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Seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00050, Volontè ed altri n. 1-00161, Migliore ed altri n. 1-00178, Ranieri ed altri n. 1-00179, Zacchera ed altri n. 1-00180 e De Zulueta ed altri n. 1-00181 sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamento dell'Unione europea (ore 10,09).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00050, Volontè ed altri n. 1-00161
(Nuova formulazione), Migliore ed altri n. 1-00178, Ranieri ed altri n. 1-00179
(Nuova formulazione), Zacchera ed altri n. 1-00180
(Nuova formulazione) e De Zulueta ed altri n. 1-00181 sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamento dell'Unione europea (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta di lunedì 11 giugno 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.
Avverto che è stata presentata la risoluzione Maroni ed altri n. 6-00017
(Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 2).
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni e sulla risoluzione presentate.
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei fare qualche breve considerazione, prima di esprimere la valutazione del Governo sulle mozioni e sulla risoluzione che sono state presentate. Si tratta di una discussione che ormai si sta protraendo da lungo tempo: abbiamo iniziato a discutere durante gli avvenimenti che hanno accompagnato il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma. La discussione che allora iniziammo non terminò con un voto ed oggi la stiamo continuando e portando a conclusione.
Come sapete, oggi pomeriggio si terrà sul tema una riunione del Consiglio europeoPag. 2particolarmente complicata e difficile. La situazione, come la stessa Presidente Angela Merkel ha più volte ripetuto nel corso degli ultimi giorni, è complessa e dall'esito ancora incerto.
È giusto - come è stato affermato da autorevoli padri dell'Europa - che l'Europa si costruisce e si costruirà un passo alla volta, ma è assolutamente evidente che il passaggio che abbiamo dinnanzi segnerà un periodo e una fase che potremmo definire storici. Il Trattato costituzionale rappresenta uno di quei passaggi: il suo successo - o insuccesso - lascerà non poche tracce, in positivo o in negativo, sull'evoluzione dell'Europa.
La situazione è nota: diciotto Paesi hanno approvato il Trattato costituzionale ed altri quattro hanno più volte affermato il loro accordo con la sostanza del Trattato costituzionale. Ve ne sono altri cinque, invece, che, per varie ragioni, hanno espresso dubbi, perplessità e contrarietà, fino a giungere ai referendum francese ed olandese, che hanno registrato un pronunciamento popolare contro il Trattato costituzionale.
La natura del confronto in sede di Consiglio europeo è chiara nei suoi limiti: fra i Paesi contrari al Trattato costituzionale alcuni, appartenenti all'area dell'ex Unione sovietica - mi riferisco, in particolare, alla Repubblica Ceca e alla Polonia - sono in qualche misura gelosi - anche comprensibilmente - della loro identità nazionale e hanno problemi a delegare funzioni e poteri a livello europeo.
Vi è inoltre un'altra posizione classica e più antica, che concepisce fondamentalmente l'Europa come un'area di libero scambio economico e come un'area commerciale, ma che è sufficientemente contraria - non voglio dire ostile - a ulteriori processi di integrazione politici e istituzionali dell'Europa.
La posizione che il Governo italiano ha sostenuto, anche in continuità con la posizione antica che il Parlamento italiano ha più volte ribadito, è chiara: noi sosteniamo che è necessario fare un passo in avanti importante sul terreno dell'integrazione politica e istituzionale.
È un passaggio importante, perché l'idea, che qualche Paese continua ad avanzare, che restando così come stiamo, cioè fermandoci ai trattati di Nizza, tutto resterebbe identico, è sbagliata.
Ormai siamo ad un punto nel quale o si fa un passo in avanti vero o, altrimenti, il rischio più forte è quello di fare dei solidi passi indietro.
Vorrei solo citare un fatto importante relativo ai rapporti con la Russia. Come voi sapete, l'accordo di partenariato strategico fra la Russia e l'Europa è saltato per l'opposizione esplicita della Polonia, in relazione all'esportazione di carni polacche in Russia. Tutto ciò ha messo in moto un meccanismo che sta facendo compiere dei passi indietro molto gravi rispetto ai rapporti con la Russia. Vi è ormai un processo di bilateralizzazione dei rapporti di diversi Paesi con la Russia. L'interlocuzione tra Europa e Russia perde sempre più velocità. Nella sostanza, quindi, è un colpo non a questo o a quel Paese, ma al processo di integrazione europea. Ora ogni Paese sta camminando per conto suo.
