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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Condanna penale emessa nei confronti del presidente dell'Anpi - Associazione nazionale partigiani italiani - di Massa, a seguito di manifestazione non autorizzata - n. 2-00002)
PRESIDENTE. L'onorevole Cordoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00002 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, il tema che noi oggi poniamo all'attenzione dell'Assemblea e del Governo riguarda un fatto avvenuto nella mia città, la città di Massa.
Abbiamo assistito con stupore, con rabbia e con indignazione ad una condanna recapitata al presidente comunale dell'Anpi di Massa, Ermenegildo della Bianchina, un uomo di novanta anni, ex partigiano, che con la sua esperienza di vita rappresenta una figura di riferimento morale e politica per tutta la nostra provincia. Egli si è visto recapitare a casa, senza alcun avvertimento precedente, una condanna a cinque giorni di arresto e 100 euro di ammenda, poi tramutata in sola pena pecuniaria, in quanto ha partecipato ad una manifestazione indetta nel 2004 a difesa di una lapide presente nella nostra città e dedicata alla memoria di Aldo Salvetti, un giovane diciottenne che, durante la Resistenza, fu ucciso dai soldati tedeschi nazifascisti e addirittura crocifisso alla porta di casa.
La lapide era stata deturpata da una svastica realizzata da sconosciuti, di cui ancora oggi non si conosce l'identità. Per reagire a questo sfregio, era stata indetta una manifestazione democratica che voleva esprimere lo sdegno della città nei confronti di questi atti vandalici, miserevoli perché compiuti di nascosto, nella notte, sperando di non essere visti.
Di fronte a queste reazioni democratiche compiute da giovani anche alla presenza del presidente dell'Anpi di Massa - una figura della nostra comunità che da sola dava garanzia di democrazia e pacatezza alla manifestazione, che si sarebbe sicuramente svolta nei limiti di una manifestazione pubblica, come potrebbe testimoniare qualunque prefetto o questore -, la comunità locale ha manifestato la propria condivisione con ordini del giorno, prese di posizione degli enti locali, manifestazioni successive a questa sentenza di condanna.
Contro questa reazione democratica è partita una denuncia. Ancora non siamo stati in grado di ricostruire esattamente chi l'abbia presentata e chi abbia deciso di promuovere il procedimento, ma abbiamo deciso, con l'Anpi locale, di proporre opposizione avverso il decreto di condanna, perché vogliamo che cose simili non accadano più. L'autorità giurisdizionale che ha emesso il decreto di condanna ha applicato l'articolo 18 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ai sensi del quale i promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico (nel caso di specie sono stati distribuiti anche volantini) devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.
I giovani che hanno promosso la manifestazione sicuramente non avevano provveduto a dare il prescritto preavviso all'autorità di pubblica sicurezza ma, insieme al presidente dell'Anpi, si erano recati, pacificamente e democraticamente, davanti alla lapide-monumento, che avevano ricoperto con la bandiera italiana dopo aver cancellato la svastica che era Pag. 45stata tracciata su di essa. Nonostante fossero a viso aperto, democraticamente, e praticamente tutti individuabili (in una comunità piccola come la nostra ci conosciamo tutti e sappiamo anche dove abitiamo), si è comunque ritenuto di promuovere il procedimento penale.
Noi crediamo che quanto è successo sia molto grave. Se non si sa discernere, se non si rispettano figure come quella dell'ex partigiano novantenne, il quale ha dedicato la sua gioventù e la sua vita ai valori della libertà e della Resistenza, allora ci troviamo di fronte ad un'inversione culturale molto grave.
Abbiamo presentato l'interpellanza perché pensiamo che la norma, da una parte, vada cambiata e, dall'altra, debba essere applicata con saggezza, collocandola nel suo contesto e verificando se la manifestazione sia in grado di turbare l'ordine pubblico. Insomma, bisogna saper applicare con saggezza le disposizioni legislative (penso che un giudice, un magistrato, debba sempre tenere presente questo criterio quando è chiamato a valutare i gesti che le persone compiono).
Nel caso di cui ci occupiamo, è stata applicata una sanzione penale ad una persona che avrebbe organizzato una manifestazione di democrazia che la città ha interamente condiviso. Anche chi non era presente quel giorno avrebbe voluto partecipare, insieme ai giovani, insieme al presidente dell'Anpi, per respingere gli atti vandalici che erano stati compiuti contro i valori ed i simboli della Resistenza.
PRESIDENTE. Il viceministro dell'interno, Marco Minniti, ha facoltà di rispondere.
MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito dell'interpellanza in esame, vorrei sottolineare, anche a nome del Governo, l'importanza di mantenere sempre viva la memoria della Resistenza come patrimonio comune di tutti gli italiani, primo riferimento dell'Italia repubblicana e dei valori costituzionali in cui tutti noi ci riconosciamo.
La vicenda richiamata dagli onorevoli interpellanti ha visto coinvolta, tra l'altro, una figura assolutamente emblematica come Ermenegildo della Bianchina, oggi novantenne, animato dall'intento, in quella circostanza, di manifestare mediante la deposizione di una corona di fiori tutta la sua sofferenza e tutta la sua indignazione per un gesto vile e così gravemente offensivo della nostra memoria.
Ciò detto, il quesito posto dagli onorevoli interpellanti riguarda specificatamente l'adozione di eventuali iniziative volte a superare la disposizione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza concernente l'onere di preavviso per le manifestazioni da svolgersi in luogo pubblico, in quanto ritenuta antiquata ed ingiusta.
