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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2534-A.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)
PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione un fascicolo contenente proposte emendative presentate dalle Commissioni ed i subemendamenti ad esse riferiti.
Avverto, inoltre, che la I Commissione (Affari Costituzionali) ha espresso l'ulteriore prescritto parere, che è in distribuzione.Pag. 23
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare il deputato Astore. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ASTORE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, sarei tentato di fare un comizio per rispondere a quello che stamattina è stato detto in Assemblea. Invece cercherò di svolgere un ragionamento e di esaminare bene la proposta al nostro esame senza fare propaganda politica.
A tale riguardo ricordo che i cittadini del sud, compresi quelli della mia regione, spesso scelgono di recarsi al nord per le proprie cure, non certo in Svizzera o negli Stati Uniti!
Il problema dei debiti della sanità si trascina da diversi anni. Personalmente ho ricoperto il ruolo di assessore alla sanità nella mia regione dall'anno 1995 fino al 2000 e sono decaduto dalla carica proprio per i motivi di cui abbiamo precedentemente discusso.
Durante l'ultimo di quegli anni, nel 2000, vi fu l'autorizzazione al mutuo per coprire il deficit sanitario. Come si può credere che tale soluzione possa essere vantaggiosa per gli enti locali - mi rivolgo agli amici della Commissione affari sociali - se due tra le sette regioni che erano entrate nei parametri per il piano di rientro hanno preferito liberamente escludersi dall'elenco e fare ogni sforzo per ricoprire il deficit autonomamente? Mi riferisco al Piemonte e alla Liguria.
Ciò vuol dire che, diciamo così, entrare nella mannaia del decreto-legge non è certamente un favore, è piuttosto una forte penalizzazione, come dimostrerò. Il Piemonte con 662 milioni di deficit nel 2005 ha compiuto ogni sforzo per coprirlo con fondi propri. Non dimenticate che nel 2006 sono state avvertite la Puglia e la Sicilia, che stanno facendo ogni sforzo per rientrare.
Ritengo necessario esaminare anche le cause. Concordo con gli amici della Lega quando parlano di «disamministrazione», ma certamente per diversi anni il Fondo sanitario nazionale è stato insufficiente. Vi è stata certamente una «disamministrazione» basata sulle clientele che dobbiamo denunciare; non sto qui a porre un discrimine fra le regioni di centrodestra e di centrosinistra.
Prego gli amici di Forza Italia di andare a verificare chi amministrava queste cinque regioni tra il 2000 ed il 2005: non dobbiamo fare strumentalizzazioni . Io vedo la voragine del debito della mia regione - la più piccola tra quelle considerate e che certamente non è gestita da noi - che ha portato il debito pro capite ad essere il più alto d'Italia dopo quello del Lazio.
In una regione in cui si moltiplicano unità operative giorno per giorno - considero positivo che il piano di rientro lo ricordi -, nella mia regione è stata istituita negli anni passati perfino una unità operativa complessa («complessa» per clientele e per altro) di neurofisiopatologia, che credo non esista neanche a Milano.
Penso che non sia stata fatta la riprogrammazione ospedaliera nel momento giusto perché si spende più in ospedale e meno nel territorio. Su ciò dobbiamo essere assolutamente tutti d'accordo perché è facile spendere in ospedale. Dobbiamo assolutamente puntare alla riqualificazione ospedaliera; questo piano di rientro obbliga le regioni a fare la liquidazione ospedaliera.
Scellerati provvedimenti amministrativi concernenti il personale, pagamenti senza controllo delle strutture private: li conosciamo bene quali sono i difetti di certi tipi di sanità in talune regioni. Anche la dilatazione stessa dell'accreditamento delle strutture private è stata una delle cause che ha portato a questo deficit. Nella mia regione, ad esempio, è stata istituita un'università statale con la presenza della Cattolica. Era necessario, mi domando, in un Paese come l'Italia, che ha il più alto numero di medici - la mia regione, fra l'altro, fa registrare il più alto numero di medici per regione - istituire un'università con la presenza di un istituto come la Pag. 24Cattolica, uno dei migliori istituti europei, che poteva benissimo formare i medici che servivano?
Non parliamo, signor sottosegretario, di quanto avviene in altre regioni. Voglio anche avvertire, facendo parte della Commissione parlamentare antimafia ed avendo ascoltato certi discorsi, che la criminalità organizzata, anche quella dei colletti bianchi, in alcune regioni si è impadronita della sanità. Bande di affaristi stanno nel campo della sanità perché è uno dei settori che fa registrare una delle spese più alte: ordinariamente i due terzi del bilancio della regione sono devoluti alla sanità. Per tale motivo, ritengo meritoria l'azione del Governo.
Pur avendo qualche dubbio su alcuni commi, credo che questo nuovo metodo del Governo - devo farvi i complimenti - preveda soprattutto la riscoperta della concertazione.
È stato fatto un patto, cioè non è stato messo un livello di potere contro un altro, ma è stato concordato ad un tavolo il percorso da seguire e credo che all'unanimità le regioni abbiano accettato la quantificazione del fondo nel patto sulla salute firmato a settembre. Come pure va ricordato oggi che per la prima volta si utilizzeranno i fondi europei per proseguire le strutture previste nell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 ed altre iniziative di questo genere. Mi sembra un dato assolutamente importante: ecco il motivo dell'aumento del Fondo sanitario, questo stanziamento straordinario di tre miliardi di euro, le liste di attesa. Sono tutti provvedimenti concordati al tavolo della concertazione. Ecco perché credo che non sia giusto strumentalizzare questo dibattito, andare ad affondare il coltello in certe piaghe. Ecco perché ci vuole collaborazione istituzionale, amici.
Ma io dico, e parlo con dati di fatto rivolgendomi all'amico Garavaglia (con il quale abbiamo parlato tante volte e che ha anche letto ultimamente un mio articolo critico al presidente della mia regione), che quello che stiamo discutendo è un provvedimento federalista. Se due regioni fuggono, cioè dicono che utilizzeranno i loro soldi per poter ripianare il deficit, vuol dire che si tratta di uno di quei provvedimenti che usa la mannaia, usa la bacchetta verso determinate regioni. Questo decreto-legge , unito al provvedimento prossimo di attuazione dell'articolo 117 della Costituzione, con l'abolizione del ticket introdotta dalle Commissioni, mi sembra sia da valutare in senso positivo. Del resto, amici di centrodestra, la legge 30 dicembre 2004 n. 311, da cui parte questo provvedimento, non è certo stata approvata da questa maggioranza. Noi l'abbiamo riconfermata giustamente. Il Governo Berlusconi prima di lasciare l'incarico nell'aprile del 2006 ha diffidato tutte le regioni. Ha fatto bene perché la legge n. 311 del 2004 così stabiliva e in essa si prevede l'accordo Stato-regioni. Noi cosa abbiamo fatto in più? Bisogna riconoscere a questo Governo cosa ha fatto in più: oltre alle condizioni della legge finanziaria per il 2005, sono stati stanziati dei fondi, altrimenti le regioni sarebbero stati tutte commissariate. Questa è la verità. Va riconosciuto che in aggiunta alla legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono stati stanziati i fondi.
Cerco di ragionare, non di fare dei comizi elettorali contro i sudisti o i nordisti. Non sono un leghista del sud, per esprimermi in maniera molto chiara. Sono d'accordo, ad esempio, su alcuni provvedimenti che proponete in merito alla penalizzazione degli amministratori. È giusto che sia così: non esiste federalismo se non si penalizzano gli amministratori e non si eliminano le clientele.
Avere affermato che l'IRAP e l'IRPEF sono ai valori massimi, che tutte le tassazioni devono essere ai valori massimi obbliga le regioni a rientrare entro il 2010; credo che sia veramente una grande opera meritoria. Sono provvedimenti che si possono eventualmente correggere; ma, nel frattempo, sono questi i punti su cui dobbiamo assolutamente raggiungere un accordo.
Sulla moratoria dei pignoramenti e su altri provvedimenti di questo genere, credo che ci sia da parte della maggioranza una volontà ampiamente condivisa; dobbiamo Pag. 25raggiungere un accordo anche sul monitoraggio trimestrale. Sull'affiancamento, che poi non è altro che un commissariamento, è un'«operazione verità» quella che le regioni devono assolutamente fare. Non possono più nascondere i loro debiti! Ogni atto, già da oggi, deve essere sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze. Ciò significherebbe avere veramente introdotto un patrocinio forte ed un commissariamento di fatto per le regioni che non adempiano a tali regole.
Pertanto, credo che tale aiuto finanziario (e qui ha ragione la Lega) debba assolutamente essere transitorio. Lo dico agli amici del Governo: deve trattarsi veramente di una svolta, non più di un regalo. Deve rappresentare l'inizio di un nuovo modo di erogare servizi sanitari al nostro Paese. Amici del centrodestra, è assai rilevante aver inserito nel patto di rientro, come prima condizione inderogabile, che le regioni devono erogare i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA). È molto importante che il Governo svolga il controllo della qualità, il controllo del servizio sanitario. Propongo - e mi assumo di tale proposta tutta la responsabilità - che il Parlamento si affianchi al Governo, con una Commissione di inchiesta, in un lavoro triennale volto a verificare come stanno operando le regioni per «rimettersi in regola».
Oggi parliamo anche dei livelli di sicurezza (LS), da tutti dimenticati. Credo sia importante che il Parlamento partecipi a tale discussione.
Non è un regalo, amici, ma l'inizio del federalismo. Quando si forniscono risorse, al tempo stesso si deve pretendere che i soggetti a cui tali risorse vengono fornite si autoresponsabilizzino. Ha ragione chi sostiene che il federalismo si traduce nel fatto che un pubblico amministratore paga in prima persona, si responsabilizza nell'esercizio delle proprie funzioni. È certamente un'impostazione differente da quella di chi afferma che tutte le imposte debbano rimanere nella regione che le esborsa. Siamo per un federalismo diverso, un federalismo solidale, nel quale le regioni ricche devono accompagnare le comunità povere.
Per tale motivo, il Governo deve essere severo nei controlli. Dunque, propongo, come ho detto, l'istituzione di una Commissione di inchiesta.
Non dobbiamo dimenticare che è nostro dovere essere vicini ai pazienti. In Assemblea si è parlato spesso degli amministratori. Credo che il provvedimento in esame sia stato proposto per essere vicini ai pazienti. Anche nelle regioni in cui la sanità è strumento di potere, è strumento di clientela, è strumento di soggiogamento della libertà dei cittadini, il paziente deve essere il vero protagonista. Chi è protetto culturalmente sceglie sempre strade alternative, ma la maggior parte dei pazienti, quando entrano nel tunnel della malattia, diventano dei cittadini deboli. Approfittare di tali situazioni, soprattutto da parte di un pubblico amministratore, è, a mio parere, un gravissimo reato, a cui dobbiamo assolutamente opporci. Non mi vergogno di proporre di metterci intorno ad un tavolo e di giungere ad un voto unanime, perché dobbiamo imboccare una strada diversa, senza strumentalismi né furbizie.
Del resto - vedo che qualcuno sorride -, tre o quattro anni fa, sono stati dati alle regioni, senza alcun criterio, 4 mila miliardi. Credo che questi fondi, concessi oggi con determinati criteri e vincoli, rendano il provvedimento in discussione meritevole di essere approvato all'unanimità.
Dobbiamo tutti dare un contributo in tal senso, perché credo che, se abbandonassimo un poco il senso esasperato di appartenenza, questo Parlamento potrebbe riscoprire l'utilità di dare all'Italia alcune riforme necessarie.
Ciò vale anche per l'esame degli emendamenti, onorevoli colleghi. Tra questi, voglio segnalare al Governo un emendamento da me presentato per il gruppo dell'Italia dei Valori, in base al quale non è detto che il piano di rientro debba essere approvato dalla giunta.
Sarebbe la prima volta che il Parlamento prescrive alle regioni che debba Pag. 26essere la giunta regionale ad approvare tale piano. Dobbiamo rispettare le autonomie locali, perché alcune funzioni devono essere svolte dalla giunta, altre dal consiglio. Se non erro, la stessa regione Lazio ha approvato il piano di rientro in sede di consiglio regionale. Nessun presidente di giunta è autorizzato a portare queste decisioni in giunta.
PRESIDENTE. Onorevole Astore, concluda.
GIUSEPPE ASTORE. Concludo, Presidente.
Pertanto, esaminando bene gli avvenimenti e cedendo rispetto ad un senso di appartenenza sbagliato, credo che potremmo veramente ridare al popolo italiano quella riforma, avviata negli anni Ottanta, che ha consentito di creare nel nostro paese una struttura sanitaria di buon livello (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocciardo. Ne ha facoltà.
MARIELLA BOCCIARDO. Signor Presidente, con questo decreto-legge le lancette dell'orologio legislativo ritornano indietro di quasi quindici anni al periodo in cui lo Stato si faceva carico, a piè di lista, dei debiti che le autonomie locali contraevano indiscriminatamente. I comuni spendevano al di là delle proprie risorse di bilancio, presentavano il conto e lo Stato pagava.
Questo gioco aveva creato un meccanismo perverso di spesa incontrollata. Poi venne il 1993: una data fondamentale per la finanza pubblica. Lo Stato rivoluzionò, finalmente, il sistema contabile e diede alle autonomie locali la responsabilità della spesa per investimenti del processo di indebitamento, fornendo in cambio un contributo compensativo: l'ICI.
Prima del 1993 il ripiano delle spese fatte dalle autonomie locali al di là delle proprie possibilità finanziarie e l'assunzione da parte dello Stato dei mutui di indebitamento avevano creato forti e profonde disparità tra i comuni. Con questo sistema, infatti, venivano premiati i più spendaccioni e penalizzati i più virtuosi ed è quello che sta accadendo oggi con questo decreto-legge. È il peggiore intervento legislativo che si potesse immaginare, tra tutti gli interventi che sono stati adottati nel corso degli ultimi anni per fare fronte al grave e ricorrente problema dello sforamento, da parte delle regioni, dei limiti di spesa per il finanziamento del servizio sanitario nazionale. Alle regioni che non sono state capaci di contenere la spesa sanitaria lo Stato darà 3 miliardi di euro che saranno erogati nel 2007 per sanare i debiti accumulati dal 2001 al 2005.
Il provvedimento va a incidere su situazioni retroattive e crea quindi una scandalosa deroga legislativa alla normativa vigente secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi nella gestione sanitaria sono a carico, non dello Stato, ma delle regioni.
Su tre miliardi stanziati, due sono destinati alla regione Lazio: due terzi dell'intero stanziamento. E il miliardo rimanente come sarà distribuito? Qual è il debito reale contratto dalle regioni? A queste domande il Governo dà sempre risposte evasive.
Come se non bastasse, all'articolo 1 del decreto-legge in discussione il Senato ha aggiunto alcuni dispositivi che, se da una parte fanno tirare un sospiro di sollievo ai cattivi amministratori, dall'altra gettano nella disperazione e nel caos il sistema dei fornitori e quindi dell'indotto di impresa. Mi riferisco alla norma secondo cui le azioni esecutive nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario non possono iniziare o proseguire: vengono praticamente congelate per un anno, a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione di questo decreto-legge.
Questa disposizione, oltre ad essere in contrasto con la direttiva comunitaria 2000/35, concernente la lotta contro i ritardi nel pagamento delle obbligazioni di natura commerciale, rischia di comportare conseguenze gravissime per molte aziende che operano nel settore, creano fallimenti Pag. 27di impresa e disoccupazione. Su questo punto, qual è la posizione della sinistra? Come può condividere una norma che getta nello sconforto e nella disperazione famiglie alle prese con un'improvvisa disoccupazione provocata proprio dal Governo?
E, ancora, la riduzione, a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e sino a fine anno, della quota fissa sulla ricetta riguardante le prestazioni di specialistica ambulatoriale: non più 10, ma 3,5 euro, con quali fondi?
Vi sono profonde perplessità sulle modalità di copertura ipotizzate. È stata infatti reintrodotta, ed anzi peggiorata sensibilmente dal punto di vista finanziario, la copertura che fu già bocciata dalla sottocommissione per i pareri della Commissione bilancio del Senato. In pratica, la copertura dell'onere relativo alla cancellazione del ticket verrebbe imputata per la massima parte - 381 miliardi di euro - al fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183. L'utilizzo di parte delle risorse del fondo, nella misura indicata, potrebbe pertanto pregiudicare l'attuazione di interventi già finanziati, ma non basta!
Vi è poi l'emendamento presentato dai relatori nel corso dell'esame congiunto, alla Camera, da parte delle Commissioni bilancio e affari sociali, che cancella del tutto il ticket sulla diagnostica, ma con quali fondi? Vi è inoltre il rischio reale che, per finanziare parte di questo decreto-legge, il Governo vada ad intaccare risorse già esigue, riguardanti la ricerca sulla salute (50 milioni di euro), il fondo per la famiglia (30 milioni di euro), il fondo per le politiche giovanili (altri 30 milioni di euro). Come è ormai consuetudine, questo Governo dà con una mano e toglie con l'altra!
Nella scorsa legislatura molto è stato fatto per contenere l'espansione della spesa sanitaria regionale: sono stati conclusi una serie di accordi con le regioni; si è passati da un sistema di semplice monitoraggio e di discreto controllo della spesa regionale ad un sistema più severo di obiettivi, con la previsione di un meccanismo sanzionatorio, in caso di mancato raggiungimento del risultato, e di un meccanismo premiale, in caso di raggiungimento dello stesso.
Con questo provvedimento, invece, si dà un segnale di senso contrario: i cittadini delle regioni virtuose hanno dovuto pagare più tasse e, contemporaneamente, hanno usufruito di minori risorse statali per il servizio sanitario nazionale; mentre i cittadini delle regioni meno virtuose sono stati premiati, perché grazie a questo decreto-legge si ripianano a posteriori gli «sfondamenti» di spesa prodotti.
Ricordo, infine, che il controllo della spesa sanitaria figurava tra gli interventi da realizzare nell'ambito delle riforme strutturali, annunciate dal Governo ad inizio legislatura, mentre ora è evidente che il Governo ha rinunciato a qualunque tipo di controllo, e non solo sulla spesa sanitaria! Questo decreto-legge, a mio avviso, è incostituzionale, perché prevede disparità di trattamento tra una regione e l'altra; è deleterio per la finanza pubblica, perché regala sostanzialmente ad alcune regioni 3 miliardi di euro; è drammatico, per la sopravvivenza delle imprese fornitrici e per chi vi lavora. Mi chiedo con quale coraggio i colleghi della maggioranza possano condividere un tale provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ceccacci Rubino. Ne ha facoltà.
FIORELLA CECCACCI RUBINO. Signor Presidente, desidero esprimere tutta la mia contrarietà, tanto nella sostanza quanto nel metodo, ad un provvedimento che, già nel titolo, presenta evidenti elementi di incostituzionalità. Come hanno sostenuto i miei colleghi, la conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario è quanto mai irragionevole. Una legge, infatti, non può essere selettiva, perché lede l'articolo 3 della Pag. 28nostra Costituzione; né può essere, in questo caso, urgente, poiché disciplina il ripiano di disavanzi pregressi del settore sanitario, risalenti ad un periodo che va dal 2001 fino al 2005.
Ci troviamo davanti ad evidenti forzature e non è la prima volta: già nella legge finanziaria, la decisione di ridurre in modo selettivo il cuneo fiscale ha ottenuto la giusta riprovazione da parte dell'Unione europea, che proprio in questi giorni sta costringendo il nostro Governo a fare marcia indietro, creando disagi ai nostri imprenditori e consolidando l'immagine di incompetenza che, in più occasioni, il nostro Governo si è procurato in Europa. Crediamo che, con questo provvedimento, possa accadere lo stesso, con l'apertura anche di ulteriori contenziosi da parte di quelle regioni che, poiché virtuose, vengono ingiustamente escluse da questi aiuti di Stato.
Si tratta di una politica al rovescio, che calpesta i più elementari diritti costituzionali, come l'articolo 97 della Costituzione sul principio del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, che premia chi fa peggio, gli incapaci e i demagoghi, coloro che hanno conquistato il potere proprio con un uso facile del populismo contro coloro che, pur assumendo decisioni impopolari, hanno portato i conti della sanità in pareggio.
Bisogna attenersi ai fatti che mostrano come le regioni amministrate dal centrosinistra siano quelle che presentano i conti e gli standard di rendimento e di qualità più disastrosi e che le punte di eccellenza sono la Lombardia e il Veneto, da molti anni amministrate dal centrodestra, le quali, da diverso tempo, hanno avviato politiche di grande sacrificio sulla sanità, ma con risultati, alla lunga, vincenti.
Non è un caso che più volte anche autorevoli esponenti della società civile abbiano denunciato dei «provvedimenti mostri» come questo, resi appositamente incomprensibili e di difficile lettura, proprio per inserire, al loro interno, tutto e il contrario di tutto. Come è avvenuto per il famoso emendamento Fuda, anche in questo caso si gioca allo scaricabarile. Infatti in sede di Commissioni riunite, Bilancio e Affari sociali, il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Lettieri, ha dichiarato che, come ribadito ieri in aula dal sottosegretario di Stato per la salute Zucchelli, l'evidente ingiustizia di sottrarre fondi ai non autosufficienti, alla ricerca medica, alle politiche giovanili e alla cooperazione internazionale per coprire il «buco» del «ticket vergogna» sulla diagnostica, è stata una decisione presa al Senato contro le stesse indicazioni del Governo.
Per ovviare ai propri errori il Governo attribuisce al Parlamento le proprie responsabilità. Non dimentichiamo, tuttavia, che è stato lo stesso Governo a decidere di inserire i ticket sanitari anche contro il parere di una parte della stessa maggioranza.
Ora, a pochi mesi dal varo della finanziaria, il Governo, contraddicendo se stesso, ha deciso di abolire il ticket sulla diagnostica ambulatoriale per il 2007. Ciò solo perché ci si è resi conto in ritardo che questa tassa, paradossalmente, ha danneggiato la sanità pubblica favorendo, invece, quella privata, nell'ambito della quale i servizi diagnostici costano molto meno, creando così un ulteriore «buco» al nostro sistema già onerato.
Non mi soffermo su altri profili di incostituzionalità di questo provvedimento, che lede in modo evidente anche gli articoli 81, 117, 119 e 120 della nostra Costituzione, sui quali si è già ampiamente dibattuto in Commissione. Tuttavia, vorrei soffermarmi brevemente su un'altra evidente contraddizione: la previsione di cui all'articolo 1 del provvedimento in discussione, di sospendere, per 12 mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le azioni esecutive intraprese nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario e, per lo stesso periodo, che i debiti insoluti producono esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile. Anche in relazione a quest'ultima disposizione ritengo siano assolutamente condivisibili le critiche sollevate dei miei colleghi a tale dispositivo Pag. 29normativo, in merito ai riflessi economici che questa decisione comporterà, sia per le aziende creditrici che hanno maturato crediti non corrisposti, sia per il sistema sanitario nazionale che subirà così ulteriori aggravi di spesa con relativi contenziosi che si apriranno, anche in questo caso, in opposizione a questo provvedimento.
Pertanto, mi chiedo: se l'intento di questo decreto-legge è, come recita il titolo, un piano urgente e selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, per aiutare le regioni a rientrare dei debiti accumulati entro e non oltre il 2010, che ragione c'è, a questo punto, di congelare i crediti maturati dai soggetti privati, che al servizio pubblico hanno offerto prodotti e servizi?
