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Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto (A.C. 445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-A) (ore 9,35).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 445-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente come gruppo voteremo a favore dell'istituzione del nuovo sistema di sicurezza nazionale, anche se nel dibattito di ieri abbiamo sollevato alcune questioni, insieme ad altri gruppi. In particolare, una delle critiche da noi mosse e che sicuramente dovrà essere tenuta in considerazione, come sostenuto dal presidente della Commissione, attraverso future leggi, riguarda il seguente aspetto: i giornalisti, nel momento in cui vengono a conoscenza di notizie coperte da segreto e le diffondono, possono essere puniti con la reclusione fino a tre anni. Noi, come altri gruppi, siamo di ispirazione riformista e riteniamo che la stampa debba svolgere un'opera di conoscenza nei confronti dei cittadini in ordine a questioni di loro interesse.
Avevamo criticato anche il fatto che spesso e volentieri i segreti di ufficio e di Pag. 2Stato comportano notevoli problematiche, dando luogo, per così dire, a situazioni borderline tra il segreto e ciò che viene a conoscenza della libera stampa. Vorremmo al riguardo fare una considerazione, tenendo presente la nostra carta costituzionale, in particolare l'articolo 24, secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, come evidenziato ieri da qualche collega. Se i fatti per cui si è portati in giudizio riguardano il segreto di Stato e se gli elementi coperti dal segreto di Stato, che non potrà essere violato, possono essere l'elemento dirimente per l'assoluzione, ebbene l'articolo 24 non viene rispettato, come non viene rispettato l'articolo 21 della Costituzione che, al secondo comma, recita: «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
I due articoli della Costituzione citati vengono a cozzare con il testo di legge che abbiamo predisposto, che comunque - come ho già preannunciato - avrà il nostro voto favorevole, in quanto, pur essendo il provvedimento sicuramente perfettibile, con esso tuttavia si è fatto un grande passo in avanti per normare una materia molto difficile. La Commissione, con il suo presidente - lo voglio dire pubblicamente -, ha ben lavorato e si molto è impegnata. A parte qualche critica legittima da parte di vari gruppi, arriviamo ad un voto unanime proprio per il lavoro svolto dalla Commissione e dal suo presidente, che ha lavorato per far sì che questa materia fosse normata, e lo fosse con il più ampio consenso dei deputati. Per esempio, è stata attribuita per legge la presidenza del Copaco alla minoranza, per evitare che il Governo, il Presidente del Consiglio, controlli se stesso e per far sì che esista un organismo parlamentare in mano all'opposizione, consentendo al Parlamento di avere effettivamente il controllo.
Quindi, nel riconfermare il nostro voto favorevole, riteniamo necessario, con futuri provvedimenti, evitare - e lo sottolineiamo nuovamente - che la libera stampa e i giornalisti siano gli unici a pagare se diffondono e pubblicano notizie sulle quali ignorano sia stato apposto il segreto di Stato.
Vorrei sottolineare un'altra considerazione: gli interessi nazionali devono essere tutelati anche in campo internazionale, ma non in maniera fine a se stessa. Deve essere veramente in gioco l'interesse nazionale. Non deve trattarsi della solita misura fatta per i «furbetti del quartierino».
Queste sono le critiche che, come gruppo, muoviamo ad un testo di legge sul quale esprimeremo comunque voto favorevole e che riconosciamo essere frutto di un lavoro serio e competente svolto dal presidente e dalla Commissione. Abbiamo mosso queste critiche per portare un contributo costruttivo, affinché con provvedimenti successivi si possano tutelare anche i giornalisti, facendo in modo che il segreto di Stato sia apposto solo per questioni di mero interesse nazionale, tali che il segreto favorisca gli interessi del paese.
Con queste considerazioni, confermo il voto favorevole della Democrazia cristiana-Partito socialista e Nuovo PSI su questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, questa riforma giunge al voto finale dopo un cammino piuttosto lungo, dopo lavori serrati in Commissione, dopo un confronto abbastanza intenso tra maggioranza e opposizione ma anche all'interno degli stessi schieramenti.
Certo, ciò avviene non senza alcune asprezze, pur nella civiltà del confronto politico e democratico.
Si tratta di una riforma che appare, nel suo approdo, profondamente cambiata rispetto al testo iniziale. Essa mostra, nel suo impianto, la novità dell'individuazione di un centro politico unico di responsabilità nel Presidente del Consiglio.
Avremmo voluto ulteriormente migliorare il testo; tuttavia, siamo sufficientemente Pag. 3soddisfatti del risultato finale. Esprimiamo, altresì, il nostro apprezzamento sulla conduzione dei lavori da parte del relatore, presidente Violante, che, anche in momenti abbastanza complicati e difficili, ha sempre mantenuto, con saldezza e pacatezza, la direzione del confronto e del dibattito. Ciò ha permesso di sciogliere alcuni dei nodi più delicati e ambigui - non tutti sono stati risolti -, che avrebbero sicuramente impedito il nostro voto favorevole. Così, fortunatamente, non è stato e, dunque, i Comunisti italiani voteranno a favore di questa riforma, che giunge dopo trent'anni dalla precedente.
Questa è una delle ragioni della tenacia con cui abbiamo mantenuto determinate posizioni e alcuni fermi convincimenti, perché si tratta di una riforma che non può guardare all'attività processuale, ma si rivolge ai decenni successivi del Paese per regolare uno degli aspetti più delicati di uno Stato democratico, ossia il controllo, la responsabilità, l'efficacia e l'efficienza dei servizi segreti. Purtroppo, - vogliamo dirlo ancora una volta e non è una criminalizzazione dei nostri apparati - la storia di questa giovane Repubblica è contrassegnata non da servizi affidabili o attaccati alle istituzioni democratiche, ma da gravissime deviazioni dei servizi stessi, dal dopoguerra ad oggi.
Sappiamo bene che il percorso è ancora lungo e che questo testo sarà trasmesso al Senato, dove si lavorerà per migliorarlo ulteriormente.
Come dicevo prima, apprezziamo l'impianto della riforma e siamo soddisfatti per aver ottenuto alcuni risultati nell'interesse generale, non di una maggioranza politica, ma del Paese, perché, fin dall'inizio, abbiamo tentato di coniugare l'esigenza della sicurezza con la garanzia dei diritti dei cittadini e di coloro che, per avventura, potrebbero incrociare la strada dei servizi segreti e restare, come è accaduto in passato, stritolati dagli stessi.
Ecco perché la sostanziale modifica dell'articolo 17, volto a comprimere al massimo le cosiddette garanzie funzionali o le cause di giustificazione circa la libertà di commettere reati da parte dei servizi segreti, ha costituito uno dei momenti più duri del confronto, ma credo anche uno dei più qualificanti.
Ancora oggi, mentre ci accingiamo ad approvare in aula questa riforma, l'opinione pubblica è profondamente colpita da ciò che è accaduto negli anni e nei mesi precedenti. Non possono lasciare indifferenti sia la risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo, circa i voli coperti della CIA, che ha visto la responsabilità enorme di tanti Governi dell'Unione europea, compreso quello italiano, sia i casi che appartengono alla nostra attualità; mi riferisco al caso Abu Omar o al caso Calipari, rispetto al quale si vuole utilizzare, non so sino a quanto nell'interesse della Repubblica, il segreto di Stato, per cercare di non far luce sull'uccisione di uno dei nostri migliori funzionari. Tutto questo ha creato e continua a creare, in ciascuno di noi, profondo turbamento e ci porta a prestare grande attenzione nell'analizzare il testo della riforma, per tentare di correggerlo e migliorarlo, sino all'ultimo istante possibile.
Abbiamo migliorato sensibilmente, anzi, direi, integralmente la materia relativa alle cosiddette cause di giustificazione ed abbiamo ridotto la portata del segreto di Stato. Noi avremmo voluto la fissazione di un termine finale ancora più basso. Nel testo della riforma, tale termine, essendo di 15 anni più eventuali proroghe, può giungere ad un massimo di altri 15 anni, quindi a 30 anni. Noi riteniamo sia un termine eccessivo, comprensivo di troppe generazioni, perché si possa consegnare all'opinione pubblica ed ai lavori degli storici quei fatti, atti, documenti e notizie sui quali, per tanti decenni, si è mantenuto il silenzio, una coltre spessissima di silenzio. Il nostro emendamento sul punto non è stato accettato, però è vero, come più volte ha detto il presidente Violante, che, in altri paesi, il termine è più lungo (60 anni in Francia o in Germania). Tuttavia, al tempo stesso, ricordo che negli Stati Uniti, potenza cui sovente l'Occidente guarda come il miglior modello, il termine è più basso, ovvero di 14 anni, e che in Pag. 4media, nonostante la facoltà di proroga, il segreto di Stato cade dopo un ventennio. Mantenendo un termine più alto, ricordiamo che la nostra storia è molto più pesante di quella degli Stati Uniti, è una storia di deviazioni, di stragi e di misteri, rispetto ai quali tutto il Paese, la democrazia, oltre che i parenti delle vittime chiedono verità e giustizia.
