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Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge A.C. 197-A ed abbinate.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si sono esaurite Pag. 60le votazioni sulle proposte emendative presentate.
Avverto che, consistendo la proposta di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso ma direttamente alla votazione finale.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 197-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Tucci che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi intervengo brevemente per stigmatizzare in qualche modo il livello del dibattito di questa mattina. Abbiamo avuto una discussione che, forse anche per logiche politiche e di schieramento o di bandiera, ha trasceso, a mio giudizio, la legittima diversità di opinioni su un testo che può essere importantissimo o anche di parziale importanza, ma che tuttavia interviene su una questione delicata, quella dell'obiezione di coscienza su cui questo Paese si è confrontato per anni con battaglie civili che hanno portato al riconoscimento del diritto individuale di scegliere su come servire la patria: se con le armi, o con la prestazione di un servizio sostitutivo e alternativo all'utilizzo delle armi.
Abbiamo invece sentito stamattina da molti colleghi, alcuni che stimo personalmente, un dibattito che ha trasceso la questione, che ha fatto riferimento ad una retorica patriottarda che riconosce valore alla sola difesa armata, e dunque valore positivo solo alla difesa con le armi prestata da chi ha servito la patria con il servizio militare. Considerata la calma di questa parte pomeridiana della seduta pomeridiana, ho voluto stigmatizzare quanto accaduto.
Credo che la discussione politica di questa mattina abbia preso veramente una strada che forse potrà far arrossire per le cose che sono state dette chi leggerà i resoconti stenografici della seduta di stamane o chi andrà a risentire gli interventi, magari su Radio Radicale.
Credo, davvero, che siamo di fronte ad un provvedimento che ha una sua rilevanza, che ha una sua valenza e che in qualche modo sana una questione aperta da anni, mettendo un punto fermo su alcune situazioni kafkiane e al limite del paradosso: ad esempio il divieto di esercitare l'attività di cavatore che viene preclusa a chi ha fatto il servizio civile perché comporta l'utilizzo di dinamite o altri strumenti di questo tipo.
Molto semplicemente volevo lasciare traccia del dispiacere causato dal dibattito di questa mattina e dell'impressione veramente negativa che abbiamo dato al Paese con ripetuti interventi di ostruzionismo dei colleghi che - ritengo - hanno trasceso persino le intenzioni di quanti intendevano opporsi al provvedimento.
Siamo di fronte ad una norma che, nel testo originario in modo migliore che nel testo emendato - con i cinque anni ora previsti dalla nuova formulazione -, rendeva in qualche modo giustizia ad un percorso individuale che dovrebbe sempre prevedere la possibilità di scelta, di cambiare idea, opinione e orientamento. Questo è possibile su tutte le questioni civili, individuali e personali e dunque deve essere possibile anche su un tema così fondamentale come la difesa di un sistema, di un valore, quello della democrazia e della partecipazione democratica, del nostro essere parte di uno Stato e, dico di più, di una comunità come quella Europea.
Sappiamo che il provvedimento chiude una pagina storica importante, che - come ho già detto nel corso della discussione sulle linee generali - ha visto un impegno preciso e puntuale di alcuni militanti storici del partito radicale (come Roberto Ciccio Messere) e che testimonia, nel nostro Paese, l'anima laica e cattolica, nonché l'anima dei testimoni di Geova i quali, con la loro disobbedienza civile ed obiezione di coscienza, hanno conquistato uno spazio di libertà per tutti, rispetto al Pag. 61servire la patria in modo diverso da quanto è stato tramandato da una certa cultura militarista e lasciato, come traccia, anche dal dibattito di questa mattina.
Per questo motivo, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, annuncio che voteremo a favore del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesini. Ne ha facoltà.
ROSALBA CESINI. Signor Presidente, dopo la «bulimia» di retorica spesso faziosa e strumentale che ha caratterizzato tanta parte del dibattito, intendiamo attenerci ad uno stile più sobrio ed essenziale, restando ancorati al merito.
Dichiaro, preliminarmente, da parte del mio gruppo, il voto a favore del provvedimento che modifica la legge 8 luglio 1998, n. 230. L'obiezione di coscienza è un concetto che, come ogni altro, è soggetto all'evoluzione storica. È, cioè, un concetto che va trattato in termini storicamente determinati. Oggi esso non ha gli stessi contenuti o lo stesso significato del passato anche prossimo, perché, cambiando il contesto in cui si colloca, ne cambia anche la valutazione.
Oggi, infatti, anche il concetto di difesa non significa più solo entrare nelle Forze armate per contribuire a difendere, armi in pugno, i confini della patria da aggressioni esterne. Oggi, per difendere la patria, per renderla più forte e capace di accoglienza, per farla sempre più «casa per tutti», si può scegliere tra il servizio militare, esercitato in Forze armate professionali - che vedono il proprio ruolo e i propri compiti mutare continuamente con l'evolversi del contesto economico, socio-culturale e politico globale - e il servizio civile, contribuendo all'attenzione verso i più deboli nella società, alla protezione dei beni culturali, ambientali e alla protezione civile, per rispondere alle emergenze dovute a calamità.
Se, da una parte, la rinuncia alla leva obbligatoria ha indirizzato le Forze armate verso un modello di difesa professionale, attrezzato per gestire le sfide globali dell'epoca contemporanea, dall'altra i quasi ottantamila ragazzi e ragazze che annualmente fanno domanda per il servizio civile, sono il segno di un'evoluzione dello stesso istituto dell'obiezione di coscienza.
Attraverso i vari passaggi legislativi che hanno gradualmente trasformato le Forze armate introducendo un nuovo modello di difesa, l'obiezione di coscienza, da faticosa concessione dello Stato - il «leviatano» della concezione assolutista e totalitaria, evocato a più riprese dalla destra militarista in quest'aula - a chi ne faceva una scelta personale legata a profonde e irrinunciabili convinzioni, è diventata, coerentemente con la concezione liberale dello Stato, un diritto garantito a chiunque e, quindi, anch'esso un modo alternativo e complementare di servire la patria.
Evoluzione del concetto di obiezione di coscienza non significa però un suo svuotamento di significato, anzi, caduto l'obbligo del servizio militare, l'obiezione di coscienza diventa ancor più un valore e un diritto condiviso, legato al più ampio concetto di obiezione alle armi e scelta di metodi non violenti, che va oltre l'opposizione alla leva obbligatoria e che va collegata a un modello di difesa del paese e di costruzione della pace alternativo a quello militare.
Il venir meno del servizio di leva obbligatoria ha però lasciato scoperto, a livello legislativo riguardo l'obiezione di coscienza, situazioni ingiustificate dalle motivazioni etiche che ne stanno alla base. Ciò inoltre ha comportato discriminazioni a danno dei cittadini nati fino al 1985 in quanto sottoposti all'obbligo della leva che, come conseguenza della loro obiezione di coscienza, verrebbero sottoposti a vita a divieti che non riguardano più invece i nati dopo tale data.
Il testo in esame risponde bene a tali questioni. Innanzi tutto il provvedimento ristabilisce il diritto al cambiamento di opinione e al mutamento della coscienza: una persona che ha scelto l'obiezione di coscienza può decidere, per motivi che considera giusti ed opportuni in una nuova fase della realtà, di cambiare opinione. Sia Pag. 62chiaro però che lo stesso principio deve potersi applicare anche nell'opposta direzione, per esempio, nel caso di militari che volessero ad un certo punto diventare obiettori di coscienza. A questo punto però il cambiamento diventa irrevocabile, e l'ex obiettore, liberato da vincoli di legge dovuti all'obiezione di coscienza, viene però inserito nelle liste delle persone soggette a richiamo militare in caso di mobilitazione.
Infine il testo in esame elimina quei divieti dovuti all'obiezione di coscienza che sono ingiustificati. Il divieto, ad esempio, di usare le armi non può essere esteso a quegli strumenti come fucili e lancia-siringhe per i veterinari, o l'uso della dinamite nelle cave, che armi non sono in quanto non indirizzate a recare offesa alle persone e a minacciare l'ambiente naturale. Per tutti questi motivi, signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani esprimerà un voto favorevole sul provvedimento in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Zulueta. Ne ha facoltà.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Verdi esprimeranno un voto favorevole sul provvedimento in discussione, anche se abbiamo alcune riserve sulla modalità con cui si è arrivati a discutere di questa delicata materia. Siamo convinti che la coscienza abbia una sua evoluzione e per questo non ci opponiamo all'idea che anche qualche giovane che si è dichiarato obiettore possa averci ripensato e voglia ora fare un lavoro che comporti l'uso delle armi. Ovviamente, a maggior ragione, dobbiamo salvaguardare tutte quelle situazioni paradossali che si sono venute a creare nel tempo e alle quali questo testo risponde puntualmente. Quello che però vogliamo sottolineare con forza e che nessuno può prendere a pretesto questi pochi casi (i ricorsi presentati ad oggi sono poche decine) per cancellare con un colpo di spugna un pezzo di storia del nostro paese costruito da 800 mila giovani che, rifiutando l'uso delle armi, hanno costruito nel tempo una forma di difesa della patria alternativa a quella militare. Tanto che oggi, malgrado i limiti economici riconosciuti dalla finanziaria, sono oltre centomila i giovani che ogni anno vorrebbero accedere al servizio civile volontario, e sono sempre maggiori le esperienze dei corpi civili di pace.
