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Discussione del disegno di legge S. 1332 - Delega legislativa per il recepimento delle direttive 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 e 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, nonché per l'adozione delle disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE (Approvato dal Senato) (A.C. 2600).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2600)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.Pag. 2
Il relatore, presidente della VI Commissione, deputato Del Mese, ha facoltà di svolgere la relazione.
PAOLO DEL MESE, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge oggi in discussione, già approvato dal Senato, conferisce, all'articolo 1, comma 1, delega al Governo ad adottare entro il termine del 30 settembre 2007 i decreti legislativi per il recepimento di talune direttive comunitarie.
Si tratta, in particolare, della direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto, e della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 e successive modificazioni, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (la cosiddetta direttiva Mifid).
Lo stesso articolo 1, al comma 1, delega, inoltre, il Governo ad adottare, sempre entro il termine del 30 settembre 2007, disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti, e che modifica la direttiva 2001/83/CE.
La disposizione, in sostanza, proroga il termine di recepimento delle direttive nell'ordinamento interno. Le suddette erano incluse nell'allegato B della legge n. 62 del 2005 e il termine ultimo per il loro recepimento, fissato al 12 novembre 2006, è scaduto senza che siano stati emanati i decreti legislativi di recepimento delle direttive citate.
A tale riguardo, va rilevato come l'articolo 10 della legge n. 13 del 2007 avesse già prorogato al 31 gennaio 2007 il termine per l'esercizio della delega recante attuazione della direttiva del 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, conformemente a quanto previsto dall'articolo 2 della direttiva 2006, che ha altresì imposto agli Stati membri di applicare le norme della direttiva Mifid a partire dal 1o novembre 2007. Ciononostante, anche il termine del 31 gennaio 2007 è scaduto senza che sia stato realizzato il recepimento della direttiva in oggetto.
Il comma 2 prevede che i decreti legislativi di cui al comma 1 siano adottati, innanzitutto, secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge n. 62 del 2005, che prevede che i decreti legislativi siano informati a taluni principi e criteri direttivi generali.
Tali principi prevedono l'attuazione dei decreti legislativi da parte delle amministrazioni direttamente interessate, ed il coordinamento tra le diverse amministrazioni eventualmente coinvolte, il rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché delle competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, il rispetto dei principi di trasparenza, celerità, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili, la possibilità di apportare modificazioni di coordinamento alle discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, l'introduzione di sanzioni amministrative e penali per l'infrazione alle disposizioni dei decreti stessi, la copertura degli oneri di attuazione a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, la piena conformità della normativa di attuazione alle descrizioni delle direttive, la garanzia di effettiva parità di trattamento tra i cittadini italiani e quelli degli altri Stati membri dell'Unione Europea.
Lo stesso comma 2 dell'articolo 1 prevede, inoltre, con riferimento alla direttiva del 2004 (la cosiddetta direttiva Mifid), che i decreti legislativi di cui al comma 1 siano adottati secondo gli specifici principi e criteri di delega di cui all'articolo 9-bis della già citata legge n. 62 del 2005.
Il terzo periodo del comma 2 dell'articolo 1 prevede che gli schemi dei decreti legislativi, recanti disposizioni integrative e Pag. 3correttive del decreto legislativo n. 191 del 2005, sono corredati dalla relazione tecnica prevista dall'articolo 11-ter, comma 2, della legge n. 468 del 1978.
Il quarto e quinto periodo del comma 2 dispongono, inoltre, che, sugli schemi dei decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 191 del 2005, sia richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.
Si introduce, in tal modo, limitatamente ai provvedimenti di recepimento della direttiva richiamata, analogamente a quanto già previsto in altre occasioni, un meccanismo di doppio parere parlamentare, in base al quale, qualora il Governo non intenda conformarsi alle condizioni formulate nel parere delle Commissioni parlamentari, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, deve sottoporre nuovamente i testi, corredati dalle necessarie informazioni integrative, al parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che si esprimono entro venti giorni.
Il comma 3 dell'articolo 1 prevede che, entro due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi, il Governo possa adottare disposizioni correttive e integrative dei citati decreti allo scopo di tener conto delle eventuali disposizioni adottate dalla Commissione europea.
Le disposizioni integrative e correttive che il Governo può adottare dovranno tener conto dei principi e dei criteri direttivi contenuti nei citati articoli della legge n. 62 del 2005 e dovranno essere adottati secondo la procedura prevista dal comma 5 dell'articolo 1 della medesima legge. Conseguentemente, viene abrogato il comma 5-bis dell'articolo 1 della legge n. 62 del 2005.
Il comma 4 prevede, invece, che, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, il Governo possa adottare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge n. 62, secondo la procedura di cui all'articolo 1, comma 5, della stessa legge.
L'articolo 2, poi, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Passando a sintetizzare l'esame in sede referente da parte della Commissione finanze, devo rilevare che, sebbene esso si sia dovuto articolare in termini piuttosto ristretti in considerazione della rapida calendarizzazione in Assemblea del provvedimento, il dibattito in Commissione sia comunque riuscito a focalizzare gli elementi politici di principale rilevanza del disegno di legge.
Sotto questo profilo, sottolineo soprattutto l'importanza costituita dal recepimento nell'ordinamento italiano della direttiva del 2004 concernente la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto. Tale direttiva, nell'introdurre previsioni che regolano l'effettuazione delle offerte pubbliche, stabilendo una serie di elementi di garanzia della trasparenza dei mercati finanziari e di tutela degli interessi degli azionisti di minoranza, conferisce agli Stati membri ampia discrezionalità nell'adeguamento a tali disposizioni dei rispettivi ordinamenti nazionali.
In particolare, l'articolo 12 prevede che, nel disciplinare gli obblighi delle società oggetto di un'offerta pubblica di acquisto relativamente all'adozione di misure difensive da parte delle società oggetto di OPA (cosiddette regole di passività) ed all'introduzione di limiti alla trasferibilità delle azioni, gli Stati membri possano, da un lato, esonerare le società nazionali da tali obblighi e, dall'altro, prevedere che tali obblighi sussistano solo nel caso in cui analoghe previsioni vigano anche nell'ordinamento della società estera che ha promosso l'offerta pubblica di acquisto sulla società nazionale. Si tratta in sostanza delle tematiche relative alla cosiddetta facoltà di opting out rispetto alle regole di passività ed all'introduzione della clausola di reciprocità che rappresentano snodi essenziali per la definizione della Pag. 4disciplina in materia e che hanno costituito oggetto di un lungo dibattito anche in sede comunitaria.
A tale riguardo, occorre ricordare come molti Stati membri, quali la Germania e la Francia, abbiano utilizzato le facoltà discrezionali loro attribuite dall'articolo 12 della direttiva sia rendendo facoltativa o limitando per le società nazionali l'applicazione delle regole di passività, sia avvalendosi della clausola di reciprocità.
A testimonianza della particolare complessità di tale questione, ricordo come la scelta di lasciare tale notevole discrezionalità agli Stati membri in sede di attuazione della direttiva sia sostanzialmente il frutto di un compromesso fra gli opposti orientamenti di quei Paesi, prima fra tutti la Germania, che ritenevano di dover anzitutto difendere le proprie società dalla possibilità di acquisizioni ostili, e di altri Stati, quali ad esempio la Gran Bretagna, favorevoli invece a facilitare la contendibilità del controllo delle imprese.