Abbiamo, inoltre, eliminato gli intralci previsti nel testo originario con riferimento alla magistratura, circa le attualità processuali in corso. Insomma, abbiamo migliorato il testo, ma resta ancora un grande neo, che ci ha impedito di votare lo specifico articolo riguardante le pene per chi diffonde i lavori e le notizie sui lavori del Copaco, che è un organo parlamentare di controllo politico; consideriamo un dato negativo colpire il giornalista, tra coloro i quali possono diffondere notizie. Noi non abbiamo votato quell'articolo; cercheremo di migliorarlo in Senato e non escludiamo, magari insieme all'onorevole Villetti e a tutti gli altri che non hanno condiviso questa misura, di adottare un'iniziativa legislativa opportuna (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani e di deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Grazie, Presidente. Anche io vorrei sottolineare il lavoro svolto, prima lungamente in Commissione e poi in Assemblea, per migliorare un testo che già partiva con diversi contributi (e più proposte di legge) da parte delle singole forze politiche e del Copaco. Voglio naturalmente ricordare anche il contributo del Governo e quello, fondamentale, del relatore, che ha accompagnato questo lavoro per tutte queste settimane. Voglio sottolineare ciò ancora una volta per richiamare l'impianto fondamentale di questa legge, che noi apprezziamo, ossia la responsabilità politica, che viene definita e chiaramente assegnata al Presidente del Consiglio, che a sua volta può nominare un'autorità delegata, un ministro o un sottosegretario. Vi sono poi: una condivisione delle decisioni strategiche rispetto al servizio informativo e di sicurezza con altri ministri e con il Comitato interministeriale; un effettivo potere di coordinamento sulle due direzioni, quella interna e quella estera, che, forse, finalmente, raggiungeranno un chiaro assetto e una chiara divisione di ruoli e responsabilità per aree, superando confusioni, sovrapposizioni o competizioni, che fin qui si sono determinate.
Tutto questo con un chiaro controllo parlamentare. Si tratta di un controllo parlamentare che avrà la possibilità di conoscere, esprimendo dei pareri, tutto ciò che riguarda sia il servizio sia le scelte per realizzare questo sistema informativo, e una possibilità di controllo su tutti i passaggi, anche quelli più delicati, che riguardano appunto il servizio informativo del nostro paese. Questo sistema equilibrato di responsabilità e di controllo è importante non solo perché, per la prima volta nel nostro paese, si definiscono le garanzie funzionali e le cause di giustificazione che consentiranno agli agenti del sistema di sicurezza del servizio informativo di utilizzare legalmente (e, quindi, ufficialmente), alcune condotte (comunque previste come reato) in modo abbastanza rigoroso (ma forse ancora migliorabile), ma soprattutto perché è prevista una procedura di autorizzazione che vede anche in questo caso la responsabilità politica, il controllo parlamentare e, naturalmente, il ruolo esplicito e chiaro della magistratura in questa funzione.
Si tratta quindi, finalmente, di un percorso che speriamo aiuterà non solo a chiarire e ad evitare abusi in una situazione come questa (considerata la storia lontana e recente in questioni di questo tipo, consentendo di definire in modo chiaro assunzioni di responsabilità per rispondere efficacemente a quei principi ispiratori che noi abbiamo richiamato, proponendo che vengono considerati eccezionali, indispensabili e proporzionali al fine dell'operazione, degli obiettivi che si intendono raggiungere) ma, soprattutto, a tutelare i beni comuni della collettività, al Pag. 5di là del merito della condotte, della individuazione delle fattispecie, o perlomeno della esclusione di determinate fattispecie in queste condotte. La cosa importante è rappresentata dai processi di decisione, di realizzazione e di controllo di queste scelte.
Questo va considerato insieme all'altro tema molto delicato del segreto di Stato, con riferimento al quale abbiamo definito in modo più rigoroso, più stringente e più determinato le finalità dell'utilizzo della posizione - o dell'opposizione - del segreto di Stato chiarendo la responsabilità e la competenza esclusiva del Presidente del Consiglio in materia. Anche in questo caso vi è un percorso che tiene conto e vede in ruoli determinanti il ruolo politico, il ruolo della magistratura, il ruolo del controllo e, infine, per la prima volta l'intervento e la possibilità di dirimere eventuali conflitti di attribuzione da parte della Corte costituzionale.
Credo che questo sistema di garanzie offra la possibilità di trasparenza in situazioni verso le quali abbiamo avuto un approccio diffidente, a causa della storia del nostro paese, ma che abbiamo cercato di affrontare con approfondimenti, con competenza, con studi e - ritengo - con grande equilibrio, che ci ha consentito di proporre un testo su quale penso si registrerà una convergenza molto ampia in quest'aula. Ritengo che ciò sia un elemento importante, perché si definisce una riforma che rappresenta uno dei punti più rilevanti delle nostre istituzioni democratiche. Riforme come questa hanno bisogno di un ampio consenso, e giustamente cerchiamo di ragionare e varare una riforma a prescindere dalle collocazioni di maggioranza o di minoranza, in questo momento della legislatura. Inoltre, per affrontare una riforma così profonda ed ampia si è dovuto, anche in questo caso, superare alcune resistenze, presenti anche all'interno delle stesse strutture che si riformano, e ciò non è un caso.
Sono passati dieci anni. Da almeno due legislature si tenta di varare una riforma di questo tipo. La si è potuta fare in questo momento, nonostante l'approccio e la cultura politica che guidano gli schieramenti presenti in quest'aula siano molto diversi.
Tutti abbiamo considerato, e consideriamo, l'urgenza di varare una riforma, sia perché quella del 1977 è storicamente superata in relazione al nuovo contesto internazionale, sia perché la stessa ha dimostrato tutti i suoi limiti ed ha prodotto vulnus e problemi rispetto alle responsabilità ed alle gerarchie che in essa sono determinate. Tale riforma era il frutto di una fase politica ormai, come ho già detto, superata da tempo. Si è, dunque, riscontrata una certa responsabilità per superare tale stato di cose e vi è stato bisogno di un maggiore livello di responsabilità da parte di ognuno di noi e da parte di ciascuna forza politica. Ci siamo, infatti, dovuti misurare con tutte le differenze culturali e politiche che sono emerse, anche nel dibattito in quest'aula.
Noi abbiamo cercato, per quanto ci riguarda, di ragionare su un terreno che tenesse insieme la sicurezza con le garanzie. Siamo convinti, infatti, che non sia giusto, anzi che sia dimostrato - non solo nel nostro paese, ma anche sul piano internazionale - a cosa si vada incontro quando questo equilibrio venga meno, quando, in nome della sicurezza, si pensa di sacrificare o si sacrificano - come spesso si fa ancora - libertà e garanzie fondamentali. Noi abbiamo tentato, dunque, di tenere insieme fino in fondo un'idea della democrazia con il suo sistema di garanzie, di pesi e contrappesi che resistano fino in fondo, e che siano evidenti fino in fondo. A me pare che questo sia l'elemento fondamentale che ci ha fatto condividere (per quanto - lo ripeto - ancora migliorabile) questo testo ed anche l'impianto ed i contenuti che abbiamo disegnato, anche in virtù degli emendamenti che sono stati approvati. Il ricordato equilibrio, quindi, è assolutamente salvaguardato, così come è salvaguardato - anzi, è reso evidente - il fatto che un buon funzionamento dei servizi, ossia la capacità e l'efficienza operativa di tali servizi, non può essere separato dall'affidabilità democratica e dal controllo Pag. 6politico-parlamentare degli stessi. Ciò è possibile soltanto se si riescono a rendere, in modo chiaro dal punto di vista legislativo, i rapporti ed i singoli ruoli e responsabilità presenti nel sistema.
In questo senso, mi pare che abbiamo fatto il nostro mestiere, delineando chiaramente da una parte la responsabilità politica, ma anche quella della magistratura, del controllo parlamentare e di tutti gli altri organi istituzionali operativi previsti.
Per questa ragione il voto di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sarà un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, noi ci troviamo ad affrontare un testo su un tema delicato come quello dei servizi segreti. Non possiamo non ricordare che nella storia della nostra Repubblica abbiamo conosciuto fasi molto tormentate in questo settore molto delicato della vita dello Stato.
È noto a tutti che attorno alle deviazioni della Sifar vi furono dibattiti e confronti in Parlamento che non durarono un mese o due mesi, ma anni nel loro complesso. Ci trovavamo di fatto di fronte a parti dei servizi segreti che avevano proceduto ad una schedatura dei dirigenti politici sia dell'allora maggioranza, sia dell'opposizione di quegli anni.
Vedete, quel dibattito fu molto interessante innanzitutto perché segnalò che si era arrivati a fare luce su un aspetto molto oscuro della vita della nostra Repubblica e questo lo si doveva innanzitutto alla libertà di stampa. Fu un settimanale, L'espresso, che sfidando le leggi dello Stato portò alle rivelazioni su queste mediazioni.
