciallo Stival, gli organi militari competenti hanno reso noto che, dall'esame dello stato di servizio dell'interessato, non risulta alcuna trascrizione a matricola in tal senso.
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, mi dichiaro molto insoddisfatta, ma mi aspettavo una risposta di questo genere, perché tutto ciò che riguarda l'ambito militare è protetto o dai segreti militari o dalla protezione istituzionale e politica non di questo Governo, ma dei Governi in genere.
Vorrei avanzare alcune osservazioni, alcune considerazioni politiche e, poi, alcune precisazioni contestuali. La partecipazione del nostro Paese all'impresa statunitense in Iraq non è stata una qualsiasi missione militare. È stata la scelta di far parte di una spedizione di aggressione all'Iraq che ha comportato prezzi pesantissimi per il nostro Paese, sia dal punto di vista dei vincoli costituzionali, sia del rispetto del diritto internazionale, delle convenzioni e delle alleanze, sia dal punto di vista dei costi umani che il Paese ha avuto (voglio ricordare l'attentato ai carabinieri italiani sempre a Nassiriya).
Pertanto, credo che una sensibilità politica da parte del Governo Prodi - che ha voluto sancire la fine dell'impresa militare italiana a Nassiriya - avrebbe richiesto una risposta ispirata al pensiero politico e non soltanto un'informazione burocratica, mediante un'interpretazione letterale della sentenza del tribunale o in relazione ai fatti così come raccontanti dalle relazioni delle autorità militari.
Inoltre, ci saremmo aspettati una sensibilità politica che mettesse l'accento sulla tragicità di quell'episodio e non sulle ragioni per si è sparato addosso ad un'autoambulanza con i segnali, le luci e tutto quello che poteva far riconoscere che si trattava di un'autoambulanza, anziché di un veicolo per il trasporto del pane, spedito contro il contingente italiano, rendendo necessaria una capacità di lettura di quella tragica storia di una donna irachena partoriente e bisognosa di cure specialistiche trasportata su un'ambulanza, colpita e morta nella battaglia dei tre ponti, nel corso della quale i militari italiani sono stati coinvolti in un conflitto a fuoco pesantissimo, che di per sé, in radice, contraddiceva la denominazione dell'impresa italiana come impresa e missione di pace.
Pertanto, signor sottosegretario, a mio avviso nella risposta del Governo vi è la dismissione di qualsiasi obbligo (in primo luogo morale, trattandosi di un episodio per noi così tragico, oltre che politico e istituzionale) di prendere in considerazione seriamente la situazione, e non dal punto di vista tecnico relativo all'assoluzione di quei militari, e di porre all'ordine del giorno un episodio sul quale bisognerebbe ricostruire elementi di memoria che ci servano anche per il futuro - in considerazione del peso e del posto che le missioni militari occupano nella politica internazionale del nostro Paese - affinché episodi di questo genere non si debbano Pag. 41più ripetere. Questa, perlomeno, dovrebbe essere, per così dire, la lezione morale oltre che politica da trarre.
Inoltre, vorrei fare delle osservazioni specifiche. Non ho negato che vi sia stata l'assoluzione dei militari ed ho anche espresso - nella breve illustrazione che ho svolto - le ragioni di contesto che, secondo la sentenza, in qualche modo, hanno costretto i militari italiani a vedere quello che non c'era, a causa della tensione enorme, dell'enorme coinvolgimento nella sparatoria (che deve essere stata una esperienza molto faticosa) a causa delle luci e di tutto il resto.
Tuttavia, la sentenza assolve in nome di ciò, ma non nega la natura criminosa dell'episodio: questo è il fatto!
Ricordo che nell'ordinanza per la formulazione dell'imputazione a seguito dell'archiviazione non accolta - ordinanza del GIP del tribunale militare di Roma - l'interpretazione delle implicazioni che l'episodio criminoso ha avuto, sia sulle vittime, sia sulle responsabilità dei militari, è invece espressa con grandissima crudezza e chiarezza. Quello al codice penale militare di guerra è un riferimento di cui si mette in evidenza il carattere strettamente vincolante e non casuale o sottoponibile a verifiche di necessità, maggiore o minore, da parte dei militari implicati.
Da quanto da lei affermato, signor sottosegretario, parrebbe che il codice penale militare di guerra (l'articolo 191 in maniera particolare, e comunque il complesso delle disposizioni che vincolano le azioni militari a una strettissima tutela dei privati che non compiano atti ostili nei confronti delle truppe italiane in qualsiasi paese) non sia strettamente vincolante. Voglio ricordare che il codice penale militare di guerra, cui facciamo riferimento, risale al 1938, quindi è datato; tuttavia gli articoli che riguardano la tutela dei civili non implicati in atti ostili e la protezione di persone ferite, malate e del personale sanitario sono espressi in un contesto di vincolo strettissimo che - al contrario di quanto lei ha affermato o di quanto gli uffici le hanno scritto, signor sottosegretario - non può essere in nessun modo sottoposto al vaglio, alla misura, alla convenienza e all'opportunità dei militari impegnati in battaglia. Invece, da come lei presenta l'interpretazione di questi articoli, parrebbe che si possano rispettare o meno le norme del codice a seconda del contesto.
Quando chiedo se le regole di ingaggio fossero chiaramente definite rispetto al codice penale militare di guerra (che era quello cui era sottoposta l'impresa) intendo proprio sapere se queste regole - dal momento che era la prima volta che si utilizzava il codice penale militare di guerra in quell'impresa - prevedessero con cura e con carattere vincolante l'osservanza di quella parte del codice penale militare di guerra che detta le regole...
PRESIDENTE. Onorevole Deiana, concluda.
ELETTRA DEIANA. ...che disciplinano il rapporto con i civili, con i malati, con il personale sanitario e via discorrendo.
Insomma a me pare che la risposta che il Governo ha fornito non sia assolutamente soddisfacente e che tutta la vicenda della partecipazione italiana alla guerra in Iraq (così drammaticamente segnata, appunto, dalla violazione della Costituzione e del diritto internazionale, da lutti nostrani e da questa vicenda drammatica di uccisione di gente innocente), aspetti ancora una riflessione pubblica etico-politica all'altezza del coinvolgimento che il nostro Paese ha avuto in quella sciagurata guerra.
(Misure a favore dei comuni siciliani colpiti dal maltempo nel mese di ottobre 2007 - n. 2-00824)
PRESIDENTE. L'onorevole Briguglio ha facoltà di illustrare l'interpellanza La Russa n. 2-00824, concernente misure a favore dei comuni siciliani colpiti dal maltempo nel mese di ottobre 2007, (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmatario.
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CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il 25 ottobre di quest'anno un violento nubifragio ha colpito la città di Messina, in particolare la zona sud della città ed altri comuni della fascia ionica messinese.
Si è trattato di un evento che nei giorni immediatamente precedenti era stato preceduto da eventi similari, che hanno colpito in particolare l'hinterland del comune di Taormina e i comuni di Taormina, Giardini-Naxos e Castelmola. Si tratta di un nubifragio che ha complessivamente messo in ginocchio un territorio, perché ha duramente colpito opere pubbliche, che oggi non esistono più, e ha messo a dura prova anche le finanze e la capacità di reazione di questi comuni, che, a parte il capoluogo, hanno dimensioni minime e risorse finanziarie molto ristrette.
Solo per un caso non ci sono state vittime! Ci sono stati notevoli danni, oltre che alle strutture pubbliche, anche ad abitazioni private e a privati cittadini. C'è anche una dimensione economico-produttiva della vicenda, perché questi eventi hanno duramente colpito e obbligato alla chiusura aziende artigiane, commerciali, industriali e turistiche di tutta la zona e c'è anche, a parte, il capitolo dei danni subiti dalle aziende agricole.
Si pone un problema immediato: venire in aiuto alle amministrazioni che presiedono al governo del territorio da un punto di vista operativo, per ripristinare le opere pubbliche che sono state gravemente danneggiate o, in alcuni casi, del tutto cancellate.
C'è un problema - su questo chiediamo che il Governo intervenga - di come risarcire privati cittadini ed aziende ed aiutare le aziende agricole. Spesso sono state colpite delle produzioni pregiate - cito per tutte il caso del limone interdonato - come tali riconosciute dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. È anche importante non fermarsi a ciò, perché questa vicenda ha dimostrato l'estrema fragilità dello stato ambientale e idrogeologico di questo territorio sensibile.
Su questo aspetto credo che sia necessario sottolineare che bisogna procedere ad un attento e immediato monitoraggio di quel territorio sul piano idrogeologico e, per non lasciare poi le cose per aria e per essere estremamente concreti, è anche necessario che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel momento in cui quest'anno procederà alla programmazione della destinazione delle risorse per interventi finalizzati proprio all'obiettivo di combattere il dissesto idrogeologico, tenga conto di queste situazioni.
Questi eventi si potrebbero replicare già domani, con esiti, essendosi verificati durante le ore del giorno e non della notte, che potrebbero essere ben più drammatici rispetto ai risultati che abbiamo registrato in questa occasione, che hanno finito per colpire aziende, famiglie, privati, abitazioni, ma per fortuna senza provocare vittime, ma soltanto qualche ferito.
Chiediamo che il Governo proceda con interventi concreti ed efficaci e valuti l'opportunità di proclamare lo stato di calamità naturale e predisponga tutti quegli strumenti che possano coprire sia i danni verificatesi alle strutture pubbliche (i titolari, quindi, sono i comuni e le amministrazioni pubbliche) sia quelli subiti dai privati, dalle aziende e dalle imprese le quali sono state messe a dura prova da questi eventi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, in effetti nel pomeriggio del 25 ottobre 2007 il settore ionico del territorio provinciale di Messina è stato interessato da precipitazioni meteorologiche che, localmente, hanno assunto carattere di notevole intensità.
In particolare, secondo quanto comunicato dal Centro funzionale regionale, in località Santo Stefano di Briga, nella parte meridionale del territorio comunale di Messina, sono stati registrati dalle ore 16 alle ore 18 dello stesso giorno 82 millimetriPag. 43 di pioggia, ascrivibili ad un tempo di ritorno superiore a vent'anni, corrispondente ad una criticità idrogeologica elevata. Le precipitazioni si sono concentrate tra le ore 16,40 e le ore 17,40, ed in questo intervallo temporale sono stati registrati 68 millimetri di pioggia e sono stati segnalati allagamenti dovuti all'esondazione del torrente Santo Stefano.
Nel corso delle precipitazioni la Sala situazioni Italia ha raccolto numerose segnalazioni di smottamenti ed allagamenti sulla viabilità che unisce Catania a Messina, ed alcuni anche nella zona di Messina. In particolare, l'autostrada A18 Catania-Messina è stata chiusa per alcune ore nel tratto tra Giardini-Naxos e Messina ed il traffico è stato deviato sulla strada statale 114 Orientale Sicula dove, a causa degli allagamenti diffusi, si sono formate lunghe file di automobilisti che hanno creato difficoltà al passaggio dei soccorsi.
Inoltre, la predetta Sala situazioni Italia ha segnalato l'interruzione, provocata da frane e smottamenti, della strada stradale 114 nel tratto tra Tremestieri e Alì Terme ed il cedimento di una spalletta di un ponte ferroviario, con la conseguente interruzione del traffico su rotaia nel territorio comunale di Scaletta Zanclea.
Frane ed allagamenti sono state segnalati nel comune di Roccalumera, in località Giampilieri, nel territorio comunale di Messina, in località Contesse, mentre ad Alì Terme la via di accesso ad un agriturismo è stata resa impraticabile dalla pioggia. Sono stati comunicati anche disagi per la fornitura dell'energia elettrica.
I fenomeni meteorologici sopra descritti hanno avuto una durata di circa tre ore e sono andati progressivamente attenuandosi quando le cellule temporalesche che li avevano originati si sono allontanate in direzione del Mar Ionio. Il personale del comune di Messina e della regione siciliana, in continuo contatto con i funzionari del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, hanno monitorato costantemente l'evento, effettuando interventi di urgenza finalizzati al ripristino della viabilità.
Come sopra evidenziato, le precipitazioni registrate sono state molto localizzate; a tal riguardo si segnala che, al di là di quanto rilevato a Santo Stefano di Briga, nessuna stazione pluviometrica ha misurato precipitazioni riferibili ad una criticità superiore a quella di livello ordinario (nel territorio provinciale di Catania, il sensore che ha registrato la massima precipitazione è quello di Linguaglossa, con 34 millimetri). Si sottolinea invece che gli effetti delle precipitazioni meteorologiche sono stati esasperati dalle inadeguate condizioni di manutenzione del bacino idrografico del torrente Santo Stefano di Briga. Al riguardo si fa presente che, dopo aver ricevuto da parte della II Circoscrizione «Santo Stefano» del Municipio di Messina una segnalazione, datata 1o agosto 2005, relativa ad una possibile situazione di rischio di esondazione per le strutture e le abitazioni poste lungo il torrente Santo Stefano a valle della Contrada Scordo, il Dipartimento della protezione civile ha inviato una nota alla Protezione civile regionale e al comune di Messina, invitandole a verificare quanto segnalato, ponendo particolare attenzione alle opportune iniziative volte a tutelare la pubblica e privata incolumità.
Successivamente, il 5 ottobre 2006, il Dipartimento regionale della protezione civile ha comunicato al Dipartimento della protezione civile e agli enti interessati gli esiti di un sopralluogo esperito congiuntamente con funzionari dell'amministrazione comunale di Messina. Nel corso del sopralluogo i funzionari hanno rilevato l'assenza sia di opere idrauliche volte al rallentamento del deflusso delle acque, sia dei muri di argine, capaci di contenere l'espansione laterale delle piene. È stata inoltre segnalata la presenza di attraversamenti in alveo con luce insufficiente e facilmente ostruibili, nonché l'utilizzo di alcuni tratti della linea di impluvio come vie di accesso alle case adiacenti l'alveo.
In relazione alla situazione idrogeologica, si fa presente che, con l'articolo 27 della legge n. 179 del 2002, è stato previsto un finanziamento per la realizzazione del piano straordinario di telerilevamento ad Pag. 44alta precisione per le aree a rischio idrogeologico. Tale piano nasce per supportare le esigenze delle amministrazioni centrali che hanno il compito di coordinare le attività per la difesa del suolo, prevedere e gestire le conseguenze degli eventi naturali nei casi di emergenza e gestire le competenze nazionali di tipo geotopocartografico e di sicurezza. La sua attività è finalizzata all'individuazione e alla successiva acquisizione di dati da telerilevamento aereo e satellitare, utili ai progetti di interesse regionale, in un'ottica di economia di scala, per le attività specifiche di ogni amministrazione o ente che faccia uso.
Nel caso specifico, l'acquisizione dei dati potrà consentire il monitoraggio idrogeologico ed ambientale delle aree interessate dagli eventi calamitosi, l'individuazione delle zone colpite e la prima valutazione dei danni. A tal fine è stato esperito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un bando di gara al cui esito sarà possibile avviare tutte le procedure necessarie all'attivazione del piano straordinario di telerilevamento.
Infine, si fa presente che, ad oggi, non risulta pervenuta, da parte della regione siciliana, alcuna istanza relativa alla richiesta di delibera dello stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992.
PRESIDENTE. L'onorevole Briguglio ha facoltà di replicare.
CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, mi dichiaro abbastanza insoddisfatto poiché, pur rispettando l'esposizione e il lavoro del rappresentante del Governo, mi sembra che essi siano di tenore meramente burocratico ed altamente incompleti, soprattutto per quanto riguarda i comuni della riviera ionica messinese.
In particolare, nell'esposizione del sottosegretario noto delle gravi lacune: credo pertanto che dovremo creare un'occasione successiva - anche con una mozione parlamentare - perché vi sia un confronto su questi aspetti relativi alle situazioni di fatto. Nella risposta del sottosegretario non si rileva infatti quanto realmente accaduto. Sono, pertanto, preoccupato.
Questa insoddisfazione - che confermo - non vuole però rimanere tale, ma vuole essere un'esortazione nei confronti del Governo perché venga approfondita la portata dei fatti che nell'interpellanza urgente in esame abbiamo dedotto. In particolare, in base alle mie informazioni, credo che la giunta regionale siciliana si appresti ad adottare una delibera per fare il punto sulla situazione e sullo stato di emergenza che si è verificato in seguito a questi eventi alluvionali.
Per parte sua, credo che il Governo nazionale abbia il dovere intanto di meglio approfondire la portata dei fatti, e poi di mettere in atto in proposito - al di là dei propositi programmatori per il futuro - interventi immediati. Questo è quel che noi ci aspettiamo e sollecitiamo: soprattutto questo è quello che si aspetta la popolazione locale.
(Mandato di cattura e di estradizione internazionale emesso nei confronti di tre cittadini di Tuzla (Bosnia-Erzegovina) - n. 2-00813)
PRESIDENTE. Il deputato Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00813, concernente il mandato di cattura e di estradizione internazionale emesso nei confronti di tre cittadini di Tuzla (Bosnia-Erzegovina) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, ringrazio in particolare il sottosegretario e amico Craxi di essere qui presente.
Ho già avuto occasione, nel luglio scorso, di affrontare in quest'aula - attraverso uno strumento del sindacato ispettivo - la tuttora grave e drammatica situazione che riguarda complessivamente la Bosnia-Erzegovina (in particolare, allora intervenni nell'imminenza dell'anniversario terribile del genocidio di Srebrenica, verificatosi nel luglio del 1995). Riguardo alla drammaticità ed alle difficoltà enormi sul piano politico e diplomatico della situazione tuttora presente in Bosnia-Erzegovina Pag. 45(a tredici anni dagli accordi di Dayton) esiste ormai un'ampia letteratura internazionale ed una ampia pubblicistica: cito soltanto da ultimo, per documentazione, il lungo articolo (che riguarda, tra l'altro, anche il Kosovo, ma oggi discutiamo della Bosnia-Erzegovina) del giornalista Andrea Böhm pubblicato sul più autorevole settimanale della Repubblica federale di Germania, Die Zeit, che è stato tradotto e riprodotto in Italia recentemente dal quindicinale Internazionale (numero 710, pagine 38-41). Ho appena evocato soltanto il contesto delle vicende che sono oggetto specifico della mia - e nostra - interpellanza, la quale nasce non soltanto da una conoscenza attenta dei fatti che riguardano da molti anni la Bosnia-Erzegovina, ma anche da una specifica sollecitazione proveniente dalla fondazione Alexander Langer di Bolzano, nata dopo la morte volontaria del mio carissimo amico Alexander Langer nel 1995 e che da allora ha continuato e continua a seguire anche (e non solo) le vicende della Bosnia-Erzegovina.
Il fatto specifico riguarda la notizia che si è propagata a partire dal 15 giugno 2007 a Tuzla, una delle maggiori città della Bosnia-Erzegovina, sulla circostanza che un tribunale serbo aveva emesso un mandato di cattura e di estradizione internazionale, via Interpol, per tre cittadini di Tuzla. In precedenza, del resto, poco più di un mese prima, l'11 maggio 2007, era stato arrestato a Belgrado (quindi, nella capitale serba) durante uno scalo all'aeroporto l'ex presidente del consiglio comunale di Tuzla, Ilija Jurisic, che a tutt'oggi risulta detenuto da parte della Serbia.