Alla luce del carattere compromissorio delle soluzioni adottate - che pure costituiva probabilmente l'unica possibilità di giungere all'approvazione della normativa - gli effetti dell'applicazione della direttiva sono al momento oggetto di attenzione da parte della Commissione europea, la quale si è riservata, attraverso una clausola di revisione contenuta nella direttiva stessa, di proporre modifiche al testo, alla luce dell'esperienza applicativa.
Pienamente conscia del rilievo cruciale e della complessità di tali problemi, la Commissione si è dunque interrogata circa l'opportunità di conferire una delega al Governo per il recepimento della predetta direttiva in materia di OPA, in assenza di principi e criteri direttivi specificamente volti ad orientare il Governo stesso rispetto all'esercizio dei predetti poteri discrezionali nel recepimento.
Rispetto a tale problematica, il rappresentante del Governo, sottosegretario Tononi, sollecitato in tal senso sia da esponenti di maggioranza sia da esponenti dei gruppi di opposizione, ha riconosciuto la rilevanza del tema, dichiarando tuttavia, con grande trasparenza, che l'Esecutivo non ha ancora maturato una valutazione definitiva al riguardo. Al tempo stesso, egli ha assunto formalmente l'impegno ad illustrare in Commissione, dopo l'approvazione del disegno di legge di delega e prima della presentazione dello schema di decreto legislativo al Consiglio dei ministri, gli orientamenti secondo i quali il Ministero dell'economia e delle finanze intende provvedere all'attuazione della direttiva 2004/25/CE.
In questa prospettiva, e sulla scorta di tale preciso impegno politico, confermato anche in una lettera indirizzatami dallo stesso sottosegretario, la Commissione ha ritenuto in questa fase prioritario privilegiare anzitutto la rapida entrata in vigore della legge di delega (anche in considerazione della pendenza di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia per il ritardo nel recepimento della direttiva), nonché l'esigenza di adeguare l'ordinamento nazionale al dettato della direttiva 2004/39/CE in materia di mercati degli strumenti finanziari.
Si è, pertanto, ritenuto che un ulteriore dibattito sulle scelte da compiere in sede di attuazione della direttiva in materia di OPA possa avvenire nell'ambito del procedimento di predisposizione ed emanazione dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva in oggetto. Ciò non toglie che in quella sede occorrerà garantire un adeguato e doveroso coinvolgimento degli organi parlamentari su una tematica che incide direttamente sulla contendibilità delle società italiane, sugli equilibri del mercato finanziario nazionale e quindi sull'intero assetto del sistema economico.
Alla luce di tali considerazioni, auspico che il provvedimento oggi in discussione possa essere approvato dalla Camera in via definitiva in tempi brevi, consentendo al nostro Paese di compiere un importante passo in avanti nel processo di adeguamento dell'ordinamento nazionale alla normativa comunitaria. Al tempo stesso, ritengo che alcune delle questioni prospettate nel corso dell'esame (segnatamente per ciò che concerne il recepimento della direttiva in materia di OPA) possano essere Pag. 5eventualmente affrontate attraverso la presentazione di ordini del giorno, il più possibile condivisi, al fine di fornire al Governo il più chiaro orientamento politico rispetto alle delicate scelte che esso dovrà compiere in materia.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, desidero, anzitutto, ringraziare la VI Commissione per il lavoro svolto. La discussione è stata, infatti, molto utile ed è sfociata in un impegno preciso che il Governo ha assunto e che, in questa sede, ribadisco: l'impegno, come rammentato dal presidente e relatore, onorevole Del Mese e manifestato chiaramente, di illustrare in Commissione gli orientamenti che matureranno nelle prossime settimane in merito al recepimento della direttiva sulle offerte pubbliche di acquisto, prima, naturalmente, di presentare in Consiglio dei ministri lo schema di decreto legislativo corrispondente. Pertanto, in quella sede vi sarà l'opportunità per un dibattito - spero - utile, ampio, approfondito e doveroso. Vorrei, peraltro, anche ricollegarmi a quanto affermato dal relatore in merito alla necessità che il provvedimento oggi in discussione venga approvato in tempi rapidi ed in tal senso l'auspicio del relatore è anche, ovviamente, quello del Governo.
Si tratta, innanzitutto, di adempiere a precisi obblighi comunitari. Come sapete, per quanto riguarda la direttiva sull'autotrasporto è stata avviata in sede comunitaria una procedura di infrazione e lo stesso vale anche per la direttiva sulle offerte pubbliche di acquisto.
Per quanto riguarda la direttiva Mifid, invece, sebbene non sia in corso oggi una procedura di infrazione, è anche vero che il termine previsto è scaduto lo scorso 31 gennaio. Non si tratta solo, a mio giudizio, di adempiere ad obblighi comunitari molto specifici e precisi, nonché, ovviamente, rilevanti. Si tratta anche di venire incontro alle attese, in primo luogo, degli operatori finanziari del nostro Paese e mi riferisco espressamente e specificamente alla direttiva Mifid.
Come sapete, il termine previsto per l'adozione della normativa Mifid è il 1 novembre 2007, sostanzialmente meno di cinque mesi a partire da oggi.
Il decreto legislativo dovrà chiarire le prescrizioni che promanano dalla direttiva sottostante ed a tali prescrizioni gli operatori finanziari dovranno attenersi, svolgendo tutti gli adeguamenti del caso in ordine alle loro procedure operative. I tempi, dunque, sono molto stretti.
Vi è certamente, quindi, grande attesa da parte degli operatori finanziari del nostro Paese, e credo che la competitività del nostro sistema finanziario dipenda in misura non trascurabile da una rapida approvazione del provvedimento al nostro esame.
Il Governo condivide pienamente l'auspicio del relatore ed è con questo spirito che concludo il mio intervento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il relatore ha svolto una dettagliata analisi del provvedimento che ci accingiamo ad esaminare e, accogliendo l'invito del relatore e del Governo, ad approvare - mi auguro - rapidamente. In particolare, oggi viene avviato un procedimento per conferire una delega legislativa per il recepimento di direttive comunitarie già contenute negli allegati della legge comunitaria per il 2004, a proposito delle quali il termine di recepimento è scaduto, senza che fossero emanati i decreti legislativi. Potremmo, quindi, dire, semplificando, che oggi stiamo semplicemente prorogando dei termini.
In realtà, il provvedimento in esame è ben più complesso. Fino ad ora ho tracciato una sintesi dell'obiettivo da conseguire, ma vale la pena di analizzare ciò che sottende a tale obiettivo.
Per questa ragione, mi limiterò a svolgere tre ordini di considerazioni in merito al provvedimento in esame: una considerazione Pag. 6sul merito del provvedimento, una considerazione di risposta alle osservazioni critiche emerse anche in Commissione ed alle quali, comunque, ha già dato ampia risposta delucidativa il relatore, e, infine, una considerazione conclusiva di natura complessiva sul provvedimento.
