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Discussione della mozione Baldelli ed altri n. 1-00137 sul precariato nelle pubbliche amministrazioni (ore 14,07).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare il deputato Baldelli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00137. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, discutiamo su un argomento che in parte è già stato affrontato in sede di sindacato ispettivo, in particolare di interpellanze urgenti e di question time. Mi sia concessa l'occasione per ringraziare il sottosegretario Scanu per la sua presenza, e di sottolineare, al pari della sua presenza, sempre molto cortese, e della competenza con cui affronta i temi posti dalla nostra parte politica in relazione al precariato nel pubblico impiego, come contestualmente si registrino un'assenza e una «latitanza», piuttosto evidenti e chiare, da parte del ministro.
Chiediamo al sottosegretario Scanu, se ne ha la possibilità, di capire, anche nel corso di note trasmissioni del servizio pubblico come Chi l'ha visto, se vi siano tracce del ministro della funzione pubblica, ovvero delle riforme e delle innovazioni nella pubblica amministrazione, come viene ora definito, affinché possa chiarire la posizione ufficiale del Governo ed apparire in quest'aula in carne ed ossa; ciò al fine di giustificare le posizioni, spesso contraddittorie, assunte dal suo dicastero, nonché di dimostrare che si occupa di ascoltare anche il Parlamento, oltre che i sindacati, con i quali sembra avere il piacere di stipulare, attraverso foglietti portati a conoscenza dell'opinione pubblica mediante articoli di giornali, accordi sottobanco insieme al sottosegretario Sartor.
Tornando alle mozioni in esame, il gruppo di Forza Italia ha presentato il documento di cui sono primo firmatario nella convinzione che si debba finalmente creare in questo Parlamento un'occasione per discutere in maniera approfondita e definitiva su un problema che riguarda decine di migliaia di lavoratori, nonché in generale il sistema del pubblico impiego, il suo funzionamento e la sua efficienza. Si tratta di un problema che origina da un «pasticcio», vale a dire l'inserimento, da parte del Governo, nella legge finanziaria di norme irrazionali, contraddittorie e, a nostro avviso, viziate da un forte sospetto di incostituzionalità. Tali norme sono volte a sanare situazioni di fatto relative ai lavoratori flessibili presso le pubbliche amministrazioni, che in generale definiamo, non sempre propriamente, «precari».
Abbiamo valutato che a fronte di circa 300 mila unità complessivamente interessate nell'ambito di diverse tipologie, che vanno dai contratti a termine, ai contratti di formazione lavoro, ai co.co.co., ai contratti a tempo determinato, ai lavori socialmente utili (vale a dire tutto l'arcipelago delle varie tipologie di lavoro), soltanto poche migliaia di lavoratori rientrano nelle figure dei «precari storici», ossia di coloro che da un notevole numero di anni sono alle dipendenze dello Stato in maniera flessibile ed esterna rispetto aiPag. 42dipendenti pubblici propriamente detti. Circa il 90 per cento di tali cosiddetti «precari» è legato, è alle dipendenze di regioni, servizio sanitario ed enti locali. Del resto, per stessa ammissione del ministro Nicolais, fatta ad inizio mandato, il pubblico impiego registra oggi 400 mila eccedenze (e 400 mila eccedenze, al costo di 33 mila euro per dipendente pubblico, significano fra i 12 e i 13 miliardi di euro di servizi non corrisposti).
All'interno della legge finanziaria sono state introdotte norme irragionevoli che prevedevano percorsi di stabilizzazione per soggetti con situazioni assai diverse fra loro: coloro che hanno un contratto alla data del 29 settembre 2006, indipendentemente dall'anzianità; coloro che hanno solo tre anni di servizio, anche non continuativi e senza contratti in corso; coloro che hanno avuto contratti con diverse amministrazioni in periodi diversi; coloro che hanno lavorato nei gabinetti di ministri, sottosegretari, presidenti ed assessori (come indirettamente confermato da una circolare dell'ANCI, frettolosamente ritirata); coloro che non hanno mai sostenuto una prova selettiva, in favore dei quali se ne organizzerebbe una riservata ed evidentemente fittizia.
Vi è inoltre il problema - creatosi dopo i molti anni di blocco delle assunzioni nel pubblico impiego - dei 70 mila vincitori di concorso e dei 70 mila idonei.
L'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 esclude che la violazione di norme imperative relative a forme contrattuali flessibili da parte delle pubbliche amministrazioni possa in ogni caso dar vita alla trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato.
Com'è noto, la diffusione di contratti di lavoro flessibili è dovuta al fatto che tali contratti sono stati adoperati come strumenti per eludere il blocco delle assunzioni e per arginare un'eccessiva rigidità delle prestazioni dei dipendenti pubblici (dovuta in larga parte, dobbiamo ammetterlo, all'atteggiamento di contrapposizione del sindacato). Se infatti avessimo avuto una maggiore possibilità di introdurre orari flessibili, e se avessimo incentivato di più l'utilizzo degli straordinari, probabilmente non vi sarebbe stato un così vasto ricorso alla flessibilità.
Ci si trova dunque in una situazione difficile, poiché vi è stato un uso distorto della flessibilità e - attraverso le citate previsioni della legge finanziaria - si è ingenerata un'aspettativa di stabilizzazione.
Chiediamo pertanto che il Governo si impegni - in questo senso va il dispositivo della mozione in esame - ad affrontare il problema della stabilizzazione secondo il principio della meritocrazia, attraverso prove selettive aperte (ove esse non siano state già svolte).
Chiediamo inoltre che si distingua fra i casi di vero precariato e quelli nei quali tale espressione non si può adoperare. Infatti - colleghi e soprattutto colleghi della maggioranza - non possiamo parlare di precariato in tutti i casi. Ad esempio, una persona che abbia avuto un contratto a partire dal 1o settembre dell'anno scorso non è un precario. Dividiamo dunque i veri precari dai falsi.
Inoltre, chiediamo che la stabilizzazione non diventi una sorta di sanatoria generalizzata in cui vengano inclusi, un poco di soppiatto, anche i portaborse di coloro che svolgono incarichi politici. Credo che vi sia su questo punto la buona volontà, se non altro per decenza, anche del Governo; certo vi è la condivisione dei colleghi di Alleanza Nazionale e della Casa delle libertà, ma credo di tutto l'arco parlamentare (di cui non mi faccio portavoce: se così sarà, saranno loro a dirlo). Parlo di sanatoria perché in realtà proprio di ciò si tratta.
Naturalmente, è innegabile che parliamo di persone che prestano servizio in maniera assai nobile, efficace ed attiva nell'ambito del settore pubblico a livello statale o locale (probabilmente, anzi, questa efficienza è legata alla situazione di flessibilità e di incertezza contrattuale che caratterizza tali lavoratori).
Tuttavia, vi è anche da dire che queste persone, spesso, sono state chiamate anche in deroga al buonsenso, alle discipline normative, nonché alle effettive esigenze,Pag. 43o, comunque, sono il frutto dell'utilizzazione, spesso distorta (altrimenti non registreremmo questi numeri), della flessibilità da parte dei dirigenti o dell'autorità politica che, attraverso i dirigenti, ha permesso l'assunzione di tale personale.
Quindi, vi è un problema di responsabilità. Vi sono dei responsabili per quanto riguarda le sacche di precariato e dovremmo fare chiarezza in merito!
Queste stabilizzazioni dovrebbero essere commisurate alle esigenze di organico, senza caricare la macchina pubblica in maniera inefficiente dove non vi è bisogno. Bisogna fare in modo che le assunzioni vengano effettuate parallelamente a questo percorso, attivandone uno per gli idonei e per i vincitori di concorso; ve ne sono tanti che rivendicano il diritto sacrosanto alla meritocrazia, e nessuno li protegge e li tutela. Crediamo che sia un errore, perché sono giovani che studiano, si preparano, partecipano e vincono le prove selettive, e che si pongono delle domande di fronte ad un processo di sanatoria di questo genere. Pertanto, non lasciamoli soli; aiutiamoli ad essere assunti nei posti per i quali hanno vinto meritatamente un concorso (sono giovani che hanno studiato ma, magari, non sono figli di amici di dirigenti, o comunque non hanno amicizie tali per cui possono sperare in un'assunzione a chiamata) e comportiamoci da persone serie, che rispettano la legge e la Costituzione, anche perché, di fronte a norme palesemente incostituzionali, si rischiano ricorsi che inficeranno queste norme e le aspettative ingenerate saranno disattese.
Bisogna promuovere la mobilità, la flessibilità dei dipendenti, perché quando si rispettano queste condizioni il ricorso all'esterno si riduce. Bisogna impedire la formazione di nuove sacche di precariato, perché, colleghi, se affrontiamo la questione in maniera superficiale o in termini di sanatoria una tantum, potremmo ritrovarci di fronte allo stesso identico problema.
Pertanto, dobbiamo valutare la responsabilità contabile e amministrativa dei dirigenti. In parte già c'è, ma vogliamo che sia rafforzata; dobbiamo trovare il modo di chiudere questi rubinetti, altrimenti, ciclicamente, ogni 2, 3, 4 o 5 anni, ci ritroveremo di fronte allo stesso problema, che non sarà più l'eccezione ma la norma, ed una disposizione di questo genere non potrà entrare a regime.
