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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1005 (ore 16,28).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1005)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, nonostante la mia lunga esperienza in Assemblea, non ricordo quale sia il tempo a mia disposizione per la dichiarazione di voto finale.
PRESIDENTE. Onorevole Stucchi, lei ha dieci minuti a disposizione.
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GIACOMO STUCCHI. La ringrazio; lei mi conferma ciò che ricordavo.
Signor Presidente, ci ritroviamo a discutere sulla conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, dopo aver approvato alcuni degli emendamenti presentati, che confermano, nella sostanza, l'impianto del provvedimento.
Come ho detto questa mattina intervenendo sul complesso degli emendamenti, ritengo che si sarebbe dovuta fare una scelta diversa. In altri termini, ritengo che sarebbe stato opportuno favorire un dibattito tramite un disegno di legge ordinario, piuttosto che con l'adozione di un decreto-legge, per intervenire in modo più drastico sull'IRAP.
Sicuramente, non è la scelta giusta prevedere piccoli ritocchi di questo tipo, che non portano alcun beneficio alle aziende né a tutte quelle imprese produttive che oggi pagano centinaia di migliaia di euro per quanto riguarda l'IRAP di propria competenza.
Come ho affermato questa mattina, adottare iniziative in campo di IRAP, senza considerare la situazione attuale del nostro paese e le difficoltà oggettive in campo economico ed internazionale dovute alla competizione sui mercati, significa avere una visione politica miope, sia in campo fiscale sia in campo economico ed industriale, oltre che produttivo.
Sostanzialmente, quando avete introdotto l'IRAP, vi si poteva accusare tranquillamente di compiere un omicidio premeditato, perché sicuramente tante aziende si sono avviate verso la chiusura a causa di questo ulteriore aggravio fiscale. Non è attraverso interventi come quello di cui stiamo discutendo, e su cui esprimeremo un giudizio contrario, che si agevola la vita delle nostre imprese. Bisogna andare in un'altra direzione: bisogna ragionare ed individuare le strade per ridurre l'IRAP ed abolirla, magari con un processo che durerà un po' di tempo. Questo deve essere l'obiettivo: non si può intervenire con palliativi o con azioni peggiorative. Si tratta anche di dare certezze ai contribuenti, e con questo tipo di intervento di certezze non se ne danno.
Credo, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che questa sia la dimostrazione della politica di piccolo cabotaggio che questo Governo ha iniziato due mesi fa. In due mesi, quasi 60 dei 100 giorni famosi della luna di miele con il paese, questo Governo non ha proposto nulla di concreto e non ha portato all'attenzione del Parlamento nulla che riguardi una nuova prospettiva, sia in campo fiscale, sia in campo economico e in tanti altri settori.
Quindi, c'è delusione e sta finendo anche la luna di miele con i sindacati, che tanto vi hanno sostenuto nella scorsa campagna elettorale. Ciò dovrebbe portare a riflettere voi, più che noi, perché, se vengono disattese le aspettative di coloro che vi hanno sostenuto apertamente, se Eugenio Scalfari, in un suo editoriale, definisce questo Governo con dei termini che, per carità di patria, non voglio riportare in quest'aula nel mio intervento, credo che effettivamente ci sia qualcosa su cui riflettere.
Con interventi di questo tipo, sicuramente non fate altro che confermare ciò che diceva Scalfari e l'opinione dei cittadini. Sono state pubblicate anche delle recenti indagini demoscopiche che testimoniano come vi sia una delusione nei confronti del Governo all'interno di una certa parte importante del vostro elettorato, e le vostre difficoltà sicuramente non si fermano qui.
Credo che questo Governo debba dimostrare cosa concretamente vuole fare, presentando non interventi piccoli, dei palliativi, ma delle grandi scelte, illustrando le strategie che vuole perseguire nel corso della legislatura.
