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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Vicenda dei migranti eritrei recentemente naufragati presso l'isola di Malta - n. 2-00577)
PRESIDENTE. L'onorevole De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00577 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
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TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, le vicende che ci hanno spinto a presentare l'interpellanza in esame risalgono al mese scorso e hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica non solo in Italia, ma anche a livello mondiale. Mi richiamo infatti ad una fotografia apparsa in prima pagina su qualche giornale italiano, che ritraeva una barca stipata, piena di persone (tra le persone molte donne e bambini) che venne avvistata da una aereo dell'autorità maltese il 21 maggio.
Pare che l'aereo abbia lanciato l'allarme, ma purtroppo la risposta fu molto lenta, tanto che ci vollero nove ore perché una nave maltese arrivasse sul luogo, a circa 80 miglia a sud di Malta, ma in quel momento ormai l'imbarcazione era scomparsa.
L'allarme fu lanciato anche dagli stessi naufraghi - dalle fotografie la barca appariva evidentemente in avaria - i quali allertarono i propri parenti, pare, in Europa, in particolare in Gran Bretagna e forse anche in Italia.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha lanciato un appello accolto dal Governo italiano - ricordo che i cittadini dell'Eritrea, secondo le linee guida delle Nazioni Unite, hanno titolo a chiedere l'asilo politico in quanto sono esposti a gravi rischi di ritorsione su se stessi e sui propri familiari, nel caso vengano identificati pubblicamente e soprattutto qualora vengano respinti verso il loro Paese - con il quale si chiedeva di tentare di rintracciare questa barca.
Le operazioni italiane iniziarono il 24 maggio, con la mobilitazione sia della Marina italiana, sia della Guardia costiera, svolte in un primo momento solo nelle acque di competenza italiana e successivamente, a seguito dell'autorizzazione del Governo libico, anche nelle acque libiche.
La ricerca non portò alla scoperta dell'imbarcazione scomparsa ma a quella di un altro fatto, forse altrettanto scioccante. Infatti fu fotografato dal cielo - da un aereo italiano - un gruppo di uomini aggrappati a delle gabbie da pesca, gabbie per l'allevamento di tonni, ed in seguito abbiamo scoperto che tali uomini erano rimasti su quelle gabbie per ben tre giorni, perché il pescatore maltese che trainava quel recinto si era rifiutato di accoglierli a bordo.
La Marina italiana ha portato in salvo ventisette persone, ma non si trattava dei naufraghi della barca scomparsa, perché erano di altra nazionalità.
Dopo tale episodio, accolto con sollievo e soddisfazione dalle Nazioni Unite - e voglio sperare anche dall'opinione pubblica, perché lo spettacolo di quegli uomini aggrappati alle reti dei tonni ha rappresentato la vergogna d'Europa - anche un peschereccio spagnolo ha portato in salvo un altro gruppo di naufraghi.
Tuttavia non abbiamo più notizie dei cinquantatre uomini, presenti nella fotografia iniziale del 21 maggio, tranne che per una chiamata, pervenuta in Gran Bretagna da uno dei detti naufraghi, il quale ha riferito di essere approdato in Libia e di essere stato nuovamente posto in stato di detenzione.
Sorge da tale situazione la necessità di presentare l'interpellanza urgente al Governo - poiché non sono riuscita ad avere conferma di tale notizia - e rivolgo allo stesso un'urgente sollecitazione, affinché ottenga informazioni dalle autorità libiche: in primo luogo occorre chiedere alle dette autorità se siano a conoscenza del fatto che tali persone siano state trattenute in Libia; in secondo luogo occorre chiedere alle stesse di consentire l'accesso ai centri di detenzione ai rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in quanto queste persone, ed anche altre, avrebbero diritto - almeno in molti casi - allo status di rifugiati.
Infine chiedo all'Esecutivo di raccomandare al Governo libico di non rimpatriare queste persone in Eritrea, in quanto, come ho già detto, correrebbero gravi pericoli, nonché di ricordare all'autorità libica le proprie responsabilità, in adempimento ad una Convenzione sottoscritta nel 1969 nell'ambito dell'Organizzazione dell'unità africana, con la quale sono state delineate le linee guida per la protezione dei rifugiati.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo è ben consapevole di quanto sia delicato il caso sollevato dall'onorevole De Zulueta, e si tratta di una delicatezza che deriva in primo luogo dalla drammaticità del contesto e dalla frequenza con cui questi fenomeni migratori avvengono.
Per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti il Governo non può che confermare quanto segnalato dall'onorevole De Zulueta, cioè che il 24 maggio la Marina militare italiana ha tratto in salvo ventiquattro emigranti rimasti aggrappati per tre giorni, come lei ha descritto, alla gabbia per tonni di un rimorchiatore maltese. Quanto accaduto ha destato, come abbiamo ricordato, vive emozioni in Italia e in altri Paesi europei, tanto più che il recupero dei ventisette naufraghi veniva seguito a distanza di una settimana dal ripescaggio dei cadaveri di altri naufraghi, da parte della nave, la Motte Picquet, della Marina militare francese.
Proprio per riflettere sulle modalità e per far fronte a episodi di questa natura è stata avviata una discussione in ambito europeo sulla possibilità di migliorare l'assistenza umanitaria in mare in un quadro di partenariato con gli Stati terzi e di solidarietà europea.
