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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (A.C. 2340-A) (ore 12,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
Ricordo che nella seduta del 20 marzo 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2340-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2340 sezione 3), approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2340 sezione 4), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2340 sezione 5).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2340 sezione 6).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2340 sezioni 1 e 2).
Avverto infine che la Presidenza, ai sensi degli articoli 86 e 96-bis, comma 7 del regolamento, ritiene ammissibile l'articolo aggiuntivo Buontempo 2-ter.010, ove riferito non agli eventi culturali di massa in generale, ma alle sole manifestazioni sportive. Conseguentemente, devono intendersi riferiti esclusivamente a tali manifestazioni sia il comma 1 sia il comma 2, lettera a).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.
MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, prima di iniziare il mio intervento sul complesso degli emendamenti presentati, vorrei innanzitutto ribadire il concetto fondamentale concernente il ruolo di noi parlamentari eletti tra gli italiani all'estero proprio con riferimento a questo decreto-legge presentato dal Governo, che introduce con chiarezza alcune norme regolamentate da legislatori di paesi stranieri con estremo successo.
A tale proposito, vorrei ricordare che questo contributo potrebbe essere ulteriormente rappresentato ed espresso dai parlamentari eletti all'estero, i quali conoscono perfettamente le misure tecniche dei provvedimenti adottati dai paesi stranieri che, con particolare successo, hanno sconfitto i violentissimi episodi di violenza che affliggono il mondo del calcio.
I diciotto parlamentari eletti nella Circoscrizione estero rappresentano una risorsa rilevante per il nostro paese e devono costituire un autorevole supporto al Parlamento, affinché siano risolte con efficacia e determinatezza alcune esigenze impellenti del sistema sociale, economico e culturale dell'Italia.
Per quanto mi riguarda, ho voluto fin da subito presentare insieme all'onorevole Pescante alcune proposte emendative riferite con particolare attenzione alla figura di supporto esercitato dagli steward, i quali collaborano con le società sportive che organizzano le competizioni calcistiche, peraltro proprietarie dello stadio.
La via seguita dal Governo e dalle forze di polizia inglesi con l'introduzione del Pag. 12Football disorder act ha puntato su due concetti principali: quello della prevenzione e quello della repressione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Negli stadi del Regno Unito gli scontri tra opposte tifoserie sono rarissimi, cosicché i tifosi possono assistere alle partite senza che siano necessarie strutture di protezione, al fine di evitare che creino problemi di ordine pubblico. Risse, cariche e atti di vandalismo sono praticamente scomparsi in Premier League, la massima serie inglese, mentre qualche incidente ancora continua a verificarsi sui campi minori.
Gentile Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, nel mio intervento vorrei soffermarmi su alcune efficaci misure tecniche del Football disorder act; ad esempio, in Inghilterra quasi mai sulle gradinate degli impianti sportivi, letteralmente invasi da telecamere a circuito chiuso e battuti in continuazione da agenti ultra tecnologici, muniti sia di manganello sia di camcorder (piccole videocamere digitali, maneggevoli e molto precise nelle riprese, capaci di inchiodare con le immagini i responsabili degli atti di violenza sugli spalti), si verificano disordini tali da costringere l'arbitro ad interrompere la partita.
Quando negli stadi inglesi si verificano episodi di violenza, la polizia sequestra tutte le pellicole dei fotoreporter presenti e passa al microscopio la grande quantità di materiale filmato prodotto dalle telecamere a circuito chiuso.
Le foto degli autori delle violenze finiscono sui giornali ed i quotidiani forniscono anche i numeri di telefono da chiamare per denunciare eventuali sospetti. A quanto pare, in Inghilterra i cittadini non si fanno pregare per raccontare alla polizia quello che sanno o suppongono di sapere sul comportamento di certi tifosi potenzialmente pericolosi.
Le pene per chi viene riconosciuto colpevole sono lievi: da cinque a sei anni di carcere. Tornando poi alla regolamentazione degli steward, si deve evidenziare che le società calcistiche provvedono all'assunzione degli stessi, i quali devono controllare che, all'interno dello stadio, tutto si svolga correttamente e non si violino le regole, a cominciare dalla legittimità del biglietto d'ingresso.