In questo senso, o maturano le condizioni - e l'auspicio è che il prossimo Consiglio europeo possa farlo - per cui il passaggio ad un processo di integrazione politica e istituzionale avrà una maggiore intensità o, altrimenti, vi sarà il rischio reale di compiere ulteriori passi indietro.
La decisione che abbiamo sostenuto nel corso di questi mesi e che sosterremo all'interno del Consiglio europeo è proprio quella di difendere la sostanza del Trattato costituzionale.
È del tutto evidente che bisognerà accogliere alcune delle istanze che vengono proposte - come la Presidenza tedesca in qualche modo ha già fatto intendere - relative soprattutto alla struttura del Trattato costituzionale, ma i punti su cui non è possibile accettare passi indietro sono quelli di sostanza che riguardano la prima e la seconda parte del Trattato costituzionale.
Mi riferisco alla personalità giuridica unica e al superamento dei tre pilastri, all'estensione dei criteri per avere una maggioranza qualificata, al Ministero degliPag. 3esteri e al primato del diritto comunitario. Vi sono anche altri elementi importanti, ma i suddetti punti costituiscono la base fondamentale per poter realmente procedere ad una più forte istituzionalizzazione dei meccanismi che possono permettere all'Europa di decidere nei passaggi più importanti.
Allo stesso modo, è importante riuscire a conservare il valore vincolante della Carta dei diritti. Sono consapevole che vi sono diverse opinioni, anche all'interno di quest'Assemblea, ma è del tutto evidente che passare da un sistema di valori generico a un sistema di valori che ha invece una sua pregnanza giuridica consente di compiere un salto di qualità. È altrettanto evidente, inoltre, che in questa fase la Carta dei diritti rappresenta un punto di unità fra le diversità di opinioni.
La posizione più ostile verso la Carta è espressa dalla Gran Bretagna, che ne mette in discussione le interferenze sulla propria legislazione sociale. Vi sono, invece, posizioni del tutto opposte, che sono state sostenute anche all'interno di quest'Assemblea.
La Carta rappresenta, quindi, un punto di sintesi di posizioni che riguardano i principi che devono ispirare l'Europa, che dovrebbero assumere però un valore vincolante. Siamo contrari, invece, al fatto che i principi di Copenaghen possano essere assorbiti, come è stato proposto per esempio dall'Olanda, all'interno del Trattato in sostituzione della Carta dei diritti. Ciò, infatti, sarebbe un chiaro messaggio sul terreno, anch'esso fondamentale, dei meccanismi di allargamento.
Su questo punto voglio esprimere un'ultima considerazione. L'Italia ha sempre sostenuto i processi di allargamento. Cinquant'anni fa, come è stato detto più volte, i Paesi che costituivano il nucleo motore di questo processo erano sei, mentre oggi si è giunti a ventisette, con un salto, avutosi nel 2004, che ha portato all'allargamento da quindici a venticinque Paesi.
Abbiamo sempre sostenuto tale processo di allargamento, consapevoli, soprattutto in questa ultima fase, che il massiccio allargamento avrebbe rappresentato un punto di riferimento importante per i Paesi che andavano incontro a una grande precarietà sul terreno economico, sociale e finanziario e della loro stessa identità politica e democratica.
È del tutto evidente, come possiamo constatare, che tale allargamento ha anche comportato problemi e processi complessi all'interno dell'Europa.
Tuttavia, ora ci troviamo ad un punto in cui i processi di allargamento non possono che accompagnarsi a quello che viene chiamato l'approfondimento istituzionale e politico dell'Europa, cioè il fatto che anche i meccanismi che solidificano il progetto europeo devono marciare di pari passo con l'Europa.
Da questo punto di vista, allora, le due grandi questioni aperte (cioè la questione balcanica e quella della Turchia, che peraltro - mi riferisco alla seconda - è al centro di alcune risoluzioni qui presentate) sono questioni che l'Italia ha presenti nella loro evoluzione: la prima perché rappresenta un grande contributo alla stabilizzazione di un'area strategicamente importante per il nostro Paese; la seconda perché rappresenta una grande scommessa per il futuro.
Però, affinché tali processi di allargamento possano consolidarsi e realizzarsi, è necessario che vi sia un approfondimento degli aspetti istituzionali e politici dell'Europa ed è necessario che il Trattato costituzionale - che si discuterà da oggi in poi al Consiglio europeo - possa arrivare ad un punto importante e produrre un risultato positivo, altrimenti è del tutto evidente che, insieme ad una compromissione del Trattato costituzionale, registreremo anche una compromissione dei processi di allargamento nel corso del prossimo futuro.