Nel merito del provvedimento, l'obiettivo cui mira il recepimento di queste quattro direttive comunitarie è quello di rispondere e di fornire una soluzione a problematiche che, per quanto concerne due delle direttive in questione, riguardano direttamente i cittadini dello Stato italiano; per quanto concerne le restanti due direttive, si tratta di fornire risposte alle esigenze delle imprese del nostro Paese che operano in determinati ambiti economici. Queste ultime direttive, pur riguardando settori completamente diversi tra loro, sono di estrema delicatezza.
Nel corso del dibattito svoltosi al Senato sul provvedimento in esame, l'attenzione si è focalizzata soprattutto sulle cosiddette direttive Mifid e OPA. Richiamo anche l'attenzione sulla direttiva riguardante gli orari di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto su strada e su quella che concerne la raccolta, il controllo, la conservazione e la lavorazione del sangue umano. Entrambe tali direttive sono destinate ad avere specifici effetti sulla sicurezza dei cittadini. In particolare, credo che la prima direttiva sarà utile più dei molti discorsi che anche in quest'aula abbiamo svolto con molta passione, perché l'applicazione di essa darà una risposta concreta ad una parte dei grandi problemi che la sicurezza sulle strade ci propone e ci impone di affrontare. Occorre normare con maggiore precisione in modo da garantire maggiore sicurezza sia agli operatori, sia alle imprese, sia ai cittadini che viaggiano sulle strade e che sono quotidianamente trasportati da chi svolge questa professione. Ciò richiede, conseguentemente, di conoscere gli orari di lavoro di tali soggetti e stabilire che essi devono comunque essere compatibili con la sicurezza; conoscere le attribuzioni che chi opera in questo settore deve possedere, al fine di assicurare lo svolgimento di un'attività efficiente e, conseguentemente, in grado di garantire sicurezza agli utenti e il rispetto della salute dei lavoratori.
È del tutto evidente che l'applicazione di questa direttiva avrà effetti sulla sicurezza di migliaia di cittadini del nostro Paese. Pertanto, è opportuno, a mio avviso, che si proceda rapidamente.
Lo stesso vale per quanto concerne la raccolta, la lavorazione e la tracciabilità del sangue. Si tratta di materia estremamente attuale. È sufficiente leggere i giornali a proposito di quanto recentemente è avvenuto per rendersi conto di come sia opportuno affrettarsi ad introdurre anche nel nostro Paese, modificando la normativa già esistente al fine di adeguarla a quella europea, un ulteriore strumento a garanzia della sicurezza dei cittadini.
Passo ora a soffermarmi sulle due direttive Mifid e OPA. È stato appena ricordata dal sottosegretario Tononi la necessità e l'urgenza di recepire la direttiva Mifid. Tale direttiva riguarda il mercato degli strumenti finanziari, ed è già scaduto il termine per il suo recepimento, poiché essa avrebbe dovuto essere recepita nel nostro ordinamento entro il 1o gennaio di quest'anno. Tale direttiva dovrebbe dispiegare i suoi effetti, se recepita dal nostro Paese, dal prossimo 1o novembre. I cinque mesi che mancano a tale scadenza, già ricordati dal sottosegretario, sono effettivamente un lasso di tempo estremamente breve. Ritengo, quindi, che sarebbe una grave responsabilità non adottare con tempestività questo provvedimento, perché gli effetti che si produrrebbero nei confronti delle imprese che operano in questo settore sarebbero, a mio avviso, devastanti per una ragione molto semplice: se le imprese italiane non sono poste nella condizione di operare sui mercati esteri dal prossimo 1o novembre, non sarà rispettata la condizione di reciprocità. Perciò la Commissione europea e le autorità centrali degli altri Paesi impediranno alle nostre imprese di operare sugli altri mercati e lo stesso avverrà agli operatori degli altri Paesi comunitari che non si sono adeguati alla direttiva, mentre le Pag. 7imprese straniere potranno tranquillamente operare sul nostro territorio. Tutto ciò si tradurrebbe in un danno economico - non solo quindi di immagine - molto rilevante a cui dovremmo porre rimedio con la rapidità necessaria.
Dell'OPA e della necessità di procedere in tempi molto rapidi a recepire la relativa direttiva è stato detto ampiamente. Il termine di recepimento della direttiva in questione è scaduto da un anno e ciò ha determinato sia un'oggettiva incertezza sulla diretta applicabilità dei contenuti della direttiva stessa, sia una situazione di incertezza sui mercati oggettivamente non compatibile date le loro esigenze. Pende una procedura di infrazione ed è obbligatorio, a questo riguardo, muoversi in tutta rapidità.
Passo alla seconda considerazione, relativa alle osservazioni svolte, poco fa, in quest'aula ed anche in Commissione, in ordine alla mancanza di contenuti più specifici della delega e, quindi, all'esigenza, espressa in Commissione, di un ambito di delimitazione del potere di delega più accentuato. È evidente che quando l'organo legislativo delega il proprio potere, ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione, all'Esecutivo, esso deve farlo nell'ambito di quanto detto articolo prevede e, quindi, con la certezza che l'ambito della delega sia circoscritto. A tale riguardo si è svolto un ampio dibattito. In questo caso, non si può sicuramente parlare di delega in bianco, sia perché nell'ambito dell'articolo 2 della legge comunitaria del 2004 (che già individuava tale direttiva e prevedeva una delega legislativa) i criteri erano indicati in modo non superficiali, sia perché la materia non concede allo Stato membro una grande discrezionalità nell'applicazione della direttiva. Le rassicurazioni fornite dal Governo con un formale impegno, contenuto nella nota del sottosegretario Tononi che ha seguito l'iter del provvedimento e che è oggi presente in aula, a riferire in Commissione circa gli orientamenti del Governo in tale materia prima dell'adozione dei decreti legislativi, mi pare rappresenti non soltanto un atto di cortesia formale ma anche un impegno a tornare sul merito della questione, più per la delicatezza che essa riveste che per l'assenza di specifiche di delega. Ciò mi sembra un modo che aiuta a creare le condizioni idonee per avere un clima disteso.
Sulla necessità di procedere, per entrambe le situazioni e per quelle precedentemente ricordate, ad una rapida emanazione dei decreti legislativi, non mi pare sussistano dubbi da parte di alcuno.
Infine, desidero svolgere alcune considerazioni conclusive e di prospettiva. Credo sia assolutamente opportuno che, per le ragioni che ho esposto, le direttive in questione siano recepite in tutta rapidità. Vi sono procedure di infrazione aperte, segnalazioni e, soprattutto, un quadro generale che vede il nostro Paese, in merito al recepimento delle direttive comunitarie, quale fanalino di coda. Confesso, inoltre, che non mi solleva il fatto che l'Italia sia in buona compagnia in coda all'elenco dei Paesi adempienti.
Se lo Stato vuole, come vuole, dai propri cittadini il rispetto di termini e scadenze e, quindi, chiede loro di essere puntuali e prevede sanzioni qualora non lo siano, allo stesso modo, lo Stato, per primo, deve attrezzarsi per essere puntuale. Lo Stato deve, pertanto, rispettare le scadenze e non credo ci si possa più trincerare dietro la complessità degli atti o l'enorme arretrato di inadempienze. Avviare procedure che consentano di metterci progressivamente nelle condizioni di rispettare i termini di recepimento delle direttive comunitarie potrebbe anche non essere rivoluzionario, ma certo sarebbe un bel segnale di efficienza e di cambio di passo.