Un altro aspetto fondamentale è la tolleranza zero nei confronti di qualsiasi striscione o bandiera (ed altri oggetti); sono inoltre vietati i cori offensivi verso gli avversari. E può accadere di vedere gli steward che lavorano per la società di calcio, tra l'altro, proprietaria dello stadio, che accompagnano fuori qualche tifoso reo di aver fatto gestacci all'indirizzo dei giocatori, dei dirigenti della squadra avversaria o nei confronti dell'arbitro o dei guardialinee.
Gentile Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, per terminare il mio intervento su questa importante materia, ritengo di poter richiedere una più ampia e doverosa collaborazione con i parlamentari eletti all'estero, la quale deve essere vista come una risorsa fruttuosa per le discipline che il Parlamento è chiamato a predisporre in questo particolare settore. Mi auguro che questa mia compartecipazione sia condivisa dall'attuale Governo e venga accolta con favore.
Faccio richiamo alla sensibilità e al dovere civico, prima che politico, in modo particolare da parte della maggioranza, nel voler accettare il contributo che l'opposizione fornisce al fine di migliorare il testo originario rispetto al decreto-legge preparato dal Governo oggi in discussione in quest'aula.
Per concludere, signor Presidente, desidero fortemente che questi emendamenti siano approvati dal Governo affinché questa violenza fanatica e spesso politicizzata, che sta devastando l'immagine del calcio italiano, che mina i valori stessi sui quali si fonda lo sport, sia debellata. L'atteggiamento costruttivo di Forza Italia nei confronti del decreto-legge si è basato anche sulla considerazione che questo provvedimento sia la prosecuzione, anzi l'attuazione, delle leggi varate nel corso della passata legislatura per contrastare la violenza nello sport, che, per la verità, non Pag. 13trovano da parte dell'opposizione la stessa accoglienza da noi riservata oggi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Anche io, come il collega che mi ha preceduto, desidero fare presente che il complesso degli emendamenti tenta di definire, una volta per tutte, il problema della violenza negli stadi, che si trascina ormai da tempo senza che intervengano misure efficaci di correzione della violenza medesima, delegittimando in questo modo lo sport e, in particolare, il calcio, che ha molto seguito e consenso presso l'opinione pubblica e che viene ad essere squalificato fino al punto di sfociare in una rissa comune.
Alcuni emendamenti in particolare, penso a quello del collega Pescante, si fanno carico di un dato di fatto oggi ormai imprescindibile: garantire la sicurezza degli stadi, garantire la pratica dello sport più amato dagli italiani e, nello stesso tempo, sanzionare comportamenti che non possono essere ulteriormente tollerati. Tali comportamenti a volte si qualificano come delinquenza comune e non possono trovare alcuna giustificazione, né come espressione di malcontento di vario tipo, né come sfogo di esuberanza giovanile, né come una sorta di insofferenza sociale o nei confronti delle forze dell'ordine.
Il dato che balza evidente è che molto spesso all'interno degli stadi non è tanto la passione sportiva a motivare - uso un termine che nobilita certi atteggiamenti - la violenza, quanto la violenza in se stessa o l'ostilità verso le forze dell'ordine, verso la gente in divisa, verso il carabiniere di turno; si provocano in tal modo incidenti e surrettiziamente si creano le condizioni per la sospensione di determinate partite ed in generale anche per il venir meno di quell'entusiasmo che finora ha caratterizzato settori crescenti e notevoli dell'opinione pubblica verso il gioco del calcio, il quale è stato caratterizzato da vicende che in Commissione cultura abbiamo seguito attraverso un'apposita indagine conoscitiva che ha avuto ad oggetto i fenomeni che hanno portato ad episodi vistosi di malaffare, condizionando negativamente questo sport così popolare.
Il provvedimento di legge in esame si fa carico di questa esigenza proprio per salvaguardare lo sport nella sua vera e propria fisionomia, quella che lo ha caratterizzato negli anni Cinquanta, Sessanta e anche Settanta, lo sport inteso come libera competizione sportiva ed agonistica, nella quale le squadre ed i sostenitori si confrontavano appassionatamente, sempre nel rispetto della lealtà sportiva e, soprattutto, della legalità democratica. Questa progressiva decadenza, che ha raggiunto l'acme con fatti di malcostume risalenti anche alla modifica della legislazione in essere in materia di squadre di calcio - ma non voglio addentrarmi su questo punto -, è culminata in alcuni fatti eclatanti che hanno dato origine ad un provvedimento di legge per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
Gli emendamenti presentati sono emblematici al riguardo. Su parecchi di essi credo che occorra essere particolarmente attenti e riflessivi. Non è che si voglia sanzionare sempre, comunque e ovunque ogni atteggiamento di entusiasmo, compresa l'affissione di manifesti, ovviamente purché essi non incitino alla violenza o non siano gravemente lesivi della dignità delle persone, dei giocatori e delle squadre di calcio. Si tratta di sanzionare comportamenti che sfiorano o meglio che culminano, spesso, in veri e propri reati. Di fronte a questo, credo che non si giustifichi più un atteggiamento garantista, che ho notato in alcuni settori delle forze politiche, in particolare dell'estrema sinistra, ma non solo.
