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Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Utilizzo della pillola abortiva RU486 in alcune regioni italiane - n. 2-00234)
PRESIDENTE. L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00234 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, rispetto all'aborto chirurgico, il ricorso all'associazione RU486 misoprostolo ha modificato la cronologia dell'aborto. Questo fatto solleva alcuni dubbi sulla compatibilità dell'uso della RU486 misoprostolo con le previsioni della legge n. 194 del 1978. In base alle prescrizioni di tale legge, l'evento abortivo deve, infatti, espletarsi in ambiente ospedaliero. In questo modo è possibile assistere la donna prima, durante e dopo l'intervento chirurgico per garantire quella tutela della salute che, come ricordiamo tutti, è l'asse portante della legge n. 194 del 1998.
Pag. 93PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 22)
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mentre sappiamo da dati clinici che dopo l'assunzione dell'associazione RU486 misoprostolo, dal 2 al 5 per cento delle donne abortisce nell'intervallo tra l'assunzione della RU486, al primo giorno, e del misoprostolo, al terzo giorno, l'80 per cento delle donne abortisce entro 24 ore dall'assunzione del misoprostolo e nel 15 per cento delle donne l'evento abortivo si verifica, invece, in tempi successivi. Secondo diversi dati clinici l'intervallo si può prolungare fino, addirittura, a quindici giorni.
Ne consegue che, pur prevedendo la somministrazione della RU486 misoprostolo esclusivamente in regime ospedaliero e con ricovero di almeno tre giorni, non si verrebbe, comunque, anche in questo caso, incontro alle donne, che potrebbero abortire o manifestare gravi effetti collaterali in tempi successivi.
Si aggiunga, poi, che, seppur l'evento abortivo si fosse concluso durante il periodo di ospedalizzazione, è possibile che la donna non si presenti, la quindicesima giornata, per il follow up, venendo così meno il controllo sulle sue condizioni di salute. Nell'esperienza francese, ben il 20 per cento delle donne che avevano assunto RU486 non si sono poi presentate al follow up successivo. È, d'altra parte, noto che la Food and drug administration ha indicato, tra i criteri di esclusione al ricorso della RU486 misoprostolo, la difficoltà di accesso, per esempio, al telefono o la possibilità di arrivare a raggiungere l'unità di emergenza oppure l'impossibilità di ritornare proprio per la visita di follow up.
La necessità di un attento controllo sanitario è resa evidente anche dal corredo di sintomi, alcuni dei quali molto gravi, che accompagna l'assunzione di RU486 misoprostolo, che può durare per breve tempo o persistere per molti giorni, fino a divenire una vera e propria emergenza, tanto da richiedere, se non verificatisi nell'arco di alcuni giorni, la successiva ospedalizzazione della donna per una revisione della cavità uterina, per fare trasfusioni, somministrazioni parenterali di analgesici, antibiotici o altro.
Inoltre, dal momento che in oltre il 5 per cento delle donne che usano la pillola RU486 entro il quarantanovesimo giorno di gestazione si ricorre all'aborto chirurgico per completare l'aborto medico, la possibilità di complicanze aumenta ulteriormente. Tra le complicanze, comunque, si segnalano: perdita ematica e danni cardiovascolari, dolore addominale, disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigini, cambiamenti della termoregolazione, endometrite, shock settico. Quindi, come si vede, è necessaria un'attenta ospedalizzazione, non semplicemente il day hospital, come fanno, a volte, alcune regioni come la Toscana.
In conclusione, possiamo affermare che il ricorso all'associazione di RU486 e misoprostolo è tutt'altro che privo di rischi, tanto che ne viene sconsigliato l'uso, ad esempio, in presenza di conferma o sospetto di gravidanza ectopica o massa annessiale non diagnosticata, presenza di spirale, insufficienza surrenalica cronica, uso da lungo tempo di corticosteroidi sistemici, storie di allergia al mifeprisone (questo è normale) o alle prostaglandine, disordini emorragici o terapia attuale con anticoagulanti, porfiria ereditaria. A questo si aggiunge che, dal momento che le donne con ipertensione, malattie respiratorie, epatiche, renali, surrenali, cardiovascolari con più di 35 anni e fumatrici sono state escluse dai vari trial clinici, se ne deve dedurre che anche queste sono situazioni a rischio.
Inoltre, sempre a livello di conclusioni, il rischio di morte dopo l'assunzione della pillola RU486 è di 1 per centomila, contro 0,1 per centomila per l'aborto chirurgico nella stessa epoca gestazionale. In altre parole, il rischio di morire è dieci volte superiore rispetto all'aborto chirurgico.
Le cause di morte non sono ancora chiare, il che rende impossibile ipotizzare una loro prevenzione. Si sottolinea, inoltre, che nella maggior parte dei casi l'esordio spesso subdolo del quadro clinico chePag. 94avrebbe portato alla morte del paziente si è verificato al di là dei termini di ospedalizzazione previsti in Italia.
Per quanto riguarda la Toscana, i dati ci ricordano che in nessuno degli ospedali in cui è praticato l'aborto chimico le donne restano ricoverate. Nel migliore dei casi (ad esempio, a Pontedera), viene firmata una dichiarazione di dimissione volontaria.
