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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206, recante disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi (A.C. 1005) (ore 9,38).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1005)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge
(Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 4).
Avverto, altresì, che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto infine che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezioni 1 e 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor rappresentante del Governo, colleghi, probabilmente ribadirò in questo mio intervento talune osservazioni che sono già state sollevate in questa Assemblea sull'applicazione dell'IRAP, più in particolare sull'articolo 1, che riprende sostanzialmente il contenuto del decreto-legge n. 106 del 2005, escludendo di fatto l'istituto del ravvedimento operoso per i versamenti IRAP a saldo e in acconto relativi all'anno di imposta in corso, provvedimento sicuramente giustificato dal fatto di assicurare il gettito di questo tributo nell'imminenza della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia europea relativa a tale imposta.Pag. 2
Ritengo che si debba fare maggiore chiarezza sull'ambito di applicazione di questa norma; in particolare, ricordo come questo tributo, istituito nel 1997 dal precedente Governo di centrosinistra, abbia posto sin dalla sua introduzione una serie di problemi relativi, in particolare, alla determinazione della base imponibile, che non risulta di agevole quantificazione, essendo, come sappiamo, determinata in base al valore della produzione. A tale riguardo, si fa rilevare come il decreto-legge che stiamo esaminando avrebbe di fatto potuto costituire l'occasione propizia per risolvere, ad esempio, la questione concernente la sottoposizione all'IRAP dei professionisti (intendo quei professionisti privi di una autonoma struttura organizzativa), i quali, secondo quanto statuito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 256 del 2001 e da numerose pronunce delle commissioni tributarie, non sarebbero soggetti al tributo.
È chiaro che, in mancanza di un'esplicita previsione normativa, si può ritenere che i professionisti che versano nelle predette condizioni siano abilitati a non corrispondere il tributo senza incorrere in sanzioni, applicandosi nei loro confronti quella previsione dello statuto dei diritti del contribuente che, appunto, esclude l'applicazione di misure sanzionatorie nei confronti dei contribuenti nel caso in cui ricorra una situazione di oggettiva incertezza circa l'ambito di applicazione dell'imposta.
Riteniamo che, nel delineato ambito, sia necessario affrontare anche la problematica concernente l'eventuale applicazione del meccanismo previsto dall'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, che stabilisce la maggiorazione automatica della quota IRAP nelle regioni in cui si registri uno squilibrio finanziario nella gestione del servizio sanitario regionale. Allo stato, non risulta chiaro, infatti, se tale eventualità possa comportare conseguenze anche sui versamenti in acconto ed a saldo relativi all'anno in corso.
Riguardo a questa parte del provvedimento, ci rendiamo conto dell'esigenza di assicurare comunque il gettito. Di conseguenza, gli argomenti addotti a sostegno del decreto-legge possono anche essere parzialmente condivisibili. Diviene difficile, tuttavia, esprimere un'accettazione senza una preventiva risoluzione delle indicate problematiche, che interessano un numero cospicuo di contribuenti; peraltro, la loro mancata risoluzione non potrà che comportare un ulteriore, inevitabile contenzioso.
Venendo all'articolo 2 del provvedimento, comprendiamo benissimo, anche in questo caso, le difficoltà in cui ci si è imbattuti nell'applicazione e/o adeguamento dei canoni demaniali. Le comprendiamo perché nella precedente legislatura, quando eravamo al Governo, abbiamo tentato di introdurre un criterio di aumento dei canoni demaniali, che sappiamo essere, in molti casi, di importo risibile. Nel percorso applicativo, abbiamo incontrato le stesse difficoltà che oggi incontra il Governo nella definizione di uno strumento che possa essere condiviso, ferma l'invarianza di gettito del provvedimento, dai soggetti interessati al pagamento.
È il caso di fare una cronistoria della vicenda: essa può farci comprendere che, ragionevolmente, sulla base della situazione attuale, non si riuscirà a definire la questione entro il termine fissato (30 settembre 2006).