Come dicevo, la materia è molto delicata, e per questo ci siamo impegnati in Commissione affinché venissero ascoltate le associazioni degli obiettori, insieme ai principali enti in cui questi hanno prestato il servizio civile, per esempio la Caritas italiana e l'Arci servizio civile. Da queste associazioni sono state evidenziate alcune perplessità e sono state avanzate alcune proposte che noi vogliamo sostenere.
Può suonare strano che esistano ancora associazioni di obiettori, oggi che la leva è congelata e chi fa il militare lo fa volontariamente. Ma, giustamente, ci hanno spiegato che l'obiezione è una scelta di vita, dove si rifiuta l'idea che le controversie vengano risolte con la forza, e si lavora per costruire una alternativa nonviolenta. E questo non viene meno solo togliendo di mezzo l'obbligo della leva.
Da tutte le associazioni ascoltate, anche se con sfumature diverse, sono emerse chiaramente due proposte che auspico il Parlamento voglia quanto prima affrontare in coerenza con il provvedimento che stiamo per licenziare.
Se l'evoluzione della coscienza viene concessa agli obiettori, altrettanto deve avvenire per i militari, infatti deve essere garantita la possibilità di dichiararsi obiettori anche in presenza di forze armate totalmente volontarie, come è dimostrato anche da paesi, come gli Stati Uniti, che hanno una storia più consolidata di forze armate volontarie.
Inoltre, visto che parliamo di lavoro che comporta anche la produzione di armi, deve essere garantita anche a chi lavora in questo settore la possibilità di obiettare, senza dover per questo perdere il posto di lavoro.
Ci troviamo di fronte ad una sospensione dell'obbligo di svolgere il servizio militare, che in alcune condizioni previste Pag. 63dalla legge potrebbe essere reintrodotto. Anche in quest'ottica, le associazioni chiedono che venga creato presso l'Ufficio nazionale del servizio civile un albo, in cui andrebbero automaticamente iscritti d'ufficio gli 800 mila giovani dichiaratisi obiettori in questi anni - ma anche ogni altro cittadino - anche se non interessati alla leva, che manifestano la loro dichiarazione di obiezione di coscienza, anche ai fini di eventuali riattivazioni della leva obbligatoria, cosa che non possiamo - ahimè - escludere.
Approfittando del fatto che stiamo parlando di obiezione di coscienza e di servizio civile, vorrei lanciare un appello ai colleghi e al Governo, affinché si affronti urgentemente l'emergenza che sta attraversando l'attuale servizio civile nazionale. Infatti, a causa delle insufficienti disponibilità finanziarie si sa già che con il prossimo bando ordinario sarà finanziato solo un terzo dei progetti presentati, pari a circa 39 mila volontari, a fronte di una domanda da parte degli enti di 122 mila. Ed intanto si è bloccato a tempo indeterminato l'accreditamento.
Durante la giornata nazionale dell'obiezione di coscienza e del servizio civile, lo scorso 15 dicembre, il Capo dello Stato ha affermato che il servizio civile contribuisce - sue testuali parole - «a rafforzare le istituzioni e il tessuto democratico al di là delle contrapposizioni di parte» ed ha altresì auspicato «che possano essere attuate tutte le misure necessarie a valorizzare il servizio civile». Onorevoli colleghi non lasciamo cadere nel nulla l'appello del Capo dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, già nel corso del dibattito ho esplicitato i motivi che portano il mio gruppo a votare a favore del provvedimento di legge in esame, e pur tuttavia ritengo opportuno in sede di dichiarazione di voto sottolineare - anche alla luce del dibattito e degli interventi che mi hanno preceduto - alcuni elementi della polemica che è stata alla base di questo confronto.
Anzitutto vi è stato da parte di alcuni colleghi una sottolineatura di scarsa importanza di questo provvedimento, ed è sintomatico il fatto che proprio coloro che hanno definito questo provvedimento scarsamente importante, abbiano finito invece per sviluppare su di esso una polemica politica e a tratti perfino ideologica, come se coloro che hanno scelto di fare gli obiettori di coscienza abbiano scelto una scappatoia per evitare il servizio militare, e non siano invece stati animati da una vocazione antimilitarista, di rifiuto di principio delle armi, che è riconosciuta dalla nostra legge.
Di converso, ho sentito anche alcuni colleghi che hanno sostenuto l'ipotesi opposta, e cioè che sarebbe stato un valore di per sé il fatto di rifiutare il servizio militare e l'uso delle armi per difendere la patria, ritenendo invece il servizio civile come obiettivo, diciamo più umanitario e più idoneo a perseguire questi valori.
Ritengo invece che la legge non fissi alcun valore, ma si inserisca pragmaticamente per affermare un principio che a me pare basilare, e cioè la possibilità - e parliamo del passato, perché oggi non siamo più in regime di obbligatorietà del servizio di leva per i giovani, quindi tutta la nostra discussione riguarda coloro che si sono avvalsi dell'istituto dell'obiezione di coscienza in passato - di recedere da questo status, di non essere - diciamo così - «condannati a vita» come obiettori di coscienza.
Dal momento che nessuno di noi può essere condannato a vita per le proprie idee, non vedo perché un obiettore di coscienza debba essere condannato a vita per una scelta che ha compiuto quando aveva diciotto, diciannove o vent'anni. Vi è chi sostiene che il provvedimento in esame potrebbe essere un incentivo all'opportunismo; si fa cioè l'ipotesi che qualcuno prima affermi di essere obiettore e poi - dopo due anni (o anche cinque, ma il provvedimento ne prevede due) - receda da questo status per ottenere la posizione Pag. 64sociale offerta da concorsi pubblici che prevedono l'utilizzo di armi. Una simile argomentazione sarebbe significativa se oggi vi fosse ancora il servizio obbligatorio di leva; ma dal momento che la leva obbligatoria è stata abolita, mi pare che l'argomento non sia pertinente per questo provvedimento (al contrario di altri che possono incentivare certi comportamenti).
Un altro punto attiene al fatto che si parla di «uso delle armi». Ora, io non credo che l'uso delle armi ricada sempre sotto un'unica categoria: un conto è usare un'arma per offendere, altro conto è usarla per difendere, altro conto ancora è usarla per cacciare. Sotto quest'ultimo punto di vista, con tutto il rispetto che nutro per i colleghi dei Verdi, devo dire che non credo che sia la stessa cosa utilizzare un'arma per cacciare o per far parte di un esercito: uomini e animali non sono, né possono essere, la stessa cosa. Anche su questo si fa una gran confusione: la vecchia legge intendeva l'obiezione di coscienza come l'inammissibilità dell'utilizzazione di armi per tutta la vita da parte di coloro che da ragazzi avevano fatto ricorso a questo istituto per evitare il servizio militare e si erano instradati invece sulla via del servizio civile.
Devo dire poi, signor Presidente e onorevoli colleghi, che sono convinto che anche il servizio civile sia stato in passato un'occasione per dare il proprio contributo al servizio della Patria. Del resto, la legge ha equiparato servizio militare e servizio civile: non ha collocato il servizio civile in secondo piano rispetto a quello militare. I giovani che hanno servito il nostro Paese per un anno - e anche qualcosa di più - attraverso il servizio civile nel volontariato, negli enti pubblici, nelle organizzazioni assistenziali e sociali, non hanno svolto un'attività secondaria o meno utile rispetto a quella dei ragazzi che hanno invece svolto a pieno titolo il servizio militare.