L'atteggiamento garantista è per eccellenza quell'atteggiamento che si preoccupa di tutelare i diritti della persona nei confronti di atti di sopraffazione posti in essere, ad esempio, dalle autorità di pubblica sicurezza. Qui siamo invece in un campo totalmente diverso: siamo in un settore che vede episodi ed atti di delinquenza comune; ed ogni atto di indulgenza Pag. 14verso settori che si preoccupano solamente di procurare danno, fa in realtà male allo sport, al calcio e alla società italiana. Siamo arrivati ad un punto di non ritorno, dove compromessi e indulgenze non si giustificano più.
Proprio perché siamo di fronte a questo, credo che occorra dare la massima garanzia di sicurezza agli sportivi che partecipano alle competizioni e alle squadre di calcio, sanzionando però quelle squadre di calcio che sono responsabili indirettamente di atti di violenza e soprattutto tutelando le forze dell'ordine, costrette a tour massacranti per controllare il regolare adempimento delle competizioni sportive e che spesso espongono a rischio la propria vita, in ogni caso la propria incolumità. È dunque un fatto di civiltà punire il possesso di sostanze alcoliche o le minacce di violenza e di turbativa dell'ordine pubblico e comunque il compimento di danni a persone o a cose, così come il trasporto di oggetti contundenti. Non si tratta di ricorrere alla repressione tout court, ma si tratta di ricorrere ad un minimo comun denominatore che salvaguardi il bene di tutti, che è innanzitutto la pace sociale, ma soprattutto la sicurezza dei cittadini e la dignità della competizione sportiva.
In alcuni emendamenti che sono stati presentati il questore assume un ruolo significativo e ciò si giustifica pienamente, perché di fronte a questi fatti occorre l'assunzione della massima responsabilità - scusate il bisticcio di parole - da parte del massimo responsabile. Vi sono poi molti emendamenti che si fanno carico del problema degli addetti agli impianti sportivi, che ovviamente devono avere una particolare predisposizione e dei requisiti particolari e significativi e nello stesso tempo devono rispettare un minimo di norme elementari di sicurezza, che ne garantiscano l'adempimento dei compiti e dei doveri d'ufficio.
Sul tema dell'adeguamento degli impianti, credo che occorra essere altrettanto chiari. Pochi stadi in Italia hanno gli impianti a norma e proprio su questo credo che occorra insistere. Non a caso un emendamento del gruppo di Forza Italia relativo all'articolo 10, presentato dal collega Pescante, si fa carico di questo problema, senza incidere ulteriormente sulla finanza pubblica. Il discorso dell'adeguamento degli impianti è importante e credo che al riguardo occorra coinvolgere anche gli enti locali. Provengo da una realtà, come Bologna, in cui attualmente c'è un'ipotesi di identificazione di un sito per la costruzione di un nuovo stadio alla periferia della città, stante l'insicurezza dell'attuale stadio, che si trova nel pieno centro della città, e l'impossibilità per tale struttura di contenere il numero di sportivi che vi accedono durante le principali partite di calcio.
Non a caso, quando tutti gli sportivi escono da questo impianto (così come da altri), riversandosi sulle strade principali, si creano ingorghi incredibili. Tali ingorghi danno luogo spesso ad incidenti, nonché a turbative particolari, che risentono anche dell'andamento globale della competizione sportiva.
Di fronte a ciò, allora, credo che si imponga decisamente - e concludo, signor Presidente - la necessità di garantire la sicurezza sia dei cittadini, sia degli impianti sportivi, anche con riferimento alla collocazione degli impianti medesimi. Tali impianti, infatti, sulla base di studi appropriati, devono essere situati in ambienti in grado di ospitare tranquillamente gli sportivi ed i partecipanti alle partite, senza tuttavia creare turbative all'ordine pubblico ed alla circolazione stradale.