Erano queste, molto schematicamente, le considerazioni che volevo formulare prima di esprimere un'opinione sulle mozioni e sulla risoluzione presentate.
Devo procedere in modo un po' accidentato perché, come sapete e come è stato detto dalla Presidenza, sono statePag. 4introdotte alcune modifiche all'ultimo momento e, quindi, è necessaria un'accurata visione.
Per quanto riguarda la mozione Maroni ed altri n. 1-00050, il Governo esprime un parere contrario: tale mozione, soprattutto nel dispositivo, si concentra sulla Turchia e tale problema è meglio esplicitato dalla risoluzione n. 6-00017 - sempre presentata dal gruppo della Lega Nord - nella quale si afferma, con grande chiarezza, che bisogna interrompere i negoziati di adesione con la Turchia.
Non è questa l'opinione del Governo, non è questo ciò che il Governo ha sostenuto in tutte le sedi. È del tutto evidente che la Turchia, nella sua prospettiva europea, non potrà che adempiere ai criteri e ai principi fondamentali che ispirano l'Europa e la sua democrazia, ma è un processo che siamo interessati a tenere aperto e soltanto alla fine potremo verificare se la Turchia avrà rispettato i criteri fondamentali, che sono basilari per poter essere parte dell'Europa. Pertanto questo è il giudizio sulla mozione Maroni ed altri n. 1-00050.
Anche sulla mozione Volontè ed altri n. 1-00161
(Nuova formulazione) il Governo esprime parere contrario, e lo voglio dire anche con una qualche recriminazione conoscendo le posizioni che l'UDC ha sempre rappresentato in questa Assemblea. La posizione del Governo è negativa avuto riguardo soprattutto ai primi due paragrafi del dispositivo. Nel primo paragrafo, infatti, si riapre la discussione sulla Carta dei diritti e sui principi fondamentali: in merito - come ho già detto - la posizione del Governo è quella di conservare la Carta dei diritti come elemento fondamentale per evitare di schiudere un vaso di Pandora che potrebbe davvero bloccare il processo costituzionale in quanto tale.
La stessa considerazione vale per il secondo paragrafo, dove si chiamano in causa le radici giudaico-cristiane (a proposito ricordo, non a caso, la posizione della stessa Presidenza tedesca, con Angela Merkel - che ne fece a suo tempo anche un punto di iniziativa -, ma devo dire anche dello stesso Presidente Prodi): è del tutto evidente che su tale terreno non è proponibile riprendere la discussione, salvo riaprire una diatriba che potrebbe, a quel punto, rendere ancora più complicata e difficile l'evoluzione del Trattato costituzionale.
Sul terzo paragrafo, non posso che esprimere parere favorevole del Governo, ma lo consideriamo assorbito dai principi, dai valori e dagli orientamenti espressi dal medesimo Trattato costituzionale, mentre sul capitolo relativo alla Turchia cogliamo anche qui un elemento di contrarietà a questo processo - che, peraltro, mi pare reso ancora più esplicito dalla modificazione - e non posso che ripetere lo stesso parere contrario che ho già espresso sulla risoluzione presentata dalla Lega Nord.
Per quanto riguarda la mozione Migliore ed altri n. 1-00178, ne capisco il senso e anche la continuità e la contiguità con la posizione di contrarietà che Rifondazione Comunista ha assunto insieme alla Lega Nord in tale dibattito. Ne capisco anche il senso, ovvero quello di richiamare ad una partecipazione ad un principio di democrazia che oggi in Europa obiettivamente rappresenta un grande problema. Sono assolutamente d'accordo che questa è la questione fondamentale che oggi in Europa dovremo discutere, cioè su come recuperare una partecipazione autentica dei cittadini europei al processo europeo. Però oggi siamo di fronte a un altro tipo di discussione: fermare il processo costituzionale che è in corso e la discussione che si sta svolgendo al Consiglio europeo e riaprire dall'inizio questa discussione con altre modalità vorrebbe dire, molto probabilmente, bloccare il processo stesso e non fare un passo in avanti nella direzione di un processo più democratico ma, probabilmente, paralizzare, almeno per un certo periodo, la prospettiva europea. Il Governo, pertanto, formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario sulla mozione Migliore ed altri n. 1-00178.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Ranieri ed altri n. 1-00179Pag. 5(Nuova formulazione), in quanto riproduce in gran parte l'opinione che anche in Assemblea il Governo ha esposto.
