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Discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale (ore 16,10).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare il deputato Delfino, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00061. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il problema della carenza di acqua è un problema ormai tragico, sul quale anche in Parlamento abbiamo avviato da tempo una profonda discussione, non ultimo con l'approvazione di una risoluzione nella XIII Commissione agricoltura, dove unanimemente abbiamo auspicato al riguardo una forte iniziativa del Parlamento e del Governo. Oggi siamo qui ad illustrare una mozione che, come quelle presentate dai colleghi, verte sulle opere relative al piano irriguo nazionale, per sottolineare nell'Assemblea di questa istituzione, la più alta istituzione democratica del paese, questa grande necessità.
Il nostro è un paese tra i più ricchi di acqua del mondo: risulterebbe avere un'elevata capacità idrica, pari a 155 miliardi di metri cubi di disponibilità annua di acqua teorica per usi civili e produttivi, per 2700 metri cubi quota pro capite per abitante. Tuttavia, l'irregolarità dei deflussi e le inefficienze riducono questa disponibilità a 110 miliardi di metri cubi e a poco più di 2000 metri cubi pro capite.
La carenza di acqua costituisce un problema a livello mondiale, che ormai impone interventi immediati e non più rinviabili. La giornata mondiale dell'acqua, indetta recentemente dalla FAO, ha infatti evidenziato come l'attuale situazione di crescente carenza idrica debba essere fronteggiata senza perdere altro tempo a tutti i livelli: nazionale, internazionale e locale.
Gli inquietanti andamenti climatici, in continua evoluzione negativa, richiedono l'adozione di due tipi di politiche di intervento: in primo luogo, una politica globale di lungo periodo che intervenga sulle cause del fenomeno e che deve essere Pag. 17sviluppata a partire dall'attuazione e dall'implementazione degli impegni internazionali, dal Protocollo di Kyoto alle misure previste dall'Unione europea, puntando inoltre a coinvolgere gli USA, i grandi paesi industriali emergenti, quali Cina ed India, e quelli in via di sviluppo nella riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra; in secondo luogo, una politica più immediata che preveda misure di adattamento alle tendenze in atto e punti da subito ad interventi di tutela e di buona gestione delle risorse idriche.
Anche il nostro paese è coinvolto direttamente in modo significativo da tale grave cambiamento climatico. Secondo la nota sull'evolversi della situazione idrogeologica in Italia ai fini della prevenzione delle crisi idriche, nel periodo settembre 2006-febbraio 2007 l'Italia è stata interessata da una generalizzata carenza di precipitazioni e da temperature ben superiori alle medie stagionali. Tale situazione meteo-idrologica è stata sicuramente anomala, se confrontata con le caratteristiche climatologiche proprie del periodo e, in particolare, con i valori normali storici di precipitazione cumulata nei corrispondenti mesi.
Inoltre, l'esiguità della copertura nervosa attualmente presente sull'arco alpino induce ad attendersi nei prossimi mesi primaverili deflussi ridotti in confronto a quelli degli anni scorsi.
Tale situazione meteo-climatica ha originato un modesto apporto ai corpi idrici sia superficiali sia sotterranei. Sono state rilevate generalizzate diminuzioni di deflussi superficiali del reticolo idrografico ed una contrazione delle portate erogate dalle sorgenti.
Al momento, non sono ancora segnalate situazioni di particolare criticità sia per quanto riguarda l'approvvigionamento idropotabile sia per il comparto irriguo. Tuttavia, sulla base del confronto dei dati idropluviometrici e di disponibilità idrica con gli anni precedenti e con le serie storiche, si ritiene molto probabile che l'inizio della stagione irrigua, caratterizzato da notevole richiesta di risorse idriche, possa essere associato a situazioni di criticità, in particolar modo per ciò che concerne gli usi irrigui e alcune situazioni di fragilità strutturali delle reti idropotabili. Infatti, tali valori sono, ad oggi, analoghi a quelli registrati negli anni 2003-2006, segno che il governo e la gestione della risorsa, non coordinati con sufficiente anticipo, possono comunque determinare forti criticità soprattutto alla luce della notevole domanda di risorsa idrica che si determina all'inizio della stagione irrigua e che può determinare rapidi decrementi dei suddetti livelli idrometrici.
Tale situazione è stata registrata uniformemente su tutto il territorio nazionale con lievi scostamenti, ma nella sostanza rimane inalterata, ponendo i competenti organi davanti a scelte drastiche su come ripartire le poche risorse idriche disponibili tra usi civili, industriali ed agricoli.
Peraltro, il depauperamento delle risorse idriche interessa l'intera penisola. Tutto il nord Italia, in particolare l'area del bacino del Po, è infatti caratterizzata da una forte anomalia meteo-climatica, con scarse precipitazioni e un deciso aumento della temperatura rispetto alle medie del periodo. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, la situazione è ancora più grave in considerazione del fatto che la condizione di partenza è già quella di una scarsa piovosità, per cui in alcune zone si corre il rischio, a causa dell'ulteriore diminuzione delle precipitazioni e dell'aumento della temperatura, di una vera e propria desertificazione.
Le disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2007, che prevedono finanziamenti per gli interventi compresi nel piano irriguo nazionale, al fine di garantire l'avvio della realizzazione delle opere, necessitano pertanto di un'attuazione urgente.
Il Governo Berlusconi, con la delibera CIPE 27 maggio 2005, n. 74, approvò il piano irriguo nazionale, che poteva contare su due limiti di impegno quindicennali di 50 milioni di euro ciascuno per oltre un miliardo di euro di interventi a sostegno delle opere irrigue.
Tutto ciò, signor sottosegretario, come ben sa, non basta, se non è accompagnato Pag. 18da un impegno delle regioni le quali, sebbene per numerosi aspetti siano titolari della competenza in materia, non sembra abbiano affrontato adeguatamente il problema e siano, quindi, in grado di utilizzare tali risorse, in particolare, per carenze infrastrutturali presenti soprattutto al sud.
Occorre, quindi, porre in essere un'azione di forte stimolo in questa direzione ed occorre sviluppare con questi interventi tutte le tecniche in grado di favorire un miglioramento dei sistemi irrigui.
Con la nostra mozione vogliano impegnare il Governo in questa direzione, per far sì che gli interventi già previsti nel piano irriguo nazionale possano essere realizzati in tempi molto brevi.
Sarebbe, infine, utile e necessario che il Governo intervenga presso le istituzioni europee al fine di promuovere la creazione di un fondo di solidarietà per le crisi idriche, individuando in quella sede i migliori strumenti, anche assicurativi, che garantiscano una copertura per gli agricoltori che, a fronte dei sopravvenuti e crescenti rischi climatici, patiscono notevoli danni.
In conclusione, noi sappiamo che i prelievi complessivi d'acqua sono crescenti, sia per le dispersioni e le perdite delle reti acquedottistiche, sia per le alterazioni incisive prodotte dall'uomo che hanno modificato pesantemente i processi di deflusso superficiale, con conseguenze spesso rovinose.
Anche l'inquinamento delle acque, sia superficiali che profonde, rappresenta infine un elemento di allarme e di seria preoccupazione con riferimento alla disponibilità d'acqua in futuro. Siamo davanti, signor sottosegretario, ad un problema enorme e molto grave che richiede, a nostro giudizio, uno sforzo straordinario per evitare in un prossimo futuro emergenze drammatiche.
Con la nostra mozione noi chiediamo che il Parlamento e il Governo si impegnino affinché questo problema venga assunto come tematica, come priorità essenziale nell'azione legislativa e di governo e affinché si possano effettivamente utilizzare le risorse che sono già disponibili.
Auspichiamo soprattutto (questo è l'invito anche del nostro gruppo politico) che si possa definire un piano decennale per evitare che in un futuro non lontano ci si possa trovare di fronte a emergenze idriche veramente straordinarie e difficili da risolvere.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marinello, che illustrerà anche la mozione Leone ed altri n. 1-00140, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, la questione che noi poniamo nella nostra mozione - questione, a dire la verità, presente anche nelle mozioni presentate dagli altri gruppi politici, sostanzialmente omogenee, sia nelle considerazioni che nello svolgimento e talvolta anche nelle conclusioni - è stata già trattata, come ha ricordato l'onorevole Delfino, in una apposita risoluzione votata all'unanimità dalle Commissioni VIII e XIII in seduta congiunta.