Complessivamente, dunque, pur essendo presenti alcuni limiti, riconosco che il provvedimento in esame si fa carico di un'esigenza diffusa e fortemente avvertita dall'opinione pubblica. Tale esigenza deve essere soddisfatta proprio per evitare che vi sia un'ulteriore disaffezione dei cittadini nei confronti di uno sport che, fino ad ora, ha contraddistinto il nostro paese, in Europa, per la qualità della competizione, nonché per il numero di campioni che si sono cimentati in questo sport.
Ricordo che sono state presentate alcune proposte emendative, in particolare dal nostro gruppo (vorrei segnalare che Pag. 15alcune sono state ritirate perché sono state recepite durante l'esame in sede di Commissione), finalizzate proprio a stabilire chiaramente, una volta per tutte, norme precise, sanzioni conseguenti e l'inutilità di «garantismi» fini a sé stessi, che non risolvono assolutamente il problema.
Rammento che ha avuto modo di ribadire ciò, più volte, l'onorevole Pescante, il quale si è occupato ampiamente di tale settore, facendosi altresì carico di tutti i problemi nel vero senso della parola! Infatti, alcuni deputati, intervenuti nel corso di questo dibattito, si sono spesso dichiarati portatori di presunte esigenze di garanzia e di tutela dei cittadini, ma senza conoscere veramente, ed in materia approfondita, la materia in discussione.
Nel caso di specie, infatti, si tratta non di limitare i diritti di libertà delle persone, bensì di garantire la libertà dei cittadini nei confronti degli altri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci è stato originariamente trasmesso dal Senato della Repubblica conteneva sicuramente non poche disposizioni che richiedevano una profonda meditazione, nonché un radicale cambiamento. Ciò perché esse si muovevano nell'ambito della logica - logica che ha un po' del «mitico» - che fosse sufficiente prevedere sanzioni molto severe affinché le norme stesse venissero rispettate.
Non vorrei ricordare in questa sede il buon Manzoni, quando parlava di bandi «feroci» che nessuno rispettava: questa, tuttavia, è stata la logica seguita dal Senato!
Il lavoro compiuto dalle Commissioni II e VII della Camera ha fatto sì che, oggi, il provvedimento in esame abbia comunque acquisito, pur non essendo ancora del tutto condivisibile, alcune caratteristiche che lo rendono accettabile e che consigliano, quindi, di approvare più o meno nella formulazione proposta all'esame dell'Assemblea.
Attualmente, infatti, vi è un maggiore equilibrio per quanto riguarda le sanzioni previste, le quali, tuttavia, mantengono ancora la caratteristica di essere eccessivamente pesanti in non pochi casi. Credo che, attraverso l'adozione di sanzioni «feroci», ci stiamo solo illudendo di cambiare il comportamento di giovani che, naturalmente, si trovano in situazioni particolari. Tali situazioni li inducono sicuramente ad assumere atteggiamenti profondamente riprovevoli; tuttavia dobbiamo intervenire alla radice, perché, in caso contrario, continueremmo a varare decreti-legge senza ottenere alcun reale risultato.
Debbo ricordare che, nella vigenza del decreto-legge in esame, sui campi sportivi si sono verificati nuovi, gravi episodi di violenza.
Ciò dimostra, ancora una volta, che quella da percorrere è la strada della prevenzione e degli interventi sui problemi giovanili; quella che porta a valutare che spesso il minacciare sanzioni troppo elevate produce l'effetto opposto. Credo pertanto che vada accolto con favore il lavoro svolto dalle Commissioni riunite da questo punto di vista, cioè l'aver dato un nuovo e migliore equilibrio all'apparato sanzionatorio.
Ritengo, inoltre, apprezzabili gli emendamenti presentati dall'onorevole Buemi che vanno nel senso di garantire una migliore adeguatezza, in un quadro generale delle sanzioni che possono essere applicate.
Credo, altresì, che valga la pena di approvare urgentemente il provvedimento in esame perché la necessità di arrivare alla conclusione dell'iter legislativo induce a mantenere l'equilibrio raggiunto nelle Commissioni riunite. In questo senso, si esprimerà il gruppo di Forza Italia.