So di parlare al vento e so che non potete fare queste cose perché avete un problema di numeri, soprattutto al Senato. Quindi, è giusto denunciare tali cose in quest'aula. È giusto che ci sia una coscienza critica all'interno di quest'aula, che vi ricordi, per il bene del paese e per cercare di dare risposta alla parte produttiva del paese, che la strada che avete intrapreso non è quella corretta.Pag. 65
Confermo, quindi, il voto contrario del nostro gruppo alla conversione di questo decreto-legge e auspico che il Governo ripensi seriamente alla politica fiscale che vuole mettere in atto, cercando di capire che, se affonda la parte produttiva del paese, perché viene gravata di troppe imposte e di tanti balzelli inutili, ad avere nocumento di questa scelta non sarà solamente quella parte del paese, ma tutti i cittadini, che non avranno neanche le risorse per vedersi garantiti i servizi essenziali (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, il nostro gruppo non condivide il disegno di legge di conversione all'ordine del giorno, soprattutto per ragioni di carattere generale, di merito e di metodo.
Da molte parti è stata eccepita la mancanza della relazione tecnica che dovrebbe accompagnare il provvedimento, che, com'è noto, è resa tassativa dalla legge n. 468 del 1978, a sua volta diretta attuazione dell'articolo 81 della Costituzione.
Il Governo, invece, ha scelto una strada obliqua, nascondendo la testa nella sabbia e costringendo il Parlamento a parlare di quisquilie, mentre la situazione precipita, e ha scelto questa strategia solo a causa dei suoi grandi conflitti interni.
La pochezza di questo primo atto del Governo è la conseguenza di queste contraddizioni di carattere più generale. È comprensibile l'atteggiamento temporeggiatore di una maggioranza che ha poche idee, diverse e, per giunta, confuse. Si prende tempo, quindi, in attesa di un miracolo che possa mettere d'accordo posizioni antitetiche.
La responsabilità più grave è senza dubbio quella del ministro-viceministro delle finanze Visco, figura ibrida: non sappiamo, infatti, se ci troviamo di fronte ad un semplice, per quanto autorevole, collaboratore del ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, oppure al vero ed unico responsabile della politica fiscale di questo Governo. Le deleghe che gli sono stato conferite e la loro esclusività nel campo della politica fiscale, di fatto, configurano uno sdoppiamento del Ministero dell'economia e delle finanze ed un ritorno all'indietro.
Non abbiamo dimenticato che è stato proprio Vincenzo Visco ad inventare l'IRAP, imposta che non trova riscontro nei sistemi fiscali più evoluti: era sbagliata quando fu istituita, lo è maggiormente oggi nel momento in cui la Corte di giustizia della Comunità europea è pronta a pronunciarsi sulla sua incompatibilità con la disciplina dell'IVA.
Ebbene, nel momento in cui un organo giurisdizionale si accinge ad emettere una sentenza di condanna, cosa fa il ministro-viceministro Visco? Obbliga il contribuente, minacciandolo di sanzioni abnormi, a pagare un balzello che, con ogni probabilità, non dovrebbe essere pagato. Se mi è consentito un paragone azzardato, stiamo trasferendo nel campo della disciplina fiscale un istituto equivalente a quello che esiste in campo penale con la carcerazione preventiva. Forse, non ci si rende conto della gravità di un simile atto, ma di fatto lo si sta perpetrando. Questa politica giustizialista non porterà da nessuna parte.
Con le nuove disposizioni si incide direttamente sulle valutazioni del rischio da parte dell'imprenditore, aumentando notevolmente i costi di gestione, specie per le imprese più piccole e ad alto contenuto di manodopera. Si porta, di fatto, l'imprenditore a licenziare, quindi a creare disoccupazione. Perché i sindacati stanno zitti? Queste valutazioni non rientrano nella logica del potere fiscale, che si configura sempre più come un qualcosa di estraneo alla logica del mercato e dell'economia. È il vecchio peccato di origine dell'IRAP, voluta, a suo tempo, insieme a tante altre imposte stravaganti, dal ministro-viceministro Visco. È comprensibile che egli tenga in modo particolare ad una sua creatura, anche se questa ha il volto ePag. 66le fattezze di un moderno Frankenstein, ma tale attaccamento rischia di produrre danni ulteriori alla nostra economia.
Invece di cominciare a smantellare questo castello, approfittando proprio della congiuntura comunitaria, il Governo lo rafforza ricorrendo a nuovi balzelli ed inasprimenti delle pene, così penalizzando ancora di più il povero contribuente, sempre che non si tratti di alleviare, come traspare dagli emendamenti presentati dalla maggioranza, quelle regioni che non hanno saputo contenere i costi della loro sanità. Due pesi e due misure: la carota per chi sfora i conti pubblici, il bastone per i singoli imprenditori.
