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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per l'abrogazione dell'esproprio del teatro Petruzzelli di Bari - n. 2-00591)
PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00591 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, vorrei preventivamente fare una precisazione. L'interpellanza da me presentata insieme ad altri colleghi parlamentari non vuole in alcun modo essere un ostacolo alla ricostruzione del teatro Petruzzelli, come è stato oggi scritto sulla stampa locale da alcuni parlamentari della maggioranza, che vi hanno visto un possibile ostacolo. Anzi, con questa interpellanza intendo agevolare la ricostruzione ed evitare che ci possano essere delle conseguenze a seguito dell'esproprio per quello che dirò nel corso del mio intervento.
Infatti, in data 21 novembre 2002, fu sottoscritto a Roma, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, un solenne e formale protocollo di intesa tra enti pubblici territoriali (la regione Puglia, la provincia e il comune di Bari) e la famiglia proprietaria del teatro Petruzzelli, distrutto da un incendio doloso il 27 ottobre 1991.
In forza di detto protocollo, gli enti pubblici territoriali suddetti si obbligavano, tramite apposita fondazione, a ricostruire e consegnare entro quattro anni il teatro funzionante, per poi acquisirlo in uso quarantennale verso la corresponsione alla famiglia proprietaria di un canone di 500 milioni di lire, oltre agli aggiornamenti.Pag. 66
La famiglia proprietaria, poco tempo dopo, in esecuzione del protocollo di intesa, consegnò quanto stabilito alla sovrintendenza e gli organi competenti degli enti territoriali - regione Puglia, provincia e comune, come è stato detto - emisero le ratifiche e le approvazioni previste, sempre in conformità agli accordi.
Tutto, in altri termini, filava liscio in base agli accordi sanciti nel protocollo di intesa già menzionato, che aveva consentito il pacifico avvio del primo appalto dei lavori parziari, destinato alla bonifica e al consolidamento del sottosuolo, nonché al restauro del foyer e alla predisposizione dell'impiantistica. Nel frattempo, la fondazione deputata a gestire la ricostruzione e la successiva gestione del teatro veniva istituita con la legge n. 310 del 2003 ed entrava a far parte, quale quattordicesima unità, del ristretto novero delle fondazioni lirico-sinfoniche nazionali, già enti lirici. Ricostruito il foyer, gli enti pubblici territoriali, e segnatamente il comune di Bari, omettevano di attivarsi e di attivare la fondazione per la rapida prosecuzione e il rapido completamento dei lavori, con la motivazione che occorreva sottoporre a verifica il progetto redatto dalla sovrintendenza, pur contrattualmente approvato, e che per il completamento occorrevano più fondi di quelli previsti.
Passavano quasi due anni di totale fermo dei lavori e in alcuni casi gli enti pubblici si astenevano perfino dal riversare alla fondazione i contributi cui erano obbligati e che avevano già deliberato. Il tutto perché una sorta di pleonastica commissione ispettiva stabilisse, come difatti stabiliva, che il progetto andava bene, salvo piccoli ritocchi, del resto possibilissimi anche in corso d'opera, senza necessità di fermare i lavori.
In data 7 agosto 2006 la sovrintendenza pubblicava l'ulteriore bando di gara per il secondo appalto dei lavori. Quindi, oltre un mese prima della pubblicazione del decreto-legge era stato pubblicato dalla sovrintendenza detto bando di appalto dei lavori.
Il bando prevedeva quindi la ripresa, che era stata riattivata senza alcun bisogno di esproprio, con il protocollo di intesa del 2002, proprio in forza delle rispettive obbligazioni assunte dagli enti locali: la possibilità dell'esproprio era stata definitivamente accantonata transattivamente tra le parti pubbliche e private. Cosicché il disegno di legge di conversione del decreto-legge sembrava espropriare non per interessi generali, ma per mascherare le inadempienze dei pubblici poteri, in quanto detto bando di gara successivamente viene annullato con ordinanza, presupposto della quale è una nota del comune di Bari che definisce l'immobile fra altro non sicuro ai fini della pubblica incolumità: cosa abbastanza strana perché nel foyer, già inaugurato, si svolgevano delle mostre, non ultima quella di opere fotografiche dell'allora prefetto di Bari, e in concomitanza degli eventi del teatro nel cantiere si svolgevano veri e propri concerti.