Occorre, inoltre, permettere al lavoratore che presta la propria opera nel sistema pubblico di riproporsi sul mercato, perché, altrimenti, è ovvio che l'unica aspettativa che si ingenera è quella dell'assunzione a tempo indeterminato. Quindi, credo che, da questo punto di vista, si possa e si debba fare molto, così com'è stato fatto, per esempio, per quanto riguarda il servizio di leva, con riferimento al quale si poteva scegliere se seguire la carriera all'interno del servizio o un periodo di ferma breve, maturando competenze da spendere sul mercato.
Occorre, inoltre, adottare iniziative normative al fine di predisporre un sistema di valutazione dell'efficienza e del rendimento degli impiegati pubblici, per promuovere il ruolo dei dirigenti. Crediamo, infatti, che i dirigenti non siano, come sostiene il ministro Ferrero, la causa del «fannullismo» del pubblico impiego in tante amministrazioni (paradossalmente, questa sinistra ne rappresenta la bandiera, il nume tutelare, anche se, almeno in termini di facciata, dichiara di combatterlo). In tale contesto, non possiamo immaginare nessun altro strumento se non quello della responsabilizzazione dei dirigenti.
Riteniamo che si debba fare qualcosa in ordine a questo problema. Per tale motivo, alcuni di noi hanno sostenuto la proposta Ichino che, a nostro modesto avviso, ha tuttavia il limite di introdurre una nuova autorità; sebbene, infatti, vi sia un ente terzo, essa comporterebbe l'istituzione di un nuovo ente. Come dicevo, tale proposta, comunque, va nel senso giusto, individuando meccanismi di valutazione. Crediamo che nel memorandum ciò sia stato svilito attraverso un meccanismo di concertazione complessiva con il sindacato.Pag. 44
Riteniamo che sia interesse anche del Governo lavorare per una maggiore efficienza e per una maggiore produttività del pubblico impiego, rappresentando, in qualche modo, l'interesse pubblico, senza «svenderlo» in cambio di un accordo sottobanco con il sindacato. È ciò che sta accadendo riguardo al contratto del pubblico impiego, rispetto al quale si è ormai in un regime di contrattazione permanente, costante e continua, in cui è penalizzato l'interesse pubblico, dei cittadini, degli utenti e dei consumatori, perché non si riesce ad ottenere che si stabilisca che, a fronte di aumenti, si deve rendere più produttivo il pubblico impiego. Non si riesce a fissare un criterio sulla valutazione dei dipendenti pubblici. Non si riesce ad ottenere nulla di tutto ciò, perché si continua con la vecchia logica del finanziamento «a pioggia» e della contrattazione permanente, perché, addirittura, si contratta la direttiva che deve essere inviata all'Aran (anche quest'agenzia è ormai tutta governata, nel consiglio di amministrazione, da persone che provengono dal sindacato) e perché, nel contrattare tale la direttiva, - si passa attraverso una contrattazione preventiva ed una successiva. Gli stadi di contrattazione, cioè, sono innumerevoli, con il risultato di impegnare molti soldi non ottenendo nulla in cambio.
Ci piacerebbe, inoltre, capire, considerato che altre mozioni sollevano il problema in modo importante, a che punto è la citata direttiva. I colleghi di Rifondazione comunista-Sinistra europea e dei Comunisti Italiani ponevano una questione relativa all'articolo 417. È un articolo che Rifondazione comunista-Sinistra europea e i Comunisti italiani hanno fortemente voluto e su cui il Governo deve fare chiarezza. Chi rientra nella stabilizzazione e chi non vi rientra? Noi sosteniamo che si può fare una distinzione tra veri precari e falsi precari, ma qualcuno dovrà dirci, vivaddio, chi rientra in tale stabilizzazione! Altre mozioni chiedono addirittura la stabilizzazione dei dirigenti del personale scolastico, delle consulenze prestate dai liberi professionisti, e chi più ne ha, più ne metta: chi ha più fantasia, proponga! Lo ripeto: noi riteniamo che bisognerebbe fare chiarezza su tale aspetto.
Il ministro Chiti è venuto a «venderci» un DPCM che, in realtà, non è nulla di più che la prosecuzione di un'iniziativa perseguita dall'allora ministro Baccini e già finanziata dal Governo di Berlusconi, quella che riguarda 6.900 - su 8 mila - statali. Sono stati aggiunti 800 statali, ma, lo ripeto, l'iniziativa è stata dell'allora ministro Baccini. Vi è l'esigenza di capire quando sarà attuata la direttiva sul precariato nel pubblico impiego. A che punto siamo, signor sottosegretario? Cosa sta facendo il Governo, cosa abbiamo prodotto? Quali risposte diamo sulla stabilizzazione? Ci pare di capire che non è pronta nemmeno una bozza. Nel fondo del precariato residuano 5 milioni di euro, che servono alla stabilizzazione di circa 120-130 persone.
Il problema, quindi, esiste ed è all'ordine del giorno, la programmazione che si può fare va fatta all'interno di una mappatura dei fabbisogni. Vogliamo, dunque, capire se esiste una mappatura dei fabbisogni, se tale mappatura è attuale e che cosa pensa il Governo in ordine, ad esempio, alla riserva del 60 per cento a favore dei co.co.co. nei concorsi per i posti a tempo determinato. Anche in tale ambito si rischia, infatti, di raddoppiare la prestazione precaria e di ampliare nuovamente la sacca del precariato, senza offrire certezze, ma ingenerando ulteriori aspettative. In tal senso credo, dunque, che le mozioni presentate da Forza Italia e dagli altri gruppi della Casa delle libertà siano molto ragionevoli, in quanto pongono problemi che sono sotto gli occhi di tutti.
È nostro interesse ragionare con pacatezza, ma anche con grande serietà su tali problemi, perché abbiamo di fronte le aspettative di decine di migliaia di lavoratori.
Crediamo che si debba avere rispetto per questi lavoratori, dando loro non illusioni che non possono tradursi nella realizzazione di un sogno, magari instillato per puri scopi politici, ma risposte concrete,Pag. 45attendibili. Dobbiamo evitare di aprire un contenzioso tra poveri, tenendo quindi presenti le esigenze di tutti: vincitori di concorso, idonei e precari. Mi riferisco ai precari veri, non ai portaborse dei politici, né a quelli inseriti per amicizie verso forze politiche o per potere di lobby in qualcosa che non è più definibile come una stabilizzazione. Si tratterebbe, infatti, di una sanatoria indiscriminata di cui tutti i cittadini - persino quelli che rischiano con le imprese, quelli che pagano le tasse e che non hanno la certezza dello stipendio a fine mese perché operano sul mercato - saranno costretti a pagare le conseguenze, insieme alle nuove generazioni, che rischiano di avere a che fare con un pubblico impiego affaticato, appesantito per colpa di chi non ha saputo dire di no quando occorreva, e non ha saputo dire di sì a quelli a cui invece ciò andava detto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lo Presti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00148. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, interverrò anche successivamente in sede di dichiarazione di voto, mentre in questa fase mi limito ad illustrare la mozione presentata da Alleanza Nazionale e a chiarire la sola ragione per la quale noi abbiamo inteso presentarla: è nostra intenzione smascherare un'operazione demagogica portata avanti da questo Governo e da questa maggioranza.
Si tratta di un'operazione demagogica condita da un «effetto annuncio», da tanti dubbi di costituzionalità sulle norme contenute nella legge finanziaria e approvate quasi di nascosto, e oltretutto caratterizzata anche da pochissimi fondi. Come ricordava il collega Baldelli, la cifra stanziata per questa operazione è di cinque milioni, una somma che confligge con l'enorme numero dei soggetti destinatari delle norme della finanziaria, ovvero i cosiddetti precari nel pubblico impiego. Tale operazione demagogica non poteva passare sotto silenzio soprattutto alla vigilia della scadenza di un termine che ancora non si sa bene se sarà rispettato o meno da questo Governo.
Come ho già detto, esistono in proposito numerosi dubbi di costituzionalità, non fosse altro perché non è chiaro quale debba essere la procedura con cui stabilizzare questo grande numero di precari. Si parla di una procedura selettiva ma non si sa bene quali connotati debba avere. Essa confliggerebbe con una norma a nostro avviso assolutamente invalicabile e non eludibile, ovvero l'articolo 97 della Costituzione. Sorgeranno numerosi contenziosi se si procederà su questa strada e se non si chiarirà esattamente che il percorso di stabilizzazione dei precari non può non tenere conto di procedure concorsuali che diano anche ad altri soggetti la possibilità di essere inseriti nei ruoli della pubblica amministrazione.
Si tratta di un'operazione demagogica anche in considerazione delle richieste provenienti da più parti della maggioranza di Governo. Nelle mozioni presentate all'attenzione di quest'Assemblea si ipotizza anche la stabilizzazione di dirigenti sanitari e addirittura di decine di migliaia (forse centinaia di migliaia) di consulenti che in tutta Italia prestano la propria attività come liberi professionisti presso numerose amministrazioni, dai piccoli comuni fino a quelli di grandi città.
A questo punto, il Governo ci dirà, qui in Parlamento, cosa intende fare e così chiariremo al paese se, al di là dei contenuti accettabili, in un'ipotesi di stabilizzazione attinente al cosiddetto precariato storico, si debba arrivare ad una stabilizzazione generalizzata, la quale, però, è tale solo sulla carta. Non abbiamo, infatti, capito in concreto con quali mezzi giuridico-amministrativi ed economici si possa giungere a tale agognata stabilizzazione.