Probabilmente, tutto ciò è stato deciso solo per dare la priorità alle società cooperative che operano in ambito ospedaliero. I dubbi affiorano, considerando che questa disposizione non è applicata ai crediti dei lavoratori precari e stabili, molti dei quali prestano la loro attività nelle cooperative.
È un dubbio riguardo al quale spero di essere smentita. Rinnovo quindi la mia forte contrarietà a questo provvedimento, perché è del tutto ricompreso in una pura e retrograda logica assistenzialista; esso non prevede alcun meccanismo sanzionatorio nei confronti di quegli amministratori scorretti che non raggiungono i risultati attesi, e nessun meccanismo premiale nei confronti di quegli amministratori che, viceversa, li raggiungono. In questo modo, invece, si premiano i furbi e si sanzionano i virtuosi. Per questo, il mio voto sarà contrario (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, quando in Lombardia partecipiamo a tribune politiche con rappresentanti parlamentari della maggioranza, ci viene sempre detto che a livello regionale i fondi stanziati per la ricerca non bastano, i fondi stanziati dalla regione per migliorare le infrastrutture o i servizi ferroviari sono insufficienti, che i servizi e le risorse messe a disposizione dalla regione per il comparto scolastico sono inadeguati ed insufficienti. Dal modo di condurre la politica e di fare le osservazioni da parte dei rappresentanti parlamentari di questa maggioranza in Lombardia si deduce, con questo provvedimento, quale sia la loro reale convinzione sui problemi della gente e dei lombardi: fate semplicemente demagogia senza neanche credere in quello che dite! Se poi il Governo invece di chiacchierare mi ascoltasse, ne sarei felice.
Detto questo, qual è il problema? Facciamo una piccola cronistoria. Quando la regione Lazio - citiamo tale regione non a caso: è facile dire che il provvedimento riguarda più regioni, ma ricordiamoci, e non prendiamoci in giro, per favore, che più del 70 per cento dei 3 miliardi di euro stanziati in questo provvedimento sono destinati alla regione Lazio - si è svegliata e si è accorta di avere questo «buco», questa gestione che produceva un disavanzo sulla spesa sanitaria, cosa ha fatto? Si è rivolta alla Cassa depositi e prestiti - che, per intenderci e per semplificare, per quei pochissimi che ci ascoltano fuori da quest'aula, è la banca degli enti locali - e ha detto: senti, cara «banca degli enti locali», io ho un «buco» sulla spesa corrente, mi presti i soldi? Sfido un normale cittadino, o una qualsiasi famiglia, o ancora una qualsiasi impresa a rivolgersi ad una banca e dire: senti, io ho un «buco» che mi si forma sulla spesa corrente: mi presti i soldi? La banca non solo non presterà i soldi, ma chiamerà anche il manicomio!
Il bello è stato, poi, che la regione Lazio è andata a piangere dal Governo. Per quale motivo? Facendo un'annotazione di carattere politico, noi ci permettiamo di dire - a buona ragione - che sono andati a piangere dal Governo evidentemente perché il «padrone» della regione Lazio - cioè il signor Veltroni - ha alzato il telefono e ha detto al suo fedele amico Marrazzo: vedi di non mettere il ticket, al contrario di quanto è stato fatto nelle altre Pag. 30regioni per trovare le risorse, perché io, Veltroni, auspico di diventare il futuro capo del centrosinistra, possibilmente «facendo le scarpe» a Prodi che è un incapace, perché questo è quello che è successo!
Quindi, nella regione Lazio si è deciso di non introdurre il ticket perché il signor Veltroni ha le sue velleità. Ma il paradosso - che noi denunciamo con forza - è che nelle altre regioni il ticket è stato introdotto. Nelle altre regioni le prestazioni sanitarie si pagano perché ogni regione deve fare i conti con la propria spesa sanitaria, com'è elementare che sia e com'è di comune buon senso. Il risultato è che i cittadini della regione Lombardia, i lombardi, oggi pagano il ticket a fronte del fatto che invece nella regione Lazio, per i romani, il ticket si è deciso di non introdurlo. Poi, lo Stato prende i soldi, pagati dai lombardi attraverso altre imposte, e stabilisce di ripianare i conti della regione Lazio, perché a Roma Veltroni ha deciso di non far pagare il ticket. Ciò è assolutamente spaventoso e noi lo denunceremo con forza in tutto il nord, visto che le regioni del nord sono quelle virtuose.
Denunciamo inoltre che il provvedimento in esame è incostituzionale, poiché lede il principio di eguaglianza. In proposito, poiché qualcuno ha la memoria un po' corta, voglio ricordare che la maggioranza ha già ampiamente violato tale principio con la legge finanziaria per l'anno 2007, peraltro con riferimento ad un aspetto che dovrebbe essere particolarmente caro alla sinistra: i finanziamenti alla scuola. Come ha denunciato per primo il mio caro amico onorevole Filippi, infatti, con tale legge, la maggioranza ha destinato 4 euro per ogni studente lombardo, a fronte dei 32 che arrivano ad ogni studente campano (per quelli veneti si è intorno ai 6 euro e per quelli liguri intorno ai 5,5). È stata questa una previsione che non esiterei a definire razzista - nel vero senso della parola - contro gli studenti del nord, in barba ad ogni elementare forma di eguaglianza. Gli studenti lombardi non chiedono di essere migliori: chiedono soltanto di essere trattati allo stesso modo in cui vengono trattati studenti delle altre aree del Paese.
A questa palese diseguaglianza perpetrata con la legge finanziaria a danno degli studenti del nord (e lombardi in primis) oggi se ne aggiunge un'altra che va a colpire coloro che hanno bisogno di curarsi, e dunque le fasce più deboli del nord e in particolare della Lombardia. La regione Lombardia, infatti, viene costretta ad introdurre il ticket per garantire il pareggio del bilancio regionale, laddove ad altre parti del Paese, il Lazio in primis, non viene fatto pagare assolutamente nulla.
Cito la Lombardia innanzi tutto perché sono lombardo, ma anche per sottolineare un altro aspetto. Come sapete, all'interno del sistema delle risorse sanitarie, una parte importante è giocata dal fondo perequativo. A tale fondo, nell'anno 2003, la sola Lombardia ha contribuito con una devoluzione - il contributo di solidarietà, tanto per capirci - pari al 54,89 per cento del totale (la percentuale è stata del 55,07 per cento nel 2002 e del 51,17 per cento nel 2004). Se si sommano le devoluzioni provenienti da Lombardia, Piemonte e Veneto, queste tre regioni padane contribuiscono al fondo per il 74 per cento; e se si aggiunge l'Emilia Romagna, si arriva all'88 per cento!
Dico questo perché - come altri prima di me hanno giustamente ricordato - la regione Lombardia ha presentato ricorso contro il provvedimento in esame, che è discriminatorio nei confronti di coloro che ben amministrano e danno buoni servizi. Deve essere però chiaro che tale ricorso non basta: noi chiediamo che la Lombardia non partecipi più al finanziamento del fondo perequativo! Non è accettabile che, quando i lombardi pagano, altri si portano a casa i loro soldi senza dar loro servizi, mentre quando vi è carenza di risorse si chiede ai lombardi semplicemente di aumentare le tasse, soprattutto quelle locali (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)! Ciò a differenza di quel che accade per la città di Roma e per il Lazio - signor Veltroni - che invece possono fare tutte le spese che vogliono, Pag. 31senza doversi preoccupare di far quadrare il bilancio, perché poi interviene la maggioranza di Governo a regalare loro i soldi!
Chiediamo dunque che la Lombardia non finanzi più il fondo perequativo, e che si reperiscano in altro modo le risorse necessarie, poiché siamo stanchi di dover far pagare i nostri anziani, i nostri portatori di handicap, e tutte le fasce più deboli della nostra società che necessitano di servizi sanitari solo perché vi sono alcuni che sono incapaci di gestire la spesa pubblica sul proprio territorio (e probabilmente lo fanno per fini elettorali).
Quando poi ci si dice che quello previsto nel provvedimento in esame è un prestito, e che vi è un piano di ammortamento, viene da dire: va bene prendersi in giro, ma a tutto c'è un limite! Un piano d'ammortamento trentennale - lo sapete bene, come lo sappiamo anche noi - non vuol dire nulla: una delle prossime finanziarie, infatti, conterrà un bel rigo che disporrà che il fondo destinato ad essere ripagato attraverso l'ammortamento dalla regione Lazio (perché ricordiamo che al Lazio sono destinati quasi tutti i 3 miliardi che il decreto-legge intende attribuire alle regioni male amministrate!) viene cancellato.
Quindi, non potete raccontarci che si tratta di un mutuo, di un prestito, perché la storia del nostro Paese è costellata da provvedimenti di questo tipo, grazie ai quali i debiti di chi ha gestito male la cosa pubblica vengono cancellati da un giorno all'altro, alla faccia di chi ha ben lavorato, amministrato ed erogato servizi! Prima di me ha parlato l'onorevole Astore, che osservava giustamente che i cittadini del sud vanno a farsi curare nelle regioni settentrionali. Questo non attenua quanto stiamo dicendo, anzi, lo rafforza! È ancora peggio! Vuole dire che questi amministratori, nonostante abbiano fatto dei buchi di bilancio incredibili, non sono neanche riusciti ad offrire dei servizi minimi per curare i propri cittadini. Questa è una circostanza che aggrava ancora di più il senso del provvedimento che state portando avanti, di questo decreto-legge che volete convertire in legge.
Quando poi ci raccontate che vi è un'assunzione di autonomia inderogabile e di responsabilità di bilancio da parte delle regioni, sia nell'utilizzo di eventuali maggiori risorse liberate da efficientamenti del sistema sanitario regionale, sia nell'adozione di misure di ripristino dei disavanzi, si tratta di belle parole, di belle promesse, ma sappiamo benissimo - se non volete credere a me, basta leggere quello che è successo negli anni passati - che restano delle belle frasette su pezzi di carta, che non trovano poi corrispondenza nei fatti concreti.
Dovete andare davanti all'opinione pubblica delle regioni del nord, delle regioni padane e dei lombardi in primis, che da soli contribuiscono a circa il 55 per cento del fondo perequativo sanitario nazionale, a raccontare perché essi devono pagare mentre a Roma non si paga!
Questo è il quesito, questo è ciò che noi, come Lega, denunciamo, e questo è il motivo per cui facciamo un ostruzionismo ferreo e determinato sul provvedimento in esame.
Proprio ora che ci avviciniamo alla campagna elettorale per le amministrative - io sono di Monza, dove il sindaco della vostra maggioranza tra pochi giorni farà le valigie e andrà in vacanza per almeno 5 anni, ma anche per 10 o 15 anni se continuerete ad adottare provvedimenti di questo tipo - noi denunceremo con forza simili provvedimenti (questo, in particolare, che ha delle connotazioni assolutamente razziste verso la gente del nord). Faremo una campagna elettorale ricordando a tutti quali sono i parlamentari del nord, eletti nel centrosinistra, che hanno votato questo provvedimento.
KATIA ZANOTTI. Bravo! Bravo!
PAOLO GRIMOLDI. Questo provvedimento, infatti, discrimina gli elettori di sinistra del nord; gli elettori di sinistra lombardi devono sapere chi è che prende i voti raccontando barzellette in Lombardia Pag. 32e poi viene qui e vota un provvedimento per finanziare la campagna elettorale prossima ventura del signor Veltroni e del suo scudiero Marrazzo!
La Lega si oppone e farà la sua battaglia, anche a livello regionale, attivando l'istituzione regionale lombarda per non pagare più questo fondo perequativo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ceroni. Ne ha facoltà.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la necessità di affrontare l'emergenza della copertura dei deficit prodotti da alcune regioni nella gestione del servizio sanitario avrebbe potuto essere un'occasione propizia per aprire una discussione franca e serena, bipartisan se volete, innanzitutto sul funzionamento del Servizio sanitario nazionale, sempre più spesso alla ribalta della cronaca per casi di malasanità, e, successivamente, sul finanziamento, per trovare una soluzione al fine di evitare la ricorrente problematica dello sfondamento dei limiti di disponibilità delle risorse da parte delle regioni.
In relazione al funzionamento, una recente indagine internazionale ha messo a confronto i sistemi sanitari di vari paesi europei, rivelando che l'80 per cento degli italiani si dichiara insoddisfatto della qualità delle prestazioni sanitarie e giudica inaccettabili i tempi di attesa per accedere ad esami e prestazioni specialistiche, mentre il 64 per cento degli italiani ritiene che il sistema sanitario italiano abbia bisogno di una riforma urgente.
Tuttavia, possiamo convenire sul fatto che il servizio sanitario italiano presenta un livello di qualità che varia da regione a regione, addirittura diverso all'interno della stessa regione. In altri termini, non tutti i cittadini possono godere di un servizio della stessa qualità: da questo punto di vista, quindi, è necessario ed urgente intervenire per operare un riequilibrio.
Per quanto riguarda, invece, i criteri di finanziamento della spesa, essi sono stati modificati dal decreto legislativo n. 56 del 2000. Inoltre, prima il Governo Amato, il 3 agosto 2000, e poi il Governo Berlusconi, l'8 agosto 2001, hanno stipulato un accordo con le regioni al fine di responsabilizzarle maggiormente nella spesa, stabilendo un livello di finanziamento necessario a garantire i livelli essenziali di assistenza, ma lasciando a carico delle regioni la spesa derivante da prestazioni aggiuntive ovvero da inefficienze e inappropriatezze.
Con il provvedimento all'esame si intende ripianare i debiti che alcune regioni hanno accumulato dal 2001 al 2005, facendo «carta straccia» del decreto legislativo n. 56 del 2000, dell'accordo Amato del 3 agosto 2000, dell'accordo Berlusconi dell'8 agosto 2001, dell'intesa del 23 marzo 2005 e del patto per la salute del 28 settembre 2006.
Il relatore Piro, nel suo intervento, ha sostenuto che le risorse previste dal Fondo sanitario nazionale negli ultimi cinque anni sono state insufficienti; di conseguenza, le regioni avrebbero prodotto deficit che oggi dobbiamo risanare (concetto peraltro espresso anche da altri oratori).
Tale argomentazione risulta del tutto insostenibile. Caro onorevole, le risorse non sono illimitate - e voi che siete forza di Governo avete il dovere di dirlo -, ma esiste un limite alla loro disponibilità. Il Governo precedente aveva messo a disposizione delle regioni una buona quantità di risorse: dubito che il Governo attuale saprà fare meglio.
L'Istat ha pubblicato, il 22 febbraio 2007, le spese delle amministrazioni pubbliche per funzioni relativamente agli anni 1990-2005. Da tale tabella si può ricavare che nel 1990 la spesa sanitaria incideva per il 6,2 per cento del PIL. La stessa spesa ha poi avuto una progressiva riduzione, precipitando intorno al 5,6 per cento del PIL negli anni del centrosinistra al Governo, per poi risalire di anno in anno, con il Governo Berlusconi, fino al 6,8 per cento del PIL nel 2005.
Il Governo Berlusconi ha destinato al Servizio sanitario nazionale una quantità di risorse come mai era avvenuto in passato, Pag. 33sia in valore assoluto sia in termini percentuali rispetto al PIL (come risulta dalla documentazione da voi fornita per approfondire il provvedimento al nostro esame).
Non mi pare che il Governo in carica voglia fare altrettanto. D'altra parte, il Presidente del Consiglio e il ministro Padoa Schioppa sostengono, nel DPEF per gli anni 2007-2011, che la dimensione dello squilibrio dei conti pubblici rende indispensabile intervenire in maniera strutturale sulla spesa pubblica nei quattro grandi comparti: sistema pensionistico, servizio sanitario, amministrazioni pubbliche, finanze degli enti decentrati. Se ciò che avete stabilito nel DPEF ha un senso, non mi pare che abbiate intenzione di destinare maggiori risorse al servizio sanitario. Nella recente relazione economica sullo stato del paese si parla di una riduzione, già da quest'anno, della quota di PIL destinata alla sanità di almeno lo 0,1 per cento.
Le regioni dispongono, a mio giudizio, di una quantità di risorse sufficienti al funzionamento del servizio sanitario. Mentre, però, alcune regioni hanno avuto il coraggio di adottare i provvedimenti necessari per conseguire il pareggio dei bilanci, approvando misure strutturali di riduzione della spesa (questa è la verità!), altre, pur registrando disavanzi, hanno adottato misure fiscali per aumentare le entrate necessarie a condurre in pareggio i conti.
Le regioni oggetto di questo provvedimento non hanno adottato misure strutturali di contenimento della spesa nè misure fiscali di aumento delle entrate ed oggi, con la compiacenza del Governo, «battono cassa» e chiedono aiuto.
È indubbio che il servizio sanitario rappresenti la più importante leva a disposizione delle regioni per gestire il potere. La sanità impegna oramai l'80 per cento dei bilanci regionali e rappresenta la migliore opportunità per soddisfare le esigenze delle clientele, ad esempio, nelle assunzioni e negli appalti per la fornitura di beni e di servizi.
Perseguire una politica di efficienza, efficacia ed economicità del servizio costa caro in termini di voti (ne sa qualcosa il collega Fitto); per tale motivo, alcuni governatori preferiscono continuare a produrre debiti, perchè tanto, alla fine, qualcuno li pagherà.
Il provvedimento in oggetto presenta numerosi profili di incostituzionalità, tanto che la regione Lombardia e la regione Veneto hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale. Tali ricorsi sono pienamente condivisibili ed evidenziano la violazione degli articoli 3, 32, 97, 117 e 119 della Costituzione, come hanno richiamato alcuni colleghi che mi hanno preceduto. Mi limito a ricordare l'ultimo comma dell'articolo 119 della Costituzione, secondo il quale i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.
La spesa sanitaria, come affermava il collega del gruppo della Lega Nord Padania, è una spesa corrente e non certamente un investimento, come, ad esempio, la realizzazione di una strada, un ponte, una scuola, un nuovo ospedale. Non c'entra nulla quella disposizione che finanzia le strutture ospedaliere; non si possono contrarre mutui per coprire la spesa corrente! Questo principio costituzionale, da sempre presente nell'ordinamento giuridico degli enti locali, è stato inserito da voi nella riforma costituzionale del 2001.
Con quale diritto andiamo a caricare sulle spalle delle future generazioni un debito per un servizio che, se gestito in maniera corretta e razionale, avrebbe potuto essere coperto con i fondi disponibili?
Accenno brevemente alla questione dei ticket che avete introdotto con la legge finanziaria di quest'anno e che con il provvedimento in esame avete ridotto da 10 a 3,5 euro; disposizione successivamente eliminata in sede di Commissione.
Anche su ciò dimostrate una grande confusione (la collega Gardini ha fatto la cronistoria delle vostre proposte): se la sanità funziona, se il cittadino non deve aspettare mesi per poter accedere ad una prestazione diagnostica o alle prestazioni Pag. 34specialistiche, se la qualità delle prestazioni è adeguata, i cittadini sono disponibili a partecipare alla spesa. Naturalmente, bisogna esentare le categorie più deboli e quelle che non possono pagare il ticket, ma in tale situazione sono contrari a pagare anche un solo euro, perché sono stanchi di pagare tre volte per la stessa cosa (una volta con il fondo sanitario nazionale, una volta con le addizionali IRPEF ed IRAP a livello regionale e un'altra volta con il ticket) unicamente a causa del malgoverno e degli sprechi di denaro pubblico sotto gli occhi di tutti.
Mi limito a definire sconcertanti le disposizioni volte ad inibire per un periodo di 12 mesi le azioni esecutive relative ai debiti nei confronti dei soggetti debitori, nonché ad impedire l'efficacia degli atti di pignoramento, anche già eseguiti. Si tratta di norme da paese sudamericano, non certo di norme di un paese che appartiene all'Unione europea.
Per concludere, è evidente che nel nostro Paese vi sono regioni modello che offrono un servizio sanitario di qualità, efficiente ed economico, come la Lombardia, il Veneto e (se volete) alcune regioni «rosse» che, attraverso un'imposizione fiscale ragionevole, hanno bilanci in pareggio. Vi sono però altre regioni, come il Lazio, la Campania, la Puglia che da sole producono il 70 per cento del deficit complessivo del settore.
È emblematico il caso della regione Lazio che, con 1800 milioni di euro di deficit, ha la spudoratezza di abolire il ticket sulla farmaceutica, che è una delle cause dello sforamento dei conti. E adesso i cittadini di tutta Italia devono pagare per ripianare i debiti accumulati da Marrazzo!
La regione Marche (mi dispiace che non sia presente il collega Vannucci, del quale ho letto l'intervento) non ha adottato alcuna riforma strutturale del Servizio sanitario nazionale; ha soltanto aumentato le tasse: 1500 miliardi di vecchie lire pagati in più dai cittadini di tale regione negli ultimi cinque anni. L'addizionale IRPEF è stata fissata non dell'1,4, ma addirittura del 4,5 per cento in più (misura precipitosamente ritirata dopo alcuni anni di applicazione a seguito del ricorso alla Corte Costituzionale).
La regione Marche continua a produrre disavanzi, perché ha fatto 5 mila assunzioni inutili. Non è infatti pensabile che, dopo aver appaltato i servizi, si continui ad assumere - mentre l'appalto dovrebbe comportare la riduzione del personale - e che adesso, per far quadrare i conti, si venda il patrimonio. Questo è l'oggetto della polemica di questi giorni tra il governatore Spacca e il sindaco diessino di Ancona, essendo stato venduto l'ospedale al fine di ripianare i debiti.
Con questo provvedimento, siamo dunque al paradosso. Infatti, non possono accedere a queste risorse le regioni che hanno applicato una politica più rigorosa nella gestione del servizio sanitario, che hanno adottato aliquote IRAP e IRPEF aggiuntive, che hanno introdotto i ticket sulla spesa farmaceutica e sulle prestazioni.
La situazione avrebbe consigliato l'adozione di provvedimenti esemplari nei confronti dei responsabili di questa situazione incredibile, anziché il ripiano dei debiti pregressi. Sarebbero risultate più opportune misure di carattere regolamentare per rendere più chiari i bilanci e più trasparenti gli appalti di beni e servizi, nei quali spesso si annidano la corruzione e il malaffare. Sarebbe stato più utile un provvedimento per mettere sotto controllo l'operato di quelle regioni in cui la destinazione delle risorse è difforme dai parametri medi e dove la sanità non viene utilizzata per la cura della salute del cittadino, ma come ufficio di collocamento per «sistemare» gli amici, gli amici degli amici e i parenti.
Senza un intervento di buonsenso, volto a rimuovere alla radice le cause di questa situazione, a fine anno ci ritroveremo nella stessa situazione e dovremo adottare analoghi provvedimenti di ripiano del deficit. Vi è anche da considerare che nei bilanci delle regioni sono occultate montagne di disavanzo. Magari i deficit fossero Pag. 35questi! Con i trucchi contabili si nascondono nelle carte contabili miliardi di vecchie lire di passivo!
Se abbiamo a cuore gli interessi di questo Paese, dobbiamo cambiare strada. Non possiamo continuare a premiare chi si comporta irresponsabilmente. Il caso della regione Campania è oramai un esempio negativo a livello internazionale, per le condizioni di insicurezza in cui vivono i cittadini a causa della continua emergenza nel settore dei rifiuti e per il deficit sanitario. Gli amministratori incapaci, per quanto blasonati, è ora che vadano a fare un altro mestiere! Abbiate il coraggio di dirglielo!
La magistratura apra gli occhi e intervenga senza timore, senza condizionamenti politici, perché dietro queste situazioni di degrado si nascondono gravi reati penali (mi fa piacere che nel suo intervento lo abbia sostenuto anche l'onorevole Cancrini, del gruppo dei Comunisti Italiani).