Non so dirvi se le agenzie di rating, trovandoci più efficienti in questo settore e vedendoci passare da fanalini di coda alla testa dei Paesi che recepiscono le direttive comunitarie, potranno cambiare in meglio l'outlook nei confronti dell'Italia. Credo che un segnale in questo senso servirebbe, certamente, prima di tutto a noi stessi, per fornirci la consapevolezza Pag. 8che stiamo, in ogni caso, invertendo la rotta, dando così segnali di efficienza al Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, ci troviamo oggi a discutere un provvedimento rispetto al quale il Governo e la maggioranza hanno manifestato l'intenzione di farlo esaminare in maniera spedita dalle Commissioni prima e dall'Assemblea dopo.
Il provvedimento in esame apparentemente poteva essere considerato una semplice delega al Governo per il recepimento di alcune direttive comunitarie. Tuttavia, dopo averlo letto e spulciato, abbiamo riscontrato una grave carenza all'interno di esso. La carenza dimostra come il Governo e la maggioranza, su alcune tematiche importanti sotto l'aspetto economico, finanziario e anche strategico in campo economico, oggi non abbiano una posizione.
Si viene a chiedere all'Assemblea e alle Commissioni di prendere atto del fatto che il Governo non ha una posizione, che ci sta pensando e che forse una posizione sarà assunta in futuro. Siccome però ci sono delle scadenze per gli obblighi comunitari, la Camera dovrebbe accettare tout court la decisione del Governo di procedere in maniera spedita nell'approvazione del disegno di legge in esame (si tratta di una delega a cui faranno seguito i decreti legislativi).
Il gruppo della Lega Nord Padania ha fatto presente in Commissione quali sono gli aspetti, che poi spiegheremo, di questo provvedimento che ritiene negativi. Dai nostri rilievi si è innescato un dibattito e un ordine del giorno, che recepisce le nostre osservazioni e che probabilmente verrà messo in votazione. Da qui, l'assunzione di un impegno da parte del Governo - di ciò diamo atto al sottosegretario Tononi - a riferire in Commissione circa gli orientamenti maturati prima dell'emanazione dei decreti legislativi. Nonostante ciò, non possiamo non rilevare il fatto che siamo di fronte ad un provvedimento importante, sotto l'aspetto economico, finanziario e strategico per l'Italia, sul quale il Governo non ha una posizione. Poniamo in evidenza ciò perché oggi queste tematiche non sono affrontate nella nostra quotidianità in quanto non sono considerate all'ordine del giorno dall'opinione pubblica; tuttavia, esse lo sono state fino a qualche mese fa e l'anno scorso. Ci riferiamo a quanto questo provvedimento non prevede in materia di OPA. Praticamente, in materia di offerta pubblica di acquisto, questo provvedimento non dice nulla, o comunque non è chiaro cosa sarà previsto dai decreti legislativi che verranno emanati, su quali sono le possibilità, per le società oggetto di OPA ostile, di potersi difendere o meno di fronte alle scalate provenienti da società estere.
Si è dibattuto molto in sede comunitaria, negli anni scorsi, su questo aspetto. Si è dibattuto anche in Italia quando sono state portate a conoscenza dell'opinione pubblica situazioni in cui alcune società italiane potevano venire acquistate da società estere, mentre invece società italiane non potevano andare ad acquistare società estere, poiché negli altri Paesi vi erano strumenti a difesa delle loro società. Ciò che manca a questo provvedimento, e non è cosa da poco - ed è molto grave che oggi non lo si sappia -, è la chiarezza su quale sarà la posizione del Governo e su quali saranno le future possibilità che verranno offerte alle società in materia di difesa da OPA ostili e in materia di reciprocità.
Infatti, in generale noi non siamo contro il libero mercato, ma crediamo vi debbano essere regole chiare per tutti; al limite, se una società italiana potesse compiere operazioni di acquisizione in un Paese europeo tramite un'OPA ostile senza che là fossero utilizzabili strumenti di difesa per le società poste sotto OPA, potremmo anche ammettere che, a fronte di una posizione di uguale concetto, la stessa situazione potrebbe valere anche in Italia; ma se invece in quel Paese esistono strumenti di difesa utilizzabili dalle società, non capiamo allora perché, nel momento in cui una società di quel Paese Pag. 9attua un'OPA ostile in Italia, noi non possiamo applicare analoghe regole. Questo è il principio in base al quale noi abbiamo preso una posizione, che riteniamo sia chiara, nel senso del rispetto della reciprocità, e in tal senso abbiamo presentato taluni emendamenti. Ciò su cui si sta dibattendo riguarda l'articolo 9 della direttiva, che concerne la passivity rule, l'articolo 11, che riguarda la neutralizzazione, e l'articolo 12.
Non ho la presunzione di ritenermi un esperto della materia, però, tramite gli uffici della Camera, abbiamo svolto una ricerca su come vengono applicate queste regole in ambito europeo e non si ravvisa in alcun modo una linearità; vi sono anzi due posizioni opposte: una, quella inglese, in base alla quale non vi sono strumenti di difesa; un'altra - tedesca, francese e olandese - che invece prevede strumenti di difesa per le società di tali Paesi, qualora siano oggetto di un'OPA ostile. Su questo argomento è in corso un ampio dibattito: penso a quando, più di un anno fa, si aprì la polemica sul caso dell'Enel, che aveva fatto un'offerta pubblica di acquisto di Suez, in Francia, e il Governo francese, tramite un accordo di Suez con un'altra società francese, riuscì a bloccare la richiesta italiana. Vi fu anche una grave crisi nei rapporti a livello europeo, che poi si è risolta, fortunatamente; però, la vicenda fu vista come una forma di protezionismo francese rispetto ad una società italiana che cercava legittimamente e liberamente di effettuare delle proprie operazioni. Vi fu una grande polemica, anche a livello nazionale, di cui parlarono i giornali, la stampa e l'opinione pubblica; in quell'occasione si disse che non si capiva perché noi, nel caso opposto, non avremmo potuto agire come la Francia, ossia difendendo le nostre società; inoltre, ci si stupì del fatto che la Francia intervenisse in tale direzione ovvero decidesse di «difendere» le proprie società. Per l'appunto, si registrò una forte polemica a livello nazionale. È per questo che osservo come adesso pare che stiamo parlando di questioni poco importanti mentre nei mesi e negli anni scorsi vi sono stati momenti significativi in cui si è discusso di questi aspetti (chiaramente, svolgo considerazioni in linea generale, senza riferirmi al caso specifico). Così come si è dibattuto su questi argomenti quando si è parlato delle acquisizioni bancarie: sappiamo che l'Italia è stata interessata da diverse operazioni di acquisizione da parte di società estere - l'Antonveneta e la Banca nazionale del lavoro, ad esempio - ed anche allora si svolse un ampio dibattito sulla necessità che vi fosse comunque un meccanismo di reciprocità per quanto riguarda le acquisizioni. Credevamo che, con l'arrivo di tale provvedimento all'esame della Commissione e, successivamente, dell'Assemblea, vi fosse una precisazione chiara da parte del Governo circa la posizione che intendeva assumere su tali tematiche e che ad essa seguisse quindi una discussione articolata.