Come ricordava poc'anzi il collega Baldelli, occorre ricordare qual è il grave vulnus, che si rischia di arrecare agli oltre 70 mila vincitori di concorso, quello che io definisco il grave corto circuito generazionale, che si determina nel momento in cui togliamo definitivamente ai giovani la possibilità di accedere ai ruoli della pubblicaPag. 46amministrazione, proprio perché sopravanzati, a causa di una stabilizzazione generalizzata, senza criterio, da soggetti che impediranno loro di sperare in un futuro lavorativo nell'ambito del pubblico impiego.
Questo corto circuito generazionale ha già arrecato gravi danni in una città come la mia, Palermo, dove i precari, ereditati dall'attuale amministrazione, che, in parte e a fatica, sono stati stabilizzati, rimangono, ancora oggi, un «tappo» al processo di ricambio di carattere generazionale. Migliaia di giovani palermitani, infatti, ancora oggi, aspettano a turno al fine di ottenere un inserimento stabile nella pubblica amministrazione, ma le procedure concorsuali non si svolgono più e quelle che sono già indette sono bloccate e rischiano di non concludersi.
Signori del Governo, cari colleghi della maggioranza, nella valutazione di questo fenomeno ci distingue una diversa filosofia. C'è una filosofia di fondo che la Casa delle libertà condivide nell'analisi e nella ricerca dei rimedi volti a scongiurare e a reprimerlo, che è profondamente diversa dalla vostra. Nel 1997, quando avete bloccato il turn over nella pubblica amministrazione, non avete considerato, nel frattempo, anzi, forse, lo avete fatto scientemente, che l'apertura delle maglie del precariato, così come si è sviluppato ed evoluto grazie alle norme del cosiddetto pacchetto Treu, che consentivano la produzione di numerosi contratti a tempo determinato del pubblico impiego, avrebbe portato a dibattiti come quello odierno. Ci troviamo, invece, di fronte ad una realtà diversa nell'impiego privato, dove la nostra filosofia di fondo, quella della flessibilità del lavoro e dell'adeguamento delle nuove regole alle nuove esigenze, ha portato a risultati sicuramente più positivi. Noi abbiamo inteso combattere il precariato, creando nel lavoro privato le condizioni per una maggiore flessibilità, la quale ha dimostrato, in questi anni, che era possibile giungere ad una stabilizzazione dei rapporti di lavoro.
L'indagine che stiamo svolgendo in questo momento in Commissione lavoro alla Camera lo sta dimostrando. La nostra «filosofia» di puntare su una normativa che favorisse il mercato del lavoro attraverso l'introduzione di nuove figure e tipi di contratto di lavoro che regolamentassero la flessibilità ha condotto a raggiungere dei risultati concreti. Siamo arrivati ad una fase importante di transizione nella quale molti dei contratti flessibili sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato. Ciò lo riconoscono tutte le parti sociali, tranne qualche sindacato ancora arroccato in difese corporative (ma questa è un'altra storia): Confindustria, gli imprenditori e i professionisti che vigilano, come consulenti del lavoro, sul territorio.
Voi, al contrario, continuate ancora in questa ottusa resistenza sia nei confronti delle forme più moderne di interpretazione delle dinamiche del mondo lavoro - inteso in generale - che sono in continua evoluzione, sia con riferimento alle mutate esigenze del lavoro svolto nel pubblico impiego (istituzioni e amministrazioni dello Stato). Voi continuate, lo ripeto, in questa resistenza ottusa e vi trovate a dover affrontare il fenomeno del precariato con norme - quelle contenute nella legge finanziaria approvata lo scorso dicembre - che sono, a nostro avviso, difficilmente applicabili, che creano soltanto false aspirazioni e che non risolveranno, anzi forse aggraveranno, il problema, alimentando il corto circuito generazionale di cui ho fatto menzione.
Noi voteremo ovviamente a favore delle mozioni presentate dalla Casa delle libertà. Attendiamo di verificare se nelle mozioni presentate dai gruppi della maggioranza che sostiene questo Governo siano state apportate le modifiche che auspichiamo. È, infatti, obiettivamente impensabile che si possa prevedere la stabilizzazione di centinaia di migliaia di professionisti, che lavorano con contratti di consulenza con tutti i comuni d'Italia o con tante amministrazioni, anche centrali, o la stabilizzazione dei soggetti che fanno parte degli uffici di diretta collaborazione dei ministeri.
Contro questa operazione demagogica, noi intendiamo segnalare al paese, attraversoPag. 47il voto che esprimeremo sulle nostre mozioni, la gravità di un problema che voi non riuscite a controllare e ad arginare (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pagliarini, che illustrerà anche la mozione Sgobio ed altri n. 1-00149, di cui è cofirmatario.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, penso che la discussione di oggi sia un'occasione per aprire anche in questa sede, nell'aula del Parlamento, una riflessione su un tema importante e significativo, come è quello della precarietà nel mondo del lavoro, che incide pesantemente sulle condizioni materiali di vita di molti cittadini. Ed è anche l'occasione per dire alcune verità, come proverò a fare.
Troppi cittadini, soprattutto giovani donne, sono privi di tutele, messi costantemente sotto ricatto, a causa di una condizione lavorativa precaria. Sono invisibili, o meglio facciamo finta di non vederli. Sono co.co.co, interinali, contrattisti a progetto, a tempo determinato, lavoratori a partita IVA: tutte figure accomunate dal «cappio» della precarietà, minimo comune denominatore che non permette di pianificare il futuro.
Così capita che il lavoro possa togliere dignità alle persone e al vivere, riducendo la vita a mera sopravvivenza. Vivere nel precariato significa, infatti, perdere progettualità professionale, familiare e sociale.
Il superamento della precarietà del lavoro è il perno centrale dell'impegno dei Comunisti Italiani e della maggioranza che sostiene questo Governo. Si tratta di una battaglia che tutti insieme vogliamo perseguire fino in fondo, per archiviare questa vera e propria emergenza sociale del nostro tempo.
Sulla precarietà è giunto il momento di uscire dai luoghi comuni: occorre dire le cose come stanno, a partire dai dati numerici, che sono importanti perché rappresentano la dimensione e la problematicità di una situazione. Occorre innanzitutto affermare che non è vero che il numero dei rapporti di lavoro atipici nel nostro paese si colloca all'interno degli standard europei. Non è così, altrimenti non si spiegherebbe perché tutte le indagini realizzate pongano al primo posto la questione della precarietà e dell'incertezza sul futuro.
Non è così perché l'Italia, sul tema della precarietà, mostra una sua specificità, tutta negativa. Qui, infatti, non ci troviamo soltanto a fare i conti con il rapporto di lavoro atipico, bensì scontiamo altre due questioni dirompenti, che triplicano il numero dei precari: la prima questione riguarda il fenomeno delle collaborazioni (un fenomeno tutto italiano), perché di fronte ad oltre sei milioni di partite IVA la stragrande maggioranza ha un solo committente. Evidentemente in quel dato si nasconde tantissimo lavoro subordinato. Altro che lavoro autonomo!
La seconda questione è rappresentata dall'incidenza del lavoro nero, che erode il 25 per cento del PIL. L'ISTAT ci spiega che, per ottenere una percentuale così alta, sono coinvolti nel fenomeno circa 4 milioni di lavoratori: se li sommiamo ai collaboratori, ai contratti atipici contrattualmente riconosciuti o previsti dalla legge, ci rendiamo conto che i numeri del precariato sono tre volte superiori alla media europea.
Quando in Parlamento si aprono discussioni sulla centralità della famiglia, dicendo che questa è messa in discussione dalle proposte sulle unioni di fatto, viene da sorridere. Gli stessi soggetti che mettono in discussione l'estensione della platea dei diritti sono coloro che, attraverso politiche economiche e del lavoro scellerate, stanno togliendo il futuro ad intere generazioni.
Vorrei sottolineare con chiarezza un altro aspetto: non è vero che la precarietà è propedeutica all'ingresso nel mondo del lavoro. Non è così. Tutti i dati ci dicono il contrario: chi ottiene un contratto atipico, lo mantiene per una parte significativa della sua vita lavorativa. Dove sta il fattore di propedeuticità?Pag. 48
Non è nemmeno vero che la precarietà aiuti il sistema delle imprese. Le aziende, piuttosto, si sono adagiate su questa impostazione e stanno agendo nel mercato e nella competizione esclusivamente riducendo diritti, tutele e salari, determinando anche il declino industriale di questo paese.
È evidente che c'è anche una responsabilità della politica, visto che uno dei luoghi più caratterizzati dalla precarietà è il lavoro pubblico. Va avviata una riflessione urgente, perché nel pubblico impiego si contano oltre 350 mila contratti atipici, ma ci sono delle ragioni, che vanno indagate fino in fondo.
La pubblica amministrazione negli ultimi anni è stata oggetto di numerosi interventi tesi a limitare, se non a vietare, le assunzioni di personale. Voglio ricordare che tutte le finanziarie del Governo di centrodestra prevedevano il blocco delle assunzioni. Lo cito solo perché, altrimenti, sembra che non si capisce il motivo di un fenomeno di queste dimensioni.
Questi vincoli normativi hanno causato non poche difficoltà alle pubbliche amministrazioni rispetto alla possibilità di erogare servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati a soddisfare i bisogni dei cittadini.
Proprio per evitare la diminuzione dei servizi e ridurre il sistema di Stato sociale, già messo in questi anni a dura prova, le amministrazioni hanno fatto ricorso al lavoro a termine e ad altre forme di lavoro precario, senza seguire un criterio di efficiente gestione del personale, bensì con l'obiettivo di aggirare il divieto di assunzione di personale di ruolo.