La rilevanza della questione necessitava tuttavia una presa d'atto, un passaggio forte e corale in quest'Aula, proprio nella seduta plenaria della Camera dei deputati, per sottolinearne non soltanto l'importanza, ma anche l'urgenza e l'emergenza.
La questione non è soltanto relativa ad una crisi idrica (così come talvolta si è verificato anche nel passato nel nostro paese) di natura episodica o straordinaria. La questione a nostro avviso si collega ad una più ampia tematica ambientale.
Infatti, l'impoverimento idrico in atto nel nostro paese e i processi di crescente desertificazione impongono, non solo al nostro paese, ma a tutti paesi dell'intero consesso mondiale, di dare il proprio convinto apporto ad una strategia comune per evitare futuri danni irreparabili.
La catastrofe climatica si intravede all'orizzonte e l'allarme non riguarda più il futuro, ma un presente sempre più incalzante.Pag. 19
Tutto ciò si può ben capire leggendo alcune cifre: circa il 40 per cento della popolazione mondiale, 1 miliardo e 400 milioni di persone, distribuite in 80 paesi, si trova in uno stato di penuria d'acqua, con meno di 2,7 litri di acqua al giorno per persona.
Nel 2025, i due terzi della popolazione mondiale vivranno in paesi dove c'è scarsità d'acqua. Noi sappiamo che l'acqua è un bene primario e indispensabile per la vita. Proprio per questo siamo convinti che essa non può essere monopolizzata e vanno anzi create condizioni per garantirne il libero accesso da parte di tutti.
Il problema della disponibilità di questo prezioso bene e della sua gestione e distribuzione è già all'origine di importanti scontri sociali in aree ben precise e delicate del mondo: ad esempio, in India, in Bolivia, in Cina, in Africa e in Medio oriente.
È presumibile che tensioni di questo genere, in un futuro nemmeno lontano, siano destinate ad acuirsi, tra l'altro in aree già abbastanza «calde» nel nostro pianeta.
Tuttavia, paradossalmente, proprio alcuni di questi paesi sono fra i responsabili di quell'effetto serra, causa principale dell'aumento delle temperature e del calo preoccupante della piovosità e, quindi, sono parte in causa in quei fenomeni di desertificazione che stanno interessando larghe parti del pianeta.
Questi paesi, rifiutando di sottoscrivere il protocollo di Kyoto, che prevede, tra l'altro, la riduzione dell'emissione dei gas nocivi nell'atmosfera, di fatto non fanno altro che accrescere ed aggravare tale situazione; una sorta di gara al disastro, nella quale le cosiddette economie emergenti sono affiancate da colossi internazionali, quali l'Australia, gli Stati d'America e la Russia. È proprio per questo motivo che i paesi in via di sviluppo talvolta non hanno stimoli per cambiare la loro politica energetica, dal momento che trovano copertura in importanti paesi che continuano a presentarsi alle trattative internazionali per la sottoscrizione del protocollo di Kyoto e in tutti quei consessi internazionali che, comunque, pongono in maniera seria non soltanto la problematica, ma anche ipotesi di soluzione, con atteggiamenti talvolta dilatori.
In Europa, invece, è prevalso uno spirito di responsabilità. Dobbiamo necessariamente ricordare che l'8 e il 9 marzo di quest'anno a Bruxelles si è svolto il primo vertice dei Capi di Stato e di Governo dei 27 paesi membri dell'Unione europea dedicato alla lotta ai cambiamenti climatici, i cui risultati sono da considerare senza dubbio incoraggianti.
Sappiamo tutti che l'Europa si è impegnata a realizzare entro il 2020 una riduzione unilaterale dei gas serra pari al 20 per cento rispetto ai livelli del 1990 e sempre entro quella data l'Unione innalzerà obbligatoriamente dall'attuale 7 per cento al 20 per cento il consumo di energie rinnovabili. Certo, è arrivato anche il momento di porsi degli interrogativi sull'intera questione delle politiche energetiche dell'Europa e del nostro paese, di porsi la domanda su un sano, intelligente, utile utilizzo dell'energia nucleare che, fino a questo momento, fino alle attuali conoscenze della ricerca scientifica, è sicuramente la fonte di energia più importante e che produce il minor quantitativo di effetto serra. Tali propositi devono essere messi in pratica, altrimenti una parte significativa del territorio dell'Unione andrà incontro a seri problemi.
Secondo la previsione del gruppo intergovernativo di esperti sull'evoluzione del clima, per il settore dell'Europa del sud di cui fa parte anche l'Italia esiste il rischio concreto che, nel periodo da oggi al 2100, lo stress idrico in atto si possa accentuare.
Si tratta di paesi che insistono nell'area del Mediterraneo già esposti a problemi, come la siccità e gli incendi boschivi e, quindi, sono interessati da gravissimi problematiche.
In Italia, in particolare, gli effetti dello stravolgimento climatico sono già evidenti: fiumi, laghi, acque dolci sono in grave sofferenza con alcuni casi limite. È proprio di queste stagioni la situazione di crisi registrata, ad esempio, nel Po, nell'Arno, Pag. 20anche in altri corsi d'acqua e si rischia la seria perdita di spazio per le biodiversità in alcune zone, come il delta del Po e la laguna di Venezia.
Quanto abbiamo visto dal punto di vista idrogeologico durante l'inverno appena trascorso è la spia di come la situazione sia ormai arrivata alla soglia di guardia. Nel dicembre del 2006 sono caduti soltanto 8,4 millimetri di pioggia, contro i 57 millimetri di pioggia nel 2005, anno caratterizzato da rilevanti episodi siccitosi, o contro i 90 millimetri del 2002, l'anno del primo «grande secco» nel centro e nel nord d'Italia.
Ma il vero problema, così come denunciano gli esperti, è l'assoluta carenza di neve in alcune aree assolutamente strategiche del paese e mi riferisco in particolare all'intera zona delle Alpi.
Oggi, gli innevamenti che si sono accumulati dovrebbero fornire un apporto potenziale per la prossima estate di 320 miliardi di metri cubi contro i 960 del 2006. Rispetto allo scorso anno, infatti, la superficie coperta dalla neve è dimezzata sulle Alpi e lo spessore si è ridotto dai 25-125 centimetri dello scorso anno a 10-75 centimetri; cioè, in pratica, lo spessore della media delle superfici innevate si è ridotta di ben il 50 per cento.
Ripercussioni importantissime, per quanto riguarda questa situazione, si registrano, in particolare, nel Mezzogiorno d'Italia e nelle isole. A dire la verità, si tratta di aree tradizionalmente interessate da una minore piovosità, quindi da ricorrenti momenti emergenziali; in ogni caso, la scarsa piovosità che ha caratterizzato queste zone del nostro paese si somma ad un'utilizzazione carente delle risorse idriche a causa di molteplici cause. Innanzitutto, vorrei ricordare la mancata realizzazione di tutti gli invasi necessari - spesso dovuta anche alla notevole ostilità manifestata da alcune lobby ambientaliste - e la scarsa realizzazione di quelle opere infrastrutturali (le cosiddette interconnessioni) che possono costituire una valida risposta, al fine di individuare una strategia complessiva tesa al maggior utilizzo della stessa risorsa idrica. Conseguentemente, abbiamo avuto in tutta Italia - specie in quelle zone - una minore disponibilità di riserve idriche, sia per gli usi civici sia, soprattutto, per l'agricoltura; tra l'altro, minori risorse idriche hanno come conseguenza inevitabile una minore produzione di energia elettrica.
Va anche ricordato il problema legato all'efficienza degli acquedotti; infatti, in alcuni ambiti territoriali ottimali (ATO), le perdite dell'acqua immessa nelle reti supera, addirittura, il 50 per cento. Sappiamo che la percentuale di perdita considerata fisiologica, tollerabile, oscilla tra il 7, il 10, il 12 per cento; quindi, ci rendiamo conto del fatto che le cosiddette «reti colabrodo» necessitano di interventi strutturali urgenti.