Dobbiamo dare atto che, anche in Senato, non è stato detto alcunché su tale questione e quindi, probabilmente, non si è data importanza a tali tematiche.
Oggi in Italia vige la cosiddetta legge Draghi, il Testo unico della finanza, che, in linea generale, non prevede la possibilità di utilizzare strumenti di difesa: questa è la linea generale oggi presente in Italia.
Non sappiamo verso quale disciplina si orienterà il nostro Paese perché il Governo ancora non l'ha comunicato; non sappiamo se manterremo tale linea oppure se la ribalteremo completamente e se si introdurranno la reciprocità e gli strumenti di difesa. Non sappiamo alcunché.
Stiamo conferendo una delega in bianco al Governo su una tematica importante e molto seria - si è parlato di ciò anche per il caso Telecom qualche mese fa - in ordine alla quale non sappiamo alcunché circa la posizione del Governo che, tuttavia, si è impegnato, ieri in Commissione, a indicarla. Sappiamo, però, che politicamente questa è una posizione davvero molto debole.
Quindi abbiamo presentato delle proposte emendative in tal senso e chiederemo all'Assemblea di approvarle. Abbiamo presentato, inoltre, una proposta Pag. 10emendativa anche con riferimento alla direttiva, recepita nel provvedimento in esame, in materia di autotrasporto.
Sappiamo, infatti, che le imprese di autotrasporto italiane, negli ultimi anni, a causa della globalizzazione, si trovano soggette a una forte concorrenza da parte dei Paesi dell'est Europa. Percorrendo, qualche anno fa, una qualsiasi autostrada della Padania, avremmo constatato che la gran parte degli autoarticolati erano italiani. Oggi, invece, se procediamo sulle medesime strade, costatiamo che la gran parte degli autoarticolati non sono italiani, ma provengono per lo più dai Paesi dell'est, ovvero dalla Croazia, dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca.
Tali imprese, infatti, riescono ad operare, rispetto a quelle italiane, con costi minori. Molto spesso - almeno fino a qualche mese fa era così - gli autoarticolati stranieri che percorrevano le nostre strade non avevano la stessa tecnologia degli autoarticolati italiani; spesso i controlli su tali mezzi non sono infatti gli stessi che vengono effettuati in Italia, spesso non è chiaro se le regole con le quali vengono rilasciate le patenti in questi Paesi sono le stesse applicate in Italia. Le imprese di autotrasporto italiane, dunque, sono oggettivamente in una situazione di crisi.
Abbiamo presentato un emendamento volto a costituire un tavolo di concertazione tra il Governo e le imprese di autotrasporto, affinché alcuni aspetti di criticità nella concorrenza tra imprese di autotrasporto italiane e straniere siano valutati.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'onorevole Leddi Maiola ha articolato la sua esposizione su punti diversi, dichiarando, nelle premesse, la difficoltà di inquadrare il disegno di legge in esame per materia.
Quindi, accogliendo tale metodo, ritengo sia indispensabile chiarire subito tale approccio al provvedimento, tuttavia cambiando ottica e percorrendo due binari: il primo, relativo al merito del provvedimento, con una serie di eccezioni; l'altro, invece, direttamente riferito al Regolamento (quasi un richiamo al Regolamento). Infatti, non è la prima volta che in Assemblea siamo costretti a denunciare una scelta che il Governo sta ripetendo da qualche tempo, ovvero porre rimedio in ritardo a infrazioni comunitarie, giustificando quindi la propria azione con l'eccesso di infrazioni e conseguentemente di sanzioni e accumulando, così, in un unico provvedimento, la soluzione a più infrazioni comunitarie.
È normale, quindi, che ci troviamo di fronte a un dibattito accademico. Ho ascoltato l'intervento del presidente relatore - che più volte si è trovato in questa condizione - e debbo dire che la sua è stata una relazione interessante: condivido con lui il lavoro svolto dalla Commissione.
Nel mio primo intervento avevo già detto, ai colleghi più che al Presidente - e soprattutto ai colleghi della maggioranza, che dovrebbero essere gli attori principali dell'attività legislativa di questa legislatura -, che sarebbe stato interessante aspettare i rilievi delle Commissioni consultive. Ognuno sa bene che i provvedimenti sono sottoposti alle Commissioni consultive perché forniscano un parere alla Commissione di merito: noi siamo la Commissione referente - e quindi di merito -, ma il provvedimento tratta argomenti molto diversi e molto complessi rispetto alle nostre competenze. Da parte nostra, quindi, non vi è solo - ed ora passiamo alle valutazioni di merito - una potenzialità emendativa nei confronti delle questioni che ci riguardano. È infatti normale che avessimo qualcosa da dire sulla disciplina dell'offerta pubblica di acquisto.
Siamo costretti, anche in questa sede, a denunciare la scelta del Governo in questo periodo. La collega Leddi Maiola ha affermato che, almeno come immagine, sarebbe importante recepire nei termini le direttive: questo, però, non è solo un fatto di immagine, ma anche di contenuti.Pag. 11
Allora, cosa immaginiamo di poter dire in questa fase che serve ad aprire il dibattito sulle valutazioni circa il disegno di legge? Il collega Fugatti ha affermato - e lo ha anche puntualizzato il presidente Del Mese - che abbiamo già predisposto l'unico documento che potevamo predisporre con capacità e disponibilità ad essere costruttivi: un ordine del giorno che cercherà di fare in modo che il Governo, prima di adempiere a questa delega, già scaduta e quindi rinnovata, riferisca alle Commissioni.
Anche noi di Forza Italia - a meno di importanti novità - saremo sicuramente disponibili a sostenere l'ordine del giorno; si tratta non tanto di voler conoscere prima un provvedimento che poi rimane nei poteri del Governo quanto di cercare di far sì - e perciò ci rivolgiamo al Governo - che il lavoro svolto in quei giorni possa essere inserito nel provvedimento stesso. Quindi è un po' come se si dicesse che non possiamo modificarlo per una questione di tempo: abbiamo fatto comunque delle valutazioni durante il dibattito in Commissione e speriamo che il Governo, che le ha anche, in parte, condivise, le faccia proprie.
Dovete riflettere sul fatto che il Senato ha ricevuto il disegno di legge il 14 marzo e lo ha licenziato in quattordici giorni, con una modifica del testo. Ho avuto anche la curiosità di verificare come si è votato al Senato: c'è stato, da parte dell'opposizione, un voto di astensione, motivato sulla base dello sforzo che i senatori - anche di maggioranza ma, con la maggior voce, di opposizione - hanno sostenuto nel cercare di affermare che le modifiche apportate al disegno di legge erano insufficienti, per poi arrivare ad un voto favorevole.
Adesso la questione si è aggravata, perché, mentre presso l'altro ramo del Parlamento hanno apportato una modifica, noi abbiamo ricevuto il provvedimento il 9 maggio e lo abbiamo licenziato il 31 maggio: in ventidue giorni non siamo riusciti a modificare alcuna parte del disegno di legge.
Si tratta di infrazioni comunitarie su questioni che riguardano anche la precedente legislatura e sulle infrazioni comunitarie è normale che, da parte dell'opposizione, ci sia una disponibilità ad essere più costruttivi: si diceva prima, ad esempio, che modificare le offerte pubbliche di acquisto nel rapporto fra lo Stato italiano e gli Stati membri è indispensabile per dare forza alle nostre imprese.