Il tema quindi ha un retaggio storico. Come si sa, dalla storia bisogna trarre insegnamenti. Io ho apprezzato il lavoro che è stato fatto in Parlamento, dalla Commissione, dal Comitato dei nove, e dal presidente Violante. L'ho apprezzato perché ha animato uno spirito costruttivo, vale a dire quello di cercare di contemperare due esigenze: la tutela del segreto di Stato e quella dei controlli necessari affinché i servizi non devino dai loro compiti.
Tuttavia, mi permetto di osservare che su questo tema è molto difficile stabilire delle regole, individuare un tracciato - per così dire - giusto sul quale si debbano muovere i servizi segreti. Essi, per loro natura, devono operare al di fuori di sguardi indiscreti e fuori dai controlli normali che avvengono su tutti gli altri atti dello Stato.
Attuano un'azione che, per definizione, non è trasparente. Aggiungo un altro fattore di grandissima rilevanza: esiste una zona grigia nella quale i servizi segreti operano e che non è rigidamente entro le leggi.
Infatti, se noi ci trovassimo in una situazione nella quale si possa affermare, puramente e semplicemente, che i servizi segreti devono rispettare la legge, avremmo risolto gran parte dei nostri problemi; tuttavia, non è così. Risulta molto difficile, allora, regolare con una legge comportamenti che possono violare le leggi stesse: questo è il punto. Si tratta della questione riguardo alla quale sono stati sollevati, a mio avviso giustamente, alcuni interrogativi.
Vedete, colleghi, il provvedimento al nostro esame non innova la parte del vigente dell'ordinamento penale riguardante la libertà di stampa. Come ha osservato nella seduta di ieri una collega come Tana De Zulueta - la quale, lavorando per un settimanale inglese, è stata una giornalista di grandissimo valore -, se una norma recata dal presente progetto di legge fosse stata in vigore negli Stati Uniti, non si sarebbero potuto condurre le importanti inchieste sugli enormi scandali che hanno coinvolto i servizi segreti di quel paese.
Noi abbiamo, onorevoli colleghi, un regime che non è il più liberale del mondo: forse si tratta di uno dei più restrittivi, ed io vorrei aggiungere che, Pag. 7probabilmente, è uno dei più repressivi. Ricordo che, nella definizione del testo del provvedimento, si è cercato di trattare positivamente tale tema. Tuttavia, ritengo che, per quanto si voglia disciplinare tale argomento - prevedendo controlli, chiamando in causa la Corte costituzionale, coinvolgendo il Parlamento e rafforzando il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti -, tutto ciò non sia sufficiente.
Lo voglio dire, onorevoli colleghi: non basta! Ciò perché, quando entra in gioco la ragione di Stato (tema sul quale, peraltro, si è svolto un dibattito a livello di filosofia politica), essa entra spesso in contraddizione con il rispetto delle leggi, poiché si possono violare le leggi stesse per garantire la sicurezza dello Stato.
Dobbiamo comprendere a fondo, quindi, quale sia il tema che abbiamo di fronte. Vorrei rilevare che non esistono poteri «cattivi» e poteri «buoni». La magistratura non può essere intesa come potere «buono» o come potere «cattivo» ed il potere politico non può essere giudicato «buono» o «cattivo»: esiste, invece, il bilanciamento ed il reciproco controllo dei poteri stessi.
Ricordo, a tal riguardo, che noi abbiamo criticato fortemente gli eccessi che sono stati compiuti, in una certa fase della vita della nostra Repubblica, da parte della magistratura. Eppure, oggi, quando il Governo solleva un conflitto di attribuzioni su una questione come quella relativa ai servizi segreti, i quali sono stati intercettati dalla magistratura, qualche interrogativo viene immediatamente alla mente.
Pertanto, onorevoli colleghi, esprimiamo un apprezzamento per lo sforzo bipartisan che è stato compiuto, poiché il progetto di legge in esame, doveva essere approvato sia dalla maggioranza, sia dall'opposizione. Però, c'è un vuoto.
Credo, infatti, che soltanto rafforzando una robusta opinione pubblica si possa effettivamente riuscire ad evitare che vi siano deviazioni. Su questo punto, vorrei rilevare che il testo in esame non innova, perché lascia inalterate alcune norme vigenti in materia. Tali norme, a mio avviso, non sono in grado di assicurare quella libertà della stampa che sarebbe necessaria.
Ricordo che, nella seduta di ieri, il presidente Violante, rivolgendosi anche a noi, ha invitato a presentare una proposta di legge in materia. Penso che il tema da me sollevato avrebbe dovuto essere trattato nell'ambito del provvedimento in esame; in ogni caso, presenteremo una proposta legislativa in tal senso.
Per ora, onorevoli colleghi, noi esprimiamo, come gruppo, questa valutazione, cioè che si tratta di un testo che deve essere apprezzato per i suoi aspetti positivi, ma che presenta un vuoto che consideriamo talmente grave da indurre i deputati de La Rosa nel Pugno all'astensione (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, il gruppo dell'UDC voterà a favore di questo provvedimento per ragioni di metodo e di merito. Per ragioni di metodo, perché noi abbiamo sostenuto fin dall'inizio, con riferimento, per la verità, non soltanto a questo specifico provvedimento ma a tutte le questioni centrali che riguardano riforme strutturali ed importanti per il nostro paese, la necessità di superare la logica del conflitto politico fine a se stesso per concentrarsi sulle questioni di merito. Ciò che il paese ci chiede, infatti, è proprio evitare di trasformare il confronto politico e parlamentare in una continua campagna elettorale e concentrarci sulle soluzioni che riteniamo più opportune per fare uscire il nostro paese da situazioni di impasse nelle quali si trova, purtroppo, da parecchi anni. L'approvazione, a larghissima maggioranza, della legge di riforma dei servizi di intelligence costituisce il primo fatto politicamente e istituzionalmente importante di questa legislatura e credo possa essere un buon viatico per affrontare altre questioni Pag. 8centrali per lo sviluppo del paese abbandonando pregiudizi ideologici e logiche di coalizione - che non tengono sulle questioni che, invece, interessano i cittadini - e cercando di utilizzare al meglio il ruolo e la funzione per la quale gli elettori ci hanno mandato in Parlamento.
Per quanto riguarda le questioni di merito, noi riteniamo che con il lavoro che abbiamo compiuto - per il quale ringraziamo il presidente Violante - si sia cercato di mettere insieme un sistema di regole tenendo conto delle preoccupazioni, delle sensibilità e delle culture di tutti. Inoltre, questo lavoro ha consentito di abbandonare vecchi retaggi che sono stati la causa fondamentale della impossibilità di portare a compimento, nelle ultime tre legislature, una riforma importante come questa ed ha consentito di affrontare trasversalmente temi molto difficili e molto complessi, sui quali, negli ultimi dieci anni, si è sviluppato lo scontro politico nel paese. Mi riferisco al rapporto tra Esecutivo e Parlamento e tra Parlamento, Esecutivo e autorità giudiziaria ed alla necessità di dotare gli operatori di intelligence di strutture efficienti, anche per reggere ad un confronto internazionale che, sulla questione del terrorismo, soprattutto dopo l'11 settembre 2001, ha imposto, per così dire, una agenda ed una tabella di marcia diverse rispetto a quelle che ciascuno di noi prevedeva. Mi riferisco, altresì, ad un rapporto diverso con le libertà fondamentali e ad un rapporto diverso - in precedenza, ho ascoltato con rispetto e con attenzione il collega Villetti - tra questo mondo e l'informazione.
Siamo decisamente a favore di questa riforma, anche se alcune sue parti non ci hanno convinto, soprattutto rispetto alla proposta che il nostro gruppo parlamentare ha avanzato in sede di Commissione, poiché riteniamo che, nel merito, sia ricca di elementi innovativi ed importanti. La legge che da trent'anni è in vigore disciplina questa materia in maniera parziale perché non si occupa della tutela del segreto di Stato. Inoltre, da trent'anni i nostri servizi di intelligence operano con strumenti inadeguati. Tutto questo ha portato a luci ed ombre. Luci come quelle, ad esempio, dell'ultima, recente operazione antiterrorismo che è stata condotta a Milano, a Venezia e nel resto del Veneto, ed ombre che nascono da una circostanza: non essendo mai stati definiti i confini esatti dell'azione degli operatori di intelligence, la valutazione circa la liceità o la illiceità dei comportamenti di questi operatori, al di là dell'importanza che per la sicurezza nazionale tali comportamenti potevano avere, è stata affidata al prudente - ma non sempre tale - apprezzamento da parte dell'autorità giudiziaria.