Le ragioni esposte giustificano la nostra contrarietà al provvedimento in esame, che rappresenta un segnale negativo per chi gestisce la cosa pubblica con serietà, onestà e senso di responsabilità. Questo provvedimento rende sempre più profondo il fossato che il Governo Prodi sta scavando tra sé e il Paese reale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, questo provvedimento testimonia come il nostro Stato non possa essere considerato serio, ma giustamente venga considerato uno Stato da operetta. In un Paese normale chi non è in grado di amministrare se ne va a casa. In un Paese normale chi non è in grado di spendere il denaro pubblico e lo sperpera viene messo sotto accusa. In un Paese normale chi fa politica assistenziale invece di badare agli interessi dei cittadini, se ne assume le responsabilità. In questo Stato chi si comporta in questo modo viene premiato ed è quello che voi state per fare con questo provvedimento.
Signor Presidente, rappresentanti del Governo e colleghi, nella provincia di Novara, di cui sono originario, la vostra presidente della regione Mercedes Bresso, che è ritenuta una manager della politica, vuole chiudere il piccolo, ma importante, ospedale di Galliate. Nella provincia di Novara c'è bisogno di un nuovo ospedale, perché l'attuale nosocomio ha una struttura di eccellenza situata nel centro della città e ha bisogno di nuove strutture.
Ebbene, l'ospedale di Galliate è stato chiuso; la presidente Bresso ne ha disposto la chiusura e l'accorpamento con un'altra struttura, perché la regione Piemonte non aveva i soldi sufficienti per mantenerlo aperto! Il nuovo ospedale di Novara non è stato ancora realizzato, perché la regione Piemonte non ha i soldi per poterlo costruire. Dove sono finiti questi soldi? Sono finiti negli sperperi del presidente della regione Lazio (noi non guardiamo in faccia nessuno, non parliamo soltanto di Marrazzo, ma anche del suo predecessore)...
KATIA ZANOTTI. Bravo! Bravo.
ROBERTO COTA. ...e nella voragine della sanità della regione Campania.
Quando torno nel mio territorio mi vergogno per come viene gestita la sanità. Mi vergogno, ma so di avere la coscienza a posto, perché appartengo a un movimento politico che ha sempre sostenuto questa battaglia, che ha sempre lottato contro l'assistenzialismo, che ha sempre cercato di trasformare questo Stato da operetta in uno Stato federale, dove tutti si dovrebbero assumere le proprie responsabilità! Ma voi colleghi parlamentari della sinistra, che siete stati eletti nel mio come in altri territori, dovreste vergognarvi di tornare nei vostri collegi dopo aver votato un simile provvedimento!
Perché avvengono simili cose? Perché oggi dovete andare a ripianare questo deficit? Sicuramente perché abbiamo avuto a che fare con una categoria di amministratori pubblici incapaci, non vi è un altro termine per poterli definire. Quando si crea un buco di 11 miliardi di Pag. 36euro, ovvero ventimila miliardi di vecchie lire - pari alla manovra finanziaria di uno Stato di medie dimensioni -, abbiamo a che fare con qualcuno che non è stato capace di svolgere il proprio lavoro di governatore e di presidente di regione. Lo stesso possiamo dire con riferimento ad altre regioni, per esempio alla Campania.
Tuttavia, ciò è potuto accadere non soltanto a causa dell'incapacità degli amministratori locali, ma anche perché questi presidenti di regione sono politicamente irresponsabili; non esiste un sistema che responsabilizza chi governa. Se ci fosse stato il federalismo vero, questo non sarebbe successo. Se ci fosse stato il federalismo, oggi non potrebbe pagare Pantalone, come sempre accade (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se ci fosse stato il federalismo, questi presidenti di regione sarebbero andati a casa; nella mia provincia sarebbe rimasto aperto il piccolo ospedale di Galliate e nella mia città avremmo già l'ospedale nuovo. Invece, questo non è stato possibile, perché non c'è il federalismo!
Allora, capisco anche, membri del Governo e colleghi, perché il referendum non sia passato. Capisco perché il referendum non sia passato nelle regioni del sud! Certo, perché se fossero passati il referendum e il federalismo, la cuccagna sarebbe certamente finita! Certamente le cose sarebbero andate in questa maniera. Però vi invito a considerare che questo modo di procedere, questo Stato che non si riforma porterà verso il baratro. Ciò avverrà, perché di questo sperpero di soldi pubblici, in assenza di servizi efficienti, sono stufi non soltanto i cittadini del nord, ma anche i cittadini del sud.
Occorre sicuramente mettere in luce anche un altro aspetto: la responsabilizzazione degli amministratori locali e le modalità con cui vengono spesi i soldi pubblici dovrebbero stare a cuore a tutti!
Vorrei anche, da piemontese, fare un ragionamento entrando un po' più nel merito del decreto-legge in esame, perché il Piemonte e il Veneto sono due regioni andate in disavanzo nel 2006 ed oggi non concorrono al riparto delle somme che vengono stanziate con questo provvedimento. Infatti, il provvedimento, oltre ad essere una schifezza per come è stato predisposto, è stato adottato proprio per penalizzare alcune regioni e per premiare quelle che non si sono messe in regola.
Il Piemonte ed il Veneto hanno coperto il disavanzo con un sistema di imposizione fiscale, cioè hanno aumentato le imposte e ne hanno introdotte nuove e, attraverso questo meccanismo, sono riusciti a coprire il disavanzo. Invece, chi se ne è fregato bellamente, magari pensando di assumere «super consulenti», pagati decine di migliaia di euro al mese, come è stato più volte denunciato nella regione Campania, l'ha fatta franca.
La Lega certamente farà opposizione contro questo provvedimento - non so quanti altri gruppi ci seguiranno in questa scelta - perché pensiamo che così non si possa andare avanti. Questo decreto-legge è veramente una schifezza. È una schifezza come l'immondizia che i vostri amministratori lasciano nelle strade di Napoli. È la stessa cosa, è lo stesso modo di procedere: senza il federalismo succede questo! Senza il federalismo succede così nella sanità, come nella gestione dei rifiuti. Noi siamo stufi di soffrire e di pagare anche perché la mucca che è rappresentata dal Nord, dalla Padania, ormai sta per esaurire il latte. La gente è stufa di questo modo di procedere: penso però che vi ripagherà nel modo giusto, soprattutto nella cabina elettorale, alle prossime elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Giuseppe Fini)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, tutte le volte che in quest'aula ci avviciniamo alla discussione e all'approvazione di una legge ci chiediamo - almeno se lo chiede chi di noi cerca di rappresentare qualcosa - quale è la ratio del provvedimento che stiamo esaminando. Allora, devo dire, rivolgendomi al sottosegretario Lettieri e al sottosegretario Zucchelli, che Pag. 37la ratio di questo provvedimento è assolutamente chiara. Questo provvedimento infrange almeno cinque articoli della Costituzione e ci domandiamo come mai sia stato firmato ed oggi sia in discussione. Questo provvedimento dice sostanzialmente che amministrare bene la cosa pubblica non serve a nulla. Il messaggio che lancerà la Camera approvandolo è il seguente: chi in questi anni ha chiuso ospedali, ha ridotto reparti, ha cercato di portare in pareggio il bilancio della sanità di una regione, ha sbagliato. Ha fatto bene chi in questi anni non ha assolutamente guardato i conti economici e ha amministrato la sanità come se fosse una sinecura creando debiti enormi (3 miliardi di euro, ossia 6 mila miliardi di lire, dati ad alcune regioni e ad alcuni cittadini, in sfregio a tutte le altre regioni e a tutti gli altri cittadini). Ma qual è il merito per cui un cittadino laziale o della Campania riceverà questi soldi? La questione riguarda i loro amministratori: che siano o che fossero di centrodestra o di centrosinistra non è in discussione. Infatti, la Campania è sempre stata amministrata dal centrosinistra, mentre il Lazio non è sempre stato amministrato dal centrosinistra. Dobbiamo allora porci il problema: i cittadini laziali o campani hanno dei diritti in più rispetto ai cittadini che rappresento io o a quelli di Mantova che rappresenta lei, sottosegretario Lettieri?
Come facciamo a votare un provvedimento che palesemente va contro gli interessi dei cittadini e contro la Costituzione? Per quale motivo lo Stato decide di regalare 3 miliardi di euro a chi ha dato come esempio soltanto quello di non essere in grado di amministrare la cosa pubblica?
Noi dobbiamo porci queste domande! E le vorrei porre anche ai parlamentari eletti in Piemonte, che mi dispiace che non siano in aula. Sono piemontese e, a mie spese, farò pubblicare su tutti i giornali del Piemonte i nomi dei parlamentari piemontesi del centrosinistra, che votando questa legge faranno sì che ogni cittadino piemontese si troverà 232 euro in più di tasse da pagare, in favore di cittadini di altre regioni che hanno avuto il merito di avere presidenti di regione che hanno prodotto buchi colossali nella sanità (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania). Vorrei anche che la stessa iniziativa venisse assunta in Veneto, in Lombardia, in Puglia - mi rivolgo al sottosegretario Lettieri - e in Basilicata. Auspico inoltre che i colleghi parlamentari che voteranno a favore del provvedimento ci spiegassero perché tutelano non i diritti di tutti i cittadini, ma i diritti di alcuni cittadini.
Non abbiamo mai accettato e non accettiamo lezioni di solidarietà. Ma questa non è solidarietà. Con questo provvedimento calpestiamo le basi su cui si regge una Nazione. Lo Stato non può premiare chi amministra malamente la cosa pubblica, non può decidere di regalare soldi a chi li ha sprecati, non può decidere di schiaffeggiare i cittadini di destra, di sinistra e di centro, di alcune regioni, soltanto perché i loro presidenti hanno amministrato bene.
Non si può, è inaccettabile. Non capisco come il Presidente della Repubblica abbia potuto firmare questo atto. Non capisco perché alcune regioni, non inserite nel provvedimento, non abbiano ancora fatto ricorso alla Corte costituzionale: lo spiegheranno ai loro elettori.
Devo chiedere formalmente ai rappresentanti del Governo perché tutti i cittadini italiani non sono uguali. Datemi una buona motivazione. Spiegatemi perché il diritto alla salute dei cittadini che abitano a Mantova è diverso da quelli che abitano a Roma o a Napoli. Spiegatemi perché, non lo capisco! Non capisco perché per compiere questo affronto alla Costituzione si siano dovuti impegnare 3 miliardi di euro e perché un cittadino, che già si è visto aumentare le tasse per pagarsi il deficit sanitario della sua regione - ed alcune regioni l'hanno fatto e voi lo sapete - si trova a pagare l'ulteriore somma di 232 euro di tasse per quelle regioni che non hanno potuto aumentarle ai loro cittadini. Non lo capisco! Non lo capisco! La vostra fortuna - lo diceva questa mattina il collega Lupi - è che i giornali Pag. 38hanno ritenuto di non dare spazio a questa vicenda (quindi, probabilmente questo provvedimento passerà ignorato).
Sottolineo - mi dispiace che non ci siano i miei colleghi piemontesi - che in Piemonte, anche se dovessi pubblicare a mie spese un annuncio su ogni settimanale locale, tutto ciò non passerà inosservato. I nomi e i cognomi delle persone che, votando questo provvedimento, penalizzano i cittadini del Piemonte rendendoli cittadini di serie B rispetto a quelli di altre regioni, sarà noto a tutti. Infatti, è giusto che votando in questa Assemblea ci si assuma delle responsabilità. Su tale questione non posso non rivolgermi ai colleghi del centrosinistra. Come farà il collega Nannicini a spiegare ai cittadini toscani che ha deciso con questo voto di regalare soldi ad altri che non se li meritano? Così anche i colleghi di Rifondazione comunista. Le persone da tutelare ci sono in tutte le regioni, non solo in alcune.
Desidero ricordare, pur non essendo un tecnico - affinché rimanga agli atti - ai rappresentanti del Governo e ai colleghi della maggioranza, gli articoli della Costituzione che, approvando questo provvedimento, violiamo: l'articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza tra cittadini; l'articolo 119, sulla responsabilità finanziaria degli organi dello Stato e del Governo centrale; l'articolo 117, sulle competenze regionali; l'articolo 97, che sancisce il principio del buon andamento; e l'articolo 32, in quanto si reca un pregiudizio sul diritto alla salute.
Tutto ciò avviene in un solo provvedimento. Mi sembra troppo!
Così come mi sembra troppo, onorevole Lettieri, aver cercato di coprire questo provvedimento con l'abolizione del ticket, e non perché non la condivida, anche se considero estemporanea la copertura finanziaria utilizzando il FAS (tutti la troviamo estemporanea). Il motivo è un altro: essa vale solo per il 2007. Spero che i colleghi di maggioranza sappiano che non si tratta dell'abolizione del ticket, ma dell'abolizione del ticket limitata al 2007, poiché tra un mese ci sono le elezioni amministrative e il provvedimento in esame dovrebbe entrare prima. Le risorse per l'eliminazione del ticket sono sufficienti soltanto proprio in vista delle elezioni amministrative, mentre, come dovrebbe sapere la maggioranza, non sono disponibili per il 2008.
Capisco che, nel clima che si è creato in questi anni, sia difficile chiedere al Governo e a questa maggioranza un atto di serietà, ma questo provvedimento calpesta totalmente i principi su cui si fonda la nostra Repubblica. Non potete approvarlo! Sarebbe come se, in tema di giustizia, il Governo decidesse di dare un premio ad un assassino, o decidesse di rimborsare, con i soldi di chi ha pagato le tasse, un evasore totale. Ha lo stesso significato! Dando i soldi a chi ha male amministrato, calpestate i principi su cui uno Stato si regge.
È una responsabilità gravissima e mi stupisce, onorevoli colleghi, che non vi sia una persona in tutta la maggioranza - una persona, una su centinaia - che abbia la libertà di intervenire dicendo: è vero, non si può dividere l'Italia in cittadini che hanno diritti ed altri che ne hanno meno.
Alcuni di noi, a parti invertite - vedo che l'onorevole Nannicini sorride - avevano il coraggio di alzarsi e su alcuni provvedimenti affermare che erano contrari.
CESARE CAMPA. Bravo!
GUIDO CROSETTO. L'abbiamo fatto più volte. Non abbiamo mai avuto paura, io per primo. Non capisco perché non ci sia una voce in questa maggioranza che si alzi per parlare contro questa - permettetemi il termine - schifezza: è un insulto ai cittadini italiani. Vorrei soltanto che la responsabilità pesasse su di voi.
Da parte mia, lo ribadisco, invito i miei colleghi delle altre regioni, delle regioni che saranno beffate da questo decreto-legge, a farlo. Rivolgo l'invito a tutti i rappresentanti del centrosinistra che, fiducia o non fiducia, esprimeranno il loro voto favorevole sul decreto-legge in esame. (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Pag. 39Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Congratulazioni).
CESARE CAMPA. Bravo!
GIUSEPPE FINI. Bravo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Da buon osservatore dei dibattiti in aula, ne ho tratto un convincimento: quando il Governo porta all'attenzione dell'Assemblea un buon provvedimento, il ministro firmatario fa bella mostra di sé sui banchi del Governo; quando, come in questa occasione, siamo di fronte ad uno dei provvedimenti più vergognosi della storia recente del Paese, tocca ai sottosegretari.
Del resto il Ministro Turco, come il Ministro Lanzillotta e il Ministro Padoa Schioppa, impegnatissimi come sono nei dibattiti televisivi, possono essere scusati per questa assenza. Si tratta, però, di un'assenza comunque grave, perché siamo di fronte ad un provvedimento devastante che, caro collega Ceroni, uccide tutte le ansie di miglioramento e di cambiamento della stessa regione apparentemente più favorita da questa pioggia di milioni di euro, in quanto statuisce in modo definitivo che a Napoli e in Campania si debba continuare a vivere di elemosine.
Invece noi campani vorremmo un'assunzione di responsabilità, un salto di qualità morale e propositiva e certamente questo provvedimento mette ancor più in ginocchio la credibilità di un popolo che ha la sola sfortuna di essere amministrato da uomini politici «sottordine», collusi ed incapaci di effettuare un rinnovamento delle strutture amministrative e politiche della regione Campania.
Il decreto-legge in esame ci dice innanzitutto che il Governo Prodi si muove a tentoni in un comparto così importante come quello della sanità. Quattro mesi fa si son fatti pagare i ticket per le ricette della diagnostica ai cittadini; dopo quattro mesi si cambia registro, si stabilisce che i ticket non si pagano più e si prendono i soldi non da fondi che stanno lì a «sonnecchiare» inutilizzati, ma da fondi che sono stati già destinati a provvedimenti previsti da altre leggi e che, sottratti al loro cammino naturale e legale, rischiano di creare disturbi nella macchina operativa dello Stato. È questo un primo aspetto della vicenda.
L'altro aspetto importantissimo è che il ripiano di questi disavanzi contravviene all'articolo 77 della Costituzione, perché un decreto-legge può essere emanato solo se attiene a provvedimenti urgenti. In questo caso, invece, i 3 miliardi di euro servono per ripianare i disavanzi del quinquennio 2001-2005.
Un ulteriore aspetto da considerare è che il provvedimento favorisce - dico sempre, caro Ceroni, illusoriamente - la regione Campania. Il provvedimento crea una irritualità legale nei rapporti tra regione e regione e tra cittadini abitanti delle diverse regioni, poiché obbliga, lo hanno detto anche colleghi di altre formazioni politiche, i cittadini della Lombardia a pagare le spese dei cittadini della Campania.
Desidero inoltre richiamare all'attenzione dell'Assemblea che il decreto-legge in esame non tratta spese strutturali. Per le spese strutturali in Campania come in Liguria, un decreto-legge va bene. Lo Stato ha il dovere di intervenire sulle spese strutturali perché con l'accordo Stato-regioni vanno onorati i livelli essenziali di assistenza. In questo caso, invece, il surplus è determinato dalle spese superflue deliberate dalla giunta Bassolino.
Sono un cittadino campano, mi onoro di appartenere alla provincia di Salerno, che è una provincia campana. Vi voglio raccontare cosa vi succede, perché un minimo di vergogna possa disegnare di rosso le gote degli amici della sinistra, che pontificano sempre di grande rinnovamento, di aderenza ai grandi temi morali del Paese e poi crollano di fronte ai grandi e puntuali appuntamenti della storia amministrativa.Pag. 40
La regione Campania è una regione nella quale non c'è un polo di eccellenza! Se un malato di tumore maligno non prende la strada per Milano, per Brescia, per altre città del nord o dell'Europa, se la vede brutta. In Campania i soldi si spendono solo per duplicare i reparti inutili, anche per triplicarli. Si aprono reparti di ospedali che non servono a niente, perché una colica si può curare a dieci, a venti o a trenta chilometri di distanza. Ripeto: quello che mancano sono i centri e i poli di eccellenza. Sapete come sono nominati i primari, quelli che organizzano e dirigono i reparti? Mai per concorso pubblico! Mai per graduatoria di merito! Solo in base al «colore» e al peso specifico della loro tessera politica. È questa la sanità in Campania, amici della sinistra!
Voi sapete che non c'è una sola ASL in Campania nella quale venga spesa la cifra del 5 per cento della dotazione che lo Stato affida alle regioni per la prevenzione, per cui non si fanno screening né sul cancro del collo dell'utero, né sul cancro del polmone, né sul cancro del colon e, quando si fanno, per ridurre le spese sono affidati solo ai direttori di cattedra senza coinvolgere la medicina generale, il che significa che non viene raggiunta neanche una percentuale del 5 per cento della «popolazione bersaglio». Se, invece, affidassimo gli screening alla cattedra universitaria e ai medici di medicina generale, potremmo arrivare all'80, 90 per cento della «popolazione bersaglio».
La provincia di Caserta, la provincia di Salerno, hanno una grande risorsa economica nei derivati del latte di bufala; c'è una piaga però: l'animale bufalino in Campania è soggetto alla brucellosi. La regione disattende gli interventi di profilassi per eliminare la brucellosi sul proprio territorio: questo è lo stato dell'arte, per quanto concerne la profilassi nella regione Campania. Allora, concludendo, c'è veramente da mettersi le mani nei capelli.
Desidero raccontare un piccolo episodio accaduto pochi mesi fa nel tentativo di dare una stretta alla spesa farmaceutica. L'assessore alla sanità, trovata una ASL nella quale il livello raggiunto autonomamente dai medici di medicina generale era di ventisei euro a paziente al mese, mentre in un'altra ASL era di quattordici euro, non ha ordinato ai medici della ASL con la spesa maggiore di scendere a quattordici euro: ha ordinato ai medici con il livello di ventisei euro di scendere a ventuno ed ai medici con il livello di quattordici di scendere a undici.
Dirigere in tal modo la sanità è completamente da irresponsabili. Un altro aspetto devastante di questo decreto è che per legge si vuole imporre alle aziende fornitrici di beni e servizi il congelamento delle loro richieste di corresponsione dei crediti per cui verrebbero sospese tutte le relative iniziative giudiziarie.
Immaginate un'azienda che conferisce alle Asl i suoi prodotti, beni e servizi e che debba rimanere congelata per un anno nella esazione dei crediti. Quale azienda può sopportare tale «sterilizzazione» del proprio ritorno finanziario? O si tratta di una azienda della camorra, oppure di quella che sia stata favorita in una gara di appalto, in modo da realizzare lucri enormi e spropositati.
Approvare il decreto in esame, amici della maggioranza, significa mettere in ginocchio le aziende della regione Campania, o meglio, non tutte le aziende, solo quelle sane.
Significa altresì offrire un altro aiuto all'espansione delle aziende camorristiche.
Vi rendete conto della gravità di questo provvedimento?
Non tutti i provvedimenti devono essere necessariamente approvati. Cerchiamo di cambiare qualcosa, considerato che sono stati presentati emendamenti davvero propositivi e coerenti: cerchiamo di accoglierli! Non vi trincerate dietro un muro che si rivelerebbe «un muro di omertà».
La vostra immagine del resto comincia a decadere in tutta Italia, non solo nella regione Campania.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GAETANO FASOLINO. Quando, nella detta regione, a seguito della nomina di Pag. 41Bertolaso come Commissario straordinario per la raccolta dei rifiuti si arresta un suo diretto collaboratore, proposto da un ministro in carica, ditemi quale credibilità sul piano morale può conservare il centrosinistra.
PRESIDENTE. Deve concludere.
GAETANO FASOLINO. Quando il procuratore regionale della Corte dei conti, pur «bacchettando» Rosa Russo Jervolino e Bassolino in quanto, a suo dire, si riscontrano in Campania molte irregolarità contabili, afferma successivamente che le stesse sono difficilmente perseguibili, nasce il sospetto di un ben orchestrato colpo di spugna.
PRESIDENTE. Deve concludere.
GAETANO FASOLINO. Chiediamo dunque ai vari organi dello Stato di svolgere il loro dovere e la loro funzione in difesa della democrazia al di là delle conventìcole e delle difese di parte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, prendo la parola a seguito dei numerosi interventi dei colleghi del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania per ribadire la nostra contrarietà al provvedimento in esame e per denunciare la vergogna - ancora una volta, se ce ne fosse bisogno - che effettivamente rappresenta tale decreto-legge.
Proponete infatti l'ennesimo intervento dello Stato per ripianare i disavanzi creati dalle regioni in un settore molto delicato come quello della sanità.