Bisogna anche verificare l'intera rete nazionale poiché alcune aree del paese sono caratterizzate dal prelievo abusivo; ciò, talvolta, rappresenta anche un'emergenza d'ordine pubblico poiché in alcune aree sensibili del paese questo tipo di abitudine spesso è controllata dalla malavita organizzata.
Quindi, nel sud, nelle isole, nel resto d'Italia l'imperativo è volto ad una serrata lotta agli sprechi e ad una maggiore responsabilità nell'uso di questa risorsa, così preziosa quanto limitata: occorre utilizzare al meglio le risorse idriche disponibili.
A dire la verità, con la delibera CIPE del 27 maggio 2005 si sono resi disponibili, attraverso un sistema di mutui, oltre 1 miliardo di euro per una serie di opere irrigue ritenute indispensabili. Sappiamo pure che nella legge finanziaria per il 2007 è stata prevista una serie di interventi che servono ad amplificare proprio questo piano irriguo nazionale, già delineato negli anni passati, ma che, evidentemente, deve essere perseguito e portato a compimento con grande attenzione ed incisività. Siamo convinti che queste risorse ancora non bastano, quindi bisogna aumentarle e velocizzare l'iter e le procedure necessarie. Vi sono troppe lentezze, troppa burocrazia non solo a livello nazionale, ma anche a livello regionale, quindi si rendono necessari maggiori stimoli e sensibilizzazioni.Pag. 21
Anche l'Europa gioca un importante ruolo; ecco perché nella nostra mozione - così come in altre - si coglie l'importanza del ruolo dell'Unione europea, che, evidentemente, non può sottrarsi a questa importante responsabilità. Quindi, va affermata la necessità di costituire un fondo di solidarietà che possa dare una risposta agli agricoltori, agli imprenditori agricoltori, specie per i momenti emergenziali.
Vi sono tante altre cose che debbono essere fatte nella direzione del risparmio e dell'ottimizzazione delle risorse idriche presenti: mi riferisco ad un miglior utilizzo delle risorse idriche che passa anche attraverso pratiche agronomiche più intelligenti, selezioni di cultivar che necessitano di minori risorse idriche, sperimentazioni sempre più spinte ed intelligenti in questa direzione.
Si può e si deve intervenire anche nel settore del riutilizzo delle acque reflue, a nostro avviso importantissimo. In tale ambito, infatti, non solo alcuni paesi del nord d'Europa, ma anche alcuni paesi più a sud dell'Italia (come, ad esempio, Israele) sono molto più avanti di noi. Si tratta di un segnale che, evidentemente, dobbiamo cogliere e saper perseguire.
Siamo convinti che l'intero Parlamento debba confrontarsi su tale questione, trovando una unità di intenti. Ciò perché, rispetto a questioni così rilevanti, la divisione della politica su tesi spesso contrapposte non ha assolutamente senso. Bisogna profondere, quindi, il massimo impegno per tracciare le direttrici politiche, individuare gli obiettivi da conseguire, riempire di contenuti la nostra attività, reperire le occorrenti risorse finanziarie, garantire tempi certi ai nostri imprenditori agricoli e, soprattutto, alla nostra popolazione. Tutto questo con lo scopo di tracciare un futuro sicuramente migliore per tutti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pertoldi, che illustrerà anche la mozione Zucchi ed altri n. 1-00141, di cui è cofirmatario.
FLAVIO PERTOLDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il tema prioritario dei cambiamenti climatici e degli effetti che si ripercuotono sulle condizioni di competitività economica, nonché di sostenibilità delle attività stesse, costituisce l'asse portante delle diverse mozioni oggi al nostro esame.
Vorrei evidenziare che la Giornata mondiale dell'acqua indetta dalla FAO, cui ha fatto riferimento l'onorevole Delfino, la risoluzione del Consiglio europeo dell'8 e del 9 marzo scorsi e l'audizione del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Paolo De Castro, svoltasi, lo scorso 15 marzo, dinanzi alle Commissioni VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati non hanno fatto altro che ribadire la drammatica attualità di un problema che va affrontato non solo con responsabilità, ma anche con straordinaria determinazione.
Il quadro che ci viene offerto presenta situazioni diversificate sul territorio nazionale sul fronte della disponibilità della risorsa idrica. Infatti, nell'Italia meridionale, area che tradizionalmente risentiva della carenza di precipitazioni estive, sono state realizzate, nel corso dell'ultimo cinquantennio, le imponenti, importanti e necessarie opere di accumulo, anche se non tutte risultano corredate da un adeguato supporto di opere di adduzione.
Per contro, nelle aree settentrionali - in particolare, nell'area padana -, le tradizionali fonti di approvvigionamento idrico (le nevi perenni, i ghiacciai ed i laghi alpini) non rappresentano più una fonte certa per assicurare il fabbisogno estivo delle colture agricole, nonché dei distretti agroalimentari che insistono su questa importante area produttiva agricola del nostro paese.
La riduzione della portata idrica del fiume Po, inoltre, ha provocato e sta provocando tuttora la risalita del cuneo salino; ciò è assai preoccupante, anche per l'ecosistema complessivo.
Ebbene, se la legge finanziaria per il 2007 ha sbloccato risorse - come è stato ricordato dai diversi interventi che mi hanno preceduto - per oltre un miliardo Pag. 22di euro per la realizzazione degli interventi previsti dal piano irriguo nazionale, approvato con la delibera CIPE n. 74 del 27 maggio 2005, e se lo stesso piano prevede la finanziabilità di opere immediatamente appaltabili per ulteriori 600 milioni di euro, appare ora necessario un intervento programmatorio di medio e lungo periodo, al fine di realizzare nuove opere e di rendere più efficienti quelle esistenti, integrandole, laddove siano state già eseguite, con quelle di competenza regionale.
Ricordo che il piano strategico nazionale di settore pone, come obiettivo prioritario, il tema delle risorse idriche. Appare opportuno, quindi, far tradurre tali indirizzi all'interno dei singoli programmi regionali di sviluppo rurale. In tali piani, infatti, appare finalmente la giusta attenzione a tale questione, predisponendo altresì un'adeguata programmazione in tal senso.
Io credo che si dovrà definire una proposta condivisa con il mondo agricolo, con i consumatori, la società civile, il mondo della ricerca e dell'industria; una proposta da elaborarsi in collaborazione proprio con le regioni, che sono gli attori dei piani di sviluppo rurale, in un quadro di opportunità per utilizzare al meglio e anche per mitigare gli effetti delle nuove emergenze della nuova politica agricola comunitaria.
Oggi appare già evidente la prospettiva di una situazione di crisi annunciata, prospettiva che ci spinge ad impegnare il Governo su alcune iniziative che riteniamo assolutamente urgenti: ad esempio, dichiarare da subito lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po e per i bacini limitrofi che presentano simili condizioni critiche, nonché per il bacino dell'Adige e, dopo opportuna ricognizione, anche per altri bacini idraulici di fiumi. Ciò consentirebbe di attivare da subito tutti gli strumenti istituzionali necessari a governare e a gestire questa crisi.
Abbiamo individuato nelle cabine di regia in loco lo strumento forse più opportuno, cabine che vedano il concorso della Protezione civile nazionale in accordo con le autorità di bacino del Po, con le regioni e le province autonome il cui territorio insista sui punti di crisi. Ritengo si tratti di un atto più che mai opportuno in quanto teso anche a ridurre i rischi di tensione e di conflittualità che ciclicamente si ripropongono in ordine ai diversi usi, da quello agricolo agli altri di carattere industriale e civile.
Anch'io sottolineo la necessità di semplificare lo strumento del piano irriguo nazionale per una compiuta utilizzazione delle ingenti risorse allocate e rivolgo una sollecitazione in tal senso. Ritengo sia altresì necessario potenziare gli strumenti informatici - ad esempio, il sistema informativo della gestione della risorsa idrica in agricoltura - al fine di monitorare gli investimenti nazionali e regionali e così coordinare in maniera efficace la spesa pubblica.