Ci siamo dunque trovati di fronte ad un sistema di regole inadeguato, innanzitutto perché, dal 1977 ad oggi, è cambiato il mondo e la necessità di una riforma era stata avvertita già dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra fredda, la cui logica aveva guidato i rapporti internazionali. Già allora avremmo dovuto porci il problema di una riorganizzazione strutturale, funzionale dei nostri servizi di informazione, proprio perché lo scenario internazionale era cambiato e si avvertiva il bisogno di strutture operative statali, nel nostro paese, in grado di cimentarsi con le nuove sfide. Tuttavia, non solo siamo arrivati in ritardo rispetto a questo appuntamento: siamo arrivati tardi anche rispetto all'appuntamento, drammatico, dell'11 settembre 2001, che ha ulteriormente sconvolto il mondo. L'11 settembre ha segnato per l'Occidente una svolta di cui forse solo oggi cominciamo a renderci conto, avendo sottoposto alla nostra attenzione con tutta evidenza un tema fondamentale: quello di una strategia di contrasto e di lotta al terrorismo che non può più essere circoscritta alle attività operative dei singoli Stati.
La globalizzazione del terrorismo, nelle sue forme più drammatiche ma anche più organizzate, sia sotto il profilo economico e finanziario, sia sotto quello militare ed operativo, ha imposto e impone la necessità che anche le strutture organizzative dell'intelligence dei vari paesi siano più raccordate ed abbiano anche una dimensione sovranazionale diversa rispetto a quella esistente oggi.Pag. 9
Questo è un tema sul quale dovremo obiettivamente porre l'attenzione nei prossimi anni. A questo riguardo, ritengo che questa riforma sia nelle condizioni di dare un contributo affinché l'Italia possa svolgere nello scenario europeo ed internazionale un ruolo coordinato e di cooperazione con le altre forze di intelligence adeguato e all'altezza del compito.
Vorrei aggiungere, sotto questo profilo, anche un'altra considerazione. È evidente, infatti, che per quanto importante questa riforma, per quanto essa affronti senza riserve e senza veli tutte le questioni più spinose su cui il confronto politico e culturale di questo paese si è avvitato per anni, non potrà essere sufficiente se il sistema giuridico internazionale non si doterà di norme atte a contrastare ed organizzare la lotta al terrorismo in maniera adeguata.
Noi scontiamo un limite, ed il caso di Abu Omar ne è una riprova: l'assenza di un codice penale internazionale che, condiviso da tutte le nazioni, sia nelle condizioni di offrire un'unica definizione di terrorismo internazionale, facendo in modo che gli Stati della comunità internazionale abbiano un parametro di riferimento giuridico normativo - e anche giurisdizionale - uniforme tale da porli nelle condizioni di contrastare questo fenomeno globale con cui dovremo, purtroppo, fare i conti per molti anni ancora.
È evidente che, nell'esaminare questo tema, abbiamo dovuto prendere atto anche dei fatti e delle vicende giudiziarie di questi ultimi mesi. Tuttavia, l'aspetto positivo è stato quello di lavorare tenendo bene a mente la circostanza particolare del momento: siamo stati chiamati a costruire un sistema di regole che non deve valere solo per oggi ma deve dimostrarsi capace di regolare e disciplinare questa materia per i prossimi decenni. I casi particolari sono quindi importanti, perché hanno posto in evidenza una serie di questioni: la sovrapposizione di competenze, l'assenza di controlli reali, l'impossibilità di tenere una struttura che sia nelle condizioni di svolgere i compiti, garantendo i diritti di libertà dei cittadini, senza una regia unica e, d'altro canto, l'assoluta inadeguatezza del sistema processuale italiano nel rapporto con le attività degli operatori della sicurezza.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIANPIERO D'ALIA. Mi avvio alla conclusione, Presidente, ma volevo fare poche ultime considerazioni a questo riguardo. Credo che dovremmo prendere spunto da questa riforma per porci un altro tema, quello relativo alle nuove questioni delle libertà nel nostro paese. Noi abbiamo per troppo tempo guardato al passato anche nell'esame della riforma dei servizi di intelligence, trascurando che oggi nel nostro paese - ad esempio, la vicenda Telecom ne è la riprova - abbiamo la necessità di porci i temi dei rapporti fra i diritti di libertà, la privacy e la tutela dell'identità e della riservatezza dei cittadini guardando non solo alle garanzie degli operatori e dei servizi di intelligence, che sono opportunamente disciplinate dalla legge, ma ad un contesto diverso, rispetto al quale questa legge apre la necessità di un confronto nuovo.
Per queste ragioni e per quelle che abbiamo espresso nel corso del dibattito parlamentare, siamo lieti dell'imminente approvazione unanime di questa riforma e continueremo a sostenerla come abbiamo fatto fin dall'inizio (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Onorevole Presidente, cari colleghi, intervengo per segnalare soltanto tre punti che a noi sembrano di particolare importanza. Il primo è quello già citato dall'onorevole Licandro e riguarda i frutti positivi che ha prodotto la discussione in questa Camera del provvedimento in esame, soprattutto per quanto concerne alcuni aspetti. Mi riferisco, innanzitutto, al ruolo della Magistratura, Pag. 10che rimane ancora centrale in tutta la vicenda e che, a mio avviso, non poteva essere sostituito in maniera esclusiva dall'intervento pure positivo della Corte costituzionale. Il secondo aspetto che mi sembra rilevante riguarda le considerazioni e i cambiamenti che sono avvenuti anche rispetto al segreto di Stato. A mio avviso, non si può adottare una legge di riforma dei servizi segreti senza cercare di mettere a punto il problema di decenni di silenzio e di mistero che hanno caratterizzato la storia d'Italia negli ultimi cinquant'anni. Vorrei ricordare ai colleghi che, a partire dal secondo dopoguerra, ancora non sappiamo molte cose sulla nostra storia. A mio avviso, un'occasione come quella della riforma dei servizi deve servire al paese per esercitare una pressione sulla classe dirigente, di cui in qualche modo facciamo parte, ed arrivare a verità, sia pure scomode, su una serie di vicende, a cominciare dalla strage di Portella della Ginestra.
Il terzo punto che vorrei segnalare è quello della necessità di una nuova iniziativa legislativa, come è già stato evidenziato dagli onorevoli Villetti e Licandro. Si tratta di intervenire con una nuova iniziativa legislativa che, in qualche modo, corregga il comma 3 dell'articolo 36, che è stato così difficile accettare. Noi dobbiamo avviare un'iniziativa sul diritto di cronaca e sistemare in modo più chiaro e meno negativo per quanto riguarda la libera stampa il problema della divulgazione di elementi che possano essere stati coperti dal segreto di Stato. Dobbiamo fare in modo che la stampa diventi sempre di più un elemento di controllo e di verità piuttosto che un elemento di servizio del potere.
Da questo punto di vista non vi è dubbio che, pur approvando il provvedimento e ringraziando il Comitato dei nove, in modo particolare l'onorevole Violante, riteniamo che si debba andare avanti e cercare di completare il disegno di questa riforma dei servizi, di cui si sentiva senz'altro il bisogno.
Quindi, con questa presa di posizione molto chiara, sia per l'accettazione della legge sia per la necessità di nuove iniziative, noi ci prepariamo a votare a favore dell'intero provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, si vuole approvare questa riforma perché vi è l'esigenza di rafforzare le attività dell'intelligence.
Nell'ambito del dibattito parlamentare, sia in Commissione sia in Assemblea, abbiamo ricordato che l'emergenza internazionale degli ultimi anni - a partire dal fatidico 11 settembre 2001 - ha soprattutto evidenziato l'esigenza di contrastare il terrorismo internazionale di stampo fondamentalista non solo con la forza delle armi: questo, tra l'altro, è avvenuto e sta avvenendo in varie parti del mondo. Stiamo, infatti, per prorogare una missione militare in Afghanistan, che prevede anche la partecipazione italiana, in una fase nella quale si parla di una primavera probabilmente di grande tensione in quella parte del mondo.
In ogni caso, si è detto da più parti che serve soprattutto l'intelligence, la conoscenza, l'infiltrazione in queste aree, in questi settori. Mi riferisco alla possibilità di disarticolare in via preventiva questa minaccia, oltre che, ovviamente, rafforzare l'azione dei servizi segreti nel contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo. Proprio in questi giorni vi è stata forte preoccupazione nei confronti della concreta minaccia rappresentata dal terrorismo brigatista, che come un fiume carsico, di tanto in tanto, riemerge dal passato, minaccia e tenta di uccidere, come già avvenuto negli anni passati.
Quindi, la legge serve a rafforzare il ruolo dell'intelligence. Ricordo che nel 2005, quando vi era un governo diverso da quello attuale, si determinò una convergenza sull'approvazione di un decreto, voluto in particolare dall'allora ministro dell'interno Pisanu, che ha rafforzato tutta l'attività di contrasto ai fenomeni di illegalità interna ed internazionale.Pag. 11
Vi fu anche allora un concorso di consensi e quel provvedimento venne approvato da un'ampia maggioranza: non ricordo se proprio all'unanimità, ma comunque con il consenso di tutti gli schieramenti.