L'imposta penalizza, infatti, le esportazioni e favorisce le importazioni. La permanenza di un'imposta come l'IRAP indebolisce la posizione competitiva dell'Italia. Proprio per questa ragione, avremmo dovuto cogliere l'occasione della sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea per modificare rapidamente disposizioni che si traducono in un danno rilevante per l'economia italiana. Che fa invece il Governo? Mentre nei salotti buoni lancia proclami a favore delle aziende e dello sviluppo, nel chiuso delle aule parlamentari vara provvedimenti che ne negano in radice i presupposti. Non possiamo accettare questa doppiezza. La nostra denuncia contro un provvedimento che non solo non risolve, ma aggrava le condizioni del contribuente e dell'economia nazionale non potrà che risuonare ferma e chiara.
Il gruppo che rappresento è una piccola forza, non ha interessi precostituiti da difendere ed è, quindi, libero di dare a Cesare quel che è di Cesare e di sfidare il Governo ogni qualvolta quest'ultimo si presenterà in Parlamento con provvedimenti incoerenti, calibrati più sull'esigenza di mantenere in vita un'alleanza di potere che su quella di rispondere alle esigenze del paese. Il gruppo che rappresento è consapevole della gravità della crisi economica. Sa anche che le relative responsabilità sono diffuse e che nessuno è in grado di scagliare la prima pietra, ma proprio per questo manterrà una posizione intransigente, nella piena consapevolezza di adempiere ad un dovere di carattere nazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati Popolari-Udeur voteranno con convinzione il disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi.
Se da un lato, infatti, crediamo necessario affrontare la situazione contingente derivante dalla prossima sentenza della Corte di giustizia europea circa la legittimità comunitaria dell'IRAP, al fine di evitare i possibili effetti negativi sul gettito conseguenti alla dichiarazione di illegittimità di tale imposta, dall'altro, il differimento del termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime consentirà di evitare che sugli operatori del settore e sugli stessi consumatori si riversino le conseguenze delle incertezze circa la misura dei canoni, anche pregressi, da corrispondere.
La disposizione in esame mira a raggiungere l'obiettivo di scoraggiare il ritardato versamento dell'acconto IRAP da parte di quei contribuenti che, nel dubbio o nella speranza di veder cancellato il tributo dal giudice comunitario per incompatibilità con l'IVA, preferiscono non anticipare tali somme, riservandosi di versare il dovuto, pagando sanzioni ridotte, solo dopo l'emanazione di una eventuale sentenza sfavorevole.
I Popolari-Udeur sono favorevoli all'approvazione del testo in esame sulla base della considerazione che i contribuenti destinatari della norma non sopporteranno costi di conformità per adeguare la propria attività di gestione interna alle nuove disposizioni, mentre il beneficio da essi atteso, anche se considerato in una visione a più ampio spettro, consisteràPag. 67nella loro idoneità ad assicurare la costanza del gettito tributario derivante dall'IRAP, di fondamentale importanza per finanziare il sistema sanitario nazionale. I deputati Popolari-Udeur ritengono, inoltre, che la proroga del termine per la rideterminazione dei canoni al 30 settembre 2006 sia un atto dovuto in quanto il repentino, massiccio aumento dei canoni che deriverebbe dalla mancata conversione del decreto-legge, pari al 300 per cento, risulterebbe particolarmente dannoso per gli operatori del settore turistico-ricreativo, i quali stabiliscono i prezzi dei servizi relativi alla stagione in corso alla fine dell'anno precedente. Tale misura, in realtà, costituisce l'ultima di una serie di proroghe già disposte in materia nel corso della precedente legislatura.
Noi Popolari-Udeur, aldilà dell'opportuna proroga che ci accingiamo ad approvare, fedeli al nostro spirito propositivo, ci impegneremo a procedere nella direzione di superare la normativa vigente attraverso l'individuazione di un meccanismo idoneo a risolvere strutturalmente il problema, coinvolgendo le categorie e gli enti locali interessati, dato che la competenza sulla gestione di tali beni dello Stato è stata ormai da tempo trasferita a tali enti.
