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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 2114-B) (ore 15,48).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2114-B)
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, onorevole Amici, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Presidente, onorevoli deputati, svolgerò pochissime considerazioni in replica, anche per rispondere ad alcuni inviti che mi sono arrivati nel corso della discussione lunga, approfondita ed interessante che si è svolta nel pomeriggio di oggi.
Stiamo procedendo alla terza lettura di questo provvedimento. Sono stati sollevati alcuni temi più strettamente legati a questioni di procedura e di modalità di esame dei decreti-legge, che fanno seguito al dibattito già intervenuto in quest'aula in prima lettura, sia in sede di discussione sulle linee generali sia subito dopo la comunicazione delle decisioni della Presidenza della Camera, che aveva illustrato le motivazioni che l'avevano spinta a non considerare ammissibili molti - devo dire - degli emendamenti presentati e - come è stato ricordato - anche a proporre di espungere dal testo intanto licenziato dalla Pag. 58I commissione alcuni degli emendamenti che in quella sede erano stati approvati.
Già in quella sede ebbi a dichiarare che il Governo intendeva adeguarsi, apprezzandolo, all'indirizzo di maggior rigore che la Presidenza della Camera proponeva per l'esame dei decreti-legge. Già in quella sede - lo ricordo - emendamenti del Governo stesso erano stati dichiarati inammissibili e, di fronte all'inammissibilità di altre proposte emendative, per sua iniziativa il Governo aveva ritirato, prima delle determinazioni della Presidenza, altri emendamenti che, per il criterio che veniva applicandosi, sarebbero risultati inammissibili. Devo dire - anche per precisare - che, sulla scorta di questo atteggiamento assunto in sede di prima lettura e in relazione anche alla delicatezza della materia che si veniva profilando per la diversa applicazione dei regolamenti nonché per la diversa interpretazione della legge n. 400 del 1988 da parte della Camera e del Senato, il Governo non ha presentato al Senato alcun emendamento, dichiarando in anticipo che non riteneva di dover presentare emendamenti proprio per evitare di alimentare una qualche difficoltà nelle relazioni tra la Camera e il Senato e lo stesso Governo in questa materia.
Tutti gli emendamenti approvati dal Senato sono di iniziativa parlamentare, anche quelli che, dal punto di vista procedurale, sono stati qui segnalati come i più controversi, vale a dire quelli che fanno riferimento a deleghe o utilizzando la riapertura dei termini entro i quali esercitare i poteri correttivi ed integrativi oppure, come nel caso della delega relativa alla Convenzione di Oviedo, riaprendo i termini per l'esercizio di una delega ricognitiva e di coordinamento, come l'onorevole Boato ha avuto l'amabilità di ricordare. Ci è stata fatta presente dal Senato la consuetudine favorevole all'ammissibilità in sede di disegno di legge di conversione di riferimenti a processi di delega. Quindi, sia chiaro: non è stata un'iniziativa del Governo chiedere deleghe o riaperture di deleghe. Diciamo pure che non si è determinato oggettivamente alcun corto circuito, dal punto di vista sostanziale, tra il decreto-legge e la delega conferita al Governo. Si determina, invece, una qualche lesione della consuetudine richiamata soprattutto dalla Camera dei deputati di non ritenere ammissibile, sia in sede di decreto-legge sia di legge di conversione, qualsiasi riferimento alla riapertura di deleghe o a nuove deleghe. Per questo, l'onorevole Boato mi ha rivolto un invito a cui credo di poter corrispondere favorevolmente. E lo dichiaro già in questa sede.
Qualora fosse formalizzato un indirizzo dell'Assemblea, in sede di esame degli ordini del giorno (che, di solito, «accompagnano» i decreti-legge), il Governo rispetterebbe l'impegno a non esercitare i poteri di delega, naturalmente, io credo, anche con la sottolineatura della condivisione, da parte della Camera, dell'opportunità che, però, si intervenga nelle due materie oggetto del riferimento: nell'un caso, perché è indispensabile assicurare, attraverso un diverso procedimento, i provvedimenti correttivi ed integrativi in materia di riordino del Corpo dei vigili del fuoco; nell'altro, perché è veramente assurda la situazione determinatasi; pur avendo recepito, peraltro tra i primi, la Convenzione di Oviedo, mancando gli elementi di coordinamento tra la nostra legislazione e la decisione di ratificare la Convenzione medesima, sono rimaste in sospeso numerose questioni. Nel dibattito svoltosi in Senato, alcuni senatori, soprattutto quelli della Commissione sanità, hanno sottolineato che risolvere tali questioni sarebbe indispensabile anche per affrontare altri delicati problemi nel campo della biomedicina e della bioetica, compresi quelli che hanno attinenza con il cosiddetto testamento biologico. Per inciso, la proposta di modifica è maturata al Senato su iniziativa del presidente della Commissione sanità ma, in realtà, era supportata dall'intera Commissione; e questa era una posizione della quale dobbiamo politicamente tenere conto.