Certo, quello in esame non è un provvedimento alieno da critiche. In esso sono contenuti alcuni paradossi e talune assurdità che non sono state corrette. È sufficiente far riferimento a quella singolare norma secondo la quale, se ventiquattro ore dopo che l'avvenimento sportivo si è svolto, qualcuno pensasse bene di festeggiare la vittoria, ad esempio, lanciando un Pag. 16razzo nelle vicinanze dello stadio, magari perché abita lì vicino, questa persona si troverebbe a rispondere di un grave reato. Potete immaginare quindi che cosa significhi arrestare un padre di famiglia che ha pensato ventiquattro ore dopo - così prevede la norma - di festeggiare e di tradurre la gioia della vittoria nel lancio di un razzo colorato. Bene, questa previsione normativa è il segno che vi è una specie di paranoia della sanzione, di paranoia dell'intervento penale. A maggior ragione quando, addirittura ventiquattro ore dopo, si punisce chi venisse trovato in possesso degli strumenti elencati nel provvedimento mentre se ne torna a casa, abitando nelle vicinanze dello stadio. Credo che la gravità della previsione in questione non stia tanto nell'aver scritto norme che non hanno alcun senso - almeno questa, non ha alcun senso -, quanto nella cultura che è alla radice di questo tipo di intervento normativo, cioè nell'idea che sia sufficiente minacciare - fare la faccia feroce - perché si possa mantenere l'ordine pubblico.
Vi è poi un'altra disposizione sulla quale francamente bisognerebbe riflettere, anche se essa sarà condivisa così com'è - immagino per motivi di urgenza - dall'Assemblea. Come si può pensare che per poter acquistare quei famosi quattro biglietti - oggi non si sa perché si è scelto che si possono acquistare per conto terzi solo quattro biglietti, invece di cinque, otto o dieci come prevedeva il decreto-legge - è necessario che colui che li acquisti abbia con sé i documenti delle persone per conto delle quali provvede all'acquisto! Da qui il crearsi di una specie di commercio di documenti che sono messi in circolazione affidandoli a terzi, i quali naturalmente potranno farne l'uso peggiore che vorranno. Ritengo che anche questa previsione sia espressione di una strana concezione del controllo sociale che deve essere effettuato. Che senso ha tale previsione? In particolare, che senso ha che si mettano in circolazione i documenti affidandoli a terzi se al momento dell'ingresso allo stadio la persona deve dimostrare di essere il titolare di quel biglietto? Ritengo sia un po' singolare che il legislatore pretenda questo!
Infine, ancora una volta si viene attratti dall'episodio specifico, che determina la nascita di una legge, senza però tener conto degli effetti prodotti sul sistema. È stata prevista un'aggravante molto pesante nell'ipotesi in cui sia causata, in occasione di manifestazioni sportive, una lesione nei confronti di un pubblico ufficiale. Ma perché, se il pubblico ufficiale viene leso in occasione, ad esempio, di una manifestazione politica, ciò è meno grave? Francamente, credo che anzi questa è l'occasione che dovrebbe indurre a sanzionare e punire maggiormente chi, in occasione di un fatto politico, di un fatto che è espressione di civiltà e di manifestazione del pensiero politico, traduce quest'ultimo in un fatto di violenza. A parte tutto questo, ritengo che su una norma di questo genere ci troviamo ormai ai limiti dell'incostituzionalità.
Per quanto riguarda l'uso di cartelli che contengano ingiurie o incitamenti alla violenza, certamente è stata cambiata la previsione originaria che faceva un po' impressione. Infatti, essa prevedeva che le disposizioni non valessero solo per i simboli, ma addirittura che, se non si adempiva alla imposizione di togliere un cartello - e immaginiamo la voce del maresciallo che con l'altoparlante impone di togliere il cartello! - si procedesse all'applicazione della norma sulla resistenza al pubblico ufficiale. Oggi la norma è cambiata ed è stata nettamente migliorata.