Quando si parla della sanità bisognerebbe parlare in modo serio, coerente, corretto, di tutela della salute pubblica, di efficienza dei servizi primari resi ai cittadini. Purtroppo, invece, tante volte, quando si parla di sanità, vengono in mente gli scandali, gli sprechi, le consulenze eccessivamente onerose, i sistemi clientelari e la poca trasparenza che caratterizza le scelte compiute in un settore delicato come questo. È cronaca di questi giorni il caso di Castellaneta, con le numerose morti in ospedale. Sicuramente è in corso un'inchiesta della magistratura ed accertamenti interni anche da parte della regione. Ma quello che è accaduto è gravissimo e significa che qualcosa all'interno dei sistemi di controllo non funziona, soprattutto quando si ha a che fare con le gare d'appalto.
Ancora una volta, però, quando si parla di un bene così primario, così importante, cosa si fa? Si interviene coprendo le responsabilità. Si mette una «pezza» per far finta o per non vedere le inefficienze che inficiano il settore sanitario in molte regioni di questo strano Paese, di questo strano Stato.
Ancora una volta, oggi state legittimando un principio che dovrebbe essere bandito in uno Stato di diritto, per il quale chi sbaglia dovrebbe pagare per la propria responsabilità. Invece, purtroppo, in questo strano Paese, chi sbaglia non solo non paga, ma addirittura viene pagato.
Ho sentito gli interventi precedenti, alcuni anche dei colleghi della maggioranza, che hanno cercato di rispondere alle numerose sollecitazioni che sono venute dai banchi dell'opposizione. Vi abbiamo sollecitati, colleghi, perché voi state andando in giro, al nord soprattutto, a parlare di federalismo. Lo fate voi, in quel che resta degli ex collegi elettorali, lo fanno i vostri capi di partito, l'onorevole Fassino, lo stesso Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Federalismo: una parola di cui vi riempite la bocca, ma che il provvedimento che si discute assolutamente non rappresenta, non va in quella direzione, anzi ne è l'esatto contrario.
Vedete, il federalismo si accompagna ad un altro concetto altrettanto importante, quello della responsabilità: non c'è federalismo se non si attribuisce responsabilità. Voi invece con questo provvedimento, per l'ennesima volta, per la terza volta (perché questa è la terza regalia di Stato che avviene in soli due anni) le responsabilità andate ancora una volta a coprirle.Pag. 42
Ho sentito alcuni accorati deputati sostenere che il provvedimento rappresenterebbe la svolta, la chiave di volta del settore sanitario: ciò rappresenterebbe la vostra politica nella sanità. Ma quale svolta! Si tratta di un'altra triste, tristissima pagina del vostro modo di governare e di ingannare i cittadini, di dire delle cose nelle piazze e poi di governare, di emanare provvedimenti che vanno esattamente nella direzione contraria.
Scusi Presidente, posso avere un po' di acqua...?
PRESIDENTE. Si fermi in attesa che arrivi l'acqua. Sospendiamo il decorso del tempo, naturalmente. (Dai banchi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale si grida: Emergenza acqua! Emergenza idrica! Chiamate Pecoraro Scanio!).
CAROLINA LUSSANA. Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta si interviene per coprire l'inefficienza, e lo si fa addirittura utilizzando lo strumento del decreto-legge, violando palesemente la disposizione in materia prevista dalla nostra Costituzione.
Quando si adotta un decreto-legge, dovrebbe sussistere il requisito di urgenza, ma qui non esiste perché si vanno a ripianare disavanzi che risalgono agli anni 2002-2005; quindi, nessuna decretazione d'urgenza poteva essere giustificata. In realtà, però, voi, ancora una volta, non volete che vi sia un accertamento delle responsabilità che hanno portato a questi disavanzi e vi limitate ad un ulteriore finanziamento a pioggia, il terzo in soli due anni.
Ho sentito alcuni colleghi dell'opposizione parlare di cambiamento; qualcuno ha addirittura sostenuto la necessità dell'istituzione di una Commissione d'inchiesta, per accertare il motivo di questi sprechi e di questi disavanzi. Ebbene, onorevoli colleghi, la Lega Nord Padania ha pensato a questa possibilità prima di voi. Noi infatti abbiamo depositato una proposta di legge volta ad istituire una Commissione d'inchiesta: a questo punto, vi chiediamo di sottoscriverla e di essere uniti insieme a noi nel sostenere l'esigenza di accertare i responsabili di queste inefficienze. Speriamo che si istituisca veramente questa Commissione d'inchiesta e che essa non faccia la fine di quella che si è occupata di un'altra pseudo-emergenza, di un'altra finta emergenza di questo Paese, cioè l'emergenza rifiuti della regione Campania, dove purtroppo ancora si vogliono coprire gli ammanchi, le responsabilità pubbliche ed anche, purtroppo, le collusioni con il sistema malavitoso e dove l'annosa problematica dello smaltimento dei rifiuti non è stata risolta. Abbiamo sentito poco tempo fa il commissario Bertolaso affermare che tale emergenza potrebbe richiedere addirittura l'intervento dell'esercito.
Sono decenni che si parla di emergenza, ma nulla è stato fatto per risolvere questo problema e nessuna Commissione d'inchiesta è stata purtroppo in grado di accertare le responsabilità. Noi pensiamo che anche nel settore sanitario finirà, ancora una volta, come spesso accade in questo strano Paese, «a tarallucci e vino».
Abbiamo evidenziato le nostre perplessità sul piano politico in merito a questo provvedimento e quelle sul piano tecnico; potremmo anche continuare, perché qui non c'è solo la violazione dall'articolo 77 della Costituzione in relazione ai requisiti di necessità ed urgenza, ma anche una palese violazione del principio di eguaglianza. In questo decreto-legge, infatti, si parla di ripiano selettivo dei disavanzi sanitari pregressi, testimoniando quindi la palese discriminazione tra le numerose regioni che hanno accumulato disavanzi nel periodo 2002-2005. Tra le regioni che hanno sforato, solo alcune beneficeranno del finanziamento, proprio quelle più inefficienti, meno capaci, le quali sono destinate ad accedere ai finanziamenti straordinari statali. In tal modo, si avrà una doppia violazione del principio di eguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, che troppe volte viene citato a sproposito. Tale principio viene violato sotto il profilo dell'uguaglianza formale - tutte le regioni sono uguali dinnanzi alle legge -, ma anche sotto il profilo della Pag. 43ragionevolezza, perché è manifestamente irragionevole il criterio selettivo che viene utilizzato per regolare l'accesso delle regioni in disavanzo ai 3 miliardi di euro complessivamente disponibili.
E potremmo continuare, con la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, o con la violazione dei principi di riparto della potestà legislativa. Il novellato articolo 117 della Costituzione determina in modo chiaro e netto quale sia il riparto delle competenze in campo sanitario fra Stato e regione, e allo Stato riserva una competenza esclusiva sulla sola determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Allora, dovete spiegarci com'è possibile che si consenta allo Stato di intervenire nei confronti di alcune regioni con un finanziamento addirittura a potestà vincolata. Ciò non rientra nei compiti della Stato, come è stato segnalato da molte regioni (fra le quali è stata citata, nella Conferenza Stato-regioni, la Lombardia), che hanno presentato ricorso contro questo iniquo, ingiusto ed immorale decreto-legge, che voi oggi ci chiedete di approvare.
Mi rifaccio a molte sollecitazioni che ho sentito in Assemblea. Noi non smetteremo di denunciare la vostra incoerenza, per cui siete federalisti a parole e poi, invece, nei fatti non lo siete, giacché approvate un provvedimento assolutamente centralista come quello in esame.
Vogliamo anche sgombrare il campo da altri equivoci che si presentano, quando si parla di sanità, quando si parla di regioni povere, di regioni deboli, di regioni forti. Se si esaminano i finanziamenti delle regioni, ci si rende conto che in Italia non esistono discriminazioni per quanto riguarda la redistribuzione delle risorse. Le discriminazioni esistono, semmai, rispetto al gettito che ogni regione versa allo Stato. Si è parlato, da parte dei colleghi, del Fondo di solidarietà, del cosiddetto Fondo di perequazione: la discriminazione sta nel fatto che oltre il 55 per cento del Fondo perequativo nazionale è coperto dalla regione Lombardia! E continuate a chiamarlo Fondo di perequazione nazionale, chiamiamolo piuttosto Fondo a maggioranza qualificata della regione Lombardia, oppure Fondo perequativo della regione Lombardia, oppure assistenza assolutamente ingiustificata della regione Lombardia nei confronti del resto delle regioni d'Italia. Lo ripeto, lì è presente una discriminazione, ma non certo nella redistribuzione dei fondi.
Se oggi si considera la quota pro capite, cioè i soldi che ogni cittadino di ogni regione riceve per la sanità, si può affermare che non c'è assolutamente diseguaglianza. Si parla più o meno di 1.400 euro per ogni cittadino, in ogni regione, che viene ricevuto dallo Stato. Che cosa cambia, allora? Cambia il modo in cui tali risorse sono gestite, perché se da un lato ci sono delle regioni virtuose, come la Lombardia, che ha degli ottimi standard in campo sanitario, non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo, dall'altro vi sono delle regioni che non sanno utilizzare tali risorse, che le spendono, che producono dei «buchi» e non forniscono i servizi sanitari ai cittadini. Questi, spesso, sono costretti a fare il cosiddetto «turismo sanitario», cioè a recarsi nelle regioni del nord, per avere un'assistenza sanitaria degna di questo nome.
Cari signori, quando andavate in giro a fare campagna elettorale contro il cosiddetto referendum sulla devolution, affermando che esso avrebbe spaccato il Paese in venti sanità diverse, non tenevate conto del fatto che esso è già spaccato in venti sanità diverse! C'è la sanità efficiente, che dà servizi e paga per quelle inefficienti, che non danno servizi e per giunta sono sprecone. Tale è, purtroppo, il dato reale del Paese. Ciò ci richiama, da un lato, al concetto della responsabilità e dell'utilizzo accorto del denaro da parte di alcuni amministratori regionali, dall'altro, alla assoluta irresponsabilità di altri amministratori.
È stato ricordato che le regioni che beneficeranno di questo contributo sono quattro; un contributo che non sarà straordinario, perché certamente ve ne saranno altri negli anni a venire. Non ci incantate con la favoletta secondo la quale le regioni che adesso ricevono il contributo Pag. 44entro il 2010 dovranno risistemare i propri bilanci, dovranno rientrare dal deficit.
Troppe volte - e anche questa volta sarà così - abbiamo visto termini dal carattere meramente ordinatorio e sicuramente non perentorio. Si dice così per non scatenare l'opinione pubblica, per tenere tutto calmo, per tenere tutto fermo, ma quelli che hanno fatto i furbi in passato sanno che potranno continuare a farlo e che continueranno a farla franca perché, purtroppo, è così che funziona in questo strano Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CAROLINA LUSSANA. Concludo, Presidente.
Dobbiamo dirlo con coraggio. Noi pensiamo che l'unico modo per determinare un vero cambiamento sia introdurre un concetto che, purtroppo, ancora stenta ad affermarsi: quello della responsabilità. Siete andati al Governo predicando la serietà: dimostratelo! Finora avete fatto esattamente il contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero affrontare nel merito il provvedimento al nostro esame in materia di ripiano della spesa sanitaria; un provvedimento pomposamente intitolato: «Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario». Un provvedimento che chiamo, molto più semplicemente e molto più stringatamente, nefasto. Lo definisco così perché lo Stato interviene sui disavanzi in materia sanitaria, apparentemente a carico di alcune regioni, in realtà causati solo da alcune di esse, che graveranno su tutti i cittadini italiani i quali saranno obbligati a ripianare questo debito.
Non facciamoci confondere dalla preannunciata eliminazione del ticket sanitario perché, come ha ricordato bene il collega Crosetto, questa è una mossa prettamente elettorale che serve per raccogliere consensi nelle prossime elezioni amministrative e poi, con la fine dell'anno, «chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato».
Signor Presidente, mi pongo - e pongo anche a voi - un interrogativo che ha sollevato nel suo intervento l'onorevole Roberto Ulivi, che ci rappresenta in seno al Comitato dei diciotto e che è uno dei maggiori esperti di Alleanza Nazionale in materia farmacologica e di sanità. Vi chiedo come sia possibile accumulare un così rilevante debito senza che dall'esterno nessuno, e sottolineo nessuno, abbia posto in essere un meccanismo di controllo. Mi soffermerò poi sulla lunghezza, sotto il profilo temporale, di questo sperpero; un profilo rilevante dal punto di vista dei requisiti di necessità ed urgenza.
Non si dica che è colpa nostra in quanto spettava al Parlamento varare un provvedimento di legge che prevedesse un meccanismo di controllo. Tale provvedimento di legge esiste ed è la legge n. 405 del 2001, che all'articolo 3 imponeva ed impone alle regioni l'obbligo di mantenere un rigoroso equilibrio economico, prevedendo per esse la necessità di attivarsi al fine di ripianare le passività di disavanzo, sia attraverso misure di compartecipazione alla spesa sanitaria, sia varando e variando l'addizionale regionale IRPEF, sia attraverso altre forme di imposizione fiscale.
Tutto ciò non è stato fatto e guai se fosse stato fatto! Perché allora la vicenda diverrebbe totalmente incomprensibile, kafkiana, e di essa dovrebbe occuparsi la magistratura ordinaria al fine di accertare le responsabilità.
Come hanno ben detto i colleghi che mi hanno preceduto, la verità è una sola: la spesa in materia sanitaria è, in termini volutamente eufemistici, sfuggita al controllo di alcune regioni! Ciò è accaduto nonostante, nell'ultima legge finanziaria, la maggioranza che ora governa il Paese abbia introdotto un ticket, ora prontamente abolito «a termine» per motivi elettorali!Pag. 45
Capiamo lo sforzo che bisogna fare soprattutto verso chi possiede meno, verso le classi sociali meno abbienti. Ma se è giusto abolire il ticket, è parimenti giusto introdurre forme di controllo sempre più stringenti in materia di spesa sanitaria. Quanto è stato detto dai colleghi della Lega è corretto: per quale motivo in Piemonte, piuttosto che in Veneto, si deve spendere meno e spendere meglio rispetto ad altre regioni? Non è un caso che sia previsto un obbligo di coordinamento delle disposizioni legislative in materia di spesa sanitaria, come rimarcato dal Comitato per la legislazione. Il Comitato ha infatti sottolineato che dovrebbe - sottolineo «dovrebbe», non «potrebbe»!! - valutarsi l'opportunità di procedere ad un coordinamento con quanto disposto dall'articolo 6-quater del decreto-legge n. 300 del 2006, al fine di chiarire se possa considerarsi superata la disposizione che stabiliva un termine finale di applicazione della lettera p) del comma 796 della legge finanziaria per il 2007. Dispiace che le Commissioni competenti non siano intervenute su questo punto, come hanno puntualmente sottolineato i rappresentanti di Alleanza Nazionale e di altri gruppi della Casa delle libertà. Si abolisce, quindi, il ticket, ma non sappiamo fino a quando, perché i provvedimenti di codesta maggioranza - di cui orgogliosamente non faccio parte! - vengono adottati unicamente per motivi che non sono legati al merito dei provvedimenti stessi, ma per fini prettamente elettorali. Tutto ciò è assolutamente vergognoso!
Vi è poi un altro punto che grida vendetta, signor Presidente!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,07)
GIUSEPPE CONSOLO. Mi riferisco al comma 3 dell'articolo 1, che prevede l'irrisarcibilità per legge - e voglio sottolineare, per legge! - dei crediti vantati. Signor Presidente, questa disposizione è assolutamente incostituzionale! Lo Stato non può violare i più elementari principi in materia di rispetto dei diritti del cittadino e di contabilità pubblica. Si tratta di una norma destinata a cadere non solo sotto la scure del giudice delle leggi, ma anche sotto la scure dell'Unione europea! Si veda, infatti, quanto stabilito in materia dalla direttiva 2000/35/CE. Tuttavia, credo che non sia necessario richiamare la legislazione europea o i giudici della Corte costituzionale (quelli che rimangono, viste le recenti dimissioni del giudice Vaccarella!) per comprendere quanto sia contraria al buon senso la sospensione improvvisa, mediante un provvedimento legislativo, dei debiti. Sarebbe come se, a partire dall'approvazione del provvedimento, non fosse più possibile agire in sede esecutiva, nonostante l'esistenza di un provvedimento del giudice, poiché lo Stato, che partecipa ed è interessato a sospendere i ricordati debiti, in quanto non possiede il denaro per farvi fronte, ha dichiarato non esecutivo tale provvedimento.
Questo sì che è un vero conflitto di interessi, a carico non di un parlamentare, ma dello Stato stesso, che non può pagare. Come stampare banconote al di fuori delle previsioni dell'Unione europea? Questa è una vera e propria licenza di uccidere il povero creditore che credeva di avere a che fare con un contraente serio ma, soprattutto, solvibile quale fino ad oggi è apparso essere lo Stato. Signora Presidente, lei che è così sensibile di fronte alle istanze della povera gente, il punto ancora più grave è che ciò colpisce i poveri, in quanto i grandi creditori delle regioni si sono tutelati prima ancora di stipulare e di contrarre debiti. Non era questa una maggioranza di Governo che andava incontro alle fasce sociali più deboli? I fatti dimostrano esattamente il contrario.
Stendo un velo pietoso sulla palese violazione dell'articolo 77 del dettato costituzionale, che prevede: «Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge (...)». In casi straordinari di necessità e d'urgenza! Dov'è la necessità e l'urgenza di crediti che si sono accumulati via via, con gli occhi chiusi da Pag. 46parte di chi doveva controllare? Ma quale provvedimento di necessità ed urgenza? Quale decreto-legge?
La verità è una sola! Ho iniziato il mio intervento dicendo che questo è un provvedimento nefasto, concludo dicendo che è vergognoso! Credo che ci siano sufficienti motivi per poterlo dichiarare, già da ora, incostituzionale ed iniquo. Onorevoli colleghi, il provvedimento in discussione non otterrà mai il voto di quella parte dell'Assemblea composta, non solo da gruppi seri, ma da quei singoli parlamentari che, prescindendo dalla loro collocazione politica, sono persone serie. Sono e siamo abituati a non sperperare il denaro dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi mi ha preceduto ha già ampiamente illustrato la situazione del nostro Servizio sanitario nazionale e le ragioni del nord Italia che condivido e faccio anche mie. Ciò che mi preme affrontare è un'altra tematica e, in particolare, il rapporto fra lo Stato e l'industria farmaceutica che, in Italia, tende ad essere completamente frainteso e, ancora una volta, probabilmente, male interpretato, come dimostra questo decreto-legge. Lo Stato italiano ha completamente abdicato alla ricerca nel campo scientifico-farmaceutico.
Lo Stato italiano, che giustamente si preoccupa degli investimenti e dello sviluppo delle reti di comunicazione e telefonia, ha relegato le sue attività in campo sanitario ad un mero controllo sui prezzi, pensando di risolvere il deficit di bilancio della spesa sanitaria tagliando di anno in anno il costo dei farmaci.
Siamo obiettivi, l'Italia non ha una industria farmaceutica nazionale in grado di competere con i colossi europei ed extraeuropei, e questo perché l'impresa nel nostro Paese non è premiata e dipende, per la quasi totalità delle proprie necessità, dalla ricerca e dagli investimenti fatti dalle imprese estere. Il mercato italiano è sicuramente non di nicchia, ma non è certamente imprescindibile per le imprese straniere. Questo è il quadro di riferimento. In un simile quadro di riferimento si finge di ignorare che - piaccia o non piaccia, e proprio perché lo Stato non interviene in materia - la ricerca e gli investimenti farmaceutici sono una attività di mercato. È ovvio che l'industria farmaceutica si informa a regole di mercato; meno ovvio è che in Italia lo Stato abbia rinunciato a fare ricerca, ma così è. Lo Stato italiano corre il rischio che, continuando ad operare esclusivamente sul taglio dei prezzi e sulla penalizzazione delle imprese, si verificherà ciò che sta accadendo in altri Paesi, cioè che le imprese farmaceutiche abbandonano i territori dove si penalizza il mercato per dedicarsi e concentrarsi su mercati più redditizi.
L'attuale Governo sta accelerando questo processo di esclusione del nostro Paese dal circuito del mercato farmaceutico e lo sta facendo in nome della cultura, del premio all'irresponsabilità del settore pubblico, e il decreto-legge che discutiamo oggi, come emendato dal Senato, secondo me ne è l'ennesimo esempio. Il provvedimento dispone, in particolare, dodici mesi di «congelamento» delle azioni esecutive dei creditori del servizio sanitario nazionale, i cui debiti produrranno solo interessi legali. Al di là del giudizio assolutamente negativo che credo - anzi, sono praticamente certa - daranno le autorità europee su questa particolare norma, si tratta certamente di una misura inaccettabile per fornitori e imprese, che dovranno rivolgersi al debito bancario, con la conseguenza di vedere impennati i propri costi di gestione. La misura del «congelamento» è, a mio avviso, inaccettabile in un Paese in cui le azioni legali per il recupero dei crediti verso le ASL durano in media quattro anni ed in cui i tempi medi di pagamento vanno da 348 a 500 giorni (come nelle regioni destinatarie del provvedimento): media che ci garantisce la pole position in Europa.
Questi ritardi nei pagamenti sono dovuti - chiunque conosca il settore lo sa - Pag. 47al fatto che, proprio con particolare riferimento alle regioni destinatarie del decreto-legge, gli enti locali non possono contrarre debiti finanziari causa la mala gestione dei propri bilanci, e quindi i loro debiti finiscono, in realtà, per influire proprio sul prolungamento dei tempi di pagamento. Tale determinazione, presa con legge dello Stato, avrà due gravi conseguenze. Da un lato indurrà - anzi, sta già inducendo - i potenziali investitori esteri a non investire sul nostro territorio, causa l'alta incertezza del nostro sistema normativo, che si arroga il diritto - di punto in bianco - di modificare le norme gettando nel panico i mercati. Dall'altro lato, piegherà ulteriormente le aziende italiane, e in questo caso e in special modo i piccoli fornitori, che si vedranno costretti a rivedere i piani aziendali e a limitare gli investimenti.
Qual è il risultato di norme come questa? Un'Italia che non avrà accesso ai farmaci innovativi. Questo è un fenomeno grave, ma reale ed immediato, e credo di trovarne un esempio in un articolo del Wall Street Journal del 26 marzo scorso, che vorrei proporvi, il quale prende spunto da un caso di cronaca negli Stati Uniti, nel quale la moglie del candidato alla presidenza degli Stati Uniti John Edwards, essendo malata di tumore, ha tenuto una conferenza stampa ed ha avuto il coraggio di denunciare alcuni dati, riportati appunto dal Wall Street Journal, che effettua un'analisi spietata e comparata tra il sistema statunitense e quello europeo rispetto alla cura dei tumori. Nel prendere spunto da tale conferenza stampa, l'articolo riporta che negli Stati Uniti, tra il 1990 e il 2002, le morti per tumore al seno sono diminuite del 2,2 per cento l'anno, e che il 98 per cento delle donne americane malate di tumore al seno ha un'aspettativa minima di cinque anni di vita sino a vita completa; precisa inoltre che ciò è possibile grazie a farmaci antitumorali americani di ultima generazione approvati negli Stati Uniti nell'ultimo decennio. Questa è una bella notizia. Però l'articolo evidenzia anche un dato meno piacevole, e cioè che a causa delle politiche di negoziazione al ribasso dei prezzi e delle reiterate ed estemporanee politiche di contenimento dei prezzi stessi (per lo più, senza distinzione tra farmaci innovativi e non), associato ad una scarsa propensione per gli investimenti in ricerca fattuale propri dei Paesi europei, la comparazione tra Stati Uniti ed Europa si sostanza in dati abbastanza raccapriccianti.
