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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 250, recante disposizioni transitorie urgenti in materia di contrattazione collettiva (A.C. 3326-A) (ore 17,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 250, recante disposizioni transitorie urgenti in materia di contrattazione collettiva.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3326-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto altresì che la XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Miglioli, ha facoltà di svolgere la relazione.
IVANO MIGLIOLI, Relatore. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 250 del 2007, oggi all'esame di questa Aula, reca disposizioni urgenti relative a specifici aspetti in materia di contrattazione collettiva. La scelta del decreto-legge e dunque dell'urgenza del provvedimento è dovuta - in relazione a quanto previsto nell'articolo 1 - alla necessità di contribuire alla stipula del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore delle pulizie, scaduto da oltre trenta mesi, che riguarda 500 mila lavoratori (nella stragrande maggioranza donne) e interessa 30 mila imprese. Al contempo, attraverso l'articolo 2 si garantisce l'attività ed il buon funzionamento delle prestigiose fondazioni lirico-sinfoniche operanti nel nostro Paese.
Come ricordavo, l'articolo 1 reca disposizioni relative ai lavoratori impegnati in imprese di pulizia in caso di cessazione e cambio nell'assegnazione di un appalto di servizio, e dà attuazione all'impegno assunto dal Governo il 19 dicembre scorso con le organizzazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL), le associazioni imprenditoriali (Confindustria e Confapi), le centrali cooperative (Lega delle cooperative, Confcooperative, Associazione generale cooperative), volto a favorire e a consentire la stipula del contratto nazionale del settore. La norma prevede la modifica della legge n. 223 del 1991, in modo da escludere l'applicazione della stessa per il personale al quale si applica la cosiddetta clausola sociale prevista dall'articolo 4 del contratto collettivo nazionale di lavoro, che riguarda appunto la cessazione di appalto. L'urgenza della norma in materia discende dunque dall'attuazione di tale impegno e dalla necessità di predisporre una disciplina transitoria in attesa della completa attuazione della normativa sulla tutela dei lavoratori dipendenti da imprese di pulizia. La norma ha dunque l'obiettivo di favorire la piena occupazione, rendere meno complessa la procedura di acquisizione del personale, favorirne la ricollocazione presso l'impresa subentrante e, allo stesso tempo, assicurare il mantenimentoPag. 36 dello stesso trattamento economico normativo complessivo per i lavoratori e le lavoratrici.
In particolare, nel caso in cui il personale già impiegato nello stesso appalto sia acquisito dal nuovo appaltatore, si dispone che per i lavoratori riassunti dall'impresa subentrante non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 24 della legge n. 223 del 1991 in materia di licenziamenti collettivi. Vanno inoltre applicate le stesse condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, o a seguito di accordi collettivi stipulati con gli stessi sindacati. Ricordo che la normativa vigente - appunto la legge 23 luglio 1991, n. 223 - prevede un'apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori: le aziende, prima di effettuare il licenziamento, devono seguire una particolare procedura di riduzione del personale che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,15)
IVANO MIGLIOLI, Relatore. Analoga procedura deve essere seguita in caso di licenziamento collettivo. Se manca il requisito quantitativo o quello temporale si applica, invece, la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Si tratta di una procedura farraginosa e non sempre trasparente, che ha generato problemi interpretativi e procedure non sempre limpide. La disciplina sui licenziamenti collettivi non va, dunque, applicata alle imprese che riducono il personale alla scadenza dell'appalto, a condizione che i lavoratori siano riassunti dall'impresa subentrante con l'applicazione delle stesse condizioni economiche e normative previste dalla contrattazione collettiva.
In un settore, quello delle pulizie, caratterizzato dalla fornitura di servizi tramite contratti di appalto con frequenti cambi di gestione - conseguenti a licenziamenti ed assunzioni ex novo da parte delle imprese subentranti - la norma in esame consente una procedura più snella, un più rapido riassorbimento del personale, lo stesso trattamento economico-normativo. Essa, dunque, garantisce maggiori tutele, maggiore trasparenza negli appalti e nella legalità del mercato, favorendo le imprese corrette.
In sede di Commissione, con parere favorevole del relatore e del Governo, sono stati approvati due emendamenti all'articolo 1: il primo, dell'onorevole Pelino, che sostituisce al primo comma la parola: società, con la più appropriata definizione di imprese. Un secondo emendamento, a firma dell'onorevole Turci, sostituisce le parole: attività di servizi di pulizia, con le parole: attività di servizi in appalto, estendendo, dunque, all'attività di servizio in appalto - quindi, anche ai servizi di vigilanza e ristorazione collettiva - la norma in esame.
L'articolo 2 reca, invece, modifiche alla disciplina in materia di contrattazione collettiva per i settemila lavoratori delle quattordici fondazioni lirico-sinfoniche italiane. L'urgenza della disposizione in esame deriva dalla necessità di garantire il buon funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, anche nelle more della stipula dei contratti integrativi aziendali. Anch'esso fa seguito ad un accordo - quello sottoscritto il 27 settembre tra il Ministero per i beni e le attività culturali, il presidente delle associazioni e delle fondazioni lirico-sinfoniche ed i segretari nazionali di categoria della CGIL, della CISL, della UIL e della CISAL - in cui, tra l'altro, si prevede il riavvio del tavolo di contrattazione nazionale e la possibilità di accordi di secondo livello, con l'impegno del Governo alla modifica dell'attuale quadro normativo.
Vorrei ricordare che tale accordo ha portato alla sospensione delle agitazioni - a suo tempo programmate dalle organizzazioni sindacali - ed ha consentito la continuità nella gestione delle fondazioni stesse, con il proseguimento di attività che danno indubbio prestigio al nostro Paese. Soddisfazione è stata espressa, a suo Pag. 37tempo, dalle parti per il raggiungimento di un accordo che ha portato maggiore serenità nell'intero settore ed ha consentito continuità di gestione e programmazione di un'attività così importante per la nostra cultura.
Il decreto-legge in esame recepisce, dunque, e traduce in un atto normativo tale accordo, a partire dalla modifica dell'articolo 3-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (convertito nella cosiddetta legge Asciutti) che, a suo tempo, ha provveduto a modificare la disciplina per la contrattazione in materia di fondazioni lirico-sinfoniche. In particolare, per quanto riguarda la disciplina della contrattazione integrativa per il personale delle medesime fondazioni, il comma 5 prevedeva che le risorse finanziarie destinate da ciascuna fondazione per il contratto integrativo aziendale non potessero essere superiori al 20 per cento dell'importo stabilito per il contratto collettivo nazionale di lavoro. Inoltre, il rinnovo dei contratti integrativi aziendali in essere era consentito solo dopo la stipula del nuovo contratto collettivo nazionale. Si disponeva, poi, che le clausole o gli istituti contrastanti con le previsioni del comma 4 non potessero essere applicati e dovessero essere di nuovo contrattati tra le parti. Si tratta, quindi, di una norma con vincoli eccessivi, che di fatto ha impedito la contrattazione di secondo livello e per la quale da tempo si sollecitava una modifica.