Se qualcuno avesse la pazienza e il tempo di valutare come gli Stati membri hanno recepito la direttiva, vedrebbe che negli Stati membri stessi vi è stato un dibattito molto aperto e lungo, non una sorta di presa d'atto. Quindi noi che siamo all'opposizione - e in genere siamo considerati strumentalmente contrari ad ogni provvedimento del Governo - in questo caso eravamo disponibili a cercare di intervenire su quei punti che potevano essere chiariti e che abbiamo riportato negli strumenti che saranno poi predisposti dal Governo.
Quale può essere, allora, l'impegno per noi commissari? Quello di verificare e, ogni qual volta ci accorgiamo che i provvedimenti sono troppo corposi, chiederne l'interruzione.
Non possiamo immaginare di essere di fronte ad un rito che la Camera mantiene solo per questioni regolamentari, che però non porta a soluzioni.
Non mi sento di fare una critica al sottosegretario Tononi per quello che ha fatto, perché egli è sempre disponibile a cercare dei miglioramenti o, quanto meno, a comprendere le nostre indicazioni di modifica, ma occorrerebbe ridurre i tempi a disposizione per la valutazione delle questioni, anche se il Regolamento cerca sempre di attribuirli in modo standard, cercando di recuperarli nel momento della predisposizione del provvedimento.
Per quanto riguarda il merito, gli articoli sono diversi. Una parte delle questioni che riguardano la Commissione finanze è abbastanza dettagliata, mentre per quanto riguarda l'OPA lo è un po' meno. Quindi, la riapertura dei termini è stata quasi una sorta di calcio di rigore.
In relazione alla delega in bianco, ci teniamo a chiarire una questione della quale ci siamo fatti portavoce in una Pag. 12interrogazione che sarà presentata tra pochi giorni: se il Governo ritiene che, nel predisporre la delega, i principi che abbiamo suggerito nel creare un meccanismo di difesa siano possibili, la delega in bianco potrebbe essere positiva.
Ci tengo a fare questa puntualizzazione. Abbiamo detto più volte, tralasciando le questioni che non ci riguardano, che il Governo ha avuto un potere troppo ampio nel rinnovo della delega per quanto riguarda l'OPA. Quindi, abbiamo cercato di mettere in evidenza quali potevano essere i punti chiave che servivano ai soggetti che operano nel campo azionario.
Se vogliamo, però, essere onesti fino in fondo - anche oggi ci sono esempi sui giornali di emissioni azionarie di questo tipo, che creano confusione, difficoltà ed anche danni ai soggetti che intervengono -, se oggi avessimo conferito una delega più dettagliata, con dei principi più precisi, forse avremmo fatto un errore.
Quindi, in questa valutazione si combinano due problemi: da una parte, ci interessiamo del merito delle questioni poste e, dall'altra, dei tempi stabiliti dal Regolamento della Camera.
In questa fase, che è propedeutica all'approvazione del disegno di legge, posso esprimere una chiave di lettura che può riaprire il ragionamento nel merito, proprio per recuperare l'immagine del Parlamento tra i Paesi membri dell'Unione europea, come diceva qualche collega. Poiché vi è una serie di infrazioni comunitarie che devono essere per forza risolte e poiché non si possono emettere troppi provvedimenti (anche se solo di proroga o di recepimento di norme comunitarie), ogni qual volta il Parlamento, o nel nostro caso la Camera, cerca di risolvere questo tipo di infrazioni o di problemi al fotofinish, si riduce il tempo per il dibattito e non si riesce, quindi, ad arrivare alla maturazione di alcune scelte: in questi casi la delega che viene conferita è più ampia, espropriando in tal modo, non la minoranza, bensì il Parlamento.
Quindi, con una dichiarazione fuori dal coro, ma non inutile, ritengo che tale delega in bianco non sia preoccupante per il potere conferito al Governo, ma posso altresì affermare, a conclusione del mio intervento, che tutte le materie estranee inserite nel provvedimento in esame riguardavano profili relativi ad infrazioni comunitarie, che, pertanto, dovevano forzatamente essere contemplate dal detto provvedimento. Quindi, sarebbe stato inutile e non conveniente presentare più disegni di legge, piuttosto che uno solo onnicomprensivo; inoltre, poiché rispetto alla seconda lettura al Senato non si ravvisavano i tempi necessari per definire nel dettaglio alcuni punti, abbiamo cercato di conferire una delega più ampia al Governo, impegnandolo a condividere le nostre riflessioni, le quali non sono dirette a realizzare il bene di un'opposizione che strumentalmente vuole modificare le questioni in esame, ma a realizzare il bene del mercato italiano.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, negli interventi che mi hanno preceduto è stato descritto l'oggetto del disegno di legge in esame.
Il provvedimento delega il Governo ad adottare, entro il termine del 30 settembre, i decreti legislativi per il recepimento delle direttive 2002/15/CE, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, 2004/25/CE, concernente le offerte pubbliche di acquisto, e 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.
Tutte queste direttive erano incluse nell'allegato B della legge n. 62 del 2005 e il termine ultimo per il loro recepimento è scaduto senza che siano stati emanati i decreti legislativi.
Il provvedimento in esame delega altresì il Governo ad adottare disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 191 del 19 agosto 2005, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue Pag. 13umano e dei suoi componenti, così come richiesto dalla direttiva 2002/98/CE.
Si tratta, quindi, di adempimenti tutti importanti, sia per la tutela e la sicurezza degli operatori nel campo dell'autotrasporto, che è connessa anche alla delicata materia della sicurezza stradale, sia per le problematiche del sangue, come è stato sottolineato dagli interventi che mi hanno preceduto.
Tuttavia, gli argomenti sui quali mi soffermerò riguardano principalmente l'attuazione della direttiva OPA e l'entrata in vigore a regime della direttiva Mifid.
Il rappresentante del Governo ha sottolineato l'importanza della direttiva Mifid, così come della direttiva OPA, e su tale considerazione naturalmente nulla quaestio, poiché ognuno di noi ne è del tutto convinto. La direttiva Mifid, infatti, tra tutti gli adempimenti previsti dal piano di azione adottato dalla Commissione europea per integrare i mercati di capitali e creare un mercato unico europeo per i servizi finanziari, rappresenta forse il passo più importante e decisivo.
Le imprese di investimento godranno effettivamente di un passaporto unico e gli investitori beneficeranno del medesimo livello di protezione in qualsiasi sistema europeo di intermediazione mobiliare.
La direttiva Mifid, così come ha recentemente sottolineato anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, è destinata ad incidere significativamente sui rapporti tra intermediari e clientela, in una nuova e più chiara definizione degli obblighi informativi e di comportamento, e stimolerà la concorrenza tra mercati regolamentati e piattaforme gestite da grandi operatori finanziari o da consorzi di intermediari.
La direttiva interviene su molteplici aspetti: dalle regole di comportamento e di trasparenza per consentire agli investitori scelte consapevoli sull'organizzazione dei mercati, all'abolizione dell'obbligo di concentrazione degli scambi, alle norme sulla best execution, ovvero la massimizzazione da parte delle imprese di investimento durante il trading del portafoglio del cliente, coerentemente con gli obiettivi e i limiti indicati da quest'ultimo.