Faccio alcuni esempi. Il Wall Street Journal riporta che i farmaci antitumorali innovativi sono disponibili sul mercato americano mesi prima che in Europa: fra il 1995 e il 2001, le quindici più innovative specialità antitumorali hanno impiegato 273 giorni di media per raggiungere i pazienti statunitensi e 468 giorni di media per raggiungere quelli europei.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 17,15)
LAURA RAVETTO. Lo stesso quotidiano riporta che la sopravvivenza a cinque anni per donne malate di tumore al seno in Inghilterra è pari al 78 per cento, rispetto al 98 per cento che si registra negli Stati Uniti; esso riporta infine che, fra il 1990 e il 1998, la mortalità per tumore è scesa negli Stati Uniti del 18 per cento ed in Germania e in altre nazioni europee solo del 9 per cento. Questi sono solo alcuni dati.
In quest'aula, in sede di dibattito sulla legge finanziaria, più di una volta io ed altri colleghi abbiamo avvisato il Governo del rischio che, continuando nell'unica logica di tagliare il prezzo dei farmaci e di penalizzare le aziende - e la disposizione di oggi è un'ulteriore penalizzazione -, esse finiranno per abbandonare il nostro Paese, lasciando senza farmaci innovativi i pazienti italiani e senza lavoro molti dipendenti qualificati. Il presidente di Farmindustria ha ancora recentemente evidenziato questo rischio. L'impressione è che il Governo consideri la farmaceutica un settore assai ricco e che ritenga dunque doveroso tartassarlo, come se fosse doveroso per le imprese continuare a distribuire in Italia.Pag. 48
La norma oggi in discussione, che - in deroga a qualsivoglia principio di tutela degli interessi dei creditori - riversa responsabilità altrui sulle industrie farmaceutiche e sui fornitori in genere, ci espone ad un rischio evidente: nessuno è costretto ad investire in Italia, e noi non lo stiamo capendo. Stiamo scherzando col mercato: il mercato ha forse regole ciniche, ma sono regole di cui dobbiamo prendere atto, soprattutto in un settore in cui di fatto l'impresa privata è l'unica a fare ricerca. Non possiamo, dunque, porre regole che siano considerate inique dal mercato, perché il settore sanitario è un settore troppo delicato per liquidarlo con la demagogia del «medicinali gratis per tutti»: l'obiettivo deve essere, dunque, quello di fissare prezzi e condizioni eque anche per il mercato, così da garantire la disponibilità di farmaci, ma al contempo impedire che una donna malata di tumore in Europa debba avere la metà dell'aspettativa di vita di una donna nata e cresciuta negli Stati Uniti.
Fra l'altro, se almeno norme come queste (che penalizzano il privato, lo inducono a disinvestire, ad allontanarsi dal nostro Paese e a smantellare centri di ricerca e laboratori) risolvessero il problema del deficit, criticherei il metodo ma potrei probabilmente capirne gli obiettivi. La verità è che chiunque abbia un minimo di conoscenza del settore sa bene che il deficit delle aziende sanitarie ed ospedaliere è determinato solo in minima parte dal costo per l'acquisto di farmaci e di beni: il problema vero è la mancata aziendalizzazione del settore. La soluzione concreta è dunque la responsabilizzazione dei componenti e dei dirigenti di questo settore. I tragici fatti di malasanità degli ultimi giorni ci dovrebbero indurre ad avere il coraggio di prendere ben altre determinazioni, non quella oggi in discussione!
Faccio alcuni esempi. Dovremmo cominciare ad applicare criteri di competenza gestionale ed operativa nella scelta dei dirigenti di ASL ed aziende ospedaliere, ed introdurre indicatori di performance e di costo delle singole aziende. Dovremmo mettere il paziente - che è lo stake-holder principale - al centro del sistema, consentendogli di scegliere l'ospedale, valutandone efficienza ed affidabilità. Dovremmo imporre alle aziende ospedaliere di rendere pubblici i loro bilanci. Dovremmo applicare veramente le sanzioni, che già esistono, a carico di amministratori e politici locali che abbiano obbligato lo Stato (ovvero tutti noi) ad elargire aiuti finanziari.
Anziché parlare solo del problema dei farmaci, poi, dovremmo introdurre controlli più stringenti sulla prescrizione degli esami diagnostici da parte delle aziende, responsabilizzando i singoli medici in merito alla necessità di dispensarli. Al contempo, dovremmo restituire agli stessi medici il ruolo di decisori, appannato negli ultimi decenni dall'ingerenza eccessiva dei burocrati, richiedendo nel contempo agli amministratori di svolgere appieno le loro funzioni. A tale proposito, penso ad un'amica, una bravissima neurologa, che mi ha detto di essere costretta a distinguere - come un commercialista - le sue poste di finanziamento, a decidere come investire e come materialmente indicare gli investimenti nella parte del bilancio dedicata al suo dipartimento. Credo che una simile imposizione sia inammissibile: il medico deve fare il medico e il ricercatore; sono gli amministratori che debbono essere responsabilizzati su queste competenze.
Ancora, dovremmo riformare la governance del sistema sanitario ed operare controlli seri e severi sulla spesa. Invece di fare solo propaganda, perché non attuiamo - come ho sentito dire da molti colleghi - il federalismo sanitario, attribuendo alle regioni i poteri di stabilire le prestazioni, imponendo contemporaneamente loro l'onere di finanziarle in modo autonomo? Chi opera sul lato delle entrate fiscali e penalizza i cittadini verrà punito dall'elettore.
Valorizziamo il ruolo dei nostri giovani ricercatori nelle università scientifiche e i medici specializzandi presso le aziende, sleghiamoli dai baronati e dai sistemi ad alto tasso di raccomandazione, abbandoniamo Pag. 49il concetto del finanziamento a pioggia, avviamo una ricerca seria da parte di ospedali e università, premiando solo quelli che portano avanti protocolli slegati da logiche di marketing, poniamo fine alla vessazione delle imprese farmaceutiche e cominciamo a trattarle come partner. Per esempio, perché non cominciamo a pensare a possibilità di sponsorizzazioni trasparenti da parte delle aziende sui nostri ospedali e sui centri universitari? Pensiamo a queste cose, invece di discutere su provvedimenti iniqui, non risolutivi, come credo sia quello oggi in esame. Troviamo il coraggio di fermare sprechi e privilegi, liberiamo il personale sanitario dalle logiche della politica, mettiamo al centro il paziente e premiamo le imprese che sviluppano, producono ed investono in innovatività. In questo modo, non ci troveremo più a discutere di deficit sanitario (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, volevo partire dall'analisi del comma 2 dell'articolo unico del decreto-legge n. 23 del 2007, e in modo particolare dalla previsione dell'automatico innalzamento dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP ai massimi i livelli per il periodo d'imposta compreso tra il 31 dicembre 2006 e l'anno 2010. Solo che, sempre nello stesso comma, si prevede che tali incrementi automatici non si applichino nelle regioni che, nell'accordo stipulato con il Governo, abbiano già previsto la disapplicazione di tale innalzamento dei tributi statali. Sottolineo ciò per mostrare come questo Governo sia razzista; purtroppo - l'abbiamo già detto tante volte - si tratta di una forma di razzismo che si rivolge contro le regioni del nord.
Il Piemonte, per esempio, ha previsto l'IRAP al massimo livello. Con questa mia considerazione intendo dire che questo nostro Stato, intanto, fa in modo che i debiti di alcune regioni vengano pagati da altre regioni e - caso strano - si tratta sempre ed inevitabilmente delle regioni del nord; si determina, in questo modo, una disparità tra cittadini.
Chissà perché, ci sono cittadini di serie A e di serie B, o, almeno, ci sono cittadini più furbi di altri, che non pagano la propria quota di spesa e che vengono viziati e vezzeggiati da questo Stato di sinistra, che naturalmente, attraverso il Governo, stipula degli accordi con le varie amministrazioni non virtuose. In questo modo, il resto delle regioni del nord deve sopperire alla copertura finanziaria di quei «buchi» - ma quale buchi, voragini! - che altre regioni (naturalmente non virtuose, ripeto) riescono a produrre.
Quali sono queste regioni? Caso strano, nel caso specifico parliamo di Lazio, Campania, Abruzzo e Molise. Ma mi interessa molto sottolineare il caso del Lazio.
Noi sappiamo che sono già stati previsti finanziamenti di 2 miliardi di euro per quanto riguarda il Lazio ed il ministro Turco ha avuto il coraggio di dire che questo è un prestito che la regione Lazio pagherà in trent'anni. Purtroppo, siamo tutti abituati a sentire queste barzellette, che ritroviamo anche in questo disegno di legge. Perché parlo di barzellette? Perché si viene a dire che il Governo ripianerà questi debiti con un fondo transitorio di ben 811 milioni. Il Governo giustamente parla di fondo transitorio, perché sa bene che adesso si tratta di stanziare soltanto una piccola quota (altrimenti nelle regioni del nord si avrebbe veramente la rivoluzione).
Analizzando con attenzione gli studi commissionati dalla regione Lazio, si osserva che il debito della regione Lazio relativo al settore della sanità è di 3.700 milioni di euro. Quando e chi dovrà ripianare questi debiti? Una volta ancora il Governo dimostra la propria contraddizione: la sinistra, infatti, dapprima ha votato la riforma del Titolo V della Costituzione, che prevede appunto la responsabilità delle regioni in materia di sanità, e poi, invece, interviene regolarmente a sanare le «voragini» di cui parlavamo.
Mi sembra di riascoltare la famosa parabola del figliuol prodigo: uno Stato Pag. 50che apre sempre le braccia, accoglie ed accetta, poverini, questi «figliuoli prodighi» incapaci di badare a se stessi. Occorre invece chiamare l'altro figlio, che sempre ha lavorato e per tutta la vita. E, caso strano, da chi è rappresentato questo figlio? Appunto, dalle regioni del nord.
Il disegno di legge al nostro esame prevede l'eliminazione del famoso ticket di 10 euro, ma si tratta di un'altra barzelletta dovuta a fini elettorali: ancora fino a stamattina in Veneto, dove abito, si continuava a pagare il ticket di 10 euro. Ma crederete presto alla mie parole, se solo considerate che occorrerà «tirare fuori» i soldi per ripianare il debito dei famosi 3.700 milioni di euro della regione Lazio di cui parlavo prima.
Ma voglio insistere ancora sulla questione e, soprattutto, sul fatto di uno Stato che vuole sempre intervenire e togliere competenze alle regioni, di uno Stato di sinistra che in tutti i modi sta dimostrando di non voler assolutamente realizzare il federalismo: non sarà mica pazzo, il Governo, a realizzare il federalismo fiscale! Dove andrebbero allora a finire le regioni in questione? Chi pagherebbe fior fiore di stipendi a infermieri, medici e ospedalieri di quegli ospedali fantasma, come, ad esempio, quello di Napoli?
I posti di lavoro di cui parliamo sono stati trovati, come sappiamo bene, soltanto attraverso il voto di scambio; bisogna infatti dare stipendi a persone che altrimenti non avrebbero di che vivere, ma - ed è una domanda che dobbiamo porci - chi paga?
A pagare è sempre il nord e le regioni virtuose (Piemonte, Lombardia, Veneto). Si sostiene che il Veneto abbia un debito di 1.300 milioni di euro, questo Veneto «spendaccione»! Ma, osservo, bisogna ricercare quale sia effettivamente la verità: i 1.300 milioni di debito sono in realtà 1.300 milioni di credito che il Veneto avanza dalle altre regioni, e proprio da quelle regioni del sud i cui cittadini vengono al nord a farsi curare, se vogliono vivere e sopravvivere. Se avete parenti, figli e genitori non li portate, ne sono sicura, negli ospedali di Palermo o dell'ultimo di cui abbiamo sentito parlare, ma negli ospedali del Veneto e della Lombardia.
Ma poi succede che il Veneto chiaramente si ritrova ad avere crediti che non riesce e non riuscirà mai a recuperare, perché evidentemente questo Stato di sinistra, questa Repubblica «matrigna» pensa soltanto ai figli prediletti e favoriti che, caso strano, sono sempre quelli del sud, che mi ricordano la famosa favola della cicala e della formica. C'è sempre, infatti, una formica che lavora e che paga - ed è il nord -, e c'è sempre una cicala che canta, si diverte, balla, «mandolino e spaghetti»!
Andiamo avanti in questo modo, tanto ci sono sempre i cittadini del nord che magari «brontolano», ma pagano sempre! Ne abbiamo la dimostrazione; non sono vane le parole che sto dicendo, ma vere e reali e voi lo sapete bene, perché ce lo avete dimostrato in tutti i modi.
In questo Stato, purtroppo, chi non paga viene premiato, gli vengono dati anche soldi in più per essere stato così bravo da creare voragini impossibili. Chi è stato così «bravo», se, poverino, delinque, ha bisogno dell'indulto cosicchè viene portato fuori dalle carceri, e magari gli viene dato uno stipendio di 800 euro fintanto che non trova un lavoro e non «si redime».
Pertanto, è veramente ora di finirla! Ricordiamoci bene che nel Veneto si usa una frase che devo riferire in lingua veneta: «paga, mona, e tasi». È ora di finirla! Il Veneto non vuole più fare il «mona»; non so se sappiate cosa significhi; se non lo sapete andatevelo a cercare, non ve lo dico io (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia - Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Vorrei esprimere un'ulteriore considerazione: come si fa a credere a questo Governo, che ha tirato fuori anche un'altra barzelletta, quella del piano di affiancamento, vale a dire un'azione di affiancamento per le regioni che non riescono a ripianare i loro debiti?
Lo Stato sa bene che gran parte delle regioni della penisola italiana, fino a poco dopo il Po, hanno bisogno continuamente Pag. 51del tutore, di un commissario. In questo modo vengono nominati il commissario, poi i commissari del commissario, poi un'altra commissione che andrà a controllare i commissari dei commissari. È ora di finirla!
Voi tutti, d'altra parte, ogni volta ci chiedete di ripianare e pagare ciò che le altre regioni non riescono a fare. Tuttavia, il Veneto è stanco di essere appellato come l'asino che continua a lavorare per gli altri! Il Veneto ha una forza, una dignità che deve difendere anche contro tutti i tentativi che state facendo di snaturare la stirpe del nord (voglio dirlo apertamente), la stirpe di questa penisola che nulla ha a che fare con tutti coloro che volete far entrare nel Paese con le ultime leggi!
KATIA ZANOTTI. Vergogna!
PAOLA GOISIS. Non mi venite a dire che queste considerazioni non c'entrano; il discorso c'entra perché fa sempre parte della politica di questo Governo, di questa sinistra che preferisce distruggere la nostra stirpe, la nostra storia, le nostre tradizioni, le nostre capacità lavorative, le nostre virtù (d'altra parte siete stati proprio voi a fare riferimento a regioni virtuose e a regioni non virtuose).
Non vogliamo che vengano annacquate o colorate di vari colori le virtù del nord! Vogliamo mantenere la tradizione, la cultura e la storia del nord. Fino a che ci saremo noi della Lega Nord Padania non riuscirete a portare avanti il vostro disegno, perché saremo sempre qui a pungolarvi, ad insistere e lotteremo fino a che non riusciremo ad ottenere il federalismo fiscale, che lo vogliate o no! Questa non è una minaccia, è una promessa! (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, colleghi, intervengo molto brevemente per esprimere un giudizio fortemente negativo sul provvedimento, che interviene per far fronte allo sforamento da parte di alcune regioni dei limiti di spesa in campo sanitario.
Il provvedimento, che prevede tra l'altro il concorso dello Stato per ripianare le passività contratte da alcune regioni nel periodo 2001-2005, presenta aspetti di dubbia costituzionalità, come è stato ben evidenziato da alcuni colleghi durante la discussione sulle linee generali e nella discussione sul complesso degli emendamenti, anche perché non pone tutte le regioni sullo stesso piano e quindi lede il principio di uguaglianza.
Vorrei ricordare, in particolare, il parere che la Commissione finanze ha espresso esaminando il testo (ci tengo a dire che si tratta di un parere espresso con l'accordo di tutti i colleghi, sia del centrodestra sia del centrosinistra). Mi riferisco alla disposizione che congela i crediti dei fornitori impedendo la prosecuzione e l'inizio di azioni esecutive.
La VI Commissione finanze ha invitato infatti a rivedere la formulazione del terzo, quarto e quinto periodo del comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame nella parte in cui prevede che «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive relative a debiti sanitari nei confronti degli enti debitori, che gli atti di pignoramento già eseguiti non vincolano i predetti enti e i loro tesorieri e che i debiti insoluti producono, in tale periodo, esclusivamente gli interessi legali previsti dall'articolo 1824 del codice civile (...)». Inoltre, «tali previsioni appaiono in contrasto sia con il principio di tutela dell'affidamento dei soggetti contraenti nell'ambito dei rapporti contrattuali, sia con i principi costituzionali (...), sia con la normativa e la giurisprudenza comunitarie in materia».
Il Governo ed i relatori hanno, tuttavia, fatto orecchie da mercante, non accogliendo la condizione avanzata dalla VI Commissione finanze. Così, un soggetto che ha fornito beni, merci e servizi al settore sanitario non potrà pretendere il rimborso di quanto dovuto; vedrà i suoi diritti bloccati per 12 mesi, ma nel contempo dovrà continuare ad adempiere Pag. 52ai suoi obblighi presso terzi. Vengono in questo modo congelati i crediti, ma ovviamente rimane fermo per l'impresa l'obbligo di pagare i propri debiti. Vi è il rischio che molte aziende vadano in crisi e che si perdano posti di lavoro. Tutto ciò è previsto in un provvedimento che, pertanto, appare evidentemente incostituzionale.
Se il caso verrà sollevato innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee, l'Italia verrà sanzionata, poiché questa norma contrasta con qualsiasi principio di sana giustizia. In passato l'Italia è già stata sanzionata per i ritardi con cui interviene con sentenze definitive nel campo giudiziario. A maggior ragione, sarà sanzionata se interviene, come in questo caso, con norme che impediscono addirittura ad ogni cittadino di avere giustizia.
Mi chiedo e vi chiedo, colleghi: che Stato è questo che chiede ai contribuenti di pagare tutto e subito quanto dovuto ad esso, alle regioni e ai comuni, che sanziona addirittura con multe pesanti i ritardi nei pagamenti, ma poi, quando i debitori sono le regioni, congela di fatto i pagamenti, bloccando le azioni esecutive? Questo è uno Stato che perde credibilità anche all'estero oltre che verso i suoi cittadini.
Nel mio breve intervento vorrei evidenziare un altro aspetto: le coperture originariamente previste per il provvedimento in esame. Si riducono il Fondo per i paesi in via di sviluppo - e così alcune azioni già avviate in campo diplomatico o in Paesi esteri vengono di fatto bloccate - e gli stanziamenti nel settore della ricerca sanitaria. Si parla tanto di ricerca e se ne sottolinea giustamente molto l'importanza, poiché, grazie ad essa, vi può essere più prevenzione, con una conseguente riduzione delle spese sanitarie. Invece, con il provvedimento in esame si è pensato di ridurre addirittura gli stanziamenti per la ricerca.
Per coprire questo provvedimento si riducono, inoltre, il Fondo per la famiglia, il Fondo per i non autosufficienti, il Fondo per la politica giovanile. Si parla tanto della famiglia e dell'importanza dei nostri giovani, che sono il nostro futuro. Noi, viceversa, riduciamo proprio il Fondo per aiutare le famiglie ed i giovani.
È, pertanto, un cattivo provvedimento e mi auguro che il Governo, i relatori e i colleghi del centrosinistra vorranno ripensare a quanto previsto in questo decreto-legge, modificare l'articolo 1 nella parte che ho evidenziato - quella concernente il blocco dei crediti - per impedire una sicura ingiustizia verso alcuni cittadini ed alcune imprese e per impedire all'Italia di subire una sicura sanzione per infrazione comunitaria (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Di Virgilio. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, signor sottosegretario per la salute, onorevoli colleghi, questa discussione su un decreto-legge che è nato male, così come presentato dal Governo al Senato, ed è proseguito ancora peggio, ha visto finora partecipare esclusivamente i rappresentanti delle opposizioni.
Onorevole Astore, mi domando come lei ci possa chiedere di votare all'unanimità un decreto-legge che è un obbrobrio e che presenta - come sosterrò e come è stato sostenuto da molti colleghi - delle norme improponibili ed assolutamente insostenibili!
Mi associo a quanto affermato dall'onorevole Crosetto: onorevoli colleghi della maggioranza, abbiate il coraggio che avete dimostro - lo riconosco - nella V e nella XII Commissione, nonché nel Comitato dei diciotto, dove voi stessi avete criticato alcune parti improponibili di questo decreto! Quella è la via, probabilmente, per individuare una soluzione positiva, altrimenti questo decreto rappresenterà una pagina negativa per la storia della nostra salute pubblica ed un pesante aggravio a carico del Governo.
La scorsa settimana, nella nostra questione pregiudiziale, avevamo richiamato alcune norme della Costituzione, come l'articolo 77, che prevede per la decretazione un'urgenza che in questo caso non Pag. 53sussiste: noi, infatti, andiamo a ripianare dei debiti degli anni 2001-2005. Inoltre, riteniamo che sia stato violato sostanzialmente l'articolo 97 della Costituzione, che impone il principio del buon andamento delle amministrazioni pubbliche, in quanto si privilegiano - come è stato ricordato più volte - le regioni che hanno amministrato il servizio sanitario con minore efficienza; risulta violato anche l'articolo 81, in quanto la copertura finanziaria del provvedimento è solo formale e non sostanziale.
Vorrei analizzare rapidamente l'iter del provvedimento in Senato, insieme a quello svoltosi alla Camera nelle Commissioni V e XII. Risulta chiaramente lo «stato confusionale» del Governo - utilizziamo un linguaggio medico, considerata la materia trattata - nel tentativo di cercare modalità più convincenti per procedere al ripiano di disavanzi pregressi nel settore sanitario. Tuttavia, per comprendere bene la problematica, dobbiamo fare un passo indietro e tornare all'ultima legge finanziaria, quando da questi banchi criticammo aspramente e con valide motivazioni la crudele imposizione da parte del Governo dei ticket sulle prestazioni per le visite specialistiche, fortemente penalizzanti per i cittadini, e quelli ancora più odiosi, come ricorderete, addirittura per il codice bianco ed il codice verde del pronto soccorso. Probabilmente, anche per la nostra insistenza, il Governo, dopo aver riflettuto, rinunciò al ticket sul codice verde, ma diabolicamente insistette su quello di 10 euro per le visite specialistiche e su quello per il codice bianco del pronto soccorso, riconoscendo ai cittadini italiani una specie di laurea honoris causa in medicina. Infatti, i cittadini, per evitare questi balzelli, dovrebbero autodiagnosticarsi una insignificante patologia, evitando di recarsi dallo specialista del pronto soccorso. Tuttavia, ciò non è accettabile, perché gli italiani hanno il diritto, anche in base alla Costituzione, di ascoltare un professionista che sappia tranquillizzarli sullo stato di salute.
Ecco allora che il Governo, dopo appena tre o quattro mesi, anche su pressione di alcune regioni, si è accorto che il ticket sulle visite specialistiche è fortemente penalizzante e propone con il presente provvedimento, all'articolo 1-bis, di ridurlo da 10 euro a 3,5 euro, cercando in qualche modo di reperire la copertura finanziaria per il gettito ridotto, calcolato per l'originaria imposizione.
