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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,25).
(Riorganizzazione degli uffici giudiziari della direzione distrettuale antimafia di Palermo - n. 2-00365)
PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00365 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8), di cui è cofirmataria.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, la necessità di presentare l'interpellanza deriva da una legittima preoccupazione, avvertita da parte sia della politica, sia a mio avviso di tutti i cittadini che hanno appreso - dai giornali locali e dalle agenzie di stampa - quanto accaduto nei giorni precedenti con riferimento alla questione relativa all'ufficio di Palermo. Ho fatto ricorso alla formula «legittima preoccupazione» perché sostanzialmente, purtroppo, il tribunale di Palermo è «arcinoto» nella storia per tutta una serie di controversie e veleni che, succedutisi negli anni, hanno determinato situazioni gravi e tragiche per l'intera sicurezza del territorio meridionale.
Sono note l'importanza dell'ufficio, dei compiti che deve svolgere, nonché la necessità che si trovino in un clima sereno quanti vi operano con la loro professionalità, che sicuramente in gran parte sussiste.
Per quanto riguarda la percezione della giustizia da parte del cittadino, tuttavia, si pone la necessità di sapere che tutto è trasparente e che, quando si affrontano casi della delicatezza di quelli che purtroppo si trova a trattare la direzione distrettuale antimafia di Palermo, vi sia la massima armonia e tranquillità. Quindi, voglio chiarire che questa interpellanza non ha alcun intento polemico, al contrario intende, se possibile, rasserenare il clima; soprattutto, mi auguro che il Governo fornisca delle possibili risposte per quanto di sua competenza.
Per spiegare per sommi capi i fatti, dirò quanto segue. Nel corso dell'audizione presso la Commissione antimafia il procuratore nazionale antimafia, dottor Piero Pag. 96Grasso, magistrato stimato unanimemente per i risultati raggiunti nella sua professione, dichiara di essere sostanzialmente venuto a conoscenza della ristrutturazione organizzativa della direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo soltanto attraverso i giornali.
La denuncia è seria perché, a norma di legge, tale riorganizzazione avrebbe dovuto essergli preventivamente comunicata. La notizia di una riorganizzazione già effettuata ma non comunicata il giorno successivo è stata smentita dal procuratore capo di Palermo, dottor Messineo; la smentita non è ufficiale, ma è stata diffusa dalla stampa dopo che è trapelata da una riunione riservata avvenuta tra lo stesso procuratore Messineo ed alcuni dei suoi procuratori aggiunti. Come dichiara il dottor Grasso - il che veramente desta preoccupazione - sempre a mezzo di notizie stampa si è appreso anche di una infelice frase del dottor Messineo, nel senso che ai fini della ristrutturazione dell'ufficio «ha degli impegni da onorare, equilibri da garantire».
Il problema è che proprio la ristrutturazione della direzione distrettuale antimafia di Palermo, negli anni scorsi, quando procuratore di Palermo era il dottor Piero Grasso, era stata al centro di un'enorme querelle finita dinanzi al Consiglio superiore della magistratura. Il dottor Grasso, infatti, era per così dire stato ritenuto colpevole di avere estromesso della direzione distrettuale antimafia alcuni importanti procuratori aggiunti, senza considerare che questo era avvenuto semplicemente perché la legge prevedeva un limite nel periodo di permanenza presso la direzione distrettuale antimafia.
Quindi, proprio per la paura che si possa ricreare un clima di questo genere, ritengo vi sia la necessità - anche, se possibile, nell'ambito delle sue competenze, signor rappresentante del Governo - di un intervento ministeriale.
La frase del dottor Messineo purtroppo non è stata - come avremmo voluto - smentita nell'immediato, lo è stata soltanto dopo quattro o cinque giorni, secondo quanto riportano le fonti stampa. I giornali attribuiscono a questa frase il significato di una sorta, come sostiene il dottor Grasso, di nomina di scambio: in altri termini il dottor Messineo avrebbe ottenuto i voti di alcune correnti della magistratura in seno al Consiglio superiore della magistratura per la sua nomina a procuratore capo, in cambio del ritorno di alcuni equilibri alla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Palermo.
Capite bene che la situazione è grave e delicata, per la fiducia che chiunque di noi deve avere sia nell'operato dei magistrati e nel loro senso ovviamente di responsabilità, sia soprattutto - lo sottolineo - nelle modalità (se queste parole sono vere) con cui il Consiglio superiore della magistratura continua ad operare nell'attribuire incarichi direttivi negli uffici giudiziari.