Sono stati fatti alcuni riferimenti anche al merito delle modifiche introdotte dal Pag. 59Senato - ripeto, tutte di iniziativa parlamentare -, riguardo alle quali il Governo ha preso atto della volontà emendativa che al Senato maturava. Occorre precisare che, così com'è avvenuto alla Camera in prima lettura, anche al Senato, durante la seconda lettura, il Governo ha mostrato grande disponibilità nei confronti delle proposte di modifica e delle aggiunte che potevano essere introdotte rispetto al testo iniziale del decreto-legge. Poiché uno degli intervenuti ha voluto elencare, una per una, le misure che, in sede di dichiarazione di inammissibilità, avrebbero visto più colpita l'opposizione che il Governo e la maggioranza (in realtà, le cifre, lette attentamente, non sarebbero quelle indicate), desidero ricordare che circa quindici degli emendamenti approvati dal Senato corrispondono ad iniziative dell'opposizione in quanto tale o ad iniziative alle quali l'opposizione ha attivamente partecipato (presentando emendamenti paralleli o sottoscrivendo un unico emendamento trasversale). Quindi, e lo dico affinché resti agli atti, le modifiche di merito introdotte al decreto-legge dal Senato sono state approvate in un clima molto costruttivo, del quale gli stessi rappresentanti dell'opposizione che sono intervenuti in dichiarazione di voto hanno voluto dare atto sia alla maggioranza sia al Governo.
Evidentemente, non c'è stato un uso di parte, per interessi della maggioranza o, come pure è stato detto, per la condizione particolare che caratterizza la vita della maggioranza al Senato (sotto il profilo dei margini numerici più ristretti), ma il tentativo di utilizzare questa occasione per affrontare alcuni dei temi che si è ritenuto meritevoli di attenzione. Ciò non esclude la necessità di continuare una riflessione - non più fine a se stessa, mi auguro, ma con contenuti operativi - che ci porti ad un coordinamento delle procedure delle due Camere e del Governo in ordine alla presentazione ed all'esame dei decreti-legge (con riferimento ai quali la questione assume un particolare rilievo).
Mi auguro che questo sia possibile. Toglierebbe, peraltro, il Governo dall'imbarazzo di dover decidere se debbano essere prevalenti alcune ragioni presenti nel regolamento e nella prassi della Camera o se debbano esserlo quelle del Senato. Tra l'altro, esse sono di diversa natura, in quanto su alcune materie sembra più rigoroso l'esame del Senato, mentre su altre sembra più rigoroso quello della Camera. Quindi, sarà proprio utile armonizzare questi due diversi procedimenti per arrivare ad un risultato positivo.
Desidero dire, a tale proposito, che è vero che sono stati adottati alcuni emendamenti che ripropongono i testi approvati o valutati già favorevolmente alla Camera e poi dichiarati inammissibili, ma, così come devo prendere atto dell'esame, come al solito, puntuale e rigoroso svolto dal Comitato per la legislazione, sui numerosi aspetti problematici di carattere procedurale che il decreto presenta, anche in questa sua terza lettura (e, forse, addirittura, in sovrappiù rispetto al testo iniziale), così devo prendere atto anche del giudizio favorevole che, nel merito, è stato espresso in alcuni pareri delle Commissioni, in alcuni interventi che ci sono stati nel corso della discussione generale e anche nelle sottolineature che la stessa relatrice ha dovuto fare, con riferimento al testo così emendato del decreto che viene al nostro esame.
Non senza ricordare - non per puntiglio, ma solo per una sottolineatura - che uno degli emendamenti più rilevanti, ovvero quello che fa riferimento al mantenimento da parte dei commissari delle risorse finanziarie tese a consentire la prosecuzione delle attività di impianto e di avvio delle nuove province, come ricorderemo tutti, fu adottato alla Camera su iniziativa di un parlamentare autorevole dell'opposizione e fatto proprio dalla maggioranza, rilevo che al Senato è stato ripresentato dal relatore, in realtà, certo, anche con la consapevolezza che era un provvedimento su cui si poteva realizzare una convergenza molto ampia.
Non voglio qui entrare nel merito di altre questioni. Per quel che riguarda le Pag. 60concessioni idroelettriche di Trento e Bolzano, rinvio agli argomenti molto precisi che ha adoperato l'onorevole Boato, il quale ha chiarito, una volta per tutte, la natura di quel tipo di provvedimento e anche di una serie di effetti negativi che si sarebbero avuti sull'intero sistema delle concessioni qualora non avessimo ripristinato tale deroga prevista (lo capiremo, poi, da quello che potrebbero maturare nei prossimi mesi, anche in sede di pronuncia su giudizi pendenti davanti all'Alta Corte, relativi a questo tema).
Credo che lo sforzo che abbiamo fatto complessivamente, prima nel passaggio alla Camera, poi al Senato, non è stato quello di presentare un provvedimento asciutto e poi di averne allargato le maglie a dismisura. Non abbiamo fatto questo e, in realtà, abbiamo mantenuto il carattere piuttosto asciutto del provvedimento, con un criterio abbastanza omogeneo di riferimento alle proroghe, che copre quasi il 98 per cento del testo, e con l'idea, probabilmente, anche di utilizzarlo per ridurre in futuro il ricorso ad ulteriori proroghe scadute o in scadenza.
Desidero dire all'onorevole Reina, che da ultimo ha sollevato, accanto ad alcuni temi che si riferiscono più direttamente al decreto, anche una delicata questione, quella della vicenda di Gela, che guardiamo con molta attenzione ad essa. Il Governo si riserva di esprimere le sue valutazioni nella sede più propria, ma non siamo né disattenti né sordi rispetto al significato della denuncia riproposta in quest'aula.
Desidero da ultimo soprattutto ringraziare l'onorevole relatrice per la puntualità del suo lavoro e comunque tutti i deputati per la costruttività della loro partecipazione al dibattito. Mi auguro che i prossimi decreti-legge abbiano un minore impatto negativo, almeno dal punto di vista procedurale e delle modalità, rispetto a questo, che sicuramente è già migliore dei primi che abbiamo presentato all'inizio della legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.