Poco più di un mese dopo tale arresto, come ho già detto, il 15 giugno 2007 è stato emesso il mandato di cattura internazionale nei confronti dell'ex sindaco di Tuzla, attualmente parlamentare della Federazione della Bosnia-Erzegovina, Sélim Beslagic, insieme ad altri suoi due concittadini, Enver Delibegovic e Budimir Nikolic, i quali sostanzialmente - ed anche formalmente - vengono accusati dalla Serbia di «crimini di guerra». Si tratta, in realtà, dell'attività doverosa - aggiungo io - che l'allora sindaco di Tuzla con i suoi collaboratori, insieme ai cittadini ed alla polizia locale di tale città, misero in atto all'inizio del conflitto, il 15 maggio 1992, a difesa della propria città, ripeto Tuzla (praticamente l'unica città che conservava o tentava di conservare, in quel momento, il carattere interetnico, nonostante gli spaventosi conflitti etnici e nazionalistici che stavano dilaniando la Bosnia-Erzegovina, grazie soprattutto all'iniziativa di Milosevic, leader serbo dell'epoca, e dei due criminali di guerra tuttora ricercati dal tribunale penale internazionale, Karadzic e Mladic). Quella che è stata una doverosa difesa, con le forze della cittadinanza e della polizia locale (perché soltanto di ciò disponeva all'epoca Tuzla), della propria città che era allora occupata dall'esercito nazionale jugoslavo in mano alla Serbia, si è tramutata - per una sorta di vendetta postuma da parte della Serbia stessa - in un'accusa nei confronti di Sélim Beslagic, Enver Delibegovic e Budimir Nikolic (e in precedenza, come già detto, di Ilija Jurisic) di «crimini di guerra», originata dalla denuncia alle autorità serbe da parte delle autorità militari all'epoca dipendenti da Karadzic e Mladic.
I criminali di guerra, tuttora ricercati, hanno accusato il sindaco di Tuzla e i suoi collaboratori di aver difeso la propria città rispetto all'occupazione messa in atto dall'esercito serbo. Questo è il panorama allucinante della vicenda che abbiamo dinanzi. Il giorno stesso dell'arresto Zdravko Djuranovic ha testualmente dichiarato all'importante quotidiano Oslobodenje del 16 giugno, cioè il giorno dopo l'arresto, che «Le accuse e gli arresti sono senza senso. Il Governo di guerra di Tuzla si occupò dei feriti della colonna e li lasciò andare a casa. Difesero i diritti umani di tutti i cittadini. Difesero la multiculturalità e l'immagine della Bosnia. Difesero le fondamenta della civiltà. Si vuole accusare per crimini gli abitanti di Tuzla perché non sono scivolati nell'abisso della politica nazionalista».
Allo stesso giornale, il già citato Oslobodenje, anche Sinan Alic, attualmente direttore della fondazione «Verità, giustizia Pag. 46e riconciliazione» di Tuzla, ha dichiarato: «Non desidero entrare nei dettagli dell'accusa ma desidero dire che tutto ciò è basato su note falsità». Dettagliatamente, Sinan Alic contesta le accuse che vengono mosse nei confronti dell'ex sindaco Beslagic, come ho già affermato attuale parlamentare della Federazione della Bosnia-Erzegovina, e ricorda le vicende di quella che è nota, ed è tuttora è ricordata, come la battaglia per la «Brcanska malta», ossia la località vicino Tuzla dove avvennero gli scontri armati in difesa dell'integrità e della sopravvivenza multietnica della città di Tuzla. Voglio anche ricordare, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che la figura integerrima ed eroica dell'ex sindaco di Tuzla, Selim Beslagic, è tale che egli, pur godendo e potendo godere dell'immunità parlamentare prevista, come avviene nel nostro Paese, per i parlamentari della Federazione della Bosnia-Erzegovina, in questo caso ha voluto esplicitamente rinunciare alla propria prerogativa. Quando egli e i suoi due colleghi, Enver Delibegovic e Budimir Nikolic che ho già citato più volte, sono stati tradotti di fronte all'autorità giudiziaria di Sarajevo, nella Bosnia-Erzegovina, sono stati immediatamente rilasciati perché la stessa autorità giudiziaria ha ritenuto inconsistenti le accuse. Ciononostante, da quel momento, vale a dire solo pochi mesi fa perché la vicenda risale al giugno scorso, Beslagic e gli altri tre rilasciati per inconsistenza delle accuse - sebbene uno sia ancora in carcere a Belgrado - non potranno più lasciare la Federazione della Bosnia-Erzegovina senza rischiare di essere arrestati, anche in Italia. Sottolineo tale fatto perché Beslagic è venuto molte volte in Italia poiché ha rapporti stretti con il nostro Paese. Infatti, ha promosso un gemellaggio fra la propria città, Tuzla, e quella di Bologna. Non a caso, proprio pochi giorni fa anche il presidente del consiglio comunale di Bologna, Gianni Sofri, ha emanato un comunicato di solidarietà nei suoi confronti.
Tali persone non potranno più recarsi in Italia e, in particolare, Beslagic che è venuto in Italia molte volte sempre per motivi di cooperazione, di promozione della convivenza interetnica, di solidarietà fra i vari enti locali della Bosnia e del nostro Paese. Ebbene, egli non potrebbe più venire o meglio non potrà più venire anche in Italia, perché sarebbe formalmente sottoposto al mandato di cattura internazionale tramite l'Interpol. Tutto ciò avviene perché purtroppo non è più in vigore, e mi rivolgo al Governo in modo particolare, il cosiddetto Accordo di Roma stipulato, se non ricordo male, nel 1996 e in base al quale non sarebbe possibile dare effetto a questo tipo di iniziative giudiziarie.
Voglio ancora ricordare, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, la figura di Sélim Bešlagic, perché credo che sia giusto che nell'Aula del Parlamento si dia onore e dignità a tale persona. Egli è ormai noto sul piano internazionale, nella letteratura internazionale, nei libri che sono stati scritti, nelle innumerevoli testimonianze che sono state date, come uno straordinario protagonista della difesa del carattere interetnico della sua città, della sua Tuzla, nel momento in cui la ex Jugoslavia veniva dilaniata dagli odi etnici, dai nazionalismi contrapposti e dalla spietata attività dei serbi di Bosnia, organizzata militarmente in modo spietato - ho ricordato poco fa la vicenda di Srebrenica - da Mladic e da Karadzic i quali, lo ripeto, sono due criminali internazionali tuttora ricercati dal Tribunale penale internazionale dell'Aja.
Nel 1994, nonostante l'assedio in corso, si tenne a Tuzla uno dei più importanti incontri del «Verona Forum per la pace e la riconciliazione nei territori dell'ex Jugoslavia», promosso da Alexander Langer e da molti altri esponenti, sia italiani sia della Bosnia Erzegovina e di tutta la ex Jugoslavia. Dopo l'attentato del 25 maggio 1995 che con una bomba aveva ucciso a Tuzla 71 ragazzi di tale città che stavano festeggiando la cosiddetta festa della primavera, Alexander Langer, anche sotto l'impulso di Bešlagic, fu spinto a presentare alla riunione dei Capi di Stato e di Governo del 26 giugno 1995 a Cannes il drammatico e straordinario appello «l'Europa Pag. 47nasce o muore a Sarajevo». Langer, come sappiamo, pochi giorni dopo si tolse la vita volontariamente, il 3 luglio del 1995. In occasione del conferimento del premio Alexander Langer a Irfanka Pašagic (la quale, fra l'altro, fu ricevuta in questa sede dal Presidente della Camera dei deputati, con una ampia rappresentanza parlamentare), Sélim Bešlagic - non più sindaco di Tuzla, ma parlamentare della Bosnia Erzegovina, com'è tuttora - era tornato in Italia ancora nel maggio 2005 ed aveva riannodato i rapporti di gemellaggio con la città di Bologna, stabiliti nel momento più terribile durante la guerra, contribuendo, allora ed oggi, a far apprezzare Tuzla come uno dei pochi luoghi di resistenza ad un feroce progetto di spartizione della Bosnia Erzegovina esclusivamente secondo linee etniche.
Il 16 luglio 2007 Sélim Bešlagic ha indirizzato una lettera aperta, molto lunga che non leggerò per intero, ad una catena di conoscenti, di amici e di uomini politici, particolarmente italiani, attraverso la Fondazione Alexander Langer di Bolzano. Fra le altre frasi, vorrei leggerne alcune: «Cari amici, vorrei sottolineare fin dal principio che non Vi scrivo questa lettera per problemi personali. Come persona responsabile sono a conoscenza del fatto che devo essere a disposizione delle istituzioni giudiziarie della Bosnia ed Erzegovina, dato che sono sospettato di aver commesso crimini di guerra. Allo stesso tempo riesco difficilmente ad accettare il fatto che, assieme ad altri cittadini, sono soggetto a un mandato internazionale per motivi politici, come anche il fatto che allo stesso tempo si stanno svolgendo indagini in ben due Paesi (nella Serbia e nella Bosnia-Erzegovina). Ciò comporta un gravissimo pericolo per i diritti umani. Tutto ciò perché abbiamo difeso la nostra città e il suo carattere interetnico nel pieno dell'assedio nazionalistico che si era verificato fin dal 1992».
Chiedo al Governo, intanto se sia a conoscenza di tali fatti che ho comunque sollecitato attraverso la nostra interpellanza. Soprattutto, chiedo in quale modo il Governo ritenga di potere e volere intervenire per arrivare a non applicare nel territorio italiano il ricordato provvedimento arbitrario, emanato dalle autorità serbe in violazione degli stessi principi del diritto internazionale.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media statale Gaetano Cardelli, di Mosciano Sant'Angelo, in provincia di Teramo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, l'interpellanza dell'onorevole Boato affronta temi di grande complessità che riguardano fatti accaduti nella ex Iugoslavia più di dieci anni or sono. In particolare, il caso sollevato dall'onorevole interpellante, del procedimento giudiziario serbo nei confronti dell'ex presidente del consiglio comunale di Tuzla, Ilija Jurišic, e del sindaco della stessa città, Sélim Bešlagic, esponenti del Partito Socialdemocratico, viene seguito con particolare attenzione nella Bosnia-Erzegovina. Ciò sia per la prominenza delle persone interessate, sia perché concerne direttamente il tema delicato della collaborazione tra la Serbia e la Bosnia-Erzegovina per quanto riguarda la persecuzione dei crimini di guerra commessi in territorio bosniaco durante il conflitto del 1992-1995.
Jurišic è stato arrestato lo scorso maggio mentre era in transito all'aeroporto di Belgrado ed era destinatario di un provvedimento restrittivo emanato dal tribunale di Belgrado in relazione a crimini di guerra riconducibili al caso del «convoglio di Tuzla»; ossia dell'eccidio di duecento soldati dell'Armata popolare jugoslava attaccati durante le operazioni di ritiro dalla città di Tuzla il 15 maggio 1992. All'inizio di agosto, la magistratura serba ha prolungato di tre mesi la custodia cautelare in carcere per Jurišic e per lo stesso episodio la magistratura ha emesso un mandato di cattura al sindaco Tuzla, Bešlagic, ed altri due imputati. Inoltre, un ordine di cattura Pag. 48è stato eseguito nei confronti di questi ultimi dalla polizia bosniaca. Tuttavia, le personalità coinvolte sono state immediatamente rilasciate, non essendo in vigore alcun accordo di estradizione tra la Bosnia e la Serbia e poiché i fatti contestati si sono verificati in un momento successivo alla proclamazione dell'indipendenza della Bosnia.
Da un punto di vista giuridico, da parte bosniaca s'invoca l'incompetenza dell'autorità giudiziaria serba per i fatti avvenuti nel Paese. Peraltro, un fascicolo d'indagine sugli eventi di Tuzla è stato aperto anche dall'autorità giudiziaria bosniaca. Da un punto di vista politico, i bosniacchi (e in particolare il Partito Socialdemocratico, cui appartengono gli interessati), lamentano la presunta esistenza di un disegno volto, da un lato, a equiparare i crimini commessi dai serbi con quelli perpetrati da cittadini di altre etnie e, dall'altro, ad attaccare il «modello Tuzla», ossia il tentativo di preservare in tale città la composizione multietnica, nonostante la polarizzazione su basi etnico-religiose che caratterizza ormai il tessuto sociale nel resto del Paese.
Sul caso in questione è intervenuto alla fine di luglio l'Alto Rappresentante e rappresentante speciale dell'Unione europea Lajcák che, in una lettera inviata al Presidente di turno della Bosnia, Komsic (croato-bosniaco), ha assicurato di seguire con attenzione il caso in tutti i suoi aspetti, anche quelli relativi alla competenza territoriale. Lajcák ha sottolineato come l'assenza di idonei meccanismi di cooperazione giudiziaria regionale si stia dimostrando foriera di conseguenze negative, soprattutto per quanto riguarda il perseguimento dei crimini di guerra. L'Alto Rappresentante dell'Unione europea incoraggia le autorità di Sarajevo a ricercare una soluzione con la Serbia, nonché con la Croazia e il Montenegro per questo genere di casi, tenendo conto anche degli strumenti previsti dalla Convenzione europea sul trasferimento dei procedimenti in materia penale.
Il 21 agosto 2007 si sono incontrati a Belgrado i Ministri della giustizia bosniaco e serbo per esaminare la questione. Secondo quanto comunicato dal gabinetto del Ministro della giustizia Colak (croato-bosniaco), l'incontro non è stato risolutivo. Colak sostiene, infatti, che da parte di Belgrado non s'intende concedere l'estradizione in quanto per il reato imputato a Jurišic è prevista una pena superiore ai dieci anni, soglia invalicabile secondo le leggi della Serbia in materia di estradizione.
Sempre Colak ha protestato, lo scorso settembre, con il suo omologo serbo per quello che ha definito «una decisione non conforme agli accordi vigenti tra le due parti in materia di cooperazione giudiziaria» e ha lamentato la decisione del tribunale di Belgrado di inviare un mandato di comparizione direttamente ai destinatari bosniaci, senza passare attraverso i due Ministeri della giustizia. Da quanto qui risulta, il Ministro della giustizia serbo Petrovic ha confermato la posizione di Belgrado sulla vicenda.
Le posizioni delle due parti restano, pertanto, immutate, come confermato dal Ministro Colak in un'intervista rilasciata il 23 ottobre scorso a Nezavisne Novine (il quotidiano più diffuso nella Republika Srpska).
Non vi è dubbio, ad ogni modo, che la cooperazione giudiziaria regionale, in particolare tra i due Paesi, è la strada maestra per risolvere questo contenzioso.
Quanto all'ipotesi ventilata dall'onorevole Boato, ovvero che l'Italia dichiari non applicabile nel proprio territorio il provvedimento spiccato dall'autorità serba, dichiarandolo arbitrario, credo sia opportuno ricostruire sinteticamente, sulla base degli elementi forniti dal Ministero dell'interno, i meccanismi di cooperazione in ambito Interpol.
Il Segretariato generale Interpol di Lione, su richiesta dei Paesi membri fra cui la Serbia, pubblica la diffusione delle ricerche (tecnicamente denominata «notizia a stampa rossa») nei confronti di soggetti ricercati in campo internazionale per il loro arresto provvisorio a fini di estradizione.Pag. 49
Il fondamento giuridico della «notizia a stampa rossa» è il mandato d'arresto o la sentenza di condanna emessi dalle autorità giudiziarie dei Paesi interessati. Tutte le richieste di pubblicazione inviate al Segretariato generale sono oggetto di attenta valutazione al fine di verificare se le domande non siano contrarie all'articolo 3 dello statuto Interpol, che vieta all'organizzazione di intervenire in casi che presentino un aspetto politico, militare, religioso o razziale.
Gli Stati membri non effettuano ulteriori valutazioni in ordine alla compatibilità con l'articolo 3 dello statuto. Qualora i singoli Stati membri non dovessero riconoscere le richieste, verrebbe, infatti, meno il principio di cooperazione in ambito internazionale.
In questa fase, la competente divisione Interpol del Ministero dell'interno ha, quindi, dato corso alle indicazioni del Segretariato generale e alla richiesta formulata dalle autorità serbe ed ha proceduto all'inserimento dei predetti nominativi nella banca-dati delle forze di polizia.
Vorrei precisare, però, che in questo - come in altri analoghi casi - l'ordinamento italiano prevede una serie di istituti di garanzia. In particolare, la validità di un eventuale arresto effettuato sul territorio nazionale sarebbe sottoposta al vaglio della corte d'appello competente sul territorio, mentre le autorità italiane competenti procederebbero ad un'attenta analisi della documentazione trasmessa dallo Stato richiedente per la concessione di un'eventuale estradizione.
Come ho già ricordato, l'interpellanza in esame tocca temi di grande complessità. Ho indicato, quindi, precedentemente, la nostra convinzione che questo problema debba, comunque, trovare una soluzione nel contesto della cooperazione giudiziaria regionale e della ricomposizione di un quadro di piena collaborazione e fiducia tra Bosnia e Serbia. Il Governo italiano si adopererà in questo senso, assicurando il nostro pieno sostegno all'azione dell'Alto rappresentante Lajcák.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, sono fortemente imbarazzato e lo affermo esplicitamente. Da una parte, mi dichiaro parzialmente soddisfatto per le informazioni dettagliate, puntuali e attente che il Ministero degli affari esteri e, in particolare, il sottosegretario Bobo Craxi, ha fornito con la risposta al mio atto di sindacato ispettivo in cui si chiedeva se il Governo fosse a conoscenza dei fatti che segnalavamo e denunciavamo. Quindi, a mio avviso, sotto questo profilo la risposta è adeguata.
Dall'altra parte - e il sottosegretario Craxi lo capirà - a mio avviso, nella parte conclusiva della stessa risposta, laddove chiedo non solo una conoscenza, un'informazione e una valutazione dei fatti (che mi pare sostanzialmente soddisfacente), ma anche quali iniziative intende assumere il Governo italiano al riguardo, mi pare che vi sia un atteggiamento, usiamo un'espressione molto rispettosa...
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Pilatesco?
MARCO BOATO. Lei dice «pilatesco», ma, a mio avviso, è stata un'espressione molto prudente. Non abbiamo a che fare con una vicenda qualunque in rapporto a un Paese qualunque: abbiamo a che fare con una vicenda che riguarda uno dei più straordinari protagonisti della difesa dell'integrità interetnica di un popolo martoriato, di fronte al tentativo di occupazione - e, in alcuni casi, di genocidio - posto in atto dalla Serbia.
Per tale ragione, Miloševic era dinanzi al Tribunale penale internazionale (è morto di infarto, altrimenti si sarebbe svolto il processo) e due criminali di guerra, Mladic e Karadzic, sono tuttora latitanti e ricercati dalla procura del Tribunale penale internazionale. Invece che erigere un monumento da vivo a Sélim Bešlagic per quello che ha fatto per difendere la propria città - lo ha affermato lei, signor sottosegretario, e dal punto dei Pag. 50vista dei meccanismi lo capisco - le autorità italiane hanno registrato meccanicamente un mandato di cattura illegittimo dell'autorità serba nei confronti di quest'uomo, che, agli occhi dei serbi, diventa un criminale di guerra per aver difeso la propria città dall'occupazione serba!