Tutto ciò premesso, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur, annuncio il voto favorevole sul disegno di legge in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, il gruppo della Rosa nel Pugno voterà a favore dell'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame. Vorrei però sottolineare che abbiamo dedicato moltissime ore del nostro lavoro, sia in Commissione sia in Assemblea, ad un provvedimento certamente necessario ma anche - mi si consenta l'espressione - banale. Si tratta infatti di una normativa che ripercorre le tracce di due decreti adottati dal precedente Governo nella trascorsa legislatura; è perciò un provvedimento necessario, ma in sé scontato. Vi abbiamo dedicato tanto impegno forse perché l'opposizione ha perduto alquanto la memoria a causa del caldo estivo e si è dimenticata di avere avuto cinque anni a disposizione per abrogare o modificare profondamente l'imposta dell'IRAP. Non lo ha fatto allora ed ora, all'inizio della legislatura, riprende a recitare il ritornello, quasi venisse da un altro paese e da un altro mondo.
In realtà, se l'IRAP non è stata modificata o abrogata dal ministro Tremonti è perché ci si è resi conto del fatto che è pressoché impossibile tornare al precedente regime di molteplici tasse e tributi che l'IRAP ha sostituito. Voglio peraltro ricordare che la minaccia di una sentenza della Corte di giustizia europea incombeva già durante l'ultimo anno della trascorsa legislatura, ma ciò non ha tuttavia indotto il Governo di allora ad adottare provvedimenti decisivi. Pretendere che sia questo esecutivo, ad inizio legislatura, a compiere una riforma di tal genere è francamente pretestuoso e puramente polemico.
Analogamente, è del tutto ovvia l'opportunità di riproporre una normativa già adottata dal precedente Governo e dal ministro Tremonti circa la non applicazione del ravvedimento operoso, in vista del possibile utilizzo elusivo ai fini della sottrazione al dovere fiscale che in questo caso tale istituto comporterebbe.
È altrettanto giusto e doveroso prevedere di non applicare la pena della maggiorazione dello 0,4 per cento per quelle imprese che saranno chiamate dalle loro regioni a versare un punto percentuale in più di IRAP, in quanto le rispettive amministrazioni regionali hanno sforato il bilancio preventivo sanitario. Sarebbe, infatti, sommamente ingiusto che a tale punto percentuale in più si aggiungesse anche la penalizzazione dello 0,4 per cento.
Infine, è giusto il provvedimento di rinvio della misura relativa ai canoni demaniali, ma vorrei invitare al riguardo l'attuale Governo a non ripercorrere la strada seguita dall'esecutivo precedente, giungendo invece, rapidamente, ad una ipotesi precisa di ridefinizione di questiPag. 68canoni. Canoni che, comunque, in qualche modo, vanno aggiornati con l'evoluzione dei prezzi di questi anni, riconoscendo che gli operatori economici del settore hanno applicato i nuovi prezzi a carico degli utenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Presidente, come parlamentari del Movimento per l'autonomia, una componente del gruppo Misto, intendiamo esprimere la nostra contrarietà al provvedimento d'urgenza che è stato portato dal Governo all'attenzione della Camera. Desidero qui riassumere brevemente una serie di considerazioni di fondo, alcune delle quali riecheggiano anche parte del dibattito sviluppatosi in quest'aula.
Il decreto-legge n. 206 del 2006 costituisce una clamorosa smentita della politica di riavvicinamento del contribuente alle istituzioni fiscali, attuato dal precedente Governo di centrosinistra con il decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997. Con il primo comma dell'articolo 1, viene espressamente derogato il principio del ravvedimento, previsto dall'articolo 13 del precitato decreto legislativo, che consente al contribuente di fruire della riduzione delle sanzioni in caso di pagamento delle somme dovute oltre il termine previsto dalle singole leggi di imposta, nella fattispecie l'IRAP.