La nuova formulazione del decreto-legge in esame reca una novità rilevante rispetto alla precedente disciplina: essa prevede, infatti, la possibilità di concedere, nelle more della stipula dei contratti integrativi aziendali, anticipi sulla retribuzione dei dipendenti delle fondazioni, in condizioni di equilibrio economico-finanziario, da scontarsi con la successiva stipula dei contratti integrativi aziendali.
Gli anticipi possono essere concessi solamente a condizione che siano accertati rilevanti aumenti della produttività. Si tratta di un vincolo che tende a responsabilizzare le fondazioni per quanto riguarda la programmazione artistica, la capacità di estendere ed allargare le opportunità per il pubblico, nonché la possibilità di aprirsi al mondo oltre che al proprio territorio.
Gli anticipi sono concessi con apposita delibera del consiglio di amministrazione, sottoposta al vaglio del collegio dei revisori, che ne verifica la necessaria compatibilità economica. Inoltre, il nuovo comma 5 reca modifiche alla disciplina sulla contrattazione integrativa aziendale a regime. Al riguardo, modificando la precedente disciplina, che fissava limiti rigidi con riferimento alle risorse utilizzabili per la stipula dei contratti integrativi aziendali, si prevede che il consiglio di amministrazione individui, con apposita delibera, le risorse necessarie per stipulare i contratti integrativi aziendali nel rispetto del pareggio di bilancio. Tale delibera viene poi sottoposta alla verifica, da parte del collegio dei revisori, della compatibilità economica e del rispetto dei principi in materia di contratti integrativi aziendali, contenuti nel comma 4 del già citato articolo 3-ter del decreto-legge n. 7 del 2005.
Inoltre, la disposizione reca la previsione - analoga a quella già contenuta nel vigente comma 5 - per cui i contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, possono essere innovati solo successivamente alla stipula del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro.
Infine, si dispone che le delibere del consiglio di amministrazione indicate dal comma in esame - relative, rispettivamente, sia alla concessione di anticipi, sia all'individuazione delle risorse necessarie per la contrattazione integrativa - corredate dal parere del collegio dei revisori, siano trasmesse sia al Ministero per i beni e le attività culturali, sia al Ministero dell'economia e delle finanze.
In conclusione, si tratta di un provvedimento normativo richiesto e sollecitato, sia dalle organizzazioni sindacali, sia dalle fondazioni e che permetterà - modificando e integrando la precedente normativa - un naturale svolgimento della contrattazione Pag. 38collettiva, sia a livello nazionale, sia per le singole fondazioni nel secondo livello contrattuale.
Inoltre, esso consentirà alle parti di ricercare - pure con il necessario vincolo del pareggio di bilancio - regole innovative, insieme ad elementi di produttività e di redditività, e dunque concorrere al buon funzionamento delle fondazioni stesse, garantendone sia l'equilibrio economico-gestionale, sia l'autonomia contrattuale. Si tratta, dunque, di un provvedimento che consente di dare ai lavoratori delle fondazioni il giusto riconoscimento della loro professionalità.
Dall'altra parte, il provvedimento reca stabilizzazione, responsabilizza le fondazioni lirico-sinfoniche sul versante economico e su quello della proposta culturale, risponde ai diritti dei lavoratori del settore, introduce criteri di economicità, efficienza e gestione, e nel contempo apre la strada ad una crescita della qualità e dell'offerta culturale.
Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, concludendo l'esame del provvedimento, ricordo che dall'attuazione del predetto decreto-legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che le Commissioni affari costituzionali, bilancio, cultura e ambiente, oltre al Comitato della legislazione, hanno espresso i relativi pareri, tutti favorevoli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, per il momento non saprei aggiungere altro a quanto il relatore ha già affermato. Desidero ricordare che i provvedimenti che stiamo discutendo sono, comunque, il frutto di rapporti positivi sia con le rappresentanze del sistema delle aziende, sia con i rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Pertanto, si tratta di un fatto significativo per i due articoli previsti nel provvedimento; si è inoltre consentito anche di concludere accordi contrattuali molto complicati. Penso a quello delle pulizie, bloccato da trentaquattro mesi, ove un confronto efficace ci ha consentito di sbloccare e di rinnovare il contratto per una categoria che, certamente, ha serie difficoltà.
Pertanto, non ho altro da aggiungere, in termini di elementi specifici, rispetto a quanto già il relatore ha potuto e saputo dire; semmai ci riserviamo, in qualità di rappresentanti del Governo, di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, colgo l'occasione della discussione di questo provvedimento che, per una ragione di evidente cortesia istituzionale, immagino il Governo non abbia inserito all'interno del più ampio, eterogeneo e complesso decreto milleproroghe e che quindi affrontiamo con una parzialità e una serenità maggiori per svolgere una breve riflessione - che l'esponente del Governo e i colleghi mi consentiranno - sul meccanismo della contrattazione nazionale che in questo periodo sta evidenziando tutti i suoi limiti. È infatti evidente come sia oggi presente nel dibattito del Paese la questione salariale, insieme a quella del potere d'acquisto, problematica che non può prescindere da una revisione del modello, della natura dei contratti nazionali e da uno spostamento, a nostro avviso, del baricentro di un contratto nazionale che oggi somiglia troppo, diceva un autorevole collega, ad una vecchia foto ingiallita del secolo scorso, con una procedura lunga e farraginosa.
