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Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1005)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.
RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, intervengo per ribadire il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale sul provvedimento in esame che, come è stato più volte ricordato, si articola in due punti, uno riguardante l'IRAP e l'altro i canoni demaniali marittimi. Nell'articolo 1, abbiamo la conferma di un termine per l'IRAP e, nell'articolo 2, vi è la proroga di un termine per i canoni demaniali marittimi.
In realtà, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee fa prevedere un orientamento sfavorevole al mantenimento dell'IRAP, che avrebbe spinto i contribuenti ad evitare il pagamento potendo utilizzare istituti di agevolazione che il diritto tributario prevede, quale, ad esempio, il ravvedimento operoso. Siamo coerenti con quanto abbiamo fatto lo scorso anno. Vi è però una novità, cui si è accennato, che deve essere tenuta presente, giacché parliamo di termini e non possiamo intervenire sulla norma. Mi riferisco alla condizione in cui si trovano oggi alcune regioni che, avendo sforato il tetto (come è stato più volte ricordato in aula da diversi colleghi) della spesa sanitaria, devono ricorrere al meccanismo automatico della maggiorazione IRAP. Ci si è trovati di fronte al paradosso per cui diversi contribuenti di queste regioni non sapevano cosa dovessero pagare.
Ci si è chiesti se potesse essere applicato il ravvedimento operoso, anzi era stato persino chiesto un rinvio del termine di pagamento o quantomeno che si potesse tenere conto dell'agevolazione, qualora si paghi entro un mese dalla scadenza, cioè la maggiorazione dello 0,40 per cento. Si parlava della Liguria, ma anche altre regioni stanno cercando di dimostrare di poter uscire fuori da questa penalizzazione. Non intendiamo utilizzare questa novità per giustificare il voto contrario al provvedimento, però abbiamo chiesto al Governo di dare un segnale agli italiani, ai contribuenti, affinché potessero pagare nella seconda rata di acconto o a saldo l'imposta dovuta e il Governo ha risposto con una puntualizzazione che ci è parsa superflua, ossia che il pagamento in eccesso avrebbe potuto essere recuperato.
Vi sono poi altre questioni che si aggiungono a questa preoccupazione. Le regioni che dovevano maggiorare dell'1 per cento l'aliquota ordinaria potevano avere anche un'aliquota ridotta. Ricordo che tra queste regioni non vi sono la Lombardia e il Veneto, né altre regioni importanti di questo paese. Quindi, non si capisce se si debba raggiungere sempre l'aliquota del 5,25 per cento o, invece, l'aliquota dell'1 per cento.
Per quanto concerne, invece, l'articolo 2 - quello relativo ai canoni demaniali marittimi -, puntualizzo intanto che, poiché si parla di termini, non è utile in questa sede soffermarsi su questioni di merito.
Tuttavia, occorre ricordare che vi è stato un aumento del 300 per cento, un aumento automatico che, a nostro avviso, ha costituito una penalizzazione. Si sperava, infatti, di poter emanare un decreto interministeriale che avrebbe dovuto tener conto delle esigenze e delle potenzialità dei singoli operatori, ma ci si è trovati di fronte ad un 300 per cento di aumento, una somma matematica che, ovviamente, ha imbarazzato tutti.
Si tratta quindi - signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo - di un provvedimento che si propone uno scopo tutt'altro che nobile, vale a dire quello di «far cassa».
In realtà, la discussione avviata in quest'aula ci riporta ad un nodo politico più volte ricordato, cioè quello relativo ad un'imposta che fu contestata dal nostro schieramento politico. Dunque, il Governo di centrosinistra istituì questa tassa, che fuPag. 110ribattezzata «imposta rapina». Coloro che hanno seguito in più legislature i lavori di quest'Assemblea ricordano che, anche quando si votò in quest'aula su tali provvedimenti, questa tassa fu chiamata no-tax.