Oggi ci troviamo di fronte ad un fatto che giudico positivo poiché, pur amando la dialettica bipolare e animandola ogni qual volta vi sono argomenti che ne giustifichino la presenza nell'ambito della discussione politica, credo sia positivo dar luogo ad una legge condivisa. Si tratta di un caso molto raro in questa legislatura, credo il primo, su una vicenda di grande rilievo: infatti, se vi sono state occasioni di voti convergenti, queste avranno sicuramente interessato argomenti di minore importanza.
Si tratta di una legge importante ed è positivo che vi sia una convergenza, posto che anche la rinnovata emergenza del 2005, rappresentata dagli attentati alla metropolitana di Londra, orientò la comunità internazionale a rafforzare le strutture di intelligence.
In questa occasione voglio elogiare, sottolineare i risultati positivi del SISMI, del SISDE e del CESIS, i quali in questi anni hanno fatto sì che l'Italia non vivesse le tragiche giornate degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Spagna, che hanno subito attentati drammatici.
Anzi, voglio ricordare che, anche con la collaborazione della nostre forze dell'ordine - in quel caso si trattò della Polizia di Stato -, proprio alle porte di Roma, in periferia, fu arrestato uno dei terroristi coinvolti nelle stragi londinesi dell'estate del 2005.
Quindi, va dato atto a chi ha guidato quei servizi - oggi altri sono subentrati a quei responsabili e, sicuramente, si tratta di persone altrettanto di valore - che la loro gestione ha fornito risultati preziosi: mi riferisco al prefetto Del Mese, al generale Pollari e al generale e prefetto Mori.
Credo che quei servizi abbiano operato in maniera notevole anche all'estero: degli ostaggi in molti casi sono stati liberati, in altri purtroppo no. Penso all'epilogo drammatico della vicenda di Quattrocchi, un eroe troppe volte dimenticato che voglio ricordare in questa discussione. E voglio ricordare anche la liberazione di giornalisti, di volontari che, coinvolti nello scenario drammatico iracheno, grazie anche ai nostri servizi di sicurezza sono stati liberati.
Questo provvedimento è condiviso in quanto vi sono punti, a nostro avviso fondamentali, che riguardano una più chiara definizione delle operazioni condotte al di fuori dei vincoli legislativi che valgono per il normale cittadino. Non siamo agli «007 con licenza di uccidere»; infatti vi è un lungo elenco di reati che in nessun caso possono essere compiuti. Tuttavia, sono previste alcune procedure con precise autorizzazioni che consentono di chiarire quando attività che per il comune cittadino sarebbero giustamente considerate illegali, sono invece autorizzate e possibili per l'operatore dei servizi di sicurezza.
Non si può affermare di volere maggiore intelligence e poi prevedere che gli agenti in questione debbano agire con le regole che potrebbero valere per una maestra d'asilo o per un vigile urbano. Bisogna riconoscere possibilità più ampie di operatività, pur prevedendo paletti e confini.
Il testo in esame, sulle garanzie funzionali - così vengono definite -, stabilisce principi chiari e dovrebbe sottrarre alla discussione permanente se sia lecito o autorizzato un determinato comportamento. La legge stabilisce campi e procedure di autorizzazione e, a nostro avviso, ciò costituisce un fatto fondamentale, in quanto garantisce maggiore operatività per i servizi di sicurezza.
Inoltre, si incide anche sulla tutela del segreto. Voglio dire a coloro che votano questo provvedimento quasi vergognandosene che ieri in quest'aula dal Vicepresidente del Consiglio, Rutelli, sono state pronunciate parole molto chiare. La legge che stiamo per approvare non è fatta per inseguire la cronaca di questi giorni o i processi in atto; la legge è fatta per seguire la storia di questi anni e per soddisfare l'esigenza di maggiore sicurezza. Tuttavia, Pag. 12anche i recenti fatti di cronaca giudiziaria si intrecciano, nascendo comunque dall'emergenza della storia. I vari Abu Omar, i vari personaggi che circolano per il mondo rappresentano - poi si accerterà se a torto o a ragione - il sospetto di una minaccia.
Ieri il Vicepresidente Rutelli, rispondendo ad una interrogazione durante il question time, ha detto che, in occasione dell'indagine sul sequestro di Abu Omar, l'autorità giudiziaria ha acquisito elementi informativi anche di carattere documentale attinenti all'identità di ottantacinque dipendenti del servizio, intercettandone le utenze dei cellulari in uso, nonché elementi attinenti alla struttura e alle logiche di funzionamento del servizio medesimo non direttamente afferenti al sequestro in questione. Il materiale sequestrato - continua Rutelli - prevede che siano ritenute lese, da parte del Governo, le prerogative di decretazione, nonché gli esiti delle indagini effettuate a carico degli agenti del SISMI, depositati in occasione della richiesta di rinvio a giudizio.
Quindi, il Governo ha ribadito la giustezza della decisione di apporre il segreto di Stato per impedire l'utilizzazione degli esiti di tali accertamenti. Inoltre, il Vicepresidente Rutelli ha confermato che esiste tuttora un conflitto di attribuzione sul quale si dovrà pronunciare la Consulta e questa nuova legge richiama appunto i poteri della Consulta quale estremo organo di garanzia, di fronte al quale non si potrà opporre il segreto. Pertanto, il segreto sulle vicende milanesi era giusto e ieri proprio il vicepresidente Rutelli lo ha riproposto.
Il quotidiano la Repubblica, che ha ingaggiato una giusta battaglia giornalistica su questi temi e che spesso ha offerto anche elementi di conoscenza e di riflessione, fornisce una strana interpretazione del provvedimento in esame. Infatti, oggi c'è un articolo su la Repubblica che sostiene che sarebbe stato sventato il golpe di una norma «salva qualcuno».
Come già affermato ieri, ribadisco che in questo testo non sono contenute norme «salva Pollari» altrimenti si tratterebbe di una legge «potenzia Prodi». Se leggessimo la legge con gli occhiali della cronaca, affidando al Presidente del Consiglio il potere di apporre o meno il segreto, di revocarlo o meno e di assumere decisioni, si consegnerebbe il potere a Prodi. In realtà, tale potere viene attribuito all'istituzione, alla funzione suprema di gestione della politica. Quindi, non emaniamo né leggi ad personam pro Pollari né pro Prodi; tutto vorremmo fare, tranne che questo!
Si tratta di una legge che attribuisce al Presidente del Consiglio, quale figura guida del Governo, il potere di assumere alcune decisioni in esclusiva; infatti, anche il ministro delegato, su alcune vicende, non può esercitare i poteri spettanti al Presidente del Consiglio.
Oggi su la Repubblica si dice: sventato il colpo di Stato, perché questa norma non c'è. Ebbene, so di deludere chi ha scritto quell'articolo sul quotidiano: l'articolo 40 del testo in esame consente non solo al testimone, ma anche alla persona indagata (mi verrebbe l'impulso di fare esempi di attualità, ma non lo faccio per evitare che si dica che facciamo una legge a favore di qualcuno ) di dire che un fatto è coperto dal segreto di Stato, e che cosa farebbe secondo la legge oggi in esame il magistrato? Si rivolgerebbe all'autorità politica che avrebbe un limite temporale per confermare che è stato opposto il segreto di Stato, oppure per smascherare il fedifrago o servitore dello Stato che avesse mentito.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO GASPARRI. Ritengo dunque che il provvedimento in esame chiarisca questi aspetti.
Caro Presidente, sono queste le ragioni per le quali voteremo a favore di una riforma che nel bilanciamento tra sicurezza e libertà, senza ledere i diritti di libertà, rafforza i temi della sicurezza.
Vi è anche una soddisfazione di carattere personale: anche noi abbiamo contribuito non solo riguardo al merito della futura legge ma anche con riferimento alla denominazione degli organi. Erano, infatti, state utilizzate varie sigle e alla fine ne era Pag. 13stata scelta una che si sarebbe potuta prestare a qualche scherno giornalistico. Quindi, anche in un dialogo che si è rivelato costruttivo, ho proposto le sigle SIN e SIE, che subentreranno a quelle esistenti di Sisde e Sismi, a dimostrazione che anche sugli aspetti nominalistici vi è stato uno spirito di forte collaborazione. Avrei preferito una struttura unificata, ma quella del rafforzamento del DIS, quale momento di coordinamento, rappresenta un punto di incontro importante.
Ho concluso, Presidente. Quindi, vi sarà maggiore chiarezza sulle garanzie funzionali; maggiore tutela sul segreto, non solo per i testimoni ma anche per gli imputati, attraverso il Governo; un Copaco, che, in caso di decisione ingiusta del Governo, presso il Parlamento potrà contestarne la base; più controllo parlamentare a fronte di una maggiore operatività. Ritengo che abbiamo risolto con questa legge in maniera egregia la necessità di abbinare i controlli e le garanzie, che anche i servizi debbono ritenere un fatto necessario e salutare in uno Stato democratico, con la efficienza e la operatività che a questi servizi deve essere assicurata.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole!