Stiamo affrontando un articolato, in particolare l'articolo 1 che, secondo le considerazioni del relatore Miglioli, supera o è volto a superare, attribuendo alle imprese la facoltà di seguire una procedura diversa (in parte era già prevista ma oggi si certifica con legge), certi vincoli burocratici o meglio certe farraginosità. Lo strumento del contratto nazionale, a partire dalla sua biennalità, sta diventando un Pag. 39meccanismo di contrattazione permanente che impegna il Governo e le parti sociali senza tenere conto di quali e quante siano state le evoluzioni del mondo del lavoro che, purtroppo, signor sottosegretario, non è ancora un mercato del lavoro, ma è un mondo del lavoro. Crediamo che si possa e si debba svolgere una riflessione ampia, anche se non è questa forse la sede, ma quale mai sarà la sede, dal momento che il Parlamento è costretto ad intervenire sempre meno sul merito delle questioni, soprattutto quelle sociali e del lavoro emerse in questa legislatura dove, oggettivamente, esistono una contrapposizione insanabile, una frattura, una contraddizione rischiose all'interno della maggioranza di Governo, come abbiamo riscontrato nel corso dell'esame del cosiddetto Protocollo sul welfare, del collegato alla manovra finanziaria che aveva per oggetto norme in materia di lavoro, di welfare, di previdenze in particolare, ma comunque una gestalt complessiva, un insieme complessivo di temi sociali con riferimento ai quali abbiamo visto emergere una serie di contraddizioni. Quanto affermato ci fa ritenere che sarà difficile affrontare spesso e volentieri in queste sedi argomenti rilevanti come le tematiche del lavoro, della riforma della contrattazione nazionale, anche in un rapporto dialettico che, comunque, ci auguriamo permanga con il Governo, specie oggi, alla vigilia di un contratto difficile, sudato come quello dei metalmeccanici, il più importante contratto del privato, scaturito al termine di una vertenza lunga, difficile e complessa. Noi riteniamo che su tale tema la riflessione debba essere ampia, serena, tesa il più possibile ad affrontare problematiche legate al mercato e al sistema attuale, anche con uno sguardo verso il futuro e con riferimento ad un meccanismo in cui rimproveriamo al sindacato la scarsa capacità di guardare oltre. Un sindacato che, dagli accordi del luglio 1993, da quando si è dato vita ad un meccanismo di moderazione salariale che avrebbe dovuto avere una durata di cinque anni e che poi, invece, è rimasto in vigore nel tempo - a riprova che in Italia il provvisorio è l'unica forma di definivo che probabilmente conosciamo - non ha più offerto uno scatto di orgoglio vero e proprio in senso riformista.
Noi crediamo che il sindacato debba fare questo scatto, specie oggi, quando paradossalmente CGIL, CISL e UIL dicono ciò che Silvio Berlusconi afferma dal 1994 ossia che forse la maggiore, la più forte delle iniziative che si possono intraprendere nei confronti dei cittadini, dei lavoratori - in particolare di quelli dipendenti - per il sostegno al reddito, al potere d'acquisto, al salario reale è la riduzione della pressione fiscale.
Si potrebbe prevedere un ruolo maggiore della contrattazione aziendale - magari territoriale - una riduzione di quella nazionale; tutte considerazioni che forse esulano da questo provvedimento se non fosse per il fatto che gli articoli che oggi esaminiamo sono il frutto di un accordo tra le parti e di un impegno che il Governo si è assunto per far procedere, per sbloccare sostanzialmente due vertenze: quella delle imprese di pulizia e quella degli enti lirici.
Sulle imprese di pulizia il collega Miglioli è stato puntuale e serenamente corretto nella sua relazione quando ha spiegato alcune ragioni per le quali dovremmo cambiare il titolo di questo decreto-legge, perché chiaramente non si tratta più della contrattazione collettiva delle imprese di pulizia dal momento che la medesima è stata estesa a tutti i servizi in appalto.
Pertanto, l'accordo sottoscritto tra datori di lavoro, sindacati e Governo prima della fine di dicembre - prima della pausa natalizia - si traduce in norma e successivamente, all'interno di un Parlamento che, per carità, è sovrano e ne ha la facoltà, si estende l'ambito di applicazione.
Al riguardo, abbiamo alcune perplessità. Quanto all'estensione, si tratterebbe di altro rispetto all'accordo siglato e che comunque il Governo aveva il dovere di recepire anche se - lo ricordava il collega di Miglioli - si è trattata di un'iniziativa di natura strettamente parlamentare e mi Pag. 40riferisco all'emendamento approvato in Commissione con il parere favorevole del relatore e del Governo.
Riteniamo che forse questa definizione sia un po' generica e magari si potrebbe anche valutare la possibilità di chiarire l'ambito di applicazione di questa normativa, nonché le conseguenze e l'impatto che essa potrebbe in qualche modo avere.
L'altra perplessità è di natura culturale: siamo convinti che troppo spesso, pur con le più nobili intenzioni si rischia di modificare una norma per innescare un processo, che pure esiste in termini di realtà sociale e lavorativa all'interno del mercato e del sistema, ma che rischia di sortire, magari, l'effetto opposto.
Quindi, da un lato la specificità delle imprese di pulizia è data ed è nota (tant'è vero che questa norma nasce per le imprese di pulizia) e dall'altro vi è il rischio che si possa andare in senso opposto.
Esaminiamo una fattispecie in questo senso: l'imprenditore cessante, facendo affidamento sul comportamento del subentrante, non predispone la procedura di legge, ma solo quella prevista dal contratto nazionale di lavoro. L'impresa subentrante, per qualche ragione, non ottempera pienamente alle metodologie di lavoro che consentono questo risparmio occupazionale; non ottempera al dettato di legge, non garantisce, ad esempio, il precedente monte ore lavorative oppure adduce che nuove metodologie di lavoro consentono un risparmio occupazionale oppure, nei confronti di un caposervizio che è entrato in conflitto con la squadra cui si offriva un ridimensionamento, modifica la tipologia di mansione (vi è un demansionamento).
Automaticamente si viene a concretizzare ex post un obbligo di procedura prima inesistente, con la conseguenza che un ricorso del lavoratore interessato farà conseguire al medesimo una dichiarazione di inefficacia del licenziamento che potrà venire opposta all'incolpevole datore di lavoro cessante con l'applicazione, in virtù dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 223 del 1991 e dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970.
Mentre prima, in pratica, nessun imprenditore del settore si preoccupava di operare attraverso la complicata procedura di cui alla legge n. 223 del 1991, d'ora in poi, probabilmente, vi è il rischio che in molti si arrabatteranno per attuarla proprio per non vivere nell'incertezza circa il futuro operato di un soggetto diverso (il subentrante) su cui nulla possono e anzi nei confronti del quale il più delle volte risultano in una posizione di accesa concorrenza.
Una stortura che doveva essere effettivamente eliminata rischia di radicarsi in modo definitivo e diffuso quando sarebbe risultata sufficiente una semplice estensione delle esclusioni già prefigurate dal quarto comma dell'articolo 24 della più volte richiamata legge n. 223, senza preoccuparsi di introdurre ulteriori condizionamenti oltre quelli già efficacemente presidiati dal contratto nazionale di lavoro e dal controllo sindacale.