Per queste ragioni, il numero di lavoratori precari occupati presso le pubbliche amministrazioni è significativamente aumentato, giungendo a circa 350 mila unità, sommando, come dicevo, sia i rapporti tipici di natura contrattuale, sia le collaborazioni. Si tratta, lo ripeto, di un fenomeno rilevante, che non solo non aiuta le pubbliche amministrazioni ma determina anche allarme sociale.
È quindi evidente che senza il ricorso ai lavoratori precari il sistema pubblico di questo paese non potrebbe stare in piedi. Questa è una verità che deve essere detta: se dall'oggi al domani lasciassimo a casa tutti i lavoratori precari, la pubblica amministrazione sarebbe messa in ginocchio!
Proprio per queste ragioni, anche grazie al contributo dei Comunisti Italiani e di tutta la maggioranza che lo sostiene, il Governo ha introdotto nella legge finanziaria per il 2007 una serie di norme tese a stabilizzare i rapporti di lavoro precari, determinati dai vincoli introdotti negli anni scorsi. Siamo di fronte ad una importante novità e ad un tangibile segnale di inversione di tendenza. La stabilizzazione dei precari non contiene solo un importante valore sociale rispetto alla tutela dei livelli occupazionali, bensì rappresenta anche una garanzia per dotare le amministrazioni di professionalità stabili in grado di fornire con continuità ed efficienza l'erogazione dei servizi ai cittadini. Quindi, le misure contenute nella legge finanziaria sono importanti perché tengono assieme i diritti dei lavoratori ad una occupazione stabile e sicura e il diritto dei cittadini ad ottenere servizi di qualità.
Del resto, la Corte costituzionale - non i Comunisti Italiani - ha affermato che a garanzia del principio di buon andamento delle pubbliche amministrazioni è opportuno che le loro funzioni siano espletate da personale con rapporto di lavoro stabile, proprio per garantire che le professionalità formatesi non siano disperse a causa della conclusione del rapporto di lavoro. La stessa Corte ha anche segnalato l'importanza di creare tra amministrazione e lavoratore un rapporto continuativo che consenta una prestazione più funzionale e attenta alle esigenze dell'utenza.
È stato sollevato anche in questa Assemblea il tema della costituzionalità delle norme, contenute nella legge finanziaria per il 2007, sulla stabilizzazione del personale precario. Non vi è alcun dubbio che quelle norme rispettino i principi costituzionali relativi al reclutamento nelle pubbliche amministrazioni, dal momento che il personale stabilizzabile deve essere statoPag. 49assunto mediante procedura di natura concorsuale, altrimenti, deve essere sottoposto ad apposita prova selettiva. Trovo di cattivo gusto mettere in concorrenza al ribasso chi è precario, e in qualche modo aspira ad un posto di lavoro, e chi non ha lavoro. Non si risolvono in questo modo i problemi, non si risolvono mettendo in concorrenza coloro che, in questo paese, sono i più deboli!
Se il tema della costituzionalità non rappresenta, a mio avviso, alcun problema, non si può dire lo stesso per i comportamenti difformi delle pubbliche amministrazioni che rischiano di vanificare le opportunità introdotte con la legge finanziaria relativamente alla stabilizzazione dei precari. Per queste ragioni, pensiamo che il Governo, coerentemente con il suo operato, debba assumere iniziative urgenti per attivare un rigoroso monitoraggio nelle pubbliche amministrazioni, per verificare il corretto comportamento delle stesse nell'applicazione delle norme previste dalla legge finanziaria e per adottare con urgenza gli adempimenti attuativi previsti dalla stessa legge finanziaria al fine di rendere possibile, da parte delle pubbliche amministrazioni, l'avvio e il perfezionamento delle procedure di stabilizzazione previste, evitando una applicazione restrittiva della norme.
Questa è una parte del contenuto della mozione che abbiamo presentato. Tuttavia, essa affronta anche un'altra questione. Infatti, se quanto detto finora riguarda le norme previste dalla legge finanziaria per il 2007 - che sono, quindi, già applicabili - esiste un problema riconducibile alla azione stessa del Governo. A questo riguardo è opportuno che si rompa ogni indugio. Mi riferisco al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo ai criteri e alle procedure per l'assegnazione delle risorse da investire al fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro atipici, di cui ai commi 417 e 418 della legge finanziaria per il 2007. Dal momento che la stessa legge prevedeva che tale decreto fosse emanato entro il 30 aprile, mi sento di fare un richiamo al Governo perché siamo in spaventoso ritardo e del decreto non c'è traccia.
Quando si è presentata alle elezioni, la maggioranza che governa il paese ha assunto un impegno preciso: quello di costruire le condizioni per assicurare un lavoro stabile e sicuro ai cittadini. Adoperarsi perché le misure introdotte con la legge finanziaria per il 2007 producano i loro effetti, a nostro avviso, è coerente con questo impegno (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pellegrino, che illustrerà anche la mozione Bonelli n. 1-00150, di cui è cofirmatario.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la legge finanziaria per il 2007 il Governo ha subito iniziato ad affrontare in modo concreto uno dei temi che, purtroppo, affliggono tanti giovani del nostro paese, vale a dire quello del precariato.
La possibilità di stabilizzazione dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, attualmente occupate da personale precario, rappresenta sicuramente una prima significativa risposta a quelle centinaia di migliaia di cittadini che, sempre più, vedono il proprio futuro estremamente incerto. In Italia, purtroppo, negli ultimi anni è aumentato il numero di persone che vivono una situazione lavorativa di grande insicurezza, sia per la mancanza di cronicità della partecipazione al mercato del lavoro, sia per la mancanza di un reddito adeguato su cui contare per pianificare la propria vita presente e futura.
Con questo, noi Verdi non vogliamo certamente inserire nel mondo del lavoro una serie di regole rigide che, come tutte le forme di rigidità, creano solo problemi anche per il lavoratore. Tuttavia, abbiamo il dovere di fissare delle regole, che servono soltanto per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei lavoratori in tutte quelle forme che in realtà non sono di lavoro cosiddetto flessibile. Infatti, un lavoro,Pag. 50anche a tempo determinato, senza diritti e senza certezze non è certo la risposta che un paese democratico e civile come il nostro può dare ai cittadini.
In Italia, la flessibilità del mondo del lavoro è diventata solo ed esclusivamente precariato. Non si possono avere dei contratti di lavoro a termine senza il diritto alla malattia, alle ferie, alla maternità, alla previdenza sociale, e senza alcun tipo di garanzia per il lavoratore. Se a ciò aggiungiamo anche l'esiguità del trattamento economico, ci rendiamo conto che in questi anni abbiamo continuamente mortificato ed umiliato centinaia di migliaia di lavoratori italiani. In modo responsabile, l'attuale maggioranza e l'attuale Governo hanno ritenuto di intervenire da subito, dando già con la legge finanziaria una serie di segnali importanti, che mirano a ricostruire la dignità del lavoratore, soprattutto dando più certezze per il futuro a tanti giovani.
In questo percorso di stabilizzazione, merita una specifica riflessione il comparto sanitario. Infatti, negli articoli della legge finanziaria per il 2007 sulla stabilizzazione dei lavoratori vengono omesse le figure dirigenziali mediche che, attualmente, in particolare nel comparto sanitario, svolgono la maggior parte del lavoro precario del settore con forme di contratto a termine.
Non facendo distinzione tra le forme di precariato, di fatto si crea una discriminazione tra le figure dirigenziale e non, in particolare nel comparto sanitario, in cui la maggior parte del precariato grava su figure dirigenziali quali i medici. Tali lavoratori vivono, in sostanza, il peso di un lavoro a tempo determinato che, oltre a mortificarli sotto l'aspetto sia economico sia professionale, crea un potenziale problema di sanità pubblica. Infatti, un personale sottopagato e demotivato difficilmente riuscirà a garantire prestazioni professionali adeguate, con un inevitabile danno per l'utenza. Basta ricordare la situazione dei lavoratori assunti con avvisi pubblici o con contratti di prestazione d'opera libero-professionali.
Tali contratti prevedono l'apertura di una partita IVA e sono totalmente privi dei diritti più elementari, come le ferie, la malattia, la gravidanza, i contributi pensionistici, la copertura assicurativa. Inoltre, il contrattista è tenuto ad un impegno settimanale fino a 35-38 ore ed è sottoposto a misure di controllo della presenza. Questi contratti, della durata di un anno, vengono stipulati sempre con gli stessi professionisti, selezionati volta per volta attraverso l'espletamento di procedure concorsuali pubbliche. Essi si reiterano per più anni, intervallati da periodi di sospensione che, in alcuni casi, possono arrivare fino a quattro mesi, creando in sostanza una situazione di precarietà professionale ed economica, oltre che un disservizio per i pazienti afferenti alle strutture sanitarie.
Drammatica, in particolare, è la situazione del personale precario sanitario in regioni come la Campania dove, oltre all'impossibilità di una stabilizzazione attraverso i criteri definiti dalla legge finanziaria per il 2007, a seguito del disavanzo economico del settore sanitario e della successiva manovra correttiva, miriadi di professionisti rischiano di perdere per i prossimi tre anni anche la possibilità di reiterare i loro contratti a tempo determinato.