Ad aprile dell'anno prossimo la Fondazione Langer promuoverà un'iniziativa internazionale (dopo aver trascorso una settimana intera in Bosnia Erzegovina, in particolare a Srebrenica) sul futuro della Bosnia Erzegovina a tredici anni da Dayton, alla quale ha intenzione di invitare, tra gli altri, Sélim Bešlagic.
Sélim Bešlagic, parlamentare della Federazione della Bosnia Erzegovina, in questo momento, è libero nel suo Paese, dove l'autorità giudiziaria, come lei correttamente ha riferito, ha dichiarato inconsistenti le accuse. Contemporaneamente al procedimento giudiziario della Bosnia Erzegovina, però, c'è un altro illegale e illegittimo procedimento giudiziario posto in atto dalla Serbia, in violazione di tutti gli accordi internazionali (in particolare, lei ha citato l'articolo 30 della Convenzione europea) e degli Accordi di Roma (che però, purtroppo, sono scaduti nel 2004 per la Bosnia Erzegovina).
L'Italia, Paese democratico, stato di diritto, Paese solidale con i popoli oppressi e, in parte, sterminati di quel martoriato Paese, è pronta ad arrestare Bešlagic quando verrà - se verrà - in Italia nell'aprile del 2008 per affrontare il tema del futuro della Bosnia Erzegovina a tredici anni da Dayton. La sua risposta è, su questo punto, insufficiente e da qui deriva la mia insoddisfazione. Siamo pronti a dire che, se verrà arrestato, ci sarà poi una corte di appello italiana che valuterà se lo si debba liberare o no. Su tale terreno, se me lo permette, con amicizia, rispetto e persino solidarietà - perché capisco che altro è fare il deputato, altro è fare il membro del Governo - le esprimo la mia insoddisfazione.
Le chiedo esplicitamente di porre un problema un po' più radicale in ordine a tale vicenda: so che lei lo farà, perché conosco la sua attenzione e la sua sensibilità, che dimostrerà quando tornerà, oggi o domani, al Ministero. A tal proposito, vi sono problemi di rapporti fra il Ministero degli esteri e Ministero dell'interno: lei, non a caso, ha citato il Ministero dell'interno, al quale anche era rivolta la mia interpellanza, oltre che al Ministero della giustizia; giustamente, però, si è delegato il Ministero degli esteri a rispondere.
Concordo con lei sulla piena solidarietà espressa rispetto all'attività dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per la Bosnia Erzegovina, Lajcák. Mi associo con lei, ma non basta: lei ha detto - ed è stato correttissimo nel riferirlo - che l'Alto rappresentante dell'Unione europea è già intervenuto nel luglio 2007, ossia tre mesi fa, ma i serbi gli hanno risposto «picche», ossia - usando un'espressione poco parlamentare - «se ne sono fatti un baffo» dell'intervento dell'Alto rappresentante dell'Unione europea.
La logica è quella di mettere in atto una persecuzione giudiziaria, innescata da Mladic e Karadzic, criminali di guerra latitanti all'epoca di Miloševic, attraverso un procedimento giudiziario, per colpire, come responsabili di crimini di guerra, coloro che hanno difeso la propria città dall'occupazione dei serbi.
Ma non ci rendiamo conto che c'è qualcosa di più che dobbiamo dire e fare? Non siamo noi i responsabili di questo, sottosegretario Craxi. Non mi sto rivolgendo al Governo italiano perché esso abbia responsabilità in questa infamia, ma mi sto rivolgendo al Governo del mio Paese, di una Repubblica democratica, che è stata ed è solidale con quei popoli, affinché questa infamia non possa avere efficacia almeno nel nostro Paese e si metta in discussione l'esercizio arbitrario di una attività giudiziaria «vendicativa», in termini espliciti. E ciò di fronte a un doppio procedimento giudiziario, di cui uno condotto legittimamente da autorità giudiziarie della Bosnia-Erzegovina, che ha avuto l'esito che lei ha giustamente ricordato, mentre l'altro viene effettuato dagli eredi dei carnefici per perseguire Pag. 51non gli eredi, ma coloro che si sono difesi, per cercare di equiparare i crimini di guerra.
Questo non è accettabile! Sono convinto che, in cuor suo, neanche lei lo accetti e sono altresì convinto che, quando tornerà al Ministero degli esteri, magari interloquirà a tal proposito anche col Ministro dell'interno, perché ho fiducia nel mio Governo, nel Governo che sostengo con il mio voto, ma soprattutto nel Governo del mio Paese, quand'anche non lo sostenessi.
Questo è un Paese democratico, basato su uno Stato costituzionale di diritto, che non può accettare passivamente - come invece lei ha affermato nell'ultima parte del suo intervento - di dare esecuzione a un illegittimo, illegale e vendicativo mandato di cattura internazionale, emesso dall'autorità serba per colpire il sindaco di Tuzla, oggi parlamentare della Bosnia-Erzegovina, per il reato di aver difeso la propria città dal nazionalismo serbo. Questo non è accettabile!
Mi sono appassionato solo perché credo in ciò che dico e perché credo in ciò che lei, come rappresentante del mio e del nostro Governo, potrà ulteriormente fare per rendere pienamente soddisfacente la sua risposta, che in parte - lo ripeto - è molto documentata, articolata e puntuale. Per quella parte esprimo soddisfazione, ma per la restante parte mi dichiaro insoddisfatto. Questo non mi consola. Esprimo un auspicio e formulo una richiesta al Governo di andare oltre la risposta che fino a questo momento ha potuto darmi. Comunque, signor sottosegretario, la ringrazio per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
(Rinvio dell'interpellanza urgente Tuccillo n. 2-00817)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Tuccillo n. 2-00817 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806 è rinviato ad altra seduta.
(Coinvolgimento della provincia di Rieti nel procedimento per la realizzazione del terzo aeroporto del Lazio - n. 2-00825)
PRESIDENTE. L'onorevole Rositani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00825, concernente il coinvolgimento della provincia di Rieti nel procedimento per la realizzazione del terzo aeroporto del Lazio (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
GUGLIELMO ROSITANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, ovviamente lei ha letto l'interpellanza e ha già pronta la sua risposta, ma per gli atti è bene che questa vicenda venga ripetuta, ricordando che si tratta di un fatto assolutamente anomalo e assurdo, che ha motivato la mia interpellanza. In base alle direttive europee, l'Italia - in particolare, la regione Lazio - ha diritto ad aprire un terzo aeroporto nel Lazio.
A tal fine, la regione Lazio e il Governo, ritenendo opportuno approfittare di tale disposizione, nel marzo scorso, hanno indetto una riunione, presso la regione Lazio, cui hanno partecipato tutti, dal Ministero dei trasporti, al presidente della giunta regionale, al Ministero della difesa, all'ENAV, all'ENAC, all'assessore regionale del Lazio.
Sebbene fossero presenti anche le tre province di Latina, Frosinone e Viterbo, la provincia di Rieti risultava assente in quanto non invitata. In quella circostanza si è voluto creare un comitato di tecnici e non, al fine di verificare, nell'ambito delle tre province indicate, dove potesse sorgere questo terzo aereoporto. Rieti, ovviamente, non è stata chiamata a far parte di questo Pag. 52comitato, né risultano in tal senso comunicazioni al sindaco o al presidente della provincia. Non sono a conoscenza se il presidente della provincia di Rieti abbia sollecitato risposte in questo senso, ma dal silenzio che sto registrando ho l'impressione che abbia accettato passivamente questa presa di posizione; ignoro da parte di chi provenga tale determinazione, non sapendo ancora chi ha deciso di escludere Rieti.
Tutto ciò avviene sebbene Rieti si trovi nelle stesse condizioni di Viterbo e di Latina e risulti più idonea di Frosinone non possedendo quest'ultima una pista. Rieti possiede un aeroporto militare e uno civile che viene utilizzato da tanti anni per il volo a vela e presenta, nel contempo, circa 300 ettari di terreno di proprietà demaniale che, nell'ipotesi di un nuovo aeroporto, avrebbero potuto essere messi a disposizione.
Rispetto ai collegamenti con la capitale Rieti, inoltre, non si trova in condizioni peggiori di Viterbo, anzi per alcuni aspetti i tempi di percorrenza sarebbero più rapidi.
Per tali motivi ritengo che questa provincia si sia vista esclusa arbitrariamente dalla possibilità di concorrere con le altre nella scelta della collocazione del terzo aeroporto. A causa di questo gesto di discriminazione gratuito i cittadini di Rieti e di tutta la provincia sono estremamente delusi e indignati e vorrebbero sapere dal Governo chi e perché ha voluto questa discriminazione e se esista la possibilità di rinviare ogni decisione, per mettere anche la provincia di Rieti in condizione di concorrere all'eventuale realizzazione del terzo aeroporto del Lazio.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, raccolgo il suo invito ad essere veloci e concisi. Ci sarebbe molto da dire ma ritengo sia meglio restringere il campo all'essenza del problema come ha fatto l'onorevole Rositani.
L'attività svolta dal Ministro dei trasporti ha preso avvio dalla riunione promossa dal presidente della regione Lazio, in data 20 marzo 2007, quindi dopo una lunga e complessa attività degli enti territoriali. In quella data è stato chiesto di valutare la potenzialità dei siti di Frosinone, Guidonia, Latina e Viterbo quali sedi del terzo aeroporto civile del Lazio; questo è ciò che stato chiesto.
La commissione istituita ad hoc dal Ministro con compiti ricognitivi rispetto all'individuazione del sito del terzo aeroporto non ha visto tra i suoi componenti alcun rappresentante delle province del Lazio. Tuttavia, è vero che le province presenti all'incontro promosso dal presidente della regione sono state audite nell'ambito dei lavori della commissione (a differenza della provincia di Rieti che non è stata ascoltata), ma unicamente con riferimento alla composizione del tavolo regionale.
È, peraltro, vero che sono state presentate al Ministero dei trasporti nel corso dei lavori della Commissione, valutazioni da parte di enti pubblici e associazioni a sostegno della legittimità di una localizzazione del terzo aeroporto civile in un'area prossima al capoluogo reatino. Tali documenti sono stati acquisiti agli atti della commissione certamente quale contributo di studio, anche se non è stato possibile attribuire la considerazione dovuta poiché il sito non rientra tra quelli indicati. Il lavoro del Ministero dei trasporti attualmente tiene conto, per questa tematica, anche del lavoro svolto dal precedente Governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Rositani ha facoltà di replicare.
GUGLIELMO ROSITANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, questa interpellanza poneva una sola domanda: avete già deciso la località del terzo aeroporto oppure possiamo ancora pensare di andare avanti? A Rieti, infatti, è in atto una rivolta. Vi sono trentamila firme raccolte in pochissimi giorni.
Mi dovete dare una risposta: lei non si può lavare le mani! Ho presentato l'interpellanzaPag. 53 al Ministro per sapere se possiamo continuare a raccogliere firme e venire dal Ministro con un nostro progetto per dire che ci siamo pure noi e che vorremmo che venisse esaminata l'ipotesi dell'aeroporto a Rieti.
Lei, signor sottosegretario, non mi risponde. Avete già deciso la località o no? Almeno può dirmi questo ufficialmente (Commenti del sottosegretario Andrea Annunziata)?
Signor Presidente, le chiedo scusa ma questa risposta è essenziale. Possiamo chiedere al sottosegretario di dirci che ancora non è stata individuata nessuna località? Possiamo chiederlo?
PRESIDENTE. Onorevole Rositani, temo di no.
GUGLIELMO ROSITANI. Scusi signor Presidente, il sottosegretario mi dice che non è stata ancora individuata la località.
PRESIDENTE. Onorevole Rositani, credo che lei possa proseguire nella sua esposizione o anche presentare un altro atto di sindacato ispettivo.
GUGLIELMO ROSITANI. Dunque, vado a memoria (eventualmente mi smentisca il sottosegretario): il sottosegretario, a mia precisa domanda se è stata scelta a tutt'oggi la località per il terzo aeroporto, ha risposto di no. Ne prendo atto e vorrei che rimanga agli atti in modo tale che io possa riferire alla città di Rieti e alla provincia di Rieti questa notizia che per me è importantissima. Ovviamente non sono per niente soddisfatto della risposta datami.
(Ipotesi di chiusura dello stabilimento Unilever di Cagliari - n. 2-00815)
PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00815, concernente l'ipotesi di chiusura dello stabilimento Unilever di Cagliari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, intervengo brevemente richiamando solo alcuni punti essenziali della mia interpellanza anche a nome dei colleghi che l'hanno sottoscritta.
Quella in esame è un'interpellanza rivolta a conoscere le misure per scongiurare la chiusura di uno stabilimento di Unilever Srl di Cagliari. Si tratta di un'azienda che fa parte di un gruppo nazionale denominato Unilever che è un grande produttore mondiale di beni di largo consumo. La divisione italiana produce e vende gelati e surgelati con marchi Findus e Algida e opera in alcune unità italiane, quelli di Latina, Caivano e Cagliari con una rete distributiva su tutto il territorio nazionale.
In data 21 settembre 2007, la Unilever ha comunicato alle organizzazioni sindacali e associazioni degli industriali di Cagliari la chiusura dello stabilimento entro il 31 dicembre 2007 e, contemporaneamente, l'apertura della procedura di mobilità di lavoratori con la motivazione di una riorganizzazione complessiva del gruppo a livello mondiale ed europeo.
Tale riorganizzazione prevede in particolar modo la realizzazione di una struttura organizzativa in ogni Paese europeo con un coordinamento di un amministratore delegato per gestire la produzione e la commercializzazione.
Lo stabilimento di Cagliari, grazie anche ad una buona organizzazione del lavoro e alla presenza permanente di duecento lavoratori, tra operai e impiegati, altamente qualificati e con un bassissimo tasso di assenteismo, ha assunto il ruolo di azienda pilota nella sperimentazione di prodotti di nicchia, soprattutto, per aver assunto la cultura del miglioramento della produzione. Proprio grazie a questi fattori esso è riuscito a ritagliarsi un ruolo di protagonista nel difficile mercato nazionale e mondiale del gelato.
Da oltre otto mesi, i lavoratori sono impegnati nella difesa di questa realtà produttiva. Vi sono state diverse iniziative ed incontri istituzionali, locali, regionali - e, mi risulta, anche nazionali, proprio con lo stesso Ministero delle attività produttive Pag. 54che sta esaminando la situazione - per rispondere alla richiesta unitaria che proviene dalle istituzioni e dai lavoratori di promuovere il recupero di questo sito produttivo e, soprattutto, favorire un'eventuale cessione dello stesso ed altri imprenditori, senza però altri condizionamenti o limitazioni di produzione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,20)
AMALIA SCHIRRU. Risulta, infatti, che l'Unilever pone il vincolo ai possibili acquirenti di non produrre gelati. A questo proposito, vorrei rilevare che il vincolo posto dall'azienda, secondo cui i candidati all'acquisto dello stabilimento sardo non devono produrre gelati, non è chiaro. Si tratta di una condizione dettata dalla volontà del colosso anglo-olandese di non perdere le quote di mercato, evitando, così, la concorrenza. Questa, per noi, è una grave limitazione, perché condiziona in modo negativo la vendita dello stabilimento e dell'azienda: a questo punto, diventa difficile determinare il numero dei possibili acquirenti né si conosce cosa lo stabilimento produrrà a partire dal gennaio 2008.
Ma non è tutto. La situazione preoccupa, altresì, perché sono a rischio le professionalità dei lavoratori, che potrebbero essere disperse, soprattutto se l'acquirente avesse un'altra vocazione produttiva.
La presente interpellanza nasce per questi motivi: per chiedere di assumere iniziative per scongiurare la chiusura dello stabilimento; per chiedere se il Ministro non ritenga opportuno fornire un chiarimento in merito alla situazione dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato destinati a risolversi nei prossimi mesi e, soprattutto, per conoscere la situazione dei lavoratori part time che, in questi giorni, vedrebbero scadere il programma triennale di formazione e lavoro, mentre, invece, si aspettavano l'assunzione a tempo indeterminato.
Quindi, quello che si chiede con questa interpellanza è se non sia il caso di convocare un tavolo tecnico con la partecipazione dell'Unilever Italia Srl., della regione Sardegna, della provincia e del comune di Cagliari per esaminare tutta la situazione. Inoltre, si chiede se esistano delle previsioni e delle condizioni per una riconversione industriale dello stabilimento e se sia possibile conoscerle, per far sì che si diano garanzie certe ai lavoratori che, in questo momento, sono molto preoccupati.
PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei far subito presente che le preoccupazioni dell'interpellante sono le stesse del Governo, che ha seguito questa vicenda sin dal suo nascere, sia mediante contatti con la realtà cagliaritana sia, successivamente, mediante un incontro che si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico, in occasione del quale si è tenuta una riunione presieduta dal sottosegretario Gianni.
Purtroppo, ad oggi, le notizie riportate dall'interpellante corrispondono alle nostre. La società Unilever ha confermato la volontà di chiudere lo stabilimento e di cedere l'attività ad altri imprenditori. Non ha precisato né di quali imprenditori si tratti, né di quale tipo di produzioni, né quali siano le prospettive o il futuro.
Pertanto, è chiaro che ciò desta una grave preoccupazione per l'avvenire dello stabilimento e dei lavoratori, considerato anche che ci troviamo in una regione come la Sardegna: in pieno Mezzogiorno e in presenza di situazioni che conosciamo perfettamente, ove la mobilità tra un posto di lavoro e l'altro non è facile e, quando vi è processo di mobilità di tale natura, il rischio è che la mobilità si svolga - come purtroppo sappiamo - da un posto di lavoro alla disoccupazione.
Per questo motivo, dobbiamo fare di tutto perché la società Unilever, comunque, si assuma le proprie responsabilità in tale processo e ci fornisca una risposta Pag. 55chiara. L'ipotesi, ancora auspicabile, sarebbe quella della continuità della stessa società Unilever o, nel caso in cui ciò non sia possibile, di una prospettiva che dia continuità allo stabilimento.
Per tali ragioni, nei prossimi giorni, ci adopereremo per fare in modo che ciò avvenga, attraverso un tavolo nazionale che convocheremo presso il nostro Ministero con la partecipazione di tutte le parti interessate, come ha già detto l'interpellante, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni locali, affinché la società Unilever, assumendosi le proprie responsabilità, possa fornire una risposta certa o in relazione a se stessa o sul futuro dello stabilimento attraverso altri imprenditori.
Vi è tutto l'impegno del Governo, che esprimo a mio nome e dell'intero Governo, perché ciò si realizzi e il tavolo possa produrre tali risultati.
PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di replicare.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatta. Mi premeva richiamare l'interesse del Viceministro e dell'intero Governo. Soprattutto, raccomando, per tenere fermo l'impegno, di fare in modo che questa realtà non chiuda e che, comunque, i possibili acquirenti possano non solo mantenere la produzione - che è di grande qualità - ma, in particolar modo, far salvi i posti di lavoro. Infatti, come lei stesso, signor Viceministro, ha affermato, gli scenari in Sardegna sono abbastanza drammatici per quanto riguarda i lavoratori e i disoccupati, che ormai rappresentano una realtà piegata dalla crisi industriale oltre che agricola e pastorale delle quali abbiamo discusso in questa sede, anche ieri.
Tra l'altro, in tanti, abbiamo assistito al programma televisivo Annozero dove si è parlato della povertà in Sardegna, di quanti non hanno un lavoro e di come sia difficile tirare avanti onestamente.
Per questo motivo, la ringrazio e premo perché si risolva la crisi di questa grande azienda.
(Misure a favore dei ricercatori del Centro italiano di studi superiori sul turismo e sulla promozione turistica di Assisi n. 2-00827)
PRESIDENTE. L'onorevole Capotosti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Fabris n. 2-00827, concernente misure a favore dei ricercatori del Centro italiano di studi superiori sul turismo e sulla promozione turistica di Assisi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmatario.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi faccio appello alla vostra responsabilità per focalizzare l'attenzione sulla questione che oggi ci occupa: quella riguardante Assisi - una città con una fama che supera i confini nazionali ed europei - ed il centro studi sul turismo. Quest'ultimo nasce da un'iniziativa volontaria di un nucleo di professori dell'università degli studi di Perugia che hanno inteso sviluppare, già dal 1982, un corpo funzionalmente collegato, a latere che ha fatto del turismo una materia oggetto di studi superiori. Tale istituto è divenuto altresì un centro primario di rapporti di carattere scientifico, ma anche industriale (in quanto fornisce consulenze a realtà aziendali primarie, ma anche a molti enti pubblici) per tutto il nostro territorio nazionale.
Gli ultimi fatti relativi al centro studi mostrano che c'è stata un'iniziativa di finanziamento ad hoc da parte del Ministero verso l'università degli studi di Perugia vincolata e veicolata proprio al fine di far sì che il centro studi mantenesse la sua funzione e continuasse a svilupparsi.
In questo quadro emerge il problema dei ricercatori, del personale del centro studi, un personale uscito dall'università degli studi di Perugia, che si è formato, che ha sviluppato un'attività didattica primaria e, in qualche modo, addirittura certificata dalla stessa università.
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Oggi sembrerebbe - esprimiamoci così - che possa esserci un disimpegno dell'università rispetto al centro studi e, quindi, una messa in discussione di una realtà che costituisce - ripeto - un patrimonio non solo per la città di Assisi e per l'università degli studi di Perugia, ma a livello nazionale.
Si tratta della messa in discussione, della liquidazione e dell'apertura di un futuro buio e denso di prospettive forse angoscianti anche per tante famiglie legate, ovviamente, nelle loro attività lavorative, al centro di cui discutiamo.
Rivolgo pertanto questa interpellanza al Governo per sapere come il Ministro della ricerca scientifica intenda atteggiarsi rispetto ai ricercatori, anche in considerazione degli oltre vent'anni di attività, e come intenda atteggiarsi in ordine ai contributi in favore dell'università degli studi di Perugia in qualche modo funzionalmente connessi - non da oggi, ma, ripeto, dal lontano 1982 - al centro studi di cui si discute.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in oggetto, si fa presente che il decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 dispone, all'articolo 9, comma 2, che «le università attivano i corsi di studio nel rispetto dei requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi determinati con decreto del Ministro (...)».
In attuazione di tale norma - e in relazione a quanto previsto dal decreto ministeriale 26 luglio 2007, con il quale sono state individuate le linee guida per l'istituzione e l'attivazione da parte dell'università dei corsi di laurea in attuazione dei decreti sulle classi - è stato adottato il decreto ministeriale 31 ottobre 2007, n. 544, il quale prevede che le università debbano assicurare, per ciascun corso di studi, almeno un livello minimo di risorse di docenza formate da professori e ricercatori di ruolo nelle università, in modo che si possa consentire il corretto e continuo funzionamento degli stessi corsi di laurea.
In relazione a quanto sopra si evidenzia che il personale dell'associazione denominata «centro italiano di studi sul turismo e sulla promozione turistica di Assisi», che fornisce da molti anni supporto alle attività dell'università di Perugia per il corso di laurea in economia e gestione dei servizi turistici e per il corso di laurea specialistica in economia del turismo, purtroppo non rientra nelle tipologie di docenza previste dal predetto decreto ministeriale n. 544 del 2007 e non può, pertanto, essere conteggiato ai fini della verifica del possesso dei requisiti necessari.
Il Ministro, inoltre, non ritiene di poter derogare alle predette norme emanate pochissimi giorni fa senza una preventiva analisi accurata della situazione normativa e delle possibili conseguenze di estensione della deroga.
Aggiungo, anche se non faceva parte dell'oggetto dell'interpellanza urgente in esame, che la situazione di questi corsi di laurea in laurea magistrale e del centro di studi sul turismo di Assisi è all'attenzione del Ministro e dell'ateneo perugino al fine di risolvere una questione che dovrà essere risolta senza pregiudizio sia per i dipendenti del centro sia per l'università di Perugia.
PRESIDENTE. L'onorevole Capotosti ha facoltà di replicare.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, mi chiedevo se dichiarami soddisfatto o meno della risposta data dal rappresentante del Governo. Da un lato ho capito che il Ministro è occupato nel vagliare la situazione e, quindi, non esclude di potere intervenire in modo positivo, dall'altro, sembrerebbe però che la realtà normativa non consenta interventi diretti. Siccome mi riferiscono che l'IRI, l'ex IRI sarebbe disponibile a entrare in questo centro studi al posto dell'università a pochi soldi Pag. 57e mi riferiscono anche che l'Unioncamere, a livello regionale, non è stata degnata della stessa considerazione, mi interrogavo sulla vicenda perché comincio ad avere qualche perplessità. Comunque, so che il Ministro Mussi è una persona seria - ringrazio il sottosegretario per la risposta - e che certamente il valore del bene di cui oggi abbiamo discusso è ben presente al Ministero.
Detto questo, mi auguro che si possa attivare e proseguire un confronto, che so in essere, per arrivare a una soluzione che non mortifichi un'iniziativa, anche culturale, di rilievo e che, anzi, le dia la possibilità di continuare a svilupparsi economicamente in modo soddisfacente e consequenziale all'attenzione che per oltre venti anni tante personalità, anche illustri, del mondo accademico hanno voluto spendere. Ringrazio il Governo e aspettiamo di vedere come si evolve la vicenda.
(Iniziative per inserire i settori scientifico-disciplinari definiti «affini» nel computo dei requisiti minimi per l'attivazione di corsi di laurea - n. 2-00829)
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00829, concernente iniziative per inserire i settori scientifico-disciplinari definiti «affini» nel computo dei requisiti minimi per l'attivazione di corsi di laurea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non mi avvarrò dell'intero tempo a mia disposizione, ma alcune questioni, evidentemente, vanno rappresentate.
Mi rivolgo, signor Presidente, proprio alla persona del ministro Mussi, rappresentato qui degnamente dal sottosegretario Modica, e mi riferisco a un aspetto particolare, che sollevo nella mia interpellanza, vale a dire se l'articolo 33 della Costituzione debba ancora ritenersi in essere, debba ancora ritenersi valido, debba ancora ritenersi attuale.
Questa domanda che mi pongo, ma a dire la verità se la pongono oggi centinaia di migliaia di interessati alla questione, viene nella mia interpellanza girata, tale e quale, al Ministro e, ovviamente, al sottosegretario qui presente. Sappiamo che l'articolo 33 della Costituzione prevede, nei suoi punti essenziali, che l'arte e la scienza debbano essere considerate libere e libero ne debba essere considerato l'insegnamento. L'articolo 33 si conclude affermando che gli atenei hanno diritto di darsi degli ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti solo dalle leggi dello Stato.
La materia, a dire la verità, nel tempo è stata regolamentata da una serie di interventi del legislatore: mi riferisco, in maniera particolare, alla legge n. 168 del 1989, che riconosce, in effetti, in coerenza e attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, l'autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e, tra l'altro, la possibilità che le università si diano ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti.
Devo poi dire che anche il decreto ministeriale n. 509 del 1999, che ha evidentemente anch'esso un'intrinseca coerenza, sancisce la realizzazione dell'autonomia didattica.
Abbiamo invece l'impressione che le linee-guida per l'attuazione della riforma, che sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22 ottobre 2007, denotino una tendenza assolutamente contraria a quanto previsto dalle precedenti leggi che, ripeto, nascono da un'interpretazione, un'attuazione giurisprudenziale dell'articolo 33 della Costituzione. In particolare, abbiamo l'impressione che i requisiti che si ritengono indispensabili in quelle linee-guida di attuazione limitino notevolmente quella libertà e quella autonomia che dovrebbero essere garantite e sono garantite costituzionalmente alle università.
Noi siamo fortemente preoccupati che queste linee-guida vogliano creare un sistema assolutamente rigido, che risponde a una logica statalista e abbastanza vetusta, che sta predominando oggi nell'università italiana guidata, almeno per quanto Pag. 58riguarda l'aspetto politico, dall'attuale Ministro, e siamo fondamentalmente convinti che tutto questo arrecherà una serie di guasti al nostro Paese. Arreca una serie di guasti perché mette in seria difficoltà gli atenei, soprattutto quelli più piccoli; mette in una serie di difficoltà e di contraddittorietà un sistema che a nostro avviso dovrebbe creare delle condizioni attrattive soprattutto per i giovani, per quei ricercatori che soltanto a parole si vuole trattenere e attirare in Italia, con un nocumento non soltanto alla funzione didattica dell'università ma all'intero sistema della ricerca scientifica che rappresenta, a nostro parere, una delle condizioni fondamentali per la crescita e lo sviluppo di un Paese non soltanto dal punto di vista culturale ma anche da quello sociale ed economico.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,40)
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Siamo convinti che questo provvedimento debba essere ripensato dal Ministro; e siamo qui per chiedere, proprio con questa interpellanza, la ratio di tutto questo e per chiedere risposta a tutta un'altra serie di questioni. Siamo fondamentalmente convinti che delle norme così rigide non possono far altro che continuare a sclerotizzare un sistema, il sistema universitario, profondamente malato, che proprio negli ultimi mesi non ha dato assolutamente prove positive: le notizie di cronaca sono ampiamente conosciute e sono all'attenzione di tutti, non soltanto della magistratura ma soprattutto dell'opinione pubblica.
Ci sono invece altre sfere, a nostro avviso, che potrebbero attirare l'attenzione del Ministero: altre possibilità di verifica, altre possibilità di controllo; ci riferiamo soprattutto ad attività di controllo che riguardano i bilanci di alcune università statali, che molto spesso dimenticano che stanno utilizzando fondi pubblici, denaro pubblico. L'utilizzo di esso in modo assolutamente disinvolto da parte di chi, in quel momento, le guida, i rettori o comunque di una serie di personaggi ben presenti in alcune università italiane, non consente di migliorare il sistema formativo, il sistema universitario in genere, ma crea invece delle condizioni di patologia.
Queste sono le questioni principali che ci hanno indotto ad interpellare il Ministro: siamo qui ad aspettare una puntuale risposta alle questioni da me succintamente esposte, ma più ampiamente riportate nell'interpellanza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Con riferimento all'interpellanza in oggetto, si fa presente che l'articolo 33 della Costituzione prevede, come ha ricordato l'onorevole Marinello, che le università hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
In attuazione di una legge dello Stato - l'articolo 17, comma 95, della legge n. 127 del 1997 - è stato così adottato il decreto ministeriale n. 270 del 2004 (che ha sostituito il precedente decreto ministeriale n. 509 del 1999, citato dall'interpellante). Tale decreto, all'articolo 9, comma 2, dispone che le università attivano i corsi di studio nel rispetto dei requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi, determinati con decreto del Ministro.
In attuazione del predetto articolo 9, comma 2, - e in relazione a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 386 del 2007, citato dall'interpellante con il giusto titolo di «linee guida» per l'istituzione e l'attivazione da parte delle università dei corsi di laurea e di laurea magistrale, in attuazione dei decreti sulle classi - è stato adottato un ulteriore decreto ministeriale, il n. 544 del 2007. Quest'ultimo decreto prevede fra l'altro che, per ciascun corso di studio, deve essere assicurata la copertura con docenti di ruolo universitari dei settori scientifico-disciplinari da attivare relativi alle attività formative Pag. 59di base e caratterizzanti, così come definiti nel regolamento didattico d'ateneo, in percentuale almeno pari al 50 per cento per i corsi di laurea, di laurea magistrale e di laurea magistrale a ciclo unico.
Si ritiene pertanto che non sussista alcuna violazione dei principi di autonomia didattica degli atenei, ma che sia stata data attuazione proprio a quanto previsto dalla legge. Certamente le università sono e rimangono autonome nel definire la propria offerta formativa in tutti i dettagli: nell'interesse pubblico e in particolare degli studenti, però, devono assicurare - come converrà, credo, anche l'interpellante - quel numero minimo di docenti di ruolo, nei settori caratterizzanti il corso di laurea, che è necessario per consentire il corretto funzionamento dei corsi di studio.
Oltre a tali considerazioni, va comunque evidenziato che tale livello minimo nel numero dei docenti di ruolo va garantito in relazione ai settori di base e caratterizzanti così come definiti dall'ateneo stesso, non dal Ministero. Ciò significa - entro così un po' nel dettaglio tecnico - che, nel proprio regolamento didattico, ciascun ateneo potrà indicare e utilizzare oltre i settori di base e caratterizzanti, ai fini del computo dei docenti di ruolo, anche settori ulteriori rispetto a quelli obbligatori previsti a livello nazionale, prendendo pertanto in considerazione anche, se lo si ritenga opportuno, i settori affini e integrativi. In questo senso debbo dunque rispondere positivamente alla domanda dell'interpellante.
Si fa infine presente che, in attuazione dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, sono stati adottati il decreto ministeriale del 3 luglio 2007, n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2007-2009, e il decreto ministeriale n. 506 del 2007, con il quale sono stati definiti i criteri e i parametri per la valutazione dei risultati dell'attuazione dei predetti programmi.
In relazione a tale normativa, le università devono programmare il complesso delle loro attività nel triennio in questione in coerenza con le linee generali di indirizzo predisposte del Ministero; il Ministero, a sua volta, valuterà, solo ex post, non ex ante, e quindi con un forte richiamo all'autonomia, i risultati dell'attuazione di tali programmi sulla base di indicatori quantitativi già specificati, ai fini dell'attribuzione delle risorse (anzitutto quelle del piano triennale, ma non solo).
La verifica dei risultati è dunque uno strumento di governo del sistema universitario coerente con il regime di autonomia, quel regime che l'interpellante stesso ha ricordato nella prima parte dell'interpellanza.
Quella stessa autonomia - insieme alla legge che si occupa della materia, cioè la legge n. 168 del 1989 - non consente invece l'adozione di controlli dei bilanci delle università statali da parte del Ministero, come è auspicato dall'interpellante. Tali controlli spettano infatti per legge ad organismi specifici: il collegio dei revisori dei conti che, com'è noto, è presieduto per legge da un magistrato della Corte dei conti ovvero da un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze; e la Corte dei conti, com'è per tutte le amministrazioni pubbliche. In questo senso, dunque, la riflessione che l'interpellante svolge a proposito dei controlli dei bilanci delle università va ricondotta alle vigenti disposizioni di legge.
PRESIDENTE. Il deputato Marinello ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, posso dichiararmi parzialmente soddisfatto perché, in effetti, debbo sicuramente interpretare in maniera positiva la risposta resa dal rappresentante del Governo almeno in merito ad una delle questioni che ponevo, ossia alla possibilità di aprire le maglie e dare quindi la possibilità agli atenei, nella piena facoltà ed autonomia degli stessi, di consentire - per quanto riguarda l'offerta didattica - la presenza dei cosiddetti settori affini, riconoscendo Pag. 60così la possibilità di una maggiore libertà di insegnamento e, di conseguenza, di una pluralità di insegnamento medesimo. Ma per quanto riguarda il resto, signor sottosegretario, siamo fortemente preoccupati, perché l'università italiana - come evidenziato nella premessa della nostra interpellanza - è assolutamente malata. Vi è una serie di atenei che, giorno dopo giorno, non solo non fanno altro che riempire le pagine dei giornali e le cronache giudiziarie, ma richiamano anche aspetti più intrinseci e, dunque, più importanti, poiché non fanno altro che condizionare, nell'esperienza e nella coscienza di decine di migliaia di tanti giovani, cattivi e pessimi esempi.
Da questo punto di vista, a mio avviso, quegli atenei e quelle università (in particolare quegli istituti dove avvengono determinati fatti, e talvolta misfatti) falliscono nel loro compito principale, quello di contribuire in maniera positiva alla formazione della futura classe dirigente di questo Paese. Lei, sottosegretario, sa meglio di me ciò che accade in parecchi atenei, le cosiddette «parentopoli». Vi sono addirittura atenei, ad esempio quello presente in Basilicata, che riempiono davvero le pagine delle cronache giudiziarie. Di fronte a tutto ciò noi ci aspettiamo dal Ministro responsabile un atteggiamento molto più consapevole ed anche una presenza assolutamente più coerente. Non è possibile continuare in questa maniera e poi, viceversa, piangere o piangersi addosso quando si evidenziano discrepanze tra il nostro sistema universitario, il nostro sistema formativo, la nostra ricerca scientifica e quanto accade negli altri Paesi (mi riferisco in particolare agli altri Paesi europei e a quelli del nord America).
Di fronte a tutto ciò, ovviamente il Paese - ma in piccola parte anche noi - non può più continuare ad aspettare o ad accontentarsi di risposte burocratiche, ma ha bisogno di una politica complessiva e determinata. Questa politica complessiva ad oggi non è assolutamente visibile nell'azione di questo Governo, né è visibile nell'azione del Ministro competente che, a dire la verità, finora ha caratterizzato la sua azione prevalentemente per una serie di enunciazioni e di tentativi (in verità alcuni andati a male) orientati, invece, a condizionare politicamente il futuro dell'università italiana.
Noi, evidentemente, continueremo a vigilare e a porre le questioni di interesse collettivo e generale, e ritengo che su tali temi ci confronteremo nuovamente.
PRESIDENTE. Salutiamo, anche a nome dell'intera Assemblea, il presidente e alcuni membri della Commissione esteri e sicurezza nazionale dell'Assemblea nazionale iraniana, insieme all'ambasciatore e ad alcuni funzionari (Applausi).
(Rinvio dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Buemi n. 2-00796)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Buemi n. 2-00796 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Ciccioli n. 2-00822)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Ciccioli n. 2-00822, è rinviato ad altra seduta.