Pertanto, si rischia di perdere un'occasione da questo punto di vista. Ho espresso tali concetti per chiarire le nostre perplessità; spero che il Governo e il relatore riusciranno a fugarle ma tuttavia riteniamo doveroso e corretto evidenziarle in maniera molto serena e senza una vis polemica che sarebbe estranea rispetto ad un contesto come quello della Commissione lavoro, dove siamo sempre riusciti a lavorare - seppure nella contrapposizione politica spesso anche dura - con una serenità di fondo.
L'altra questione riguarda il contratto degli enti lirici. Vi è stata, evidentemente, l'esigenza di compiere un passo in avanti rispetto alla vertenza in corso, cioè permettere l'anticipazione della contrattazione integrativa e tale fatto è un elemento, anche di natura industriale e di contrattazione, che può avere un suo peso. Sappiamo che tale questione nasce da una vicenda specifica che si estende poi a tutto il settore e ciò ha portato ad un'intesa.
Tuttavia, poiché le fondazioni sono di natura privata, di diritto privato, ma sostanzialmente rientrano nel novero delle pubbliche amministrazioni e ad esse si fa fronte con risorse pubbliche (e da tale Pag. 41punto di vista appartengono al comparto della finanza pubblica), riteniamo che l'azzeramento del tetto del 20 per cento rischi di comportare un aumento dell'onere per la finanza pubblica. Si tratta di un rilievo che formuliamo in questa sede, ma su cui già si è svolto un confronto in Commissione in ordine ad alcuni emendamenti (penso a quelli presentati dalla collega Pelino) e pertanto su tale questione vi è anche un problema di natura economica di bilancio.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)
SIMONE BALDELLI. Lo stesso servizio bilancio della Camera fa rilevare che, in assenza di una relazione tecnica, al di là del comma 4 dell'articolo e dei parametri che il contratto nazionale fissa, la soppressione del tetto del 20 per cento pone delle questioni. Ciò non interviene sulla possibilità di dare anticipazioni; su tale opzione siamo d'accordo. Abbiamo sostenuto la concessione di anticipazioni, dove vi siano aumenti accertati di produttività (stabilendo in che modo accertarli e in quale misura), una procedura con i revisori dei conti, una delibera del consiglio di amministrazione ispirata alla logica del pareggio di bilancio e l'equilibrio finanziario (tutti aspetti condivisibili), e che si dia la possibilità anche al Governo in maniera contrattuale di sbloccare tale vertenza, perché così è giusto. Faccio presente che la sovrapposizione e i contratti che non vengono rinnovati forniscono la misura di un certo assetto del Paese e della necessità di riformare il sistema.
Tuttavia, sopprimere il vincolo del 20 per cento significa - nei fatti - sforare il tetto e ciò comporta che allorché viene concessa un'anticipazione superiore al 20 per cento si rischia di superare l'entità delle risorse appostate e di andare ancora oltre, poiché la contrattazione integrativa non è prioritaria rispetto a quella nazionale; ed è evidente che da tali accordi integrativi si parte per una nuova contrattazione ed il rischio di sforamento sussiste.
Intendiamoci: al di là delle opinioni politiche riteniamo che sia opportuno, visto che manca una relazione tecnica - il Servizio bilancio della Camera svolge una considerazione sacrosanta quando si domanda chi possa garantire che non vi sia una ricaduta negativa sulla finanza pubblica -, un approfondimento, una relazione tecnica o un parere della Ragioneria che affermi che effettivamente il provvedimento non comporta un ulteriore aggravio per la finanza pubblica.
Se così è, tutto rientra in una dinamica di natura «industriale» per quanto, a maggior ragione nelle pubbliche amministrazioni, il fallimento delle dinamiche industriali sia ormai sotto gli occhi di tutti ed in realtà, spesso e volentieri, non sia efficace, in termini di incentivazione alla produttività, neanche il meccanismo della contrattazione integrativa.
Pur tuttavia, quello inserito e voluto dalla cosiddetta legge Asciutti era un vincolo di salvaguardia del bilancio e non un modo per far guadagnare di meno. Si trattava di un vincolo di salvaguardia perché, essendo la contrattazione integrativa successiva a quella nazionale, con l'evidente scopo di contenere questa spesa si stabiliva un parametro a parte.
Su tale aspetto ci piacerebbe avere delle garanzie effettive, non tanto per noi, perché crediamo comunque che debba essere sbloccata la vertenza e che sia giusto che il Governo abbia fatto il suo «mestiere» anche sedendosi al tavolo con le organizzazioni datoriali e con i rappresentanti dei lavoratori, quanto piuttosto perché esiste evidentemente una diversa questione di natura finanziaria che deve essere affrontata e chiarita (lo spero) prima che sia esaurito l'esame di questo provvedimento.
Credo, infatti, che sia un atto dovuto, anche per completezza e per chiarezza, far sapere - a noi stessi, ai colleghi e a tutti coloro che dovranno esprimersi sul provvedimento - quali siano le ricadute effettive (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo ringrazio il relatore Miglioli per l'ampia e ricca relazione sul provvedimento in esame oggi in quest'Aula.
Nell'esprimere un giudizio positivo nel merito sottolineo l'utilità e l'importanza del decreto-legge n. 250 del 2007 in materia di contrattazione collettiva perché finalizzato a rendere visibile un settore importante di lavoro a forte prevalenza femminile e molto spesso ricattabile.
Lo ritengo un atto importante per dare dignità, visibilità e trasparenza ad un settore a prevalente presenza di donne, un settore che, grazie al ruolo determinante svolto dal Ministero del lavoro, dal Ministro, dalla sottosegretaria, ha sbloccato nel dicembre scorso una vertenza lunga, difficile e durata oltre trenta mesi, come testé appena ricordato, che ha permesso di realizzare condizioni minime di dignità ed equità per le lavoratrici ed i lavoratori e di efficienza per le imprese.
Cito solo i punti essenziali di questo accordo: la modifica della legge n. 223 del 1991 relativa al meccanismo del cambio di appalto; un impegno ad integrare i decreti attuativi della legge n. 223 del 1991 al fine di garantire il rispetto del costo del lavoro nei confronti dei committenti, legge richiamata ogni giorno da tutti per quanto succede sui luoghi di lavoro; un tavolo istituzionale coordinato contro il lavoro nero e l'illegalità nel settore; l'intervento da parte del Ministro Damiano per sensibilizzare in modo adeguato i committenti pubblici ad adeguarsi all'aggiornamento dei prezzi con il variare delle tabelle ministeriali.