Un mese e mezzo prima dello scoccare della scadenza quadriennale di ultimazione dei lavori, sanzionata con apposita indennità, il Governo emanava, mentre la ricostruzione del teatro era ben lontana dall'essere completata, un decreto-legge di urgenza, ex articolo 77 della Costituzione, con cui disponeva il trasferimento coattivo del Teatro Petruzzelli al comune di Bari, senza che il comune ne sapesse assolutamente nulla, verso un indennizzo da versarsi con una determinazione del prefetto di Bari, da parte del comune stesso, in favore dei proprietari espropriati. L'esproprio era motivato dall'enunciazione della celere ripresa delle attività culturali del Petruzzelli, glissando sulla circostanza che detta ripresa era stata impedita proprio dall'inadempimento degli enti pubblici territoriali e dalla fondazione rispetto al proprio programma di ricostruzione.
Il decreto-legge di esproprio n. 262 del 2006 veniva convertito nella legge 24 novembre 2006, n. 286. La parte maggioritaria della famiglia proprietaria presentava un ricorso per decreto ingiuntivo, in cui chiedeva emettersi ingiunzione del pagamento relativo all'indennità dovuta nell'ipotesi prevista dal protocollo di intesa, e in via subordinata richiedeva al giudicePag. 67monitorio di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per il relativo sindacato sulla legge di esproprio, ove l'applicazione di detta legge, ritenuta incostituzionale, ostacolasse la concessione dell'invocato decreto ingiuntivo.
Le ricorrenti proprietarie sollevavano nel ricorso varie censure di incostituzionalità, tra cui quella secondo cui il Governo aveva emanato il decreto-legge di esproprio in assenza dei requisiti della decretazione d'urgenza, cioè il caso di straordinaria necessità ed urgenza.
In data 23 maggio 2007, il presidente della seconda sezione civile del tribunale di Bari, dottor Di Lalla, cui era affidato l'esame del ricorso, ha ordinato la rimessione degli atti alla Corte costituzionale disponendo la notificazione del provvedimento ai soggetti interessati. Le parti sono il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica: ecco perché, anche in questo senso, il Parlamento viene coinvolto.
Nello specifico, come può leggersi testualmente, il giudice rimettente in sede monitoria, ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 18, commi 2 e 3, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, concernente l'esproprio del Petruzzelli di Bari, e gli articoli 2, commi 105 e 106, della legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286, recanti disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - sottolineo: disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - in relazione all'articolo 77, comma secondo, della Costituzione, ricorrendo su tutti i profili formali e sostanziali quella situazione di assoluta evidenza della mancanza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che giustifica il sindacato della Corte costituzionale in ordine al difetto di legittimità costituzionale del decreto, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione italiana.
La Corte costituzionale, infatti, a cominciare dalla sentenza n. 29 del 1995, fino alla recente sentenza n. 171 del 2007, in merito alla questione logicamente prioritaria dell'eventuale efficacia sanante della legge di conversione del decreto-legge, ha affermato e ribadito il principio secondo il quale «il difetto dei requisiti del caso di straordinaria necessità ed urgenza, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge». Infatti, il sindacato della Consulta non è precluso dalla legge di conversione del decreto-legge, atteso che l'eventuale vizio di quest'ultimo si risolve in un vizio della stessa legge di conversione, per avere quest'ultima erroneamente valutato l'esistenza di requisiti di validità in effetti non sussistenti ed aver quindi convertito in legge un atto che non poteva essere convertito.
Ciò posto, la Corte, attraverso dette sentenze, in merito all'individuazione dei limiti della decretazione d'urgenza posti dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, ha ritenuto ammissibile il sindacato di legittimità relativamente all'esistenza o meno dei presupposti straordinari di necessità e di urgenza del decreto-legge, salvo ritenere, a tutela della discrezionalità politica, che la mancanza di tali requisiti deve risultare evidente. In particolare, come si legge nella recentissima sentenza n. 171 del 2007, «l'utilizzazione del decreto-legge - e l'assunzione di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l'articolo 77 della Costituzione - non può essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta».
L'ordinanza del 23 maggio 2007, emessa dal tribunale di Bari, evidenzia poi che, sebbene la norma impugnata sia inserita in un decreto-legge, poi convertito in legge dalla legge n. 286 del 2006, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, la previsione dell'esproprio del teatro Petruzzelli in favore del comune di Bari non ha alcuna finalità né di natura finanziaria, riferita alla disciplina del bilancio dello Stato e degli enti locali, né di natura tributaria, riferita alla modifica del regimePag. 68delle entrate pubbliche, tale non potendo considerarsi lo scopo di attribuire direttamente all'ente locale (il comune di Bari) la proprietà del bene, come soluzione, in ipotesi più utile, della gestione del servizio rispetto a quella della concessione in uso da parte dei privati proprietari. Il collegamento formale dell'esproprio alle tematiche della finanza pubblica non solo non è individuabile, ma neppure è, in un modo o nell'altro, indicato.