Il Governo esprime parere favorevole sul dispositivo della mozione Zacchera ed altri n. 1-00180
(Nuova formulazione) in quanto abbiamo apprezzato la correzione che l'onorevole Zacchera ha compiuto nella giornata di ieri. Tale correzione può permetterci di accettare la mozione, di formulare un pronunciamento favorevole riguardo al dispositivo, in quanto il primo paragrafo, contro cui il Governo si sarebbe pronunciato, è stato spostato nelle premesse.
Da ultimo, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione De Zulueta ed altri n.1-00181.
PRESIDENTE Qual è il parere del Governo sulla risoluzione Maroni ed altri n. 6-00017?
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sulla risoluzione Maroni ed altri n. 6-00017 ho già affermato che il parere del Governo è contrario. La risoluzione esplicita in modo ancora più netto quello che la Lega Nord aveva espresso sulla posizione della Turchia. Già nella mozione Maroni ed altri n. 1-00050 vi era una posizione contraria e lo è a maggior ragione nella risoluzione, che rende ancora più esplicita e netta la loro contrarietà al processo di allargamento alla Turchia.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, il nostro gruppo ha pochi minuti e, quindi, non porterò via del tempo ai colleghi e all'Assemblea.
Il sottosegretario Crucianelli ha fatto un accenno che francamente non capisco. La tradizione europeista della Democrazia Cristiana e dell'UDC non viene minimamente inficiata da questa mozione e, quindi, poteva anche evitare battute forse dettate anche dalla volontà di motivare ulteriormente il suo parere contrario.
Non voglio ricordare quanti dibattiti sono stati svolti in quest'aula proprio da questi banchi con molti colleghi - vedo il presidente Ranieri - tenendo un diretto contatto tra i rappresentanti del Governo e i rappresentanti del Parlamento durante i lavori sulla Convenzione, in cui anche l'UDC aveva ribadito la sua volontà europeista e la sua convinzione che vi fosse la necessità di inserire, ad esempio, il richiamo alle radici giudaico-cristiane. Le nostre perplessità una volta avviato il processo di avvicinamento con la Turchia furono esplicitamente discusse con il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Marco Follini, proprio in quest'aula.
Quindi, onorevole sottosegretario, dopo averci motivato il suo parere contrario, non c'era bisogno di fare battute francamente prive di qualsiasi fondamento rispetto ai lavori degli ultimi dieci anni di quest'aula parlamentare, a cui lei probabilmente non ha assistito.
Nella nostra mozione non si chiede di andare contro l'Europa, ma si chiede un impegno del Governo nelle prossime ore. Purtroppo ciò avviene solo adesso non per colpa dell'UDC, che aveva chiesto da mesi la calendarizzazione delle mozioni in esame.
Le ricordo che la prima richiesta avvenne ben prima dell'incontro di Berlino, proprio perché, allora, si voleva fornire un supporto ad alcune iniziative che il Governo si apprestava a portare sul tavolo di quel vertice.
Con la mozione al nostro esame si intendono riproporre ancora una volta due temi fondamentali: la migliore precisazione nella Carta dei diritti della famiglia e delle radici giudaico-cristiane, perché sono dati storici: non lo sostiene solo l'UDC o solo il Vaticano. Fior fiori di costituzionalisti, appartenenti ad altri Stati (e non a quello italiano), ad altre religioni (e non a quella cattolica), ribadiscono in questi anni - dai lavori della ConvenzionePag. 6europea ad oggi - che tali due lacune rappresentano un problema, in prospettiva, per il nostro continente. Essi sostengono, inoltre, che colmare queste due lacune sia fondamentale per dare al nostro continente una migliore identità.
Senza tale identità - lo dico per opinione e constatazione di alcuni fatti - l'Europa non ha straordinariamente brillato nei confronti degli altri Paesi, fuori dal contesto europeo e delle altre culture, con cui dobbiamo avere un mutuo riconoscimento, un mutuo rispetto e un mutuo confronto.
Mi lascia perplesso il parere - lo dico con grande sincerità - che ha espresso con riferimento al terzo capoverso della parte dispositiva che viene considerato pleonastico. Esso avrebbe consentito al Governo di sostenere ciò che lei ha già detto e, anche se le due citate battaglie non venissero più combattute, di poter, altresì, ribadire il principio di mutuo riconoscimento e il principio di sussidiarietà su alcune materie.
Spero sia come lei sostiene, e, cioè, che tale principio sia assolutamente scontato. Lo vedremo, non solo oggi, ma anche nel prosieguo delle discussioni che il Governo porterà in sede europea.