Tali impegni, a mio avviso, consentiranno di garantire al settore condizioni e regole di trasparenza e contrasto efficace alla concorrenza sleale del lavoro nero.
Un ulteriore impegno, con una prossima tappa, saranno le norme sugli appalti, per rendere più trasparente l'attività di un settore fortemente segnato dagli appalti e dove non è raro assistere a fenomeni di concorrenza sleale. In tale quadro, oltre agli eventuali aggiornamenti normativi, va sottolineata l'esigenza di un rinnovato impegno di tutte le amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare - sia in qualità di committenza, sia di soggetti a vario titolo vigilanti - una attenta e puntuale attuazione della disciplina degli appalti, anche dal punto di vista della tutela dei lavoratori e dell'esclusione di pratiche di concorrenza sleale basate, come dicevo prima, su forme di discriminazione e precarizzazione dei lavoratori impiegati.
Infine, vi è l'auspicio che il risultato ottenuto per questo settore prima e dai metalmeccanici ieri (finalmente grazie all'impegno del Governo e del Ministro del lavoro) possa preludere - ci auguriamo tutti - alla rapida e positiva chiusura degli altri contratti ancora aperti, che riguardano oltre 4 milioni di lavoratori. Nel merito, il decreto-legge al nostro esame affronta in primo luogo il problema dei lavoratori e delle lavoratrici delle imprese di pulizia, nei casi in cui intervenga la cessazione o il cambio di assegnazione dell'appalto. Tali situazioni, peraltro, sono molto frequenti per questa tipologia di servizi, quasi riconducibili alla normalità. È positivo il fatto che tale provvedimento, come già ricordato, è stato assunto a seguito di un'intesa tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le organizzazioni datoriali, il settore delle cooperative e il Governo.
Le organizzazioni più rappresentative delle imprese operanti in questo settore, insieme ai rappresentanti dei lavoratori, hanno condiviso con il Governo la necessità di introdurre, in presenza di un subentro nella gestione del servizio, una modalità di gestione dei rapporti di lavoro che possa evitare di scaricare sui lavoratori stessi e sulla collettività, gli oneri conseguenti all'avvicendamento della titolarità delle imprese e della gestione del medesimo servizio.
La nuova norma oggi alla nostra attenzione pone tutte le imprese partecipanti alle gare di appalto nella medesima condizione rispetto agli impegni e agli Pag. 43oneri che debbono assumere nei confronti del personale già occupato, fin dalla fase di formulazione dell'offerta e, conseguentemente, in caso di aggiudicazione del servizio. Troppe gare di appalto vedono alcune imprese che, per aggiudicarsi il servizio, praticano forti ribassi offerti al di sotto dei costi minimi previsti dai contratti collettivi e dagli oneri previdenziali.
Parallelamente, la norma facilita la continuità dei rapporti di lavoro assicurando l'invarianza del trattamento economico complessivo a favore dei lavoratori. Si tratta di una norma che favorisce la ricollocazione dei lavoratori presso l'impresa subentrante nella gestione dei medesimi servizi e che indirettamente favorisce anche il mantenimento della qualità dei servizi a favore dell'utente. Infatti, essa consente la continuità di impiego del personale con l'esperienza e la professionalità maturate.
Sono positivi anche gli emendamenti approvati, come anche il relatore citava, in Commissione, che sostituiscono al primo comma il termine «società» con «imprese», indicando più chiaramente la volontà di comprendere nell'applicazione delle nuove norme tutte le attività imprenditoriali a prescindere dalla loro forma giuridica. Anche la nuova dizione «attività di servizi in appalto» rispetto all'originaria «attività di servizio di pulizia» è certamente più idonea a comprendere tutti i servizi che normalmente vedono l'avvicendamento di imprese nella gestione di servizi a seguito di gare d'appalto.
Esprimo un giudizio positivo anche sull'articolo 2 del decreto-legge, che, favorendo la contrattazione integrativa aziendale per le fondazioni lirico-sinfoniche, introduce stimoli e responsabilizzazioni per migliorare la programmazione artistica e, attraverso il collegamento con l'aumento della produttività, per aumentare l'offerta dell'intrattenimento culturale e musicale a favore dei cittadini, valorizzando così il lavoro artistico e creativo presente nel nostro Paese, che si esprime attraverso le fondazioni con l'impegno di tantissimi giovani.
L'accordo del 27 novembre, anche questo promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali, ha consentito la sospensione delle mobilitazioni e la normale realizzazione delle attività così importanti anche per il prestigio del nostro Paese.
Per concludere desidero sottolineare che la strada percorsa fino ad oggi in emergenza diventa, positivamente, normale con l'approvazione di questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è al nostro esame un provvedimento del Governo recante disposizioni relative a specifici aspetti di due comparti, in materia di contrattazione collettiva, ovviamente sotto forma di decretazione d'urgenza e perciò definite urgenti. La scelta dello strumento della decretazione d'urgenza nascerebbe, per quanto riguarda l'articolo 1, dall'esigenza di contribuire alla stipula del contratto collettivo nazionale del lavoro nel settore delle pulizie, scaduto da mesi, e, per quanto riguarda l'articolo 2, perché il Governo si sarebbe impegnato a presentare nel corrente mese un disegno di legge - si badi bene: non un decreto-legge - per modificare l'attuale quadro normativo, con particolare riferimento al comma 5 dell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, come da accordo siglato in data 27 novembre 2007 tra il Ministero per i beni e le attività culturali, il presidente delle fondazioni lirico-sinfoniche ed i segretari nazionali delle parti sociali, senza purtuttavia in detta sede precisare le modalità attuative o una sorta di linee guida delle riforme dell'attuale quadro normativo, limitandosi solo a circoscriverne l'ambito applicativo all'articolo 3-ter.
Nel primo caso l'articolo 1, nella stesura non emendata di cui dirò in seguito, reca disposizioni relative ai lavoratori impiegati in imprese di pulizie nel caso di cessazione e cambio nell'assegnazione di un appalto di servizio. Come riferito dal Pag. 44sottosegretario Rinaldi in XI Commissione, tali norme sono tese a garantire l'invarianza del trattamento economico e la piena occupazione del personale già impegnato nell'appalto all'atto dell'acquisizione da parte del nuovo appaltatore e sono pertanto finalizzate a garantire tutela alle imprese che applicano la clausola sociale prevista dal contratto collettivo nazionale. In particolare si dispone che in detto caso non si applicano le disposizione di cui all'articolo 24 della legge n. 223 del 1991, in materia di riduzione del personale e di licenziamenti collettivi. Il disposto che il decreto-legge non vorrebbe applicare nei confronti dei lavoratori riassunti prevede che le aziende, prima di effettuare il licenziamento, devono seguire una particolare procedura che si conclude con la messa in mobilità degli stessi. Analoga procedura deve essere seguita quando si verifichi la fattispecie del licenziamento collettivo; qualora sia assente il requisito quantitativo ovvero quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Si tratta di una procedura che il relatore ha definito farraginosa, non sempre trasparente e che ha generato problemi interpretativi e procedure non sempre limpide.