In ordine al profilo sostanziale, con riferimento alla finalità enunciata nel decreto di garantire la celere ripresa delle attività culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari, la citata ordinanza afferma che lo scopo di riorganizzare l'attività di una fondazione lirica non presenta di per sé il carattere della straordinaria necessità ed urgenza, risolvendosi invece in ordinaria modificazione degli assetti stabiliti con la gestione delle attività culturali in ambito locale.
Come risulta dagli stessi lavori preparatori della legge di conversione, la norma stabilente l'esproprio del teatro è stata introdotta per risolvere un'annosa vicenda e tutelare l'interesse ad una migliore fruizione del bene da parte della collettività, così ammettendo non solo il difetto di collegamento con la manovra di bilancio, ma anche l'assenza di ogni carattere di indispensabilità ed urgenza con riguardo alla finalità dichiarata.
Anche l'ex Presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, in un recentissimo articolo su Il Sole 24 Ore, ha affermato: «La Corte costituzionale censura la prassi di introdurre nei decreti-legge disposizioni che non sono necessarie e urgenti. Secondo la Corte, inoltre, l'avvenuta conversione del decreto in legge non vale a sanare la mancanza dei presupposti. Uno dei vizi della politica nel nostro Paese è l'uso improprio o strumentale delle regole istituzionali: e la funzione di garanzia della giustizia costituzionale serve anche a sanzionare e quindi a impedire tale uso. Come è avvenuto con una sentenza depositata due giorni fa. Ciò ha consentito alla Corte di riconoscere e dichiarare la violazione [...] realizzata attraverso l'inserimento in un decreto-legge di una disposizione estranea al suo oggetto e diretta a raggiungere un risultato [...] per il quale non si rinveniva alcuna ragione di straordinaria urgenza e necessità».
Signor Presidente, se possibile vorrei utilizzare anche il tempo della replica, che sarà breve.
PRESIDENTE. Ciò non è possibile, onorevole Di Cagno Abbrescia.
SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Sta bene. Riportato tale discorso, intendo ribadire che l'intervallo tra la remissione alla Corte della decisione del giudice e la pronuncia è stato pari ad un anno.
Nel frattempo, alla città di Bari verrà imposto il pagamento di oneri relativi all'esproprio decretato da una legge dello Stato e, nello stesso tempo, il Governo avrà stanziato ulteriori finanziamenti.
Quindi, chiediamo al Governo - e, per esso, al Ministro, che in molti casi si reca a Bari ad inaugurare la ripresa di lavori quando ancora non possono iniziare - se non ritenga opportuno intervenire in tempi rapidi e in forma di autotutela, attraverso un intervento legislativo che stabilisca l'abrogazione dell'esproprio del teatro Petruzzelli nei confronti della famiglia, ripristinando conseguentemente l'operatività del protocollo di intesa sottoscritto in data 21 novembre 2002, al fine di evitare aggravi di spesa pur consentendo i lavori per la ricostruzione del teatro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Elena Montecchi, ha facoltà di rispondere.
ELENA MONTECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, sarò un po' più breve dell'onorevole Di Cagno Abbrescia, ma anche io cercherò di ricordare alcuni passaggi significativi che riguardano la vicenda relativa al teatro Petruzzelli di Bari, distrutto quasi integralmente, come si ricorderà, il 27 ottobre 1991 da un incendio doloso.Pag. 69
Il primo intervento legislativo in favore del teatro fu quello della legge n. 444 del 1998. Si trattava di una destinazione finanziaria di 16 miliardi di lire preordinati alla ricostruzione del teatro. I fondi - anche in questa sede sono state ricordate alcune questioni - furono spesi dalla soprintendenza per i beni architettonici della Puglia, con procedure ad evidenza pubblica, per effettuare urgenti lavori di consolidamento e copertura delle parti più esposte dell'immobile.
Ulteriori somme, circa 4 miliardi di vecchie lire, furono messe a disposizione dalla soprintendenza medesima per ulteriori spese connesse ai primi interventi e alle spese di progettazione dell'intervento di restauro e consolidamento complessivo.
Nel novembre 2002, la regione Puglia, la provincia e il comune di Bari e la famiglia proprietaria sottoscrissero un protocollo d'intesa che prevedeva l'esecuzione, tramite apposita fondazione da costituire tra regione, provincia e comune, dei lavori di ricostruzione definitiva e la concessione in uso esclusivo a tale fondazione - dopo quattro anni - del teatro, dietro la corresponsione alla famiglia proprietaria di un canone di locazione dell'immobile di 500 mila euro annui per i successivi quarant'anni.