Pag. 61(Iniziative ispettive con riguardo ai procedimenti giudiziari relativi alla contaminazione da amianto nel territorio di Monfalcone (Gorizia) - n. 2-00820)
PRESIDENTE. L'onorevole Pottino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00820, concernente iniziative ispettive con riguardo ai procedimenti giudiziari relativi alla contaminazione da amianto nel territorio di Monfalcone (Gorizia) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
MARCO POTTINO. Signor Presidente, rinuncio ad illustrare la mia interpellanza n. 2-00820.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Pottino.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, i dati statistici indicati nell'interpellanza segnalano, obiettivamente, una situazione che desta e deve destare ogni possibile attenzione. Mi riferisco all'elevatissimo numero di tumori polmonari riscontrati in occasione di autopsie e alla circostanza che la grande maggioranza dei casi si riferisce a lavoratori in contatto con l'amianto presso i cantieri navali di Monfalcone e in vari casi addirittura a loro familiari, verosimilmente impegnati nel lavaggio e nella manipolazione delle tute o degli oggetti di lavoro. Mi riferisco, inoltre, alla concentrazione abnorme, ben al di là dei parametri di Helsinki, di corpi di asbesto, riscontrata sui soggetti affetti dalla patologia in esame.
Pertanto, è consequenziale che a tale situazione sia corrisposta una notevole quantità di iniziative giudiziarie volte ad accertare le eventuali responsabilità penali dei soggetti cui era attribuito dalla legge il compito di salvaguardare la incolumità dei lavoratori. A tali iniziative giudiziarie si è trovata a dover far fronte la procura della Repubblica di Gorizia. Il predetto ufficio giudiziario ha fornito sul punto i seguenti dati, concernenti vicende ricollegabili alla questione dell'amianto: a metà settembre 2007 erano pendenti, in fase di indagini preliminari, 211 procedimenti relativi a ipotesi di omicidio colposo e 530 relativi a ipotesi di lesioni colpose, dei quali complessivamente 689 a carico di ignoti e 52 a carico di noti; nello stesso momento era stata emessa richiesta di rinvio a giudizio per ulteriori 13 procedimenti, 4 dei quali definiti con sentenza di non luogo a procedere e 9 invece transitati nella fase dibattimentale, dove allo stato pendono; sempre a metà settembre 2007 erano state presentate dal pubblico ministero 365 richieste di archiviazione. Si tratta, come è evidente, di un carico oneroso per la specifica materia e di procedimenti di difficile trattazione, essendo necessari accertamenti tecnici, sia medico-legali, sia di igiene del lavoro ed essendo altresì necessaria un'attività di indagine che ricostruisca, come la giurisprudenza richiede, il concreto e preciso assetto organizzativo (anche al di là di formali mansionari) allo scopo di definire singole responsabilità. Tale assetto, nel caso di specie, come rilevano gli stessi interroganti, risale a decenni addietro con le ulteriori complicazioni investigative che ne derivano. La procura di Gorizia, che ha in organico cinque sostituti procuratori, ha visto assente per maternità per un tempo non irrisorio uno degli stessi che, tuttavia, è di recente rientrato in servizio. Tale circostanza ha consentito quella che sembra un'importante decisione organizzativa da parte del capo dell'ufficio, ossia la concentrazione su un unico magistrato di tutti procedimenti relativi all'amianto. Ciò comporterà uniformazione e razionalizzazione delle procedure oltre che specializzazione e, dunque, speditezza.
Il procuratore della Repubblica ha inoltre formalmente manifestato il fermo impegno alla definizione delle pendenze nel termine dei prossimi sei mesi. Si auspica, dunque, che le favorevoli circostanze da ultimo insorte consentano realmente, e senza indugi, un deciso intervento Pag. 62sui casi in esame, ovviamente nella piena autonomia di giudizio quanto alle singole procedure.
Si assicura che non si mancherà, da parte del Ministero, di seguire attentamente l'evolversi della situazione. Allo stato non sembrano invece potersi ravvisare singole responsabilità in termini di inerzia o negligenza. Risulta peraltro appena conclusa, nello scorso mese di ottobre, una ispezione ordinaria presso la procura di Gorizia e, come di prassi, i risultati della stessa saranno vagliati dalle competenti articolazioni ministeriali e quindi dallo stesso Ministro. Il che, come è ben comprensibile, rende attualmente non utili le ulteriori iniziative istruttorie da parte del Ministero sollecitate dagli onorevoli interpellanti, cui verosimilmente poteva non essere nota tale ultima informazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Pottino ha facoltà di replicare.
MARCO POTTINO. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatto della risposta che il signor sottosegretario ha oggi reso all'Assemblea. Intendo motivare questa mia affermazione. Al di là delle specifiche questioni che sono state affrontate nell'interpellanza - che non intendo ribadire in questa sede - e della risposta che lei mi ha dato, signor sottosegretario, esiste un dato di fatto incontrovertibile della provincia di Gorizia. In tale provincia, a causa dell'esposizione all'amianto, sono decedute oltre millecinquecento persone. Ciò è un dato di fatto che viene riportato dall'associazione «Esposti amianto» della città di Monfalcone, dalle numerose autopsie che sono state eseguite sulle vittime da parte dello stesso ospedale di Monfalcone e dagli studi che sono stati effettuati in tale zona. Vede, signor sottosegretario, per una regione come la mia, il Friuli-Venezia Giulia, che conta poco più di un milione di abitanti, che corrispondono sostanzialmente ad un quartiere di una grande metropoli come potrebbe essere Milano o Roma, la morte di millecinquecento persone significa far sparire interamente un centro abitato. È un dato impressionante e che riporta ad un'altra tragedia che la mia regione ha toccato con mano, quella del Vajont, dove per ragioni diverse, ma sempre per noncuranza e imperizia dell'uomo, e forse perché in molti casi il profitto non ha regole e non guarda in faccia nessuno, morirono oltre duemila persone. Con l'aggravante che in questo caso stiamo parlando di lavoro, stiamo parlando di lavoratori che si recavano ogni mattina nei cantieri navali, parliamo pertanto di morti sul luogo di lavoro.
A distanza di moltissimi anni - voglio ricordare che anche lei, signor sottosegretario ha citato, nella sua risposta, i fascicoli tuttora pendenti - l'associazione «Esposti amianto» della città di Monfalcone ha presentato già nel lontano 1999 oltre cinquanta esposti-denuncia alla procura di Gorizia, quindi si risale a parecchi anni fa. Credo che in un Paese come il nostro, che tutti definiamo civile, sia necessario sensibilizzare le procure, nella fattispecie quella di Gorizia, perché avvii i processi di cui si è detto, perché essi sono necessari al fine di identificare le responsabilità. Le famiglie di cui si è parlato non chiedono vendetta, ma giustizia. È necessario identificare i colpevoli perché devono pagare, perché le famiglie devono ottenere giustizia, un congruo risarcimento, e la certezza che la pena venga scontata fino in fondo.
Come ho affermato all'inizio del mio intervento, mi ritengo parzialmente soddisfatto e faccio appello alla sensibilità che in parte ho riscontrato nella risposta da lei fornita, signor sottosegretario, affinché il Ministero si faccia parte attiva per far sì che tale problema venga risolto nei modi più consoni e nei tempi più celeri. Sottolineo che non stiamo trattando di una questione politica, né di destra né di sinistra, bensì di una questione che riguarda tante famiglie, tanti lavoratori, uomini e donne che hanno perso la loro vita nell'ambiente di lavoro.
Concludendo il mio intervento, signor sottosegretario, voglio ricordare che resta ancora aperto il fronte relativo alla sicurezza Pag. 63sul lavoro, affinché vicende analoghe a quelle verificatesi nella mia regione, il Friuli-Venezia Giulia, e nella città di Monfalcone, non si ripetano in altre zone d'Italia, come del resto ha auspicato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Inoltre, nonostante l'entrata in vigore della legge che proibisce l'uso dell'amianto negli ambienti di lavoro, dobbiamo ricordare anche quei lavoratori che ancora oggi non sono contaminati, ma sono esposti al rischio di venire a contatto con l'amianto. Quando riscontrerò nei fatti le sue promesse e le affermazioni contenute nella risposta che lei, signor sottosegretario, mi ha fornito oggi in Aula, potrò dire di ritenermi completamente soddisfatto.
(Iniziative in relazione al procedimento di estradizione nei confronti del signor Sergeij Gromovs - n. 2-00823)
PRESIDENTE. L'onorevole Balducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00823, concernente iniziative in relazione al procedimento di estradizione nei confronti del signor Sergeij Gromovs (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, il caso oggetto dell'interpellanza riguarda Sergeij Gromovs, maestro e campione di scacchi, originario della Repubblica di Lettonia, dove in passato è stato oggetto di discriminazioni a causa della sua origine russa e della partecipazione a manifestazioni antidiscriminatorie. Sergeij Gromovs, nel 1994, avrebbe commesso un furto di modesta gravità nel suo Paese d'origine. Ricercato dalle locali autorità, temendo che il processo per tale reato potesse costituire un pretesto per il ripetersi di ulteriori trattamenti discriminatori, il Gromovs, si rifugiava in Italia abbandonando, suo malgrado, la famiglia. Nel nostro Paese, il Gromovs utilizzava un passaporto falso e una falsa identità, comportamento che dava origine a un procedimento penale presso la procura della Repubblica di Forlì. Nel dicembre 2001, la Repubblica di Lettonia presentava all'Italia richiesta di estradizione del Gromovs finalizzata a sottoporlo a processo per furto. Il 22 novembre 2002 il Ministero della giustizia accoglieva la richiesta e il Gromovs veniva quindi incarcerato nella casa circondariale di Forlì, in esecuzione del decreto di estradizione. A questo punto, il Resto del Carlino promuoveva una battaglia in favore di Sergeij Gromovs cui aderivano un numero altissimo di persone, soprattutto tra gli scacchisti che avevano avuto modo di conoscerlo e di apprezzarne le doti umane e il comportamento esemplare tenuto nel nostro Paese.
Si otteneva così dall'allora Ministro Castelli la sospensione della consegna del Gromovs alle autorità lettoni, in considerazione della pendenza, presso la procura di Forlì, del procedimento penale a carico del medesimo. Peraltro, qualche tempo dopo, l'interessato richiedeva la concessione dello status di rifugiato politico che non veniva accordata a causa dell'imminente entrata della Lettonia nell'ambito comunitario. La commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato raccomandava, comunque, la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che veniva rilasciato fino al 2009. Successivamente, il GIP di Forlì disponeva l'archiviazione del procedimento penale riguardante il Gromovs, la cui pendenza giustificava la sospensione dell'esecutività del decreto di estradizione; pertanto, l'Interpol nel maggio di quest'anno tornava a richiedere al Ministero della giustizia l'esecuzione dell'estradizione. Il 26 giugno 2007 dalla Corte di appello di Bologna veniva disposta la custodia cautelare in carcere, eseguita il 9 settembre.
Nel frattempo, la procura della Repubblica di Forlì ha riaperto il procedimento penale a carico del Gromovs per uso di documenti falsi e di false generalità, nonché per ricettazione di documenti falsi. Il pubblico ministero procedente ha manifestato l'intenzione, portata a conoscenza anche agli uffici del Ministero della giustizia, di esercitare l'azione penale nei confronti del Gromovs. Nei prossimi giorni Pag. 64verranno completate le formalità previste dall'articolo 415 del codice di procedura penale e, eventualmente, per procedere alla citazione a giudizio. È evidente che questa nuova circostanza consenta al Ministro della giustizia - è l'aspetto centrale della nostra interpellanza - di disporre, come già avvenuto nel 2002, la misura sospensiva della consegna, ai sensi dell'articolo 709 del codice di procedura penale e dell'articolo 19 della Convenzione europea sull'estradizione del 13 dicembre 1957.
Vorrei fissare l'attenzione su altri due argomenti, a mio avviso, ancora prevalenti. Infatti, sotto un diverso e ancor più dirimente profilo, si deve osservare che il reato di furto, per il quale Sergeij Gromovs dovrebbe essere processato in Lettonia, sarebbe stato commesso il 5 agosto 1994, di talché i termini di prescrizione del reato in questione debbono ritenersi abbondantemente decorsi secondo la nostra legislazione. È noto, infatti, che ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione europea sull'estradizione «L'estradizione non sarà consentita se la prescrizione dell'azione o della pena è acquisita secondo la legislazione della parte richiedente o della parte richiesta». Essendo l'estradizione stata richiesta esclusivamente per celebrare il processo - e non già per eseguire una eventuale condanna, della quale, comunque, non vi è alcuna traccia negli atti processuali - è evidente che in base alla suddetta norma della Convenzione l'estradizione non può essere concessa per un reato ormai prescritto.
Tutto ciò premesso, si chiede al Ministro se egli non ritenga, considerate anche le esigenze insopprimibili connesse alla libertà dei diritti dei perseguitati politici, di disporre in tempi brevissimi la misura della sospensione della consegna di Sergeij Gromovs ex articolo 709 del codice di procedura penale, in considerazione della pendenza del suddetto procedimento penale, nell'ambito del quale l'interessato ha manifestato l'intenzione di difendersi; ovvero di disporre la revoca del decreto di estradizione sopra richiamato, ritenuta, ai sensi dell'articolo 698 del codice di procedura penale, la ricorrenza delle ragioni che inducono a prevedere che il condannato, in caso di estradizione, verrebbe sottoposto nel Paese richiedente ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza. Infine, si chiede di disporre la revoca del medesimo provvedimento ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione europea sull'estradizione del 13 dicembre 1957, in considerazione del fatto che l'estradizione è stata richiesta in ragione della necessità di sottoporre il Gromovs a processo, senza che, si ribadisce, agli atti risulti alcuna condanna pronunciata nei suoi confronti, per un reato ormai prescritto nella legislazione italiana.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, è necessario rispondere all'interpellanza e ai problemi sollevati dagli interpellanti a partire da alcuni punti fermi. Primo tra tutti, il decreto di estradizione emesso nei confronti di Sergeij Gromovs il 20 novembre 2002 e, in secondo luogo, le pronunce con cui sia la corte di appello, sia la Corte di cassazione, hanno dichiarato sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dal Governo della Repubblica di Lettonia in data 13 dicembre 2001. Le questioni di diritto rappresentate dagli interpellanti, di sicuro rilievo normativo, hanno in parte trovato risposta - o avrebbero potuto trovarla - nelle appropriate sedi giurisdizionali ove le competenti autorità giudiziarie sono state più volte chiamate a pronunciarsi.
In ragione di questa premessa, ritengo che in questa sede sia opportuno rappresentare che per il decreto di estradizione del 22 novembre 2002, il Ministro della giustizia ha già adottato, in data 18 giugno 2007, il provvedimento che ne dispone l'esecuzione.
Faccio presente che, nel caso di specie, non ricorre la possibilità di applicazione dell'articolo 709 del codice di rito, in quanto lo status del Sergeij Gromovs non Pag. 65è quello di imputato, bensì ancora di indagato, e pertanto lo stesso non è giudicabile.
PAOLA BALDUCCI. Ma è indagato!
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, ma l'articolo 709 del codice di procedura penale non si può applicare. È indagato, ma non imputato e, quindi, non ancora giudicabile. Se verrà rinviato a giudizio, all'esito della procedura di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale, acquisterà un altro status giuridico.
Ad ogni buon conto, la situazione riguardante l'estradizione di Sergeij Gromovs è sostanzialmente mutata dal 15 ottobre ultimo scorso, poiché il TAR Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Gromovs ed ha, allo stato, sospeso il decreto di estradizione.
PRESIDENTE. L'onorevole Balducci ha facoltà di replicare.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi ritengo parzialmente soddisfatta: l'ultima spiegazione - secondo la quale, paradossalmente, lo status di indagato, in un procedimento penale che può terminare anche con un decreto di archiviazione, sia peggiorativo rispetto a quello di imputato - mi lascia lievemente perplessa.
Al di là di tali considerazioni, lei ha fornito una risposta riguardante il provvedimento che dovrebbe essere o è stato emesso dal TAR Lazio. Signor sottosegretario, lei sa molto bene che questo, comunque, non è un provvedimento risolutivo, ma un provvedimento «provvisorio»: ritengo, pertanto - anche con riferimento all'attenzione che lei ha sempre riposto su tematiche così delicate - che il caso in questione (che è abbastanza di scuola), al di là dell'esito di eventuali ricorsi amministrativi, richieda la massima attenzione da parte del Ministero della giustizia.
Bisogna evitare in ogni modo che venga data esecuzione alla consegna di Sergeij Gromovs, che sarebbe del tutto ingiusta ed illegittima, per i motivi che abbiamo già abbondantemente esposto nell'interpellanza.
In conclusione, si concederebbe l'estradizione per la celebrazione di un processo per un reato prescritto (in violazione dell'articolo 10 della Convenzione europea sull'estradizione); la consegna, inoltre, sarebbe eseguita privando l'interessato della possibilità di difendersi in un processo che lo vede coinvolto nel nostro Paese (in violazione dell'articolo 709 del codice di procedura penale) e, come ho già sostenuto abbondantemente nella mia interpellanza, si estraderebbe un soggetto che verosimilmente, una volta consegnato, riceverebbe trattamenti discriminatori a causa della sua origine etnica.
In conclusione, confido che gli uffici del Ministero facciano tutto quanto in loro potere per evitare che venga consumata un'ingiustizia e per consentire al Sergeij Gromovs di tornare prima possibile a vivere in piena libertà nel nostro Paese.
(Trasmissione di notizie riguardanti Thomas Kram, in relazione al suo presunto coinvolgimento nella strage di Bologna, ed eventuali iniziative ispettive - n. 2-00830)
PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00830, concernente la trasmissione di notizie riguardanti Thomas Kram, in relazione al suo presunto coinvolgimento nella strage di Bologna, ed eventuali iniziative ispettive (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
ENZO RAISI. Signor Presidente, illustro la mia interpellanza, molto dettagliata, che non è la prima, ma la quarta che presento sulla questione relativa a Kram. Ciò è avvenuto anche perché il rappresentante del Governo che mi ha risposto in precedenza, il sottosegretario Scotti, mi fornì a suo tempo informazioni che, documenti alla mano, non risultavano corrette: in occasione della risposta all'ultima interpellanza, infatti, il sottosegretario si scusò con me per il fatto che, Pag. 66effettivamente, si trattava di informazioni non corrispondenti ai documenti ufficiali della polizia.
Vorrei aprire una breve parentesi e spiegare il motivo per il quale insisto sulla questione relativa a Kram e perché la ritengo così importante. Tutti sanno che Kram era presente il giorno della strage di Bologna nelle vicinanze della stazione. Carlos, addirittura, in una sua intervista, ha affermato che egli fosse l'uomo uscito pochi attimi prima dello scoppio (Carlos era sodale di Kram).
Kram si è consegnato dopo ventisei anni di latitanza. È entrato in clandestinità, esattamente, il 2 agosto 1980: per essere chiari, ha avuto una latitanza simile a quella di Lo Piccolo e si è poi consegnato alla polizia tedesca, ponendo fine alla sua fuga.
Da lì è partita una serie di errate informazioni che, in qualche modo, andavano a sostenere il suo alibi. Ciò che Kram dichiara è riportato chiaramente in un'intervista che lo stesso ha rilasciato a il manifesto. Egli ha affermato di essere arrivato con un treno da Karlsruhe, diretto a Milano, dove doveva incontrare un'amica austriaca. È stato fermato dalla polizia a Chiasso, perché segnalato dalla polizia tedesca e, a causa di questo fermo, che è perdurato per diverse ore, si è attardato. Visto, poi, che la sua tappa finale era Firenze, si è fermato a Milano. Essendo arrivato tardi, è stato poi obbligato a trattenersi, casualmente, a Bologna.
