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Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dello Yemen sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Roma il 25 novembre 2004 (A.C. 2069) (ore 16).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2069)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Paoletti Tangheroni, ha facoltà di svolgere la relazione.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Relatore. Presidente, il presente Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica dello Yemen è stato stipulato il 25 novembre 2004. L'Accordo intende promuovere e garantire gli investimenti italiani nella Repubblica dello Yemen e viceversa. Per questo, l'Accordo si propone di definire un quadro di certezza politica che incoraggi gli investitori di entrambi i Paesi.
Tale Accordo ricalca lo schema che, in generale per tali simili iniziative, seguono i Paesi dell'OCSE. Altri organismi internazionali, quali il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, raccomandano tale tipo di accordo, che protegge dai rischi che i Paesi possono correre nelle situazioni d'incertezza giuridica.
L'Accordo si sviluppa in quattordici articoli.
L'articolo 1 contempla una serie di definizioni di particolare interesse e, specificatamente, la definizione del termine «investimento» cui si attribuisce un significato molto ampio affinché il meccanismo di tutela riguardi il maggior numero possibile di attività economiche: si considera pertanto «investimento» ogni tipo di bene investito da persona fisica o giuridica di una parte contraente nel territorio dell'altra, a prescindere dalla forma giuridica.
Con l'articolo 2, vengono incoraggiati gli investimenti attraverso l'introduzione di una formula di reciprocità, e viene garantito un trattamento giusto ed equo, senza discriminazione rispetto al paese di provenienza degli investitori (quindi, i cittadini delle due parti avranno lo stesso trattamento dovunque si trovino ad operare); tale reciprocità viene anche estesa al trattamento del personale assunto.
L'articolo 3 contiene la clausola della nazione più favorita, in base alla quale ciascuna parte contraente garantisce agli investitori dell'altra parte un trattamento non meno favorevole di quello riservato ai propri cittadini.
L'articolo 4 prevede formule di adeguato indennizzo mentre l'articolo 5 costituisce una garanzia la cui ragione sicuramente discende da brutte esperienze pregresse, vissute da molti investitori europei; infatti, si prevede che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno Pag. 8essere oggetto di nazionalizzazione e di espropriazioni - tutti ricordiamo il caso della Libia - qualora, per motivi di effettiva esigenza di interesse pubblico nazionale, si dovessero adottare, per un investimento, misure assimilabili a requisizioni o espropri. Tali misure potranno essere adottate solo dietro corresponsione, immediata, totale ed effettiva, di un'adeguata indennità, equivalente (è un aspetto veramente importante) all'effettivo valore commerciale dell'investimento.
Il presente trattato include altresì degli articoli che contemplano la libertà di trasferimento all'estero di capitali realizzati in seguito all'investimento, così come anche delle garanzie assicurative.
Negli articoli 9 e 10 si evidenzia la procedura arbitrale per la composizione delle controversie, mentre l'articolo 11 prevede che l'Accordo è indipendente dall'esistenza o meno di relazioni diplomatiche o consolari tra Italia e Yemen; si tratta di una norma che rappresenta una notevole sicurezza per l'investitore.
L'articolo 12 garantisce che qualora siano previste dal diritto internazionale, generale o pattizio, disposizioni più favorevoli rispetto a quelle previste dal presente trattato, gli investitori potranno avvalersi di quelle a loro più favorevoli. Con l'articolo 13 si fissa la data di entrata in vigore, corrispondente al giorno in cui perviene l'ultima delle due notifiche di espletata procedura di ratifica.
L'articolo 14 dispone che la durata dell'Accordo sia di dieci anni, con rinnovo tacito per un periodo di ulteriori cinque anni.
La ratifica dell'Accordo in esame si inserisce nel novero degli atti dovuti per promuovere e garantire gli investimenti economici; pertanto, considerato che sono passati tre anni dalla stipula del trattato, propongo che l'Assemblea proceda il più rapidamente possibile alla ratifica dell'atto in questione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo condivide quanto affermato dal relatore, onorevole Paoletti Tangheroni.
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti...
IACOPO VENIER. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, è interessante sottolineare come nel caso dello Yemen non sia stata sentita dai colleghi la necessità di intervenire sulle questioni dei diritti umani, del rispetto delle garanzie democratiche, del ruolo delle donne e di quello dei diritti civili, in un Paese dove sicuramente tali diritti e garanzie non corrispondo agli standard che noi richiederemmo.
I diritti umani non sono argomenti da usare, quando fa comodo, contro sistemi politici a noi più o meno antipatici. I diritti umani sono invece un fatto universale; pertanto, se deve essere fatta valere, nell'ambito di un accordo con lo Stato cubano, una clausola di pressione diretta all'applicazione ed allo sviluppo di principi di democrazia, altrettanto tale clausola deve essere inserita negli accordi (soprattutto considerato che questi ultimi sono di tipo commerciale) con uno Stato nel cui ambito i diritti umani sono fuori da ogni standard internazionale.