Gli interventi finanziari dei suddetti enti territoriali erano previsti in 16,5 milioni di euro, da aggiungersi ad ulteriori 5 milioni di euro, a valere sui fondi del gioco del lotto del Ministero per i beni e le attività culturali per l'anno 2003.
Si tratta, evidentemente, di notevolissimi esborsi della pubblica amministrazione.
A fronte di tali notevolissimi esborsi della pubblica amministrazione, la famiglia proprietaria, che - come emerge dagli atti giudiziari - non aveva previsto neppure una congrua copertura assicurativa del teatro incendiato, sarebbe rimasta proprietaria dell'immobile completamente restaurato con le risorse della collettività.
Occorre anche qui ricordare che la famiglia era titolare del solo diritto di superficie al momento della prima costruzione dell'immobile e che il comune di Bari avrebbe potuto, al trascorrere di tre anni di inattività conseguenti alla distruzione, riappropriarsi dell'area ai sensi della convenzione a suo tempo stipulata.
Successivamente, con la legge n. 310 del 2003, il Parlamento dotò la città di Bari di una fondazione lirico-sinfonica adatta a sostenere le attività musicali interrotte da molto tempo.
Non posso nemmeno qui sottacere un altro importantissimo elemento a suffragio dell'intervento governativo, che viene contestato dagli onorevoli interroganti, dello scorso dicembre: l'Avvocatura dello Stato si era espressa nel 2002 (con il parere n. 325), prima del protocollo di intesa, a favore di una procedura espropriativa proprio per il grande interesse culturale dell'immobile e soprattutto per i notevoli esborsi economici già sopportati dalla collettività fino a quel momento su un immobile privato, ma tale procedura espropriativa non ebbe luogo.
Nel 2006, all'insediamento del Governo attualmente in carica, nessuna operazione era stata intrapresa ai sensi del protocollo di intesa stipulato nel 2002 per iniziare i lavori di restauro e, d'altronde, le risorse pubbliche suindicate non sarebbero state neppure sufficienti. Con il decreto-legge contestato dagli interpellanti sono state invece individuate le risorse necessarie a completare i lavori (ulteriori otto milioni di euro) e si è successivamente provveduto - mi si consenta di dirlo - a tempo di record alle necessarie procedure di appalto, a bandire la gara, ad assegnare i lavori e ad iniziarli il 14 maggio scorso.
È notizia di oggi, peraltro, la conclusione, al termine di una rapida quanto approfondita istruttoria da parte del prefetto di Bari, della procedura di liquidazione dell'indennizzo a favore dei proprietari, determinato in 16.419.166 euro.
Dunque questo Governo ha, nei fatti, concretamente e rapidamente determinato tutte le condizioni affinché il teatro possa esser messo in condizioni di riaprire per la fine del 2008 e riprendere le sue attività culturali attraverso la fondazione lirico-sinfonica istituita nel 2003.Pag. 70
I cittadini di Bari potranno valutare i fatti e a loro spetta il giudizio su chi vuole o meno ostacolare i lavori. Ciò dimostra, inequivocabilmente, l'urgenza e la necessità dell'esproprio e del relativo intervento legislativo, che ha consentito la rapida acquisizione del teatro Petruzzelli alla mano pubblica e il suo restauro volto a restituire alla collettività pugliese (e, più in generale, a quella italiana) la fruizione di un servizio culturale necessario e di elevato livello.
Quanto ai rilievi che sono stati proposti nell'interpellanza sulla procedura seguita e sul rispetto dei vincoli costituzionali, non possiamo che richiamare l'iter legislativo di conversione del decreto legge, durante il quale (in particolare mi riferisco alla fase della prima lettura presso la Camera dei deputati) nessun rilievo è stato sollevato sulla norma relativa al Petruzzelli, né in sede di Comitato per la legislazione, né ai sensi del Regolamento della Camera, dai competenti uffici e dall'Assemblea, la quale, peraltro, respinse le pregiudiziali di costituzionalità, che pure erano state presentate sull'intero provvedimento.
Quanto all'omogeneità della disposizione rispetto al corpus del provvedimento, non può sfuggire che essa è collocata in un insieme più ampio di norme in materia di beni e attività culturali, che comprendono non solo il riordino del Ministero e del Dipartimento per il turismo, con la previsione di un nuovo concorso per quaranta dirigenti ministeriali, ma anche la ridisciplina dell'allocazione degli interventi finanziari in favore dei beni culturali e dello spettacolo attraverso la società Arcus e l'intervento a favore del teatro Petruzzelli.