Non disponiamo di notizie certe sui cinquantasette eritrei citati nel comunicato dell'agenzia ANSA del 31 maggio. Abbiamo interpellato l'ufficio dell'UNCHR di Roma, l'Alto commissariato per i rifugiati, e raccolto informazioni attraverso la nostra ambasciata a Tripoli, ma allo stato attuale non vi è alcuna conferma che i cittadini eritrei, cui l'interpellanza ha fatto riferimento, siano effettivamente trattenuti in Libia.
Sul piano più generale va, d'altra parte, osservato che la Libia non è parte della Convenzione del 1951 sui rifugiati e, quindi, non è giuridicamente tenuta a garantire l'accesso ai centri dove vengono trattenuti i rifugiati. Inoltre, va tenuto presente che, sebbene l'Alto commissariato sia già oggi in grado di comunicare con le autorità libiche per chiedere informazioni e svolgere la sua attività di istituto, non sono tuttavia ancora stati finalizzati i negoziati per l'accordo di sede del Commissariato sui rifugiati, che regolerà l'attività del suo ufficio a Tripoli.
In ogni caso voglio assicurare all'onorevole De Zulueta che il Governo è perfettamente consapevole della drammatica situazione interna all'Eritrea che è all'origine del fenomeno di immigrazione sistematica verso altri Paesi, da parte soprattutto di giovani che intendono ad ogni costo cercare all'estero condizioni di vita meno precarie.
L'Eritrea vive, infatti, una fase di crescente militarizzazione del Paese, che viene giustificata sul piano interno invocando l'esigenza di una mobilitazione nazionale per fronteggiare il pericolo di un eventuale conflitto con l'Etiopia. La coscrizione obbligatoria con ferma minima di tre anni, in vigore dopo il conflitto con l'Etiopia, nonché il razionamento dei beni di prima necessità come gli alimentari, il carburante, la stessa energia elettrica, provocano un esilio sempre più accentuato in particolare dei giovani sia via terra, attraverso il Sudan, appunto la Libia, in direzione della costa nord del Mediterraneo, sia via mare.
A fronte di questa situazione il Governo continua a svolgere ogni passo utile sia sul piano bilaterale sia in concertazione con i nostri principale partner e alleati, per richiamare il regime eritreo alle sue responsabilità in materia di diritti umani e delle libertà fondamentali. Allo stesso modo il Governo italiano non mancherà di adoperarsi nel caso in oggetto come negli altri, affinché i rifugiati, da qualsiasi Paese provengano, vengano messi al riparo da rischi di tortura e da altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti.
PRESIDENTE. L'onorevole De Zulueta ha facoltà di replicare.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatta. Non c'èPag. 79dubbio che il Governo abbia tentato in tutte le sedi di avere le notizie che cercavamo.
Volevo, però, più in generale fare un'osservazione per quanto riguarda i nostri rapporti con la Libia. L'Italia ha spesso sottolineato di avere una buona collaborazione con la Libia nella lotta all'immigrazione irregolare. Purtroppo, non conosciamo i termini di questi accordi in quanto non sono mai stati illustrati in sede parlamentare e questa opacità, in questo caso, è di intralcio a una migliore collaborazione, ad esempio alla possibilità di rintracciare persone scomparse.
Vorrei cogliere questa occasione per sottolineare che, l'Italia, in sede europea, ha siglato un accordo per partecipare all'operazione Frontex, che è un'operazione di collaborazione per la lotta all'immigrazione irregolare in mare. Tale accordo, fino ad oggi, è stato operativo solo sulla costa africana occidentale (da cui erano partiti i migranti verso le Canarie). Chiedo per questo con urgenza - anche il sottosegretario Craxi ha ricordato che è urgente migliorare la risposta, per quanto riguarda il soccorso mare dei migranti - che tale accordo sia esteso.
È importante che la lotta all'immigrazione irregolare dia tutte le garanzie, per quanto riguarda la tutela dei diritti e dell'incolumità delle persone che potrebbero essere intercettate; se fossero di fatto respinte verso la Libia, si creerebbe un grosso problema.
So che l'Italia vuole coinvolgere la Libia nell'operazione Frontex, però ritengo che sia molto importante che tale coinvolgimento avvenga secondo le norme stabilite dalle Convenzioni internazionali, per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e, soprattutto, per quanto riguarda la protezione dei rifugiati.
Credo che, su questo fronte, non solo sia necessario richiamare l'Eritrea - come ha detto il sottosegretario Craxi - al pieno rispetto dei diritti umani; tale richiamo vale anche per la Libia, Paese nel quale - come sappiamo - sono state condannate a morte sei infermiere bulgare; esse non hanno potuto accedere ad un giusto processo, insieme a un medico palestinese e avrebbero subito anche delle torture. Il quadro, quindi, non è affatto rassicurante, se si vuole trasformare la Libia in un partner nella gestione dell'immigrazione.
Chiedo al Governo se possa continuare a tenere viva l'attenzione per quanto riguarda queste persone - nella speranza che si riesca a rintracciarle - e, soprattutto, se sia possibile tener fermo il punto, per quanto riguarda le garanzie per i diritti umani, anche nei confronti della Libia.