Lei ha affermato che la modifica che abbiamo introdotto, nella nuova formulazione della mozione, peggiora la situazione. Fino a ventiquattro ore fa, chiedevamo la chiusura delle trattative; ora ne chiediamo una sospensione, che - come è noto e come gli atti parlamentari negli ultimi anni possono ben dimostrare - non è pregiudizialmente contro l'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Chiediamo di sospendere, in questo momento, le trattative per verificare appieno il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali; lo dico anche per ciò che è emerso qualche mese fa sui quotidiani e mi riferisco a vicende che non hanno riguardato solo gli omicidi.
Come lei sa, sono state almeno due e hanno coinvolto non solo sacerdoti cattolici, ma anche importanti giornalisti che difendono la laicità della Turchia. In questo caso, le citate vicende riguardano anche la condizione scandalosa delle chiese nella parte dell'isola di Cipro governata dai turchi.
Ritengo sbagliato che il Governo non possa o non voglia impegnarsi sulla richiesta di sospensione...
PRESIDENTE. Onorevole Volontè, concluda.
LUCA VOLONTÈ. ...lo dico con grande sincerità - ho concluso - perché, se non si accetta la sospensione delle trattative, significa che, qualsiasi cosa accada, anche nei prossimi mesi, prima della conclusione della verifica, si dovrà comunque arrivare alla data stabilita per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea.
Tutto questo mi sembra sbagliato, perché significa non riconoscere un principio fondamentale che è quello della realtà dei fatti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi per ricordare cose anche banali in apparenza.
Nei suoi primi cinquant'anni di storia, ad esempio, l'Europa ha raggiunto obiettivi ragguardevoli: il mercato interno, l'abolizione delle frontiere, la moneta unica. Sono tutte conquiste di diritti che ci arricchiscono, che ci hanno arricchito, ma che, soprattutto, ci hanno distinto da altri popoli ed altri continenti.
Pertanto, quale migliore e più sensato epilogo di un iter durato mezzo secolo e caratterizzato da pace, sviluppo economico, cooperazione e scambio culturale, se non quello di stilare un atto formale, ufficiale, una Carta costituzionale in grado di suggellare i diritti acquisiti e rafforzare l'unità di un'Europa che mai, come in questo momento storico, necessita di unità, coesione e certezza dei diritti.
Per la prima volta nella storia dell'umanità, infatti, un continente, fino a poche decine di anni fa lacerato da guerre e diviso da cortine di ferro, si appresta adPag. 7adottare un Trattato costituzionale valido per più di 450 milioni dei suoi abitanti. Il Trattato costituzionale, la cui entrata in vigore è, però, stata bloccata dal voto referendario negativo di due paesi fondatori dell'Unione europea - la Francia e l'Olanda - ha cercato di unificare in un documento organico tutti i precedenti trattati e ha mirato a rispondere agli interessi e alle aspettative dei popoli europei nell'era globale.
A nostro avviso, questa è l'indispensabile risorsa, il tentativo di risposta a quello che, oggi, è il problema fondamentale ed urgente: assicurare la governabilità ad un'Europa che ha allargato i suoi confini fino a ventotto Stati membri. Anche chi tende a concepire l'Europa in termini più squisitamente utilitaristici sa bene che i mercati hanno bisogno di fiducia, che le economie e le tecnologie progrediscono quando si muovono all'interno di un sistema di obiettivi credibili, nell'ambito di una certezza giuridica condivisa e nel quadro di istituzioni politiche stabili e forti.
Per tale motivo, la soggettività giuridica che deriverà all'Unione europea dal nuovo Trattato costituzionale potrà dissipare ogni residuo equivoco sul fatto che essa possa essere qualcosa di assimilabile ad una qualsiasi organizzazione internazionale e la potrà emancipare da una limitazione che frustra la sua capacità di agire sulla scena mondiale.
Come soggetto politico di pieno diritto, quindi, l'Unione europea potrà avviare una politica estera consona ai valori ed ai principi che le sono propri ed orientata verso un ordine internazionale più stabile ed equo che riunisce, in uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, le politiche interne dei paesi membri.
Stante, però, l'inadeguatezza dell'attuale architettura istituzionale di riuscire a perseguire in maniera efficace gli obiettivi prefissati e nonostante la comune ed ampia consapevolezza dell'importanza, per l'Unione europea, di dotarsi di strumenti indispensabili per condurre un'efficace politica comunitaria, non mancano le critiche all'adozione di un testo costituzionale espresse dalle più disparate correnti politiche, filosofiche e di pensiero, espressioni di opinioni spesso diametralmente opposte.