In merito agli insulti punibili con la reclusione - sapete infatti che le ingiurie sono punibili solo su querela di parte - mi domando, tuttavia: gli insulti verso chi? Forse verso l'arbitro? Sarà ancora lecito mettere alcuni cartelli particolarmente ironici che siamo abituati a vedere anche in televisione? Si potrà ancora insultare magari la memoria di una storica eroina di Shakespeare oppure anche questo rappresenterà un insulto punibile con il carcere? Qual è il confine tra l'espressione critica «giochi come un cane» rivolta ad un giocatore ed invece un'ingiuria? Ebbene, Pag. 17ricordiamoci che tutte queste norme non rimangono solo scritte sulla carta a nostro uso e consumo perché si possa dire che siamo intervenuti efficacemente. Tali norme, infatti, andranno applicate da un giudice. Quest'ultimo sarà di conseguenza tenuto ad iniziare un'azione penale su un'ingiuria, in realtà su una manifestazione del pensiero, che abitualmente non soltanto non è punita con il carcere, ma è sanzionata solo pecuniariamente e, per di più, all'interno di un procedimento perseguibile a seguito di querela.
Io credo che la questione fondamentale sia la seguente: su materie come questa si continua ad intervenire con il decreto-legge. Lo facemmo con il decreto-legge Pisanu e lo stiamo facendo ancora adesso. Ebbene, il decreto-legge per sua natura è certamente inidoneo a regolamentare in modo organico, completo e sistematico una materia tanto complessa. Pertanto, il vero passaggio che il Parlamento si deve sforzare di raggiungere è la creazione di un testo completo ed organico per intervenire in maniera di sport. È un impegno cui dovremmo attenerci tutti, approvando ancora una volta - magari turandoci un po' il naso - un testo come quello in esame che contiene molte cose criticabili, ma anche molti punti condivisibili e, allo stesso tempo, assumendo l'impegno - a cui non possiamo sottrarci - di riesaminare in futuro l'intera materia. Si dovrebbe creare una specie di testo unico che abbia per oggetto il tema della regolamentazione delle manifestazioni sportive e un intervento penale previsto nella misura corretta, che non sia schizoide e magari determinato da un evento drammatico che domani dimenticheremo perché più lontano nella nostra memoria.
Abbiamo il dovere, in questa materia come in altre, di fare interventi al di fuori della suggestione occasionale e di sapere regolamentare con razionalità materie complesse come quelle della violenza giovanile. Quest'ultima non è un fatto che si possa contenere soltanto perché si alza la misura della sanzione. Tale misura avrà certo un qualche effetto, magari all'inizio. Tuttavia, se non si interviene, oltre che con un sistema normativo organico, alle radici della violenza giovanile stessa; se non si capisce per quale motivo lo sport - che pure è un'arte nobile - si stia trasformando invece in un'occasione di violenze e persino di delitti di omicidio; se non si comprende questo, non ci possiamo illudere di riuscire a cambiare le cose facendo la faccia feroce.
È un problema serio, di frustrazione del ruolo dei giovani, di insoddisfazione, di diseducazione; è lo stato di chi si trova a vivere in una condizione che lo porta a compiere atti di eversione in una situazione piuttosto che in un'altra.
Ebbene, tutto ciò non significa che si debba perdonare: tutt'altro! Tutto ciò significa che occorre colpire correttamente con la sanzione, ma che, prima di tutto, bisogna preoccuparsi di risolvere il problema alle radici, non solo e non tanto con il miglioramento del controllo sugli stadi: dietro a tutto questo vi è, infatti, una grande problematica sociale, di cui dobbiamo farci portatori, e che dovremmo essere in grado di risolvere prima di mandare in carcere dei giovani, facendo in modo che le loro scelte consapevoli siano coerenti con il vivere civile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, vorrei concentrare il mio intervento in sede di discussione sul complesso degli emendamenti su quella parte che è stata forse la meno affrontata dallo stesso provvedimento e che attiene alla vicenda culturale che sta dietro alla penosa storia moderna italiana e, ahimé, a quella mondiale, visto che si tratta di un problema che si è registrato in tutti i paesi e che riguarda la violenza negli stadi.
Preferisco sempre pensare che, quando si ragiona da legislatori, lo si debba fare secondo una visione più ampia del tema e non rincorrendo sempre e sistematicamente le emergenze.
È chiaro che il recente caso, avvenuto a Catania con la morte di Filippo Raciti, Pag. 18ha aperto nuovamente il dibattito e lo ha reso incandescente in un momento in cui guardavamo a modelli occidentali di riferimento, quasi con l'atteggiamento e l'approccio di coloro che pensano che il problema riguardi il passato e che sia già alle nostre spalle. E invece questo si è riacceso così all'improvviso, di nuovo - direi, ahimé, nemmeno tanto all'improvviso, stante il fatto che la periodicità di questi avvenimenti tragici è quasi costante nell'ultimo ventennio - e, ancora una volta, presi dallo spasmo di voler fare in fretta, il ricorso alla decretazione trasuda di questa situazione - lo ripeto - emergenziale. Noi avremmo preferito e privilegiato che si aprisse una discussione di più ampio respiro, una discussione a 360 gradi su quello che è un fenomeno prima di tutto sociale.