Quindi, oggi ci si trova di fronte ad una contraddizione sostanziale, che si evidenzia in due elementi politici di fondo. Il primo è quello per cui un'imposta del genere viene riproposta dal Governo e recuperata in una fase in cui sta per essere cancellata dall'Unione europea. In questo senso vi è una disciplina molto contraddittoria; infatti, si chiede alle imprese di pagare tale tassa pur sapendo che presto scomparirà. Quindi, credo sia legittimo e politicamente doveroso domandarsi se una tassa ingiusta debba essere richiesta ed effettivamente pagata.
Il secondo elemento evidenzia una contraddizione politica che l'attuale maggioranza racchiude al suo interno, vale a dire il fatto che, al netto della tecnicalità di questo provvedimento, ci ritroviamo ancora una volta a discutere di un'odiosa imposta, perché la maggioranza non ha ancora chiarito dal punto di vista politico il proprio orientamento in termini fiscali né dove troverà i soldi per realizzare quanto ha promesso...
PRESIDENTE. Invito i colleghi del gruppo di Forza Italia a consentire all'onorevole De Corato di continuare il proprio intervento.
Prego, onorevole De Corato, prosegua pure.
RICCARDO DE CORATO. Quindi, paradossalmente, in una situazione nella quale si promette la riduzione del cuneo fiscale, quest'Assemblea, ancora una volta, si ritrova a dover discutere di un provvedimento che riguarda una tassa, l'IRAP, che oggettivamente costituisce un'imposta indiretta sul lavoro.
Pertanto, a nostro avviso, da tale quadro legislativo deriva una contraddizione fondamentale e sostanziale. Si emana un decreto per «fare cassa» e per approvare una proroga dei canoni demaniali marittimi senza sapere quando finalmente si risolverà tale questione, dando certezza a chi deve pagare tali canoni sulla cifra fissa e sul quantum da corrispondere.
Si continua ancora con le proroghe. Si tratta di una proroga che prevede un termine entro il quale, prevedibilmente, le opportune valutazioni non saranno ancora svolte.
Mi avvio alla conclusione. Questa non sarà l'ultima proroga, ma forse la penultima, la terz'ultima, la quart'ultima: proseguendo così, continueremo a discutere di questo tema con una maggioranza che non ha una politica fiscale, vi saranno le «imposte rapina» e si continuerà a tassare indirettamente il lavoro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, questi sono i motivi fondamentali che ci portano ad esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
Chiedo nuovamente ai colleghi di Forza Italia di sciogliere il drappello... Prego, onorevole Moffa.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, credo che i colleghi dell'opposizione nei loro interventi abbiano sufficientemente motivato...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Moffa. Colleghi, non si sta seduti sulle scale: un po' di rispetto per l'Assemblea!
SILVANO MOFFA. Credo che i colleghi dell'opposizione abbiano sufficientemente motivato, dicevo, sia sotto il profilo tecnico sia sotto il profilo della opportunità, le ragioni del voto contrario dell'opposizione su questo disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di IRAP.
Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti politici che ci debbono far riflettere sul modo di operare di questo Governo e che ci consentono in qualche misura di capirePag. 111quale sarà nel futuro l'atteggiamento che il Governo vorrà assumere rispetto al Parlamento in ordine a questioni così delicate e complesse.
Occorre sottolineare due aspetti. Nei giorni scorsi, anche in quest'aula, per voce del Governo, abbiamo ascoltato una sottile accusa rivolta all'opposizione ed al precedente Governo per avere creato i presupposti di quanto contenuto in una parte del provvedimento, con riferimento alle modalità di intervento a fronte di uno sforamento nella spesa sanitaria da parte di alcune regioni, quasi a volersi liberare da una responsabilità diretta. Si è cercato di attribuire al precedente Governo una responsabilità che esso non ha. Infatti, il tema della spesa sanitaria non è nuovo; è un tema complesso e delicato, rispetto al quale il Governo precedente, opportunamente, aveva introdotto norme di salvaguardia, volte proprio a consentire alle regioni di adottare misure adeguate per contenere, razionalizzandola, la spesa sanitaria.