Appare, pertanto, quanto meno imprudente, a fronte degli eventi avversi registrati e della mancanza di chiarezza sugli stessi, l'utilizzo della RU486 a fini abortivi. Inoltre, dati i tempi dell'aborto, sembra che non sia possibile rispettare i dettati della legge n. 194 del 1978 ed avere la garanzia che vi sia un'effettiva tutela della salute della donna.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, preliminarmente si segnala che la regione Toscana ha avviato la procedura disciplinata dai decreti ministeriali 11 febbraio 1997 e 31 gennaio 2006, che consente l'importazione dall'estero di medicinali non autorizzati sul territorio nazionale, ma regolarmente autorizzati nei paesi esteri. Tale importazione deve essere giustificata da oggettivi caratteri di eccezionalità e l'impiego del farmaco importato deve avvenire nel rispetto della normativa nazionale e delle condizioni d'uso autorizzate nel paese di provenienza.
Ai fini dell'importazione dall'estero deve essere inoltrata istanza all'ufficio di sanità aerea, di confine e di dogana del Ministero della salute territorialmente competente, nonché al corrispondente ufficio doganale che contenga i seguenti elementi: norma del medicinale e sua forma farmaceutica; ditta estera produttrice titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio; dichiarazione che il medicinale in questione è regolarmente autorizzato nel paese di provenienza; esigenze particolari che giustifichino il ricorso al medicinale non autorizzato in mancanza di valida alternativa terapeutica, come già precisato; dichiarazione di utilizzazione del medicinale sotto la diretta responsabilità del medico richiedente.
La regione Toscana ha comunicato che l'ufficio di presidenza del consiglio sanitario regionale ha approvato un documento contenente criteri e modalità da seguire per l'esecuzione dell'aborto medico ove sono previsti gli schemi di trattamento, i criteri di ammissibilità e di esclusione del trattamento, il protocollo operativo, le informazioni da fornire alla paziente ed i criteri per il consenso informato. Il documento, trasmesso da parte del competente assessore al diritto alla salute alle direzioni generali delle aziende sanitarie in data 9 febbraio 2006, prevede la somministrazione della pillola RU486 in regime di ricovero ordinario di tre giorni, in quanto il consiglio sanitario regionale ha recepito totalmente il parere del Consiglio superiore di sanità del Ministero della salute. Tutte le aziende che hanno somministrato e somministrano il farmaco suddetto, secondo quanto riferito dalla regione, assicurano di seguire i criteri di cui alla lettera circolare appena citata.
La regione ha sottolineato che sulla base dei pareri di bioetica e del consiglio sanitario regionale non ha proceduto ad alcuna sperimentazione. La lettura del documento mostra un atteggiamento assolutamente garantista verso la salute della donna. In questa prospettiva si intende altresì segnalare che negli ultimi due mesi le ASL hanno iniziato ad inviare alla regione i progetti legati ai finanziamenti di cui alla delibera n. 259 del 2006, legge n. 405 del 1975 e legge n. 194 del 1978, programma di interventi di riqualificazione dei servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità consapevole.
L'assessorato, anche attraverso i settori competenti, dovrà monitorare la rispondenza dei progetti alle finalità della delibera nonché la loro realizzazione.Pag. 95
Si precisa infine che la ASL 11 di Empoli ha strutturato, al termine del percorso dell'interruzione farmacologia di gravidanza, un servizio di prenotazione automatica per la visita di controllo e per la consulenza sulla contraccezione, da effettuarsi presso il consultorio.
Relativamente a quanto lamentato dagli onorevoli interroganti in merito alla mancata autorizzazione in Italia del farmaco in esame, si precisa che, pur non esistendo alcun impedimento giuridico-procedurale che ostacoli la presentazione della domanda di autorizzazione all'immissione in commercio, ad oggi la ditta titolare non ha ancora presentato la necessaria richiesta. Si ribadisce, come già affermato in risposta a precedenti atti parlamentari, che, in base alla legge n. 194 del 22 maggio del 1978 sull'interruzione di gravidanza, all'ordinanza del 21 settembre 2005 e tenuto conto del parere del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004, il medicinale RU486 può essere utilizzato esclusivamente in ambito ospedaliero; ne è quindi vietata la distribuzione nelle farmacie e comunque l'utilizzo con modalità derogatorie alla legge e alla stessa ordinanza.
PRESIDENTE. L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di replicare.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, non sono per niente soddisfatta e vorrei dire al rappresentante del Governo - non mi aspettavo assolutamente la presenza del ministro, che ritiene questo un problema semplicemente tecnico - che non mi sorprende che non sia ancora arrivata la richiesta da parte della ditta di avere la certificazione.
Infatti - credo che lo sappiate ma vale la pena di ricordarlo - in America la ditta, la stessa che produce la RU486, anziché passare attraverso le complicate questioni di controllo, ha preferito regalare il proprio brevetto, perché questo, evidentemente, la metteva al riparo da alcune responsabilità legali. Quindi, ha regalato il proprio brevetto. Non mi sorprende, quindi, che non chieda autorizzazioni e controlli.
Assistiamo ad una cosa abbastanza inquietante. Già sette regioni utilizzano la RU486, sfruttando le pieghe della normativa sull'importazione diretta dei farmaci da parte delle regioni. Lo scopo è creare una situazione di fatto che consenta di allargare le maglie della legge e chiedere un'ordinanza ministeriale che faciliti l'acquisizione della pillola da parte dei singoli ospedali. Ma se, come afferma il ministro, la scelta di un metodo abortivo riguarda solo i medici e le donne, perché mai i consigli regionali e i comitati etici locali si fanno attivi promotori della RU486?
Ciò avviene perché essi cercano disperatamente metodi per diffondere un farmaco che non è stato sottoposto al controllo dell'ente di farmacovigilanza, che non ha un protocollo e che l'azienda non vuole ancora registrare.
Questo non è un fatto politico? A me pare di sì.