È vero, infatti, che le propaggini e le esternazioni più violente e truculente attengono anche al tema della sicurezza, ma è, altresì, vero che nel nostro paese deve essere avviata una riflessione profonda sulla cultura dello sport.
Io, Presidente, onorevoli colleghi, provengo da diverse esperienze sportive, dilettantistiche, e da un mondo sportivo, quale quello del rugby, che ho frequentato fin da bambino; sono giunto in tarda età nel mondo del calcio insieme ad un gruppo di amici che sono riusciti a coinvolgermi in un progetto di promozione e di divulgazione sportiva a livello dilettantistico e al livello dei vivai. Ho, dunque, probabilmente, un'idea sbagliata di quello che è lo sport, perché sono partito con un errore di fondo, valutando cioè lo sport così come lo avevo conosciuto da bambino, dilettantistico, fatto da chi non aveva timore di farsi male, di perdere tempo, di sacrificare molto del proprio tempo libero in cambio di nulla.
Oggi lo sport di cui discutiamo è qualcosa di diverso! È un'attività che non si sviluppa più in cambio di nulla. È uno sport nell'ambito del quale, anche a livello dilettantistico, molto spesso, pesano i rapporti di forza economici, pesano dei meccanismi che esulano dalla concezione sportiva che avevo e che vorrei avere ancora, ma che è irreale.
Allora, quando parliamo di sport, soprattutto di calcio, in questo paese, dovremmo parlare prevalentemente di un meccanismo che è diventato strumento di marketing, strumento economico e, molto spesso, anche strumento di gestione del potere politico: anche di questo dovremmo parlare.
Troppo spesso le tifoserie hanno contiguità politiche così come altrettanto spesso le società stesse si prestano a diventare il veicolo che porta consenso alla politica. In virtù di questa connivenza abbiamo continuato a fare finta di nulla e sono anni che facciamo finta di nulla. Soprattutto, abbiamo commesso quello che riteniamo essere stato l'errore più grave: la connivenza con le società sportive ha portato a far sì che queste ultime siano state quasi sistematicamente deresponsabilizzate, da un punto di vista civile, fiscale e via dicendo.
Vogliamo ricordare in quest'Assemblea i vari provvedimenti che si sono susseguiti in questi anni e che hanno avuto come principale obiettivo quello di evitare al mondo dello sport e alle società sportive di essere assoggettate alle norme del codice civile? Vogliamo ricordare i vari decreti che si sono succeduti? Vogliamo ricordare i cosiddetti «spalmadebiti»? Vogliamo ricordare tutto quello che è successo in questi anni? Sarebbe troppo facile, ma sarebbe altrettanto facile non farlo: abbiamo il dovere di fare autocritica.
Sono stati commessi degli errori dalla politica del nostro paese. Sono stati commessi degli errori che hanno creato una sorta di zona franca che riguarda il calcio. In nome e in virtù del fatto che esiste un interesse diffuso e collettivo verso questo sport, sempre crescente peraltro, si è concesso allo stesso la facoltà e la possibilità di essere e di sentirsi escluso dalle regole di questo paese, cioè, le regole di un paese civile e democratico.
Soprattutto, si è commesso un grave errore: si è evitato, attraverso il meccanismo di connivenza che denunciavo Pag. 19poc'anzi, di responsabilizzare le società sportive e di farlo come in tutti gli altri paesi. Abbiamo preso a modello quello anglosassone e ne abbiamo parlato in quest'aula. Ritengo che possa essere un modello di riferimento a 360 gradi. Non possiamo però dimenticare che in quel modello la responsabilità della gestione degli stadi e, quindi, in subordine, della sicurezza degli stessi, è demandato alle società sportive, le quali sono grandi aziende (più della nostre, per certi versi). Le grandi società calcistiche anglosassoni sono aziende più importanti delle nostre, più forti, più solide finanziariamente e lo sono in virtù di un meccanismo liberista-liberale per il quale, prima o poi, qualcuno si sarebbe dovuto far carico del problema.