Ricordo che la disposizione da cui trae origine la vicenda - che ci impegna tuttora, dopo tre anni - è l'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003. Il comma 21 del menzionato articolo stabilisce che, con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, debbono essere rideterminati i canoni annui di strutture turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei.
Il successivo comma 22 aveva disposto, altresì, che dal 1o gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutati del 300 per cento. La misura dei canoni relativi alle concessioniPag. 3demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreativa è determinata, come è noto, in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise ab origine in tre categorie, A, B e C, in base alla diversa valenza turistica, e la collocazione all'interno di categorie delle singole aree è demandata alla valutazione delle regioni. Il regolamento che ha concretamente determinato i predetti canoni è stato approvato con decreto ministeriale...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Armosino. Onorevoli colleghi, per cortesia, non si riesce a sentire cosa dice la collega! Se possibile, cortesemente abbassate almeno il tono della voce. Vi ringrazio.
Prego, onorevole Armosino, prosegua pure.
MARIA TERESA ARMOSINO. Come stavo dicendo, il regolamento che ha concretamente determinato i predetti canoni è stato approvato con decreto ministeriale del 5 agosto 1994, n. 342. Successivamente, ma prima che tale norma esplicasse il suo effetto, l'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ossia la legge finanziaria per l'anno 2004, ha sostituito il comma che ho appena citato e, quindi, tale comma 22, nella nuova formulazione, ha previsto l'emanazione entro giugno 2004 di un decreto interministeriale tale da assicurare maggiori entrate, non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1o gennaio 2004. In mancanza dell'adozione entro i termini del decreto interministeriale, la stessa disposizione ha previsto l'automatica rivalutazione del 300 per cento di tutti canoni per la concessione d'uso, canoni che avrebbero dovuto essere rideterminati, appunto, sulla base del decreto.
Vi è stata, quindi, una sequela di proroghe nel tempo. Il termine del 30 giugno 2004 per l'emanazione del decreto interministeriale è stato dapprima differito al 30 ottobre 2004 dall'articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004 n. 191, con il fine di - cito testualmente - «(...) consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo (...)». Il suddetto termine è stato prorogato al 15 dicembre 2004 dall'articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306. Successivamente, l'articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, ha ulteriormente differito tale termine al 31 ottobre 2005. Ed ancora, l'articolo 3-ter del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge n. 248 del 2005, ha differito al 15 dicembre 2005 il termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime.
Con l'articolo 2 del decreto-legge in esame si provvede ad operare un nuovo differimento del termine al 30 settembre 2006, e questo proprio al fine di garantire il razionale completamento delle procedure di verifica degli accertamenti tecnici necessari per pervenire alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi.
L'urgenza di provvedere al differimento del termine risiede nella necessità di evitare agli operatori di strutture turistico-ricreative, nell'imminenza della stagione estiva, incertezze circa la misura dei canoni da corrispondere.
Consideriamo, dato il lungo iter del provvedimento in esame - noi lo abbiamo sempre sostenuto, così come i colleghi della maggioranza -, che le maggiori entrate previste per 140 milioni di euro decorrevano da prima, avendo a riferimento la data del 30 giugno 2004, e in questo caso si disse che non vi erano problemi di copertura trattandosi di un rinvio infrannuale.
Stessa decisione venne assunta con lo spostamento del termine al 30 ottobre 2004, trattandosi, appunto, di uno spostamento all'interno dello stesso anno. Stessa motivazione venne data in ordine al differimentoPag. 4al 15 dicembre 2004, operato dall'articolo 16 del decreto-legge n. 266 del 2004.
PRESIDENTE. Onorevole Armosino, la invito a concludere.
MARIA TERESA ARMOSINO. Osservo che, da ultimo, relativamente alla norma del passato Governo, quando si differì al 31 ottobre 2005 si ritenne non necessaria una copertura, in quanto i canoni fissati dalla regione sono bassi e la riapertura dei termini avrebbe potuto determinare la fissazione di canoni più elevati.