La riunione del Consiglio europeo che si apre questo pomeriggio a Bruxelles - ultimo atto formale della Presidente Merkel - affronterà la questione legata al rilancio del trattato costituzionale... Chiedo scusa, signor Presidente, capisco che ciò possa non interessare, ma francamente...
PRESIDENTE. Prego i colleghi di consentire a chi interviene di poterlo fare in piena tranquillità e, possibilmente, di ascoltare gli interventi.
FABIO EVANGELISTI. Non è necessario che ascoltino...
PRESIDENTE Sarebbe preferibile.
FABIO EVANGELISTI. ...l'importante è che mi lascino terminare.
Dicevo, la questione verrà riproposta oggi. Pertanto, il rilancio del Trattato costituzionale, sottoscritto a Roma, nel 2004, dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, può essere l'occasione per dare un nuovo impulso al processo di ratifica del trattato che addotta una Costituzione. Il rilancio del processo costituente, quindi, non deve perdere di vista i principi ispiratori dell'attuale Trattato costituzionale e gli importanti passi compiuti per dotare l'Unione europea di una nuova politica estera e di sicurezza comune, di un effettivo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, al fine di realizzare una cooperazione strutturata nel campo della difesa ed una cooperazione rafforzata in altri settori.
Con la sottoscrizione del Trattato costituzionale, quindi, si potevano compiere passi in avanti nella direzione giusta: cioè dotare l'Unione europea di istituzioni adeguate per consentirle di funzionare, a fronte di un ulteriore ed auspicabile allargamento.
L'impegno del nostro Governo in seno al Consiglio europeo - ritengo che il sottosegretario Crucianelli sia stato chiaroPag. 8a tale proposito - deve essere quello di garantire il rispetto dei principi ispiratori per scongiurare il rischio di adottare una Costituzione più stringata che definirei «al ribasso», rispetto a quella già sottoscritta.
Vorrei evidenziare che questo è uno dei motivi che ci inducono a votare a favore della mozione De Zulueta ed altri n. 1-00181, sebbene tiepidamente. Avremmo preferito astenerci, ma la sottoscrizione di tale mozione da parte dei colleghi Razzi e Orlando costituisce un segnale del fatto che, sebbene vi sia una lettura al ribasso, essa merita di essere presa in considerazione.
Per quanto riguarda la Turchia - mi rivolgo soprattutto al collega Volontè, di cui ho apprezzato il tentativo di chiarimento di questa mattina - ritengo che la consapevolezza della difficoltà e degli ostacoli non possa offuscare la portata della prospettiva dell'integrazione di un paese così importante nel quadro dei valori democratici e dei principi di libertà su cui si fonda l'Unione europea. Non bisogna dimenticare che la Turchia, in tutti questi anni, ha rappresentato un baluardo di laicità nel mondo mediorientale. Per tale ragione, preannunzio il voto contrario sulle mozioni Volonté ed altri n. 1-00161
(Nuova formulazione), Maroni ed altri n. 1-00050 e Zacchera ed altri n.1-00180
(Nuova formulazione).
Riteniamo necessario collaborare in maniera sinergica e coordinata, affinché anche la Turchia giunga ad un sempre maggiore e convinto rispetto dei tre criteri di Copenahgen, politici, economici e che afferiscono all'acquis communautaire, che devono essere accolti, senza riserve, da parte di tutti i paesi che vogliano entrare a far parte dell'Unione europea. Pertanto, abbiamo sottoscritto e voteremo convintamente la mozione Ranieri e altri n. 1-00179
(Nuova formulazione) e, a differenza delle indicazioni del Governo, quand'anche non fossero apportate le correzioni richieste, ci asterremo dal voto sulla mozione Migliore ed altri n. 1-00178.
Infine, vorrei evidenziare che nessuna Costituzione può vivere di vita propria. Saranno le volontà, le ambizioni e gli ideali dei singoli popoli che, sovraordinati alle sovranità dei singoli Stati, daranno vita all'atto formale che regola, in maniera precisa ed organica, diritti e doveri del cittadino d'Europa, sia che ciò avvenga con legge, trattato, costituzione o con qualsiasi altro tipo di atto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mancini. Ne ha facoltà.
GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, alcuni degli interventi che si sono susseguiti questa mattina, ad iniziare da quello del sottosegretario di Stato, onorevole Crucianelli, hanno evidenziato le sfide cui l'Unione europea deve fornire una risposta in maniera tempestiva.
Non si può sostenere, infatti, che lo scenario istituzionale non abbia nulla a che vedere con le nostre carenze, ossia con la possibilità di migliorare la trasparenza e l'efficienza del processo di adozione delle politiche comunitarie. Negli ultimi cinquant'anni sono stati raggiunti risultati importantissimi, come la realizzazione del mercato interno, l'adozione di una moneta unica e, di conseguenza, di una politica monetaria comune.
Tuttavia, la casa europea non può e non deve rappresentare unicamente un fenomeno monetario e commerciale. L'Europa a ventisette Stati ha bisogno, oltre che del mercato unico, di politiche per la questione sociale, l'ambiente e l'energia e di potersi presentare come un unico ed affidabile interlocutore, per affrontare le questioni di politica estera, proponendo soluzioni in grado di garantire e difendere la pace nel pianeta.
Da questo punto di vista, risultanti importanti, anche per iniziativa del nostro Paese, sono stati conseguiti di recente grazie al ruolo che lo stesso ha ricoperto, dopo sforzi anche interni da parte dei gruppi della nostra coalizione, rispetto a processi di pace nel nostro pianeta. Il problema di fondo dell'Unione consiste nell'individuare le modalità per assicurare il funzionamento di un'Europa a ventisettePag. 9e garantire meccanismi decisionali e istituzionali che consentano all'Europa di funzionare.
Il Trattato per la Costituzione europea o il documento che arriverà in porto nel 2009 dovrà rispondere alle attese dei cittadini degli Stati, che hanno da tempo intrapreso il cammino per la costituzione di un'Europa dei popoli che possa far sentire in modo chiaro e deciso la propria voce, assicurando la partecipazione nelle scelte per l'attuazione di politiche condivise.
Il processo di costituzione di un'Europa unita e forte, in grado di rispondere alle esigenze di giustizia, solidarietà e pace dei propri cittadini, deve potere andare avanti e prendere delle scelte chiare e coraggiose.
Il mandato che confermiamo al Governo, anche tramite questa mozione, si pone l'obiettivo della costruzione di un'Europa, in cui vi sia un Parlamento, che sia messo nella possibilità di decidere sulle grandi tematiche, a cui è giusto concedere le risorse necessarie per fare politica, con regole di funzionamento e procedure di decisione adeguate alle dimensioni raggiunte in seguito all'allargamento ai nuovi membri.
Per evitare il rischio della paralisi nella capacità decisionale, signor Presidente, occorre sostenere l'estensione del voto a maggioranza qualificata per implementare la capacità dell'Unione di garantire valori e diritti quali quelli della pace, così come, per quanto concerne la politica estera e di difesa, occorre sostenere il rafforzamento della PESC, introdotta nel 1992 con il Trattato di Maastricht, e della politica di difesa.
Appaiono, a tale proposito, improcrastinabili la creazione di un Ministero europeo degli esteri, l'attribuzione della personalità giuridica all'Unione europea ed il primato del diritto comunitario, insieme al mantenimento della Carta dei diritti fondamentali.
Con la mozione Ranieri ed altri n. 1-00179
(Nuova formulazione), di cui sono cofirmatario, si è inteso incoraggiare il Governo a pronunciarsi, nel corso della riunione del Consiglio europeo che ha inizio oggi pomeriggio, contro ogni tentativo di smantellamento dell'impianto di fondo del trattato, motivato dagli insuccessi dei referendum nazionali in Francia e in Olanda.
Non si deve infatti - è questo il nostro punto di vista - sottovalutare che diciotto dei ventisei Paesi membri lo hanno ratificato in rappresentanza di circa 300 milioni di cittadini europei ed altri si sono dichiarati «amici» del trattato.
Signor Presidente, signor sottosegretario, nel 2009 si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. È evidente quanto sia importante concludere il processo di ratifica del nuovo trattato entro la fine del 2008, in modo da investire il Parlamento che verrà eletto dei nuovi poteri che la Costituzione gli dovrà affidare.
Ed è per questo che, insieme agli intendimenti, agli auspici e agli incoraggiamenti che attraverso la mozione in esame intendiamo affidare al Governo, vorrei svolgere un'ultima considerazione su di essa. Nel documento di indirizzo viene ribadita la necessità di dotare l'Europa di una Costituzione democratica di alto profilo, laica, capace di garantire tutti quei valori e quei diritti per cui i popoli europei si sono battuti nel corso dei secoli e, quindi, incentrata ed impregnata sulla libertà, l'uguaglianza, la giustizia e la pace.