Occorre poi introdurre cambiamenti negli orientamenti produttivi attraverso politiche agricole che sostengano gli investimenti in produzioni di qualità che richiedano una ottimizzazione dei consumi idrici ed energetici; oggi, credo che la ricerca abbia tutte le potenzialità per consentire anche agli operatori del settore agricolo di modificare gli atteggiamenti.
Infine, con riferimento a quelle opere irrigue da realizzarsi nelle regioni meridionali che ancora non vengano attuate, ritengo opportuno che il Governo rafforzi il ruolo degli organi ministeriali anche attraverso l'istituzione di una task force in grado di supportare il lavoro dei consorzi di bonifica ed accelerare così la realizzazione di quelle opere in tali zone.
PRESIDENTE. Sono presenti ed assistono ai nostri lavori le alunne e gli alunni della scuola media Don Milani di Sommacampagna in provincia di Verona; a loro e ai loro insegnanti rivolgiamo il nostro saluto (Applausi)
È iscritto a parlare il deputato Lion. Ne ha facoltà.
MARCO LION. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema all'ordine del giorno è particolarmente sentito dal nostro Parlamento. Pag. 23Infatti, già le Commissioni competenti, in particolare la Commissione XIII (Agricoltura) e la Commissione VIII (Ambiente) della Camera dei deputati, fin dall'inizio della presente legislatura, vi hanno dedicato specifiche sedute, affrontando sia il problema della crisi dei corpi idrici del settentrione sia lo stato delle infrastrutture idrauliche e gli interventi pubblici in campo irriguo nel meridione.
Il lavoro svolto dalle due Commissioni ha prodotto significativi risultati. In particolare, le Commissioni riunite nella seduta del 28 marzo scorso sono pervenute all'approvazione di una risoluzione che, riprendendo gli elementi contenuti negli atti di indirizzo presentati dai diversi gruppi, reca importanti indicazioni per un'azione coordinata ed incisiva, idonea a fronteggiare le difficoltà del settore idrico a livello nazionale, tenendo conto al tempo stesso della specificità delle singole aree del paese.
La Commissione agricoltura ha inoltre avviato il 6 febbraio scorso l'esame in sede referente di alcune proposte di legge, d'iniziativa dei deputati Misuraca, Lion e Delfino, concernenti l'istituzione dell'agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche in agricoltura, in relazione alle quali si è deliberato di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva per acquisire i necessari elementi istruttori.
L'acqua è una risorsa fondamentale per il sostentamento della vita sulla terra e per la conservazione dell'ambiente naturale. Le problematiche legate alla gestione qualitativa e quantitativa dei corpi idrici e, in particolare, le questioni relative alla salvaguardia delle loro disponibilità presenti e future costituiscono uno dei cardini della discussione mondiale sullo sviluppo sostenibile e sui cambiamenti climatici.
Siamo in presenza di scenari allarmanti, che oggi si pongono con particolare gravità soprattutto in ambito nazionale, specialmente per quanto riguarda le emergenze connesse alla crisi idrica: problemi di siccità e desertificazione ed eventi gravemente eccezionali, quali alluvioni e dissesti territoriali, che ormai si ripetono con preoccupante frequenza.
Non può sfuggire che nel prossimo futuro, se non interveniamo in maniera efficace, chi controllerà la distribuzione dell'acqua avrà un potere immenso. Dobbiamo con forza riaffermare che l'acqua è un bene primario pubblico e, laddove la sua distribuzione avvenga attraverso strutture di tipo commerciale, la proprietà delle fonti di approvvigionamento deve restare sotto il controllo della cittadinanza. Non è retorica statalista, ma è un principio cardine di garanzia e tutela della libertà individuale.
Si tratta di temi che bisogna affrontare con urgenza, con la consapevolezza che se si vuole giungere a soluzioni adeguate occorre intervenire in modo sistematico a diversi livelli: a livello culturale, innanzitutto, poi a livello economico e produttivo, infine a livello politico. Le azioni da adottare non si dovrebbero limitare al contenimento dei danni e alla prevenzione degli eventi calamitosi, ma dovrebbero stimolare un autentico cambiamento di prospettiva rispetto al tema della difesa delle risorse idriche, incidendo sulla formazione culturale e sulla sensibilità dei cittadini.
Per far fronte all'emergenza idrica è necessaria, infatti, la condivisione da parte di ciascuno di principi e regole che si traducano in comportamenti generalmente diffusi. Bisogna superare un vecchio orientamento, tuttora forte, che si fonda, in modo non pienamente consapevole, anche sulla concezione produttivistica e mercantile dell'uso dell'acqua, in cui la gestione delle risorse idriche si configura come uno sfruttamento delle stesse e paradossalmente vengono ritenuti uno spreco i deflussi naturali, anche se minimi, se si è in presenza di una irrigazione per scopi produttivi.
Si tratta, pertanto, di rendere effettivamente e convintamente consapevoli i cittadini che l'acqua è un bene prezioso e questa convinzione deve affermarsi nei comportamenti quotidiani. In tal senso, molto è stato fatto sul piano della comunicazione istituzionale. Rileviamo, però, che l'eccessiva commercializzazione e privatizzazione dell'acqua incide in maniera significativa sulla convinzione che, attraverso Pag. 24la monetizzazione delle risorse idriche, l'acqua, da bene comune e diritto dell'individuo, diventi una sorta di prodotto che, una volta acquistato, può essere utilizzato e sprecato a piacimento.
Risparmiare e usare razionalmente l'acqua, in primo luogo, è una questione etica, in quanto si tratta di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali, nel rispetto dell'integrità dell'ambiente e delle risorse disponibili, dal momento che non possiamo pregiudicare l'aspettativa delle generazioni future a poter vivere in ecosistemi integri e fruibili. Una maggiore disponibilità di acqua potabile, un adeguato sistema di infrastrutture atto a tutelarla dall'inquinamento e l'accesso ad adeguate risorse idriche per la produzione agroalimentare, per l'industria e per gli scopi civili sono elementi fondamentali per lo sviluppo dell'economia e per il sostentamento delle funzioni ecologiche degli ecosistemi naturali. Per questo motivo, quindi, sussiste la necessità di raggiungere un equilibrio tra crescente domanda di acqua per i diversi usi e il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi che da essi dipendono.
Riguardo alla situazione interna possiamo constatare che, nonostante l'Italia sia un paese potenzialmente ricco di risorse idriche, il fabbisogno civile produttivo non risulta adeguatamente soddisfatto del tutto nel territorio nazionale e lungo tutto il corso dell'anno. Ciò non solo per fattori climatici, ma anche per un inefficiente e vetusto sistema di opere idriche.
Una delle maggiori fonti di acqua per il nostro paese è rappresentata dalle precipitazioni. La distribuzione delle acque meteoriche fra le diverse aree del paese, tuttavia, è assai disomogenea: al tempo stesso, la qualità di precipitazione non è di per sé sufficiente a garantire un'abbondante disponibilità idrica. Si può riscontrare che, sommando le diverse fonti di approvvigionamento, si ottiene che nel complesso le risorse totali effettivamente utilizzabili ammontano a circa 52 miliardi di metri cubi annui, a fronte di un fabbisogno idrico complessivo di 40 miliardi di metri cubi.
Sulla base di questa situazione generale, occorre esaminare le modalità di utilizzo dell'acqua. Emerge innanzitutto che a livello di gestione delle risorse idriche, come per molti altri aspetti, l'Italia è un paese diviso in due. Siamo in piena crisi di emergenza idrica sia al nord sia al sud, ma per cause opposte. Al nord le criticità sono dovute al drammatico stato di dissesto idrogeologico del territorio dovuto all'eccessivo e sconsiderato sfruttamento produttivo dei corpi idrici, mentre al sud i problemi sono causati dall'assenza di infrastrutture idrauliche capaci di raccogliere e distribuire in modo razionale ed efficace l'acqua disponibile.