Come sappiamo...
PRESIDENTE. Onorevole Armosino, il suo tempo è scaduto.
MARIA TERESA ARMOSINO. Nel concludere il mio intervento, dato atto della lunghezza dell'iter di questo provvedimento, che ho deliberatamente scelto di ripercorrere, ribadisco le osservazioni che sono già state tradotte in emendamenti presentati. Insisto, quindi, sull'esigenza di previsione di un termine più lungo per ottenere un'effettiva definizione di questa vertenza, altrimenti ci troveremo costretti, a settembre, ad intervenire nuovamente in materia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo esaminato questo provvedimento con la consapevolezza che le questioni trattate hanno avuto origine nella precedente legislatura.
L'onorevole Armosino ha delineato quelli che sono i punti focali trattati dal provvedimento in esame; più volte - sia in Commissione sia in aula, nell'ambito della discussione sulle linee generali - la maggioranza ce li ha ricordati.
Siamo consapevoli di questa coerenza politica; quindi, complessivamente, siamo favorevoli per quanto concerne le questioni poste. In ogni caso, la tentazione è comunque forte, perché le questioni relative sia all'IRAP sia ai canoni demaniali marittimi ci spingono a sottolineare le cose che per noi non vanno bene.
È vero che questo provvedimento è stato approvato anche da noi, ma è anche vero, per esempio, che l'IRAP non trae origine dalla precedente legislatura. Quindi, è subito indispensabile ricordare che il provvedimento in esame concerne termini di scadenza.
Il disegno di legge in esame ha il compito esclusivo di intervenire per quanto riguarda l'IRAP confermando la scadenza che era originariamente prevista per il 20 giugno. Per quanto riguarda, invece, i canoni demaniali marittimi ci troviamo di fronte ad una proroga dei termini. Ora, se noi volessimo seguire la previsione dei due articoli del decreto-legge in esame, dovremmo soltanto accettare o meno quella conferma e quella proroga.
Per quanto riguarda l'IRAP, l'esigenza era quella di evitare che i contribuenti, tentati dalla sentenza che la Corte dovrebbe emettere entro il prossimo settembre, potessero non pagare l'acconto utilizzando istituti che il diritto tributario prevede, istituti vantaggiosi, come, ad esempio, quello del ravvedimento operoso. Su questo punto, a mio avviso, bisognerebbe essere coerenti. Non bisogna tralasciare però una coincidenza nuova, prevista da una norma da noi approvata che è quella dell'applicazione di una maggiorazione sull'aliquota IRAP per le regioni che non abbiano i conti in regola in materia di sanità. Colleghi, scusatemi se faccio riferimento a delle date, ma se non ci soffermiamo su di esse finiamo per spostare l'attenzione su altre questioni che non ci interessano e che dovrebbero, una volta sollevate, essere affrontate in altri provvedimenti e non in questo di cui si discute. Il decreto-legge in esame è stato adottato dal Governo il 7 giugno 2006 ed assegnato alla Commissione finanze della Camera l'8 giugno; noi ne abbiamo poi iniziato l'esame il 14 giugno.Pag. 5
Cosa si è pensato di fare con l'articolo 1 del provvedimento in esame? Con tale articolo si dice ai contribuenti che è obbligatorio pagare l'imposta entro il 20 giugno. Poiché siamo nella fase di esame del complesso delle proposte emendative presentate, entrerò anche nel merito degli emendamenti da noi presentati, in modo che si capisca qual è la nostra posizione al riguardo.
Noi, ad esempio, sosteniamo che, poiché la scadenza per le regioni per dimostrare che i loro conti sono in ordine era il 31 maggio, quindi prima del 20 giugno, e poiché questa scadenza è stata poi spostata al 30 giugno, quest'anno si verifica una coincidenza, ovvero che la scadenza per il pagamento dell'imposta decorre prima del termine ultimo entro cui le regioni possono dimostrare che non si doveva applicare la maggiorazione. Il contribuente, quindi, nell'incertezza, era chiamato a non pagare entro il 20 giugno. Questo lo avevamo detto prima del 20 giugno e lo ribadiamo nuovamente adesso.