MAURIZIO GASPARRI. Esprimendo soddisfazione per la formulazione degli articoli 17, 39 e 40, che forse qualche giornalista non ha valutato bene - ma potrà farlo successivamente leggendo la legge -, noi votiamo con convinzione a favore di questo testo di legge, augurando a DIS, SIN e SIE di avere gli stessi successi che le strutture ancora oggi operative hanno assicurato al nostro paese nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ADENTI. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il provvedimento su cui oggi siamo chiamati ad esprimere il nostro voto è di fondamentale importanza nell'ottica di un ammodernamento dei servizi di sicurezza del nostro Paese, ammodernamento che da tempo si impone per consentire a tali servizi di meglio rispondere alle nuove esigenze che emergono dal mondo globalizzato, senza peraltro mai dimenticare i principi e i valori che devono presiedere a qualsiasi operazione condotta da un paese democratico come l'Italia.
Come è noto, infatti, la funzione di intelligence rappresenta un elemento particolarmente rilevante e delicato di uno Stato, in quanto non vi è dubbio che, tra i compiti e gli strumenti utili per garantire la sicurezza e la difesa del Paese, vi sia anche quello di raccogliere informazioni sui pericoli ai quali la collettività è esposta, pericoli legati alla diminuzione del consenso sui valori di fondo che reggono la convivenza civile, sia per effetto di un maggiore relativismo etico, sia per i processi connessi alla modernità e alla globalizzazione degli interessi.
Il contesto internazionale, in particolare, è profondamente mutato rispetto a quello nel quale venne varata la legge n. 801 del 1977 (sono passati quindi ben trent'anni!) e presenta un grado di maggiore di instabilità e insicurezza, risultando accresciute le incognite dello scenario globale e i relativi rischi.
Ciò non solo in conseguenza dei mutati equilibri geopolitici e per l'incombere del terrorismo internazionale. Infatti, la criminalità organizzata interna e internazionale, dedita al traffico degli stupefacenti, di armamenti e di esseri umani, attraverso lo sfruttamento dei flussi migratori, i rischi biologici, ecologici, nucleari, chimici e batteriologici, i tentativi di alterare gli equilibri economico-finanziari, le continue sfide che il mercato impone a livello mondiale, e dal cui esito dipendono le gerarchie di potenza tra gli Stati, sono alcuni dei molteplici aspetti che oggi investono l'attività di informazione svolta Pag. 14dai servizi e che implicano la necessità di adeguare tale attività anche a queste nuove esigenze.
Ne consegue che essa non riguarda più soltanto questioni militari e diplomatiche ma investe, altresì, quelle economiche e tecnologiche; la politica della sicurezza nazionale è così diventata più complessa e delicata, e ciò impone una riforma del sistema di intelligence che miri a porre i servizi nella condizione di fronteggiare questa nuova situazione.
Attualmente, infatti, l'efficienza e l'efficacia del nostro sistema di intelligence, nonostante i buoni risultati conseguiti, sono minate da una serie fattori come l'assenza di una chiara ripartizione delle competenze tra SISMI e SISDE da cui discendono conflitti, sia positivi sia negativi, di competenza tra le due strutture nonché sovrapposizioni e duplicazioni di interventi. Inoltre, il coordinamento dell'azione dei servizi di intelligence è rimesso al CESIS, il quale, però, non ha né la struttura né i poteri necessari per assicurare questa funzione. Pertanto, di fatto, SISMI e SISDE operano bypassando costantemente tale organismo e la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui esso fa capo, si trova ad essere responsabile di attività che sfuggono al suo controllo.
Anche la vigente disciplina del segreto di Stato è inadeguata in quanto, non essendo stata compiutamente definita dalla legge del 1977, lascia ampi margini di discrezionalità che hanno spesso portato i servizi ad abusare di tale strumento, in particolare in occasione di vicende tragiche che hanno colpito il nostro Paese, in relazione alle quali l'autorità giudiziaria non ha mai potuto compiutamente accertare le responsabilità del caso. A ciò si aggiunga che gli unici fatti che attualmente non possono essere coperti dal segreto di Stato sono quelli eversivi dell'ordinamento costituzionale, mentre si avverte la necessità di estendere tale esclusione anche ad altri gravi reati quali quelli connessi a terrorismo, stragi ed associazione mafiosa.
La riforma dei servizi che ci apprestiamo a votare si propone, appunto, di dare una risposta a tutte queste esigenze; il risultato è un testo particolarmente equilibrato, che prevede il coinvolgimento, anche attraverso l'approvazione di una nostra proposta emendativa, di due ministri fondamentali per la politica della sicurezza, il ministro della giustizia e quello dell'economia e delle finanze, organo di vertice del corpo della Guardia di finanza.
A mio avviso, il testo unificato che ci accingiamo a votare è frutto di un'attenta ponderazione degli opposti interessi in gioco condotta in modo serio e responsabile da tutte le componenti politiche, sia di maggioranza sia di opposizione durante tutto l'iter del provvedimento, in Commissione come in Assemblea.
Voglio segnalare in special modo l'approvazione bipartisan di numerosi emendamenti migliorativi del testo originario a dimostrazione dell'importante apporto che le opposizioni hanno dato in questo contesto; un atteggiamento costruttivo che noi auspichiamo di ritrovare anche in relazione ad altre importanti riforme che questo Parlamento si appresta ad esaminare.
Penso sia una bella pagina per la Camera dei deputati, quella di oggi; in tale contesto, un sincero ringraziamento va rivolto al relatore sul provvedimento, il presidente Violante, per l'equilibrio e la competenza con cui ha condotto i lavori su una materia così complessa e delicata e cui va riconosciuto il merito di essere riuscito a guidare con autorevolezza i lavori verso l'approvazione di una proposta moderna, efficace per la difesa delle istituzioni democratiche e, soprattutto, largamente condivisa.
Per tali ragioni, il gruppo dei Popolari-Udeur esprimerà un voto favorevole sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi, abbiamo iniziato il dibattito generale su Pag. 15questa riforma lo scorso 5 febbraio; concludiamo la prima lettura oggi, 15 febbraio: dieci giorni, soltanto dieci giorni di lavoro intenso, positivo e costruttivo di questo ramo del Parlamento.
Sono trascorsi trent'anni dalla legge di riforma del 1977; sono passati dieci anni dai primi progetti di riforma che risalgono al periodo del primo Governo Prodi, con la Commissione Iucci.
Nella scorsa legislatura, le profonde divisioni nel Governo e le tensioni anche tra i servizi e lo stesso CESIS avevano impedito una riforma legislativa cui pure noi, all'epoca dall'opposizione, ci eravamo dichiarati disponibili; in questa legislatura, grazie alla comune elaborazione tra i membri del Copaco, grazie alla posizione unitaria assunta dal Governo - che ha comunque rispettato pienamente l'autonomia del Parlamento -, grazie ad un proficuo rapporto tra maggioranza ed opposizione (che ha dato vita ad una larghissima convergenza), grazie, in particolare, al ruolo positivo e costruttivo svolto dal presidente e relatore Luciano Violante, siamo finalmente riusciti ad avviare e riusciremo oggi ad approvare in prima lettura un organico disegno di riforma dei servizi di informazione, del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e della disciplina del segreto.
Abbiamo ripetutamente richiamato il cambiamento del contesto geopolitico, con la fine della guerra fredda e la nascita di nuove minacce internazionali, di nuovi conflitti armati, del terrorismo internazionale e della proliferazione atomica. Anche e soprattutto per questo era necessaria una profonda riforma del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Abbiamo più volte ricordato in quest'aula le vicende negative, che hanno riguardato mezzo secolo di storia italiana dal dopoguerra.
Abbiamo anche dato atto di altri aspetti positivi, che hanno consentito al nostro Paese, almeno finora ma ci auguriamo anche per il futuro, di non essere teatro di grandi attentati ad opera del terrorismo internazionale, che pure hanno funestato altri paesi; penso agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Spagna, ma anche a paesi del Medio oriente, dell'Africa e dell'Asia. Con la riforma che oggi approviamo si è superata la dicotomia tra servizio dipendente dal Ministero della difesa e servizio dipendente dal Ministero dell'interno, che aveva reso difficile e spesso impotente il ruolo del CESIS e assai debole la responsabilità politica del Presidente del Consiglio.
Si è quindi scelta la strada maestra del rafforzamento della responsabilità politica del Presidente del Consiglio, del potenziamento del ruolo del DIS, che succede al CESIS, e della dipendenza di entrambi i servizi, interno (il SIN) ed esterno (il SIE), dall'unica autorità politica, direttamente, o in alcuni casi, attraverso l'autorità delegata (ministro o sottosegretario che sia). All'interno del DIS si collocano l'ufficio ispettivo, l'ufficio centrale per gli archivi, l'ufficio centrale per la segretezza (UCSE), la scuola di formazione.
C'è un assoluto parallelismo tra le funzioni del SIE, che succede al Sismi, e quelle del SIN, che succede al SISDE, ma non dovrebbe trattarsi di un mero cambio di denominazione. Tale cambiamento dovrebbe far superare squilibri da una parte e sovrapposizioni dall'altra, ma anche possibili interferenze dell'uno rispetto all'altro. Sul piano della responsabilità politica emerge il ruolo centrale del Presidente del Consiglio e, direttamente a lui collegato, dell'autorità delegata, se istituita.