È dunque a queste considerazioni, e alla filosofia secondo cui nella vita, in fondo, tutto è provvisorio, che dobbiamo ispirarci. E provvisorie sono anche le idee di ognuno di noi, com'è ben noto a questo Parlamento: cambiano le idee dei partiti, cambiano le idee degli uomini; possono dunque ben cambiare anche le idee dei giovani! Come ho detto in sede di dibattito sulle linee generali, ci sono persone che da ragazzi credono che l'utilizzo delle armi sia indispensabile per cambiare la società, e poi se ne pentono - meno male! - ed arrivano a forme di lotta democratica e pacifica. Ci possono dunque anche essere giovani che a diciotto anni rifiutano categoricamente qualsiasi tipo di utilizzo delle armi, e poi assumono un atteggiamento per così dire più laico, onorevole Giovanardi, di fronte a questa possibilità (Commenti del deputato Giovanardi). Ci possono essere anche coloro che da ragazzi pensano che l'uso delle armi, anche solo per difesa, sia da rifiutare e poi assumono un atteggiamento su questa materia - consentimi l'aggettivo, che non è offensivo né per te né per la tua cultura - più laico, più libero, più maturo e più equilibrato. Perché non considerare una simile eventualità? Nessuno di noi è condannato a vita ad un pensiero e ad uno status. Per quale motivo, dunque, dobbiamo condannare a vita ad uno status un ragazzo di diciotto anni che fa la scelta dell'obiettore di coscienza?
Questa è la possibilità che dà la legge. La legge prevede la facoltà di recesso dallo status di obiettore di coscienza e la possibilità, attraverso questo recesso, di partecipare a quelle attività e a quei concorsi che prevedono l'uso delle armi.
Ritengo si tratti di un provvedimento equilibrato, giusto, da apprezzare e da approvare. Qualcuno ha affermato che diamo la possibilità agli obiettori di coscienza di diventare cacciatori. Anche questo non credo che sia un reato; per me che pure, lo ripeto, non considero la caccia uno sport come gli altri, ed anche se è uno sport olimpico non lo pratico e non mi interessa, la caccia non è un reato. Non credo che un cacciatore sia la stessa cosa di un assassino, e quindi non vedo quale sia il problema di principio sollevato dal provvedimento in esame, che, ripeto, dà la possibilità a ragazzi che nel passato - non oggi, perché l'obbligatorietà del servizio di Pag. 65leva è stata superata - hanno fatto uso dell'istituto dell'obiezione di coscienza, di recedere da quello status e di partecipare a pieno titolo alla vita sociale e civile, come qualsiasi altro ragazzo (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, come presentatore di una delle proposte di legge confluite nel testo unificato non posso che salutare con favore il provvedimento in esame.
Questa Assemblea, finalmente, si accinge ad eliminare un'ingiusta penalizzazione degli obiettori di coscienza, vale a dire il divieto di esercitare tutte le attività che comportano, in qualche modo, l'uso di armi (come la caccia, la partecipazione ai concorsi per le Forze armate, la Polizia, i Carabinieri, la Guardia di finanza, il Corpo forestale e persino la disciplina sportiva del biathlon).
Tali divieti sono stati concepiti a suo tempo innanzitutto per dissuadere dal presentare istanze di riconoscimento dell'obiezione di coscienza non sincere o di comodo. Con la radicale riforma del servizio militare avvenuta nel 2000 ed entrata in vigore nel 2005, con la cessazione del servizio di leva obbligatorio e l'introduzione del servizio di leva professionale, l'istituto dell'obiezione di coscienza è ormai superato. Sono però rimasti i divieti per gli obiettori: oggi centinaia di migliaia di obiettori sono dunque esclusi da tante opportunità, anche di lavoro.
Mentre nell'attuale ordinamento si può cambiare regione, idea politica e, con una modifica fatta recentemente con un provvedimento del Consiglio dei ministri, anche gruppo linguistico, dopo il decorso di cinque anni, ciò non è possibile per gli obiettori, che rimangono vincolati per sempre ad una scelta fatta in giovane età.
Riteniamo quindi giusto che il Parlamento affronti la problematica nel senso da noi auspicato. Il testo proposto costituisce un'unificazione molto ben riuscita tra i vari testi presentati, consentendo finalmente il recesso dallo status di obiettore dopo il decorso di cinque anni dalla collocazione in congedo. Credo che sia stata trovata una buona sintesi tra le diverse esigenze, anche perché l'ex obiettore, una volta che abbia rinunciato al suo status, può sì chiedere, per esempio, il porto d'armi, ma è altresì soggetto alla chiamata alle armi in caso di mobilitazione.
Nessuna indulgenza e nessun favoritismo, quindi, ma semplicemente l'introduzione di una soluzione equilibrata e sensata. Ringrazio i colleghi di maggioranza e di minoranza, ma in particolare la relatrice, la presidente della IV Commissione Roberta Pinotti, per la sua tenacia ed il paziente lavoro che ha portato alla compilazione di un ottimo testo, anche sotto il profilo della tecnica legislativa.
Annuncio quindi il voto favorevole della Südtiroler Volkspartei, della componente politica delle minoranze linguistiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, mi dispiace di non essere d'accordo con l'onorevole Zeller e neanche con l'onorevole Del Bue, ma le considerazioni fin qui svolte sul fatto che questa sia una proposta di legge equilibrata e corretta e sulla necessità di consentire ai giovani di cambiare idea e di non dover subire per tutta la vita le conseguenze di un loro atto di volontà vengono contraddette dal testo: in esso, infatti, si stabilisce che chi vuole fruire della possibilità di rinunciare allo status di obiettore lo può fare - è previsto esplicitamente - presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l'Ufficio nazionale del servizio civile.
Quindi, quello che è revocabile diventa irrevocabile, ma ciò, naturalmente, è anticostituzionale: infatti, se viene riconosciuta Pag. 66la libertà di coscienza che presiede alla possibilità di revocare un meccanismo attraverso il quale non si è fatto il servizio militare, non si capisce poi per quale ragione scriviate che questo giovane che revoca - e che poi viene iscritto nei registri di leva in caso di chiamata obbligatoria - ha reso irrevocabile la sua scelta per tutta la vita.
Ciò tanto per sottolineare come la norma al nostro esame sia stata scritta in maniera affrettata ed anche giuridicamente infondata. Ma la norma di cui stiamo discutendo è sbagliata non solo per questo motivo.
Avendo avuto l'onore per cinque anni di seguire il Servizio civile nazionale che, giustamente, è cresciuto fino a 80 mila ragazzi, tutti impegnati (ma devo dire che il nostro Governo raddoppiò i fondi per il Servizio civile nazionale, mentre adesso sento che purtroppo solo il 30 per cento delle domande potrà essere soddisfatto), sono stato il primo a sottolineare l'importanza di uno strumento che oggi consente di servire la patria o con le armi o senza di esse.
Lo dichiarò il Presidente Ciampi e l'ha ribadito Napolitano: si tratta di una scelta di grandissima civiltà, inquadrata nel principio costituzionale di difesa della patria e, quindi, vi è stata una evoluzione giustamente normativa che ha portato a questo risultato, che, oltretutto, ha consentito di superare lo steccato tra ragazzi che maneggiano le armi e coloro che prestano il servizio civile.
Ma sappiamo bene tutti che storicamente, sino a tre anni fa, ogni giovane, all'arrivo della cartolina precetto, doveva rispondere a se stesso se adempiere ad un obbligo faticoso e oneroso - si trattava, infatti, di andare a centinaia di chilometri da casa, di soprassedere agli studi e, qualche volta, di perdere un lavoro - o fare come chi abitava nello stesso palazzo e si dichiarava obiettore di coscienza. La legge, infatti, gli permetteva per ragioni filosofiche, morali e religiose di dire: «Io non posso toccare le armi, non posso maneggiare le armi e quindi faccio il servizio civile».
Chi faceva questa dichiarazione, peraltro, sapeva benissimo che avrebbe avuto una limitazione molto piccola: sulla base delle sue convinzioni, non avrebbe potuto in seguito andare a caccia o fare il carabiniere, in pratica, avere il porto d'armi. Ma milioni di italiani, pur avendo fatto il militare, ugualmente non hanno il porto d'armi e non vanno a caccia.
Non so se riuscite a cogliere la contraddizione da «paese di Pulcinella», la beffa di chi ha fatto l'obiezione di coscienza, non ha prestato il servizio militare e poi, magari, si fa fotografare con sette lepri uccise. Afferma il collega Del Bue: una cosa è sparare agli uomini, altra sparare agli animali. Fatto sta che i soldati italiani, i militari di leva del dopoguerra (ben un milione) non hanno mai sparato a nessuno, mentre i cacciatori agli animali sparano, e proprio gli amici Verdi ci hanno qui spiegato di essere contrari per principio alla caccia e a chi uccide gli animali.