Uno degli emendamenti presentati, proposto dalla relatrice ed accolto dal Governo, prevede l'esenzione della maggiorazione dello 0,40 per cento per quei contribuenti che pagheranno entro il 20 luglio. Esaminando il merito del provvedimento e, quindi, i termini che esso prevede, debbo dire che siamo contrari a tale proposta emendativa. Noi non siamo contrari alla natura del provvedimento, ma siamo contrari solo perché il Governo è intervenuto tardivamente su questioni già poste, che già conoscevamo.
Questa mattina è riportata su molti organi di stampa una dichiarazione del Presidente del Consiglio dei ministri in tema di evasione fiscale; in particolare, Prodi afferma che con un'evasione fiscale pari al 7 per cento del prodotto interno lordo difficilmente si riuscirà a rimettere in sesto i conti dello Stato italiano. A tale riguardo, facciamo rilevare che sono proprio questi atteggiamenti che spingono i contribuenti a scegliere l'evasione fiscale o quantomeno il rinvio dei pagamenti dei tributi.
Colleghi, se leggete i pochi emendamenti che abbiamo presentato al provvedimento, alcuni di essi ripresentati in quanto respinti in Commissione, potete osservare che è nostra intenzione cercare di intervenire in questo particolare momento senza mettere in discussione la norma, la cui natura, ripeto, condividiamo. Allora, quali sono le questioni che rimangono irrisolte e che spero il Governo possa risolvere accogliendo i nostri emendamenti? Penso, in primo luogo, alla possibilità di applicare nuovamente il ravvedimento operoso nelle sei regioni con i conti non in regola (oggi sono cinque).
Vi è poi un'altra questione che ritengo importante e sulla quale è opportuno soffermarsi. Questa mattina, in seno al Comitato dei nove, il Governo e la relatrice hanno espresso parere contrario su una data questione. Ritengo che ciò costituisca un errore. Faccio riferimento al fatto che oggi le regioni hanno tempo fino al 30 giugno per dimostrare che i loro conti sono in ordine. Anche su tale questione potremmo svolgere alcune riflessioni e, in particolare, vedere quali sono le regioni che hanno «sforato» in termini di spesa sanitaria, per poi prevedere alcune eccezioni. Ma, rimanendo alla questione dei termini, come detto, oggi le regioni hanno tempo fino al 30 giugno per dimostrare di essere in regola nella tenuta dei conti e, quindi, per essere esonerate dal pagamento dell'addizionale dell'1 per cento.
Da quanto abbiamo capito, si deciderà l'esonero dall'applicazione dello 0,40 per cento per i contribuenti che pagheranno entro il 20 luglio. Allora, se è vero che il prossimo riferimento è la data del 20 luglio, perché non si accetta il nostro emendamento che sposta al 20 luglio il termine assegnato alle regioni per dimostrare di essere in regola con i conti? Si potrebbe rispondere che, per ragioni tecniche, ciò non è conveniente. Però, noi avevamo detto alle regioni che quello del 31 maggio era il termine entro il quale avevano l'obbligo di dimostrare di essere ritornate in regola con i conti. Perciò, è normale che, a causa di questo rinvio al 30 giugno, i contribuenti abbiano potuto nonPag. 6pagare l'IRAP, aspettando di conoscere lo stato dei conti delle regioni in cui abitano; la pagheranno entro il 20 luglio, che rappresenta la scadenza successiva, senza l'applicazione di alcuna sanzione. Allora, per quale motivo non ritenete sia meglio dire alle stesse regioni che hanno tempo fino al 20 luglio? Abbiamo avuto l'esigenza di spostare la scadenza dal 31 maggio al 30 giugno: 30 giorni possono sembrare niente, ma per le regioni sono diventati vitali. Apprendiamo dai giornali e sentiamo dire che c'è una rincorsa, da parte delle regioni, a dimostrare che i loro conti sono ordine. Per esempio, sembra che la Sicilia abbia già dimostrato, grazie ad una partita di giro, di non essere obbligata ad applicare la maggiorazione. Allora, noi insistiamo sull'approvazione di questa proposta di modifica per poter dire ai contribuenti di queste regioni, almeno, che il termine assegnato all'ente territoriale per dimostrare che i conti sono in ordine è quello del 20 luglio. In questo modo, evitiamo di intervenire un'altra volta, dopo il 20 luglio, per un'ulteriore proroga.