È forse superfluo rammentare che il diritto di riunione, purché sia esercitato in modo pacifico e senza armi, riveste rango costituzionale ed il suo esercizio non è sottoposto ad alcuna autorizzazione. L'articolo 17 della Costituzione, infatti, è chiarissimo: prevede, come ho già accennato, soltanto un onere di preavviso alle competenti autorità quando la riunione si svolga in luogo pubblico. L'obbligo per i promotori di darne preavviso al questore è disciplinato nel dettaglio dall'articolo 18 del citato testo unico ed è collegato dalla stessa disposizione costituzionale al potere-dovere per l'autorità di pubblica sicurezza di vietare iniziative che comportino un pericolo concreto, e non meramente eventuale, per la sicurezza e l'incolumità dei cittadini.
Si tratta di una disposizione applicata costantemente, senza la quale, lo sottolineo, sarebbe impossibile intervenire in via preventiva sullo svolgimento di manifestazioni potenzialmente pericolose. Senza di essa, che costituisce un'evidente prescrizione-mezzo e, come tale, applicabile indipendentemente dal tipo di manifestazione promossa e dalla qualità dei promotori, risulterebbe, in altri termini, indebolita la difesa nei confronti delle manifestazioni organizzate da gruppi violenti, e quindi si caratterizza sempre più tale norma come garanzia per i cittadini e per i manifestanti stessi.Pag. 46
Aggiungo che lo stesso articolo 18 del citato testo unico è stato, nel tempo, più volte sottoposto al vaglio della Corte costituzionale, che ne ha per alcune parti dichiarato l'illegittimità, ma che ne ha altresì confermato, anche per i profili sanzionatori, la validità e l'attualità, soprattutto rispetto all'altro fondamentale principio costituzionale volto ad assicurare la libertà di manifestazione del pensiero. La cornice delineata dalla Corte costituzionale, dunque, a nostro avviso, non lascia margine a modifiche normative.
Nel caso specifico, infine, mi preme ricordare, come hanno fatto peraltro gli stessi onorevoli interpellanti, che il giudice per le indagini preliminari, il tribunale di Massa, in applicazione al dettato normativo, ha poi emesso, in data 11 maggio 2006, nei confronti dei signori Marco Lenzoni ed Ermenegildo della Bianchina decreto penale di condanna, del quale il Governo non può che prendere atto, ma verso il quale - lo sottolineo - gli interessati hanno già proposto opposizione; ma questo è un percorso che ha una sua indipendenza rispetto alle aule parlamentari.
PRESIDENTE. L'onorevole Mario Ricci, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
MARIO RICCI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato con attenzione la risposta del viceministro dell'interno, onorevole Minniti, a questa interpellanza. Cogliamo anche alcune puntuali precisazioni rispetto alla richiesta che avanziamo come sollecitazione al Governo circa la modifica di un articolo che non solo ci sembra antiquato, ma per certi aspetti, come in questo contesto, lede la volontà di manifestare il proprio pensiero liberamente e, nello specifico, impedisce una manifestazione spontanea che raccoglie la necessità di un sussulto popolare rispetto ad una provocazione che la città di Massa ha conosciuto nel 2004, alla vigilia del 25 aprile. Si tratta di una manifestazione che, come è stato anche riconosciuto nella risposta del viceministro, non aveva in sé carattere di pericolosità o di turbamento dell'ordine pubblico, anzi, vorrei sottolineare che tale manifestazione aveva quale primo obiettivo l'occultamento della svastica che, come provocazione, era stata tracciata sulla lapide del martire Aldo Salvetti, il giovane crocifisso dai nazisti durante la lotta di liberazione nel nostro territorio.
Signor viceministro, capiamo anche la difficoltà con la quale il Governo interpreta la nostra esigenza di modificare il citato articolo 18, anche alla luce di alcune sentenze della Corte costituzionale. Tuttavia, ci interessa sottolineare un altro aspetto: è vero, le leggi, le regole vanno applicate con rigore per evitare che vi siano abusi di chicchessia e, semmai, le stesse devono essere modificate e corrette, ma il problema è un altro.
Il buon senso del giudice, che ha seguito ed istruito la pratica, avrebbe richiesto che, quanto meno, durante l'iter istruttorio, fossero ascoltati i cittadini nei confronti dei quali ci si apprestava a promulgare una pena, secondo il codice di procedura penale.
Anche oggi, dopo la sua risposta, sollecitiamo il Governo a valutare la possibilità di intervenire in ordine all'integrazione del citato articolo 18. Infatti, in tale circostanza, il moto popolare, le testimonianze, la solidarietà, l'intervento e l'iniziativa delle istituzioni, oltre che delle forze sociali e delle associazioni che si ispirano ancora ai principi della Resistenza, nonché delle associazioni e delle forze di movimento della città, hanno spinto perché i soggetti interessati ricorressero rispetto a tale provvedimento.
Non vorremmo - sarebbe interessante fare un quadro ricognitivo in tal senso - che, invece, i semplici cittadini, di fronte a questa unilaterale sentenza del giudice, senza essere ascoltati e senza poter manifestare le proprie ragioni per tentare di portare argomenti tali da giustificare un comportamento che, immediatamente, sembrerebbe in contraddizione con le norme vigenti (i normali cittadini non hanno, purtroppo, come in questa circostanza, la solidarietà di massa), incorressero in una sentenza di carattere penale, Pag. 47nei confronti della quale, anche per esigenze, contesti sociali e economici particolari, magari, non possono ricorrere affinchè sia eliminata.
In questo senso, sollecitiamo il Governo a valutare questa integrazione esplicativa per evitare che l'articolo sopra richiamato, che offre anche alcune garanzie, come da lei affermato, secondo la sentenza della Corte costituzionale, sia applicato fuori dal contesto ed in modo unilaterale, mettendo le parti interessate in condizione di essere ascoltate nel corso dell'iter processuale per rappresentare le proprie ragioni.