Nel nostro paese l'incidenza dei prelievi sulle risorse disponibili assume un valore molto elevato, superiore alla media degli altri paesi. L'Italia, infatti, si presenta come un paese sostanzialmente ricco di risorse idriche, il che ha contribuito allo sviluppo, sia in campo agricolo sia in campo industriale, di attività maggiormente esigenti sotto il profilo idrico ed ha determinato una modesta attenzione al problema del risparmio dell'acqua. Il nostro consumo idrico per ettaro si attesta su valori mediamente doppi rispetto a quelli di altri paesi europei del Mediterraneo e anche il consumo industriale, ancorché in declino, è tuttora elevato.
È facile perciò rendersi conto della gravità della situazione che si potrebbe determinare nel caso in cui si protraesse ulteriormente la diminuzione degli apporti meteorici in atto da alcuni anni. Si deve anche evidenziare che, nel persistere della crisi idrica, i livelli di inquinamento delle acque tenderebbero a salire con pesanti conseguenze sull'equilibrato funzionamento degli ecosistemi acquatici. È perciò importante imprimere una forte accelerazione a tutte le iniziative volte a porre in stretta relazione prelievi e disponibilità di risorse, a favorire il risparmio idrico ed il riutilizzo delle acque.
Proprio perché vogliamo avere un approccio positivo al problema, voglio riaffermare la contrarietà dei Verdi ad ipotesi di monetizzazione. L'acqua, infatti, è un diritto primario, quindi deve avere un Pag. 25costo contenuto. Sarebbe inaccettabile semplificare la situazione aumentando il prezzo dell'acqua, sperando così di dissuaderne l'uso. La strada giusta è invece l'incentivazione del risparmio idrico. Dovrebbe essere realizzata un'articolata serie di interventi, dall'adozione di agevolazioni per chi risparmia acqua, passando per l'adeguamento e l'equità delle tariffe e la diffusione della cultura del risparmio idrico, fino ad arrivare all'orientamento verso produzioni e attività meno idro-esigenti. Non sarebbe accettabile che nel nostro paese l'acqua costasse di più dove è scarsa perché questo aumenterebbe di molto la sperequazione anche in termini di capacità produttiva. È, infatti, del tutto ovvio che le zone con scarsità d'acqua sono anche quelle più arretrate economicamente.
La domanda idrica agricola, che rappresenta la quota maggiore della domanda complessiva, risulta in espansione per l'aumento delle superfici irrigabili e per l'effetto del maggior ricorso all'irrigazione anche nelle pianure settentrionali, nonostante il crescente, sia pure insufficiente, impiego di metodi irrigui a maggiore efficienza agronomica.
I risultati della ricerca in campo agronomico hanno dimostrato che si può fare un uso migliore dell'acqua in agricoltura; tali risultati, tuttavia, stentano a tradursi in comportamenti virtuosi e in tecniche effettivamente applicate. Le difficoltà che si riscontrano nella divulgazione tra i produttori agricoli delle conoscenze prodotte dalla ricerca dipendono in misura significativa anche dalla frammentazione degli enti gestori delle risorse idriche.
Ritengo, pertanto, ineludibile un'azione del Governo di informazione e promozione delle buone pratiche irrigue attraverso una sollecitazione di interventi coordinati da parte dei diversi soggetti coinvolti. In alcuni casi, l'impiego inefficiente dell'acqua in agricoltura è causa di crisi ambientali; basti pensare a ciò che avviene nella pianura romagnola ove si registrano gravissimi fenomeni di subsidenza o agli squilibri idrici a cui vanno incontro molti bacini italiani, tra cui il fiume Po.
Spesso, l'eccessivo impiego irriguo, unito alla cronica inefficienza dei depuratori delle città, fornisce anche un sensibile contributo al fenomeno delle atrofizzazioni dei corsi idrici e, quindi, del mare. Le soluzioni tecniche per favorire il risparmio idrico sono in gran parte note e l'impiego integrato e combinato di tutte le tecniche potrebbe già consentire un risparmio globale valutabile attorno al 30 per cento, anche tramite l'adozione di metodi irrigui dotati di elevata efficienza, come l'aspersione e, ancor di più, la microirrigazione. Altri importanti fattori non strettamente agronomici possono determinare consistenti riduzioni nei consumi e negli sprechi. La realizzazione di piccoli invasi aziendali per trattenere le acque piovane, l'adozione di turni corti e il passaggio da un sistema tariffario basato sulla superficie irrigabile ad uno parametrato al volume dell'acqua utilizzata di per sé stesso incentivebbero una immediata contrazione dei consumi e, al tempo stesso, il ricorso a pratiche agronomiche e irrigue di maggiore efficienza.
Altro aspetto di grande importanza è quello del riutilizzo delle acque. Tale processo dovrebbe essere reso per quanto possibile obbligatorio. Infatti, il riutilizzo concorre alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche e permette di limitare il prelievo di acqua. Tuttavia, occorre garantire che esso avvenga in condizioni di sicurezza ambientale. Gli standard di depurazione richiesti per il riutilizzo devono comunque essere necessariamente molto severi specialmente per quanto riguarda il rischio di contaminazione da agenti patogeni. Sarebbe auspicabile che i Ministeri competenti, in particolare quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali dedicassero maggiore attenzione al risparmio e al recupero idrico, dando indirizzi cogenti in modo che la pianificazione della gestione delle risorse idriche venga adeguatamente riconosciuta con il ruolo del riutilizzo delle acque reflue.
Una speciale riflessione si deve compiere sulla situazione delle infrastrutture Pag. 26irrigue del nostro paese. L'Italia versa in una situazione critica, sia al nord, sia al sud, ma per cause opposte. Pertanto, si deve rivolgere un impegno concreto, mirato e continuativo verso il risanamento delle carenze e dei guasti attualmente presenti. Occorre svolgere un'azione incisiva per risanare il dissesto geologico che sta travolgendo l'Italia.
PRESIDENTE. Deputato Lion...
MARCO LION. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Deputato Lion, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
MARCO LION. Concludo, affermando che ho inteso evidenziare gli aspetti essenziali che il tema dell'acqua richiama, sia in termini generali, sia per quanto riguarda le criticità che si sono manifestate in modo specifico nelle diverse aree del paese. Sono temi sui quali, come ho accennato, la Commissione agricoltura, insieme alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici hanno svolto e continuano a svolgere un intenso e proficuo lavoro di approfondimento.
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
MARCO LION. La mozione Realacci, che porta anche la mia firma, riprende i contenuti delle risoluzioni già approvate in Commissione. Faccio appello, quindi, agli altri colleghi perché si arrivi ad una sintesi e ad un documento di indirizzo unico.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come deputato radicale de La Rosa nel Pugno sento di esprimere un doveroso ringraziamento al gruppo dell'UDC che ci ha costretto a questo dibattito in Assemblea su un tema così importante. Come ricordavano altri colleghi, dall'inizio di questa legislatura in sede di Commissione agricoltura ma anche in sede di Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici abbiamo trovato occasioni per discutere e per approfondire la questione della carenza idrica e dell'emergenza idrica nel nostro paese. Del resto, tali emergenze ci hanno inseguito nel 2003, nel 2006 e nel 2007.
Una nuova visione del nostro paesaggio e del nostro territorio si impone e il dibattito di oggi e dei prossimi giorni può essere utile se eviteremo di ripetere quanto ci siamo già detti e le analisi che condividiamo. I numeri sono quelli di cui tutti disponiamo e l'analisi critica è condivisa. Il problema consiste nel decidere che cosa dobbiamo fare. Questo è l'onere e l'onore della politica, questo è l'onere e l'onore, in questa fase, del Governo di centrosinistra.
Ritengo che sarebbe una soluzione parziale e, quindi, errata se riducessimo il nostro intervento politico all'enumerazione dei progetti cantierabili e realizzabili sin da subito. Occorre avere la forza e la capacità di una visione di lungo periodo, di una visione utile a costruire uno scenario nuovo e innovativo che tenga conto, certamente, dei mutamenti climatici ma anche dei mutamenti di orientamento nelle coltivazioni che negli ultimi cinquant'anni ci sono stati nel nostro paese, dei mutamenti internazionali, della globalizzazione e del cambiamento dei mercati internazionali.