È per questo che, ferma restando la necessaria intesa tra Stato e regioni, chiediamo al Governo di prendere in considerazione in futuri provvedimenti normativi la posizione dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, nonché di valutare l'opportunità di delineare un adeguato sistema di garanzie contrattuali per i professionisti assunti con contratti d'opera o libero-professionali, come ho rilevato in precedenza.
In conclusione, sottolineo con piacere che la nostra mozione si integra con la mozione Sgobio n. 1-00149, che quindi noi Verdi sottoscriviamo.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bellanova, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00151. Ne ha facoltà.
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TERESA BELLANOVA. Signor presidente, onorevoli colleghi, il nostro paese è stato investito negli ultimi anni da un ampio fenomeno di precarietà: precarietà, non flessibilità, perché la flessibilità risponde, magari utilizzando anche rapporti di lavoro e prestazioni di lavoro flessibili, a picchi produttivi, ad una organizzazione del lavoro, mentre quella che si è realizzata in Italia è proprio la precarietà dei rapporti di lavoro, una precarietà utilizzata per abbattere il costo del lavoro e i costi di produzione.
Se questo è ciò che è accaduto nel settore privato, la pubblica amministrazione non è stata immune, anzi in essa la precarietà ha assunto dimensioni inaccettabili. I dati della Ragioneria generale dello Stato indicano che, tra il 2001 e il 2005, nel nostro paese i rapporti di lavoro precario sono aumentati del 25 per cento. Tale precarietà è stata l'effetto non di progetti specifici o sperimentali né di nuovi servizi ai cittadini, bensì del blocco del turn over previsto da tutte le leggi finanziarie del Governo precedente.
La precarietà, nel privato come nella pubblica amministrazione, ha determinato discriminazioni: discriminazioni tra gli uomini e le donne che hanno realizzato quel lavoro, discriminazioni tra le persone che hanno svolto eguali mansioni maturando diritti diversi (mi riferisco, ad esempio, ai diritti alla malattia, alla maternità, ad un salario equo).
Tali persone, in questi anni, sono state obbligate a rimanere «appese», per cercare di capire se il loro contratto di collaborazione coordinato e continuativo sarebbe stato rinnovato, se il contratto a termine, alla scadenza, sarebbe stato prorogato, se agli LSU (lavoratori socialmente utili), che percepiscono 480 euro di sussidio al mese e che rendono talvolta belle e pulite le nostre città occupandosi di servizi essenziali per conto dei comuni e delle altre amministrazioni, sarebbe stata rinnovata la convenzione, se i lavoratori interinali sarebbero stati confermati, se i lavoratori somministrati avrebbero avuto la conferma del loro rapporto di somministrazione.
La prima legge finanziaria del Governo di centrosinistra risponde a questi gravi problemi, affrontandoli sui due versanti: rispetto al settore privato, compiendo una scelta, a mio parere, molto intelligente, cioè quella di intervenire con strumenti premiali per le imprese che stabilizzino i rapporti di lavoro precari e che decidano di investire in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Il cuneo fiscale, infatti, è riservato a queste tipologie contrattuali.
Rispetto alla pubblica amministrazione, si avvia un percorso di stabilizzazione, non una sanatoria, come sappiamo bene noi e come sanno gli amici e i colleghi del centrodestra.
Un percorso di stabilizzazione che punta a svuotare il bacino della precarietà nel corso della legislatura.
Ritengo che sia profondamente sbagliato contrapporre disoccupati e precari, contrapporre i poveri tra di loro, mettere in discussione i precari veri e quelli falsi. Il dato è il seguente: centinaia di migliaia di cittadini e cittadine sono interessati da queste tipologie contrattuali. Tale problema viene affrontato nella legge finanziaria con la stabilizzazione di quei rapporti di lavoro che sono frutto di una prova selettiva, cioè di quelle persone che hanno superato prove concorsuali.
Questa è la stabilizzazione prevista all'interno della legge finanziaria e, all'interno di essa, sono escluse dalla stabilizzazione le persone che hanno avuto ed hanno incarichi politici. Si stabilizzano, quindi, uomini e donne che hanno lavorato per anni nella pubblica amministrazione e reso un servizio continuativo alla cittadinanza: dunque, non quanti sono stati chiamati per sviluppare una consulenza, ma chi ha accumulato professionalità, che sarebbe giusto e doveroso, per chiunque, porsi il problema di non disperdere.
La stabilizzazione prevede criteri molto chiari all'interno della nostra legislazione.
È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni che accedono al fondo per la stabilizzazione (spesso ci si dimentica di questo da parte di chi vuole contestarePag. 52quelle scelte) di instaurare nuovi rapporti di lavoro precari per i cinque anni successivi al percorso di stabilizzazione.
È prevista la valorizzazione delle energie interne alla pubblica amministrazione, ed è mia convinzione che la qualità della pubblica amministrazione costituisce un fattore di competitività e sviluppo per il paese. Ma può esservi qualità della pubblica amministrazione se la qualità del lavoro è quella di cui stiamo discutendo con riferimento alle mozioni in esame? Può esservi qualità del lavoro se chi lavora si trova in una situazione priva di futuro, se non è in condizione di programmare la propria vita perché non può accedere ad un mutuo (come spesso tanti di noi dicono) e non può neanche decidere di organizzare un suo nucleo familiare o decidere di avere un figlio o i figli che desidera?
Queste sono le persone che dovrebbero determinare qualità del lavoro e produttività. Sono convinta che la qualità della pubblica amministrazione si ottiene se c'è qualità del lavoro; ma la qualità della pubblica amministrazione e del lavoro può essere data, o agevolata, se c'è una qualità dei rapporti di lavoro e se le persone che all'interno della pubblica amministrazione offrono il loro lavoro hanno diritto ad intravedere un futuro, ad immaginarsi in una situazione di stabilità, dal punto di vista economico e dei diritti di cittadinanza.
Credo, signor sottosegretario, che occorra varare in tempi brevi un disegno organico di riforma degli accessi alla pubblica amministrazione, sulla base del principio ineludibile della programmazione e della meritocrazia. Sì, la meritocrazia. Ritengo, infatti, che il merito sia l'unico elemento da valutare per l'ingresso nella pubblica amministrazione e per la progressione di carriera.
Questo è l'unico metodo per consentire ai figli degli operai di avere pari opportunità rispetto ai figli dei professionisti (tesi tanto contestata da qualcuno che siede in questo Parlamento, ma che è per noi è un punto cardinale).
Invito, quindi, il Governo a procedere con determinazione nell'applicazione della legge finanziaria, del patto del lavoro pubblico sottoscritto nel luglio scorso con le organizzazioni maggiormente rappresentative e del memorandum sottoscritto qualche mese fa. Sono tre strumenti che, utilizzati con coerenza, a mio parere, possono determinare ammodernamento ed efficienza del lavoro nella pubblica amministrazione, riconoscimento della produttività, avvio di un grande programma di formazione continua, ad esempio, individuando velocemente l'ente bilaterale per la formazione continua anche nella pubblica amministrazione.
Questo è il nostro obiettivo, e questo deve essere il nostro dovere: dare certezza di diritto alle persone e creare una pubblica amministrazione che risponda ai bisogni dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, sono dell'idea che, quando si ha l'ingegno di appellarsi alle garanzie costituzionali in un documento con il quale si vorrebbe vincolare il Governo, ancora dopo il quinquennio del Governo Berlusconi, a non intervenire (perché questa è l'intenzione, al di là di quanto si vuol far apparire) sul grave problema sociale della precarietà, effetto collaterale ampiamente prevedibile ancor prima che nel paese si favorisse un ampio ricorso alla flessibilità del lavoro, occorre innanzitutto avere ben chiaro come lo stesso dettato costituzionale riconosca e assegni al lavoro una funzione insostituibile e di prioritaria importanza, citandolo fin dal primo articolo quale fondamento capitale della Repubblica italiana.
Non riesco a capire (spero che da alcuni banchi dell'opposizione possa giungere al riguardo un certo moto di imbarazzo) la scelta di Forza Italia di voler trattare questo argomento tanto delicato e di vitale importanza nella giornata di oggi, inserendolo in un dispositivo così manifestamentePag. 53strumentale ed impregnato più dal sentimento di ostilità e dalla volontà di aggravare lo scontro politico in seno al bipolarismo che da una reale tensione al giusto e all'opportuno.
La mozione in discussione, per sua stessa ammissione, basa la sua motivazione e la sua analisi su dati presunti; dati sui quali è attualmente in corso un'attenta e necessariamente non breve indagine conoscitiva da parte della Commissione lavoro, presso la quale, come capogruppo, rappresento l'Italia dei valori. Solo al termine di tale indagine sarà opportuno per le Camere valutare contestuali azioni e mozioni.
Per essere più precisi, tale indagine conoscitiva, condotta in vista di un pronto ed efficace intervento, riguarda sia il settore privato sia quello della pubblica amministrazione. Essa non si limita ad una mera individuazione delle forme di lavoro flessibile, ma tenta di approfondire le dinamiche che conducono alla degenerazione del carattere di flessibilità del lavoro in precarietà, con riferimento ai diversi settori produttivi e ai diversi ambiti geografici.
Vediamo bene, quindi, come l'impegno del Governo e della maggioranza sia tuttora teso a fornirsi dei mezzi con i quali poter dare pronta ed opportuna risposta ad una situazione di disagio reale, evitando il rischio di una generalizzazione e di una valutazione non corretta e non equilibrata di ogni specificità del fenomeno. Questa, per il momento, è la direzione più opportuna e tempestiva verso la quale ci è concesso di intervenire in merito ad una situazione che è ben più complessa ed eterogenea rispetto alla schematizzazione prospettata dal documento in esame.
