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CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LUCA BELLOTTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1610.
LUCA BELLOTTI. L'articolo 5, intitolato «Criteri ornitologici e requisiti minimi», è particolarmente importante. Demandando al decreto del ministro dell'ambiente, di concerto con il ministro delle politiche agricole e con il ministro dei trasporti (per i profili di competenza), d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, la individuazione - entro 120 giorni - delle specifiche tipologie ambientali di riferimento, sulla base dei criteri ornitologici indicati nella direttiva «Uccelli» e delle esigenze ecologiche delle specie presenti, il decreto-legge ha delegato buona parte della materia alla potestà regolamentare dei due ministri, da espletare in un termine assai breve. E dunque a questa fase e all'emanando decreto occorrerà fare attenzione, anche per i profili tecnici.
Le regioni, bypassate dal decreto-legge, rientrano in scena come interlocutrici necessarie dei due ministri nella sede propria: la Conferenza Stato-Regioni, dove sarebbe dovuta avvenire la consultazione preventiva in considerazione della bipolarità degli interessi e delle competenze in gioco e dove potranno essere meglio valutate anche le carenze del decreto-legge sotto i profili già segnalati. La competenza delle regioni e della Conferenza è sancita dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997.
L'articolo 6 introduce un criterio di prevalenza («si applicano le norme del presente decreto se più restrittive») delle misure introdotte dal decreto-legge rispetto a quelle in vigore nelle ZPS ricadenti nelle aree naturali protette o nelle aree marine protette. Il criterio avrebbe un senso se le misure avessero carattere speciale rispetto alle esigenze di tutela degli habitat, ma così non è: le misure appena esaminate sono divieti generalizzati e non mirati alle peculiarità delle ZPS. La norma appare tanto meno giustificata rispetto ad aree protette che, in quanto naturali (terrestri) e marine, sono già dotate di misure finalizzate alla conservazione degli habitat.
L'articolo 7 modifica radicalmente l'articolo 19-bis della legge 157 del 1992, introdotto dalla legge n. 221 del 2002. E non ce n'era ragione. Il testo vigente - come si è visto - è stato apprezzato dalla Commissione, mentre la sentenza della Corte di giustizia dell'8 giugno 2006, in causa C-60/05, ha segnalato l'esigenza di un «controllo efficace effettuato tempestivamente». La norma in esame va ben più in là. Riscrive il comma 2, stabilendo il carattere di provvedimenti eccezionali proprio delle deroghe: con ciò il decreto-legge mette in dubbio il ricorso alla deroga della lettera c) dell'articolo 9 per fini venatori (anche nel territorio agro-silvo-pastorale), secondo una risalente interpretazione minimalista. La sentenza citata, al contrario, parla espressamente di prelievo venatorio in deroga, alle condizioni stabilite dall'articolo 9 della legge, con specifico riguardo alla «piccola quantità» della lettera c).
Anche la modifica del comma 3 è mirata: concentrare nell'Istituto nazionale per la fauna selvatica la competenza a formulare il parere di congruità, escludendo gli istituti regionali di pari dignità scientifica. Ferma restando la funzione dell'INFS, il parere di istituti regionali di comprovata serietà scientifica non è stato ritenuto inadeguato alla Commissione.
Il comma 4 infine ridisciplina «il potere sostitutivo del Governo nei confronti di provvedimenti in deroga posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge e della citata direttiva 79/409», ma lo fa evocando la disposizione dell'articolo 8, comma 4, della legge n. 131 del 2003, concernente il potere sostitutivo d'urgenza. La nuova disposizione semplifica il procedimento disciplinato dall'articolo 19-bis in conformità con la statuizione della Corte di giustizia (mantenendo nelle mani del Governo il potere diPag. 37annullamento - suppongo - dei soli provvedimenti amministrativi), ma evoca anche il potere sostitutivo d'urgenza.
