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Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 2193-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale riconferma il proprio voto favorevole al decreto in esame, che è coerente con l'atteggiamento che il nostro gruppo, così come tutti i gruppi della Casa delle libertà e del centrodestra, ha sempre espresso. È un voto favorevole che parte dalla convinta adesione all'azione umanitaria e militare che i nostri giovani in divisa stanno svolgendo in diverse parti del mondo. Sono quei giovani in divisa che fanno davvero ogni giorno qualcosa a favore della pace: a loro va il nostro sostegno e il nostro ringraziamento. Per loro, per l'azione che svolgono e, quindi, per il rifinanziamento necessario alla loro attività Alleanza Nazionale non può che continuare ad esprimere una profonda adesione.
La stessa coerenza non mi pare possa ravvisarsi nei comportamenti della sinistra, che anche oggi, pur preannunziando un sì al provvedimento in esame, ha dimostrato come sia un sì incerto, «stiracchiato», dettato da ragioni di necessità; un sì espresso quasi per causa di forza maggiore, dove la forza maggiore sta nel mantenimento del ruolo di Governo, che evidentemente è visto come prioritario rispetto ai convincimenti di molti tra gli esponenti della sinistra. Fatto sta che avremo il sì di coloro che pure in molte dichiarazioni hanno espresso concetti assolutamente diversi.
Mi preme sottolineare soprattutto un dato e lo faccio nonostante tutto con un Pag. 29certo compiacimento. Il provvedimento oggi in esame - per il quale, ripeto, noi esprimiamo sin d'ora voto favorevole - è in assoluta continuità, lo dico ai colleghi della sinistra radicale, con l'azione del Governo Berlusconi, della politica estera di quel Governo e dei suoi ministri, a partire dall'ultimo ministro degli esteri del Governo Berlusconi, l'onorevole Gianfranco Fini. Una continuità che, invece, è stata negata a singhiozzi dagli esponenti di sinistra, al fine di coprire, con un mantello onnicomprensivo, le differenze sostanziali esistenti all'interno dello schieramento. Ed è veramente patetico il tentativo di accreditare una discontinuità attraverso meccanismi puerili, che mostrano la fragilità profonda della coalizione di sinistra.
Voglio brevemente elencare questi puerili meccanismi, che hanno tentato di argomentare una inesistente discontinuità. Il primo è veramente ridicolo e consiste nell'aver soppresso dal titolo del decreto la parola «militare»; quasi che l'eliminazione di tale termine dal titolo potesse giustificare la pretesa di una parte della coalizione di Governo di una missione che non corre nessun rischio, di una missione che è diversa dalle altre e potesse annullare la definizione ufficiale della NATO e dell'ONU sulla missione ISAF, che è quella di condurre operazioni militari in Afghanistan secondo il mandato ricevuto in cooperazione e coordinazione con le forze di sicurezza afghane e in coordinazione con le forze della coalizione. È davvero puerile questo primo tentativo!
Il secondo meccanismo è ancora più abborracciato e consiste nel tentativo di blandire qualche voto, che altrimenti sarebbe stato in pericolo, inserendo, togliendo, reinserendo e alla fine togliendo e inserendo in un ordine del giorno il punto relativo all'acquisto dell'oppio, quasi che avesse a che fare con il rifinanziamento di una missione! Nel decreto l'avevate messo! Poi l'intervento del relatore ha convinto parte della sua maggioranza a presentare un inutile e pleonastico ordine del giorno. Quasi che fosse compito di questo Parlamento decidere, attraverso questo decreto-legge, dove, come e perché comparare oppio. Ciò cosa c'entra con il rifinanziamento? E poi come dovrebbe avvenire questo acquisto, con i banchettini delle arance e dei limoni che si trovano sulle autostrade? Sarà direttamente il ministro degli esteri o un esponente della sinistra radicale a recarsi in Afghanistan per farsi un giro tra i banchetti dei signori della guerra e dell'oppio per comprare un pacchettino di droga per portarla in Italia, dando in tal modo significato al voto (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)?