La direttiva Mifid sostituirà la precedente direttiva 93/22/CEE (ISD), che non è più sufficiente, sia perché ormai obsoleta rispetto alle radicali trasformazioni intervenute dopo l'introduzione della moneta unica, sia e soprattutto perché contiene principi di carattere generale che lasciano troppo margine di discrezionalità ai singoli Stati membri, generando così approcci diversi sulla regolamentazione, che conseguentemente frenavano la competitività sui mercati.
La scelta, dunque, è stata quella di passare da una armonizzazione minima ad una armonizzazione forte, con una disciplina più dettagliata e prescrittiva per creare un contesto di maggiore omogeneità normativa e favorire la concorrenza e l'innovazione sui mercati.
Al di là dei singoli profili c'è, però, un aspetto di carattere generale che merita una riflessione. La scelta di seguire la linea della armonizzazione forte probabilmente potrà avere effetti benefici. Infatti, la creazione di un sistema di norme meno frammentato previene arbitraggi regolamentari e consente a operatori e mercati una competizione ad armi pari, facilitando i processi di consolidamento. Gli investitori, ovunque vadano, potranno usufruire di un apparato omogeneo di tutele. Non vi è dubbio, però, che questa scelta comporta elevati costi di compliance per intermediari e mercati, in un contesto dove, proprio sul piano comunitario, si stanno intensificando gli sforzi per realizzare un sistema di regole attente all'impatto economico sugli operatori e ispirato a criteri di analisi costi-benefici. Bisognerà, quindi, trovare un difficile equilibrio tra una disciplina molto dettagliata e l'esigenza di minimizzare i costi della regolazione.
Anche per le autorità di vigilanza sui mercati finanziari si aprono nuove prospettive. L'attività di coordinamento tra gli Stati membri ha indubbiamente raggiunto risultanti importanti, ma forse è venuto il momento di pensare a forme di più stretta integrazione, anche nell'organizzazione Pag. 14della vigilanza sul piano comunitario. Infatti, le crisi societarie degli anni Duemila, per le dimensioni delle attività coinvolte e per la complessità e la profondità delle criticità emerse, non possono essere considerate né congiunturali, né fisiologiche. Il caso Enron e i successivi scandali americani, quali Worldcom, ed europei, quali Vivendi, Cirio e Parmalat hanno avviato in tutto il mondo una profonda riflessione circa l'adeguatezza delle regole esistenti e i sistemi di controllo.
La verità è che oggi, quando si verifica in un determinato Paese una crisi societaria o, più in generale, una crisi finanziaria, essa non riguarda più soltanto quel determinato Paese ma, per effetto della globalizzazione, diventa una crisi internazionale e coinvolge più Paesi, più soggetti imprenditoriali e finanziari, in una parola, più protagonisti dell'economia. Ciò è sempre più evidente, in un contesto non solo europeo, per le implicazioni anche giuridiche che ci riguardano come membri dell'Unione europea ma anche e soprattutto, nella prospettiva di una sempre più accentuata partecipazione italiana allo sviluppo delle aree emergenti, quali soprattutto quelle dell'Estremo Oriente, che lo stesso capitalismo italiano spesso ricerca per attenuare, in parte, i costi di produzione e del lavoro.
Queste crisi rimarranno nella storia economica e finanziaria internazionale tra i grandi eventi di riferimento e rappresenteranno sicuramente un punto di svolta per la politica del diritto societario e dei diritti dei mercati. È apparso chiaro, già a partire dal caso Enron, che tali crisi costituivano una manifestazione di inadeguatezza dei sistemi di controllo interni ed esterni alle società, in quanto operavano in base a regole non più idonee ad allineare gli interessi del management con quelli degli azionisti.
È apparsa poi chiara, dopo il caso Parmalat, l'inefficienza delle regole nazionali a gestire un sistema finanziario sempre più complesso, globale e integrato e l'inadeguatezza degli strumenti, degli organi di vigilanza non dotati di autorità internazionale per gestire tali fenomeni.
In un contesto europeo molto dinamico, proiettato a completare il piano di integrazione dei mercati finanziari, questi eventi straordinari, anche se talvolta frutto di situazioni sistematiche di falso, hanno indotto a valutare con attenzione i comportamenti devianti per adattare le regole e gli strumenti di vigilanza alle nuove realtà, così come si sono presentate.
Per tornare, quindi, al disegno di legge in esame, ciò che, a mio giudizio, occorre domandarsi, in realtà, è perché si sia giunti con un così grave ritardo all'attuazione di tali direttive e perché il Parlamento venga costretto - questo è ciò che lamentiamo -, soprattutto per la direttiva Mifid, ad una nuova proroga dei termini.
Infatti, l'articolo 10, comma 2, della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006), aveva già prorogato al 31 gennaio 2007 il termine per l'esercizio della delega recante l'attuazione della direttiva 2004/39/CE sui mercati degli strumenti finanziari. Nonostante ciò, anche il termine del 31 gennaio 2007 è scaduto, infatti la legge è stata pubblicata il 17 febbraio 2007, ovvero oltre un mese dopo l'approvazione parlamentare. È lecito, allora da parte nostra, chiedere chiarezza rispetto alle responsabilità che appartengono innanzitutto al Governo, perché il Parlamento ha fatto per intero la propria parte. Un Governo che, soprattutto con l'atteggiamento manifestato durante la recente vicenda legata a Telecom, ha fatto un evidente e pericoloso passo indietro, a nostro giudizio, rispetto all'auspicata esigenza di chiarezza e di trasparenza delle regole, preferendo mettere in campo controlli occulti, che non sono certo espressione di un capitalismo democratico.
Per quanto riguarda la direttiva 2004/25/CE del 21 aprile 2004 concernente le offerte pubbliche (le OPA), l'incertezza è totale. Infatti, non è ancora ben chiaro, come è stato sottolineato in Commissione, come saranno attuate le norme relative all'OPA europea, considerando che il disegno di legge in esame dà carta bianca al Governo su come redigere i successivi decreti delegati. Noi apprezziamo molto l'intervento del sottosegretario Tononi in Pag. 15Commissione - e ufficializzato anche oggi in quest'aula - circa l'impegno del Governo ad illustrare in Commissione gli orientamenti con i quali il Ministero dell'economia e delle finanze intende provvedere all'attuazione della ricordata direttiva comunitaria. Ciò certamente ci tranquillizza, anche perché è il seguito di un dibattito, di un confronto molto costruttivo in Commissione, ma non ci soddisfa del tutto.
Il Governo, di fatto, oggi ci chiede - ritengo - una delega in bianco in questa materia, che svuota così di contenuto l'intero esame parlamentare. La questione principale, su cui ancora non si è giunti ad una conclusione condivisa, riguarda la cosiddetta passivity rule, contenuta nell'articolo 9 della direttiva europea. Si tratta della disciplina relativa agli strumenti di difesa che le società bersaglio di un'offerta di acquisto possono porre in essere, nonché la previsione di una clausola di reciprocità in base alla quale, nel caso in cui la posizione del controllo di una società sia promossa da una società estera, alcune norme della disciplina possono essere applicate solo se le medesime si applicano anche per la società estera che promuove le offerte d'acquisto.