Qui inizia però un'altra farsa, perché al Senato, dopo una prima ipotesi di copertura, ne viene approvata un'altra «originale» (lo dico ironicamente) e fortemente contraddittoria rispetto a quanto sostenuto dallo stesso Governo nella legge finanziaria. In tal modo, si riduce la disponibilità per il Fondo per la famiglia, per il Fondo per l'autosufficienza, per le politiche giovanili che dovevano costituire - così dicevate voi - un fiore all'occhiello per le scelte di tipo sociale di questo Governo.
Ma gli aspetti ridicoli non finiscono qui, perché, con riferimento ai ticket sulle visite specialistiche, alla Camera, nelle due Commissioni di riferimento, si verifica un'ampia convergenza contro la proposta governativa e viene approvato un emendamento degli stessi relatori di maggioranza, che ha cancellato del tutto il balzello previsto all'articolo 1-bis. Aspettiamo ora al varco il Governo, che dovrà spiegare chiaramente come provvederà alla copertura di questo mancato introito, con l'abolizione del ticket.
Tornando all'articolo 1 del provvedimento, esso dispone, come sapete, il concorso dello Stato, con uno stanziamento di 3 miliardi di euro per il 2007, al ripiano dei disavanzi regionali del settore sanitario per il periodo 2001-2005, derogando alla normativa vigente, secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni. All'articolo in esame, inoltre, sono state aggiunte, nel corso dell'iter presso il Senato, disposizioni concernenti le azioni esecutive intraprese nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario, le quali prevedono che non si possa iniziare o proseguire azioni esecutive, relative ai predetti debiti, nei 12 mesi successivi all'entrata in vigore della Pag. 54legge di conversione del decreto-legge. Si tratta di un vero colpo di spugna, una norma ipocrita e assurda, che colpisce anche coloro che non sono addetti ai lavori.
Ci troviamo di fronte ancora una volta, lo ripetiamo per i distratti, ad un uso distorto da parte di questo Governo dello strumento normativo della decretazione d'urgenza. Per quanto riguarda il merito del provvedimento dobbiamo ricordare che il Governo Berlusconi ha lavorato per tutta la scorsa legislatura per contenere l'espansione della spesa sanitaria regionale, non soltanto con un semplice monitoraggio, ma anche attraverso proposte concrete, miranti ad un sistema di obiettivi e con la previsione di un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato raggiungimento del risultato. Non possiamo fare di ogni erba un fascio e unire buoni e cattivi, dobbiamo essere giusti nel dettare le regole dello Stato e prevedere per coloro che non sono in grado, non sono capaci o, meglio ancora, sono in malafede, delle sanzioni.
In particolare, il Governo nel corso dell'esame del provvedimento al Senato ha trasmesso una documentazione sui disavanzi sanitari regionali da cui si evince per il periodo 2001-2004 che, ad esempio, la Campania ha un disavanzo di 2.144 milioni di euro, seguita dal Lazio con 2.048 milioni di euro e così via. Per il 2005 cambia poco, perché il Lazio è in testa con 1.800 milioni di euro e la Campania ha un disavanzo di 1.132 milioni di euro e così via.
Tra l'altro, il Governo contraddice anche gli obiettivi di finanza pubblica definiti a livello europeo; ed ormai, sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo, facciamo parte dell'Unione europea, perciò non possiamo fare di testa nostra, ossia a volte seguire e altre volte non seguire quello che l'Europa ci chiede. Inoltre, con un colpo a sorpresa, al Senato è stato approvato un emendamento presentato dalla maggioranza che prevede la sospensione delle attività esecutive nei confronti dei creditori, come ho già osservato. Tale disposizione, oltre ad essere in contrasto con la direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la lotta contro i ritardi nei pagamenti delle obbligazioni di natura commerciale, rischia di comportare conseguenze gravi per molte aziende operanti nel settore e conferma l'incertezza del Governo sulla reale entità delle risorse necessarie al ripiano dei disavanzi in oggetto. Per quanto riguarda tale assurda sospensione delle procedure esecutive e dei pignoramenti, il Governo deve chiarire se ciò non possa determinare, inoltre, effetti negativi a carico della finanza pubblica sia per il prodursi di interessi - perché anche se questi debiti vengono congelati producono comunque interessi - sia per l'insorgere di un contenzioso che mi sembra veramente impossibile evitare. Non vanno inoltre sottovalutati i possibili profili di incompatibilità della sospensione delle procedure esecutive rispetto alla disciplina comunitaria appena ricordata.
Infine, con riferimento all'intenzione del Governo di ripianare il debito delle regioni, va sottolineato non solo che questo soccorso contrasta con gli accordi Stato-regioni per cui queste, una volta stabilito il riparto del Fondo sanitario nazionale, devono essere in grado di garantirne una gestione oculata ed autonoma, ma anche che il sostegno statale non può essere definito in base ai piani di rientro, altrimenti si realizzerebbe un sistema distorto per cui le regioni possono spendere come vogliono perché tanto poi lo Stato interviene a ripianare a piè di lista, come avveniva un tempo ed oggi risulta inammissibile. È chiaro, inoltre, che si deve pretendere un criterio di serietà per cui se si concedono risorse economiche alle regioni in difficoltà, mettendo mano ad un intervento finanziario straordinario, come quello previsto dal provvedimento in esame, occorre anche pretendere che le regioni rispettino gli impegni assunti. È necessario, ad esempio, che non vengano ridotti i livelli di eccellenza, che siano garantiti i LEA a cui il cittadino ha diritto a norma dell'articolo 32 della Costituzione, così come stabilito nell'accordo Stato-regioni. Da qui deriva Pag. 55l'esigenza di prevedere anche una verifica da parte delle Commissioni parlamentari, che sono spesso scavalcate e che non vengono ascoltate sui piani di rientro né sull'accordo sottoscritto dal Governo con le singole regioni. Le Commissioni parlamentari sono escluse da questo colloquio diretto tra il Ministero della salute e le regioni. Ed è anche necessario che gli interventi ipotizzati o sottoscritti dal Governo siano accompagnati, lo ripeto, da forti sanzioni per le regioni che non si comportano oculatamente.
Onorevoli colleghi, troppi e ripetuti sono i casi eclatanti di disservizi in campo sanitario e troppo spesso li si fanno ricadere, diciamolo con chiarezza e con coraggio, esclusivamente sugli operatori sanitari quando le responsabilità sono di altri. Le competenze non osservate e le inadempienze rischiano di diffondere tra i cittadini discredito e disaffezione per il nostro Servizio sanitario nazionale, che pochi anni fa l'OMS classificò come secondo nel mondo e che ha senz'altro aree di eccellenza accanto ad aree critiche, per cui sempre più spesso i cittadini sono costretti a rivolgersi alla sanità privata. Noi di Forza Italia non siamo affatto contro la sanità privata, siamo anzi per una giusta competizione ed un giusto equilibrio tra privato e pubblico, perché questa competizione può essere soltanto positiva. Non tutti i cittadini, però, hanno risorse economiche per ricorrere alla sanità privata. Viene lasciata la gente in coda ai CUP per i tempi troppo lunghi che occorrono per una prestazione e le liste di attesa si gonfiano. Il Ministro pone la sua attenzione su altre problematiche. Conosco la sensibilità del sottosegretario Zucchelli su questi argomenti. Egli, probabilmente, da ottimo medico e per la sua grande esperienza sindacale, non sempre - a mio avviso - condivide certe posizioni del Ministro.
Ci si vuole accanire, ad esempio, contro i medici, per i quali si tarda a chiudere i contratti (abbiamo visto lo sciopero del 4 maggio, di pochi giorni fa). Costoro vengono penalizzati con provvedimenti sulla libera professione intra moenia, la cui non piena realizzazione, come è dimostrato - l'ha detto lo stesso Ministro -, è colpa delle regioni, le quali non hanno neanche attinto alle disponibilità economiche per fare in modo che questo avvenga all'interno delle strutture.
Quanto al contratto degli specializzandi, al riguardo qualcuno ha parlato, come l'onorevole Lussana, del problema del personale che opera nelle nostre aziende sanitarie locali. Per questi specializzandi - onorevole Zucchelli, lei è sensibile - esistono i fondi che abbiamo introdotto con la nostra legge finanziaria. Esiste una normativa. Non è possibile che siamo quasi giunti alla fine di un anno accademico e costoro non hanno ancora avuto il contratto e si rischia per i nuovi specializzandi di saltare i bandi di concorso. Insomma, non è questa certamente la sanità che i cittadini italiani desiderano e che gli italiani sono stati abituati a conoscere nel passato.
Per tali motivi Forza Italia è contraria al provvedimento in esame, nel testo sottoposto all'Assemblea: pertanto esprimeremo voto contrario, se non sarà introdotto un profondo cambiamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mazzaracchio. Ne ha facoltà.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Arrivati a questo punto devo confessare che non senza difficoltà prendo la parola, in quanto mi pare di fare un discorso tra sordi. Se dovessimo trattare il problema della sanità nella sua globalità, ossia il pianeta della sanità in Italia, credo non sarebbe sufficiente tutta la legislatura.
Arriviamo quindi al tema in esame, vale a dire il risanamento dei debiti di alcune regioni. Ebbene, su questo argomento, signor sottosegretario, signor Presidente, signori della maggioranza, che cosa ci divide?
Abbiamo già fatto un passo avanti e qualcosa è stato già eliminato: il problema del ticket. Inoltre, è stata sollevata una questione - quasi una mediazione - dal sottosegretario Lettieri, il quale affermava che, per quanto riguarda i crediti e i debiti Pag. 56dei fornitori, dobbiamo stralciare il consolidato. Coloro che non hanno avviato l'azione giudiziaria devono stare fermi per 12 mesi.
Tutti noi sappiamo ciò che propone il sottosegretario. È previsto il divieto per il giudice del riesame di esaminare nuovamente ogni questione coperta dal giudicato, la cui integrità rappresenta un cardine del nostro sistema giuridico, il quale resiste anche alla costante giurisprudenza della suprema Corte di cassazione. Il sottosegretario quindi non ci regala nulla.
Se anche superassimo il problema dei ticket, non potremmo superare quello dei creditori, che oltre ad essere un problema economico, è anche un problema morale. Possiamo non pagare chi ha retto la sanità fino ad oggi nelle regioni inadempienti, poco accorte? Se si operasse in questo modo gli ospedali avrebbero dovuto già chiudere.
Credo che nelle Commissioni anche i colleghi della maggioranza fossero d'accordo su tale argomento. Come mai ora si cambia idea? Il Governo, quindi, deve fare un altro passo avanti.
Rimane un terzo problema, che ho sollevato anche stamattina: pensate davvero che le quindici regioni virtuose, che hanno provveduto ad imporre fiscalmente le loro iniziative ai cittadini dei rispettivi territori, possano non partecipare in alcun modo al riparto dei 3 mila milioni messi a disposizione? Tali regioni, peraltro, a mio avviso non sono quindici, visto che il Governo stesso confessa di non avere le idee chiare sull'entità della massa debitoria delle regioni nella sanità.
Capisco che il Governo si sia trovato in difficoltà perché, amico Astore, esso ha seguito una strada che altri Governi, sia di centrosinistra, sia di centrodestra, non hanno seguito. Hai ragione quando affermi che anche nel 2001, nel 2002 e nel 2003 vi è stato il ripiano dei debiti, ma tale ripiano è avvenuto diversamente. Il Governo, infatti, ha messo a disposizione le cifre occorrenti, ma in seguito le regioni autonomamente si sono riunite - o meglio ci siamo riuniti, visto che in quegli anni esercitavo le funzioni di assessore alla sanità in Puglia - ed hanno di comune accordo stabilito la ripartizione dei fondi in base alle esigenze delle varie regioni.
Ci siamo poi rivolti ai ministri competenti, al Ministro della sanità, ma soprattutto al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, come potrebbe confermare il professor Sarda, che allora seguiva tali questioni, per comunicare l'accordo raggiunto dalle regioni. Potremmo oggi seguire lo stesso binario. Non vedo perché il Governo dovrebbe farsi carico degli errori che altri hanno commesso. Non lo capisco più!
Oltre al problema del ticket, vi è il rischio del blocco dei fornitori, di fronte al quale il Governo si troverebbe in grave difficoltà. Una soluzione potrebbe essere lo stralcio di una parte dei previsti 3 mila milioni - non dico la fetta più consistente, ma una fetta che abbia natura simbolica - per dire alle regioni virtuose: siamo riconoscenti dei sacrifici che avete fatto. Stralciate una parte dei 3 mila milioni ed il discorso è chiuso. Altrimenti non ne usciamo più.
Credo che su tale punto dovremmo essere tutti d'accordo. Se invece intendiamo aprire il discorso sul pianeta sanità, credo che potremmo concluderlo solo a fine legislatura.
Questo è quindi il problema che attualmente ci riguarda da vicino e che ha formato oggetto di trattazione presso le Commissioni V e XII. Sullo stesso tema vi sono state anche altre riunioni.
Si sono alternati cinque, sei sottosegretari, non abbiamo avuto il piacere di vedere un ministro, non perché i sottosegretari non vadano bene, ma gli argomenti sono rimasti gli stessi. Se riusciamo a superare questi tre problemi, se la maggioranza dei deputati converge nelle Commissioni su questi argomenti, se anche il Governo si associa, io credo che già questa sera potremmo chiudere questa contesa insensata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Il provvedimento in esame presenta numerosi profili Pag. 57di illegittimità costituzionale, come abbiamo più volte evidenziato negli interventi svolti da altri colleghi del gruppo della Lega Nord Padania: la violazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione; la violazione dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza (poiché, come noto, la Costituzione prevede possano essere adottati dal Governo decreti-legge solo nei casi di straordinaria necessità ed urgenza, mentre, nel caso in esame, trattandosi del ripiano selettivo dei disavanzi risalenti al periodo 2002-2005, è evidente che non si ravvisano le condizioni per ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza); la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, previsto dall'articolo 97 della Costituzione; la violazione del principio del riparto della potestà legislativa, di cui all'articolo 117 della Costituzione, in contrasto anche con la sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 29 dicembre 2004, la quale stabilisce che non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alle leggi regionali; infine, la violazione del principio dell'autonomia e responsabilità finanziaria regionale, di cui all'articolo 119 della Costituzione.
Di fatto, al di là di queste violazioni costituzionali, che dovrebbero di per sé fermare l'iter del provvedimento, è politicamente inaccettabile che l'accesso ai 3 miliardi di euro disponibili sia stato riservato solo ad alcune regioni, quelle meno virtuose. Queste sono state più volte elencate, in particolare le regioni Lazio e Campania, mentre le altre regioni vengono doppiamente danneggiate, avendo accumulato disavanzi o non avendo provveduto tempestivamente con risorse proprie al ripiano dei medesimi.
È politicamente inaccettabile che lo Stato rinvenga tempestivamente 3 miliardi di euro per ripianare i disavanzi di queste regioni meno virtuose, mentre da oltre tre mesi, grazie alla legge finanziaria di questo Governo di centrosinistra, continua a rimanere in vigore l'iniquo ticket di 10 euro a ricetta sulle prestazioni di diagnostica e specialistica, perché lo Stato - apparentemente - non riesce a trovare gli 811 milioni di euro necessari per la sua soppressione, meno di un quarto della somma complessiva che finanzierà il decreto-legge in esame.
Si parla tanto di «tesoretto», ma è evidente che per coloro che amministrano questo Paese, dunque per il centrosinistra, non è importante risolvere i problemi dei cittadini e cercare di far loro pagare meno tasse, ma portare avanti una politica centralista e assistenzialista, che ispira gli ideali di questa maggioranza e di questo Governo.
Noi - la prima firma è del collega Garavaglia - abbiamo presentato una proposta di legge che prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause dei disavanzi nella sanità regionale. È una proposta che finalmente, se venisse accettata dall'Assemblea, farebbe luce su tutti gli sprechi che si registrano nelle tante regioni, soprattutto nel Mezzogiorno di questo Paese, che ricevono i soldi dello Stato centrale ma li sprecano e non riescono ad offrire un servizio sanitario efficiente ai loro cittadini. Tant'è che molto spesso, purtroppo, i cittadini meridionali sono costretti a trasferirsi al nord per curare le numerose patologie che li colpiscono, poiché non trovano al sud ospedali in grado di affrontare queste malattie in modo adeguato.
Chiederemo a tutto il Parlamento di approvare la nostra proposta di legge, che finalmente permetterà di capire le vere motivazioni del disagio dei cittadini che pagano le tasse ma non ricevono un servizio adeguato da parte delle regioni, ma soprattutto perché la politica, nelle regioni del sud - penso al Lazio, alla Campania, ma non solo -, non riesce effettivamente a pareggiare i bilanci e a dare un servizio adeguato ai propri cittadini.
Al nord, lo dico molto chiaramente, in Padania, noi siamo stanchi di vedere liste di attesa lunghissime nei nostri ospedali, soprattutto perché ci sono pazienti che arrivano da altre regioni. Chi paga le tasse in Veneto, molto spesso, se vuole essere Pag. 58visitato da un primario in un ospedale veneto, si rivolge allo sportello, dove gli dicono che il primario lo visiterà fra un mese, due mesi, tre mesi, a volte anche cinque o sei mesi, vista la lunghezza delle liste d'attesa; è chiaro che, poi, gli viene offerta immediatamente la possibilità di recarsi in una casa di cura dove, in due o tre giorni, potrà essere visitato dallo stesso primario.
Se non si risolverà questo problema, è evidente che le nostre regioni saranno costrette a fare due liste d'attesa. In una lista d'attesa prioritaria avranno accesso i cittadini veneti che pagano le tasse in Veneto, i cittadini lombardi che pagano le tasse in Lombardia e quelli delle regioni in cui c'è una sanità che comunque funziona; poi verranno gli altri. Questa responsabilità non sarà a carico di chi amministra le regioni del nord, ma del Governo centrale, che con provvedimenti come questo non fa altro che incentivare chi crea disavanzo e non ha una gestione virtuosa della propria attività sanitaria.
Siamo stanchi di vedere questi provvedimenti centralisti e assistenzialisti, che vessano sempre il nord e che determinano di fatto, secondo noi della Lega Nord, un disagio sempre più diffuso: basta leggere i giornali per vedere quanti comuni del nord chiedono l'annessione, per esempio, alle province autonome di Trento e Bolzano. Io sono veronese e nella mia provincia vi sono già diversi comuni che hanno iniziato l'iter per arrivare ad un referendum per l'annessione al Trentino-Alto Adige. Lo stesso avviene a Vicenza, nell'altopiano di Asiago, dove in alcuni comuni che hanno votato il 94 per cento dei cittadini ha chiesto l'annessione al Trentino-Alto Adige, non perché non si sentano più veneti, ma perché sono stanchi e stufi di essere considerati cittadini di «serie b». In Trentino-Alto Adige, giustamente, i soldi che si pagano con le tasse rimangono sul territorio, mentre questo non è concesso ai veneti: è inaccettabile!
Chi governa in questo momento il Paese, rinchiuso nei palazzi romani, - questa è la colpa più grossa che avete -, ha perso qualsiasi contatto con i cittadini, con chi vive i problemi reali del Paese. Chiudendovi nei palazzi, di fatto, siete ciechi a qualsiasi richiamo di federalismo che proviene dal territorio: sbagliate! Il meccanismo che si è innescato con l'approvazione da parte delle Camere del progetto federalista della devolution, che poi è stato bocciato nel Paese, non ha certo fermato la voglia e la volontà di libertà, di indipendenza, di federalismo delle regioni nord, ma le ha accentuate.
Provvedimenti come questo non fanno altro che portare sempre più disagio al nord e probabilmente causeranno prima o poi lo scatenarsi al nord di quella rivolta che permetterà di dividersi da questo Paese. Sono questi provvedimenti razzisti che non vengono capiti, come non è capita la politica di questo Governo, già realizzata con la legge finanziaria, che va sempre a penalizzare il nord - dimenticato nella stessa composizione dei ministri di questo Governo: da Milano al Friuli, non c'è un ministro veneto -, aumentando le tasse in Veneto, e che vede la Guardia di finanza scatenata nei confronti dei piccoli e medi imprenditori, dei commercianti del nord, del nord-est, che sono quelli che mantengono il Paese e che producono il 70 per cento del PIL.
È una politica così cieca, così ottusa che di fatto, ancora una volta, va a «schiaffeggiare» chi lavora onestamente, paga le tasse e, in cambio, chiede il rispetto della legalità, ma anche servizi, che tra l'altro non vengono erogati in modo equo. Si va addirittura a tassare nuovamente e a penalizzare chi ha già pagato, comunque, «fior di tasse» per avere una sanità decente.
Sono altri i provvedimenti che chiediamo a questo Governo.
Per esempio noi in Veneto siamo stanchi e stufi di avere insegnanti non veneti nelle nostre scuole, e con le vostre proposte di legge ed i disegni di legge del Governo intendete ancora un volta aumentare il numero di insegnanti provenienti da altre regioni.
Siamo stanchi di avere in Veneto solo magistrati originari di altre regioni, come Pag. 59la Calabria, la Sicilia, la Sardegna, la Campania, i quali evidentemente non amano la nostra terra.
In questi giorni si ricorda l'anniversario dei patrioti serenissimi che ebbero il coraggio di issare la gloriosa bandiera di San Marco sul campanile di Venezia, e che furono incarcerati. Si diedero giorni di carcere senza indulgenza ai patrioti «venetisti», a fronte della libertà assoluta per chi magari non rispetta le leggi, come i tanti extracomunitari che i magistrati di questo Paese, invece di condannare, lasciano liberi sulle nostre strade.
I provvedimenti che state portando avanti - ad esempio quello sul diritto di voto agli extracomunitari e quello sull'abbassamento del numero di anni per ottenere la cittadinanza italiana - urlano vendetta e sempre più provocheranno divisioni nelle nostre regioni.
Al nord tali misure - lo posso assicurare - non sono volute dalla stragrande maggioranza dei cittadini e verranno fortemente contestate, non solo attraverso le nostre raccolte di firme sul territorio, ma dal popolo stesso, che non vuole più subire le angherie dei tanti extracomunitari clandestini, venuti nel nostro Paese per violare la legge, per spacciare droga fuori dalle scuole, per specializzarsi nei furti negli appartamenti, nelle rapine, nello sfruttamento della prostituzione, e che riempiono le nostre carceri per stupri e quant'altro.
Tutto ciò non è più accettabile e prima o poi farà«saltare» il Paese.
La Lega Nord da tempo lancia allarmi in tal senso ma nessuno ci ha ascoltato e molte volte ci date dei razzisti semplicemente perché vogliamo tutelare e difendere la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra cultura. Siamo orgogliosi delle radici della nostra terra e vogliamo difendere tali valori, al contrario di voi che, invece, volete in qualche modo sradicarli.
Saremo sicuramente in prima fila per batterci contro il provvedimento in esame e contro gli altri che intendete portare in aula per farli approvare dal Parlamento. Alla Camera la maggioranza del centrosinistra è molto più forte, ma al Senato la battaglia sarà sicuramente ancora più dura di quanto il Regolamento della Camera ci consenta, ma il vero confronto sarà sul territorio: si terranno le elezioni amministrative, ci sarà la raccolta delle firme, ed è in tale ambito che ci confronteremo soprattutto con i tanti parlamentari traditori del nord che sono nel centrosinistra e che intendono votare questo provvedimento. Costoro, eletti nelle liste di Rifondazione Comunista, dei DS, della Margherita, dei Verdi, voteranno un provvedimento che di fatto vesserà ancora di più i cittadini che vivono nelle regioni le cui amministrazioni riescono, nei limiti dei loro bilanci, ad offrire un servizio sanitario adeguato.
È una vergogna, lo abbiamo più volte dichiarato in questa aula e di questo dovrete comunque rispondere ai cittadini.