Ancora più ridicolo è il tentativo di dimostrare una discontinuità da parte di chi, dopo aver coperto di insulti - non lo abbiamo dimenticato - colui che il Presidente Ciampi ha ritenuto degno di ricevere la medaglia al valor civile - mi riferisco a Quattrocchi -, prevede oggi uno stanziamento di 3 milioni e mezzo di euro per incaricare i cosiddetti contractor, quelli che voi chiamereste i mercenari - purché siano locali e non europei o italiani! - che, molto probabilmente, di giorno faranno finta di proteggere i civili e di notte saranno con i terroristi ad organizzare il loro sequestro; questo è quello che state facendo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!
Se questa è la discontinuità rispetto alla quale ci volete convincere, riuscirete solo a confermare il nostro convincimento che si tratta di esercitazioni retoriche per mantenere comunque la poltrona calda e il posto assicurato.
Vengo ora all'argomento politico. Noi abbiamo espresso e continueremo ad esprimere solidarietà ai soldati nonché all'ultimo dei sequestrati italiani, Daniele Mastrogiacomo e abbiamo ribadito la nostra posizione di sostegno qualunque siano le iniziative che il Governo intenda assumere.
Nello stesso momento in cui facciamo ciò, e non c'è contraddizione - lo dico ad alcuni colleghi che hanno voluto «menare il can per l'aia» -, parliamo anche dell'aspetto di politica interna che deriva da questa vicenda. L'abbiamo detto molte volte, viene quasi noia a ripeterlo: non può Pag. 30esistere un Governo che non abbia una maggioranza in politica estera! È su questo tema che il Governo Prodi è caduto, che ha dovuto percorrere la strada del Colle ed andare a chiedere al Presidente della Repubblica di rimandarlo alla Camera per vedere se poteva tornare! È su questo tema ed è, quindi, su questo tema che verificheremo la tenuta del Governo, non tanto alla Camera dove, grazie a quella legge da voi tanto vituperata, colleghi della maggioranza, disponete comunque di una maggioranza salda, ma al Senato dove, grazie alla modifiche che voi avete voluto ed approvato, nell'impedire che anche in tale ramo del Parlamento vi fosse un premio di maggioranza distribuito regionalmente, ma assegnato in ambito nazionale - ricordo il dibattito di allora e vi sono i giornali a testimoniarlo - manca una maggioranza certa. È, dunque al Senato che voglio, e vogliamo, capire se l'autosufficienza politica ci sarà, se i 158 voti li raggiungerete (ma sappiamo già che non li potrete raggiungere).
Non è La Russa a sostenere che un Governo che non ha tale maggioranza in politica estera deve riconsiderare la propria esistenza. Leggete il Corriere della Sera di oggi. Ranieri: «Se non ci saranno i 158 sì avremo un problema politico serio». Lo dice il relatore per la III Commissione di questo provvedimento; usa le parole «avremo un problema politico serio», ed è un relatore cui il termine serio si addice e lo ringrazio anche per aver riconosciuto che a Kabul e ad Herat non si va a fare una passeggiata, perché sa che la situazione si sta complicando, sa che gli interventi militari nella missione di pace potranno essere sempre più necessari, sa che vi è addirittura la richiesta di un incremento delle forze, sa che perfino la Spagna ha detto sì, sa che siamo in una condizione in cui dovremo essere forti se vorremo dare sostegno ai nostri soldati, sa che in una situazione siffatta, in assenza di una maggioranza politica, come egli dice, si pone un problema politico serio. Se lo dice il vostro relatore, presidente della Commissione esteri, che dobbiamo dire noi? È troppo se vi chiediamo che, in assenza di quella maggioranza, prendiate atto che il Governo non esiste e torniate a fare l'opposizione, come l'Italia vi chiede (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia - Congratulazioni)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il gruppo di Forza Italia