Il citato articolo 1 è formulato nei termini di una autentica - possiamo definirla in questo modo, perché anche altri colleghi lo hanno fatto stamane - odiosa vessazione nei confronti dei contribuenti per costringerli a provvedere all'immediato pagamento di un'imposta, l'IRAP, sulla quale già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001, e la Corte di giustizia europea si sono espresse o stanno per esprimersi in termini fortemente critici.
Io credo che né il Governo né il Parlamento possano ignorare che centinaia di sentenze delle commissioni tributarie hanno dato ragione ai contribuenti in materia di IRAP, sulla scorta della violazione dell'articolo 33 della VI direttiva IVA n. 77/388 CEE, che vieta agli Stati membri di introdurre qualsiasi imposta che abbia il carattere di imposta sul volume degli affari. Allo stesso modo, credo che né il Governo né questo Parlamento possano ignorare che la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 21203 del 5 novembre 2004, ha statuito che per i piccoli professionisti l'IRAP è in contrasto con i principi costituzionali e che pertanto il decreto-legge al nostro esame appare doppiamente odioso, perché costringerà brutalmente migliaia e migliaia di contribuenti ad assolvere un onere tributario iniquo ed in contrasto con la Costituzione, versando somme che saranno comunque, a nostro avviso, oggetto di rimborso.
Non si può ignorare, infine, che gli articoli 3, 4, 8 e 10 della legge n. 212 del 2000, lo Statuto dei diritti del contribuente, assicurano ben diverse garanzie ai cittadini contribuenti; il decreto-legge al nostro esame è, invece, finalizzato, in aperta violazione degli ordinari principi di lealtà e correttezza che debbono caratterizzare il rapporto fra istituzioni e cittadini, a costringere i contribuenti soggetti all'IRAP a comportamenti non dovuti, che saranno oggetto di severe censure da parte degli organi della giustizia tributaria e della giustizia dell'Unione europea, dalla quale si attende una scontata pronuncia di condanna a carico dello Stato italiano.
Questo in linea di principio sulla questione dell'IRAP. Tuttavia, noi esprimeremo il nostro voto contrario anche in relazione ad altra materia che riguarda questo primo passo del Governo, che, in ogni caso, preannuncia qual è lo spirito e la filosofia a cui intende ispirarsi in materia fiscale.
In sede europea, su impulso di diversi parlamentari - ricordo Lombardo, Tajani, ma anche altri -, nel mese di febbraio del corrente anno, è stato approvato dalla Commissione europea il famoso rapporto Hokmark, che introduce la possibilità per i paesi membri di praticare forme diPag. 69fiscalità di vantaggio nelle aree individuate dall'obiettivo 1 per nuove imprese che intendono investire.
In altre circostanze, abbiamo sentito parlamentari dell'attuale maggioranza, ma anche rappresentanti del Governo, fare proprio, con diversi toni ed in diversi modi, il tema che noi abbiamo posto all'attenzione di tutti nel corso della campagna elettorale in occasione delle elezioni politiche. Il tema è, ovviamente, quello della fiscalità di vantaggio per le popolazioni del sud dell'Italia, a partire dalla Puglia e giù fino alla Sicilia.
Noi riteniamo che questo Governo non intenda prendere sul serio ciò che dice a parole. In questa occasione, ad esempio, potevano essere introdotti elementi di apertura in direzione della fiscalità di vantaggio, che noi definiamo, più appropriatamente, fiscalità compensativa per le popolazioni del sud del paese. Ancora una volta, invece, registriamo una sorta di vera e propria ostilità nei confronti dei bisogni del meridione del paese.
Come abbiamo detto in altre circostanze, dobbiamo brutalmente ammettere che questo paese non è diviso tra centrodestra e centrosinistra, ma tra centro-nord e centro-sud: al sud, bisogna pagare tutto quello che c'è da pagare; al centro-nord, invece, è possibile fare sconti ed attuare politiche più vicine alle esigenze dei cittadini e più vantaggiose. Non siamo certamente contrari a che la popolazione del paese, a qualunque latitudine viva, sia trattata bene dal Governo in carica; tuttavia, abbiamo il dovere, come parlamentari meridionali - siciliani, calabresi e quant'altro -, di affermare il principio che occorre una virata di bordo: è necessario che il Governo, questo o un altro, comprenda che lo sviluppo del paese non può che partire da nuove condizioni di sviluppo per il sud.