Altro punto nodale riguarda la regola della neutralizzazione, breakthrough rule che legittima la neutralizzazione di quelle previsioni contenute negli statuti e nei patti parasociali delle società bersaglio, che, imponendo limiti alla circolazione delle azioni e al diritto di voto multiplo, potrebbero rendere più difficoltoso il successo dell'offerta, se non vanificarla del tutto. Alcuni Paesi europei, quali Francia, Germania e Spagna, hanno già indicato, e in alcuni casi definito, di adottare normative nazionali volte a tutelare le società nazionali da offerte di acquisto provenienti da società estere.
La Germania ha introdotto, solo su base opzionale non obbligatoria, la regola della passività, adattando la regola opting in, contenuta nell'articolo 12 della direttiva, ovvero lasciando alla società interessata la facoltà di adottare a livello statutario i principi comunitari, consentendo alle società di non applicarle quando sono oggetto di offerte lanciate da società, che non sono sottoposte a norme equivalenti. La Francia, che già aveva disciplinato fin dal 1966 gli acquisti di azioni volti ad ottenere il controllo di società quotate in Borsa, consente l'emissione di speciali warrant, che diluiscono il capitale e rendono più costose le scalate. In Spagna si è optato per l'applicazione obbligatoria della passivity rule a condizione di reciprocità; la legge spagnola lascia, inoltre, alle società la facoltà di adottare alcune misure di neutralizzazione, come l'inefficacia delle restrizioni alla trasmissione dei titoli previsti nei patti parasociali.
Quindi, tale direttiva europea, con il suo carico di possibili deroghe, sembra fatta apposta per spingere i Paesi verso una deriva protezionistica. Come ha avuto modo di sottolineare il Governatore Mario Draghi, durante la relazione all'assemblea della Banca d'Italia dello scorso 31 maggio, tra il 1990 e il 2006 il peso sul listino di Borsa delle società controllate dai patti di sindacato è salito dal 18 al 22 per cento, e il loro numero dal 5 all'11 per cento delle società quotate. Tenuto conto del grande numero di accordi parasociali presenti in piazza degli Affari, il rischio è di ridurre la contendibilità, l'appetibilità delle aziende, anche all'interno dei confini domestici. Infatti, se la società bersaglio è governata da un patto di sindacato, una volta lanciata l'offerta, decade il vincolo di adesione all'accordo che vincola i pattisti.
L'ex presidente della Consob, Luigi Spaventa, ha sottolineato un vizio di origine della direttiva 2004/25/CE sull'OPA, la quale ha aperto un rigurgito di protezionismo societario. Mentre tanto si parla di concorrenza e di liberalizzazione, si sceglie la strada di irrigidire la struttura societaria delle società quotate in Borsa, a vantaggio dei controllanti e con evidente danno degli azionisti di minoranza.
Come dicevo in precedenza, durante la discussione in Commissione abbiamo chiesto più volte che il Governo esprimesse chiaramente il proprio orientamento su tale problematica che - come ho cercato di dimostrare - è di grande rilevanza per Pag. 16tutto il sistema economico e finanziario del nostro Paese. Tuttavia, come è stato detto, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora raggiunto un orientamento definito.
Per la prima volta nella storia, l'economia di mercato ha assunto dimensioni mondiali, sospinta dalle rivoluzioni delle tecniche di produzione, di comunicazione e di informazione. La forte integrazione del commercio mondiale rende più incisiva la dipendenza dei Paesi gli uni dagli altri e rende le singole scelte nazionali e locali importanti e decisive, anche a livello mondiale. Per tale motivo, in questa sede, non possiamo chiudere gli occhi e, comunque, dobbiamo chiedere chiarezza. Le nostre decisioni, infatti, non dovranno più tenere conto esclusivamente delle problematiche interne ai nostri confini, ma anticipare, con lungimiranza, gli scenari che si potrebbero creare a livello globale.
Il provvedimento in esame potrebbe avere forti ripercussioni nel futuro: dev'essere, quindi, affrontato con la giusta calma e attenzione. Per tale motivo capiamo l'urgenza, ma non riusciamo a condividere la fretta con la quale ci viene chiesto di affrontarlo.
Il nostro è un sistema di bicameralismo perfetto, non può accadere, quindi, ogni volta, ciò che è avvenuto in occasione di altri importanti provvedimenti (come il «Basilea 2» o quello che riguardava le ex municipalizzate): non ci può essere richiesto, ogni volta, di ritirare gli emendamenti presentati, per evitare un secondo passaggio al Senato. In questo modo, ogni tentativo, da parte nostra, di svolgere un'azione costruttiva e migliorativa del testo in esame viene bloccata sul nascere. Forse tutta questa urgenza di votare i provvedimenti così celermente è dettata dal fatto che, nel suo primo anno, il Governo Prodi ha approvato circa la metà dei provvedimenti che sono stati approvati, nello stesso periodo, dal Governo Berlusconi. Tutto nasce, principalmente, da un'esigenza di «far cassa», piuttosto che da un reale bisogno di dotare il nostro Paese di nuovi strumenti legislativi. In conclusione, ciò che ci viene chiesto è un atto di fiducia nei confronti di questo Governo, che sta attraversando un periodo particolarmente difficile e burrascoso, soprattutto dopo i recenti avvenimenti che hanno coinvolto il Viceministro dell'economia e delle finanze Visco.
Detto ciò, occorre sottolineare che ci troviamo di fronte ad un disegno di legge la cui finalità ultima - l'adeguamento della nostra normativa a quella europea - dev'essere condivisa da tutte le forze politiche presenti in quest'Assemblea. È evidente, infatti, che la nostra vocazione europea fa, ormai, parte del nostro DNA, di tutti coloro che siedono in quest'Assemblea.
Tuttavia, vorrei sottolineare - mi rivolgo al rappresentante del Governo - la necessità di evitare il ricorso a misure urgenti, quasi straordinarie, che ci costringono a limitare un dibattito che, invece, potrebbe, senza dubbio, essere sviluppato positivamente e senza contrapposizione, come abbiamo dimostrato anche in Commissione.
Vorrei far presente che, così come detto negli interventi svolti poc'anzi dagli onorevoli Alfano e Fugatti, presenteremo pochi emendamenti ed uno, in particolare, con il quale si chiede la previsione della clausola di reciprocità, in quanto ci sembra particolarmente importante, soprattutto nei riguardi di quegli Stati che l'hanno già prevista nell'ambito della propria normativa nazionale.
Non siamo contrari, anzi siamo disponibili alla presentazione sia di un ordine del giorno che, come ribadito dal sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Tononi, impegni il Governo, prima della presentazione in Consiglio dei ministri dei decreti legislativi, ad essere presente in Commissione per discuterne nuovamente, sia di un ordine del giorno che preveda il punto relativo alla clausola di reciprocità.
In conclusione, vorrei far presente al Governo che non contestiamo in assoluto i contenuti del provvedimento, ma ancora una volta il metodo d'urgenza, il quale limita fortemente un dibattito parlamentare Pag. 17che potrebbe trovare un confronto equilibrato da parte di tutte le forze politiche.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.