Aggiungo a quanto detto una preoccupazione ulteriore. Sempre secondo quanto riportano le note stampa - perché per il momento ci risultano solo note stampa - tutti i procuratori aggiunti della procura della Repubblica di Palermo sarebbero applicati alla direzione distrettuale antimafia, conseguentemente nessun procuratore aggiunto coordinerebbe l'attività di contrasto alla criminalità ordinaria nel distretto di Palermo.
Ora, è chiaro che i reati di mafia a Palermo sono gran parte dei reati, però in questo caso, onorevole sottosegretari, forse bisognerà cominciare a discutere in maniera seria in Parlamento su come riorganizzare la lotta alla mafia e se tutto sommato abbia ancora senso e sia tuttora valida la strutturazione in direzioni distrettuali antimafia, creata con notevole successo vent'anni fa.
Aggiungo inoltre che il procuratore Messineo sostiene che la necessità di questa riorganizzazione deriva dal fatto che occorreva frammentare le competenze, in maniera tale che si potesse avere una visione disarticolata, cioè che ciascun procuratore applicato potesse avere una zona di influenza, ma che vi fosse poi in qualche modo una convergenza. Va tutto bene in astratto, salvo che ad uno dei procuratori Pag. 97aggiunti, al dottor Scarpinato, non solo viene attribuita la competenza sul tribunale di Trapani, ma anche quella sulla cosiddetta criminalità economica. È difficile immaginare una criminalità mafiosa, che non abbia attinenza con la criminalità economica. Cosa vuol dire tutto questo?
Sono consapevole che in questa fase il ministero non ha reali strumenti di intervento, se non quelli ordinari. Credo però che sia necessario avere un momento di chiarezza da parte del Governo e mi auguro, dopo tutto ciò che è stato scritto sui giornali, che oggi finalmente con l'intervento del sottosegretario avremo perlomeno un documento ufficiale su una circostanza incresciosa, che speriamo sia solo un incidente, che possa chiudersi il più serenamente possibile e al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Effettivamente il 5 febbraio 2007 il procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Messineo, ha adottato un nuovo documento organizzativo della direzione distrettuale antimafia, con cui si prevede che tutti i procurati aggiunti, compresi il dottor Lo Forte e il dottor Scarpinato, facciano parte della direzione distrettuale antimafia e che ad essi vengano affidati compiti di collaborazione con il procuratore della Repubblica, nella gestione di tutti i procedimenti di competenza della direzione distrettuale antimafia.
Questo assetto organizzativo deciso dal dottor Messineo non è ancora vigente, in quanto la sua concreta efficacia è stabilita a partire dal 1o marzo 2007. Con nota del 7 febbraio 2007 questo nuovo assetto è stato comunicato al Consiglio superiore della magistratura, al procuratore generale di Palermo e al procuratore nazionale antimafia. Nella stessa data del 7 febbraio 2007, la medesima comunicazione hanno ricevuto tutti i procuratori aggiunti interessati dal nuovo assetto.
L'ordinamento giudiziario, all'articolo 70-bis, quarto comma, recita: «Salvo che nelle ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia, la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia».
Con nota del 8 febbraio 2007, il procuratore Messineo inviava al Consiglio superiore della magistratura la sua interpretazione, peraltro condivisa anche da altre procure, dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, scrivendo: «Trattandosi di due prescrizioni distinte - ossia la designazione e la variazione nella composizione - e non potendosi, senza fondata ragione, attribuire al legislatore formulazioni normative inutilmente pleonastiche o contraddittorie, sembra allo scrivente che le due distinte previsioni normative si riferiscano a due situazioni del tutto separate e diversificate. Ed, invero, la designazione dei magistrati è la scelta dei sostituti destinati a comporre la DDA, scelta che, secondo il vigente impianto paranormativo, viene effettuata mediante una sorta di procedura di concorsi, in base ai criteri stabiliti per legge "delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali"».
Il procuratore di Palermo ha rilevato che è tuttora in corso una procedura di scelta per la designazione di quattro magistrati a copertura di altrettanti posti vacanti e che tale procedura sarà espletata in conformità dell'articolo 70-bis, sentito il procuratore nazionale antimafia.
Altra cosa - assume il procuratore Messineo - è, invece, la seconda ipotesi prevista dalla normativa, ossia la variazione delle composizione. Egli scrive: «Variazione nella composizione della direzione (...) nozione questa che non può identificarsi con la designazione dei magistrati e che postula necessariamente un proprio spazio di autonomia logica e fattuale».