Il decreto-legge in esame, sia pure molto laconico in confronto a quello che intende esprimere, la dice lunga, purtroppo, sulla politica fiscale del Governo e, come ho detto poc'anzi, non può che farci esprimere un voto assolutamente contrario, a cui seguiranno opportune forme di lotta, nei termini che la democrazia ci consente oggi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mungo. Ne ha facoltà.
DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del mio gruppo su un provvedimento che, in virtù degli emendamenti che abbiamo discusso ed approvato stamani, è, in parte, diverso e migliorato rispetto a quello di cui ci siamo occupati ieri.
Si è tenuto conto della situazione di confusione nella quale alcuni contribuenti si sono trovati a causa del termine del 30 giugno ed è stata accolta, di conseguenza, la richiesta, che proveniva anche dalla società, concernente l'esenzione dalla maggiorazione dello 0,40 per cento. Pertanto, il provvedimento risulta più completo. Diversamente da quanto affermato da alcuni colleghi stamani, esso rappresenta una misura di effettiva equità e di effettivo rispetto delle esigenze dei contribuenti.
La discussione, sviluppatasi a partire da ieri, ha riguardato il tema dell'IRAP in generale, sebbene la questione affrontata dal provvedimento in esame abbia una portata più ridotta: si tratta di evitare una possibile perdita di gettito per le casse dello Stato oppure un ritardato pagamento. Di conseguenza, si tratta di una semplice misura di buonsenso.
Al buonsenso è ispirata anche la seconda disposizione, che attiene ai canoni demaniali marittimi. Anche in questo caso, ci apprestiamo ad esprimere il voto finale su una disposizione migliorata rispetto a quella di partenza: la data del 31 ottobre appare più congrua per affrontare con serietà un tema che, come molti colleghi hanno affermato, e come il sottosegretario Grandi ha dichiarato in sede di replica, va riaffrontato secondo criteri di equità e nel quadro di un migliorato rapporto tra Stato, regioni ed autonomie locali.
La modifica introdotta stamani per merito dell'emendamento Bonelli 2.11 consentePag. 70di fare riferimento anche al rapporto con le associazioni dei consumatori. Ciò, proprio perché in questi ultimi due anni si sono verificati aumenti non congrui ed è giusto proteggere anche la categoria dei consumatori.
Di conseguenza, il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra europea a questo provvedimento è ulteriormente rafforzato dalla discussione che si è svolta sia in Commissione sia in aula e dall'accoglimento degli emendamenti che la Commissione ha proposto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, noi esprimiamo una sorta di sorpresa negativa nel vedere il Governo che muove i primi passi in questa legislatura, primi passi molto incerti e molto negativi per l'impatto che hanno sull'economia.
Dopo cinque anni in cui, durante il Governo Berlusconi, la maggioranza attuale ha letteralmente coperto di insulti il centrodestra, annunziando una sorta di rivoluzione copernicana dell'economia, della filosofia degli interventi in economia, siamo esterrefatti, oggi, nel constatare una totale assenza di linee guida, la totale assenza di una rotta, di un orizzonte con il quale questo centrosinistra intende governare l'economia ed intervenire nella stessa economia. Ha fatto bene il sottosegretario a ricordare quanto costa l'IRAP ogni anno alle imprese italiane: circa 30 miliardi di euro, ossia circa 60 mila miliardi delle vecchie lire. Ricordo pertanto all'attuale Governo quanto è costata questa IRAP. Da quando il ministro Visco la introdusse, nel 1999 - e, quindi, in 6-7 anni -, è costata circa 200 miliardi di euro, il che vuol dire 400 mila miliardi circa di vecchie lire, tutte pagate in maniera vessatoria dalle imprese italiane!
Dobbiamo ricordare, oggi, quante volte questo Governo ha accusato il centrodestra di non avere soppresso l'IRAP, di non averla ridotta in maniera essenziale, ma credo sarebbe stato onesto non entrare in questo argomento, perché noi avremmo dovuto ricordare loro che questa è un'imposta che hanno, in realtà, introdotto proprio loro. Quindi, altro che responsabilità per non averla diminuita o tolta! Bisognerebbe ricordare la responsabilità per averla introdotta!