Detto ciò, non ci tireremo certo indietro dinanzi all'assoluta necessità e auspicabilità di un sistema basato sul riconoscimento del merito. Il discorso - viziato da faziosità ed inaccettabile per i tempi e i modi con cui ci è proposto in questa sede - altro non è che la strumentalizzazione di un valore imprescindibile che in realtà trova piena accoglienza e appartenenza nello spirito dell'Unione, nelle sue forze riformiste impegnate a creare le condizioni per un futuro progresso. Del resto, certi libri li ha scritti Piero Ichino, non certo Tremonti. All'interno della coalizione, l'Italia dei valori non potrà mai avallare politiche che vadano in direzione contraria o che aggirino, non prendendola in considerazione, la giusta promozione del merito.
Non ci colgono sordi e indifferenti le critiche che la mozione oggi all'esame vorrebbe muovere nei confronti del modus resolvendi del Governo, ma a proposito delle quali vorrei sottolineare come nel settore pubblico il problema dell'instabilità lavorativa e quello delle dimensioni e del costo mal ricompensato che questo settore ormai rappresenta per la spesa pubblica siano entrambi frutti della stessa sintesi, che da lungo tempo mina il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che per interi decenni si è protratta sino ai giorni nostri, tempo in cui oramai tutti possiamo e dobbiamo renderci conto di come il ripetersi di questa dinamica non sia più sostenibile.
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, signor Presidente, l'uso assolutamente sconsiderato ed irresponsabile, nel quale tanto ruolo ha sempre avuto la politica di ogni parte, che per oltre mezzo secolo si è fatto della stabilizzazione diffusa dell'ambito posto pubblico, il cosiddetto posto fisso statale.
Ora, è categorico, Italia dei Valori spinge e continuerà a spingere in questa direzione, perché le regolamentazioni delle assunzioni dei lavoratori nel settore pubblico devono continuare ad essere ben fissate all'interno di una puntuale normativa, che tenga nella giusta considerazione le reali esigenze di un'improrogabile modernizzazione e di riassetto del settore e quelli che devono essere i criteri di reclutamento della forza del lavoro, ispirati a meritocrazia e responsabilità, in ossequio ai principi di buon andamento ed economicità della pubblica amministrazione.
Su questo, noi di Italia dei Valori non siamo mai stati vaghi o possibilisti, ma abbiamo sempre detto chiaramente «no»Pag. 54alle logiche dello spoil system e agli intruppamenti su base elettorale. Lo abbiamo ribadito in occasione del varo della finanziaria, riconoscendo il merito di questa legge per il grande sforzo e l'attenzione che rivolgeva finalmente alla grave situazione sociale venutasi a determinare con il fenomeno del precariato, ma nondimeno muovendo la nostra critica costruttiva circa la necessità di una legge più coraggiosa sul piano delle riforme strutturali (tra queste, immancabilmente, la riforma della pubblica amministrazione).
Lo avevamo peraltro detto anche a proposito dell'arbitrarietà e della leggerezza con le quali la Casa delle Libertà ha firmato, durante il suo Governo, contratti e liquidazioni milionarie per i dirigenti pubblici e i consigli di amministrazione, che hanno di fatto peggiorato, arrivando a comprometterlo, lo stato finanziario delle aziende pubbliche o partecipate ad essi affidate.
Io chiederei ai colleghi della Casa delle Libertà e ai presentatori della mozione Baldelli ed altri come sia stato considerato in quella occasione il valore del merito. Appare chiaro come in realtà ora, dopo che mai, per anni, si sono interessati di valutare il fenomeno del precariato né, tanto meno, si sono profusi per una riforma efficace del settore pubblico, questo ergersi a difesa del merito e della meritocrazia da parte loro sia un espediente estemporaneo, pretestuoso e di dubbia sincerità; invece, l'attenzione per le condizioni del lavoro del precario e di chi è assunto a tempo indeterminato deve esserci sempre e non a fasi alterne, non distinguendo fra quando si sta all'opposizione e quando si sta al Governo.
Noi diciamo «sì» al riconoscimento del merito, come abbiamo sempre sostenuto ed auspicato. Riteniamo importante e indiscutibile che chi è vincitore di un concorso abbia a tutti gli effetti la precedenza su chi un concorso per quella posizione non l'ha mai sostenuto, ma diciamo anche «no» alle strumentalizzazioni e all'atteggiamento improvvido dell'opposizione. Pertanto, non potendo appoggiare in questi termini la mozione, che non ci avrebbe trovato indisponibili se posta in altri tempi e in altri modi, esprimeremo in sede di dichiarazione di voto, domani, il nostro dissenso, solo a causa di questa strumentalizzazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho motivo alcuno di ritenere solo strumentale la mozione a prima firma dell'onorevole Baldelli oppure tesa ad accrescere, ancor di più, lo scontro politico; al contrario, si tratta, se non altro, di un atto che ha avuto il merito di portare all'attenzione dell'Assemblea un tema delicato, di cui tanto si discute, riguardante decine di migliaia di lavoratori appartenenti sia alla pubblica amministrazione sia al settore privato. Un tema che sicuramente richiede una definizione chiara, netta ed inequivocabile.
Ritengo piuttosto che l'argomento in discussione sia uno di quelli che non ammettono strumentalizzazioni di sorta; soprattutto, l'argomento non consente di piegare dati e statistiche a meschine logiche di parte.
Signor sottosegretario, noi, dall'inizio di questa legislatura, abbiamo ascoltato in più occasioni - in modo particolare, in sede di XI Commissione (Lavoro), nonché nei dibattiti televisivi e nei numerosi convegni svoltisi (e ancora in programma) - le parole dei rappresentanti del Governo, di esponenti della maggioranza, delle rappresentanze sindacali, delle parti politiche e dei lavoratori in merito al precariato nel mondo del lavoro in senso generale. Al riguardo, il ministro Damiano, nel comunicarci le linee guida di azione che seguirà nel suo mandato, ha chiarito che era sua intenzione e del Governo ripristinare in Italia la condizione secondo la quale la modalità di lavoro a tempo indeterminato sia ritenuta la normale modalità di assunzione. Ha sostenuto infatti l'esigenza, per imprese moderne che si misurino ormai nella globalizzazione, di avere a disposizione strumenti di buona flessibilità; dettiPag. 55strumenti risiedono nella possibilità, quando il mercato presenti richieste improvvise e non programmabili che vanno soddisfatte, di utilizzare lavoratori a termine in aggiunta ai lavoratori regolarmente assunti a tempo indeterminato.
Dunque, il Governo con chiarezza ha dichiarato che vuole perseguire la linea di favorire quei percorsi di stabilizzazione che possano consentire il passaggio dalla flessibilità appunto alla stabilizzazione del lavoro, contrastando la precarietà; linea che, a mio parere, anche se condivisibile sotto certi punti di vista, potrebbe apparire lievemente contraddittoria laddove si continui a ricorrere a formule contrattuali quali, ad esempio, quelle adottate per i lavori socialmente utili, le quali dovrebbero invece essere drasticamente ridotte se non, addirittura, annullate.
Quindi, in base a quanto ho compreso, si vuole perseguire con determinazione la riduzione ai minimi termini del precariato senza, d'altra parte, però, intervenire con analoga determinazione su quelle formule di inserimento dei lavoratori - proprie, ad esempio, dei lavori socialmente utili - che io definisco appunto «precariato nel precariato», nel senso che non danno alcuna prospettiva per il futuro.
Aggiungo inoltre che, se è vero che la parola d'ordine risiede in quella concertazione che ci porta indietro di qualche lustro, e se il dialogo con tutte le parti sociali è fondamentale - ciò non è in discussione; ci mancherebbe altro! -, ho però l'impressione che, per così dire, sarà il sindacato a dettarvi l'agenda e non viceversa.
Peraltro, ragionamenti e proposte non possono essere pianificati omogeneamente su tutto il territorio ma devono considerare le diverse realtà economico-territoriali; al riguardo, porto un esempio che conosco, quello del mio territorio e della mia città, Lecco. Ebbene, si tratta di un territorio a lunga tradizione industriale affermatasi con una stretta collaborazione con gli enti pubblici rappresentativi del territorio.
Lecco era la prima al mondo in campo industriale, ora è costretta ad affidarsi alla capacità, all'orgoglio e alla fantasia dei lavoratori e dei singoli imprenditori per confrontarsi con un mercato che impone regole spesso impossibili da reggere. Occorre dunque tenere ben presenti le esigenze delle attività lavorative e delle imprese di un territorio, che devono lavorare in stretta sinergia affinché quel territorio possa diventare, attraverso la forza lavoro, l'impresa e la pubblica istituzione, fortemente competitivo. Ritengo inoltre opportuno che non vengano cancellate, per ragioni strumentali o di schieramento, impostazioni che comunque hanno dato buoni frutti. Del resto, lo stesso ministro Bersani ha più volte riconosciuto la validità dell'azione dell'ex ministro Maroni.
Tornando all'argomento trattato dalle mozioni in esame, vale a dire il precariato nella pubblica amministrazione, per evitare il solito balletto di cifre, fra le più variegate e in contrapposizione fra loro, è necessario comprendere a fondo lo stato reale del problema. La discussione odierna è utile al riguardo, e successivamente, proseguendo l'analisi, si potranno formulare proposte largamente condivise.