Dai dati a nostra disposizione risulta, invece, che poteva andare tranquillamente a Bologna, perché ha preso un treno che, partendo da Rotterdam, se non vado errato, arriva a Karlsruhe nella notte e alle 10,20 a Chiasso (dove viene fermato effettivamente dalla polizia di frontiera).
Qui c'è il primo errore; vi è stata confusione sugli orari. La volta scorsa, abbiamo dimostrato che non esistevano gli orari riportati sia nella relazione di minoranza della Commissione Mitrokhin, redatta da un onorevole deputato dei DS, sia dalla prima risposta fornita dal sottosegretario Scotti.
Effettivamente, il sottosegretario Scotti ammise che gli orari da noi indicati (arrivo alle 10,20 e ripartenza alle 12,10 per Milano), in base ai quali egli aveva, quindi, tutto il tempo per incontrare la persona a Milano e andare poi a Firenze, erano corretti. Tuttavia, nella sua risposta, egli commette un secondo errore, quando dice che Kram viene perquisito e fermato sul treno che alle 12,10 lo porta da Chiasso a Milano.
Agli atti della Commissione Mitrokhin vi è il verbale dell'allora responsabile del posto di polizia di frontiera, il dottor Marotta, in cui si dice che Kram è stato perquisito tra le 10,20 e le 12,10. Quindi, in realtà, egli non è stato perquisito sul treno, come erroneamente affermato dal sottosegretario Scotti nella sua risposta, ma in quel lasso di tempo dalle 10,20 alle 12,10. Pertanto, in realtà, alle 12,10 riprende il treno da Milano. Attenzione: ciò è molto importante, perché su questa circostanza Kram costruisce il suo alibi nella famosa intervista rilasciata a il manifesto il 2 agosto scorso.
Inoltre, egli afferma - questo è l'altro elemento di novità che cito in questa interpellanza urgente - che a Milano doveva incontrare un sua amica austriaca.
Preannuncio che questa mia interpellanza urgente sarà la penultima, perché ne ho un'altra pronta, sempre sulla base di quanto ha dichiarato il sottosegretario Scotti. Su questo, come ho già detto, non mollerò fino alla fine, anche perché forse c'è qualcuno che vi dà queste informazioni; e ciò mi preoccupa, perché le informazioni sono fornite da esponenti delle istituzioni, forse anche dell'istituzione che ha aperto un fascicolo e dovrebbe indagare su Kram.
Forse essi non sanno che - grazie a Dio - avendo passato due anni e mezzo a guardare tutti i documenti acquisiti dalla Commissione Mitrokhin, so esattamente come si è mosso il signor Kram, cosa effettivamente ha fatto e chi effettivamente ha incontrato.Pag. 67
Lo dico anche perché forse in questo modo leggeranno la mia illustrazione dagli atti e la prossima volta staranno attenti a rispondere in un certo modo.
Ricordo che Kram viene per la prima volta segnalato, in qualche modo, dal dottor De Gennaro nel 2001 e inserito in un fascicolo con riferimento ad atti non aventi valenza di reato (non ricordo come si dice tecnicamente). Successivamente, la procura di Bologna, in qualche modo, archivia il caso.
Quando, però, nel 2004-2005, consegno alla procura di Bologna la parte della relazione della Commissione Mitrokhin che riguarda la strage di Bologna, questa è obbligata ad aprire un procedimento che, guarda caso, vede Kram non come imputato, ma come persona informata dei fatti, il che è abbastanza clamoroso.
Ritengo che vi sia un clamore tale e quale a quello che si manifestò nel 2001 quando venne aperta la pratica con una notizia non avente valore di reato.
Voglio formulare, quindi, una serie di domande che sono rivolte innanzitutto a comprendere se le persone che Kram afferma di aver incontrato siano state mai interrogate. Mi riferisco ad esempio alla cittadina austriaca residente a Varese che in qualche modo dovrebbe confermare il suo presunto alibi. Chiedo di sapere se sia mai stato interrogato anche l'autore di quell'intervista che in qualche modo crea l'alibi a Kram. Un alibi che, come ho già sostenuto in un mio precedente intervento, non sta in piedi. In quell'articolo Kram afferma che il giorno che scoppiò la bomba si trovava in una grande arteria bolognese, via Indipendenza, e da lì dopo aver assistito a quello che stava accadendo prese un taxi per andare alla stazione delle corriere. Come ho già avuto modo di dire, tutti sanno che da via Indipendenza la stazione ferroviaria non si vede e che la stazione delle corriere è a fianco di quella ferroviaria. Per quale motivo, quindi, si dovrebbe prendere un taxi per andare esattamente nel posto che si vuole evitare? Chi conosce Bologna fortunatamente capisce subito come questa persona abbia detto delle stupidaggini. Soprattutto Kram afferma che doveva andare ad incontrare questa signora austriaca, questa sua amica conosciuta a Perugia dove aveva studiato per molti anni. Chiedo se effettivamente risulta al Ministero della giustizia se questa persona sia stata mai rintracciata e se gli sia stato effettivamente chiesto se doveva incontrarsi con lui a Milano.
Chiedo anche di sapere sulla base di che cosa il sottosegretario Scotti dichiarò in una precedente occasione che Kram venne perquisito sul treno che da Chiasso lo stava portando a Milano. Stiamo parlando del famoso treno n. 307, dove Kram sostenne di essere stato perquisito a bordo. A tale riguardo, ripeto, che il verbale del dottor Marotta risulta chiaro, chiarissimo. In ordine al telex, inviato a Roma, era richiesto, in virtù delle indicazioni fornite dai tedeschi, di fermare e perquisire il sospetto. Marotta fu molto chiaro al riguardo: Kram venne fermato al suo arrivo a Chiasso alle 10,20 perquisito nel lasso di tempo di due ore e ripartì solo successivamente con il treno. Non riesco a capire chi abbia fornito le informazioni al sottosegretario Scotti in merito alla perquisizione effettuata a Kram a bordo del treno per Milano. Questo non risulta in nessun atto e qualcuno quella risposta deve averla data.
Signor sottosegretario, non voglio essere polemico e chiaramente sono molto ansioso di ascoltare la sua risposta alla mia interpellanza, però lei esercita la professione di avvocato e sa meglio di me come una coincidenza possa essere casuale, ma molte coincidenze e tutte rivolte a creare un alibi a Kram forse non rappresentino più coincidenze.
Mi preoccupano - lo voglio dire in questa sede parlamentare - queste informazioni che voi trasmettete all'Assemblea e sulle quali venite puntualmente smentiti; mi dispiace che rispondiate sulla base di informazioni che vengono fornite da organi istituzionali che forse sono gli stessi che dovrebbero indagare su Kram. È importante sapere se nel frattempo la posizione di Kram sia mutata o sia rimasta effettivamente quella di una persona informata sui fatti; in quest'ultimo caso ciò Pag. 68sarebbe un fatto clamoroso. Non possiamo dimenticarci che stiamo parlando di un terrorista, presente il giorno della strage di Bologna, al quale viene trovato in tasca un riferimento a un'altra terrorista che quel giorno era stata segnalata, la Freulich, e che due anni dopo viene arrestata con esplosivo compatibile con quello scoppiato alla stazione di Bologna. Non possiamo dimenticarci, inoltre, le prove fornite dalla Commissione Mitrokhin sul collegamento con Carlos e sul loro incontro un mese dopo a Budapest. Non possiamo scordarci che allorché Kram finalmente si consegna all'autorità e prova a dare un alibi questo viene smantellato pezzo per pezzo. Voglio sapere se lei è a conoscenza di quella persona, che Kram doveva incontrare a Milano, e se essa sia stata interrogata. Dopo la sua risposta le spiegherò il perché di questa mia domanda.
Se una tale persona non ha cambiato la sua posizione giudiziaria vuol dire che da parte di qualche istituzione non vi è la volontà di andare fino in fondo nel capire perché quel giorno a Bologna c'era Kram. Non essendo vero che sia stato presente a Bologna, perché arrivato in ritardo grazie a tutta una serie di coincidenze che però abbiamo smantellato, Kram ci deve spiegare cosa ci faceva quel giorno Bologna.
È questo ciò che chiedo con un continuo, preciso e puntuale intervento sulla vicenda basato sui documenti ufficiali forniti dalla polizia e dalle forze dell'ordine. Non sto facendo ipotesi.
Infatti, è Marotta che dice che Kram è stato perquisito in quel lasso di tempo. Mi domando, dunque, come può un sottosegretario, suo collega, dirmi che questi, invece, viene perquisito sul treno di Milano. Infatti, prima si sbaglia sugli orari e lasciamo passare; poi, gli ho dimostrato - tabelle alla mano - che tali orari erano quelli corretti. Infine, però, - ecco la domanda che le rivolgo - su quali presupposti si è basata la risposta del sottosegretario Scotti secondo la quale Kram era stato perquisito sul treno 307? Sono molto ansioso nell'attendere tali risposte, perché - lo ripeto - come lei può immaginare e ha già capito, il mio è un tassello che sto mettendo sul punto e che si avvia verso la conclusione di una ricerca condotta in modo molto dettagliato anche grazie al contributo di persone che hanno lavorato per anni su questo tema e che mi sembra abbiano chiarito bene, perlomeno, quale era l'ambito nel quale sono successi certi eventi.
Però, ciò che mi preoccupa - lo dico da parlamentare - è la continua reticenza da parte delle istituzioni nel dare informazioni che puntualmente vengono smentite dai documenti ufficiali.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18,30)
ENZO RAISI. Dunque ciò mi preoccupa - glielo dico molto sinceramente - perché non voglio addebitare colpe al Governo. È presente lei, ma sono sicuro che, anche se fosse stato presente il segretario Scotti, avrei detto lo stesso anche a lui: non imputo al Governo, naturalmente, una volontà politica di non andare avanti su questa vicenda. Imputo tale volontà, però, a chi mi fornisce l'informazione che a me, in qualche modo, sta iniziando a preoccupare. Concludo su questo punto e attendo la risposta del sottosegretario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, sulla prima parte dell'interpellanza, relativa alla contraddizione in cui sarebbe caduto il Governo nella risposta precedente ed analogo atto ispettivo, si ricorda quella parte della discussione che insorse a proposito della risposta resa il 25 gennaio 2007, circa l'impossibilità che un treno potesse, per di più nel 1980, percorre il tratto Karlsruhe-Chiasso in appena un'ora e mezza; proprio in rapporto a tali dubbi, nella successiva risposta dell'11 ottobre si chiarì che evidentemente nell'incipit della risposta del 25 gennaio, non si era fatto cenno alla diversità dei Pag. 69treni, e cioè, il 201 partito da Karlsruhe e, successivamente, il 307. Inoltre, si chiarì che nel riportare il contenuto della nota della polizia di frontiera di Chiasso, risultava comunque dalla risposta la duplicità dei treni utilizzati, per cui la discussione in ordine al - oppure ai - treni di cui il Kram si era avvalso risultava superata.
ENZO RAISI. Su quale treno? È quello il problema!
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Passando alle altre considerazioni e ai quesiti formulati si espone quanto segue. Dal telegramma inviato dall'ufficio di polizia di frontiera di Chiasso in data 1o agosto 1980, risulta che Thomas Kram, giunto alla stazione di Chiasso fu «identificato e perquisito sotto aspetto doganale con esito negativo»; a proposito di tale perquisizione, nella risposta dell'11 ottobre alla precedente interpellanza non si è specificato che il Kram era stato identificato e contestualmente sottoposto a perquisizione, bensì che era stato identificato sul treno, com'era naturale, e poi perquisito; d'altronde il telegramma della polizia non chiariva se la perquisizione fosse avvenuta sul treno oppure nel posto di polizia. Il Ministero dell'interno riferisce che: "Lo stesso ufficio di frontiera di Chiasso, il giorno successivo trasmise un'ulteriore nota, senza fare più riferimento all'orario di arrivo in Italia, per fornire la copia di una lettera manoscritta di Kram rinvenuta durante la perquisizione».
Dagli atti non risulta se, al momento dell'ingresso sul territorio nazionale, il Kram fosse in possesso di borse, valigie o altri contenitori. «La perquisizione», proseguo la lettura dell'informativa del Ministero dell'interno, «ebbe esito negativo e non è dato sapere se la lettera manoscritta fu rinvenuta all'interno di un bagaglio o sulla persona. Al riguardo, l'ufficio di frontiera di Ponte Chiasso ha riferito che il fascicolo intestato a Thomas Kram è stato distrutto nel 1997, in seguito all'entrata in vigore dell'accordo di Schengen».
La procura della Repubblica di Bologna, il 3 ottobre scorso, in risposta ad un'informativa sollecitata dal Ministero della giustizia ha comunicato la seguente nota: «Preliminarmente si rappresenta che presso questa procura sono tuttora in corso indagini, nell'ambito del procedimento penale n. 7823/05 (registro generale notizie di reato modello 44), riguardanti il delitto di strage commesso alla stazione ferroviaria di Bologna il 2 agosto 1980. In tale ambito, sono stati approfonditi gli accertamenti anche sulla presenza a Bologna, il 2 agosto 1980, del terrorista tedesco Kram Thomas, nato il 18 luglio 1948 a Berlino, membro dell'organizzazione terroristica tedesca Cellule rivoluzionarie».
In merito alla richiesta riguardante l'ingresso - prosegue la nota della procura della Repubblica - del cittadino tedesco Thomas Kram nel territorio nazionale, in data 1o agosto 1980, si rappresenta che la DIGOS di Bologna, con l'informativa A4/06/DIGOS/ATN del 28 luglio 2006, trasmetteva copia di un telex della polizia di frontiera di Chiasso, datato 1o agosto 1980, nel quale era riportata la seguente comunicazione: «Con treno 307 delle ore 12,08 legali odierne entrato Italia diretto Milano cittadino tedesco Kram Thomas Michael nato 18 luglio 1948 Berlino et residente Bochum (Germania) munito carta d'identità tedesca n. G7008331 rilasciata Bochum 25 marzo 1975. Predetto iscritto R.F. formula 5 est stato sottoposto at perquisizione sotto aspetto doganale con esito negativo. Medesimo est qui giunto con treno n. 201 delle ore 10,30 legali proveniente da Karlsruhe». Come si rileva, in assenza di specificazioni, la perquisizione poteva essere fatta tanto sull'uno quanto sull'altro treno.
Nella stessa informativa la DIGOS di Bologna comunicava, inoltre, che agli atti di quell'ufficio risultava copia del registro contenente il nominativo di Thomas Kram, che, dopo la mezzanotte del 1o agosto 1980, era stato registrato presso l'albergo centrale, all'epoca sito in questa via della Zecca n. 2. Precisamente nella pagina 130 - con numero progressivo 1481 - si riportavano i riferimenti alla stanza n. 21 e al documento di identificazione esibito Pag. 70dal predetto, relativo ad una patente di guida n. 20344, rilasciata in data 11 novembre 1970. Sulla base dei dati riportati nel predetto registro si rilevava, altresì, che la stanza fu assegnata al solo Thomas Kram.
Inoltre, per quanto finora accertato dalla polizia giudiziaria delegata, non risulta che Thomas Kram sia stato presente sul territorio nazionale dopo la data del 2 agosto 1980, e nemmeno si rilevano tracce della sua presenza nella città di Firenze.
Ad ogni buon conto, si evidenzia che, sulla base delle informazioni qui trasmesse dalla locale DIGOS, relative ai latitanti Thomas Kram e Adrienne Gerhauser che si erano costituiti presso la procura generale di Karlsruhe, in data 4 dicembre 2006, si procedeva ad inoltrare, alle autorità tedesche, il 12 febbraio 2007, richiesta urgente di rogatoria internazionale finalizzata principalmente all'escussione dei predetti terroristi tedeschi.
Infine, in riferimento all'attività compiuta all'epoca dagli organi inquirenti in merito alle testimonianze raccolte dai tassisti in servizio nei pressi della stazione ferroviaria la mattina del 2 agosto 1980, si rappresenta che l'azione investigativa si sviluppò anche con l'escussione di numerosi testi presenti, nei momenti antecedenti e susseguenti, all'esplosione dell'ordigno avvenuta alle ore 10,25 del 2 agosto 1980.
Tuttavia, allo stato, pur continuando le verifiche in merito alle ulteriori informazioni acquisite, si evidenzia che non si rilevano testimonianze concernenti riferimenti precisi relativi al trasporto di un turista tedesco diretto al terminal delle autocorriere di Bologna.
Ancora la procura della Repubblica di Bologna, con nota di ieri - 7 novembre - ha altresì riferito quanto segue: «Sono state esaminate nell'ambito delle indagini in corso le persone che risultavano o apparivano essere state in contatto con Kram in Italia, nel periodo dal 1979 al 1980; è stata identificata e sentita prima dell'intervista rilasciata da Kram al quotidiano il manifesto pubblicata il 1o agosto 2007 la persona in contatto epistolare con Kram nel 1980; sono state svolte e sono ancora in corso attività di indagine conseguenti al contenuto della detta intervista di Kram a il manifesto; non è stato disposto l'esame del giornalista Guido Ambrosino che ha realizzato la detta intervista; l'unico elemento certo relativo alla data e all'orario dell'ingresso di Kram in Italia il 1o agosto 1980 è il telex della polizia di frontiera di Chiasso del 1o agosto 1980, già riportato nella risposta sopra citata di questo ufficio del 3 ottobre scorso; nessuna persona è stata iscritta nel registro degli indagati di questo ufficio in relazione al procedimento di cui si tratta, sopra indicato».
Le ulteriori notizie circa la precisa ed attuale posizione processuale di Thomas Kram e i risultati degli altri accertamenti non potranno che risultare dal prosieguo delle indagini in corso da parte della procura di Bologna, anche attraverso rogatorie, così come indicato dall'ufficio nella nota innanzi riportata.
PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di replicare.
ENZO RAISI. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta, in quanto vi sono due elementi gravi. Non sono né un magistrato, né un uomo delle forze dell'ordine, ma il telex è molto chiaro e afferma che Kram giunge a Chiasso alle 10,20 ed entra in Italia con il treno 307 delle ore 12,10, se non erro.
Ciò vuol dire che - tanto per essere chiari, stanno parlando del posto di frontiera italiano a Chiasso - non è vero che dal telex non si deduce quando Kram sia stato perquisito. È molto semplice: quando scende dal treno con il quale è arrivato a Chiasso la polizia di frontiera di Chiasso lo perquisisce; lo stesso Kram entra in Italia col treno che lo conduce a Milano.
Questa lettura mi sembra banale! Se i magistrati inquirenti non sono capaci neanche di leggere un telex del genere, la cosa mi preoccupa.