Se gli animali vengono uccisi da chi si è dichiarato obiettore di coscienza, rimango comunque perplesso. E mi lascia ancora più perplesso il fatto che chi si è dichiarato obiettore di coscienza, e quindi non vuole maneggiare le armi, domani possa fare il mio collega carabiniere di pattuglia. Chi mi garantisce, infatti, che chi ha cambiato idea una volta non venga poi a dirmi che il carabiniere lo ha fatto per una ragione di stipendio e che, al momento di usare le armi, non la pensi nuovamente come quando ha fatto l'obiettore di coscienza?
Abbiamo forse la coscienza «tira e molla»? Siamo un paese che si trova in un sinallagma di prestazioni! Prestazione significa educare un giovane a rispettare un impegno, una volta assunto. Una coppia che a trent'anni adotta un bambino non può poi dire: «Ho cambiato idea e adesso il bambino non lo voglio più mantenere; avevo sì preso un impegno ma ora ho cambiato idea».
Chi ha fatto obiezione di coscienza, inoltre, ha «incassato» subito. Nel contratto che ha stipulato con lo Stato, infatti, facendo l'obiettore di coscienza e prestando Pag. 67servizio civile non ha fatto il servizio militare, non è partito, non ha abbandonato la casa e non si è sottoposto - come milioni di suoi colleghi - ai disagi del servizio militare. Di fronte all'altra parte della prestazione, e cioè al mantenimento di un impegno a non avere il porto d'armi, lo Stato ed il Parlamento dicono: «Abbiamo scherzato, tu adesso puoi fare una dichiarazione irrevocabile per cui non sei più obiettore di coscienza e per tutta la vita non puoi più cambiare idea, e, quindi, se c'è necessità di andare a fare il militare in caso di guerra, devi andarci».
Ma vi rendete conto del ginepraio di contraddizioni che avete scritto, del fatto, cioè, che ci sono milioni di persone - a cominciare dagli alpini che sfileranno il 13 maggio e che ieri hanno preso una posizione durissima - che si sentono umiliate e offese da questa vostra decisione (e sono coloro che hanno fatto il militare)? E ve ne sono altre decine o centinaia di migliaia che, avendo fatto gli obiettori di coscienza, si sentono offese dal fatto che voi «sporchiate» la loro decisione.
Allora, sono molto più vicino agli obiettori coscienza di quanto non lo siate voi. Voi date una mano formidabile, infatti, a quelli che per decenni hanno detto che gli obiettori di coscienza erano persone che per convenienza non volevano fare il militare, erano dei cialtroni, erano ragazzi non in buona fede ma in malafede, che facevano una scelta di comodo. Voi, con questa proposta di legge sostenete questa tesi, date fiato a quella destra militarista che avete evocato e che ha sostenuto per anni che l'obiezione di coscienza era una scelta di comodo. In questo modo la fate diventare effettivamente una scelta di comodo.
Tutto ciò perché esiste una lobby di obiettori? Essi sono venuti anche da me, quando ero ministro. Vi sono cento, duecento, trecento persone, che vengono a sindacare e a chiedere, perché uno di questi vuole andare a caccia, l'altro vuole fare il carabiniere. Dunque, il Parlamento deve muoversi per questa lobby? Li ho ascoltati ed educatamente ho spiegato loro quello che vi spiego oggi: riconosco la categoria delle persone serie che hanno fatto il servizio militare così come riconosco la categoria delle persone serie che hanno fatto gli obiettori di coscienza; non voglio riconoscere per legge la categoria dei furbi, quelli che, dopo aver fatto quella dichiarazione, affermano oggi di aver cambiato idea.
In che modo molte persone - lo ripeto ancora una volta a favore di chi leggerà gli atti parlamentari - hanno motivato quella decisione? La caserma era lontana, vi era un concorso da affrontare, vi era la possibilità di un lavoro; e perciò si sono dichiarati obiettori di coscienza, per non fare il militare: questa vi sembra una giustificazione? Vi sembra serio che lo Stato dica ai giovani che gli impegni presi possono essere disattesi in questa maniera? È un atteggiamento educativo?
Neanche nei contratti privati è ammesso un simile comportamento. Nessuno può stipulare un contratto e, a fronte dell'adempimento dell'altro contraente, rispondere, nel momento in cui si devono adempiere le proprie obbligazioni, di aver scherzato e di non voler adempiere più perché si è cambiata idea.
Provate nel diritto civile e nei contratti a comportarvi in questa maniera. E se qualcuno ha fatto un contratto con lo Stato, perché non lo deve adempiere? È una così grande privazione non andare a caccia? È una così grande limitazione non avere il porto d'armi? Io non vado a caccia e non ho il porto d'armi; tuttavia non ho fatto l'obiettore di coscienza.
Perciò rispettiamo veramente le persone serie, quelle che hanno fatto una scelta non di comodo; non impegniamo il Parlamento in un provvedimento che è assolutamente sbagliato, perché se tutto quello che avete affermato sul principio che si possa cambiare idea è che le scelte sono revocabili, allora non si comprende perché avete sostenuto nel provvedimento che questa posizione é irrevocabile, è tale per tutta la vita e ci si impegna a non cambiare più idea. Pertanto ho qualche difficoltà a riconoscere questo diritto, per le ragioni che ho cercato di spiegare Pag. 68(Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ritornerò brevemente su una serie di problematiche che ho sollevato questa mattina e che ritengo utile riproporre anche alla luce del dibattito che si è già sviluppato e che è stato ripreso oggi pomeriggio. In particolare, voglio insistere su un aspetto, che già veniva menzionato ora, ovvero l'unica parte dell'intervento dell'onorevole Giovanardi che condivido, riguardo al valore del servizio civile e all'obbligo che è stato ricordato da eminenti esponenti della Repubblica (ma che concerne tutti) di sancire il servizio civile nel dettato costituzionale della difesa della patria.
È vero che il riconoscimento di questa connessione che esiste, fra i due versanti della difesa, dovrebbe distruggere veramente gli argomenti che sono stati opposti nel dibattito di questa mattina, relativamente ad una visione della difesa del Paese che riduca tutto all'uso delle armi e all'opzione bellica, intesa come guerra attiva. Riaffermo che, vorrei ribadirlo, poiché siamo reduci da una giornata dedicata al dibattito sulla memoria, la Repubblica italiana affonda le sue radici storiche in una lotta di liberazione che vide fortemente connessa una resistenza militare, anche aspra, con una resistenza civile di altissimo livello, che ritengo dobbiamo ancora scoprire nella sua profondità, nella sua radicalità e nel vasto coinvolgimento che esercitò su settori della popolazione italiana, sulla parte femminile in maniera peculiare, la quale sostenne un contributo essenziale. Quindi è nella radice storica che ha dato vita alla Costituzione - che qui viene invocata tirandola da una parte e dall'altra - ed è nella fattualità del contesto storico che permise la nascita della Repubblica e della sua Costituzione che va ricercata la connessione tra difesa civile e difesa in armi che risulta inevitabile non soltanto alla luce della storia, ma anche a fronte di un ragionamento concreto.
Non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che la legge sull'obiezione di coscienza abbia aperto una strada importante per una ridefinizione di un capitolo così essenziale per la vita nazionale. Pertanto mi sembrano ridicole e fuori tempo massimo le argomentazioni unilaterali di tipo patriottico che sono state pronunciate questa mattina, anche con accenti veramente offensivi, nei confronti di chi utilizzò tale legge.
Voglio mettere in risalto anche altri aspetti. La legge sull'obiezione di coscienza fu il frutto di una grande crescita della coscienza democratica del nostro Paese, dove non c'era soltanto una critica all'ideologia militarista che informava in quegli anni le Forze armate, quell'ideologia patriottarda - mi rendo conto che utilizzo un aggettivo sgradevole - dove la patria veniva ridotta ad un'entità astratta infarcita di valori metastorici e ideologici. Non si trattava soltanto della crescita di una cultura critica nei confronti di questi lasciti arcaici e di epoca prerepubblicana - per parlarci chiaramente - ma era anche il frutto di una crescita della coscienza dei diritti di cittadinanza.
Credo che non si possa dimenticare il contesto in cui avveniva la coscrizione obbligatoria. Mi limito a ricordare il fenomeno terribile del «nonnismo», in cui i giovanissimi, quasi adolescenti, erano sbattuti in situazioni dove la latitanza delle tutele dello Stato era il dato fondamentale. Allora, evidentemente, chiedere un giuramento da qui all'eternità a giovani (che spesso vivevano in maniera contraddittoria e confusa quello spazio che nella società si era creato tra l'obbligo di partire in coscrizione e la possibilità di sfruttare gli spazi di democratizzazione che il Paese attraversava in quegli anni), traducendolo in una obiezione civile permanente, corrisponde, come ho detto stamattina, ad Pag. 69una concezione del rapporto tra cittadini e Stato che proprio allora veniva messa radicalmente in discussione.