Rimaniamo, comunque, critici sul fatto che i contribuenti che hanno pagato entro il 20 giugno non abbiano alcun beneficio. Su questo punto abbiamo discusso molto in sede di Commissione. Come già affermavo ieri, non agiremo per spirito di vendetta nei confronti di coloro che per tanto tempo, in questi cinque anni, ci hanno intralciato ogni volta che approvavamo un provvedimento che servisse a garantire il gettito; non faremo altrettanto, adesso, nei confronti dell'attuale maggioranza. Non lo faremo nemmeno a fronte delle dichiarazioni rese in campagna elettorale, dichiarazioni che tante volte abbiamo ascoltato da parte dell'attuale maggioranza contro il Governo precedente, accusato di non garantire i contribuenti e di non spingerli a pagare nei termini. Queste dichiarazioni sono state riprese anche questa mattina - come ricordavo - dal Presidente del Consiglio. Tuttavia, nel momento in cui assistiamo al rinvio di un termine già scaduto non possiamo non essere critici.
Altre questioni, oltre a questa, rimangono aperte e sono affrontate dai nostri emendamenti. Ad esempio, ci sono contribuenti che non hanno pagato entro il 20 giugno e possono farlo entro il 20 luglio. Ad essi è concesso il beneficio dell'esenzione dello 0,40 per cento. Ci siamo chiesti se ciò valga solo per la maggiorazione oppure per l'intera imposta. Abbiamo l'occasione, tramite l'esame degli emendamenti presentati, di chiarire tali questioni. In particolare, un emendamento presentato dalla Lega cerca di indurre il Governo a chiarire questo punto.
Vi sono altre questioni dubbie che non sono state chiarite. Ci chiediamo, per esempio, se gli esercizi finanziari che non coincidono con l'anno solare siano interessati e, quindi, se siano oggetto di esenzione nel pagamento al 20 luglio. Un'altra questione rimasta aperta e che riteniamo non venga risolta riguarda le regioni che hanno aliquote agevolate. C'è una differenza di trattamento, infatti, tra le regioni che hanno esentato alcuni soggetti e quelle che hanno ridotto l'aliquota. Le regioni che hanno esentato alcuni soggetti non devono applicare neppure l'1 per cento. Quindi, i soggetti che non pagano l'IRAP perché esenti non pagano neppure la maggiorazione dell'1 per cento. Invece, le regioni che hanno ridotto l'aliquota ad alcuni soggetti, portandola all'1,50 per cento, devono applicare l'1 per cento. Quindi, per i soggetti già sottoposti all'imposizione IRAP che pagavano l'1 per cento, si raddoppia l'aliquota; invece, altri soggetti della stessa natura che, in un'altra regione, beneficiano dell'esenzione dall'IRAP, essendo esenti non pagano neppure l'addizionale dell'1 per cento. Il Governo ci ha risposto che, essendo il gettito non rilevante, non è indotto ad accettare questa nostra richiesta.