Tutto sommato questo intervento, a parte la censura sullo strumento di decretazione d'urgenza, è in linea con una politica che favorisca l'occupazione dei lavoratori garantendo l'invarianza economica, pur se sempre con norme adottate non a regime ma in via transitoria.
Nel secondo caso il relatore Miglioli ha affermato che l'articolo 2 del decreto-legge in esame recepisce e traduce in atto normativo il richiamato accordo del novembre scorso, in particolare per quanto riguarda la disciplina della contrattazione integrativa per il personale delle fondazioni lirico-sinfoniche. L'articolo 2, con la tecnica della novellazione, reca modifiche in materia di contrattazione collettiva di cui all'articolo 3-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, cosiddetta «legge Asciutti», anche in questo caso con norme di carattere transitorio ma, diversamente dall'articolo 1, queste abrogano norme già esistenti a regime.
Con questa abrogazione si crea un vuoto normativo che, per la tutela dei lavoratori, non deve esistere. Orbene, preciso che le fondazioni lirico-sinfoniche in Italia sono 14, di grande prestigio e con lustro per il Paese, ricordo l'Accademia di Santa Cecilia di Roma, La Scala di Milano, il Petruzzelli di Bari, il Teatro dell'Opera di Roma, il San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia e via dicendo.
In questo caso, l'urgenza della disposizione di cui al decreto-legge in esame deriverebbe dall'esigenza di garantire il buon funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che impiegano circa settemila lavoratori, sempre nelle more della stipulazione dei contratti integrativi aziendali.
Così non parrebbe: la modifica del quadro normativo di detta categoria, definita novità rilevante, è stata così deliberata al buio, peraltro attuata frettolosamente con decretazione d'urgenza, caso ormai frequente nell'attuale legislatura, che non consente l'esame approfondito dei provvedimenti e sovente dà luogo a refusi, inesattezze, sovrapposizioni o peggio, come in questo caso, lacune legislative.
Ripeto che lo strumento del decreto-legge non parrebbe condivisibile, non ravvisandosene gli estremi costituzionali. La modifica sarebbe stata attuata abrogando la vigente normativa a regime, con norme non solo meramente transitorie, ma nemmeno favorevoli ai lavoratori, andando ad eliminare la prima senza garantire lo strumento della negozialità per gli stessi.
In detto contesto di provvisorietà, l'articolo 2 prevede la possibilità di concedere anticipazioni economiche ai dipendenti delle fondazioni in condizioni di equilibrio economico-finanziario, da riassorbirsi con la successiva stipula dei contratti integrativi. Tale disposizione è stata introdotta, sostituendo il precedente comma 5 dell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 7 del 2005 in cui, a regime, si prevedeva il tetto del 20 per cento delle risorse finanziarie utilizzabili per la stipula del contratto collettivoPag. 45 nazionale di lavoro, definito dal relatore limite rigido, con apposita delibera del consiglio di amministrazione di ogni singolo ente, che individua le risorse necessarie nel rispetto del criterio del pareggio di bilancio e con l'ulteriore limite dell'accertamento dei rilevanti aumenti della produttività.
Detta delibera per le anticipazioni, ovviamente diversa da ente a ente, che fa venire meno i limiti rigidi validi per tutti con riferimento alle risorse utilizzabili per la stipula dei contratti integrativi aziendali, dopo il vaglio del collegio dei revisori ai fini della compatibilità economica, viene trasmessa al Governo.
Rilevo, quindi, un altro punto altrettanto serio di censura: detta sostituzione non solo viene inserita non a regime, ma, pur individuando un differente criterio legato al bilancio di ogni ente, crea ingiustificate disparità di trattamento del personale da ente a ente, nonché attribuisce la determinazione del contenuto economico del contratto integrativo ad una sola delle parti, quella datoriale, sottraendo la libertà negoziale ai lavoratori.
Inoltre detta determinazione, non legislativa ma unilaterale e di parte, verrebbe poi trasmessa ai Ministeri per i beni e le attività culturali e dell'economia e delle finanze. Come presa d'atto? Come ratifica? È una previsione che crea confusione normativa, un vuoto legislativo dovuto alla soppressione delle norme a regime (sostituite - ripeto e ribadisco - non con altrettante norme a regime ma con normativa transitoria e di parte, riferita al mero vincolo di pareggio di bilancio, nonostante quanto affermi il relatore), nonché disparità di trattamento, il tutto a danno dei lavoratori.
Ribadisco, in questa situazione, la necessità di emendare dette novelle legislative per dare coerenza e certezza alla norma. A tale proposito, evidenzio l'accoglimento in Commissione del mio emendamento all'articolo 1, a tutto beneficio del lavoratori, che sostituisce la parola «società» con la parola «imprese» che svolgono servizi pulizia, al fine di ampliare la portata applicativa della norma, comprendendovi le ditte individuali, che costituiscono larga parte delle imprese del settore e che sarebbero state a torto non comprese nella precedente stesura, riservata ai lavoratori dipendenti di società, vincolando la figura del datore di lavoro ai rigidi schemi contrattualistici societari di cui al codice civile.
Evidenzio però una forzatura di estensione normativa data dall'accoglimento in Commissione dell'altro emendamento della maggioranza all'articolo 1, che ha sostituito il riferimento alle attività di servizi di pulizia con quello generico alle attività di servizi in appalto. Evidenzio perciò detta illegittima estensione di un contesto riservato al comparto dei servizi di pulizia a tutte le attività di servizi, purché in regime di appalto. Sicché un decreto di urgenza varato in deroga per determinate esigenze dei lavoratori impiegati in imprese di pulizia e per esigenze ben precise verrebbe a comprendere inopinatamente l'occupazione di invarianze in trattamento economico complessivo nei confronti dei lavoratori di tutti i comparti di servizi in appalto, tra cui vigilanza, ristorazione collettiva e tante altre.