Sostanzialmente, veniva messa in discussione la pretesa dello Stato di essere depositario di una eticità superiore per quanto riguarda una serie di questioni fondative dello Stato stesso, tra cui l'obbligo di difendere il proprio Paese - perché indubbiamente ciò costituisce un obbligo - ridotto alla sua versione arcaico patriottarda: il sacrificio del sangue fatto non quando fosse necessario, ma come premessa ideologica, come metafora del bene assoluto di cui lo Stato era depositario e normatore assoluto.
Tutto ciò è stato messo in discussione al fine di rendere possibile un rapporto meno totalizzante tra cittadini e Stato e uno spazio di negoziazione, di ridefinizione, anche di accompagnamento nel caso dei giovani durante la leva obbligatoria in un percorso di formazione. Questo aspetto deve essere il punto di riferimento nella discussione della presente proposta di legge, altrimenti si rischia di trattare le questioni della difesa del Paese nell'indifferenza e nell'esaltazione di certi valori che non si comprende bene come possano essere riproposti nella maniera ascoltata stamani. Credo, quindi, che si è trattato di uno spazio di presa di coscienza di democratizzazione dei rapporti con le istituzioni, con gli apparati dello Stato. Tra l'altro, vi sono stati ampi fenomeni di innovazione: penso alla democratizzazione e alla sindacalizzazione della polizia, che ha rappresentato praticamente un grande fenomeno di ingresso dello spirito repubblicano-costituzionale autentico nei luoghi separati dello Stato. Da questo punto di vista, condivido quello che è stato detto, in particolare dalla collega Tana De Zulueta, sull'enorme valore dell'esperienza e dell'impegno di oltre ottocentomila obiettori di coscienza che in trentatré anni hanno concretizzato i principi di solidarietà sociale e di non violenza, costruendo un nuovo paradigma di cittadinanza attiva e di difesa del nostro Paese o della patria - per chi ama questo modo di riferirsi alla Repubblica - che è entrato nella cultura della nostra società e nel suo ordinamento giuridico, grazie anche a numerose sentenze della Corte costituzionale.
Ricordo che la legge sulla scelta dell'obiezione di coscienza al servizio militare, che ha avuto come risultato la costituzionalizzazione di fatto dell'obbligo, per così dire multiforme, della difesa del Paese e, quindi, il riconoscimento a questo livello della difesa civile, nasce, tuttavia, con un intento diverso che è sanzionatorio e punitivo...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ELETTRA DEIANA. ... esattamente da Stato etico che, a fronte del passo indietro che deve fare rispetto al paradigma supremo della difesa, richiede a ragazzi appena usciti dagli anni dell'adolescenza di uniformarsi ad un paradigma altrettanto totalizzante. Quindi parliamo delle cose per come sono state e si sono manifestate nella nostra storia; ricordo che cos'era per i ragazzi di non tanti anni fa...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ELETTRA DEIANA. Alla luce di queste considerazioni, riaffermo con forza il voto favorevole del mio gruppo alla proposta di legge in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione comunista-Sinistra europea e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho già avuto modo di precisare la posizione del gruppo dell'Italia dei Valori sul provvedimento che stiamo per licenziare. Mi preme però richiamare alcuni passaggi e sottolineare la situazione un po' paradossale che si va delineando in quest'aula per la quale - chiedo scusa per la grossolana estremizzazione - chi normalmente è a favore dell'uso delle armi voterà contro un provvedimento che in teoria allarga questa possibilità, mentre chi, Pag. 70come ad esempio il sottoscritto, in linea di massima è risolutamente contrario, voterà a favore.
Vale forse la pena riepilogare i termini della questione, le tappe che hanno caratterizzato il percorso del testo unificato in discussione. Facendo una breve ricostruzione storica, possiamo partire dal caso di obiezione, avvenuto nel 1948, di Pietro Pinna, il non violento finito in carcere per dieci mesi e che provocò, già allora, grande scalpore nell'opinione pubblica. Altri casi si verificarono negli anni Cinquanta e, tra questi, vi è quello riguardante il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, che nel 1961 scelse la disobbedienza civile nei confronti della decisione della commissione ministeriale sulla censura che aveva vietato la proiezione in Italia del film francese Non uccidere, del regista Claude Autant-Lara, che esaltava appunto la figura dell'obiettore di coscienza e la cui proiezione, secondo la commissione, poteva configurare il reato di istigazione a delinquere.
La Pira, proiettando il film e richiamando l'attenzione dei governanti sulla necessità di educare gli Stati al pieno rispetto delle coscienze, dovette addirittura affrontare un'azione giudiziaria e pesanti critiche da parte dell'Osservatore Romano. Anche se, fortunatamente, in quell'occasione non fu definito un terrorista, La Pira fu oggetto di critiche e polemiche anche da parte di illustri uomini politici. Contemporaneamente, nella Francia di De Gaulle si varava un'apposita legge sull'obiezione di coscienza.
La legge Pedini del 1966 sembrò offrire una soluzione al problema, permettendo una sorta di servizio civile nel terzo mondo, ma aveva anch'essa i suoi limiti. A partire dal 1968, soprattutto in virtù di un crescente sentimento antimilitarista e dell'incremento del numero delle obiezioni, il problema trovò un'eco rilevante, fino ad arrivare al pieno riconoscimento, con la legge n. 772 del 1972, del diritto di obiezione di coscienza per motivi morali, religiosi e filosofici. Sottolineo ancora una volta come questi dati non siano acquisiti una volta per tutte, ma, facendo parte della sfera del divenire umano, possano subire alcuni cambiamenti.
L'approvazione di quella legge, però, non risolse tutti i problemi e non placò le critiche, ma segnò un sicuro passo in avanti nella definizione della questione. La legge, da allora, non punisce più l'obiettore, il quale, garantito nel suo intento morale, agisce nei limiti della legge e non più al di fuori di essa. Di conseguenza, lo stesso uso delle armi e della forza bellica è stato riconsiderato come possibile modalità di risoluzione dei conflitti. Ulteriori riconoscimenti in questo senso sono stati operati, da ultimo, dalla legge n. 230 del 1998, che, anche a seguito di numerose pronunce dei più alti organismi istituzionali di livello sia nazionale che internazionale, ha sancito la piena operatività del diritto all'obiezione di coscienza, non criticabile da parte di alcuna commissione ministeriale.
A nostro avviso, furbizie ed opportunismi ci sono sempre stati e ci possono sempre essere. Lasciando da parte, comunque, le furbesche strumentalizzazioni delle quali, in alcuni casi, la legge n. 230 è stata oggetto, lo Stato ha perso l'occasione di utilizzare il servizio civile, che - è importante ricordarlo - non ha minore dignità rispetto al servizio militare, come strumento attivo per veicolare e sperimentare, all'interno delle Forze armate, l'innovazione culturale costituita dalle forme di difesa non armata.
Il punto è proprio questo: si fa confusione fra un uso delle armi a scopo bellico ed un uso delle armi per la difesa, l'ordine pubblico, la prevenzione e la repressione dei reati. Proprio all'interno del servizio civile doveva essere intensificata e meglio regolamentata l'educazione alla pace ed alla ricerca di forme di soluzione delle controversie internazionali, mediante strumenti diversi ed alternativi alla guerra, come stabilisce anche l'articolo 11 della Costituzione; speriamo, tuttavia, che non sia troppo tardi per realizzare tale proposito programmatico.
Sottolineo, a tal proposito, una coincidenza: nel 1998, mentre veniva pubblicata Pag. 71la nuova legge sull'obiezione di coscienza e l'uso delle armi belliche, a Roma si varava la costituzione di un Tribunale penale internazionale contro i crimini di guerra ed il genocidio. Segnali non irrilevanti, in tempi tragici, come i nostri, che rivelano come una parte dell'umanità sia alla ricerca, seppur lentamente e tra numerose contraddizioni, di un modo per allontanarsi da un'ideologia di guerra.
Il provvedimento odierno rappresenta, dunque, una tappa di questo processo di sviluppo civile e culturale dell'istituto dell'obiezione di coscienza, volta a rimuovere ogni residua vessazione di trattamento nei confronti di quanti, diversi anni addietro, hanno effettuato una scelta che ora li condiziona fortemente, senza offrire loro alcuna possibilità di revoca di scelte compiute in un'età - quella tra i diciotto e i venti anni - in cui decisioni, scelte di vita e sentimenti sono talvolta frutto di impulsi, di irrequietudini, di impeti ideali, che a volte possono essere anche riconsiderati.