La Commissione lavoro ha svolto alcune audizioni, come è stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto. Ad esempio, in occasione dell'audizione dei rappresentanti dell'Istat, è emerso in primo luogo che contratto a termine non equivale a precariato; si tratta di un concetto fondamentale, da tenere ben presente. In gran parte dei paesi europei, i giovani sono largamente coinvolti in forme di lavoro flessibile. Dunque, le formule contrattuali a tempo determinato costituiscono ormai l'ordinaria via d'accesso al lavoro, tanto che a livello europeo i giovani tra i 20 e i 29 anni con contratti a termine costituiscono il 27,6 per cento dei dipendenti (questi sono i dati forniti dall'Istat alla Commissione). Considerando il livello territoriale, l'incremento del lavoro a termine - le valutazioni non possono infatti essere omogenee per tutto il territorio nazionale - si è in larga parte concentrato nel Mezzogiorno, mentre si sono registrati un lieve incremento nel centro e una contrazione nell'Italia settentrionale (siPag. 56tratta sempre dei dati forniti dall'Istat, riportati nel resoconto stenografico dell'audizione).
Il numero dei lavoratori temporanei è particolarmente alto, in valore assoluto, nel settore dei servizi (istruzione, sanità e altri servizi sociali). Nella scuola, ad esempio, vi sono 215 mila unità annue di lavoratori a termine nel 2004, pari ad oltre il 20 per cento del totale delle posizioni lavorative; seguono le università e gli enti di ricerca. Infine, sempre secondo i dati dell'Istat, l'incidenza dei contratti temporanei resta ancora modesta nei ministeri, nella sanità e negli enti locali.
Di particolare rilievo nel caso della pubblica amministrazione, come ho già ricordato, sono stati i cosiddetti «lavori socialmente utili», che tuttavia nel periodo 2000-2004 sono diminuiti da 50 mila a 40 mila unità, in quanto i lavoratori sono stati in parte assorbiti nel personale delle amministrazioni pubbliche, che si sono mosse per trasformare questo rapporto di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato (si tratta peraltro della soluzione che auspichiamo). Sono invece aumentati di un terzo - questo forse è il dato negativo - i contratti di collaborazione. La legge finanziaria per il 2007 ha proposto, per la prima volta, un piano di assorbimento del personale precario.
Ecco perché, nella mozione Baldelli in esame (ma anche nelle altre mozioni presentate), giustamente si evidenziano problematiche e perplessità. Da esse deriva la richiesta che il Governo si impegni a vigilare sul fatto che questi processi non si trasformino in una sorta di sanatoria generale che prescinda da esigenze, capacità, professionalità e qualità del servizio, con conseguenti sprechi ed aumenti della spesa pubblica.
È vero che la diffusione di forme contrattuali flessibili nel pubblico impiego è stata di fatto un modo per le pubbliche amministrazioni per eludere le norme dirette a contenere il numero dei pubblici dipendenti. Chi, come me, ha avuto esperienze amministrative negli enti locali, però, sa bene che il blocco delle assunzioni - e dunque l'impossibilità di sostituire immediatamente il personale che andava in pensione - ha creato non poche difficoltà alle pubbliche amministrazioni. È dunque vero che tale diffusione di lavoro temporaneo è stata usata a volte in maniera non corretta; ma è altrettanto vero che la limitazione del turn over impediva ad alcune amministrazioni pubbliche (in particolare agli enti locali e, direi, soprattutto a quelli del nord) di fornire i servizi minimi essenziali ai cittadini.
In conclusione, signor Presidente, signor sottosegretario ed onorevoli colleghi, faccio mie le considerazioni contenute nella mozione Baldelli, ma anche tante delle considerazioni espresse dai colleghi della maggioranza, ed auspico quindi che questo processo di stabilizzazione, laddove possibile (laddove cioè le piante organiche degli enti pubblici prevedano l'inserimento dei lavoratori), possa, sì, creare condizioni di sicurezza sociale per il lavoratore e per la sua famiglia, ma anche che esso possa favorire la qualità del servizio ai cittadini, senza sprechi per lo Stato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buglio. Ne ha facoltà.
SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, non affronterò soltanto il tema della precarietà, perché so per esperienza personale che, quando una fabbrica sta per fallire perché è ingovernabile, parlare solo del precariato è riduttivo. Ci troviamo in una situazione di sfascio della pubblica amministrazione: non possiamo salvarci la coscienza accusandoci a vicenda; piuttosto, con etica della responsabilità, dobbiamo lavorare insieme per salvare quello che molti reputano insalvabile.
Le mozioni presentate hanno il merito di mettere in evidenza lo stato di salute della nostra amministrazione: un problema antico e mai risolto. Dobbiamo sapere che l'inefficienza della pubblica amministrazione è un fardello del nostro sistema paese: troppi dipendenti, nessuna meritocrazia, poca efficienza e mobilità. È un mondo estraneo ai cittadini, e qualche volta ad essi ostile; un mondo che per anni è stato un serbatoio di voti e di tessere, ilPag. 57che ne ha determinato la degenerazione. Esso non ha servito i cittadini: si è servito di essi.
Per anni vi è stata una sorta di accordo fra i vari Governi e le pubbliche amministrazioni: io ti do poco, tu mi dai poco. Pensiamo alla situazione per cui, fino a qualche tempo fa, i dipendenti statali potevano andare in pensione, se donne, dopo 15 anni, sei mesi e un giorno, se uomini, dopo 19 anni, sei mesi e un giorno. Sono questi gli errori che ancora oggi paghiamo a caro prezzo.
Da alcuni mesi si sta lavorando per dare più efficienza all'amministrazione pubblica. Penso in particolare al memorandum sul lavoro pubblico e alle proposte del professor Ichino, da cui è scaturito un progetto di legge, di cui è primo firmatario l'onorevole Turci, su come uscire da «fannullopoli».
A cosa dobbiamo questo colpo di reni sul tema in discussione? Al fatto che l'opinione pubblica si è mobilitata sotto una forte spinta dei media, mostrando di non essere più disposta a sopportare la situazione di inefficienza diffusa in tanta parte della nostra amministrazione.
Nel mercato l'utente, il cliente, il consumatore sanziona l'inefficienza rivolgendosi altrove. Egli ha la possibilità di farsi sentire, denunciare le inefficienze ed interloquire nelle scelte.
Il problema fondamentale delle nostre amministrazioni risiede nel fatto che al cittadino non è stata offerta alcuna possibilità di intervento. Non ci si può stupire che sia risultato un gravissimo difetto di stimoli al miglioramento dell'efficienza delle amministrazione stesse. Il cattivo o mancato esercizio dei poteri non è sanzionato né dal mercato né dal controllo del cittadino utente. Ora è il momento di attivare nel settore pubblico sia l'uscita, il cosiddetto exit (cioè quando in un regime di mercato l'utente sanziona un'organizzazione inefficiente, recandosi altrove), sia, allo stesso tempo, la voce: il cittadino può farsi sentire, controllando l'organizzazione e partecipando ai suoi miglioramenti. In buona sostanza, dove non potrà essere la molla della concorrenza a spronare la struttura pubblica, a farlo dovrà essere il fiato della cittadinanza sul collo dei suoi servitori, siano essi dirigenti o impiegati. Ma perché questo possa accadere occorre che le amministrazioni diventino case di vetro.
Inoltre, non vi devono essere il diritto di veto del sindacato e l'invadenza dei partiti.«Sì» alla concertazione e «no» al potere di veto, principale causa delle condizioni penose della nostra pubblica amministrazione. Bisogna, in buona sostanza, che i partiti ed il sindacato facciano un passo indietro, mentre le istituzioni ne devono fare uno in avanti. Ci vogliono istituzioni forti ed un accordo bipartisan per avere qualche possibilità di successo; un accordo tra maggioranza ed opposizione che metta da parte gli interessi di bottega e si metta al servizio del paese e dei cittadini.
Vorrei suggerire qualche proposta per far capire l'immane sforzo che tutti dobbiamo affrontare: penso alla verifica della produttività, alla mobilità del personale, alle quote di salario legate al risultato, alla meritocrazia e non alla ruffianeria, al controllo dei cittadini, ad un'autorità di controllo che misuri e renda pubblica l'efficienza, rendendo operativa la riforma Cassese del 1993 per quanto riguarda la privatizzazione del pubblico impiego. Bisogna attribuire un vero potere ai dirigenti, con incentivi individuali e non a pioggia, investire sulla pubblica amministrazione per sostenere l'esodo e accompagnare alla pensione per favorire un ricambio generazionale che produca risparmio, efficienza e modernizzazione, come prevede la proposta dell'onorevole Rossi. Infine, occorre applicare la cosiddetta legge Bassanini. Queste sono alcune proposte per trasformare le pubbliche amministrazioni in una struttura trasparente ed efficiente, rimettendo il cittadino al posto che gli spetta, essendo il datore di lavoro.
Secondo le mozioni che abbiamo presentato con l'Ulivo ed altri gruppi della coalizione, la stabilizzazione di una partePag. 58del precariato non deve essere figlia di una sorta di sanatoria, ma frutto di concorsi seri e non clientelari.