Emerge anche l'importanza, al posto del più ampio CIS, del nuovo CISR, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica. Sotto il profilo del rapporto tra il Governo, il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e il Parlamento, è stato messo in evidenza da tutti - lo sottolineo anch'io - il rafforzato ruolo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, preposto ad un più stringente controllo parlamentare. Temi di particolare delicatezza sono, come tutti sanno, due questioni: le cosiddette garanzie funzionali, con la previsione di una speciale causa di giustificazione, Pag. 16e la questione del segreto di Stato, della sua tutela e della sua opponibilità, ma anche del suo superamento.
Le cosiddette garanzie funzionali sono ovviamente uno degli aspetti che possono suscitare maggiori preoccupazioni nell'opinione pubblica, ma sono state introdotte sulla base di una forte responsabilità politica e sulla base di criteri molto rigorosi, tali da escludere o rendere improbabili violazioni o deviazioni troppo facili, che comunque sarebbero sanzionate severamente.
A questo riguardo voglio dire al collega di Alleanza nazionale che mi ha preceduto che in nessun caso questa legge renderebbe giustificabile un sequestro di persona, illegalmente attuato nel nostro Paese da agenti di un servizio segreto estero, con la collaborazione ipotizzata di quello italiano; sequestro di persona che è esplicitamente vietato, anche in riferimento alle garanzie funzionali, da questa legge
Analogamente delicate ed importanti sono le norme riguardanti il segreto di Stato, sulle quali, in caso di conflitti di attribuzione tra potere politico e autorità giudiziaria, sarà chiamata alla fine a giudicare la Corte costituzionale. Infatti, con questa riforma, il ricorso alla Corte diventa effettivamente la norma di chiusura e di massima garanzia del sistema, ma in ogni caso, vorrei ricordarlo, l'autorità giudiziaria, che ha il dovere di esercitare l'azione penale, potrà continuare la sua opera quando la materia coperta dal segreto di Stato non sia essenziale per il proseguimento dell'indagine e per l'accertamento delle responsabilità penali. Ovviamente, dal segreto di Stato sono in ogni caso escluse le notizie, i documenti e i fatti relativi a reati di terrorismo, di eversione dell'ordine costituzionale, di strage o di attività criminali mafiose.
Con questo testo unificato, con questa riforma, si possono dunque rafforzare le garanzie, l'efficacia e l'efficienza degli apparati preposti alla sicurezza della Repubblica, ma soltanto il futuro - l'ho già detto nella discussione sulle linee generali e lo ripeto - ci dirà se queste norme saranno sufficienti per evitare il riprodursi di errori e deviazioni del passato e se saranno sufficienti per garantire un miglior funzionamento del nostro sistema e dei nostri servizi di sicurezza. Noi ci auguriamo che lo siano.
Noi tutti abbiamo fatto un lavoro importante e positivo per definire una riforma organica del sistema di informazione per la sicurezza che dia capacità di intelligence a questi apparati del nostro Paese, ma esclusivamente finalizzate alla sicurezza della Repubblica democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Precedente, signori sottosegretari, un nuovo sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ed una nuova disciplina del segreto di Stato erano senza dubbio un'esigenza avvertita da tempo sia negli ambienti politici sia in quelli stessi dell'intelligence e - credo di poter dire - anche fra l'opinione pubblica, soprattutto quando i servizi non hanno funzionato. Fortunatamente, oggi è una giornata particolare. Proprio ieri abbiamo discusso in quest'aula di un'importante azione in materia di antiterrorismo, e non c'è dubbio che, oltre alla proficua azione delle forze di polizia e all'intelligenza e alla capacità di coordinamento degli organi giudiziari, vi è stato l'apporto delle agenzie di intelligence.
Ecco, se noi avessimo sempre potuto registrare in questi anni una così adeguata capacità di prevenzione, di azione informativa ed investigativa probabilmente oggi non saremmo qui ad avvertire con forza l'esigenza di una riforma. Tuttavia, voglio anche ricordare che, in effetti, sono passati trent'anni dall'ultima riforma, e nel frattempo - uso un'espressione ormai persino abusata, logorata - è cambiato il mondo. Sicuramente lo sforzo che abbiamo profuso in questo nostro dibattito, in questo nostro confronto ha tenuto conto dei cambiamenti intervenuti a livello Pag. 17internazionale nel confronto-scontro tra le due maggiori potenze. Oggi siamo in presenza di una vera ed unica potenza, con un teatro internazionale che si è ridislocato, modificato, e le minacce non sono più quelle classiche, storiche. Siamo in presenza della necessità di far fronte a nuove minacce per l'ordinamento democratico, che però - come abbiamo visto ieri - si aggiungono a quelle vecchie o datate.
Dicevo, quindi, che si avvertiva anche qui, in Parlamento, la necessità di una nuova disciplina dei servizi, tant'è che la Commissione si è trovata a lavorare, ad operare su più proposte. E bisogna riconoscere il buon lavoro svolto per ricondurre a sintesi le diverse iniziative.
I servizi segreti - è stato detto qui in maniera autorevole, è stato ricordato più volte - hanno avuto nel nostro paese vicende alterne non sempre positive. Tuttavia, negli ultimi anni un gruppo di nostri agenti sono stati interpreti, spesso e volentieri, di una fedeltà piena verso lo Stato, fino a pagare con la vita il loro impegno.
Non dobbiamo peraltro dimenticare quanto è emerso in questo dibattito in ordine a servizi deviati, che vorrei potessimo lasciarci alle spalle come incidenti superati, anche se bisognerà lavorare per fare chiarezza su vicende che, ancora qualche mese fa, riempivano le pagine dei nostri giornali: l'archivio segreto trovato a via Nazionale; i collegamenti con la vicenda inquietante della Telecom e tutta l'attività di spionaggio parallelo. Probabilmente vi è ancora qualche spione di troppo, qualche spione superficiale, guidato o teleguidato. Quindi, la riforma di cui abbiamo discusso e che adesso ci apprestiamo ad approvare si è riproposta di omogeneizzare le misure e di garantire una sistematicità all'interno dei servizi.
Il testo unificato che abbiamo esaminato qui in aula, sotto la regia e la competente capacità del presidente Violante, ha necessitato di lavori che ci hanno impegnato fortemente, ma che hanno consentito anche di approfondire il tema, di limare, di integrare, di migliorare e di ottenere un testo il più condiviso possibile.
Certo, si tratta di una riforma che riguarda la sicurezza dello Stato, pertanto, non può essere una riforma della sola maggioranza e, anche da questo punto di vista, abbiamo colto segnali interessanti e positivi, anche se non posso nascondere che, nel corso del dibattito, il gruppo dell'Italia dei Valori ha condiviso le considerazioni di chi affermava che, forse, una sintesi delle posizioni della maggioranza, prima del confronto con l'opposizione, avrebbe potuto essere di aiuto.
Tuttavia, siamo convinti che si tratti oggi di un provvedimento scritto a più mani, che credo abbiano lavorato in un'unica direzione condivisa. In questo momento, ci spetta di spiegare al paese che abbiamo predisposto una riforma dei servizi non per un orpello giuridico e legislativo, ma perché sentiamo la necessità di evitare altre incongruenze o spiragli di riferimento che potrebbero lasciare spazio a forme di inquinamento o di deviazione.
Italia dei Valori avrebbe valutato positivamente anche una riforma maggiormente strutturata, invece, qualche volta, abbiamo avuto l'impressione che si lavorasse più ad una razionalizzazione dell'esistente, attraverso correzioni e, soprattutto, attraverso acronimi (il DIS, l'ANS, il NOS, il CISR, il SIE, il SIN, l'UCSe), che sicuramente non sono di facile intelligibilità. Quindi, abbiamo costruito una sorta di labirinto, all'interno del quale abbiamo comunque cercato di far emergere la ratio del legislatore, che non era quella del divide et impera, come ha ricordato in aula, nella discussione sulle linee generali, il collega Felice Belisario, ma che è stata tesa a dare a tutto questo complesso di segmenti unitarietà di intenti ed una sintesi complessiva.
La riforma, come è stato più volte sottolineato, è incentrata soprattutto sulla figura del Presidente del Consiglio, perno attorno al quale tutto ruota, individuando nella sua figura e nella sua persona pro tempore, in modo certo, la direzione e la responsabilità politica dell'intelligence. È Pag. 18una scelta che Italia dei Valori condivide, riconoscendo, peraltro, che, a Costituzione invariata, si sia trattato di una certa, piccola forzatura.
Noi, infatti, non abbiamo un Primo ministro all'inglese, ma, ricordando qualche reminiscenza scolastica, un primus inter pares, con le ovvie difficoltà di gestire una nomina, in modo particolare, nel momento della revoca dei ministri. Tutto ciò è reso complicato da un sistema di partiti, che porta ad un Governo dei partiti con un Presidente, anziché ad un Governo del Presidente formato dai partiti.