Dunque, il giudizio è negativo, altamente negativo. Dopo circa tre mesi dalla vittoria - molto discutibile - di questa maggioranza, il Governo Prodi non ha ancora varato un pacchetto organico di interventi in economia. Va ricordato che, invece, il Governo Berlusconi, dopo aver vinto le elezioni, il 13 maggio 2001, circa 30 giorni dopo aveva già introdotto e presentato in Commissione il «pacchetto dei cento giorni», con la nota legge Tremonti, che detassava gli utili reinvestiti, l'innalzamento delle pensioni minime, l'avviamento all'approvazione della legge obiettivo per modernizzare il paese.
Oggi, a tre mesi dalla vittoria - discutibile, lo ripeto - del centrosinistra, siamo ancora in assenza di un benché minimo provvedimento organico per l'economia, il che condanna già questo centrosinistra ad essere additato dalle varie categorie, dagli imprenditori, dai lavoratori, dalle piccole imprese, dai lavoratori autonomi come un Governo che già da ora dimostra di essere immobile ed incapace di progettare e di proporre. Questo è un dato estremamente negativo. In un processo di modernizzazione che il centrodestra, con grandi difficoltà, ha avviato nel quinquennio 2001-2006, questo è un dato estremamente negativo.
Ciò significa non solo un blocco all'evoluzione, allo sviluppo economico e progettuale ma anche un tornare indietro, mentre tutti vanno avanti in Europa. Mentre i grandi partners europei - Francia, Germania, Spagna - vanno avanti, con un tasso di crescita non dico molto superiore al nostro ma sicuramente costante, questo arresto di progettualità e di interventi significa, lo ripeto, quasi un tornare indietro.
Il centrosinistra si presenta con un decreto-legge sull'IRAP senza nemmeno rilevare che questa è un'imposta vessatoriaPag. 71e iniqua che, al di là della bocciatura in sede europea, corrisponde e si traduce in un costante peso sul lavoro in termini di costi aggiuntivi, soprattutto per le imprese più indebitate. Il centrosinistra continua nel balbettio e nei passi incerti, in una totale incapacità di prendere una rotta precisa.
In questo decreto-legge, l'unica cosa positiva introdotta è stata il frutto degli emendamenti presentati dal centrodestra; mi riferisco agli emendamenti dei colleghi Leo e Gioacchino Alfano, che conferiscono rilievo e intelligenza, che mancavano nel provvedimento. Al di là di questi interventi di intelligenza e di capacità propositiva, che sono sempre una costante di questo centrodestra, il Governo ha invece proposto, lo ripeto, un balbettio di date, uno spostamento dal 30 giugno al 15 dicembre. È veramente molto poco! E dico ciò al sottosegretario Grandi, cui tocca dover rappresentare in questa sede questo immobilismo e questa incapacità del centrosinistra.
A tre mesi dalle elezioni, noi aspettiamo ancora un'idea, un approccio, una linea guida da parte di questo Governo sui grandi temi dell'economia, su come contrastare la concorrenza sleale, su come avviare una diminuzione del costo del lavoro, su come intervenire sugli incentivi per le imprese che producono veramente. Invece, siamo ancora ai proclami elettorali e agli slogan, a cui non è seguito proprio nulla.
Allora, c'è grande preoccupazione per questo Governo che ha presentato, in occasione della prima audizione, un ministro dell'economia e delle finanze che io ho pensato fosse addirittura un sosia o una controfigura, perché l'unica cosa che ha fatto è stata illustrare delle tabelle. Ha solo illustrato delle tabelle! Ha solo letto numeri, cifre, ed ha detto - risulta agli atti della seduta delle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato - che non si sarebbe sognato di dire come pensava di intervenire perché non aveva ancora a disposizione i dati. Questo dopo tre mesi dalla vittoria elettorale.
Siamo estremamente preoccupati per l'economia, per lo sviluppo e per il futuro della nazione. Ma siamo anche estremamente esterrefatti della faccia di bronzo di questo Governo che, lo ripeto, dopo tre mesi non ha ancora rappresentato, come minimo, una linea guida certa, sicura, programmata ed organica di come vuole governare l'economia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).