Non vi è quindi nessuna eterogeneità o intrusività della norma sul Petruzzelli, che si colloca in una complessiva manovra di interventi urgenti, anche in materia di sostegno delle attività culturali.
Si fa riferimento, poi, nell'interpellanza ad una recente ordinanza del giudice civile di Bari di rimessione della norma al vaglio della Corte per la ritenuta carenza dei presupposti della decretazione d'urgenza.
Al riguardo, non posso che ribadire, anche alla luce degli spunti argomentativi che ho sviluppato, che il Governo attende con rispetto e fiducia la decisione della Consulta. Il rispetto istituzionale e la fiducia sono tali che ci impediscono di addentrarci in un'aula parlamentare nel raffronto e nell'esegesi delle sentenze della Corte in materia di decretazione d'urgenza.
L'ordinanza non ha comunque effetti sospensivi dei procedimenti di esproprio e di realizzazione dei lavori di restauro, né l'eventuale annullamento della norma provocherebbe i danni erariali paventati nell'interpellanza, atteso che, qualsiasi dovesse essere la sorte finale della proprietà del bene, il restauro del teatro e la sua restituzione alla fruibilità della città costituiranno comunque per questo Governo un importante risultato positivo e una vittoria per l'interesse pubblico.
Non vi è quindi alcuna ragione per la quale il Governo intenda procedere all'abrogazione della norma sul teatro Petruzzelli. Anzi, il Governo intende rispettare gli impegni normativi e finanziari assunti per riconsegnare il teatro alla città.
PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia facoltà di replicare.
SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, non posso essere soddisfatto, dal momento che un atto tipico del parlamentare viene addirittura visto polemicamente, anche alla luce di alcune situazioni che sono maturate e che dal tribunale sono state notificate sia al Governo che alle due Camere.
Nello stesso tempo, non si può sostenere che anche la massima autorità dello Stato non si sia interessata del problema che abbiamo sollevato. Lo stesso Presidente Napolitano, infatti, ha «bacchettato» in questi giorni Governo e Parlamento sull'abuso dello strumento della decretazione d'urgenza e ha ritenuto necessario il sindacato della Corte costituzionale, proprio per l'assoluta evidenza della mancanza di alcuni requisiti (in questo caso dei requisiti di necessità e urgenza del decreto di esproprio).Pag. 71
Signor sottosegretario, anche noi a Bari volevamo e vogliamo tutti che il teatro sia ricostruito e apra nuovamente. Tuttavia, da liberali e liberisti quali vogliamo essere non a parole, ma realmente, in relazione alla vicenda in esame, sembra strano che in alcune commissioni nell'ambito del consiglio comunale di Bari, proprio gli esponenti dell'attuale maggioranza politica governativa erano coloro che alzavano il dito chiedendo di stare lontani dalla paventata possibilità di esproprio, che, come lei ha richiamato, era stata anche sottolineata dalla stessa Avvocatura dello Stato.
Siamo convinti che i lavori possano andare avanti e il Governo ha fatto bene anche a mettere a disposizione l'ulteriore tranche (che ci auguriamo che possa essere definitiva e che possa consentire il completamento dei lavori).
La richiesta di noi interpellanti, tuttavia, era un'altra: sapere che cosa succederà. Non è inevitabile che il comune di Bari (che, tra l'altro, non ha stanziato nessuna somma e non ha mai parlato nell'ambito del consiglio comunale, quindi di un consesso democratico, di ciò che avverrà) dovrà accendere dei mutui per poter sopperire alla messa a disposizione, in attesa della decisione della Corte.
Se la Consulta dovesse sancire l'illegittimità dell'esproprio, inevitabilmente esporrebbe l'ente locale ad aver acceso dei mutui, pagato interessi, attivato procedure economiche e amministrative, che inevitabilmente si ritorcerebbero su esso stesso e, quindi, sui cittadini baresi, che avranno il teatro, ma lo dovranno pagare, forse amaramente.
Alla luce di questo discorso, prendiamo atto di quanto ci ha detto, che il Governo intende andare avanti: tra l'altro lo aveva già dichiarato nei giorni precedenti. Saremo sulla riva del fiume per vedere come andrà a finire; passerà un anno, quando la Corte emetterà la sua sentenza - che noi rispetteremo, convinti come siamo che essa rappresenti la massima istituzione di questo Paese - e certamente sarà una decisione lineare e approfondita.
Tuttavia, ci sono delle premesse che mi sono proposto di sottolineare: non solo la sollecitazione del Presidente Napolitano, ma anche quella che un ex Presidente della Corte ha ritenuto di formulare. Pertanto, non sono soddisfatto della risposta. Dovremmo aspettare e aspetteremo.