Devo dire che su questo tema una parte del dispositivo della mozione che ha come primo firmatario l'onorevole Baldelli affronta la stabilizzazione in modo condivisibile e ciò permette a tutti noi di affrontare in modo unitario il tema delle regole e del valore della meritocrazia nella pubblica amministrazione (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto parlare il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghe, vorrei ringraziare l'onorevole Baldelli, perché presentando questa mozione ha finalmente aperto un dibattito in questo Parlamento che ci permette di esplicitare e confrontare analisi ed impostazioni su un tema così rilevante, come quello della precarietà del lavoro.
Ho opinioni diametralmente opposte a quelle dell'onorevole Baldelli, ma, se non altro, questa mozione ha reso chiaro tra di noi, nel corso del dibattito parlamentare, ed anche tra i cittadini e le cittadine che ci ascoltano, due diverse impostazioni che si confrontano su questo tema. Un'impostazione, la cui filosofia, in qualche modo, ispira la mozione presentata dall'onorevole Baldelli e che è in totale continuità con la cultura e con l'idea secondo la quale i lavoratori e le lavoratrici della pubblica amministrazione sono sostanzialmente frutto esclusivo di azioni clientelari o poco chiare e fannulloni; un'altra impostazione secondo cui, invece, il lavoro, il sacrificio e l'impegno di molti lavoratori e lavoratrici che svolgono con dedizione e con passione il proprio ruolo di lavoro pubblico rendono la pubblica amministrazione capace di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Sembra che il modo più semplice per affrontare seriamente e risolvere il problema dell'efficacia e dell'efficienza della pubblica amministrazione sia dire, appunto, che i lavoratori sono fannulloni! Invece, bisognerebbe forse affrontare profondamente il problema della riorganizzazione della pubblica amministrazione, della sua capacità organizzativa nel dare risposte a problemi di funzionamento e di efficienza che esistono, che non vanno sottaciuti e che, se non risolti, danneggiano sicuramente i settori più deboli della società, perché i settori più forti possono fare tranquillamente a meno dei primi.
In questi anni, noi abbiamo assistito, per effetto del ripetuto blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione - lo ricordava anche l'onorevole Bodega, che ha fatto l'amministrazione locale, e lo sa bene - al fatto che molti comuni, molte amministrazioni, di fronte a tale blocco, a volte per poter offrire servizi essenziali ai cittadini, sono stati costretti ad aggirare le relative norme, facendo ricorso, in tutti questi anni, alle più varie forme di lavoro precario. Ora, non è accettabile sostenere che tutti i lavoratori e le lavoratrici precari - che hanno, a volte, superato concorsi anche per accedere ad un lavoro precario, che non sono il frutto di alcune liste suggerite da alcuni partiti, e che hanno svolto con impegno e serietà il proprio lavoro - siano fannulloni, persone legate da un rapporto clientelare e debbano essere messi da parte. Non è nemmeno accettabile che si tenti strumentalmente di contrapporli ad altri cittadini che hanno vinto i concorsi; non è accettabile mettere in contrapposizione due settori deboli della società, per dire ad alcuni che, se non avranno un lavoro nonostante abbiano vinto un concorso, la colpa è di chi viene stabilizzato, di un precario che lavora da alcuni anni.
Non entrerò nel merito delle norme previste dalla legge finanziaria per l'anno 2007: sono già state esplicitate, sono chiarite nel testo della mozione della quale sono firmatario assieme ad altri colleghi. Tuttavia, mi pare che se si leggono tali disposizioni, si possa trovare nelle stesse la risposta più chiara possibile. E non è vero che vi siano problemi di costituzionalità od altre questioni del genere; vi è, invece,Pag. 59in tali norme, il tentativo e l'avvio, da parte del Governo, di un processo che porta alla stabilizzazione del lavoro.
Il dibattito odierno, se da una parte rende chiare le due diverse posizioni rispetto al tema del lavoro nella pubblica amministrazione, dall'altra parte mette in luce due approcci opposti sul tema della precarietà del lavoro. La prima è un'idea, che viene continuamente ripetuta dal centrodestra, di esaltazione delle leggi e delle norme che hanno determinato nel nostro paese - tutte le indagini e le audizioni che abbiamo svolto in Commissione lavoro lo dimostrano - una crescita esponenziale della precarietà del lavoro negli ultimi anni. Chi fa parte della Commissione lavoro me lo ha sentito chiedere più volte, ed è forse l'esempio meno drammatico, onorevoli colleghi: mi si deve spiegare perché un giovane laureato in economia e commercio viene assunto a lavorare in una banca e per cinque anni deve avere un contratto di apprendistato, quando, una settimana dopo che è entrato a lavorare in banca, svolge pienamente le proprie mansioni, al pari di qualsiasi altro suo collega, considerato che non dovrà ricoprire chissà quale ruolo direttivo e lavorerà nell'ufficio riscontro di corrispondenza o nell'ufficio merci o, magari, in cassa, a gestire i conti correnti ed il rapporto con la clientela.
Diceva l'onorevole Pagliarini, giustamente, che in Italia esistono 6 milioni di partite IVA. L'Italia è diventato un paese di imprenditori. Poi se si scava e si guarda con più attenzione si scopre che tanti contratti di collaborazione e a partita IVA non sono nient'altro che contratti di lavoro a tempo indeterminato e continuativo, mascherato in quelle forme perché ciò comporta minori costi per l'impresa, minori retribuzioni per i lavoratori e le lavoratrici che sono ricattati in quella condizione, e così via.
Da una parte si deve aprire un dibattito generale, su cui ritornerò al termine del mio intervento, relativo al superamento del problema della precarietà; dall'altra parte il Governo con la legge finanziaria ha giustamente varato, in quanto datore di lavoro, una prima serie di norme, costituzionalmente corrette, indirizzate alla stabilizzazione del lavoro precario.
Anzi, se c'è un punto che va accelerato, e nella mozione lo si chiede come impegno al Governo, è proprio il monitoraggio della corretta attuazione di queste norme. Inoltre il fondo di cinque milioni di euro a sostegno dei processi di stabilizzazione, individuato e finanziato nella legge finanziaria, è troppo esiguo, e quindi va implementato per potere aiutare questo processo. Contemporaneamente, così come il Governo si era impegnato a fare entro il 30 aprile di quest'anno, è necessario provvedere al varo del DPCM e del regolamento attuativo, in modo da arrivare poi ad una rapida e corretta attuazione di quelle norme e di quegli impegni.
Pertanto esistono una serie di punti sui quali impegniamo il Governo, non per limitare o bloccare l'azione di stabilizzazione del lavoro precario che si è realizzata in questi anni, come forma di superamento dei vincoli che tante strutture degli enti pubblici hanno avuto. Per fare questo bisogna avere però una cultura che consideri il ruolo pubblico non come un orpello, ma come una risorsa per questo paese.
Sul piano generale, tanti cosiddetti processi di privatizzazione hanno portato ad un arretramento dell'intervento pubblico in economia e al comparire di tanti imprenditori privati. Essi, come sosteneva un vecchio lavoratore che conosco da tanti anni, si sono rivelati più dei «prenditori» che degli imprenditori e magari oggi vorrebbero occupare ulteriori spazi di mercato pubblico garantito, magari in servizi fondamentali per i cittadini come l'acqua e così via. Si tratta di una cultura che noi combattiamo, perché siamo a favore del rilancio e della riqualificazione del ruolo pubblico e abbiamo a cuore più di altri l'efficienza, l'organizzazione, il buon funzionamento della pubblica amministrazione, nella qualità delle prestazioni e dei servizi per i cittadini e nella efficacia della propria azione.
Andiamo avanti con l'impegno per la stabilizzazione e la qualificazione del lavoro.Pag. 60Evitiamo una contrapposizione tra i settori deboli della società. Rivolgo quindi un appello al Governo: sul tema della precarietà c'è bisogno di un salto di qualità in avanti. Abbiamo realizzato nella legge finanziaria una serie di misure che riguardano sia il lavoro pubblico che il lavoro privato - guarda caso, non c'è alcuna mozione dei colleghi del centrodestra che contesti le laute elargizioni a sostegno delle imprese per favorire i processi di regolarizzazione e di stabilizzazione del lavoro precario nel settore privato - ma forse è necessario, assieme a queste misure positive varate con la finanziaria, fare un salto di qualità. È giunto il momento di pensare ad uno strumento legislativo che superi la frammentazione delle leggi che regolano il mercato del lavoro e che danno la possibilità di stipulare contratti a termine reiterati senza senso nel tempo, contratti di collaborazione che mascherano occupazione da lavoro dipendente a tempo indeterminato, e così via. Ci vorrebbe una giornata per fare l'elenco delle figure della precarietà!
C'è bisogno, quindi, di un salto di qualità e vorrei ricordare al Governo che, su questa materia, il compito è del legislatore. Il rapporto con le parti sociali è importante, ma, in tale ambito, interviene in seconda battuta, attraverso la traduzione delle norme che il legislatore definisce sul mercato del lavoro. Ripeto che la titolarità appartiene al Parlamento ed è, quindi, il Parlamento che deve affrontare, attraverso la predisposizione di un progetto di legge, di iniziativa parlamentare o governativa, che vada nella giusta direzione. Questo è quanto ci chiedono non solo tante e tanti giovani, perché la precarietà del lavoro, purtroppo, non è più semplicemente un fatto giovanile, ma è il portato di una condizione generalizzata di lavoro che interessa anche molti lavoratori che hanno dai quarant'anni in su.
Questo è un impegno assunto da tutta l'Unione nel programma di Governo, che deve vedere, attraverso provvedimenti legislativi e azioni di governo, un salto di qualità importante e positivo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.