Il quadro di detto provvedimento, già colpito dalle censure che ho illustrato, si è quindi ulteriormente complicato, persino con l'improvvido accoglimento di emendamenti inconferenti e contra legem. Da parte mia, ho riproposto i due emendamenti all'articolo 2 del decreto-legge finalizzati a ripristinare, in aggiunta alle introdotte disposizioni transitorie, le norme a regime, che comunque ci devono essere nel contesto della novella. In questo caso, esse sono costituite dal previgente tetto massimo delle risorse finanziarie impiegabili pari al 20 per cento per ciascuna fondazione lirico-sinfonica ai fini della stipula dei contratti integrativi in rapporto al contratto collettivo nazionale.
Non ha senso inoltre, nell'articolo 2, nel contesto abrogativo delle disposizioni a regime che fissavano i precisi limiti massimi delle risorse finanziarie impiegabili per la stipula dei contratti collettivi integrativi aziendali, prevedere che a regime la contrattazione integrativa aziendale in essere Pag. 46alla data di entrata in vigore del decreto-legge possa essere rinnovata solo a seguito della stipula del nuovo contratto collettivo nazionale (comma 1, capoverso 5, quarto periodo: da sopprimere).
Ipotizzo in conclusione che la necessità di colmare il vuoto normativo dato dall'abrogazione delle norme a regime e di sanare lo squilibrio conseguente, che ho già esposto in Commissione, la quale ha respinto questi miei emendamenti, possa essere attribuita ad un non approfondito esame della portata giuridica degli stessi, che auspico venga debitamente tributato in Aula.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, volevo innanzi tutto ringraziare il vicepresidente Meloni, che mi ha concesso di intervenire, e ringrazio quindi anche lei che mi concede la parola.
Mi rivolgo sia al relatore che al sottosegretario Rinaldi, e ai pochi colleghi che sono rimasti. Vedete, qui si è cercato di omogeneizzare quello che non è omogeneizzabile; cioè si è omogeneizzata l'impresa cooperativa con l'impresa profit. Adesso dimostrerò che è un esercizio impossibile.
L'impresa cooperativa, in questo caso di produzione e lavoro sociale, si costituisce per dare lavoro ai soci, un buon lavoro ai soci. Che cosa si dice nel decreto-legge n. 250 del 2007, che stiamo convertendo? Che l'impresa cooperativa tout court, l'impresa cooperativa sociale che vince l'appalto - avendo esteso la Commissione la norma dal settore delle pulizie a tutti i settori dati in appalto, rientrano ad esempio in essa le cooperative sociali - dovrebbe dare il lavoro ai lavoratori preesistenti e non darlo ai propri soci. Ci sono una miriade di conseguenze negative. Ciò tra l'altro avviene disattendendo l'articolo 45 della Costituzione, disattendendo la legge n. 142 del 2001, disattendendo tutto. Il nostro sta diventando un sistema schizofrenico.
Mi scusi, signor Presidente, sono per costruire, e mai per delegittimare o per distruggere, ma il Governo sa che esiste una Commissione centrale per le cooperative? Il Governo sa che quella Commissione deve esprimere un parere sui provvedimenti che riguardano le imprese cooperative?
Quella Commissione - lo so per certo - non è stata interpellata: se fosse stata interpellata, avrebbe detto esattamente le cose che sto dicendo io. Preannuncio dunque - ma lo ribadirò in conclusione - che il gruppo dell'Italia dei valori, che fa parte di questa maggioranza e che intende sostenere questa maggioranza e questo Governo, presenterà i suoi emendamenti.
La norma in esame distrugge i principi della mutualità prevalente, poiché le cooperative (che, guarda caso, hanno una grossa fetta di mercato proprio nei settori sanitario, sociale, delle pulizie), almeno quelle piccole e medie, perderebbero il loro scopo mutualistico, e sarebbero dunque fuori legge. Esse perderebbero infatti quella mutualità prevalente che dà loro titolo per essere cooperative effettivamente mutualistiche e sociali.
C'è poco da fare, la legge è chiara: se i soci lavoratori sono meno dei lavoratori, è ovvio che si perdono la caratteristica della mutualità e conseguentemente le agevolazioni. Si pensi che le cooperative sociali (perché questa norma si estende a tutti gli appalti) sarebbero costrette ad assumere lavoratori di imprese private, perdendo di fatto quel carattere di mutualità prevalente - che pure esse hanno ope legis - proprio per il fatto di doversi avvalere di personale esterno.
Credo dunque che questa impostazione vada rettificata e che questo provvedimento, il decreto-legge n. 250 del 2007, non debba applicarsi alle imprese cooperative a mutualità prevalente. Come sappiamo, infatti, le cooperative si distinguono fra quelle a mutualità prevalente - cioè caratterizzate da una mutualità piena e assoluta - e quelle a mutualità non prevalente: noi chiediamo solamente che questo provvedimento non si applichi per le cooperative a mutualità prevalente, non per tutto il mondo della cooperazione. In altri termini, per essere obiettivi, non Pag. 47chiediamo che ciò avvenga anche con riferimento alle cooperative a mutualità non prevalente, poiché le cooperative a mutualità non prevalente, pur avendo i canoni della mutualità e della solidarietà, perseguono uno scopo diverso dalla mutualità e dalla solidarietà.
Desidero infine aggiungere - senza abusare della cortesia della Presidenza - che in effetti il problema delle imprese cooperative si ripropone costantemente (lo abbiamo visto anche poco fa, nel corso dell'esame del decreto-legge cosiddetto milleproroghe). Ebbene, occorre che il Governo presti maggiore attenzione a questo tema. Se si approvasse una norma di questo tipo, infatti, le imprese cooperative - quelle a mutualità prevalente, lo sottolineo nuovamente - si troverebbero in una situazione assurda.
Signor Presidente Castagnetti, mi rivolgo anche a lei: c'è bisogno di diffondere la cultura, la tecnica e il metodo cooperativi. Non possiamo trovarci costantemente a legiferare su temi che - scusate, colleghi, ma lo debbo dire - non sono conosciuti, o che addirittura da parte di taluni sono misconosciuti: conoscere per deliberare, diceva qualcheduno! In proposito, amici di Forza Italia, ricordate che se nei cinque anni del Governo Berlusconi non vi fu recessione, ciò fu perché le imprese cooperative ebbero un fatturato e un PIL maggiori del 5-7 per cento.
Quindi, se siamo uomini che credono nello Stato di diritto, dobbiamo fare attenzione, perché stiamo andando incontro ad una situazione macroeconomica paurosa (non faccio riferimento ad oggi, ma ai dati che provengono dal mercato mondiale). Ci vogliamo privare, allora, di una forza economico-sociale che ci ha permesso in passato di attutire l'impatto? Possiamo varare una legislazione che mini le imprese cooperative? Credo proprio di no, perché realizzeremmo un'operazione di autolesionismo!