Per queste motivazioni, Italia dei Valori ha fatto fatica a comprendere, fino in fondo, l'impostazione del testo unificato. Infatti, pensare ad un'autorità delegata, costituita, a discrezione del Presidente del Consiglio, da un ministro, che potrebbe essere senza portafoglio, oppure, in alternativa, da un sottosegretario della Presidenza del Consiglio, potrebbe costituire un ventaglio troppo ampio.
Tuttavia, come abbiamo avuto modo di precisare nel confronto in seno alla Commissione e nel Comitato ristretto, il Presidente del Consiglio può conferire questa delega, ma sappiamo che non sarebbe una delega piena, almeno per quanto riguarda il profilo delle responsabilità. Meglio, quindi, parlare di un «super direttore» generale del dipartimento dell'informazione.
L'aspetto che ci preme sottolineare, in conclusione, preannunciando il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori, è che, comunque, da questo dibattito sul provvedimento esce rafforzato il ruolo del Parlamento e del suo organismo di controllo, attraverso la possibilità di accentuare quello che potremmo definire, anche qui con una vecchia espressione, il controllo democratico sui servizi che, proprio per la loro natura, non sono propriamente inclini e facili ad un controllo.
Queste sono le motivazioni che ci hanno portato a fornire un contributo e ci portano oggi ad esprimere il nostro voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Presidente, colleghi, la legge che stiamo per approvare si rendeva assolutamente necessaria, direi oggettivamente necessaria, per regolamentare l'attività dei servizi di informazione e di sicurezza.
Possiamo dire che la legge, almeno per quanto ci riguarda, è ispirata a quattro criteri. Il primo è quello di dare ai servizi di informazione un'organizzazione efficiente e trasparente. Il secondo è quello di individuare una chiara responsabilità politica nella gestione dei servizi in capo ad una figura istituzionale, in questo caso il Presidente del Consiglio. Il terzo criterio è quello di realizzare un trasparente ed efficace - anche qui uso gli stessi aggettivi - controllo da parte del Parlamento e, quindi, anche da parte delle opposizioni, sulle attività dei servizi stessi. Il quarto criterio, anche se molti dei deputati della sinistra non lo hanno evidenziato, probabilmente per paura, è quello di ridimensionare il ruolo della magistratura nell'ambito di inchieste che trattano informazioni sensibili e delicate e che, a fronte di un certo protagonismo che la magistratura ha dimostrato negli anni, potrebbero produrre effetti devastanti per quanto riguarda la sicurezza del paese e per quanto riguarda le possibilità di collaborazione internazionale dei nostri servizi di informazione e di sicurezza.
Veniamo quindi al primo punto. I servizi di informazione sono senza dubbio necessari per la sicurezza di uno Stato, non devono essere però uno strumento nelle mani del Governo per colpire l'opposizione e neppure devono essere uno strumento autonomo che risponde a finalità esterne rispetto alla sicurezza. È questo il cosiddetto problema dei «servizi deviati», che in qualche caso ha fatto capolino nella nostra storia.
Penso che l'organizzazione che si definisce con questo provvedimento sia, non dico perfetta, per carità, ma tutto sommato soddisfacente, perché si individuano Pag. 19due servizi, il SIN ed il SIE, e si individua anche un organismo, il DIS (Dipartimento per l'informazione e la sicurezza), che funge da raccordo, da collettore di informazioni relativamente all'attività che i due servizi svolgono, in maniera tale che tutto venga ricondotto sotto la direzione politica del Presidente del Consiglio e poi, successivamente, o in qualche caso anche preventivamente, sotto il controllo del Parlamento attraverso il competente Comitato parlamentare.
Dobbiamo anche rilevare la positiva previsione e codificazione delle garanzie funzionali entro le quali possono operare gli agenti dei servizi. In questo caso si tratta di consentire a chi opera per tutelare la nostra sicurezza di potersi muovere senza rischiare indebite interferenze da parte della magistratura - diciamolo ancora una volta -, ma nello stesso tempo queste fattispecie vanno regolamentate in maniera analitica e puntuale per impedire che vi siano abusi, mettendo in pericolo un bene supremo come quello della libertà individuale dei cittadini. La previsione contenuta nel testo del provvedimento a nostro avviso risponde a queste finalità.
Il secondo obiettivo è quello di individuare una responsabilità politica in capo al Presidente del Consiglio. La Lega si è opposta con fermezza alla creazione di un superministro per l'informazione e per la sicurezza. Tra l'altro, l'istituzione di una tale figura è tipica dei paesi totalitari. Sarebbe stato anacronistico prevedere un ministro dell'informazione, che dovesse controllare anche tutte le comunicazioni dei cittadini sul territorio. Ciò avrebbe creato soprattutto una confusione dal punto di vista delle responsabilità politiche, peraltro, in una maggioranza litigiosa come la vostra, dove ciascun ministro cerca di portare avanti un progetto di tipo politico, più che di tipo istituzionale. Occorre, quindi, fare chiarezza ed essa non può che realizzarsi individuando in capo al Presidente del Consiglio la responsabilità politica e la direzione dei servizi di informazione e lasciando, ovviamente, al ministro dell'interno il compito di curare la sicurezza all'interno del territorio dello Stato.
Riguardo al terzo obiettivo, quello di realizzare un controllo più efficace da parte del Parlamento, a nostro avviso, la materia dell'informazione e della sicurezza è troppo delicata perché le opposizioni non possano averne accesso, anzitutto sotto il profilo dei controlli, e perché tutte o quasi tutte le opposizioni, che rappresentano anche diverse sensibilità, non vengano rappresentate nell'organismo di controllo dei servizi di informazione e della sicurezza. Penso alla Lega, che rappresenta proprio una particolare sensibilità, essendo un partito fortemente identitario in quanto portatore di interessi territoriali, quelli del nord, dove forti sono le spinte di autonomia, e che, nel passato, è stato oggetto di ingiuste e vergognose attenzioni da parte della magistratura. Non possiamo permettere che, magari attraverso un'attività deviata, le spinte di autonomia vengano, in qualche modo, colpite e ridimensionate surrettiziamente.
Si ritiene, quindi, certamente positivo l'ampliamento sia della composizione sia dei compiti di controllo del comitato parlamentare, che, oltre alle audizioni già previste, potrà richiedere una serie di documenti anche alla magistratura, relativamente alle indagini in corso, per di più al fine di controllare che la magistratura stessa svolga il suo ruolo e non altri e, soprattutto, non si infili nel teatrino del protagonismo, cui troppo spesso abbiamo assistito.
Anche in ordine al quarto obiettivo, ovvero la necessità che venga definito una volta per tutte il ruolo della magistratura su materie così delicate, è positiva la previsione delle garanzie funzionali ed è analitica la previsione in ordine al segreto di Stato. La magistratura, infatti, deve chiedere conferma, quando viene opposto il segreto di Stato; se esso è relativo ad atti, documenti, deposizioni o esami, che riguardano persone informate sui fatti, testimoni, periti o gli stessi imputati, la procedura prevede la conferma del Presidente del Consiglio, che dovrebbe impedire Pag. 20la divulgazione di notizie riservate o pericolose per la sicurezza dello Stato. Questo è un aspetto assolutamente positivo.
Rilevo, inoltre, che è stato accolto un principio portato avanti dalla Lega. L'attività dei servizi di informazione non può e non deve essere lo strumento per controllare la libera attività dei partiti e dei movimenti.Quindi, riteniamo giusta la disposizione che impedisce che le attività di spionaggio siano svolte all'interno delle sedi dei partiti - è un principio che voglio riaffermare in quest'aula - rappresentati in Parlamento e nelle assemblee regionali.
Debbo dire che questo provvedimento, per alcuni aspetti, è stato anche un'occasione mancata. Ad esempio, La Lega Nord Padania ha richiesto con forza che alcuni obblighi di informazione fossero estesi anche ai presidenti di regione...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore...
ROBERTO COTA. Ciò perché riteniamo che chi rappresenta milioni di cittadini debba anche sapere se la sicurezza dei cittadini sul suo territorio è posta a repentaglio.
Concludo il mio intervento con una considerazione, signor Presidente: questo è uno strumento buono, certamente migliorativo della normativa vigente, purtroppo esso è attualmente nelle mani sbagliate. Fino ad oggi, infatti, non abbiamo assistito, da parte di questo Governo, ad un'efficace politica per la tutela della sicurezza. Lo abbiamo costatato in tema di immigrazione...
PRESIDENTE. È andato molto oltre il tempo a sua disposizione. Mi spiace, onorevole Cota...
ROBERTO COTA. Concludo, signor Presidente. Come stavo dicendo, lo abbiamo constatato in tema di immigrazione ed anche ieri, quando non sono state prese le distanze di fronte a certi fenomeni di terrorismo che hanno precise contiguità politiche...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole...
ROBERTO COTA. Speriamo che al più presto cambi il Governo e che, quindi, questo strumento possa essere utilizzato da mani migliori.