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INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCESCO PIRO IN SEDE DI ESAME DELLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI PRESENTATE AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2534.
FRANCESCO PIRO. Il decreto-legge n. 23 del 2007, giunto all'esame della Camera dopo l'approvazione - con modifiche - da parte del Senato, prevede - principalmente - il concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005 nei confronti di quelle regioni che presentano elevati disavanzi e che sottoscrivono con lo Stato l'accordo per i piani di rientro ed accedono al Fondo transitorio - come previsto dalla legge finanziaria per il 2007 - adottano per la copertura dei disavanzi sanitari specifiche misure fiscali o destinino al settore sanitario quote di entrate derivanti da misure fiscali già adottate e quote di tributi erariali attribuiti alle regioni.
In seguito all'approvazione da parte delle giunte regionali degli accordi stipulati con lo Stato, per il rientro dei disavanzi è prevista inoltre l'applicazione automatica dell'innalzamento dell'addizionale all'IRPEF e delle maggiorazioni dell'aliquota IRAP.
Si tratta certamente di un provvedimento straordinario, che arriva peraltro a distanza di pochi mesi dalla istituzione, disposta dalla legge finanziaria per il 2007, di un Fondo transitorio destinato al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario, giustificato, tuttavia, oltre che dall'obiettivo dell'azzeramento dei disavanzi stessi, dal livello del debito su cui si interviene senza pregiudizio, anzi proprio per non pregiudicare l'attuazione del Patto per la salute stipulato tra Governo e regioni nel settembre del 2006.
L'attivazione delle procedure finalizzate alla stipula degli accordi di rientro del deficit, procedure che, come è noto, si realizzano in contraddittorio tra Stato e regioni anche attraverso il cosiddetto «tavolo di verifica tecnica», ha fatto emergere situazioni davvero allarmanti.
Per la regione Lazio, ad esempio, i disavanzi non coperti, per il periodo 2001-2005 ammonterebbero a 4.265 milioni di euro, da correggere, a causa delle somme che lo Stato non riverserà, in modo tale che il debito atteso si attesterebbe a circa 6.100 milioni di euro.
Le verifiche, tuttavia, hanno fatto emergere un debito sommerso che porterebbe il totale a circa 9.900 milioni di euro.Pag. 111
Si tratta di un provvedimento straordinario che prevede il concorso finanziario dello Stato ma, contemporaneamente e in un rapporto stretto di dipendenza, è volto a intervenire radicalmente sulle cause che originano i disavanzi.
Un provvedimento che ha i requisiti dell'urgenza. Senza di esso, infatti, le regioni non avrebbero potuto formulare i piani di rientro in modo calibrato e formalmente valido, nell'individuazione delle risorse necessarie e dei mezzi di copertura, nell'arco di tempo disponibile.
A queste prime considerazioni aggiungo che noi riteniamo questo provvedimento necessario e oltremodo utile.
È comprensibile che ci si ponga degli interrogativi rispetto ad un provvedimento che avrà come ambito di applicazione solo alcune regioni.
È giusto interrogarsi sul continuo riproporsi, e in misura più intensa, dei disavanzi nel settore sanitario e sulla responsabilità delle regioni.
Va rilevato però che questo provvedimento e propone interventi chiaramente volti a cambiare le modalità di gestione e di utilizzo delle risorse in molte regioni.
Il Patto per la salute ha segnato un punto di discontinuità rispetto al passato, ha dato ragione a quanti nelle regioni sostenevano l'individuazione di criteri diversi nel riparto delle risorse. Risorse che, va ricordato sono aumentate, invertendo una tendenza che ha visto il Fondo sanitario nazionale, negli ultimi anni, sistematicamente sottofinanziato.
L'individuazione di risorse più congrue e la determinazione di più adeguati livelli essenziali di assistenza devono conciliarsi e richiedono efficienti gestioni e conti economici equilibrati.
Di contro, non si può non rilevare come la permanenza di deficit di bilancio enormi e non copribili con interventi ordinari ha già provocato inevitabilmente - e ancor più può provocare - una caduta verticale nella quantità e nella qualità dei servizi resi ai cittadini, che incide profondamente sui livelli di assistenza e determina una sperequazione di fatto tra cittadini residenti in regioni diverse.
È compito prioritario dello Stato non solo determinare livelli di assistenza, ma anche assicurare che i cittadini italiani abbiano le medesime opportunità di salute e la possibilità di usufruire - in qualunque punto del Paese - di efficienti ed efficaci interventi sanitari. E ciò lo Stato fa e deve fare, anche predisponendo e distribuendo le risorse necessarie al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, nel cui ambito rientra senza dubbio anche la possibilità di un intervento straordinario.
Ci sono stati altri interventi nel corso di questi ultimi anni, anche essi assunti in deroga al principio stabilito nel 2001 che ai disavanzi della sanità devono provvedere direttamente le regioni con risorse proprie. Il primo, voluto dalla legge n. 311 del 2004, ha stanziato 2 miliardi per il triennio 2001-2003; il secondo, recato dalla legge n. 266 del 2005, ha stanziato altri 2 miliardi per il triennio 2002-2004. Provvedimenti che, di tutta evidenza, non hanno risolto il problema, essenzialmente perché non recavano e non si accompagnavano a misure rigide di controllo delle gestioni regionali, anche a costo di limitarne, in qualche modo ed in alcuni casi, l'autonomia e l'autodeterminazione.
Stanno qui, invece, la novità assoluta e la sicura utilità del decreto-legge n. 23 del 2007. Esso postula una piena e robusta assunzione di responsabilità da parte delle regioni che hanno accumulato disavanzi e che non hanno provveduto alla loro copertura con mezzi propri.
Vanno in questa direzione l'aumento dell'IRAP e dell'IRPEF nelle regioni; la destinazione di quote di gettito loro spettanti ai fini del rientro dal deficit; l'adozione di piani di rientro concordati con lo Stato.
Ora, i piani di rientro, oltre a prevedere le misure necessarie ad individuare i mezzi di copertura e l'articolazione nel tempo fino e non oltre il 2010, devono obbligatoriamente prevedere l'istituto dell'affiancamento, cioè la nomina di un nucleo tecnico da parte del Governo che è incaricato di esaminare e valutare i provvedimenti in materia sanitaria che devono assumere le regioni; l'istituto della sottoposizione Pag. 112al Governo, ai fini di un preventivo esame e di una preventiva condivisione, di tutti i provvedimenti significativi nel settore sanitario (piani di organizzazione, distribuzione dei posti letto, creazione di strutture, personale e relativo trattamento e altri ancora).
Va aggiunto che i piani di rientro possono essere valutati anche dalle Commissioni parlamentari competenti.
L'obiettivo evidente è quello di obbligare le regioni ad adottare comportamenti e modalità gestionali orientate all'efficienza dei sistemi sanitari regionali; alla eliminazione degli sprechi - a volte pesanti come macigni -, alla revisione di scelte che non hanno comportato migliori servizi ai cittadini ma hanno generato fenomeni anche vistosi di utilizzo distorto di risorse pubbliche.
Il decreto-legge n. 23 del 2007 è un provvedimento forte e incisivo e, nelle sue premesse, sicuramente risolutivo; per questo merita la nostra approvazione.