voterà a favore del rifinanziamento delle missioni italiane all'estero. In coerenza con la nostra tradizione, ancora una volta anteporremo l'Italia, la sua credibilità internazionale e la sicurezza dei nostri militari al nostro interesse di parte. Sia ben chiaro, tuttavia, che il nostro voto non intende, in alcun modo, essere approvazione, anche solo indiretta, della politica internazionale di questo Governo. Siamo, infatti, convinti che non vi sia nulla da approvare nella sistematica dilapidazione dell'affidabilità internazionale dell'Italia, perpetrata in pochi mesi da questo Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). È stato sperperato un patrimonio accumulato non solo nei cinque anni del nostro Governo, ma addirittura negli ultimi sessant'anni. In questi sessant'anni, l'Italia ha avuto un gran numero di Governi, succedutisi spesso a ritmo frenetico, ma i pilastri della politica internazionale sono rimasti saldi, rispettati da tutti i Governi. In pochi mesi, quel patrimonio di affidabilità è stato dilapidato. In sessant'anni non era mai accaduto che gli ambasciatori di sei paesi dovessero scrivere una lettera per richiamare il Governo italiano ai suoi obblighi internazionali.
Il ministro degli esteri, che guarda caso brilla per la sua assenza come il responsabile del Ministero della difesa (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale), ha definito irrituale l'iniziativa degli ambasciatori: se c'è qualcosa di irrituale, a me sembra il fatto che questo Governo, come confermato dagli eventi recenti, non ha una politica estera, Pag. 31ne ha almeno due, il che significa che non ne ha nessuna!
Né il nostro voto favorevole al rifinanziamento va interpretato come approvazione della gestione dell'impegno all'estero dei nostri militari: non abbiamo approvato la fuga dall'ONU, la cancellazione della missione in Iraq a carattere propriamente civile, voluta dalle Nazioni Unite e guidata da un funzionario dell'ONU. Nutriamo profonde perplessità sulla missione in Libano, di cui non è ancora chiaro lo scopo, e per la missione in Afghanistan siamo gli unici ad essere entusiasti della geremìade di giaculatorie lepide, volte a placare la sinistra pacifista più bellicosa.
La missione in Afghanistan è di gran lunga la più impegnativa delle nostre missioni militari all'estero. La situazione in quel martoriato paese è molto difficile, ma dovrebbe essere chiaro a tutti che la posta in gioco è altissima: la vittoria dei talebani e dei terroristi di Al Qaeda sarebbe una catastrofe non solo per il popolo afghano o per la sicurezza nel Medio Oriente, sarebbe una catastrofe per l'intera comunità internazionale; e, dato che il pericolo è globale, la risposta deve essere globale. Ogni paese deve contribuire nei limiti delle risorse di cui dispone e della considerazione del proprio ruolo internazionale allo sforzo comune.
La situazione oggi è particolarmente rischiosa, perché i talebani hanno rialzato la testa, hanno conseguito successi nel sud del paese e si apprestano a lanciare la tanto proclamata offensiva di primavera. L'Italia dovrebbe dare il suo contributo a contrastare il tentativo dei talebani e di Al Qaeda di conquistare il potere in Afghanistan. Il caveat che impedisce ai nostri militari italiani di combattere dovrebbe essere rimosso: la posta in gioco è anche la loro sicurezza. Ce lo chiede la NATO, preoccupata dall'esiguità delle forze della coalizione che possono essere impiegate per contrastare l'offensiva di talebani e terroristi. L'Italia dovrebbe dimostrare, con la sua adesione a tale richiesta, la sua fedeltà all'Alleanza, la sua capacità di essere pienamente in grado di affrontarne le responsabilità che ne derivano.
Mi sia permesso di ripetermi. La politica estera e di difesa non sono semplicemente due fra i tanti compiti dello Stato: sono lo Stato, lo Stato come soggetto di relazioni internazionali.