«Certamente appartiene alla nozione di composizione della DDA il diverso assetto e la diversa distribuzione delle competenze attuate con il provvedimento in esame, ma Pag. 98vi appartiene anche l'attribuzione ai procuratori aggiunti di incarichi di collaborazione con il procuratore della Repubblica nella gestione delle indagini. Relativamente a tali incarichi (peraltro attribuiti a tutti i procuratori aggiunti, senza eccezione alcuna) incongruo sarebbe ogni riferimento ad una procedura di designazione che tenga conto dell'attitudine e dell'esperienza professionale, perché si tratta di incarichi di collaborazione conferiti ai procuratori aggiunti come tali e che, normalmente, non potrebbero essere espletati dai sostituti».
Secondo il procuratore Messineo, «la speciale natura degli incarichi di collaborazione conferita ai procuratori aggiunti operanti in DDA che hanno sempre svolto funzioni diverse e distinte dai magistrati assegnati alla DDA si estrania dalla nozione di designazione e rende ad essi applicabile la norma di cui alla seconda parte dell'articolo 70-bis, ultimo capoverso. Ne deriva - conclude il procuratore Messineo - che per gli incarichi di collaborazione dei procuratori aggiunti l'adempimento da osservarsi è la preventiva comunicazione al procuratore nazionale antimafia, formalità questa puntualmente attuata».
In proposito, secondo il procuratore Messineo, l'esigenza della preventiva informazione dovrebbe considerarsi soddisfatta, dato che il provvedimento inviato per comunicazione al procuratore nazionale non era efficace al momento della sua adozione, diventandolo soltanto il primo marzo del 2007, quindi in epoca successiva alla relativa comunicazione del 7 febbraio 2007.
Il procuratore di Palermo ha rilevato che la norma prescrive la preventiva informazione «delle eventuali variazioni nella composizione della direzione (...) assunte quale dato già oggettivato e non anche del proposito o dell'intento di attuare tali variazioni» ed ha ritenuto, quindi, di aver rigorosamente applicato, nel caso in questione, il secondo inciso del quarto comma dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario.
Il procuratore nazionale antimafia, il dottor Piero Grasso, a cui sono state chieste informazioni, ha sottolineato che la normativa in vigore, ed in particolare l'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, muoverebbe dall'intento di assicurare che nei momenti cruciali della formazione delle direzioni distrettuali il procuratore nazionale antimafia possa offrire il proprio contributo, arricchito dalla natura del suo ufficio e dalla molteplicità delle esperienze acquisite in tutto il territorio dello Stato.
Al riguardo, lo scorso 12 febbraio il procuratore nazionale antimafia ha investito della questione trattata dagli interroganti il Consiglio superiore della magistratura, richiamando l'attenzione sull'importanza della tempestività dell'informazione in tema di variazione della composizione delle direzioni distrettuali antimafia, per cui l'articolo 70-bis prevede espressamente l'informazione preventiva del procuratore nazionale antimafia.
Nella nota diretta al CSM il dottor Grasso ha rappresentato che l'informazione preventiva sarebbe finalizzata, nella logica di collaborazione istituzionale, all'espressione di un parere consapevole e motivato, la cui utilità verrebbe meno se il provvedimento su cui il parere deve essere espresso fosse già oggetto di dettagliate notizie di stampa.
Il ministro della giustizia, che considera di primaria importanza lo sforzo congiunto delle istituzioni dello Stato nella lotta alla mafia e che ritiene essenziale in tale ambito il ruolo di coordinamento delle attività investigative in capo al procuratore nazionale antimafia osserva che la questione giuridica, le due diverse posizioni di interpretazione dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario sono a prima vista obiettivamente di natura problematica, nel senso che non può assumersi che la tesi sostenuta dal procuratore di Palermo sia destituita di fondamento.
Peraltro il procuratore Messineo ha spiegato che l'attribuzione di nuovi compiti ai procuratori aggiunti rientrasse nell'ipotesi di cui alla seconda parte del comma quarto dell'articolo 70-bis e non in Pag. 99quella prevista dalla prima parte del suddetto comma. L'interpretazione potrà indubbiamente essere opinabile, ma non sembra che di per sé possa integrare un'ipotesi di abnormità, arbitrarietà o abuso.
Al contempo, se è vero che la seconda parte del citato quarto comma dell'articolo 70-bis prescrive che la comunicazione al procuratore nazionale sia preventiva, è anche vero che nel caso di specie non può non assumere un certo rilievo la circostanza che la comunicazione, pur seguendo l'adozione del provvedimento del procuratore, prevedeva l'entrata in vigore dello stesso in momento differito rispetto alla comunicazione, datata 7 febbraio 2007 con operatività 1 marzo 2007.