Inseguire la richiesta di acqua della Pianura padana con la costruzione di tanti grandi invasi sarebbe un errore strategico e di miopia. In questo caso parlerò della realtà che conosco meglio, quella del Piemonte, visto che i dati nazionali sono già stati riportati e sono, ripeto, condivisi.
La realtà del Piemonte, che è una delle grandi regioni del Nord, che in questi ultimi anni ha conosciuto un'emergenza idrica sconosciuta in precedenza, vede un consumo medio annuo di oltre 8 miliardi di metri cubi d'acqua. Un'analisi del WWF Pag. 27risalente ad alcuni anni fa testimonia che, a livello nazionale, il 65 per cento dell'acqua viene consumata in agricoltura; nelle regioni del Nord invece questa percentuale arriva all'80-90 per cento. In Piemonte, infatti, quasi tutti quegli 8 miliardi di metri cubi vengono usati in agricoltura; solo una parte minima, 500 milioni di metri cubi, sono per usi industriali, mentre altri 500 milioni di metri cubi sono per usi civili. Allora il problema è capire come gestire e come rendere ecocompatibile la nostra agricoltura attuale.
In un momento di cambiamento climatico, ma anche di cambiamento culturale e colturale del nostro paese, dobbiamo saper dare delle linee politiche. In occasione dell'approvazione della legge finanziaria lo scorso mese di dicembre, il Governo ha accettato un mio ordine del giorno - che poi è stato anche ripreso nella risoluzione che abbiamo approvato nelle Commissioni riunite ambiente e agricoltura e che è inoltre contenuto nella mozione proposta all'esame di questa Assemblea da gran parte del centrosinistra e da gran parte dei componenti delle Commissioni riunite - in cui si parla del manuale di buona pratica irrigua, per condividere con le associazioni di categoria e con il mondo imprenditoriale agricolo delle linee di comportamento; ma è anche un tentativo vero, nuovo, di governare la riforma di questo nostro importante settore, l'agricoltura, che incide in modo diretto sullo stato dell'ambiente e sul nostro paesaggio.
Come dice il rapporto della FAO del 2002, gran parte dell'acqua utilizzata nel mondo è consumata in agricoltura (il 50 per cento), mentre nell'industria o per usi civici essa è consumata soltanto, rispettivamente, per il 10 e per il 5 per cento. Dunque, dobbiamo porci il problema se sono ancora sostenibili i nostri campi intensivi di mais, così come le risaie allagate e i campi allagati con l'irrigazione a scorrimento, che è un'irrigazione molto dispendiosa di acqua, un sistema ottocentesco, superato ormai in molti casi dall'irrigazione a pioggia, così come anche questa è già superata dall'irrigazione a goccia o da altri sistemi innovativi, che paesi come Israele o come la Spagna in Europa stanno usando da anni.
Questo dibattito è utile e sarà interessante e produttivo se usciremo da questa discussione non con il finanziamento di tutti i progetti possibili ed immaginabili che ci vengono sollecitati e proposti, bensì riuscendo ad elaborare una nuova politica di governo del problema dell'acqua in questo nostro paese. La risposta degli invasi è una risposta utile in alcuni casi - sono laico, lo voglio riconoscere - ma non risolutiva del problema. Il Piemonte consuma 9 miliardi di metri cubi di acqua e pur essendo una delle regioni settentrionali più strutturate dal punto di vista delle infrastrutture di contenimento di invasi d'acqua, essa ha attualmente una capacità di 440 milioni di metri cubi: quindi una risorsa veramente non paragonabile con l'esigenza annuale dell'agricoltura piemontese.
Occorre dunque cambiare l'agricoltura, cambiare il rapporto con il territorio ed avere la fantasia di dare corpo, gambe e braccia ad una politica agricola ed ambientale innovativa. Sono contento che nei giorni scorsi una dichiarazione comune del ministro Pecoraro Scanio e del ministro De Castro abbia individuato nella metà di questo mese un momento per fare il quadro della situazione dell'emergenza idrica, per impostare una nuova politica di comune condivisione del risparmio idrico, anche partendo dalla situazione dell'agricoltura. Non bisogna pensare che parlare del consumo idrico in agricoltura sia un attacco all'agricoltura. Ciò è volto a salvaguardare l'agricoltura dalle esigenze idriche crescenti, che non riusciamo a sostenere.
Concludo, riservandomi di intervenire in una fase successiva del dibattito, nella speranza che questo Parlamento sappia davvero essere sensibile alle richieste del territorio ma anche, e tanto più importante, a quelle di una politica innovativa e alternativa alla costruzione dei soli invasi che questo Governo - a mio giudizio - ha come impegno.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Presidente, colleghi, anch'io svolgerò il mio intervento articolandolo per punti schematici, riservandomi di utilizzare una parte del tempo a disposizione nella fase successiva del dibattito.
È importante che oggi siamo qui a parlare di un grande malato che riguarda tutto il sistema idrografico di irrigazione di questo paese. Vi sono problemi che riguardano il Meridione, di cui si parla da decenni, che evidentemente è difficile risolvere perché manca forse anche la volontà; vi sono problemi che invece riguardano il Nord di questo paese, che sono emersi in maniera molto forte negli ultimi anni a seguito di alcune crisi relative all'abbassamento del livello di magra ed hanno comportato una serie di riflessioni che fino a ieri in effetti non facevamo, mentre oggi risultano necessarie.
Essendo io un uomo del Po, preferisco concentrarmi soprattutto sul suo bacino idrografico, che è un bacino importante, lo ricordiamo. Se, infatti, il territorio di invaso che occorre servire per l'agricoltura rappresenta il 25 per cento, esso è anche quello che ha numeri altissimi: il 37 per cento dell'industria nazionale, il 46 per cento dei posti di lavoro nazionale, il 55 per cento dell'intera zootecnia di questo paese e il 35 per cento dell'agricoltura complessiva gravitano intorno a questo bacino. Si tratta dunque di un territorio che ha bisogno di una grande attenzione e che oggi è in grande difficoltà.
Vorrei anche ricordare per punti schematici una materia che, comunque, non può risolversi attraverso semplici mozioni, poiché è troppo complessa, complicata, tocca troppi interessi, troppi organi ed enti. Credo pertanto che questo sia uno di quei problemi che dovremo affrontare in modo complessivo.
È bene approfittare del tempo a disposizione per ricordare il quadro generale del problema, riservandomi di entrare nel dettaglio in una seconda fase.
Vi è il quadro delle riserve idriche, quelle da cui noi attingiamo, legate alla pioggia, ai ghiacciai, alle riserve dovute alle falde, anche ipodermiche, dovute all'irrigazione negli strati argillosi, che sono andati via via scemando, diminuendo. Vi è un problema legato all'innalzamento del cuneo salino, dovuto proprio alla magra, e sul quale dovremo intervenire; altrimenti l'acqua nel bacino idrografico del Po rischierà di diventare inutilizzabile, per cui tutti gli interventi potrebbero rischiare di diventare pesanti e anche inutili.
Per quanto riguarda il quadro delle utilizzazioni di quest'acqua, vi è un uso idropotabile, idroelettrico, ambientale, turistico e irriguo. Questi sono i quattro usi che nei momenti di maggior crisi incidono più profondamente, perché vanno poi ad assorbire in misura maggiore l'acqua disponibile. Rimangono poi l'uso termoelettrico, la navigazione interna, che comunque è collegata alla quantità d'acqua, l'uso produttivo industriale e quello produttivo idrogenico.
Se facciamo una considerazione relativa all'intero scenario descritto, partendo dal presupposto che l'Autorità del bacino del Po sta già facendo un quadro per l'utilizzo della risorsa e quantomeno per il superamento delle crisi, ritengo che sia importante analizzare gli interventi, già previsti dalla normativa, confermati dalla finanziaria e dal Cipe, che permettono, senza spendere troppi soldi, di ottimizzare al massimo il sistema.