Se questa maggioranza è in grado di dare all'Italia una politica estera e di difesa, ha titolo a governare, ma se non è in grado di farlo, semplicemente quello di Prodi non è un Governo. Se al Senato della Repubblica il rifinanziamento delle missioni all'estero venisse approvato solo grazie ai voti dell'opposizione, sarebbe chiaro a tutti che questa pseudomaggioranza non ha alcun titolo per esprimere il Governo dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
Quanto all'idea delle maggioranze variabili, mi limito ad osservare che mai, in nessun paese al mondo, mai si è dato il caso di un Governo che delega la responsabilità della politica estera e di difesa all'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Sarebbe una situazione a dir poco paradossale, qualcuno l'ha definita una barzelletta: avrebbe potuto aggiungere che si tratta di una pessima barzelletta, perché non mi sembra il caso di ridere quando vi è in gioco la credibilità internazionale dell'Italia!
Sono rimasto molto sorpreso di una recente dichiarazione dell'onorevole Fassino, il quale ha osservato che quando negli Stati Uniti è stata approvata una decisione col voto determinante dell'opposizione democratica o quando in Inghilterra i conservatori hanno votato a favore di una decisione del Governo laburista, nessuno ha gridato allo scandalo e si è conseguentemente chiesto perché si dovrebbe gridare allo scandalo in Italia. L'onorevole Fassino ha il dovere di essere informato che gli Stati Uniti sono una Repubblica presidenziale e che in Inghilterra vige il modello di Westminster. Non è comparabile quella situazione con quella italiana: qui è il Parlamento che esprime il Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!Pag. 32
In conclusione, Presidente, o questa maggioranza è in grado da sola di dare all'Italia una politica internazionale o non ha alcun titolo ad esprimere un Governo e dovrebbe senza ulteriori indugi togliere il disturbo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sereni. Ne ha facoltà.
MARINA SERENI. Grazie, signor Presidente.
Signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, colleghi, questa nostra discussione si svolge in un momento di particolare ansia e preoccupazione per la sorte del giornalista Daniele Mastrogiacomo. Ci uniamo ai tanti che, in queste ore, hanno espresso solidarietà ed affetto alla sua famiglia ed al suo giornale. Esprimiamo pieno sostegno e fiducia verso l'azione del Governo, che si sta rivolgendo in ogni direzione utile, al fine di ottenere la liberazione di un giornalista che, come tanti in questi anni, ha scelto di vedere, di cercare di capire, di raccontare luoghi difficili, anche affrontando rischi personali. In questo momento, non servono tante parole, tanto meno strumentalizzazioni odiose: servono misura e rispetto per l'angoscia dei familiari e unità di tutte le forze politiche al fianco del Governo, che sta lavorando per far ritornare quanto prima Daniele Mastrogiacomo ai suoi affetti ed al suo lavoro.
Al provvedimento di proroga e di rifinanziamento delle nostre missioni internazionali all'estero il gruppo dell'Ulivo darà convintamente il proprio voto favorevole. Proprio per cogliere appieno il valore del nostro impegno militare ed umanitario nelle principali aree di crisi, credo sarebbe giusto, anche in questa sede, ricordare le linee principali della nostra politica estera in questi mesi. Non ne ho tuttavia il tempo. Ricordo soltanto che i tre assi principali - rilancio del multilateralismo, nuovo impegno nel processo di costruzione europea, rinnovata iniziativa contro la povertà ed il sottosviluppo nel mondo - costituiscono una cornice importante dentro la quale dobbiamo inquadrare le scelte che oggi stiamo compiendo.