Consideriamo quindi positivamente il provvedimento in esame, che tende a rimuovere tutte le preclusioni, spesso anche irragionevoli, che gravano sugli obiettori. Stamattina ho già fatto l'esempio dei paradossi per cui oggi un obiettore di coscienza non può neanche praticare uno sport olimpico come il tiro al piattello. Tali preclusioni non hanno alcun motivo di continuare a limitare le scelte degli obiettori, a maggior ragione dopo il superamento dell'istituto dell'obiezione di coscienza, a seguito della radicale riforma del servizio militare, che ha decretato la fine della leva obbligatoria.
Siamo pertanto dell'idea che, soltanto rimuovendo ogni forma di preclusione e vessazione nei confronti degli obiettori, lo Stato avrà realmente riconosciuto e garantito loro quel diritto fondamentale della persona che è la libertà di coscienza, un diritto innato, costitutivo di ogni persona in quanto tale. Al riguardo, menzionando - spero le farà piacere, signor Presidente - ciò che scriveva Giuseppe Dossetti: ogni persona ha diritti antecedenti lo Stato e lo Stato stesso non costituisce tali diritti, non li crea né li attribuisce, ma semplicemente li dichiara e li riconosce.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto di Alleanza Nazionale, come è risultato chiaramente dal dibattito di questa mattina in aula, sarà radicalmente contrario. Abbiamo mantenuto la nostra coerenza, che ha fatto sì che il nostro sia stato l'unico gruppo ad opporsi fermamente a questo provvedimento in tutte le fasi del suo iter, in Commissione in sede referente, nelle Commissioni in sede consultiva, in Assemblea e nell'ambito della illustrazione di emendamenti e subemendamenti.
Anzi, gli interventi che hanno svolto molti colleghi del mio gruppo stamattina hanno dimostrato quanto ancor più ferma fosse l'opposizione, anche in riferimento ad alcune indicazioni di voto che, come è noto, pur con molte perplessità, avevo dato in senso favorevole riguardo all'emendamento presentato dalla Commissione che, come ho più volte ribadito, era semplicemente limitativo di un danno grave che va ben al di là dei numeri e dei soggetti che sono e saranno coinvolti dagli effetti di questo provvedimento (sempre ammesso che il provvedimento venga approvato anche dall'altro ramo del Parlamento).
Si tratta di un progetto in relazione al quale, mi sia consentita la franchezza, si è assistito ad una serie di assurdità giuridiche e politiche, ad una confusione di concetti in quest'aula, che mai mi era capitato in precedenza di ascoltare. Ebbene, la realtà è che evidentemente molti degli interventi svolti dai colleghi dei gruppi dei Verdi, di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani, della Rosa nel Pugno e dell'Italia dei Valori o discutono di argomenti diversi da quelli contenuti in questo provvedimento - nel senso che i colleghi non hanno capito di cosa stiamo parlando - oppure - e credo che sia Pag. 72l'ipotesi più probabile - vedono degli infingimenti e una malafede nel momento in cui si affrontano questi problemi. Ciò in quanto vi sono evidentemente pacifisti, ambientalisti e antimilitaristi che desiderano che gli obiettori di coscienza portino ed usino le armi, fabbrichino le armi e gli esplosivi, partecipino alla direzione delle imprese belliche che producono i sistemi d'arma, utilizzino gli esplosivi nelle attività produttive ed estrattive e dirigano le industrie belliche.
Inoltre, si pretende che gli obiettori di coscienza, che hanno rifiutato l'utilizzo delle armi rispetto al sacro dovere previsto dall'articolo 52 della Costituzione relativo alla difesa della patria, possano ora diventare carabinieri, poliziotti, militari di qualsiasi tipo di Forze armate, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e di qualsiasi altro corpo che preveda nell'esercizio della sua attività l'utilizzo delle armi. Questa è la realtà!
Stiamo votando un provvedimento che consente a coloro che si sono dichiarati contrari all'utilizzo delle armi di fare proprie quelle ideologie in ordine alle quali si sono dichiarati contrari. Ciò è talmente abnorme che richiama il paradosso ricordato in precedenza da un collega, ossia che coloro che come noi, quale gruppo di Alleanza Nazionale, come la destra, è stato sempre favorevole alle Forze armate, a coloro che difendono i supremi interessi della patria, anche a rischio della propria vita e del sacrificio supremo, voteranno contro questo provvedimento, mentre coloro che si dichiarano sempre antimilitaristi, contrari all'uso delle armi, pacifisti, voteranno a favore di questo progetto che prevede proprio la possibilità, per una serie di soggetti, di svolgere le ricordate attività. Francamente, è un paradosso che ritengo non possa sfuggire a chiunque si accosti a questo dibattito con un minimo di onestà intellettuale.
Questo provvedimento è semplicemente la sommatoria di tanti piccoli interessi di bottega e, come giustamente diceva l'onorevole Giovanardi, la vittoria di una lobby che ha utilizzato i diversi gruppi secondo i propri canali di preferenza. Non è un caso che questo provvedimento prenda origine da due proposte presentate da deputati della Südtiroler Volkspartei che hanno dimostrato di voler rimuovere quegli impedimenti di cui ora parleremo, perché confliggevano con gli interessi di coloro che si sono rifiutati a suo tempo di svolgere il servizio militare nelle Forze armate italiane, perché non condividevano il patto di solidarietà che deve esistere tra i cittadini per la difesa della patria, che hanno beneficiato del diritto di svolgere il servizio civile, come obiettori di coscienza, ma che fanno parte anche attualmente, o che vogliono far parte, di corpi paramilitari che evidentemente prevedono l'utilizzo delle armi, il porto d'armi o la fabbricazione delle armi.
È questo il punto. A ciò si sono aggiunti gli interessi diversificati di altri soggetti. Ditemi voi se non è un paradosso il fatto che il gruppo dei Verdi voti a favore della caccia!
Il gruppo di Alleanza Nazionale è radicalmente contrario a questo provvedimento per ragioni morali, giuridiche e di merito, in funzione ordinamentale e di sistema.
Inoltre, con questo testo, è stata ingenerata una enorme confusione: la previsione di uno status relativamente alla posizione dell'obiettore di coscienza. Ma lo status, per definizione - e contesto che questa definizione possa essere attribuita all'obiettore di coscienza -, è una posizione complessiva di un soggetto nell'ambito della collettività, in un corpo sociale minore, in ordine alla quale è prevista una particolare sfera di capacità, di diritti e di doveri.
In questo caso, non vi è nulla di ciò. Si tratta di una posizione soggettiva - l'obiezione di coscienza è stata riconosciuta dalla legge n. 280 del 2004, come diritto soggettivo per coloro che rifiutavano, per motivi culturali, sociali, filosofici, religiosi, politici, l'utilizzo delle armi. Questa è la realtà. Non c'entra niente lo status. Si rifiutava, per queste ragioni, l'utilizzo delle armi e, in ordine a tale diritto, riconosciuto Pag. 73dalla legge citata - anche se non con il favore di chi parla né di chi lo ha preceduto in questi banchi -, è stato previsto un servizio alternativo.
Tale servizio alternativo prevedeva però contestualmente il divieto di una serie di conseguenze che sono quelle che ora si vuole rimuovere in capo a chi si è dichiarato a suo tempo obiettore di coscienza. Detta situazione crea una doppia disparità di trattamento, una doppia iniquità e, credo, anche un doppio contrasto con l'articolo 3 della Costituzione relativo, come è noto, al principio di uguaglianza.
Rimuovendo ora questi divieti per coloro che a suo tempo si sono dichiarati obiettori di coscienza, si producono due conseguenze. La prima si risolve in una disparità tra tutti coloro che essendo stati già interessati, precedentemente al servizio militare, da alcune delle situazioni indicate - mi riferisco a coloro che avevano il porto d'armi, a chi era impiegato in imprese belliche, a chi era cacciatore, e a chi ovviamente era stato già nelle Forze armate per vari motivi -, non potevano ottenere la concessione del servizio civile.
Coloro che allora non hanno potuto, dal loro punto di vista, beneficiare del servizio civile, in quanto erano nelle stesse posizioni giuridiche che adesso si vogliono attribuire ad altri, si vedono negare a posteriori un diritto che è invece riconosciuto a coloro che, a suo tempo, hanno evidentemente «fatto i furbi».