Il gruppo dell'Italia dei Valori presenterà degli emendamenti; prego il sottosegretario Rinaldi e il relatore Miglioli di valutarli nella loro obiettività, anche se è ovvio che un parere della Commissione centrale delle cooperative, alla quale ho fatto cenno, sarebbe stato preziosissimo al fine di validare l'impostazione che ho illustrato e di rassicurarci. Spero dunque che il relatore e il Governo esprimano parere favorevole sui nostri emendamenti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ringrazio la Presidenza per avermi concesso la parola.
Onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, come è stato già affermato, il decreto-legge in esame reca disposizioni relative a specifici aspetti normativi in materia di contrattazione collettiva. L'articolo 1, al fine di favorire la piena occupazione ed assicurare il mantenimento economico complessivo dei lavoratori dipendenti da imprese che svolgono attività di servizi in appalto, offre specifiche tutele nel caso di loro riassunzione nelle situazioni di appalto acquisito da un nuovo soggetto imprenditoriale.
All'articolo 2, le modifiche alla disciplina in materia di contrattazione collettiva riguardano il personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, sia per quanto attiene al trattamento economico, sia per quanto riguarda la disciplina relativa alla contrattazione integrativa aziendale.
La disciplina transitoria, a nostro giudizio, va sicuramente a realizzare condizioni più dignitose per i lavoratori dei servizi in appalto, nonché a garantire il buon funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche anche nelle more della stipula dei contratti integrativi aziendali.
Tuttavia, al di là del merito del provvedimento, il decreto-legge in esame impone una riflessione generale - che merita la nostra attenzione - sull'opportunità di introdurre elementi ulteriori di legificazione nella contrattazione. Di norma, non può non riconoscersi, in base a ciò che la Costituzione prevede e la legislazione coerentemente specifica, piena autonomia alle parti, al fine di salvaguardare un loro corretto rapporto nella definizione della materia contrattuale.Pag. 48
A tal riguardo, anche in questa specifica situazione nella quale, con riferimento ai lavoratori dipendenti, vi sono elementi di debolezza che possono essere condivisi, riteniamo che sia necessario svolgere un'ulteriore riflessione. Se è pur vero che il provvedimento in esame si propone di dare maggiore chiarezza rispetto a una normativa inadeguata e di garantire le stesse condizioni economiche e normative per i lavoratori riassunti dall'impresa appaltante e subentrante, questo elemento di carattere generale che abbiamo sottolineato ha una sua forza intrinseca, e con riferimento ad esso ulteriori elementi di rigidità non ci vedono particolarmente favorevoli.
Inoltre, nell'articolo 2 sono previste disposizioni che ineriscono ai contratti integrativi aziendali con riferimento alle quali, nella norma stessa, sono definiti alcuni limiti, nonché alcuni elementi e criteri che, secondo noi, accentuano la rigidità della contrattazione aziendale, rispetto alla quale non esprimiamo un parere favorevole.
Nel corso del dibattito in Aula, quindi, noi auspichiamo che si possano ulteriormente valutare delle modifiche che riescano in qualche misura a raggiungere l'obiettivo del decreto-legge, di dare maggiore garanzia ai lavoratori, ma che riconoscano anche le specificità delle diverse imprese appaltanti. In tal senso, anche noi riteniamo che debba essere valutata con grande attenzione la tematica delle imprese cooperative, soprattutto delle cooperative sociali, che rispetto al provvedimento in esame pone una questione non secondaria in ordine alla mutualità prevalente di cui le cooperative sociali sono detentrici.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3326-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Miglioli.
IVANO MIGLIOLI, Relatore. Signor Presidente, intervengo brevemente per rispondere ad alcune problematiche che gli onorevoli colleghi intervenuti hanno posto. In ordine alla prima problematica, ovvero il ricorso alla decretazione d'urgenza, è stato un atto di trasparenza da parte del Governo - il collega Baldelli ha parlato di cortesia istituzionale - il fatto di non inserire la normativa in altri provvedimenti e di seguire la strada della decretazione d'urgenza con i due provvedimenti all'ordine del giorno e ciò risponde ad un'esigenza non solo di cortesia, ma anche di trasparenza. Mi pare che gli interventi concordano sul fatto che in tal modo si cerca di affrontare e dare soluzione a due problemi specifici frutto di un livello di contrattazione e di accordo tra le parti e il Governo, che affrontano due questioni comunque rilevanti, seppure particolari: il contratto collettivo nazionale nel settore delle pulizie - poi riprenderò l'aspetto dell'estensione operata in sede di Commissione - e le fondazioni.
Nel merito avremo modo di approfondire e valutare gli emendamenti.
Per quanto riguarda il settore delle pulizie e l'estensione del provvedimento in esame - operata in sede di discussione in Commissione -, il rilievo dell'onorevole Baldelli concerne il mancato rispetto dell'autonomia della Commissione e di pareri che sono stati espressi. In molte occasioni l'onorevole Baldelli è intervenuto contestando il medesimo fatto rispetto ad altri interventi, ma questa volta dovrebbe apprezzare nel merito la valutazione effettuata congiuntamente. Naturalmente, un approfondimento può essere necessario, anche al fine di valutare gli effetti sulle cooperative, partendo dal presupposto - mi rivolgo all'onorevole D'Ulizia - che lo spirito è quello di rendere più trasparenti le procedure di appalto e più sicura la vita dei lavoratori, compresa quella dei lavoratori delle cooperative che hanno richiesto e concordato il provvedimento in esame.
Con riguardo alle fondazioni, infine, è vero che si modifica la normativa precedente (compreso il superamento del vincoloPag. 49 del 20 per cento), ma ciò avviene proprio per rispondere all'esigenza di una maggiore elasticità delle singole fondazioni. In quella disposizione vi è un vincolo altrettanto chiaro, che prevede che le anticipazioni siano date nel rispetto del vincolo di bilancio delle fondazioni; con un parere dei revisori dei conti, tale delibera deve essere inviata ai due Ministri competenti. Si tratta, quindi, di una procedura che salvaguarda sia l'aspetto economico sia quello contrattuale autonomo delle singole fondazioni. Naturalmente, nel prosieguo della discussione e in sede di esame delle proposte emendative potremo meglio approfondire tali valutazioni, che rispondono all'esigenza di affrontare e risolvere in modo trasparente due problemi urgenti del nostro Paese.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.