La verità è che l'analisi che il Governo avrebbe dovuto fare rispetto a quegli sforamenti avrebbe posto in evidenza alcune incongruenze da parte di alcune regioni. Mi riferisco, ad esempio, alla regione Lazio, dove si è verificato uno sforamento percentualmente molto alto della spesa sanitaria, dovuto principalmente ad una scelta politica operata dalla nuova giunta regionale, che ha eliminato i ticket nell'illusione di contenere la spesa sanitaria e, poi, si è trovata immediatamente di fronte ad una voragine in quel settore che non riesce a colmare.
Quindi, se ci doveva essere e se ci sarà un recupero dell'IRAP, ciò è addebitabile unicamente a quella sciagurata politica sanitaria che è stata condotta a livello regionale. Non si può addebitare al Governo precedente una opportuna regola di salvaguardia per mettere ordine nei conti della spesa sanitaria di tutte le regioni italiane.
Ma c'è di più: ci avventuriamo nell'approvazione della riproposizione di una tassa vessatoria e iniqua, com'è stata definita dai colleghi dell'opposizione, senza avere un quadro chiaro della politica fiscale che questo Governo intende adottare. Siamo ormai lontani dalla campagna elettorale e gli echi di quella competizione si sono spenti; eppure, rimangono assolutamente chiari gli elementi di confusione che la caratterizzarono in termini di annuncio di politiche fiscali da parte di Prodi. Sono vieppiù aumentati i livelli di incertezza circa la politica che complessivamente, sul piano fiscale, questo Governo intende proporre.
Noi ci saremmo attesi dal Governo un atteggiamento assolutamente diverso: prima di proporre un decreto di questo tipo, caratterizzato da una tale incidenza sulle tasche dei contribuenti e da tale confusione sulla metodologia applicativa, ci saremmo attesi una relazione del ministro dell'economia sugli indirizzi di fondo ai quali si intende ispirare il Governo nella sua politica fiscale.
Credo che questo sarebbe stato il modo migliore per aprire un confronto parlamentare e per evitare all'opposizione di assumere un atteggiamento così duro su questioni così complesse e delicate, nel merito e nella forma. Credo che ciò sarebbe stato doveroso, perché, nel momento stesso in cui riproponiamo una tassa così pesante per i contribuenti, creando confusione e incertezza anche sui termini di pagamento, tutto questo lo si deve inserire in una questione generale, ancora non risolta, di politica fiscale.
Si è detto che il Governo precedente non ha fatto nulla per uniformarsi alla tendenza acclarata della Corte di giustizia della Comunità europea a pronunciarsi in merito all'incompatibilità di questa tassa con la disciplina dell'IVA. Voglio ricordare a me stesso, ma voglio ricordarlo anche al Parlamento, che già nel 2004, grazie a provvedimenti mirati del Governo Berlusconi, c'erano circa 300 mila aziende esentate dall'IRAP. Questo significa intervenire nell'interesse dello sviluppo economico del paese! Questo significa sostenere le imprese! Voi, invece, state riproponendo un discorso che uccide qualunque possibilità di sviluppo, di crescita e di competitività del settore imprenditoriale del nostroPag. 112paese. È una vergogna della quale siete responsabili (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
Noi vi accusiamo, in maniera chiara e netta, di avere introdotto elementi di assoluta incertezza. Avreste potuto approfittare anche di questa occasione per introdurre alcuni elementi che, in qualche modo, consentissero, seppur progressivamente, di ridurre la tassa per i professionisti privi di struttura organizzativa: argomento centrale, sul quale il Parlamento ha dibattuto anche in passato. Tali professionisti hanno presentato ricorsi alle commissioni tributarie, che in molti casi li hanno accolti, perché fondati.
Avreste potuto cercare di introdurre in questa misura coercitiva e vessatoria perlomeno alcuni elementi che consentissero di avviare progressivamente una riduzione dell'IRAP, per uscire da una tassa che la Corte di giustizia europea andrà sonoramente a bocciare in maniera definitiva. Invece, avete sprecato un'altra occasione.