Secondo i sondaggi siamo in vantaggio ma ciò ci interessa poco. Dobbiamo cercare in tutti i modi di bloccare l'azione del Governo, e se non ci riusciremo in Parlamento lo faremo nelle piazze.
La gente è dalla nostra parte e ci sostiene sempre di più perché ha capito le falsità che avete asserito in campagna elettorale: tre miliardi di euro per ripianare i debiti del Lazio e della Campania mentre non si sono trovati 811 milioni di euro per eliminare l'iniquo ticket che in Veneto, in Lombardia, è costretto a pagare chi si rivolge al pronto soccorso.
È dunque evidente che un atteggiamento del genere non potrà non accelerare il processo di divisione che c'è nel Paese, nel quale il nord lavora e produce ed il centro-sud vuole farsi assistere da un Governo centralista e assistenzialista. Tale divisione sarà sempre più accentuata e - non nascondiamocelo - sicuramente determinerà anche scontri sociali. Chi paga le tasse al nord e fa fatica ad arrivare a fine mese, non è disposto - credo sia ovvio - a vedere sprecare i suoi soldi da un Governo che non vede i problemi del nord ma che pensa solo a ripianare le inefficienze dei suoi amministratori che in questo momento governano le regioni del sud, le quali sono tutte governate da amministratori di centrosinistra, incapaci...
PRESIDENTE. Deputato Bricolo, la prego di concludere.
FEDERICO BRICOLO... Marrazzo, un incapace, Bassolino, un incapace, persone che comunque guidano delle regioni che dovrebbero essere commissariate visto il buco che hanno provocato nel settore sanitario e che invece trovano il sostegno e l'appoggio di questo vergognoso Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo e colleghi, devo dirvi che in questi giorni ho cercato sui giornali, sui quotidiani di trovare notizia di quello che sta accadendo in questi giorni nelle aule del Parlamento e nelle Commissioni. Ritengo che qui stiamo parlando di cose fondamentali, importanti che riguardano tutti i cittadini italiani, cioè la salute dei cittadini italiani, qualcosa di fondamentale per la vita di tutti, soprattutto per le categorie più deboli e più esposte.
Non trovo niente sui giornali se non qualche trafiletto su Il Sole 24 Ore. Oggi, in particolare, si legge su Il Sole 24 Ore un bell'articolo intitolato «L'economia del sentito dire»; c'è un'indagine ISAE che rileva che due terzi degli italiani non sanno rispondere sugli indicatori economici. Insomma non sanno cose fondamentali che invece sarebbe bene che i cittadini sapessero per poter capire quello che fa la «politica dei palazzi». Secondo questo articolo, è il bombardamento di messaggi che confonde le idee: troppi dati, siamo subissati da tanti dati, nuovi mezzi tecnologici che ci forniscono troppe informazioni per cui noi ci perdiamo nel mare di queste informazioni.
Credo, invece, che sicuramente questa tesi sia vera ma che ci sia un problema anche nel nostro sistema d'informazione. Colleghi, è curioso che i principali quotidiani e i principali telegiornali non diano informazione di quello che sta accadendo rispetto a questo decreto-legge, né quando questo decreto-legge era all'esame del Senato, né in questi giorni che è all'esame della Camera. Sale invece la voglia, sempre da molti di questi mezzi d'informazione, da molti protagonisti, giornalisti anche importanti del mondo dell'informazione, di sottolineare (ma più che sottolineare io dico fomentare) una sorta di distacco che ci sarebbe, secondo loro, tra il Paese reale e la politica. Io mi sento di sottoscrivere in pieno questa analisi se il distacco tra il Paese reale e la politica è il distacco tra il Paese reale e questa maggioranza, se è il distacco tra Paese reale e questo Governo!
Noi siamo in campagna elettorale in molti posti; nei nostri appuntamenti elettorali ci sono centinaia di persone, migliaia di persone che accorrono, che vogliono partecipare, che vogliono mandare a casa questo Governo. Allora, diciamo le cose come stanno: la distanza non è tra il Paese reale e la politica tout court, la distanza è tra il Paese reale, da un lato, e questa maggioranza e questo Governo, dall'altro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Quello che stiamo trattando in questi giorni è la conferma di ciò, signori. Noi siamo allibiti! Se dobbiamo andare sul territorio di persona perché, lo ripeto, non ci sono mezzi di informazione che ci sostengono, dobbiamo spiegare delle cose che hanno dell'incredibile.
Noi abbiamo seguito in queste aule con grande serietà i lavori, con grande disponibilità, con grande pacatezza, ma stiamo anche perdendo la pazienza, perché stiamo parlando di cose, ripeto, fondamentali per i cittadini italiani tutti. Non importa per chi hanno votato, se hanno votato la destra, la sinistra o il centro. Sono cose vitali per tutti i cittadini, sia per quelli che vivono nelle regioni virtuose sia per quelli che vivono nelle regioni non virtuose e che hanno degli amministratori che non si meritano e che vanno penalizzati e al più presto mandati a casa.
Ci sono emendamenti in questo senso, che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.Pag. 61
Stiamo parlando anche di migliaia di posti di lavoro, perché pensiamo alle tantissime aziende, piccole e medie, che forniscono servizi alla sanità e che dal decreto-legge in esame potrebbero essere messe in seria difficoltà. Ho sentito su questo punto anche appassionati interventi dei colleghi della maggioranza, ma li aspetto al varco, voglio vedere come voteranno! A me sembra che questo sia il Governo delle chiacchiere, la maggioranza delle chiacchiere, ma poi quando c'è da votare si vota la qualunque.
Il collega Astore - io l'ho ascoltato con attenzione - si congratulava per la concertazione con le regioni, per l'accordo tra le regioni. Caro collega, voglio ricordare che è stato presentato un ricorso dalle regioni Veneto e Lombardia alla Corte costituzionale. Quello di cui si lamentano i due governatori è proprio la mancanza di trasparenza; si lamentano perché il Governo ha disatteso l'accordo che si era raggiunto nella Conferenza Stato-regioni. Il ricorso solleva poi la questione della incostituzionalità del decreto-legge in esame. Noi siamo perfettamente d'accordo, perché se lo Stato interviene a pagare i debiti delle regioni che non hanno gestito la sanità con criteri virtuosi, è evidente che si penalizzano le amministrazioni virtuose, che hanno preso, come abbiamo fatto noi in Veneto, decisioni anche difficili, di impatto anche impopolare; ma quando si ha veramente il coraggio di scelte coraggiose, di politiche chiare, trasparenti, non demagogiche, i risultati si ottengono. Credo, quindi, che non sia un caso se in Veneto ancora oggi vengono a farsi curare quasi centomila cittadini delle altre regioni. Noi siamo orgogliosi di tale dato, ma vorremmo che questi cittadini potessero curarsi nelle loro regioni, perché sappiamo quanto è scomodo, quanto è gravoso fare i «pellegrinaggi della salute».
Ci domandiamo perché i nostri cittadini, che si sono sempre pagati i loro debiti, dovrebbero pagare anche i debiti di altre regioni. Mi chiedo anche: perché salvare gli amministratori che si sono comportati male, che hanno penalizzato i loro cittadini, facilitando loro la strada? Anche i cittadini, lo ripeto, delle regioni mal gestite non traggono giovamento dal decreto-legge in esame perché continuiamo a lasciare queste regioni in mano ad amministratori che governano male, che continueranno a contrarre debiti. E guarda caso spesso i maggiori debiti corrispondono ai maggiori disservizi, alla peggiore sanità, al peggiore Servizio sanitario nazionale.
Il Ministro Livia Turco afferma che col provvedimento in esame si toglie a queste regioni una parte di sovranità, quindi la penalizzazione c'è. Ma di quale sovranità parla? Le regioni in questione spendono, fanno debiti, e noi togliamo loro l'unica sovranità di pagarsi i debiti, perché arriva lo Stato e glieli paga. Io lo chiamerei centralismo, assistenzialismo, non direi certo che togliamo loro un pezzo di sovranità!
La verità, cari colleghi, è che con il decreto-legge in esame il Governo sceglie di avallare e premiare il comportamento degli amministratori meno responsabili, oltre tutto sanando i debiti a posteriori e anche qui in palese contrasto con l'articolo 119 della Costituzione, che afferma il principio della piena responsabilità finanziaria che le regioni devono assumersi in relazione alle funzioni di cui sono titolari. Questo non è certo il modo di stimolare una maggiore responsabilizzazione, tutt'altro. Con il provvedimento in esame si dice: fate quello che volete, tanto poi arriva lo «Stato-mamma» e sistema tutto, pagando.
È un segnale veramente devastante ed inoltre, lo ribadiamo e lo continueremo a ribadire fino all'ultimo se le cose non cambiano, anticostituzionale. Ho qui trascritto parte dell'articolo 119 della Costituzione: «I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti». Cosa vuol dire? Ma c'è spazio per l'interpretazione? A me sembra chiaro! Vuol dire che lo Stato non può prestare garanzie, vuol dire che le regioni non possono indebitarsi per le spese correnti.Pag. 62
A me sembra che le spese sanitarie siano spese correnti. Negli anni passati abbiamo lavorato per attuare questa norma; sicuramente è stato faticoso, ma ci abbiamo lavorato. Improvvisamente, adesso, la norma costituzionale non conta più e si pongono, invece, le premesse per altre, future richieste di finanziamento da parte delle regioni.
Negli anni passati si è sempre cercato l'accordo con le regioni per stabilire la ripartizione dei finanziamenti relativi alla spesa sanitaria; il ricorso di varie regioni - lo ribadisco - conferma che questo accordo, questa volta, non c'è stato.
Mi domando, poi, che fine hanno fatto quegli impegni - assunti dal Governo a livello europeo - che ponevano il controllo della spesa sanitaria nell'ambito delle riforme strutturali. Qui non solo non c'è alcuna riforma strutturale, ma è anche evidente che il Governo ha rinunciato a qualunque tipo di controllo sulla spesa sanitaria, anche se, ad onor del vero, non si tratta solo di questa.
Passiamo all'esame di un altro punto che riguarda il problema della sospensione delle procedure esecutive nei confronti dei creditori del Servizio sanitario nazionale scaturite, queste, da un emendamento al Senato. Devo dire che, pure in questo caso, molti colleghi, anche appartenenti alla maggioranza, hanno espresso delle perplessità in quanto, di nuovo, ci troviamo in palese contrasto con una norma, con la direttiva 2000/35/CE.
Non ne avete abbastanza di fare brutte figure a livello internazionale? Pensate al cuneo fiscale selettivo. Ciò non è accettabile. Se voi non cancellate questa parte del decreto-legge, portate l'Italia verso un'ennesima procedura di infrazione che comporterà nuove sanzioni, spese legali e interessi da pagare. Quindi, oltre al danno anche la beffa!
Come ho detto anche ieri, credo che, su questo punto, abbiamo bisogno di un chiarimento del Governo.
Infine, c'è la questione della copertura finanziaria, l'ultimo punto su cui mi voglio soffermare. Si tratta di una vicenda, anche questa, abbastanza singolare. Faccio riferimento alla copertura finanziaria relativa, prima alla riduzione e poi all'eliminazione del ticket. Tale questione presenta degli aspetti veramente paradossali ed è emblematica dello stato confusionale del Governo e della maggioranza che lo appoggia.
Vale la pena di ripercorrere l'iter di questa vicenda, anche se molto brevemente, per sommi capi. Al Senato, il modo di procedere alla copertura finanziaria, inizialmente prevista dal Governo, che prelevava risorse finanziarie dal Fondo rotativo per le politiche comunitarie, è venuto meno perché ritenuto non percorribile. Successivamente, il Governo ha accettato la decurtazione dei Fondi per le politiche sociali, scatenando una guerra tra poveri. Ci sembra veramente una grande ipocrisia che un Governo, che pretende di sostenere welfare e famiglia, avalli una guerra tra poveri.
Abbiamo visto, al Senato, il Ministro e la sua maggioranza, finanziare la riduzione del ticket con il saccheggio dei fondi sociali, del Fondo per la famiglia, per la non autosufficienza, per la ricerca - non una ricerca qualunque: la ricerca per la salute - tutti punti fondamentali. Nonostante questo saccheggio, la tassa iniqua non è sparita, ma è stata solo ridotta. Un saccheggio che ottiene, quindi, anche un risultato parziale, perché questa tassa - iniqua, lo ripeto - è stata solo ridotta, non abolita. E chi l'aveva introdotta? Guarda caso, sempre voi! Ve la siete venduta già due volte perché in due occasioni c'è stato il tam tam dei mezzi di informazione che seguono con attenzione e accortezza quello che accade in quest'aula. Innanzitutto, con il provvedimento cosiddetto «milleproroghe», con cui avete scaricato sulle spalle delle regioni l'onere di trovare la copertura finanziaria, tant'è vero che la regione Veneto ha presentato ricorso. Adesso, però, siamo ancora qui a discuterne e, quindi, per il momento, non ne siamo usciti.
Tutto ciò dà l'impressione che si tratti di una mera operazione di comunicazione, ma tali operazioni, come ben vediamo, non risolvono i problemi contabili; mi sembra che sia un altro vero capolavoro. Pag. 63A questo proposito, per dimostrare che si tratta di un'operazione di comunicazione, un importante esponente della vostra maggioranza al Senato - non lo cito per carità cristiana - ha affermato: « Il fatto politico importante che emerge agli occhi dell'opinione pubblica è che il Senato ha contribuito a ridurre il ticket sulle prestazioni sanitarie. Ciò è kafkiano, ripeto, perché avete contribuito a ridurre il ticket che voi stessi avete introdotto!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 18,30)
ELISABETTA GARDINI. La stessa persona, poi, per convincere i colleghi ad accettare il "saccheggio" dei fondi del sociale, aggiunge: davvero si può pensare che non si disponga di risorse tra la Camera e il Senato, per riuscire ad elaborare, nel tempo che ci separa dalla data ultima di conversione del decreto-legge, una copertura più opportuna?
PRESIDENTE. Onorevole Gardini...
ELISABETTA GARDINI. Concludo, Presidente. E prosegue: bisognerebbe chiudere questa giornata in maniera da dire agli italiani: guardate che vi abbiamo abbassato il ticket da 10 a 3 euro e mezzo, e da questo indietro non si torna.
Concludo dicendo che sarebbe stato più semplice non prevederlo affatto, come avevamo detto noi. Resta infine lo stupore di un Governo che trova 3 miliardi per ripianare i debiti delle regioni e non trova la copertura...
PRESIDENTE. Onorevole Gardini, la prego di concludere.
ELISABETTA GARDINI. Vorrei aggiungere un'ultima considerazione: non abbiamo avuto il piacere di avere il Ministro qui presente, in questi giorni, però ringrazio i sottosegretari e mi auguro di non ascoltare ciò che abbiamo udito al Senato, dalla bocca del Ministro Turco, la quale ha affermato che il Governo si sarebbe rimesso all'Assemblea sull'intero emendamento a proposito del ticket, affermazione che mi sembra di aver ascoltato anche in questa sede, ieri, da un sottosegretario...
PRESIDENTE. Mi dispiace molto onorevole, ma ha già superato di molto il tempo a sua disposizione.
ELISABETTA GARDINI. È l'incapacità di questo Governo di garantire... (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche noi socialisti, noi del gruppo DC-nuovo PSI, desideriamo apportare un contributo di critica aspra a questo decreto-legge. Condividiamo infatti i molti interventi che sono stati svolti, come quello dell'onorevole Gardini, sulla sua incostituzionalità. Tuttavia, onorevoli colleghi, vogliamo anche essere facili profeti: veramente pensiamo che i debiti di questa regione e di altre regioni meno virtuose ammontino solamente a 3 miliardi di euro? Veramente diciamo questo agli italiani? Sappiamo tutti che sono molti di più, perché nelle citate regioni vige la regola di spendere e di falsificare i bilanci.
L'articolo 119 della Costituzione, citato dall'onorevole Gardini, stabilisce che le regioni e gli enti locali possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento e che è esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. Cosa significa ciò? Che dal 2001 al 2005, in quelle regioni, sono stati falsificati i bilanci, con tanto di visto dei revisori dei conti! Si tratta di una materia che i giudici dovrebbero prendere in considerazione, perché stiamo parlando di frode!
In queste regioni, onorevoli colleghi, non si tratta di una spesa che non è stata controllata una tantum, non si tratta di una spesa legata ad questione di mera urgenza, come un'epidemia o una situazione sanitaria particolare per la quale si è dovuti intervenire. Si tratta di una spesa Pag. 64strutturale. Ed è strutturale perché nelle regioni di cui si è parlato, così come in quelle che hanno il debito e non lo dicono, la spesa riguarda il personale; tali regioni hanno un personale che, rapportato a posti letto e a prestazioni sanitarie, è dieci volte superiore a quello di altre regioni. E parliamo di altre regioni virtuose, che non sono solo la Lombardia e il Veneto, ma anche la Toscana e l'Emilia-Romagna. Se vogliamo essere seri e coerenti, dovremmo citarle tutte - mi rivolgo anche agli amici della Lega -, dovremmo riconoscere che ci sono anche altre regioni virtuose, come il Piemonte, però ce ne sono moltissime in cui la spesa è strutturalmente alterata. Perché avere una convenzione di importo dieci volte superiore in certe regioni rispetto ad altre, avere a nolo materiale sanitario per un importo cento volte superiore, significa che la spesa è strutturalmente alterata!
Nel 2006, tali regioni hanno ancora spese e disavanzo, così come continueranno ad averne nel 2007 e nel 2008, in contrasto con quanto previsto dalla modifica del Titolo V della Costituzione. Non l'abbiamo voluta noi, bensì qualcun altro. Come prevede la Costituzione, lo Stato non deve intervenire in campo sanitario. Giustamente, la regione Lombardia, il Veneto e la Corte costituzionale hanno espresso riserve e si sono opposte a questo provvedimento.
Vi invito, onorevoli colleghi, a recarvi in Campania e in altre regioni italiane in cui il disavanzo sanitario è sotto gli occhi di tutti, in quanto, in tali regioni, la campagna elettorale si fa con le assunzioni in campo sanitario. Si portano in tali aree le cooperative, rosse o bianche che siano. Questo è delinquenziale e veramente grave! Si agisce sulla salute del cittadino, il quale, dopo, per chiedere assistenza, si deve rivolgere al nord.
Non posso condividere quanto dicono i colleghi della Lega, e cioè che si debbano fare due liste di attesa, una regionale ed una extraregionale, in quanto i livelli essenziali di assistenza devono essere diffusi su tutto il territorio nazionale. Questa è l'idea dei socialisti riformisti; gli altri sono comunisti e non hanno nulla a che vedere con questo tipo di idee.
I livelli essenziali di assistenza sono e devono essere rispettati. Finalmente, sto riportando la verità nuda e cruda, anche se so che vi fa male sentir dire che, con i soldi della sanità, si fa campagna elettorale, per non parlare di tutto il resto.
In Campania, oltre ad una sanità allo sfacelo, c'è anche la politica dei rifiuti. A Napoli (ci sono stato l'altro giorno), si vedono rifiuti dappertutto. È inutile decretare lo stato di calamità naturale insediando Bertolaso quale commissario straordinario. C'è un'alterazione strutturale ed una collusione tra regione, comuni, incapacità di amministrare e associazioni delittuose, mafiose, di stampo non certamente legale.
Continuando in questo modo, se è vero, come è vero, che il disavanzo non è pari solo a 3 miliardi di euro, ma a sei o dodici, considerando tutte le ASL, gli enti inutili, le province, le comunità montane, l'ATO acque, i rifiuti, le agenzie, le aziende municipalizzate, si può arrivare a fare la fine dell'Argentina, che non è fallita a causa dello Stato centrale, bensì per i debiti che hanno consumato, a livello periferico, gli enti locali, le regioni.
Pertanto, se non si pone rimedio a questa situazione, che è strutturale, e se il Governo non interviene, si altera quanto afferma la Corte europea dei diritti dell'uomo e, soprattutto, non si rispettano, non solo gli articoli della Costituzione (ne sono stati citati diversi: 3, 81, 97, 117, 119, 120), ma anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del Consiglio d'Europa, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
Perché il Ministro della sanità, Livia Turco, non invia degli ispettori per verificare i conti e l'alterazione strutturale dei bilanci presso le ASL dove si sta perpetrando un falso in bilancio e ci sono conti sommersi?
Non basta dire che vengono privilegiati, con questi fondi, i dipendenti precari, che diventano stabili. Questi ultimi non dovevano Pag. 65essere assunti in assenza della copertura finanziaria e, se ciò è avvenuto, è stata commessa un'illegalità.
Pertanto, si compensano e si ripianano illegalità che sono all'attenzione della magistratura. Mi fa specie sentire che anche i rappresentanti dell'Italia dei Valori stanno perpetrando queste illegalità, le stanno condividendo e stanno tenendo «il sacco». Non avevo dubbi, in quanto anche il loro leader ha portato avanti concettualmente illegalità e giustizialismo a senso unico, e non certamente nel rispetto dei valori di quella che per noi socialisti è la giustizia.
Riguardo anche alla proposta di inviare gli ispettori, il sottosegretario riferisca al Ministro della salute che forse dovrebbe mandare gli ispettori un po' dappertutto a controllare questi conti, perché anche altre regioni sono al limite, border line: io credo che abbiano il disavanzo - e ce l'hanno nascosto, sommerso - la Puglia, la Sicilia e molte altre regioni.
Sono queste le considerazioni che volevo fare, come quella concernente i ticket, e concludo, signor Presidente. Questo Governo introduce i ticket e poi dice agli italiani: adesso li ho tolti! Ma è lo stesso Governo che ha commesso un errore, addirittura con uno storico voto di fiducia, ad aver messo dei ticket sulle visite specialistiche! Poi, al Senato afferma di ridurlo a 3,5 euro e poi, con un emendamento, a zero euro. I ticket non si dovevano proprio introdurre! Questa è la dimostrazione che voi dovevate ascoltare chi sosteneva da questi banchi che quel ticket era iniquo!
Non dovete continuare a governare con i paraocchi, perché poi il Paese reale lo sa, si accorge di questa incapacità! Si sta giocando con la salute! In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo abbiamo chiesto una informativa urgente da parte del Ministro della salute sui fatti accaduti in Puglia, perché sono gravissimi: si muore, si muore di malasanità! Bisogna stare attenti! Il Paese deve preparare, predisporre le possibilità di ispezionare, di verificare l'anarchia che esiste in certe regioni e in moltissime ASL!
Soprattutto, i soldi a chi si tolgono? Alla ricerca! Lo voglio dire agli amici della Rosa nel Pugno ed al Ministro Mussi: sono stati sottratti alla ricerca i soldi per compensare le minori entrate dei ticket! Smettiamola quindi di dire che bisogna potenziare la ricerca: quando si sta per approvare un provvedimento volto a tamponare il ricordato disavanzo, si sottraggono fondi alla ricerca ed ai servizi sociali, soprattutto agli handicappati.
Credo che oggi sia una giornata brutta per il Paese, per questo Parlamento, se dovesse essere approvato questo disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. È una brutta pagina, di lutto per la ricerca e per le persone più deboli, anche perché - badate bene - questo è un provvedimento che non ha nulla di «sociale», sono stati solamente previsti tamponamenti di tipo assistenziale e clientelare. È questo un voto di scambio che non possiamo continuare a tollerare, non ...
ELIO VITO. Barani, manca il Governo! Fai sospendere!
PRESIDENTE. Onorevole Elio Vito, non interrompa ...