Vi è una seconda disparità: coloro che invece hanno svolto il servizio militare, non beneficiando di quegli aspetti, proprio perché volevano mantenere la possibilità di non sottostare ai divieti che erano previsti dalla legge sull'obiezione di coscienza, ovviamente si trovano in un'ulteriore posizione di disparità rispetto a questi ultimi, beneficiati dal vostro provvedimento. Pertanto, vi sono due iniquità.
Che dire poi dell'assurdità della dichiarazione di rinuncia a uno status? Ma quale rinuncia ad uno status? Ovviamente, si potrebbe rinunciare a qualcosa, se tale rinuncia comportasse il reintegro dei doveri che erano previsti in ordine al beneficio concesso: sarebbe un provvedimento che avrebbe un minimo di serietà giuridica e morale, se chi ora rinuncia allo status - come è stato definito e che io contesto - di obiettore di coscienza, fosse chiamato, adesso, ora per allora, a svolgere il servizio militare, perché altrimenti vi sarebbe un ulteriore caso di disparità. Ma, come tutti sanno, il servizio militare di leva non può più essere svolto, pertanto si tratta di un ulteriore premio per i furbi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Ecco perché, cari colleghi, altro che destra militarista! Non voglio scendere nelle definizioni della sinistra, come potrebbe essere chiamata dopo questa bella prova di oggi, ma certamente questa è la destra del rigore, della coerenza e del rispetto dei valori. Chi ha contratto un patto con lo Stato, come con qualsiasi altro soggetto, deve mantenerlo.
PRESIDENTE. Concluda...
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Prevedere soluzioni unilaterali, senza che ciò comporti né penali né risarcimenti, non è soltanto diseducativo, ma amorale, ed è un oltraggio verso tutti coloro che invece hanno mantenuto i patti stipulati con lo Stato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Intervengo per dichiarare il voto favorevole della Lega Nord al provvedimento in esame e lo dico anche da persona, da ragazzo che all'epoca svolse il servizio civile in sostituzione di quello militare; una scelta libera, che assolutamente non rinnego oggi, e credo non rinnegherò mai, perché ho ritenuto che seguire, aiutare ragazzi disabili per dodici mesi, fosse un modo di svolgere un'attività comunque utile, al pari di chi ha prestato il servizio di leva.
Non metto certo in dubbio il valore della vita militare, ma ritengo che chi ha Pag. 74fatto una scelta diversa debba comunque essere rispettato. Quando si aiutano famiglie che hanno in casa ragazzi disabili, si cerca di lenire un po' la loro sofferenza quotidiana, si compie comunque un'azione meritoria.
Non credo che tutti gli obiettori di coscienza siano stati degli «imboscati» o abbiano fatto scelte di comodo, o abbiano svolto il servizio vicino a casa propria. Sicuramente tali casi si sono verificati, ma forse si tratta di leggende metropolitane che devono essere sfatate e che sono dure a morire. Si sono verificati del resto anche nell'esercito, casi di soggetti che magari hanno svolto il servizio militare nella città di residenza. Sono di Bergamo e conosco ragazzi, miei coetanei, che hanno svolto il servizio militare proprio nella nostra città.
Allora, che differenza vi è tra chi svolge servizio civile nella propria città e chi svolge servizio militare nella propria città? Da questo punto di vista, nessuna.
Credo anche che si debba riconoscere l'importanza del lavoro svolto da tutti questi ragazzi quando sono stati chiamati alla leva. È una testimonianza di affetto, anche perché hanno lasciato sicuramente un grandissimo ricordo nelle sedi dove sono stati chiamati ad operare.
Personalmente, ogni volta che partecipo alle manifestazioni organizzate dalle varie Armi, nelle diverse manifestazioni e adunate nazionali, percepisco anche un senso di ammirazione per quelle persone e di rispetto per ciò che hanno fatto.
Non credo sia giusto, pertanto, mettere in competizione o dire se è meglio o peggio aver fatto una scelta piuttosto che un'altra. Dipende da quello che si è fatto durante quei dodici mesi, dipende dal risultato finale che si è ottenuto.
Per quanto riguarda il provvedimento, in esame ritengo si tratti comunque di una scelta giusta. Inoltre non credo che tutti gli ex obiettori faranno la richiesta del porto d'armi per andare a caccia piuttosto che per tirare al piattello o per fare altre cose. È una possibilità che, diciamo così, viene restituita ma non è obbligatorio esercitarla.
Con questo breve intervento, quindi, sottolineo la volontà del nostro gruppo di votare a favore del provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia ha partecipato attivamente ai lavori in Commissione che hanno portato alla stesura di questo provvedimento. Ha dato il suo contribuito, partecipando attivamente e presentando delle proposte che non sempre sono state accettate, ma non può che supportare il testo di mediazione a cui siamo arrivati; pertanto, in continuità con quanto fatto, il mio gruppo voterà a favore del provvedimento.
È evidente che data anche la tematica che questo provvedimento tocca, il gruppo di Forza Italia garantirà, come sempre, la libertà di coscienza ai suoi membri; sottolineo «garantirà», non «concederà», perché la libertà è insita nel mandato di ogni parlamentare, la si può garantire, la si deve garantire e tutelare, ma nessuno l'ha può concedere, non abbiamo bisogno di nessuna concessione per votare liberamente.
Ebbene, noi voteremo a favore perché riteniamo che questo provvedimento, in effetti, sia in continuità con quanto Forza Italia ha fatto nel corso della sua storia, vale a dire con quella politica che ha portato anche all'accelerazione del processo di sospensione del servizio di leva, che ricordo è stato sancito dal precedente Governo con l'intervento specifico di Forza Italia. Noi riteniamo che questo provvedimento si collochi in quello stesso solco e risolva alcuni problemi che, per una ragione o per un'altra, non erano stati risolti da quel provvedimento.
Noi non riteniamo che il provvedimento in esame rechi offesa né a chi ha fatto la scelta, lodevole e coraggiosa, di servire la patria in armi, né a chi ha fatto la scelta, per ragioni di coscienza, di Pag. 75servire la patria in altro modo. Ho ascoltato colleghi - debbo dire con dispiacere - usare termini duri, per differenziare le motivazioni che hanno portato giovani nel corso di questi trent'anni a fare la scelta del servizio civile, a fare cioè la scelta dell'obiezione.
Questo provvedimento, chiudendo un periodo della nostra storia, mette anche ordine sul significato dell'obiezione di coscienza e quindi della scelta del servizio civile. L'obiezione di coscienza non è unica: c'è chi ha obiettato perché non ha voluto prestarsi all'utilizzo bellico delle armi; c'è chi ha obiettato perché ha ritenuto - se mi concedete il termine, e questa è un'obiezione liberale, anche di destra se vogliamo - che non fosse utile servire la patria, parlo soprattutto degli anni Novanta, prestando un servizio militare in cui di fatto non si veniva addestrati neanche a fare il militare (ho amici che hanno sparato sei colpi nel corso di diciotto mesi di servizio militare, quindi probabilmente sanno usare un fucile quanto lo sa usare un bambino delle elementari).
Ebbene, questo provvedimento mette anche fine alla disparità tra chi ha fatto una scelta per una ragione e chi l'ha fatta per un'altra. E quando dico chi l'ha fatta per un'altra, mi riferisco anche a coloro che qualcuno ha, in maniera leggera a mio avviso, definito furbetti se non addirittura cialtroni. Ebbene, se un ragazzo di diciotto anni ha deciso di utilizzare una legge esistente per non fare quel tipo di servizio militare, non vedo come questo Parlamento possa stabilire chi è furbetto e chi cialtrone. Ciò che questo provvedimento vuole sancire è che ciascuno ha fatto la propria scelta in coscienza ed in piena libertà.
Con questo provvedimento noi restituiamo alla libertà di ciascuna persona la possibilità anche di rivedere le proprie scelte. Scelte di questo tipo non possono essere identificate come definitive: con questo provvedimento, quindi, ridiamo la libertà alle persone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benvenuto. Ne ha facoltà.
ROMOLO BENVENUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Ulivo voterà a favore della proposta di legge all'esame, e sono soddisfatto, anche in quanto primo firmatario di una delle proposte che formano il testo unificato dalla Commissione difesa.
Le proposte di legge di modifica dell'articolo 15 della legge n. 230 del 1998, licenziate all'unanimità dalla Commissione difesa nel testo oggi all'esame, consentono di allineare meglio la normativa vigente, riguardante i cittadini che hanno prestato servizio civile sostitutivo, al dettato degli articoli 3, 4, 35 e 51 della Costituzione, concernenti la pari dignità sociale senza distinzione di sorta, l'eguaglianza tra i cittadini, il diritto al lavoro e l'accesso ai pubblici uffici.