La verità è, cari signori del Governo, che anche non accogliendo la proposta emendativa presentata dall'opposizione in tema di ravvedimento operoso e di rispetto dello Statuto del contribuente, voi avete voluto dare un segnale molto chiaro e netto di quella che sarà una politica vessatoria, per effetto della quale avremo soltanto un aumento delle tasse ed un'aggressione sistematica alle tasche dei contribuenti. Non è questa la strada per andare in paradiso: questa è la strada che porta l'Italia alla rovina (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Come già detto dai colleghi, l'unica vera realtà di questo decreto-legge è quella di procedere ad un'accelerazione dell'incasso di un'imposta che, con ogni probabilità, verrà dichiarata illegittima. A me interessa sottolineare come già la proposizione del decreto-legge in esame ponga problemi di violazione dei principi comunitari, in particolare delle più basilari norme poste dal Trattato. Infatti, un principio elementare posto dal Trattato è quello della necessità per gli Stati contraenti di interpretare in buona fede le delibere della Comunità europea. Bisogna sottolineare non soltanto come la Commissione europea si sia già espressa giudicando questa imposta perlomeno inopportuna, ma anche come l'Avvocatura generale, in un procedimento avviato, abbia già dichiarato che l'imposta è illegittima perché in contrasto con la deliberazione comunitaria che vieta di fissare imposte sulle cifre d'affari diverse dall'IVA; tutti sappiamo che in sede comunitaria il parere dell'Avvocatura generale è recepito nelle decisioni della Corte di giustizia quasi con certezza.
Questo Governo, che nei primi giorni di vita ha scorrazzato per le cancellerie di Bruxelles proclamando che avrebbe riportato l'Italia in Europa, di fatto sta esponendo l'Italia ad un possibile comportamento di violazione, sta dando un'interpretazione non in buona fede delle delibere comunitarie e, probabilmente, sta violando anche un principio elementare di rispetto dell'istituzione europea.
Inoltre, il Governo, in maniera propagandistica, ha garantito agli imprenditori che si sarebbe proceduto ad una riduzione del cuneo fiscale, salvo poi introdurre criteri di limitazione a comparti e categorie, che paiono difficilmente attuabili con riguardo alla compatibilità con le norme del Trattato e che, quindi, appaiono finalizzati a non ridurre nulla per nessuno. Ci pare perlomeno incoerente che si parli di riduzione di una imposta che oggi si viene a chiedere di incassare immediatamente perché, di fatto, tale tassa incide fortemente sul costo del lavoro. Non comprendiamo come sia possibile insistere su un incasso anticipato di una tassa che, di fatto, dovrebbe essere eliminata.
Ci si aspettava, pertanto, dal Governo un maggiore rispetto delle normative comunitarie e, quindi, un'attitudine alla sospensionePag. 113pro tempore, se non all'eliminazione, della tassa in questione: in ogni caso, una discussione in questa sede di un percorso di uscita, non certamente di un percorso accelerativo.
D'altro canto, vediamo come questo decreto-legge di fatto violi un altro principio fondamentale del nostro diritto: quello della tutela dell'affidamento del contribuente. Possiamo immaginare che le imprese abbiano operato una pianificazione, si siano date termini per adempiere agli obblighi di rispetto delle tassazioni e che tale affidamento venga oggi, di fatto, disatteso. Forse ci dimentichiamo che le aziende fanno pianificazioni e basano costi di prodotti e prezzo anche sull'imponibilità, sulle tassazioni.
Inoltre, chiaramente, questo decreto introduce una distorsione del rapporto tra fisco e contribuente perché, di fatto, pone quest'ultimo in una condizione di assoluto sfavore; sembra l'ennesima espressione di un Governo antiliberale che vede nel cittadino contribuente un soggetto che, intanto, è tenuto, anche immotivatamente, al versamento, salvo poi, eventualmente, doversi rivolgere al proprio legale di fiducia per recuperare quanto gli sia stato indebitamente tolto.
Vorrei semplicemente rammentare, per concludere, quanto, invece, nella passata legislatura il Governo Berlusconi si fosse impegnato nella eliminazione di questa tassa iniqua (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. A questo punto, sospendiamo le dichiarazioni di voto finale.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.