Ad essere sincero, non so se preferire l'articolo 8, comma 4, della legge La Loggia alla nuova formula del comma 4 dell'articolo 19-bis, che mi pare più garantista, perché obbliga il Governo a pronunciarsi nella sua collegialità, adottando i provvedimenti necessari da comunicare immediatamente alla Conferenza Stato-regioni.
L'articolo 8, intitolato «Intervento sostitutivo urgente», contiene una disposizione correlata all'articolo 7: le regioni debbono adeguare entro 90 giorni il proprio ordinamento al nuovo articolo 19-bis, «abrogando o modificando le proprie leggi, le delibere e gli atti applicativi nonché i calendari venatori nelle parti difformi dalle suddette disposizioni»; e aggiunge: «In attesa di tale adeguamento e al fine di assicurare l'immediato rispetto dell'ordinamento comunitario, sono sospesi gli effetti delle deroghe adottate dalla regioni in difformità dalle richiamate disposizioni». Tralasciando di considerare la prima parte della norma, che ha natura di diffida, si richiama l'opportunità del cambiamento - doveroso - effettuato dalla Commissione agricoltura nella parte che era la più problematica a mio parere dell'intero decreto dato che aveva un contenuto abnorme e incostituzionale: al Governo non è dato, con decreto-legge, di abrogare direttamente leggi o annullare atti regionali «difformi». Onore al merito, dunque, per questo cambiamento, anche se risulta insufficiente.
L'articolo 9 modifica in sette punti la legge n. 157 del 1992, inserendo nel corpo della legge testi desunti, talvolta alla lettera, dalla direttiva 79/409. Sono gli stessi testi che si leggono nella lettera di avvio della procedura di infrazione della Commissione. Ebbene: l'articolo 249 del TCE (già articolo 189 del Trattato di Roma) stabilisce che «la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Ergo: lo Stato non deve recepire alla lettera la direttiva 79/409 (come in alcune norme dell'articolo 9), ma attuarla attraverso proprie disposizioni. È il caso della legge n. 157, che ha trasfuso i principi nella disciplina sostanziale dell'esercizio venatorio.
In sintesi, le modifiche della legge n. 157 introducono norme o inutili o inapplicabili in una legge d'avanguardia che appronta una tutela effettiva della fauna selvatica.
Il 9-bis, introdotto in Commissione, permette, almeno per le regioni a statuto speciale e per le province autonome, i danni prodotti dall'eccessiva invasività di questa legge.
Che dire in conclusione? Cambiamenti opportuni ci sono stati, ma essi appaiono parziali e appena sufficienti a porre al riparo il decreto dalle più palesi caratteristiche di incostituzionalità. Ciò tuttavia, non è sufficiente. Il respingimento delle nostre migliorie non fanno altro che rafforzare i nostri dubbi sul decreto e sulla volontà di dialogo della maggioranza. Non possiamo accettare queste norme che penalizzano il mondo della caccia e le regioni e che ora, testimonianza dell'originaria natura di manifesto integralista-ambientalista del provvedimento, non raccolgono neppure l'approvazione del mondo ecologista. Il decreto altro non è che l'espressione di un insieme raffazzonato di misure che, nate dall'estremismo del ministro dell'ambiente, sono state ora temperate, ma che costituiscono, nell'insieme, un provvedimento incoerente che sorpassa abbondantemente i limiti per cui era dovere dello Stato adottarlo. Una riforma sulla caccia non può essere formulata in questi termini! Per questo preannuncio che o il decreto verrà migliorato o ci opporremo con tutte le nostre forze alla sua approvazione: per il bene dell'ambiente, per la preservazione dei diritti dei cittadini che vengono ancora una volta dalla maggioranza calpestati, per il bene del Paese.
ERRATA CORRIGE
Nel resoconto stenografico della seduta del 21 settembre 2006, a pagina 31, prima colonna, dopo la trentatreesima riga, sono inserite le seguenti parole:
«Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).».
Nel medesimo resoconto stenografico, alla stessa pagina, analoghe integrazioni debbono intendersi apportate dopo le righe terza e quattordicesima della seconda colonna.