Il problema della gestione di interessi di pochi non può essere un problema sociale e collettivo. Non possiamo continuare a farci carico dei costi di gestione di strutture - soprattutto, della sicurezza delle medesime - che, quando va bene, sono private, mentre, quando va male, tornano ad essere di interesse pubblico, costringendoci a scelte sempre un po' sofferte, che esulano dalla normale dialettica politica di un paese civile.
Abbiamo analizzato con attenzione il problema e il collega Caparini ha svolto un egregio lavoro di ricognizione sul decreto-legge, cercando di individuare delle soluzioni per correggere un provvedimento che era già partito, alla stregua di un treno in corso. Si è scelta la decretazione d'urgenza, quasi come se il problema della violenza negli stadi fosse improvvisamente urgente, assolutamente recente. Come se tutti qui dentro non sapessimo a quando risalga il fenomeno né dove affondi le sue radici.
Analizzando il meccanismo della decretazione d'urgenza abbiamo cercato di apportare dei correttivi, presentando emendamenti di buon senso - mi auguro che così vengano valutati -, ovviamente senza intenti ostruzionistici: infatti, stiamo parlando di un provvedimento che interessa tutti, noi per primi.
Il vulnus del decreto-legge riguarda la sua stessa origine; in questo documento si è inserito un elemento che non ci appartiene, che mira ad introdurre lo stato di polizia anche nell'ambito di un contesto sportivo, che, ancora una volta, non individua meccanismi per le attribuzioni di responsabilità e che, permettetemelo, non risolve i problemi di natura culturale.
Innanzitutto, dovremmo capire cosa è successo agli altri, per quale motivo l'universo anglosassone - emarginato dallo sport mondiale dopo i tragici avvenimenti dell'Heysel e caratterizzato da fenomeni di violenza che interessavano sia le società importanti sia quelle meno importanti -, in vent'anni, è riuscito a dare una lezione al resto del pianeta. Quando la famiglia viene responsabilizzata e torna ad essere elemento centrale, quando allo sport hanno accesso, a titolo gratuito e grazie a meccanismi di incoraggiamento, i giovani, i bambini e i loro genitori, lo sport può cambiare faccia. Mi piacerebbe che ciò potesse avvenire anche in Italia, anche se finora questa mia speranza non si è realizzata. Molto spesso, infatti, abbiamo a che fare con presidenti di società che convivono con le frange estreme delle tifoserie, alle quali permettono, addirittura, di gestire gli spazi all'interno dello stadio e lo stesso marketing delle società sportive: ecco dov'è il problema che questo provvedimento sicuramente non risolve.
Il collega Pecorella diceva che molto spesso nei paesi occidentali l'inasprimento delle pene non coincide esattamente con la repressione del crimine e con il miglioramento delle condizioni di quei soggetti che, quotidianamente, vengono chiamati a difendere l'ordine pubblico.
Noi crediamo che si debba uscire da questa logica emergenziale e che vada affrontato ed approfondito in questa sede un dibattito più ampio sulle cause all'origine del problema e sulle soluzioni da individuare attraverso un largo consenso. Non possono esistere ricette di destra e ricetta di sinistra, ma esistono soluzioni di buon senso quando si parla di ordine pubblico e di sicurezza dei cittadini, dei nostri figli, dei bambini che frequentano i campi sportivi e gli stadi.Pag. 20
Se troviamo il coraggio di ragionare intorno a questo tipo di impostazione generale credo che la Lega Nord non farà mancare il suo sostegno, anche se in questo senso vogliamo segnali forti di inversione culturale, dei quali dobbiamo farci carico tutti assieme, compreso il Governo che, tuttavia, non vedo presente oggi in aula, forse perché questa discussione interessa a poche persone.
Vedo che il Presidente sta richiamando il sottosegretario, ma voglio comunque sospendere il mio intervento, vista l'assenza del Governo, per riprenderlo successivamente quando troverò qualcuno ad ascoltarmi.
PRESIDENTE. Onorevole Fava, il rappresentante del Governo è stato invitato a raggiungere il proprio banco.
GIOVANNI FAVA. Mi auguro che da questo odierno dibattito inizi a scaturire un ragionamento che vada al di là della semplice risoluzione di un problema attraverso un rimedio di tipo poliziesco.