Credo che quello del Po, e in generale quello dell'irrigazione, non sia un problema di grandi opere, bensì di maggiore utilizzo delle risorse, di miglioramento di un sistema che oggi non sta funzionando.
Ho redatto, anche con l'ausilio di alcuni esperti del settore, uno schema articolato in dieci punti, che proprio per brevità richiamo sinteticamente, riservandomi, se ve ne sarà la possibilità, di entrare successivamente nel merito, perché la materia molto importante e interessante.
Vi sono innanzitutto due aspetti da analizzare: gli interventi strutturali e organizzativi, gli uni collegati agli altri.Pag. 29
Gli interventi strutturali sono quelli più conosciuti: per la funzionalità delle opere di presa e derivazione (e qui entriamo nel discorso legato, ad esempio, ai bacini di bonifica, su cui dovremo fare alcune riflessioni); per la funzionalità delle reti di distribuzione, che, come accennava prima Mellano, in alcuni casi sono anche piuttosto vetuste per cui occorrerebbe riguardarle (è uno dei problemi principali del Meridione, ad esempio, quello della dispersione di acqua); per il recupero di risorse non utilizzate (i reflui, le acque di riciclo, su cui dovremo iniziare a fare politiche serie e non solo chiacchiere). Vi sono anche interventi per la realizzazione di invasi di riserva (e in questo caso bisognerebbe superare il preconcetto che fare un invaso, ad esempio una diga, in certi contesti sia un'aberrazione e non una necessità) ed interventi per il miglioramento della sede idrogeologica e ambientale, strettamente correlati.
Gli interventi organizzativi riguardano: la riorganizzazione e la riduzione del numero dei soggetti gestori (che potrebbe essere un primo passo su cui muoversi); l'organizzazione e le modalità di utilizzo delle risorse idriche con il controllo attivo della domanda e l'adeguamento delle strutture tariffarie con il controllo passivo della domanda; la lotta all'abusivismo anche rispetto all'acqua (purtroppo nell'alveo fluviale c'è anche questo); la riqualificazione della programmazione degli interventi infrastrutturali.
Prendiamo spunto anche da ciò che avviene in altri paesi europei. Qualcuno ha realizzato il «Parlamento dell'acqua» mettendo insieme tutti gestori e varando una sorta di legge obiettivo che superasse le pastoie burocratiche e le frequenti rivalità tra enti locali e tra le stesse regioni che si contrappongono l'una all'altra. Se vogliamo giungere a ciò, sarà necessario avere molta serietà.
Non servono le cabine di regia che rischiano di non diventare altro che burocrazie che si sommano a quelle già esistenti, ma un Parlamento vero (chiamiamolo come vogliamo), cioè uno strumento veloce e attivo che sappia trovare e saper spendere le risorse necessarie. Altrimenti rischieremo di discutere soltanto quattro mozioni che, tra l'altro, sono sovrapponibili.
Si tratta di un problema reale; tutti ne siamo consci e lo condividiamo. Auspico che le mozioni trovino una sorta di sintesi unitaria; il messaggio migliore che potremmo fornire esternamente agli operatori del settore è quello di mostrare un Parlamento unitario nell'affermare che il problema esiste, che le risorse sono sufficienti e che bisogna intervenire quanto prima. Però, più che ricercare grandi soluzioni con la «bacchetta magica», che rischiano di rimandare ancora una volta il problema, cerchiamo di individuare interventi veloci, efficaci ed immediati, anche «piccoli», ma che siano di sostegno e di aiuto ad un settore che, nell'approssimarsi dell'estate, rischia di trovarsi veramente in una situazione di piena emergenza e crisi.
Dobbiamo smettere di affrontare le crisi e cominciare a curare le malattie ancora prima che si manifestino.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la discussione generale che oggi svolgiamo sulle mozioni per la realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale parte da lontano. Potremmo sintetizzarla in un'affermazione telegrafica quanto tragica, certamente non originale: «il mondo ha sete». È necessario inquadrare i nostri ragionamenti in questa prospettiva, se vogliamo sottrarci ai tecnicismi, focalizzare l'attenzione sulle emergenze idriche attuali e su quelle potenziali e avere ben chiara l'insostituibilità del bene «acqua» e delle conseguenze devastanti di una sua carenza.
Ogni anno, per mancanza di acqua potabile, cioè per sete, muoiono circa seimila bambini. Ogni giorno i bambini che muoiono per malattie legate all'uso di acqua non potabile sono altrettanti. Ogni anno scompare una città grande quanto Roma a causa dell'uso di acque contaminate, Pag. 30mentre una città grande come Firenze si ammala per la stessa ragione.
Sono cifre che mettono i brividi alla schiena e di fronte alle quali l'inedia diventa complicità criminale. Si prevede che nel 2025 la domanda di acqua potabile sarà incrementata del 70 per cento e le persone escluse dal suo uso saranno tre miliardi. Secondo l'UNEP, il programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, un terzo della popolazione planetaria vive in condizioni di stress o di crisi idrici, prevalentemente in Africa e in Asia occidentale. Ma la crescita demografica e l'espansione industriale incontrollata hanno prodotto un peggioramento notevole in Cina, India e Indonesia.
L'Italia, con i suoi oltre tremila metri cubi teorici di acqua pro capite non avrebbe dovuto correre rischi. Invece, la situazione è andata via via deteriorandosi e il quadro si è fatto preoccupante. Potenzialmente siamo molto ricchi di acque, secondi solo alla Francia tra i paesi dell'Unione europea, con 175 milioni di metri cubi teorici annui, ben al di sopra di qualsivoglia stress idrico. È un dato che rimane confortante se si prende in considerazione la disponibilità effettiva, cioè quella calcolata con l'esclusione delle perdite naturali e delle possibilità di captazione. Tuttavia, tale disponibilità che ci ha visto primeggiare in Europa in termini di quota pro capite non è omogenea - com'è noto - sul territorio nazionale: il 65 per cento delle risorse è ubicato al Nord, il 15 per cento al Centro Italia, il 13 per cento al Sud, l'8 per cento nelle isole.
I mutamenti climatici incideranno ancora di più sulla disponibilità della risorsa acqua. Le previsioni, infatti - purtroppo confermate da alcune emergenze territoriali anche clamorose come quella del Po e dell'Adige - paventano un aggravamento della siccità e un avanzamento del processo di desertificazione dell'Italia meridionale ed insulare, con una tropicalizzazione progressiva delle aree centro-settentrionali. Se gli effetti delle desertificazione sono facilmente immaginabili, non altrettanto può dirsi dell'aumento della piovosità derivata dalla tropicalizzazione.
La particolare morfologia ricca di pendii, aggravata dalla cementificazione del letto dei fiumi, dalla riduzione delle aree boschive e dalla maggiore violenza delle piogge, non fa corrispondere alla tropicalizzazione un maggiore assorbimento d'acqua, né un incremento di risorse, ma semmai un più rapido deflusso verso il mare.
Tra i settori di impiego, la parte del leone - com'è noto - la fa l'agricoltura, e lo abbiamo sentito anche nel dibattito odierno, con oltre il 50 per cento del consumo di risorse, in prevalenza al Sud, seguita dall'industria, con il 20-30 per cento concentrato soprattutto al Nord e con circa il 10-20 per cento destinato agli usi civici. Tra tali quantità, solo il 2-3 per cento viene consumato per bere e per l'alimentazione, mentre il resto è assorbito dalle «sciacquone», per il 30 per cento, da lavastoviglie e lavatrici, ancora il 30 per cento, dal bagno e dalla doccia e da altri usi, come il lavaggio delle auto.
Si tratta di dati semplici e persino banali, ma proprio per questo appare irrinunciabile la creazione di una rete duale che consenta di riservare l'acqua potabile agli usi più delicati, mentre per gli scarichi ed gli usi extradomestici si potrebbe utilizzare acqua non trattata. Occorre comunque precisare che l'Italia ha, fra i tanti diversi primati positivi - dovuti peraltro a cause naturali - anche il pessimo primato europeo degli sprechi: tra acqua prelevata e quella utilizzata c'è, infatti, un gap di circa il 27 per cento (23 per cento al Nord e 30 al Sud e nelle isole).