LUCIO BARANI. Signor Presidente, non è presente il rappresentante del Governo. Mi hanno fatto notare che il Governo non è presente in aula. Come posso proseguire, signor Presidente, senza il rappresentante del Governo? Mi deve dare la possibilità di ricominciare ...
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo è ora presente in aula, si è allontanato un istante ed è rientrato (Commenti del deputato Elio Vito). Prego, onorevole Barani, prosegua.
LUCIO BARANI. Ora che è rientrato il Governo riprendo il mio intervento e prendo atto che al Governo non gliene Pag. 66frega nulla di ascoltare i problemi della sanità (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo si era allontanato, ma era presente in aula. Onorevole Barani, prosegua il suo intervento.
LUCIO BARANI. Concludo, signor Presidente, anzi la ringrazio per la sua tolleranza. Volevo concludere con una riflessione a voce alta. Credo - e spero - che tutte le regioni, più o meno virtuose (perché da quello che ho detto regioni virtuosissime, secondo me, non ce ne sono), diciamo quelle che cercano di meglio adempiere ai loro compiti, agiranno di dovere. La modifica del Titolo V della Costituzione ha conferito loro poteri che non avremmo dovuto prevedere. Sicuramente il federalismo fiscale avrebbe aiutato maggiormente in tale direzione e lo Stato avrebbe dovuto partecipare in compensazione per le regioni più deboli. Quindi spero che anche altre regioni di centrosinistra che ho definito «virtuose», quali la Toscana o l'Emilia, presentino un ricorso, dimostrando così di essere capaci di ragionare con la propria testa, e di difendere davvero la sanità del loro territorio, che viene oggi depauperata di fondi in favore di regioni i cui governanti fanno della sanità un obiettivo di campagna elettorale, al fine del mantenimento del potere. La Campania col suo attuale governatore, la città di Napoli col suo attuale sindaco e il Lazio col suo attuale governatore saranno infatti condannati dalla storia - e credo, e spero, anche dall'autorità giudiziaria - per tutto il male che stanno facendo non solo alla sanità di tali territori, ma a quella di tutto il Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera ci troviamo nuovamente a discutere in quest'aula di un argomento che è stato oggetto di dibattito già nelle passate legislature: il ripiano dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. La sanità appare ancora una volta il «buco nero» per un gran numero di regioni, come ha detto il collega Barani, che non sono solo quelle cosiddette cattive, ma anche alcune delle altre: vi sono infatti regioni più ed altre meno virtuose, ma quasi tutte presentano un disavanzo in campo sanitario.
È questa - me lo lascia dire la mia esperienza, anche come presidente della Commissione affari sociali nella passata legislatura - la terza o quarta volta che il Parlamento si accinge a ripianare il disavanzo sanitario delle regioni: questa volta sono stati stanziati 3 mila milioni di euro per il 2007. Eppure, tale disavanzo continua a crescere e sembra non fermarsi mai. Dunque, prima di entrare nello specifico oggetto del provvedimento in esame, su cui sono state già fatte molte considerazioni su cui mi trovo d'accordo, occorre soffermarsi su un problema: perché non si riesce a fermare il disavanzo nella sanità italiana? Mi pare sia necessario cominciare a considerare l'ipotesi che tanto il famoso decreto legislativo n. 229 del 1999, quanto il decreto legislativo n. 502 del 1992 - i due provvedimenti che hanno trasformato il nostro assetto sanitario nazionale -, forse non sono stati così lungimiranti e virtuosi come si era creduto, e che essi hanno forse creato alcuni danni nel campo sanitario. Dobbiamo cominciare a cercar di cambiare qualcosa, rivedendo questi provvedimenti, non dico per intero, ma sforzandoci di attuare un risanamento che ci permetta di governare meglio il settore della sanità.
Dieci anni fa, prima dell'intervento attuato con i citati decreti nn. 229 e 502, ci si lamentava del fatto che la sanità fosse in mano ai baroni: ora che non lo è più, ma è in mano ai politici, non mi sembra che le cose siano molto cambiate; forse, anzi, sono anche peggiorate. Non parliamo poi della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alla competenza concorrente delle regioni la materia sanitaria e socio-sanitaria: questo ha creato una nuova falla, ancora più grave, Pag. 67in questo campo, dando luogo peraltro a disparità che non posso purtroppo non rilevare.
Come sa il sottosegretario Zucchelli, che è persona che vediamo spesso in Commissione, vi sono discrepanze strutturali fra le regioni del nord e quelle del sud e questo gap va ripianato. Vi sono anzi in proposito delle proposte di intervento, anche da parte della sinistra, che mirano alla ristrutturazione della sanità nel Mezzogiorno, che bisognerebbe portare avanti. Perché senz'altro la differenza nel livello dell'assistenza fra nord e sud non dipende dai medici: non penso che un laureato al nord abbia determinati meriti e che un laureato al sud ne abbia meno. La causa sta evidentemente nell'organizzazione della sanità, che deve essere strutturata in maniera meno - direi - scriteriata e meno clientelare di quanto spesso non sia accaduto.
Ma - come diceva il collega Mazzaracchio - se vogliamo discutere dell'universo sanità in generale, possiamo parlare per tutta la legislatura: ognuno di noi ha le proprie idee, che certo potrebbero portare ad un miglioramento dell'assistenza sanitaria.
Come diceva la collega Gardini, nessuno degli assistiti delle regioni meridionali - lo dico ai colleghi della Lega, cui sono vicino - ama trasferirsi al nord per ricevere le cure, ma ci sono anche delle persone che si spostano dal nord al sud per essere curate in alcuni ottimi centri di eccellenza, che ci sono anche da noi.
Faccio un solo esempio: il centro di adroterapia dell'università di Catania, in collaborazione con la facoltà di Fisica, è l'unico attualmente funzionante, istituito già da molto tempo; molta gente si sposta dal nord al sud per curare i tumori oculari. Si tratta di organizzare al meglio queste strutture e di farle sviluppare.
Nella passata legislatura, in seguito a famosi casi di malasanità che sembrava avvenissero solo al sud - stiamo parlando di due o tre anni fa - abbiamo istituito una Commissione di indagine che si recò nel meridione, soprattutto in Sicilia appurando che vi erano, evidentemente, strutture di altissimo livello ed altre che non lo erano. Penso che anche al nord sia lo stesso. Certo, non tutte le strutture sono di altissimo livello e non tutte sono di basso livello.
Ho detto questo per quanto riguarda il campo sanitario in generale. Ma veniamo al decreto-legge in esame, che rappresenta l'ultima «perla». Come ha ricordato l'onorevole Di Virgilio, noi l'avevamo detto al ministro. Prima, il codice verde e il codice bianco: proprio io intervenni in Commissione e il codice verde fu tolto mentre rimase il codice bianco. Ci eravamo opposti pure al discorso del ticket, che ci sembrava eccessivo e adesso si è tornati indietro un'altra volta: il ministro ha fatto un passo indietro, da 10 a 3,5 euro, in un testo approvato al Senato con una copertura che ha un po' «scandalizzato» tutti, sia maggioranza sia opposizione. Fortunatamente, un emendamento approvato da maggioranza e opposizione ha cambiato la copertura, come era giusto che succedesse, perché non si possono sottrarre i finanziamenti alla legge sulla non autosufficienza, che già non ne ha - vedo qui l'onorevole Zanotti, con la quale, ogni tanto, ci ritroviamo e non sappiamo come fare - o alle famiglie, ai disabili, alla ricerca universitaria o al FUS. Si trattava di coperture veramente risibili, da non prendere neppure in considerazione. Fortunatamente, la copertura è stata cambiata, ripristinando quella stabilita dal Senato.
Poi, il ticket è stato abolito; l'ho letto sul giornale. Ma, badiamo bene, è stato abolito solo fino al 2007. Bisogna chiarirlo perché dalla stampa si è era capito che era stato abolito totalmente. È un intervento temporaneo, relativo solamente al 2007.
L'altro punto - giustamente ha fatto rilevare il collega Mazzaracchio che su di esso, al limite, l'accordo sarebbe stato trovato - è il discorso sui debiti pregressi di queste aziende. Se noi sospenderemo veramente il pagamento dei debiti ai fornitori per dodici mesi, credetemi, moltissime ditte fornitrici delle aziende ospedaliere si troveranno in gravissime difficoltà Pag. 68e probabilmente saranno costrette al fallimento, a chiudere o ad indebitarsi ancora di più.
Un altro dei problemi è la spesa farmaceutica. Spesso si parla della spesa farmaceutica e la regione siciliana è una di quelle che sfora i limiti (lo dico tranquillamente); anziché attenersi al 13 per cento della spesa sanitaria, va oltre. I motivi sono tantissimi: può darsi che vi sia un'esagerazione di prescrizioni; c'è, infatti, una medicina che si va sempre più diffondendo - il sottosegretario Zucchelli lo sa -, la cosiddetta medicina difensiva, che spesso determina uno spreco di prescrizioni e di indagini di laboratorio, anche inutili e costose. Ma bisogna fornire l'assistenza ai nostri pazienti e spesso anche i colleghi si trovano costretti a fare questo.
Il problema di bloccare i procedimenti esecutivi è grave e non può essere trascurato. Sarebbe opportuno trovare un accordo, come diceva il collega Mazzaracchio, per stralciare le parti aggiunte al Senato e cercare di procedere in altra maniera; altrimenti davvero vorrei vedere come si andrà a finire negli ospedali e come si opererà una volta terminate le riserve esistenti, nel momento in cui le aziende creditrici nei confronti delle ASL e degli ospedali non verranno pagate e taglieranno le forniture.
Vi è poi un altro punto importante, che è stato evidenziato anche in questa sede, relativo alla ripartizione dei 3 mila milioni di euro. Effettivamente, i colleghi della Lega su questo aspetto hanno ragione; io, peraltro, provengo da una regione, la Sicilia, che forse potrebbe usufruirne maggiormente e, in un certo senso, potrebbe ottenere più fondi. Non possiamo fare di tutta l'erba un fascio e dire «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato», e quindi «premiare» solo chi ha sforato moltissimo, che vedrebbe i suoi debiti riparati, senza dare agli altri niente.
Ciò non è possibile, e lo dico quasi contro me stesso e la mia regione, con il rischio di riceverne politicamente un danno. Una spartizione in un certo senso più equa del fondo di 3 mila milioni di euro previsti per il ripiano dei disavanzi sanitari deve certamente essere operata. Prima di questo decreto, addirittura già si parlava di 2 mila milioni solo per il Lazio e di mille per tutta l'Italia: questo mi sembrava esagerato e mi sarei opposto, ma anche sulla ripartizione bisogna trovare un accordo.
Infine, ed è questo il problema che più mi tocca e mi fa piacere rilevare in questa sede, tutto il ripianamento di cui stiamo discutendo è volto anche a far sì che le regioni predispongano piani di risanamento, in maniera che la situazione cui assistiamo oggi non abbia a ripetersi. Ma questa, signor sottosegretario e colleghi, è la decima volta che sento affermazioni di questo genere in Assemblea e non è più possibile andare avanti così.
Molte regioni, non tutte, hanno trasmesso - come abbiamo letto dalla relazione del ministero - piani di risanamento dei debiti del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di piani validi solo sulla carta, oppure ad essi hanno fatto seguito delibere attuative regionali e locali? Questo è il punto da appurare, altrimenti, non dico tra sei mesi, ma tra un anno o due, saremo di nuovo nella situazione odierna, non sapendo, evidentemente, se alle parole seguiranno i fatti; e ci troveremo di nuovo a rincorrere le regioni che non hanno realizzato un effettivo risanamento, avendo predisposto un piano sulla carta bellissimo, al quale però non sono seguiti atti deliberativi che possano effettivamente portare avanti il piano stesso, ritrovandosi così dopo uno o due anni con lo stesso problema.
Infine, una questione che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda anche la disorganizzazione sanitaria di cui stiamo discutendo. Nel novembre scorso, ho presentato una proposta per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sugli errori in campo sanitario, la quale potrebbe anche allargare la propria indagine fino ad inviare commissari nelle regioni per vedere come vengono ripianati i debiti e spesi i soldi della sanità nelle varie ASL. Questa iniziativa è stata ritardata da novembre ad oggi; finalmente questa settimana, forse giovedì, riusciremo ad iniziare Pag. 69la discussione, mentre sui giornali leggiamo continuamente di incidenti sul lavoro e in campo medico.
Ogni giorno viene denunziato un caso di malasanità: non è più possibile andare avanti così, perché i casi di malasanità, come lei ben sa, sottosegretario Zucchelli, non sono sempre e solamente dovuti a problemi di ordine professionale-medico, che pure esistono (e lo dico io, che sono un medico). Evidentemente, vi sono anche alcuni problemi organizzativi importanti, che non riescono ad essere superati, tanto che poi accade ciò che leggiamo di consueto sui giornali.
Pertanto, se i manager e gli assessori regionali (al limite anche i primari) non riescono a far funzionare la sanità, vengono mandati a casa e sostituiti, poiché esiste la legge che lo consente.
Non è possibile continuare con una tale situazione! Se le colpe sono di ordine organizzativo, in quanto, ad esempio, al posto dell'ossigeno viene erogato il protossido di azoto e non viene fatta compiutamente la pulizia dei locali, provocando in tal modo infezioni nosocomiali che determinano l'aumento delle complicanze, è necessario prendere in considerazione questi aspetti.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIUSEPPE PALUMBO. Non basta costruire ospedali nuovi e bellissime strutture, bisogna anche saperle gestire e farle funzionare.
Istituiamo la Commissione d'inchiesta al più presto, perché non si può continuare con questo «andazzo» che si riscontra nel campo della sanità, per cui, alla fine, tutti ci vogliamo bene, risaniamo tutto e su tutto viene messa una pietra sopra! Non è più possibile, né per i medici né, soprattutto, per i malati e per la nostra assistenza sanitaria. (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia ).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, equità e giustizia sociale: queste, compagne e compagni, sono le vostre parole d'ordine. Le abbiamo sentite echeggiare anche nel recente congresso del partito democratico, ma, purtroppo, rimangono parole vuote, prive di significato, allorché, con il provvedimento in esame, smentite ciò che avete votato nel 2001, quando avete approvato il Titolo V della Costituzione, o nel 2000, quando è stata varata la riforma del sistema del finanziamento della sanità.
In quelle occasioni, avete affermato il principio per cui vi deve essere la responsabilità delle regioni nella copertura dei disavanzi di gestione. Si tratta di un principio che, successivamente, siete stati celeri nello smentire quando, alla prova dei fatti, avete mancato l'appuntamento con i valori e con i principi ai quali vi appellate: equità e giustizia sociale.
Avete derogato a tali principi nel momento in cui avete istituito i ticket sulle visite ambulatoriali: 10 euro che significavano semplicemente una subdola operazione da parte di una sinistra col fiato corto, che aveva bisogno di risorse e quindi utilizzava le regioni per rastrellare ciò che ormai il Governo centrale non era più in grado di raccogliere. Si è trattato di una subdola operazione politica, che è miseramente fallita.
Abbiamo visto i sindacati impegnati in una campagna di discredito nei confronti delle regioni «virtuose», quelle che sanno governare la sanità, e lo fanno con equità e giustizia, nel rispetto dei bilanci e anche nel rispetto delle opposizioni, contrariamente a quanto sta facendo adesso il sottosegretario, che non ascolta l'intervento...
PRESIDENTE. Invito l'onorevole Duilio a non interloquire con il sottosegretario Zucchelli, perché, altrimenti, l'onorevole Caparini giustamente protesta.
DAVIDE CAPARINI. Dato che siamo costretti (e purtroppo lo saremo ancora per lungo tempo) a subire i vostri provvedimenti, perlomeno abbiate la compiacenza di ascoltare i nostri interventi!
Stavo facendo riferimento a manifestazioni contro le regioni, orchestrate dai Pag. 70sindacati, tesi a raffigurare governatori incapaci di gestire la sanità. Così non era.
Abbiamo dimostrato - e voi avete calato la maschera proprio con questo provvedimento - che quei soldi non servivano alla regione Lombardia, né alla regione Veneto, ma semplicemente a ripianare il debito di altre regioni, ovvero quelle incapaci di offrire la sanità di eccellenza che noi lombardi e veneti siamo in grado di offrire.
Ma c'è di più e di peggio. Per quanto riguarda le risorse che nel 2007 siete stati in grado di introitare, avete dovuto apportare alcune modifiche, avendo verificato che l'aumento a 10 euro rendeva poco concorrenziale la sanità pubblica nei confronti di quella privata; avete, pertanto, deciso strumentalmente di abbassare a 3 euro questo ticket, con evidente ritardo e imbarazzo. Proprio un Governo delle sinistre aveva, infatti, consegnato nelle braccia della sanità privata coloro che non erano in grado di pagare il conto salato che voi avevate imposto.
Ancora più grave e scandaloso è, tuttavia, che il taglio che siete obbligati a fare per quanto riguarda il 2008, care compagne e cari compagni, andrà ad incidere sui fondi per la solidarietà per i paesi in via di sviluppo, per la ricerca sanitaria, per la famiglia, per le persone non autosufficienti, per le politiche giovanili (mancheranno all'appello 350 milioni di euro). Stiamo parlando di quei fondi che voi vi siete riproposti di finanziare non solo in campagna elettorale, ma ogni giorno sui giornali ed i mass media compiacenti. Con l'utile di tali tagli, voi coprirete i soliti furbi, i soliti amministratori incapaci, coloro i quali non sono in grado di gestire la sanità e l'assistenza come andrebbe gestita. Smentite, insomma, il patto per la salute che avete da poco siglato, alla faccia delle dichiarazioni pre-elettorali di Prodi: la buona politica, la buona amministrazione, i buoni comportamenti! È questo che intendevate?
Cari colleghi lombardi, dovete e dovrete spiegare ai nostri concittadini perché, a differenza che nel Lazio, loro sono costretti a pagare il ticket, per esempio, sui farmaci; per quale ragione nel Lazio vengono spesi 1,45 miliardi di euro per i farmaci, 450 milioni di euro in più del 13 per cento che è il tetto di spesa che avete istituito; per quale ragione i cittadini lombardi sono costretti a comportamenti virtuosi, mediante l'introduzione di un ticket sui farmaci, che, per forza di cose, è impopolare e non crea consenso. Lo introduciamo, tuttavia, perché abbiamo delle responsabilità nei confronti loro e di tutti coloro che, onestamente, nell'esprimere il loro consenso elettorale, confidano che i loro soldi vengano ben spesi ed investiti. Alla faccia della buona politica e della buona amministrazione e dei buoni comportamenti, questo voi non lo fate, non avendone il coraggio. Invece, strumentalizzate politicamente laddove c'è chi, con responsabilità, gestisce la cosa pubblica e poi legittimate comportamenti come quelli del Lazio, della Campania, della Sicilia. Dovete poi spiegare perché vi accingete a coprire qualcosa come 11,2 miliardi di euro di debito, ovvero una cifra enorme che usualmente non trattiamo. Stiamo parlando di un terzo dell'ultima manovra «lacrime e sangue» che avete da poco approvato, una cifra che finanzierebbe in una sola volta l'autostrada direttissima Bergamo-Como-Varese-Malpensa, l'autostrada Brescia-Milano, la tangenziale est di Milano e tante altre opere pubbliche che stiamo aspettando da decenni.
La finanza creativa, che pensavamo fosse prerogativa soltanto di Tremonti, ha trovato i suoi epigoni, perché su 11,2 miliardi di debito consolidato al dicembre del 2005, 5,8 miliardi saranno coperti attraverso un mutuo, in palese contrasto con la Costituzione che, quando vi fa comodo, difendete, ma quando si tratta di coprire i vostri interessi, la vostra incapacità o, peggio, le vostre collusioni siete i primi ad aggirare.
Prodi aveva sostenuto in campagna elettorale che avrebbe governato con il buonsenso del padre di famiglia. Il buon padre di famiglia insegna ad un figlio sprecone, dopo che ha commesso un errore, a non sprecare ancora, a non sperperare; in ogni caso, contiene i soldi che Pag. 71gli versa, li controlla, verifica come li spende. La regione Lazio, signor sottosegretario Zucchelli, ha già presentato di fatto il conto per il 2006, alla faccia dell'equità e della giustizia! Per il 2006 ci sono altri 1,25 miliardi di euro che saranno pagati con ulteriori mutui. Quindi non è in corso l'opera di pulizia dal punto di vista amministrativo, dei tagli strutturali alle spese inutili e della riqualificazione dei servizi sanitari.
Anche noi, colleghi, per parte della settimana - ahimè, avremmo voluto che non fosse così, ma purtroppo siamo ancora qui, il Parlamento è ancora a Roma - abbiamo a che fare con il sistema sanitario laziale e ci rendiamo conto del deficit di qualità, dell'incapacità di gestire il rapporto e i servizi ai cittadini; siamo pure dei parlamentari, vale a dire apparteniamo a quella «casta» privilegiata che, comunque, può vantare un qualche trattamento particolare. Ebbene, così non è: verifichiamo tutti i giorni la scarsa qualità di un servizio che costa più della media nazionale.
Non è la prima volta - e non sarà l'ultima - che ci troveremo, cari colleghi, compagne e compagni, in questo Parlamento a discutere di come rimediare all'incapacità di altri. Ne abbiamo appena avuto una riprova con la tragicomica situazione della Campania, che, come abbiamo verificato, è ormai incancrenita ed irrisolvibile con gli strumenti, spuntati e incapaci di risolvere alla radice i problemi, che il centralismo offre.
È di oggi la notizia, infatti, che la scorsa notte a Napoli hanno raccolto solo 400 tonnellate delle 1300 presenti nei cassonetti. I rifiuti sono stati ritirati solo dagli ospedali, dalle scuole e dai luoghi trafficati per consentire la circolazione. Perché non hanno raccolto la restante spazzatura? Semplicemente perché gli inceneritori non possono più funzionare, dato che sono ormai arrivati a un limite di saturazione e le discariche sono chiuse e non ricevono altri rifiuti. Insomma, siamo tornati esattamente al punto di partenza: ciò che noi avevamo paventato alcuni mesi fa si è verificato. Era facile prevederlo!
Non avete la capacità di risolvere i problemi semplicemente perché lo strumento che utilizzate è inadeguato ed ormai sorpassato dal tempo: con il centralismo non si può...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia sta parlando l'onorevole Caparini.
DAVIDE CAPARINI. ... arrivare alla soluzione di problemi così complessi come quelli che il Parlamento troppo spesso è costretto ad affrontare. Appartengo ad una regione, la Lombardia, che dà tanto alla sanità in termini di prestazioni extra regione: oltre 3 milioni all'anno! Alla Lombardia, infatti, si rivolgono milioni di persone perché sanno che vi trovano servizi all'altezza delle loro aspettative, sanno che in Lombardia vengono effettuati oltre la metà dei trapianti a livello nazionale e sanno che siamo all'avanguardia negli interventi cardiochirurgici. Eppure, in Lombardia la spesa pro capite è al di sotto della media nazionale e tale regione, in percentuale, pesa in misura minore rispetto a molte altre, soprattutto a quelle che voi governate.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DAVIDE CAPARINI. Concludo, signor Presidente. «Compagni e compagne», abbiate un sussulto di orgoglio! Anche noi siamo stati maggioranza e abbiamo dovuto soggiacere alle logiche della coalizione; però, quando ci hanno presentato provvedimenti che non potevamo, e non dovevamo, condividere non l'abbiamo fatto. Vi ricordo il caso del policlinico Umberto I del 2002...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DAVIDE CAPARINI. ... quando si è trattato di regalare 350 miliardi la Lega Nord ha votato contro. Quindi, «compagni e compagne», anche voi fate qualcosa di sinistra e non votate questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
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