Non ci può bastare il fatto che siamo garantiti dai processi di nazionalizzazione, come ha detto la collega Paoletti Tangheroni, per dire che questa è una buona legge, perché i processi di nazionalizzazione possono essere anche frutto del fatto che un popolo si riappropria delle proprie risorse, sottratte da processi economici internazionali che lo privano delle possibilità di sfruttamento e di utilizzo rispetto al beneficio che quelle popolazioni possono ottenere dalle proprie risorse nazionali. Allora l'ipocrisia con cui si affronta questa discussione nasconde una preclusione ideologica nei confronti di un'esperienza, quella di Cuba, in cui si possono trovare tanti e grandissimi difetti, ma che ha alla sua base un umanesimo e un rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Pag. 9Infatti a L'Avana non c'è un bambino che passa la propria vita per le strade mendicando, cosa che forse nello Yemen è più facile trovare; non c'è un bambino senza istruzione, non c'è un bambino senza copertura sanitaria, non c'è una donna che debba vergognarsi di girare per le strade scoperta.
Ecco perché credo che siamo di fronte ad una discussione falsata, ad una discussione che nulla ha a che fare con la promozione dei diritti umani, ma, come sempre, si fa riferimento ad un doppio standard al fine di abbattere un'esperienza che, nelle sue contraddizioni e nelle sue grandi difficoltà, ha però dimostrato che possono essere violati gli elementi tabù dei grandi interessi internazionali, che sono stati in questa sede ben rappresentati quando si è enfatizzato il problema che comunque le nostre imprese saranno indennizzate, qualunque sia, nel futuro, la decisione del popolo dello Yemen rispetto agli investimenti delle multinazionali ed anche delle imprese italiane. Questa ipocrisia rende assolutamente ininfluenti gli appelli che sono stati fatti nella precedente discussione.
SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole D'Elia le do la parola, ma ricordo a lei e all'onorevole Venier che per intervenire nella discussione sulle linee generali occorre iscriversi a parlare almeno un'ora prima dell'inizio della discussione stessa.
Prego onorevole D'Elia, ha facoltà di parlare.
SERGIO D'ELIA. Mi dispiace per il collega Venier, dal quale non accetto lezioni né tanto meno denunce o accuse o critiche di ipocrisia. Sono il segretario di un'associazione che si chiama «Nessuno tocchi Caino», un'associazione che lotta contro la pena di morte; quindi, il collega Venier potrebbe anche documentarsi su quello che «Nessuno tocchi Caino» ha fatto nello Yemen, ma dovrebbe documentarsi anche su un altro punto.
Nel partito radicale, nell'area radicale, è presente anche un'altra associazione che si chiama «Non c'è pace senza giustizia», che ha organizzato negli ultimi cinque anni, nello Yemen, almeno tre conferenze internazionali sui diritti umani, sul diritto di voto alle donne, sulla democratizzazione di quel Paese. È evidente che, se consideriamo la situazione di un Paese di per sé, possiamo ritenere che non sia adeguata e all'altezza degli standard internazionali rispetto ai diritti umani e dei principi democratici dello Stato di diritto. Però credo che i Paesi vadano considerati anche nella loro evoluzione, nella direzione che i loro dirigenti hanno deciso di imprimere al proprio Paese e al proprio sistema politico. Non c'è dubbio che nello Yemen il presidente Saleh ha operato questo tentativo di portare il Paese fuori dal regime, per così dire, della sharia, coranico; si tratta di un tentativo molto evidente. Le tre conferenze internazionali che «Non c'è pace senza giustizia» (Commenti del deputato Venier) ha potuto realizzare nello Yemen sarebbero state semplicemente vietate a Cuba.
Recentemente abbiamo svolto a Cuba una manifestazione non autorizzata, alla quale hanno partecipato alcuni dirigenti del partito Radicale, insieme alle Damas de Blanco, in occasione dell'anniversario dell'arresto di settantacinque persone avvenuto, appunto, il 18 marzo 2003. Tale manifestazione non è stata autorizzata e neanche repressa, perché vi è stato, da parte nostra, un atteggiamento improntato al dialogo e alla non violenza: è stato il miracolo della non violenza, con la quale siamo andati a manifestare! Tuttavia, a Cuba, non è possibile organizzare convegni o conferenze internazionali autorizzate sulla questione dei diritti umani, come invece ci è stato consentito, per esempio, nello Yemen.
La esorto, quindi, collega Venier, a ritirare le sue accuse di «doppio pesismo». Noi siamo per il rispetto dei diritti umani! Stiamo parlando di un Paese, lo Yemen, assolutamente arretrato rispetto agli standard internazionali democratici, come lo stato di diritto, di libertà, eccetera. Pag. 10A Cuba, al contrario, ci troviamo di fronte ad un regime che dura da oltre mezzo secolo e all'unico dittatore in servizio permanente effettivo ancora vivo e vegeto sulla scena mondiale: Fidel Castro! L'immobilità di tale regime non può essere paragonata ai tentativi che il presidente Saleh sta compiendo per far uscire il suo Paese da un passato che egli stesso non riconosce più, mentre a Cuba...
PRESIDENTE. Onorevole...
SERGIO D'ELIA. Concludo, Presidente. A Cuba Fidel Castro riconosce ancora il suo passato, lo rivendica e vorrebbe perpetuarlo per almeno un altro mezzo secolo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.