Pertanto il ministro della giustizia, allo stato, non ritiene di adottare provvedimenti che, secondo le norme vigenti, troverebbero il loro presupposto soltanto nella macroscopicità della violazione di legge, nell'abnormità, arbitrarietà ed inescusabilità di atti compiuti, considerando altresì istituzionalmente corretto ed opportuno lasciare spazio all'attività acquisitiva e valutativa dell'organo di autogoverno della magistratura, i cui esiti potranno certamente contribuire ad una complessiva valutazione della vicenda, per quanto attiene alle sue competenze, quindi, anche a una interpretazione corretta e uniforme dell'articolo 70-bis da parte di tutte le procure.
PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di replicare.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatta per la risposta, seppure conosca i limiti entro i quali il sottosegretario istituzionalmente può rispondere.
Mi dichiaro insoddisfatta per un motivo: il punto in discussione può essere quello di una interpretazione diversa di una norma di legge; è pur vero, però, che, proprio nella risposta fornita dal sottosegretario, è sancito il punto politico, quello che interessa a noi.
Intanto, la struttura della DNA e delle DDA ha senso, nella lotta alla mafia, in quanto vi sia una reciproca fiducia, una doverosa collaborazione, cosa che da cittadini e da politici chiediamo e pretendiamo dalla magistratura, al di là di quelli che possono essere i rapporti personali o le situazioni intercorse. E siccome l'interesse tutelato è più ampio e riguarda tutti noi, penso che sia una pretesa doverosa anche da parte nostra.
In questa vicenda vi è qualcosa di anomalo. Pur accedendo all'interpretazione per cui il procuratore di Palermo, come altri procuratori (mi sembra che il sottosegretario abbia affermato che l'interpretazione è comune anche in altre procure) potesse dare solo una comunicazione preventiva e non avanzare una richiesta di parere, non essendo peraltro ancora operativo il provvedimento ed essendo ancora nei termini, il problema è diverso, come mi sembra sottolineato nella lettera del procuratore nazionale, dottor Grasso.
Rispetto ad un ufficio delicato come quello di Palermo, ritengo che il procuratore nazionale antimafia non debba assumere notizie di tale rilievo (perché chi dirige la DDA di Palermo si occupa di una parte preponderante della lotta alla mafia) da organi di stampa. È lì il vulnus e credo che di ciò siamo tutti consapevoli.
Capisco che in termini legislativi e regolamentari l'intervento del Ministero della giustizia sia abbastanza ristretto. Per comprenderci, non chiedevamo l'apertura di un'azione disciplinare, ma ci sono altri strumenti di valutazione e, forse, di modulazione di rapporti.
Signor sottosegretario, ciò che purtroppo non mi rassicura è il fatto che conflitti di questo tipo possano essere risolti proprio in seno all'organo di autogoverno della magistratura. Purtroppo, l'esperienza di questi vent'anni, soprattutto rispetto all'ufficio di Palermo (lei, con la sua esperienza anche professionale, conosce bene le gravi situazioni che vi si sono verificate) ha mostrato che troppo spesso il Consiglio superiore della magistratura, piuttosto che aiutare la «pacifica coabitazione», ha anche creato problemi ulteriori.Pag. 100
Non è una questione di facile soluzione. Approfitto di questa occasione (sebbene lo svolgimento di interpellanze urgenti non sia la sede propria) per sollecitare un intervento. Forse dovremmo chiederci veramente, con maturità politica e con senso di responsabilità, a vent'anni di distanza, se alcuni istituti, che sono stati risolutivi in una determinata fase storica per infliggere seri colpi alla criminalità organizzata, oggi, per una normale eterogenesi dei fini (di solito anche gli istituti migliori si consegnano all'usura) non siano da rivedere. E dovremmo chiederci se anche le direzioni distrettuali antimafia non siano diventate più luoghi di «gestione di potere» e di privilegiati, che non di amministrazione reale della giustizia.
Il rischio c'è e come politica - noi come Parlamento, voi ovviamente, in questa fase, come Governo - dobbiamo assolutamente riflettere sul tema. In caso contrario, se perdessimo quest'occasione di una riflessione senza schemi e senza pregiudizi su questa materia e se la situazione di alcune regioni dovesse peggiorare, forse non ce lo perdoneremmo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).