L'attuale normativa non consente, a chi abbia modificato i propri convincimenti personali nel corso della vita, di richiedere una revoca del proprio status di obiettore di coscienza espresso a diciotto anni.
Tale normativa ha attribuito dignità giuridica solo ad una predefinita ed unilaterale manifestazione di obiezione di coscienza, obbligatoriamente legata non solo alle concezioni sull'esercito e sulla difesa non violenta, ma anche all'indifferenziato rifiuto di ogni attività che abbia una vaga, anzi vaghissima, correlazione con armi e materie esplodenti, ivi compreso il ruolo delle forze di polizia o di attività sportive non correlabili all'offesa della persona.
In ogni caso, lo status di obiettore, creato dalla legge n. 230 del 1998, rappresenta forse l'unico esempio di condizione giuridica irrevocabile, tuttora presente nel nostro ordinamento, nei riguardi della libertà decisionale dell'individuo costituzionalmente garantita.
È possibile nel nostro ordinamento cambiare religione, orientamento politico, cambiare coniuge dopo un divorzio, così come è possibile revocare senza limitazioni altre forme di obiezione di coscienza, Pag. 76regolamentate per legge, anche ben più importanti di quella in esame, come la sperimentazione su animali o addirittura l'interruzione di gravidanza: solo la scelta dell'obiezione di coscienza alla leva militare è, sinora, immodificabile a vita.
Tale discriminazione è acuita dal fatto che ai cittadini nati dopo il 1985, quindi dopo la fine della leva obbligatoria, non è obbligatoriamente richiesto di manifestare alcun orientamento né di sottostare a conseguenti vincoli di sorta.
Si tratta solo di una discriminazione nei confronti di una generazione specifica: riguarda i soli maschi e, appunto, di una sola generazione, perché prima non c'era la possibilità dell'obiezione di coscienza e oggi non c'è più la leva.
L'espletamento del servizio civile sostitutivo, in caso di successivo interesse ad ottenere legittimamente determinate licenze di pubblica sicurezza - per interventi in professioni quali, ad esempio, quelle del direttore di cava, del geologo, dell'addetto alle prospezioni sotterranee, del guardaparco, del vigile urbano, dell'operatore di forze di polizia locale e statale, e persino del fuochista addetto ai giochi pirotecnici - si è trasformato per molti in un peso e non solo in un'esperienza degna di orgoglio per chi lo ha svolto.
Centinaia di migliaia di ex obiettori continuano certamente ad apprezzare senza rimpianti l'esperienza umana e di utilità sociale del servizio che hanno svolto, tuttavia molti ormai manifestano di trovare vessatorie le disposizioni, che, in nome di un malinteso senso di coerenza a vita, impediscono loro di praticare numerosi mestieri e persino alcuni sport di rango olimpico.
E sono forse i più attenti alle ragioni della difesa nazionale e i più vicini alle forze armate quelli che oggi dovrebbero apprezzare la possibilità, prevista da questa proposta di legge, di poter cambiare idea sulla base di una maturazione interiore dell'individuo, o a seguito dello stesso trascorrere degli anni, che certamente possono incidere in modo assai significativo sui convincimenti profondi e sul personale rapporto con lo Stato e la patria.
Non sono pochi gli ex obiettori di coscienza che, dopo decenni, si trovano a rivedere criticamente la propria scelta di adesione assoluta alla non violenza, compiuta in età poco più che adolescenziale. Spesso ciò comporta un travaglio interiore del tutto rispettabile, che è giusto che sia riconosciuto dalla collettività. Il principio della coerenza, espresso da alcuni colleghi, rappresenta certamente un valore, ma lo è altresì il principio della possibilità di cambiare opinione.
Come viene effettuata la sintesi tra questi due valori dal disegno di legge che oggi discutiamo? Prevedendo un tempo nel corso del quale è possibile una maturazione che porti ad un cambio di idee: la coerenza dura per il tempo stabilito, che noi abbiamo portato da due anni - come era inizialmente previsto - a cinque, sulla base di considerazioni che sono state svolte utilmente dall'opposizione e sono state raccolte dalla Commissione e dal relatore. Tutto avviene ciò nel pieno riconoscimento di scelte altrui altrettanto rispettabili qualora fossero ancora vive, riguardanti il concetto di obiezione di coscienza quale scelta di vita e di interiorizzazione totale del principio di non violenza.
Chi ha assistito anziani, guidato ambulanze, accompagnato scolaresche in parchi naturali, accompagnato non vedenti, assolvendo così pienamente al dovere di difesa della patria, scopre, magari a venti anni di distanza, che è a lui impedito di diventare uno specialista di polizia scientifica, un vigile urbano, un dentista della marina militare, un addetto ai fuochi artificiali, piuttosto che il responsabile in una miniera, un ufficiale di polizia tributaria, un elicotterista del corpo forestale o uno sciatore del gruppo sportivo delle Fiamme oro. Un tale campionario di paradossi giuridici va probabilmente oltre la stessa volontà del legislatore dell'epoca.
Il TAR dell'Abruzzo, con una recentissima sentenza del 2007, una delle tante che di recente vedono soccombere l'Ufficio Pag. 77nazionale per il servizio civile e il Ministero della difesa in materia di revoca dello status di obiettore, ha recentemente affermato: «L'obiezione di coscienza è un diritto di natura personalissima e connesso anche all'evolversi della personalità del soggetto ed al suo spiegarsi nell'ambito sociale e lavorativo; esso, quindi, è nella piena disponibilità dell'interessato che può farvi rinuncia come e quando ritiene, in forma anche implicita, ponendo in essere comportamenti "non coerenti", ovvero, come nel caso in esame, intraprendendo un'attività lavorativa di "guardia giurata" e chiedendo alla Prefettura l'autorizzazione al porto d'armi.
La normativa non tratta espressamente della rinuncia all'obiezione di coscienza, proprio perché non ha ritenuto di doverla circondare di formalità, al pari del riconoscimento, essendo sufficiente il sopravvenire di "condizioni ostative"».
Tali principi vanno tuttavia riaffermati per via legislativa e non lasciati solo al contenzioso instauratosi tra i cittadini e i Ministeri competenti per il riconoscimento del diritto a normali scelte lavorative e a modifiche di orientamenti personali per loro stessa natura insindacabili.
Del resto, lo stesso Governo Berlusconi, per mezzo dell'onorevole Mantovano, allora Sottosegretario di Alleanza nazionale, diede un parere favorevole sul progetto di legge n. 2871 presentato dal senatore Maffioli al Senato, di argomento esattamente analogo a quello in esame, proprio sulla base di considerazioni di questo genere.
In conclusione, auspico l'approvazione del testo unificato licenziato dalla IV Commissione difesa, con una larga maggioranza, come è avvenuto nella Commissione stessa, e una successiva rapida approvazione al Senato, per la definitiva trasformazione in legge della Repubblica.
Ringrazio la IV Commissione difesa e il suo presidente e relatore, tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione che daranno voto favorevole per il lavoro svolto e dichiaro per tutti questi motivi che il voto dell'Ulivo sarà un voto favorevole e convinto (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Presidente, se questo provvedimento non è stato approvato in Commissione in sede legislativa, ciò è dovuto al voto contrario di Alleanza nazionale. Non è affatto vero ciò che ha sostenuto il collega nel precedente intervento, vale a dire che esso è stato approvato all'unanimità...
MARCO BOATO. A larga maggioranza!
TEODORO BUONTEMPO. ...perché Alleanza nazionale, anche su dichiarazione dell'onorevole Gamba, ha sempre espresso un voto contrario, anche alla possibilità che la Commissione deliberasse in sede legislativa.
Siamo l'unico partito - rivendichiamo con orgoglio questa posizione politica - a non aver condiviso nel merito il provvedimento e ad aver conseguentemente impedito che l'approvazione avvenisse in Commissione. Desidero che ciò sia chiaro e resti a verbale.
Mi meraviglio di come si faccia appello alle scelte negative del Governo Berlusconi e come invece si condannino le sue scelte positive (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 197-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale - A.C. 197-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 197-A ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori, chiedendole di prendere atto...
PRESIDENTE. Per prendere atto, occorre formalmente passare al voto.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Avverto che la Camera non è in numero legale per deliberare per 180 deputati.
A norma dell'articolo 47, comma 2, del regolamento, dovrei pertanto rinviare la seduta di un'ora, al fine di ripetere la votazione dopo la sospensione. Tuttavia, anche alla luce dei precedenti e tenendo conto del consenso dei gruppi, rinvio direttamente la votazione finale ad altra seduta.
Passiamo dunque al successivo punto all'ordine del giorno, per il quale non sono previste votazioni.