È coerente con questo impianto anche l'innovazione, introdotta nell'attuale decreto-legge, di un'autorizzazione annuale, e non più semestrale, delle missioni, più compatibile con i tempi dell'azione politica e diplomatica dei Governi. Si tratta di una novità che, peraltro, non toglie nulla ai compiti di vigilanza e di controllo del Parlamento, rafforzati, semmai, dall'opportuna deliberazione, nei giorni scorsi, di un monitoraggio sulle missioni internazionali affidato all'indagine conoscitiva delle Commissioni esteri e difesa della Camera.
Nel merito delle missioni internazionali, mi soffermerò esclusivamente sugli ambiti geopolitici principali in cui le nostre Forze armate sono chiamate ad operare. Vorrei ricordare, innanzitutto, i Balcani, dalla Bosnia, al Kosovo, alla Macedonia: una grande area di intervento internazionale dove le Forze armate europee hanno svolto un ruolo decisivo di pacificazione e stabilizzazione, ma dove ora non possono sostituirsi ad un processo politico di riconciliazione, di rimarginazione di antiche ferite, di avvio di un cammino reale di riforme e democrazia verso l'Europa. Si tratta di tenere aperto il dialogo tra le giuste richieste della comunità internazionale - riforma, democrazia, coraggio nell'affrontare le responsabilità dei recenti conflitti - e le difficoltà di società che si sentono assediate dai fantasmi del passato. Proprio per l'importanza del ruolo che gioca il nostro paese anche nel tenere aperta con determinazione la strada dell'integrazione europea per i paesi dei Balcani, dobbiamo avvertire una grande responsabilità all'approssimarsi di scelte decisive che ancora infiammano gli animi in quell'area: la soluzione dello status del Kosovo; la questione bosniaca dopo la sentenza su Srebrenica; il rapporto tra la Serbia e l'Unione europea.
Vorrei, inoltre, brevemente parlare del Libano e della missione UNIFIL - guidata Pag. 33sul campo, oggi, da un italiano - che rappresenta un indubbio e largamente condiviso risultato dell'azione politica e diplomatica del nostro Governo. Aver contribuito a fermare il conflitto tra Hezbollah ed esercito israeliano al confine tra Israele e Libano, aver fatto accettare il dispiegamento di forze internazionali ai confini di Israele ed aver condotto una missione che, fino ad oggi, ha evitato gravi incidenti e possibili violenze mi pare siano risultati (per quanto parziali) che confermano tutto il valore della nostra presenza e la straordinaria capacità dei nostri militari di essere operatori di pace. A Beirut, dopo le manifestazioni, gli incidenti ed una grave crisi politica, domina, in questi giorni, una calma apparente, in attesa che i recenti colloqui con Iran e Siria, condotti dai sauditi, possano produrre qualche effetto.
La presenza internazionale è un indispensabile elemento di stabilizzazione in attesa che il processo politico porti a soluzioni durature ed a una vera pace.
Tra le conseguenze nefaste della guerra in Iraq, oggi possiamo misurare il deterioramento della situazione in Medioriente e le difficoltà ad intravedere serie prospettive di negoziato per un conflitto, quello israeliano-palestinese, che avvelena da troppi decenni la regione. La possibilità di un Governo di unità nazionale tra Al Fatah e Hamas in Palestina ha riaperto un flebile canale di dialogo tra Israele e l'Autorità nazionale palestinese. Ancora troppi, tuttavia, sono gli ostacoli e le resistenze, le violenze ed i rischi di una vera e propria guerra civile nei territori palestinesi ed il ripresentarsi del terrorismo contro i civili in Israele, la povertà nei territori di Gaza e Cisgiordania, la fragilità delle leadership in entrambi i campi richiedono una più forte assunzione di responsabilità da parte della Comunità internazionale, a partire dall'Europa degli Stati Uniti.
La missione internazionale in Libano, vorrei dire all'onorevole Martino, è proprio questo: parte di un impegno più vasto per la pace. Essa serve a costruire le condizioni per il rilancio di un'azione politica e diplomatica per la pace in Medioriente.