Ma vi è un altro aspetto. Sono molto insoddisfatto di quello che la procura afferma sulle indagini in corso, innanzitutto Pag. 71perché la procura non dice una cosa fondamentale o, per lo meno, afferma che la DIGOS ha effettivamente sentito la persona che, in qualche modo, avrebbe dovuto confermare l'alibi di Kram in relazione alle indagini sulla sua presenza a Milano. So cosa ha affermato la signora, perché ho parlato con lei. Pertanto, le posso dire che è grave che la procura non abbia ancora cambiato la posizione di Kram, il quale tutt'oggi rimane persona informata sui fatti.
Dico questo perché - lei è un avvocato e conosce bene il motivo - c'è di mezzo una rogatoria e, un conto è chiedere una rogatoria per una persona inquisita di un reato molto grave come quello di strage, e un altro è chiederla per chi è «persona solo informata sui fatti». Pertanto la volontà della procura di mantenere la posizione di Kram come persona informata sui fatti - e non come imputato per strage - evidentemente pone dei problemi, in primo luogo, in termini di rogatoria e, in secondo luogo, sull'effettivo risultato che tali rogatorie possano ottenere.
Le preannuncio che presenterò un'ulteriore interpellanza sull'argomento perché lei ha citato un altro fatto molto grave che altre volte mi era stato riferito: nel 1997 è stato bruciato il fascicolo di Kram sulla base del Trattato di Schengen, in cui si prevede che i documenti non rilevanti inerenti i cittadini dell'Unione europea possono essere mandati al macero se, appunto, su di loro non ci sono pendenze particolari o questioni giudiziarie.
Nel 1997 su Kram pendeva un mandato di cattura internazionale dell'Interpol quando la polizia - o chi per lei - ha deciso di bruciare questi documenti. Esiste anche un'altra stranezza: stranamente Kram era inserito nella banca dati della polizia italiana fino al 1994 come estremista di destra, quando tutti sapevano che faceva parte delle, Cellule rivoluzionarie movimento notoriamente legato alle Brigate rosse e all'Action directe francese.
È molto strano che, fino al 1994, questa persona (che era inserita nella banca dati della polizia nazionale e ricercata dall'Interpol e, quindi, anche dai tedeschi) che tutti sapevano essere un terrorista di estrema sinistra, nella banca dati della nostra polizia nazionale - guarda caso - era indicato come estremista di destra, dato che viene modificato solo successivamente.
Perché nel 1997 - e qui le anticipo il contenuto di un'altra interpellanza che a breve presenterò, che sarà l'ultima a chiusura del cerchio - il fascicolo di Kram è stato bruciato se su di lui pende un mandato di cattura internazionale ed è nella lista dei ricercati? Il Trattato di Schengen non prevede questo. Io ho studiato e mi sono anche preparato sul tema perché appunto quella risposta mi aveva stupito. Rimandiamo alla «prossima puntata» e vorrò capire come mai è accaduto questo fatto grave.
È come se avessero bruciato il fascicolo riguardante un famoso latitante italiano perché è entrato in vigore il Trattato di Schengen: è un po' difficile da sostenere.
Ripeto: quando si è verificato questo episodio su Kram pendeva un mandato di cattura internazionale dell'Interpol ed era inserito nella banca dati della polizia italiana come terrorista ricercato. E nonostante ciò, nel 1997 bruciamo un fascicolo della polizia di frontiera? E guarda caso oggi si fa confusione. Grazie a Dio esiste quel telex del dottor Marotta che è molto chiaro, ma se non ci fosse stato, oggi su Kram e sul suo fermo a Chiasso non avremmo saputo nulla; anzi, probabilmente, qualcuno avrebbe giocato su quell'equivoco che mi ha portato a presentare due interpellanze e che finalmente oggi abbiamo chiarito.
Caro sottosegretario, sono molte le circostanze che mi fanno pensare che c'è qualcuno che non vuole andare fino in fondo. Ribadisco il concetto: è evidente che la procura, essendo in possesso di una serie di elementi chiari ed evidenti sul fatto che l'alibi di Kram non sta in piedi e avendo interrogato la signora - perché non lo dicono, ma io lo sapevo, in realtà, per ovvi motivi - e sapendo benissimo cosa ha risposto la signora, quanto meno dovrebbe cambiare la posizione di Kram, considerandolo una persona indagata. Invece, Pag. 72si continua a definirlo persona informata sui fatti e ritengo sia un fatto veramente clamoroso dal punto di vista giudiziario che fa pendant - mi permetta questa parola - con quanto accaduto nel 2001, quando addirittura fu inserito in un modello che riguardava le notizie non aventi valore di reato nonostante che il capo della polizia italiana (c'è proprio una lettera di De Gennaro), su indicazione dei tedeschi, gli avesse detto di cercare Kram poiché sembrava coinvolto nella strage di Bologna. C'è una lettera della polizia!
Ebbene, cosa fa la procura di Bologna? Prende questa lettera, fa finta di svolgere le indagini (perché poi in realtà non le ha fatte, e che indagine si può fare con le procure oberate?) e archivia. Se non ci fosse stata la casualità della Commissione Mitrokhin che ci ha consentito di accedere a quel fascicolo di Kram e trovare quella lettera di De Gennaro non avremmo mai saputo nulla su quella vicenda.
Caro sottosegretario, queste sono questioni veramente inquietanti, di fronte alle quali, ovviamente, non mi fermo e vado fino in fondo. Le ho già anticipato qualche aspetto e quello di Schengen è veramente clamoroso! Non so se lei ha capito quello che è successo: abbiamo bruciato il fascicolo di un terrorista ricercato dall'Interpol, che è stato latitante dal 2 agosto 1980 fino al 2005. Qualcuno ha pensato che fosse un terrorista di poco conto, ma è un personaggio di questo livello.
Tra l'altro, è uno dei pochi che l'ha fatta franca del gruppo delle Cellule rivoluzionarie, perché gli altri legati alla Stasi sono quasi tutti caduti e sono stati presi. Lui, invece, è riuscito a farla franca fino alla fine; si è consegnato quando ormai i suoi reati, più o meno, in Germania li aveva in qualche modo estinti dal punto di vista della pena; probabilmente avrà contrattato, anche perché dopo pochi giorni di galera è agli arresti domiciliari, insieme all'altro signore che era con lui.
Mi dispiace molto e l'ho già detto più volte: non so, onestamente, che ruolo Kram avesse avuto il 2 agosto 1980, però c'è un fatto che mi sembra ormai chiarito da tutti i documenti che sono emersi: la sua presenza quel giorno, a Bologna, non era casuale.
Quello che mi dispiace e mi fa paura, come cittadino italiano, è che le istituzioni pubbliche non abbiano il coraggio di andare fino in fondo. Il mio pensiero è questo: il fatto che le nuove indagini - perché, come ci è stato confermato dalla procura di Bologna, ci sono indagini sulla strage di Bologna - siano state affidate a uno dei PM che ha fatto quel processo, lei capisce, è un altro fatto irrituale.
Lei consegna una nuova parte di indagine alla stessa persona che ha seguito un processo giunto a sentenza definitiva. Mi domando come quel PM, che sarà onesto intellettualmente, possa pensare di rimettere in discussione tutto il lavoro che lui stesso ha svolto.
Il bon ton, l'intelligenza, l'etica avrebbe voluto che fosse affidata, quanto meno, a un PM diverso. No! L'abbiamo affidata allo stesso PM che ha seguito il processo per la strage di Bologna. Questi sono tutti elementi che, messi assieme, mi fanno pensare che non ci sia la volontà di andare fino in fondo.
Io continuo, però, con le mie interpellanze, che si accumulano. Ringrazio perché, comunque, risposta su risposta, viene confermato quanto avevo dichiarato. Anche il Governo deve prendere atto che le risposte giuste erano le nostre, non quelle che vi vengono date da certi uffici.
L'esempio degli orari è chiaro ed evidente e questo mi fa ben pensare che, quanto meno, alla fine di tutto questo lavoro, avrò una serie di documenti che poi consegnerò alle istituzioni che dovranno fare il loro lavoro e li consegnerò, se non altro, alla storia dei nostri concittadini, i quali devono sapere che sulla strage di Bologna, come ha detto il Presidente Napolitano nell'ultimo anniversario, non tutto è stato chiarito. Anche il Presidente Napolitano avrà questo materiale e potrà capire perché, probabilmente, quel giorno non è stato tutto chiarito.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Franzoso n. 2-00691)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Franzoso n. 2-00691 è rinviato ad altra seduta.
(Provvedimenti disciplinari disposti nei confronti di alcuni operai della Sata di Melfi sottoposti a perquisizione nell'ambito di procedimenti giudiziari - n. 2-00812)
PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00812, concernente provvedimenti disciplinari disposti nei confronti di alcuni operai della Sata di Melfi sottoposti a perquisizione nell'ambito di procedimenti giudiziari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11), di cui è cofirmataria.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, si è ritenuto di interpellare con urgenza il Ministero del lavoro su alcuni episodi apparentemente tra loro slegati, che sono avvenuti alla FIAT Sata di Melfi e che destano non poche preoccupazioni.
Nella prima mattina del 16 ottobre, nelle abitazioni di due operai dello stabilimento, Passannante e Auria, sono state effettuate perquisizioni su richiesta del pubblico ministero Basentini. I due risultano indagati per i reati di cui all'articolo 270-bis e 272 del codice penale, vale a dire per associazione in attività eversiva.
Nei loro confronti, comunque, tengo a sottolineare che non si è ritenuto di procedere a nessuna misura cautelare. Il giorno seguente, ai due lavoratori è stata notificata la sospensione cautelare, questa sì da parte dell'azienda, ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici, che si è tramutata in licenziamento il 23 ottobre.
Le pongo due domande, che non andrebbero probabilmente rivolte tutte a lei, ma che qui vanno poste anche per comprendere la dinamica dei fatti. Innanzitutto, come fa l'azienda ad avere notizia di fatti giudiziari che ancora non erano stati resi pubblici da nessuno, nemmeno dalla stampa? Come e perché c'è un'evidente fuga di notizie? Inoltre, sembra un po' eccessiva l'interpretazione dell'articolo 25 del Contratto nazionale, dal momento che lo si dovrebbe utilizzare, letteralmente, quando il lavoratore provochi grave nocumento morale e materiale all'azienda e quando compia, in connessione con lo svolgimento del proprio rapporto di lavoro, azioni che costituiscono delitto a termini di legge.
Ovviamente i lavoratori si dichiarano innocenti ed estranei ai fatti loro contestati. Le indagini faranno il proprio corso, anzi ci auguriamo che terminino al più presto per far luce sui fatti stessi; ma è fuori da ogni logica che l'azienda, prima ancora dei luoghi deputati, emetta una sentenza come ha fatto con i licenziamenti. Una battuta: in questo Paese giustamente, ma dovrebbe valere per tutti, si è innocenti fino a prova contraria; per i lavoratori non può e non deve valere il contrario, vale a dire: si è colpevoli fino a quando non si dimostra la propria innocenza.
Negli stessi giorni inoltre viene licenziato un altro lavoratore, Francesco Ferrentino, RSU Flmu-CUB, anche lui prima sospeso e poi licenziato nella stessa data del 23 ottobre; anche in questo caso la sospensione prima e il licenziamento dopo vengono motivati dall'azienda con l'articolo 25 del contratto nazionale di lavoro. Ma qual è la colpa di questa RSU? Si registra in fabbrica, da qualche mese, una ripresa del conflitto sindacale, con frequenti ricorsi a scioperi di UTE. Le ragioni di questo conflitto attengono ai carichi di lavoro particolarmente pesanti, che in quello stabilimento i lavoratori e le lavoratrici vivono. Il TMC-2 è la metrica di lavoro con la quale i lavoratori fanno i conti; una metrica pesante che è causa di una serie di patologie che interessano gli arti superiori: non a caso queste patologie sono particolarmente diffuse tra i lavoratoriPag. 74 dello stabilimento di Melfi. Queste sono il tunnel carpale, la tendinite, crisi da sforzo, ernia ed altre.
I lavoratori attraverso le rappresentanze sindacali hanno svolto diversi scioperi per chiedere all'azienda di aumentare gli addetti nel settore. Uno di questi scioperi si è svolto proprio l'11 ottobre, ed ha causato tensioni con i capi delle unità tecnologiche elementari. Di questo sciopero, la RSU Ferrentino dava notizia in un volantino che è stato ritenuto lesivo dell'immagine dell'azienda, e quindi ha causato nei fatti il licenziamento della stessa RSU; potremmo dire che egli è stato licenziato perché svolgeva la propria funzione di delegato. Anche qui vi è una interpretazione discutibile dell'articolo 25 del contratto nazionale di lavoro: un'azione che assume un aspetto tanto più grave se si tiene conto che Ferrentino è stato eletto RSU solo qualche mese fa, ed è anche l'unico rappresentante eletto dal sindacato CUB. Questo sindacato, che ha avuto una parte del consenso dei lavoratori, è ad oggi dunque senza rappresentanza. Non vorremmo che la Sata utilizzi il licenziamento come un elemento per impedire il conflitto, e quindi le chiediamo come intende intervenire il Ministero.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza presentata quale primo firmatario dall'onorevole Migliore ed illustrata dalla deputata Lombardi, passo ad illustrare preliminarmente le notizie che ci ha fornito, in merito alle vicende che sono state descritte in questo atto di sindacato ispettivo, la prefettura di Potenza. In particolare, il predetto ufficio ha confermato che, sulla base degli esiti di un'indagine avviata da tempo, la DIGOS della questura di Potenza, il 16 ottobre scorso, in esecuzione di provvedimenti emessi dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, procedeva alle perquisizioni domiciliari e personali disposte nei confronti di venti persone indagate per le ipotesi di reato di cui agli articoli 270-bis e 272 del codice penale, tra cui anche gli operai Sata citati nell'interpellanza.
La notizia dell'operazione condotta dalla Polizia di Stato appariva in alcuni lanci dell'agenzia Ansa di Milano del 16 ottobre 2007, sui giornali locali e nazionali e sui siti web d'area. Inoltre, il decreto di perquisizione, secondo quanto riferito dall'ufficio in questione, era unico e riportava i nominativi di tutti gli interessati dal provvedimento. La direzione provinciale del lavoro di Potenza, in merito ai fatti descritti nell'atto ispettivo, ha prontamente effettuato un'ispezione presso la società Sata, con le seguenti risultanze. In via del tutto preliminare, desidero però specificare che il predetto ufficio, nel comunicare gli esiti degli accertamenti, ha precisato che - anche in considerazione dei ristretti tempi a disposizione - ha potuto acquisire soltanto la documentazione presso la direzione aziendale, mentre non è stato possibile acquisire le dichiarazioni di appartenenti alle rappresentanze sindacali unitarie.
In particolare, l'ufficio ha confermato la notizia dei licenziamenti operati sia nei confronti dei lavoratori oggetto dei provvedimenti della Direzione distrettuale antimafia, motivati con riferimento alle vicende che vedono gli stessi indagati penalmente, nonché del rappresentante sindacale citato nell'atto ispettivo, in quanto responsabile - secondo la direzione aziendale - di diffamazione nei confronti di un responsabile di unità tecnologica elementare (UTE). La società Sata ha quindi ritenuto, in considerazione della gravità dei fatti contestati ai lavoratori in questione, di dover applicare l'articolo 26 del Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore. Rispetto a tali provvedimenti, gli interessati potranno adire - come è previsto dalle norme vigenti - l'autorità giudiziaria competente per le decisioni del caso.
Per quanto concerne la consistenza dei carichi di lavoro, la società ha specificato che la relativa problematica sarebbe stata vagliata dai vertici dell'azienda e che sarebbero stati adottati i necessari provvedimentiPag. 75 di razionalizzazione dell'organizzazione del lavoro, illustrandone le modalità agli interessati. Riguardo «la ripresa del conflitto all'interno della fabbrica», si è ritenuto utile acquisire un prospetto riepilogativo degli scioperi effettuati negli ultimi mesi. Dall'esame di esso, si rileva che, nel mese di ottobre, sono effettivamente stati indetti tre scioperi, mentre sembra potersi escludere un particolare incremento della conflittualità interna nel periodo precedente. Per quanto riguarda l'aumento della produttività, si è acquisito il dato medio giornaliero del numero di autoveicoli prodotti nell'ultimo semestre, nonché il dato medio giornaliero della forza lavoro applicata. Tali dati, come affermato dal responsabile delle relazioni sindacali della società Sata Spa, si sono mantenuti pressoché costanti nel periodo di riferimento. A tale ultimo riguardo, sono stati richiesti chiarimenti in relazione all'applicazione della metodologia denominata TMC2 di valutazione dei tempi di lavoro occorrenti per l'espletamento di ciascuna singola fase lavorativa i cui risultati - che, sempre a detta della direzione aziendale, sono stati resi disponibili a tutti i lavoratori dello stabilimento Sata mediante procedure informatiche - sono oggetto di valutazione congiunta fra direzione aziendale ed organizzazioni sindacali. È stato inoltre acquisito l'elenco completo della rappresentanza sindacale unitaria aziendale risultante dall'ultima consultazione elettorale. Al riguardo, l'ufficio ha reso noto che provvederà ad acquisire a campione le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali sulle problematiche in parola.
In conclusione, posto il rilievo della situazione prospettata, posso assicurare che l'Amministrazione che rappresento in questa sede continuerà a vigilare sul rispetto della normativa a tutela dei lavoratori, fornendo le ulteriori notizie che dovessero emergere - e che emergeranno - nel prosieguo degli accertamenti sui quali i nostri uffici, come ho già detto in premessa, sono impegnati. Chiedo dunque scusa se non può darsi la completezza della risposta, nel senso che l'ispezione non ha potuto ascoltare tutti i soggetti interessati. Ci è parso tuttavia doveroso riferire questi primi riscontri, sapendo che vi è ancora una parte di lavoro che i nostri uffici svolgeranno e di cui daremo conto.
PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di replicare.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, anzitutto ringrazio la sottosegretaria per la celerità, la puntualità e persino per la passione che ha impiegato nel rispondere all'interpellanza. Tuttavia, ci riteniamo parzialmente soddisfatti.
Intanto, mi pare che vada affermato con forza che non si possono stabilire connessioni politiche tra i movimenti sociali e l'eversione, e che ciò è tanto più ingiusto se lo si riferisce alla lotta dei ventuno giorni di Melfi (lei non lo ha fatto ed anche per questo motivo la ringrazio, ma lo ha fatto il Ministro Amato circa un anno fa, e lo ha fatto in questi giorni, ripetendolo, il dibattito su questo tema nella mia regione). Ovviamente, le indagini che sono in corso debbono proseguire - e proseguire in fretta - ma già possiamo dire, senza attenderne l'esito, che queste stesse indagini non sono legate ad una lotta operaia che, nelle modalità in cui si è svolta, ha affermato, da sé, l'estraneità a qualunque ambito fuori dalla pratica democratica. Lo ricordo prima di tutto a me stessa: a Melfi si è lottato, e lo hanno fatto i lavoratori e le lavoratrici insieme ad una intera comunità per riprendersi finalmente, dopo dieci anni, un diritto che era stato loro negato con il contratto Sata, vale a dire avere lo stesso diritto e lo stesso salario di altri lavoratori che svolgono identiche mansioni nello stesso gruppo FIAT. È stata, quindi, una lotta che ha restituito loro la dignità e il diritto, che si è svolta, per l'appunto, nella normale dialettica del conflitto e che si è chiusa con un accordo sindacale.