La causa di questi sprechi è strutturale, legata cioè ad una rete idrica carente su cui la cosiddetta legge Galli prevedeva già dal 1994 un risanamento e un graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano - com'è scritto - «rilevanti perdite». Fino a quella data, nonostante il progressivo invecchiamento delle reti idriche, gli investimenti sono paradossalmente diminuiti.
Un ulteriore aspetto problematico è stata la privatizzazione delle acque minerali che, da proprietà pubblica, sono state Pag. 31sfruttate da privati per mezzo di concessioni regionali, talvolta inique. Per poche centinaia di migliaia di euro di canone, le aziende ottengono migliaia di milioni di euro di profitti. Il tutto è quasi sempre a beneficio di alcune multinazionali.
È noto che la Nestlè, in Italia, è proprietaria dei marchi quali San Pellegrino, Levissima, Panna, mentre la francese Danone è proprietaria dei marchi Ferrarelle, San Benedetto ed altri. Esse rappresentano circa un terzo del mercato mondiale, e questo è un problema.
La materia dunque è complessa e riteniamo che debba essere trattata con serietà e con responsabilità. Le proposte avanzate nella mozione di cui il primo firmatario è il presidente della Commissione ambiente, Realacci, e da me sottoscritta, detta solo alcuni degli spunti che possono essere assemblati intorno ad un diverso rapporto con l'acqua.
Rinviare infatti la soluzione dei problemi a piani straordinari e a ricerche scientifiche su nuove tecnologie, nonchè a finanziamenti eccezionali sulle infrastrutture, senza comporre con consapevolezza la linea civica dell'educazione all'uso dell'acqua per l'agricoltura, per l'industria e per l'uso civico, significherebbe commettere ancora l'errore che rischia di esserci fatale, vale a dire ritenere la terra un oggetto cristallizzato ed inesauribile.
Noi abbiamo una diversa concezione. Riteniamo infatti - per dirla anche con un nostro amico che ci ha abbandonato prematuramente, Paolo Colli - un pioniere dell'ambientalismo di destra e fondatore dell'associazione «Fare Verde», che anche se l'acqua non vota, così come non votano gli alberi, ha bisogno di tutto il rispetto possibile, perchè dalla sua disponibilità dipende il benessere del pianeta e dell'umanità.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella speranza che le mozioni presentate possano essere sintetizzate non solo e non tanto in una petizione di principio generale, ma anche in provvedimenti cogenti, auspichiamo che il Governo riesca a rendere operativi i finanziamenti stanziati nella precedente legislatura e che le norme approvate nel corso dell'ultima legge finanziaria possano trasformarsi in azioni responsabili, prima che questa emergenza, che, per alcune aree geografiche del nostro paese, è già diventata un autentico flagello, possa deteriorare ulteriormente questo bene che, paradossalmente, se ben utilizzato, potremmo addirittura esportare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo vuole portare il proprio contributo su una tematica così importante, sentita e davvero preoccupante. Vogliamo ringraziare tutti i gruppi che hanno presentato le mozioni sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale che meritano tutte il nostro voto favorevole, proprio perché trattano di un problema, a cui dobbiamo, come Parlamento della Repubblica, dare risposte chiare, senza alcuna titubanza. È evidente che la carenza di acqua è un problema sentito in misura maggiore laddove la stessa sopravvivenza è legata a questo bene, ma dobbiamo essere coscienti che stiamo parlando del bene più importante e prezioso per l'uso civile, quindi per la nostra sopravvivenza, per l'uso industriale, dato il valore economico che ha per un paese, e per l'uso agricolo e zootecnologico.
Alla base delle preoccupazioni di tutti, vi è la forte diminuzione delle precipitazioni piovose ed il conseguente bilancio idrico sfavorevole. È sotto gli occhi di tutti che i ghiacciai si stanno riducendo in maniera vertiginosa, che le nostre Alpi e i nostri Appennini non sono più innevati come dovrebbero, che le precipitazioni stanno calando e che i bacini di contenimento e di riserva di acqua piovana sono sempre più ridotti.
Nel nostro paese manca una cultura di base, che dovrebbe iniziare dalle scuole e che dovrebbe far capire al cittadino di cosa stiamo parlando, in modo da renderlo responsabile che, quando lascia il rubinetto aperto, sta sperperando un bene, un patrimonio, che non è suo, ma che appartiene all'intera collettività.Pag. 32
La siccità del bacino idrografico del Po è sotto gli occhi di tutti ed è quella che più ci ha allarmato in questo ultimo periodo e che ha fatto sì che fossero presentate queste mozioni. Lì, si assiste ad una risalita salina che impedisce la piena attività dei settori dell'agricoltura e del bestiame, con le conseguenti preoccupazioni di ordine sociale, economico, sanitario e veterinario.
Ed è per questo che noi ribadiamo e sottolineiamo il fatto che in tutte le mozioni si ritrova questo allarme. Un allarme che parte dal Protocollo di Kyoto, che bisogna fare applicare dai paesi dell'Unione europea, dagli Stati Uniti, ma anche dalla Cina e dall'India, paesi che hanno uno sviluppo incontrollato, che fa paura e che, ovviamente, aggrava l'effetto serra.
L'aggravamento dell'effetto serra comporta naturalmente ripercussioni negative sulle precipitazioni. Paradossalmente il nostro Sud, che era abituato a precipitazioni ridotte, ha una cultura delle riserve di bacino superiore al Centro Nord, dove troviamo con zone impreparate a fronteggiare questa emergenza. La delibera del CIPE n. 74 del 27 maggio 2005, che ha approvato il piano irriguo nazionale, deve essere applicata, deve trovare sia nell'impegno quindicennale sia nell'impegno di bilancio annuale le risorse necessarie al sostegno di tutte le opere necessarie non solo da un punto di vista irriguo, ma anche per le abitazioni civili.
Il ciclo delle acque deve essere preso più seriamente in considerazione dal Governo; è un ciclo che si completa se si ha la capacità di far sì che non si butti via niente, soprattutto in certi periodi, perché le acque reflue dal consumo umano e animale possono essere ben utilizzate per la nostra agricoltura. Si tratta di una cultura che già hanno altri paesi - la Spagna, la Francia e molti paesi mediterranei dell'Africa del nord - dove la valorizzazione dell'acqua è sicuramente maggiore rispetto al nostro paese. Noi eravamo abituati, in un periodo di cosiddette vacche grasse, a sperperare questo bene e in un momento di serio calo delle precipitazioni e della capacità dei nostri bacini il problema si pone concretamente.
Il Governo, ovviamente, deve trovare dei finanziamenti in tempi rapidi per far fronte all'emergenza. Esso, tuttavia, deve varare piani non solo a breve termine, che sono sicuramente importanti, ma anche a medio e lungo termine, perché a medio termine sono l'agricoltura e l'allevamento a rappresentare delle emergenze, ma a lungo termine è la stessa alimentazione umana ad essere in pericolo, è l'approvvigionamento per le abitazioni civili a rappresentare l'emergenza.
È necessario che sia il Governo, sia la Conferenza Stato-regioni, sia, soprattutto, le regioni stesse siano preparati seriamente di fronte ad un problema così importante .....
PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha ancora a disposizione circa tre minuti; tuttavia vorrei ricordarle che questo è il tempo totale assegnato al suo gruppo per la tutta la discussione delle mozioni. Ne tenga conto, grazie.
LUCIO BARANI. Grazie Presidente, mi avvio alla conclusione per seguire i suoi consigli, che sono sempre pronti e puntuali.
Noi crediamo sia necessario ritornare sul problema con provvedimenti ad hoc per valorizzare a tutti i livelli l'acqua ed il ciclo dell'acqua e per cercare di far sì che le regioni e le amministrazioni siano maggiormente pronte ad affrontare l'importante questione.
Invito nuovamente il Governo a dare attuazione alle delibere CIPE n. 74 del 27 maggio del 2005 e n. 75 del 2006, rendendo disponibili le necessarie risorse finanziarie per fronteggiare questa emergenza.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
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