Infine, l'Afghanistan: il quadro della situazione è complesso e, per molti aspetti, drammatico. L'intervento contro il regime dei talebani ha prodotto la speranza di alcuni significativi cambiamenti, ma la pace e la stabilità sono ancora lontani. La costruzione è lenta e le condizioni di vita della popolazione civile ancora troppo segnate da violenze e povertà.
Le coltivazioni illegali dell'oppio che investono le vaste regioni e l'azione militare dei talebani sono cresciute. Il Governo Karzai e le nuove istituzioni mostrano senza dubbio grande fragilità. In Afghanistan siamo in un contesto multilaterale e nell'ambito di una missione NATO voluta dalle Nazioni Unite. Il Presidente Karzai, ancora poche settimane fa, ci diceva che siamo insostituibili. Lo dicono quelle donne che, ancora poche settimane fa, ho incontrato e che sono rientrate nei campi profughi del Pakistan. Oggi quelle donne stanno cercando di diventare protagoniste del loro paese. La possibilità di irrobustire le istituzioni democratiche afghane è certamente legata al grado di sicurezza e di controllo del territorio.
Con questo spirito, con lo spirito di un paese che vuole assumersi fino in fondo le responsabilità che ha preso, ma non vuole nascondere i problemi, in questi mesi, abbiamo confermato il ruolo delle specifiche funzioni che, in Afghanistan, sono assegnate alle nostre Forze, non accettando modifiche sostanziali in quantità e qualità della nostra presenza, nell'ambito della missione NATO.
Riteniamo molto importante la volontà che il ministro degli esteri ha annunciato di proporre in sede ONU la realizzazione di una nuova Conferenza di pace, con il coinvolgimento dei paesi della regione, al fine di rideterminare il mandato della missione internazionale e di affinare la strategia complessiva per l'Afghanistan.
Il fatto che il nostro paese sarà relatore in Consiglio di sicurezza sul rinnovo della missione civile e umanitaria a Kabul, l'UNAMA (United Nation Assistance Mission Pag. 34in Afghanistan), ci consegna una responsabilità ed un'opportunità. Infatti, è realistico immaginare che in quel passaggio si possa avere una sollecitazione per un maggiore sforzo economico della comunità internazionale per la ricostruzione e per le popolazioni, per una più marcata attenzione al programma di cooperazione civile e per una più efficace azione di contrasto delle coltivazioni di oppio.
È singolare - e ad un tempo stravagante - che in quest'aula si sia scelta la strada della polemica e dell'ironia a buon mercato su questo punto, quando è aperta nella comunità internazionale una seria riflessione su qual è la strategia di maggiore successo per contrastare e combattere l'oppio illegale. Come Unione, abbiamo presentato un ordine del giorno molto equilibrato che - ne prendiamo atto - è stato accolto con favore dal Governo. Restiamo in Afghanistan, pur non nascondendo la situazione grave, anzi tragica, di una violenza che continua a colpire tante, troppe vittime civili. Restiamo in Afghanistan e proprio perché siamo lì, con il sacrificio ed il lavoro dei nostri soldati e dei nostri cooperanti, sentiamo di avere il diritto e il dovere di denunciare anche gli eccessi che pure ci sono stati e che rischiano di alimentare altro odio e altra violenza.
In Afghanistan rimaniamo, non solo perché lo chiedono gli afgani e la comunità internazionale, ma anche perché soltanto così possiamo pensare di influire sulle scelte che dovranno essere compiute in futuro. Soltanto così potremo dire la nostra e cercare di contribuire ad un diverso equilibrio tra l'azione politica, economica e diplomatica e quella militare, nell'interesse della pace e della sicurezza, secondo il dettato che la Costituzione assegna al nostro paese. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, Verdi e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Grazie, signor Presidente. Con molto rispetto per il Parlamento, per il Governo e per il mio gruppo, per i motivi che ho già spiegato nell'intervento sul complesso degli emendamenti, annuncio che non parteciperò al voto finale del provvedimento.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.