Allora, oltre a quanto giustamente rilevato dai miei colleghi sulla natura dell'imposta IRAP, sul suo futuro e su quanto la Corte deciderà, ritengo indispensabile fare anche riferimento a tali questioni che si riferiscono proprio alle scadenze e agli obblighi di questi giorni. Si dice che chi ben comincia è a metà dell'opera. Se ilPag. 7Governo, adesso, solo per questioni di gettito, approva un provvedimento maturandolo dopo una scadenza, è normale che il gettito cominci a fare le sue vittime. Si potrebbe osservare che il gettito ha fatto le sue vittime anche prima. Quando abbiamo tentato di eliminare o ridurre l'IRAP abbiamo avuto difficoltà, anche perché il gettito è quel soggetto astratto che tante volte si muove nella politica e che ha fatto tante vittime.
Io spero che almeno gli italiani abbiano la maturità di riflettere su questo provvedimento senza farsi distrarre. Ho avuto modo di sottolineare anche ieri che molti parlano della natura dell'IRAP come imposta e non del provvedimento proposto, il che tende a distrarre i nostri contribuenti, perché si apre il dibattito sulla questione dell'IRAP. Invece, riterrei opportuno che il dibattito venisse mantenuto sulla scadenza di un obbligo tributario e sulla circostanza che esso venga risolto solo dopo tale scadenza. Invece, il contribuente sembra convinto che con la nuova legislatura sia stato chiarito il suo modo di operare con riferimento a questa imposta. Vi è un'esigenza di gettito e occorrerebbe avere la forza di intervenire su un'imposizione così importante. Invece, si penalizzano i cittadini che hanno pagato nei tempi, in quanto altri non fanno gli stessi sacrifici. Di fatto, si considera distratto l'imprenditore onesto che ha sostenuto il sacrificio rispettando il termine del 20 giugno, mentre chi paga oltre il termine gode di un'agevolazione in quanto non deve pagare alcuna maggiorazione.
Passiamo all'articolo 2, che tratta dei canoni demaniali marittimi. Per l'IRAP, si trattava della conferma di un termine di scadenza di un pagamento, mentre per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi si tratta della proroga di un termine. Anche rispetto ai due articoli del decreto-legge, il contribuente cui fa riferimento l'articolo 1 è trattato in modo diverso dal contribuente cui si riferisce l'articolo 2.
Per quanto riguarda l'articolo 2, però, dobbiamo ammettere che vi è una difficoltà di applicazione di questa norma. Tale difficoltà nasce da una previsione legislativa molto chiara: l'emanazione di un decreto interministeriale che doveva stabilire l'aumento dei canoni in base alle potenzialità dei singoli concessionari. Quindi, non dimentichiamo - l'ha detto molto bene la collega Armosino - che il provvedimento tendeva ad aumentare i canoni in base alle reali situazioni dei concessionari. Era previsto poi che, nel caso in cui i soggetti interessati non riuscivano ad adeguare i canoni, si applicasse una maggiorazione automatica, pari al 300 per cento di quanto pagavano. Questo è un elemento da sottolineare. Al di là della natura del pagamento dell'imposta, ritengo che, nella precedente legislatura, il legislatore abbia creato un sistema abbastanza conveniente, spingendo gli interessati a riunirsi.
PRESIDENTE. Onorevole Gioacchino Alfano, la avverto che ha ancora un minuto di tempo a disposizione.
GIOACCHINO ALFANO. Grazie, Presidente. Allora, approfitterò di questo minuto per dire la cosa più importante.
Per quanto riguarda i canoni demaniali marittimi, il provvedimento funzionava in questo modo: «Voi attrezzatevi per stabilire un canone che sia congruo, se non lo fate io vi applico una maggiorazione automatica». Sapete benissimo che questo non si è fatto. Allora, è vero che la proroga è indispensabile, ma proprio per questo noi chiediamo una proroga entro l'anno (e non entro l'anno successivo, il che avrebbe potuto essere strumentale); chiediamo una proroga entro il 15 dicembre, proprio per dimostrare la volontà da parte nostra e da parte della maggioranza di rivedere questo pagamento, in modo che i contribuenti non vengano penalizzati.