Pace, diritti e dignità sono stati gli slogan che i lavoratori e le lavoratrici hanno usato per rispondere alle forze dell'ordine che il 26 aprile del 2004 hanno ricevuto ordine di procedere alla rimozione,Pag. 76 con forza del presidio dell'assemblea permanente che si svolgeva davanti alla fabbrica. Il teorema dunque di confondere il conflitto legittimo - che comporta quasi sempre un miglioramento delle condizioni materiali di vita insieme ad un avanzamento democratico per tutti e tutte e per l'intera società - con altro è propaganda e nuoce alla democrazia. I licenziamenti si collocano in una ripresa del conflitto interno alla fabbrica su un tema di particolare interesse per i lavoratori e le lavoratrici, ossia i carichi di lavoro e la metrica, che rimane dentro quella fabbrica un punto di difficoltà. Gli scioperi cui lei ha fatto riferimento sono probabilmente quelli generali, non quelli che si stanno svolgendo in UTE e che, a detta della rappresentanza sindacale che lei avrà modo di ascoltare successivamente, come ha affermato, è molto più alta di quella da lei indicata. Il TMC2, infatti, non è solo una formula matematica: vi sono corpi sulle linee, e quei corpi sono soggetti a malattie da lavoro fisiche, come quelle anzidette, ma non tralascerei che queste ultime si mischiano e si aggiungono allo stress della difficile turnazione, che pure rimane una delle pratiche nella fabbrica di Melfi.
Ovviamente, tali temi originano anche conflitto tra sindacati e azienda, e mi pare che ciò sia una parte del normale svolgimento della democrazia, una dinamica legittima che non può presentare illegittimità da parte dell'azienda, che invece vuole rispondere a ciò attraverso gesti «esemplari», quali i licenziamenti. Questi ultimi, insieme ad una ripresa dei provvedimenti disciplinari, suonano infatti come un avvertimento a quante e a quanti lavorano legittimamente per costruire partecipazione e conflitto attorno a temi all'ordine del giorno, quali il rinnovo contrattuale, le turnazioni, la metrica, i salari, l'ulteriore introduzione di nuove forme di flessibilità. Lo stabilimento di Melfi, da questo ultimo punto di vista, è davvero il modello di una modernizzazione che tenta di cancellare i diritti.
La politica deve osservare con attenzione tali dinamiche e provare a fornire, attraverso l'ascolto delle rivendicazioni dei lavoratori, anche risposte a determinati bisogni; non solo ai bisogni che Confindustria urla nelle notizie quotidiane che narrano di richieste continue di flessibilità, di deroga ai contratti nazionali ed altro, ma ai bisogni dei lavoratori che non hanno prime pagine a disposizione, ma utilizzano il conflitto: saperlo ascoltare ci consente di varare buone leggi. Per questo motivo non ci possiamo permettere che vi siano interpretazioni discutibili e blande dei contratti e dello statuto dei lavoratori, dei quali nessuno (lo voglio sempre ricordare a me stessa) è stato da alcuno octroyé, ma conquistato da altri lavoratori in lotta.
Non possiamo consentire ciò nemmeno alla FIAT, né possiamo affidare tali episodi solo ad una magistratura del lavoro che, almeno a Melfi, presenta tempi elefantiaci. Si può e si deve intervenire, sottolineando, anche con la FIAT, che non si deve costruire un clima di caccia alle streghe. Si può anche promuovere, se lo si ritiene e io sento il bisogno di dirlo, un'indagine conoscitiva sulle condizioni di vita e il rispetto dei diritti nello stabilimento di Melfi, che è appunto il simbolo di una modernità e che rappresenta, all'interno del gruppo FIAT, sicuramente quello più moderno.
Si è scritto e discusso molto, infatti, sulla fabbrica di Melfi, in particolare sulla fabbrica snella. Tuttavia, è necessario comprendere i bisogni di chi lavora nella fabbrica snella. Sarebbe questo un modo importante per continuare a riflettere su questa modernità a partire da una delle esperienze che nel Mezzogiorno è indicata come una delle più alte provando a comprendere, però, il punto di vista di chi lavora.
(Situazione dei bilanci di esercizio di tutte le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Puglia, in regime di commissariamento per il disavanzo sanitario, e rapporti delle medesime con alcune aziende operanti nel settore sanitario - n. 2-00785)
PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 77n. 2-00785, concernente la situazione dei bilanci di esercizio di tutte le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Puglia, in regime di commissariamento per il disavanzo sanitario, e rapporti delle medesime con alcune aziende operanti nel settore sanitario (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 12).
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, nella Puglia governata da un politico che ha fatto la sua fortuna legando la propria immagine e la propria politica ad una serie di azioni nell'antimafia, nell'anticorruzione e contro i conflitti di interesse, avvengono delle vicende ben strane.
Una di esse, signor sottosegretario, è stata resa nota attraverso una denunzia presentata da un partito che affianca il presidente Vendola, nella conduzione del governo pugliese. Mi riferisco all'Italia dei Valori, che ha denunziato una situazione che definirei un po' odiosa, evidenziando che all'interno del sistema sanità vi sono, o meglio vi sarebbero, non sono parole mie, una serie di aziende intestate e cointestate a figli, nipoti e nonni dell'assessore alla sanità.
Si tratta di una serie di legami familiari con un'azienda, di cui peraltro non ricordo la ragione sociale, che viene addirittura costituita dopo l'insediamento in giunta dell'assessore alla sanità (quindi dopo le elezioni), e che, (nel corso di due anni) fa registrare un fatturato enorme, che, per un'azienda neocostituita, appare quanto meno sospetto se non si riflette sulla circostanza che ha stipulato una serie di contratti con il sistema della sanità pugliese e che addirittura è diventata una delle maggiori fornitrici di materiale sanitario nei confronti di strutture pugliesi, acquistando prodotti che successivamente venivano rivenduti alla sanità pugliese.
Secondo questa denunzia pubblica sembrerebbe che la Eurohospital avrebbe stipulato contratti con alcune aziende multinazionali finalizzate all'intervento nella sanità pugliese. Insomma, una serie di intrecci affaristici legati all'assessore alla sanità, con nomi e cognomi di figli, Carlo Tedesco, la moglie di Alberto Tedesco, tale Maria Cattaneo, un altro figlio e altri parenti. Tutti soggetti intrecciati in una famiglia legata alla sanità, gestita in Puglia dall'assessore Tedesco.
In quale contesto sono avvenute tutte queste vicende? Tale contesto è stato bene inquadrato nel titolo dell'interpellanza in esame: si arriva ad un commissariamento per eccesso di disavanzo della sanità pugliese.
Che cosa ci chiediamo e le chiediamo (e sicuramente avremo le risposte)? Quanto ha influito il predetto rapporto ai fini del disavanzo che si è venuto a creare? Chiediamo inoltre se vi è un evidente ed intollerabile conflitto di interessi che, quanto meno, minerebbe l'interesse dei cittadini pugliesi. Se, per quanto risulta al Ministro interpellato, le aziende Medical Surgery, Mednet srl, Aesse Hospital, Eurohospital, Af Medical, abbiano in corso o abbiano intrattenuto, a partire da giugno 2005, rapporti con le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Puglia. Se è vero, chiediamo a quanto ammontino le liquidazioni che le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Puglia hanno effettuato negli anni 2005, 2006 e 2007 in favore delle suddette ditte. Domandiamo inoltre a quanto ammontino i debiti, se ve ne sono, che le aziende sanitarie e ospedaliere della Puglia devono ad oggi ancora onorare a seguito di forniture effettuate dalle suddette ditte. Vogliamo sapere quali e quante strutture sanitarie pugliesi pubbliche abbiano acquistato materiale sanitario tramite la Eurohospital, dal momento della sua costituzione ad oggi. Desideriamo conoscere infine quale sia la situazione dei bilanci di esercizio costi-ricavi di tutte le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Puglia al 31 giugno 2007. Sono domande semplicissime che ci possono dare, una volta che lei avrà fornito le relative risposte, signor sottosegretario, la reale situazione della tanto sbandierata sanità pugliese che ha fatto, come dicevo, la fortuna dell'attuale presidente Vendola, dal momento che quest'ultimo ha improntato tutta la sua campagna elettorale sulla riforma della sanità. Se così è, non si è trattato di una riforma proprio positiva.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, con riferimento a quanto segnalato nell'atto parlamentare, questo Ministero ha provveduto ad acquisire il resoconto stenografico della seduta del consiglio regionale pugliese del 16 ottobre 2007, nella quale sono state discusse una mozione relativa al presunto conflitto di interessi riguardante l'assessore alla sanità, Alberto Tedesco, ed una interrogazione urgente concernente i rapporti commerciali tra Eurohospital, aziende multinazionali e strutture sanitarie pugliesi, pubbliche e private.
Ai fini della completezza e della chiarezza della risposta agli onorevoli deputati, si ritiene necessario riportare quanto riferito in tale seduta dall'assessore Tedesco e dai consiglieri regionali presenti che sono intervenuti nel dibattito. I consiglieri regionali hanno evidenziato che i contrasti in merito al presunto conflitto di interessi riguardante l'assessore Tedesco risalgono al momento dell'assegnazione della delega alla sanità, in occasione della quale l'assessore aveva assicurato l'imminente cessione delle aziende di sua proprietà, e sono vieppiù gravi in ragione del compito di vigilanza ricompreso tra quelli di competenza dell'assessore. I consiglieri regionali hanno sottolineato che, a distanza di 28 mesi dall'insediamento della giunta, tale conflitto continua a persistere. Secondo i consiglieri, nei primi giorni di ottobre l'assessore avrebbe riferito in via formale che le aziende di cui sono titolari i propri congiunti sono state cedute subito, mentre la società Medical Surgery è stata ceduta alla fine del 2006. L'unica società ancora nella disponibilità dei suoi congiunti sarebbe la Eurohospital, costituita successivamente alla sua nomina, ossia il 6 settembre 2005. Nondimeno, da quanto risulta agli atti della camera di commercio di Bari, risulterebbe costituita nel febbraio 2007 un'ulteriore azienda avente come attività la distribuzione e la vendita di materiale sanitario. Nel corso del dibattito l'assessore Tedesco ha nuovamente confermato di aver dismesso la partecipazione in due società nelle quali erano coinvolti i figli e la moglie, precisamente la Aesse Hospital e la Medical Surgery.
La sua partecipazione è oggi relativa alla sola società Eurohospital, che commercializza unicamente prodotti della società multinazionale Biomet, analogamente a quanto già fatto in precedenza dalla Medical Surgery e che, nel 2006, durante il primo anno di attività, ha fatturato 2 milioni 760 mila euro. L'assessore ha precisato che per il 2007 è prevedibile un fisiologico incremento del fatturato, che nel 2006 risulta pari all'1,19 per cento della spesa totale per beni e servizi registrata nel medesimo anno nella regione, che ammonta a 230 milioni 472 mila euro.
L'assessore, nel precisare che i materiali sanitari oggetto dei contratti della società citata sono materiali protesici sanitari e presidi chirurgici, ha specificato che sono stati commercializzati all'interno della sanità pugliese, pubblica e privata, con un equilibrio sostanziale di fatturato, ossia un milione 440 mila euro per le strutture pubbliche e un milione 320 mila euro per quelle private. L'assessore, relativamente all'acquisto di una Pet mobile in dotazione presso il Policlinico di Bari, ha fornito una documentazione che si mette a disposizione degli onorevoli interpellanti - vi è, infatti, un fascicolo dettagliato - predisposta dall'agenzia regionale sanitaria.
ANTONIO LEONE. Allora, se potevo, andavo alla regione a presentare l'interpellanza!
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. In sede di consiglio, l'organo regionale ha precisato che: «Il contratto fatto dall'Ares che ha gestito la gara di acquisizione della Pet mobile è il contratto più conveniente che sia stato fatto con la società che ha il monopolio di questi contratti, essendo l'unica che può disporre di una Pet mobile. Mi riferisco alla Alliance medical». Lo stesso ha, inoltre, riferito che attualmente in Puglia funzionano due Pet-Tac, una a Bari e una presso la Casa SollievoPag. 79 della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, consentendo, a quanto affermato dall'assessore, di smaltire pressoché completamente la domanda diagnostica proveniente dai cittadini pugliesi.
Per quanto riguarda il possibile conflitto di interessi, lo stesso assessore ha richiamato la legge 20 luglio 2004, n. 215 (la cosiddetta legge Frattini), ai sensi della quale il conflitto di interessi ricorre quando «il titolare di cariche di governo partecipa all'adozione di un atto, anche formulando la proposta, o omette un atto dovuto, trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero quando l'atto o l'omissione ha un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate, secondo quanto previsto dall'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, con danno per l'interesse pubblico». L'ambito soggettivo di applicazione della legge si estende al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministri, ai Viceministri e ai sottosegretari di Stato.
L'articolo 1, comma 3, della suddetta legge prevede altresì che le regioni e le province autonome adottino disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del principio secondo cui i titolari di cariche di governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedichino esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e si astengano dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto di interessi. Al riguardo, l'assessore ha voluto evidenziare che la regione Puglia, ad oggi, non ha adottato la disciplina normativa prevista dalla norma citata. In sede di risposta a quanto precisato dall'assessore, è stato evidenziato nuovamente il ruolo dell'assessore stesso, in quanto responsabile della sanità e, quindi, al centro di rapporti continui con dirigenti sanitari pubblici e con case di cura private, in grado, dunque, di esercitare influenza nel settore sanitario. All'assessore viene, inoltre, rimproverato di non aver rifiutato la delega alla sanità per le ragioni da lui stesso rese pubbliche.
In particolare, è stato rilevato che lo stesso assessore ha sottolineato nel corso della seduta che, dopo la dismissione delle quote azionarie della società Medical Surgery, la quale ha operato ininterrottamente dal 2000 al 2005, commercializzando prodotti della Biomed, in quanto dette quote erano intestate a suoi parenti di primo grado, ma che tuttavia «dopo aver dismesso queste quote è stata creata una nuova società, la Eurohospital, che ha continuato a fare esattamente le stesse cose che faceva la società precedente, incrementando addirittura il fatturato», come riferito dal resoconto. Pertanto «gli stessi prodotti che vendeva Medical Surgery prima, dopo che i figli hanno ceduto le quote di Medical Surgery hanno costituito una società che si chiama Eurohospital, ha continuato a venderli in questa nuova società, incrementando il fatturato del 30 per cento nel 2006».
Si porta a conoscenza che la mozione e l'interrogazione urgente discusse nella seduta del consiglio regionale citata, votate a scrutinio segreto, non sono state approvate. In merito ai dati di bilancio relativi all'esercizio 2007, ai quali si fa riferimento nell'atto parlamentare, la Direzione generale della programmazione sanitaria di questo Ministero ha segnalato che al 30 giugno 2007 il risultato di esercizio del secondo trimestre 2007, rilevabile dal conto economico consolidato regionale, è di 197 milioni di euro. Tale dato, confrontato con quello del secondo trimestre 2006, rileva un decremento pari al 14 per cento circa. La stessa Direzione, peraltro, ha precisato che, per effetto di provvedimenti di contenimento della spesa adottati dalla regione nel corso dell'anno, e per effetto della contabilizzazione, tra i ricavi, dei contributi in conto esercizio come indicati nella delibera CIPE 2007 di riparto delle risorse per il servizio sanitario regionale, il risultato di esercizio su base annua dovrebbe migliorare, con una perdita presumibilmente attestata a fine anno intorno ai 165 milioni di euro.
PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di replicare.
Pag. 80ANTONIO LEONE. Signor Presidente, è una risposta allucinante. Se lei, signor sottosegretario, pensa di essere venuto in quest'Aula a prendere in giro tutti i deputati che hanno sottoscritto l'interpellanza in esame si sbaglia. Quando ha finito, se mi concede un attimo di attenzione sottosegretario, se vuole un caffè glielo mandiamo. Posso proseguire?
PRESIDENTE. Prego, onorevole Leone, prosegua pure.
ANTONIO LEONE. Se lei, signor sottosegretario, ritiene di essere riuscito a prendere in giro i sottoscrittori di questa interpellanza è cascato male, in quanto lei non può venire in Aula per rispondere ad un'interpellanza di numerosi deputati pugliesi dei gruppi di Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC, riportando le dichiarazioni del (non dico imputato) «sottoposto all'interpellanza», che ha reso in sede di consiglio regionale. Mi chiedo cosa sia venuto a fare, in quanto potevo prendere il resoconto stenografico del consiglio regionale e avrei saputo cosa ne pensa il Ministero: nulla! Lei e il Ministero non avete risposto se vi è un conflitto di interessi, se l'azienda Eurohospital (che ha sostituito l'azienda dismessa precedentemente ed è stata costituita subito dopo l'assegnazione della delega all'assessore Tedesco) ha incrementato, non solo rispetto all'azienda precedente, gli introiti in maniera sostanziosa e per quale motivo. Evidentemente, ha incrementato le vendite delle aziende pugliesi, dove vi è l'assessore, il quale è praticamente coinvolto.
Per lei e per il suo Ministro ciò non significa nulla? Vi vantate di fare i moralizzatori« e, poi, venite a prendere in giro il Parlamento, dicendo che l'assessore si è discolpato perché non è accaduto assolutamente nulla! Non ritengo che sia dignitoso da parte del Ministero e da parte sua venire in Aula a dirci una serie di baggianate legate a ciò che l'assessore Tedesco ha sostenuto in consiglio regionale. Lei, signor sottosegretario, non ha risposto alle domande. Naturalmente presenteremo un'altro atto di sindacato ispettivo e constateremo se verrà con lo stesso resoconto stenografico del consiglio regionale. Ci deve rispondere se si tratta di un incremento legato ai rapporti avuti da questa azienda con l'assessorato e, quindi, con la Puglia e con l'assessorato Tedesco, che è interessato in quell'azienda.
Ci deve rispondere se una parte del dissesto a causa del quale, in relazione alla situazione sanitaria, la regione Puglia era stata commissariata, è legata anche ai debiti contratti per le forniture della società Eurohospital e che non sono stati pagati. Signor sottosegretario, non ha risposto alle cinque domande che, volutamente, le ho rivolto affinché lei mi rispondesse: i miei capelli ormai non ci sono più, ma, se ci fossero, sarebbero bianchi! Se vi è connivenza da parte del Ministero, allora lo si dica. Se vi è necessità di copertura, lo si dica, ma non si venga ad affermare in quest'Aula - riempiendosene la bocca - che vi è un'azione di risanamento nella sanità, quando poi accadono fatti simili. È l'ennesimo esempio di come, da parte della maggioranza e, principalmente, del Governo, si predichi bene e si razzoli male. Questa storia non è finita, signor sottosegretario Patta! Non siamo alla pari: le ho rivolto alcune domande e lei non mi ha risposto: dovrà essere costretto a tornare in quest'Aula a rispondermi.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Licandro n. 2-00828)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Licandro n. 2-00828 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Migliore n. 2-00799)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Migliore n. 2-00799 è rinviato ad altra seduta.Pag. 81
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.