Voglio qui sottolineare che nella suddetta mozione, tra i diritti e i valori di cui deve essere portatrice la nuova Costituzione europea, si parla, si sottolinea e si evidenzia il ruolo del lavoro stabile e contrattualizzato come base della coesione sociale. Viene riconosciuto, quindi, un altro valore da tutelare a livello europeo e, soprattutto, viene rimarcata la potenzialità insita nella difesa di tale valore, la possibilità quindi di assicurare la coesione sociale, presupposto fondamentale per la creazione di uno spazio reale dove i diritti e i valori proclamati sulla Carta non vengano messi in secondo piano ma al contrario vengano attuati fin dalle fondamenta del nuovo edificio costituzionale europeo.Pag. 10
Con il voto a favore della mozione in esame il mio gruppo, La Rosa nel Pugno, i radicali, i socialisti intendono promuovere il ruolo propulsivo del nostro Paese che, storicamente stimolato dalla vocazione europeista di cui noi socialisti ci sentiamo eredi e continuatori, deve farsi portavoce in Europa di un punto di vista sempre più avanzato e sempre più coraggioso. Anche oggi - e ho concluso, signor Presidente - in aula abbiamo assistito alla riproposizione di antichi punti di vista che considerano l'Europa non come un'opportunità ma come una minaccia. Ritengo che alcuni di quei punti di vista meritino attenzione, rispetto, e necessitino approfondimenti. La «stella polare» che, tuttavia, mi auguro il Governo voglia sempre seguire dev'essere quella che indica la strada di una collaborazione sempre più stretta tra gli Stati che compongono l'Unione Europea.
L'Europa deve essere considerata dal nostro Paese, sia per la sua storia sia per la sua vocazione, ma ancora di più per il suo futuro, un punto di riferimento imprescindibile.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIACOMO MANCINI. Deve essere considerata come un soggetto rispetto al quale sempre più sforzi dovranno essere realizzati, perché si costruisca una nuova entità politica che guidi i processi nuovi, che affronti le sfide difficili del presente e del futuro. Senza un'Europa politica forte, coesa, autorevole, le sfide della globalizzazione saranno affrontate...
PRESIDENTE. Deve concludere, per cortesia.
GIACOMO MANCINI. Ho concluso, signor Presidente. Dicevo che per le sfide della globalizzazione vi sarà il rischio di non affrontarle, di non vincerle, e soprattutto di perdere le occasioni importanti per costituire un mondo globalizzato più equo e più giusto. È questo l'obiettivo che La Rosa nel Pugno, i radicali, i socialisti si prefiggono, e con tale obiettivo ribadiamo il voto favorevole su questa mozione e incoraggiamo il Governo a spendersi con coraggio rispetto alle sfide dell'oggi e del domani (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, uno dei rischi peggiori che corriamo è che l'Europa muoia dentro e sotto le chiacchiere; cercherò perciò di essere estremamente concreto nella discussione di oggi, perché altrimenti parliamo tutti di alti sistemi ma non risolviamo niente.
Non che dalla discussione in Assemblea si possa risolvere qualche problema in chiave europea; tuttavia, penso che il Parlamento debba dare al Governo un'indicazione chiara su come operare.
Stiamo vivendo un momento fondamentale della storia europea. Con molte difficoltà, si è redatto un testo costituzionale - che personalmente ritengo anche eccessivamente ampio - e se ne è avviato il processo di ratifica, che in molti Paesi è andato avanti. In Italia, per il vero, va detto che quel testo è stato approvato con molta leggerezza da parte del Parlamento, che non si è permesso di discuterne i dettagli, poiché esso appariva un «pacchetto» da approvare «chiavi in mano», da prendere o lasciare. In ogni caso, il nostro Parlamento, come quelli della maggioranza dei Paesi europei, lo ha approvato; quando però si è arrivati ai referendum, soprattutto in Olanda e in Francia, la maggioranza dei cittadini, più o meno informata su quel che andava a votare, si è espressa in senso contrario. Il processo di integrazione si è così fermato ed oggi ci troviamo ad avere un'Unione priva di Costituzione.
A questo punto, vi sono davanti a noi due strade: se ciascuno cercherà di portare avanti una politica che pretende di chiedere all'Europa tutto ciò che si desidera, non si andrà da alcuna parte, poiché ogni Paese presenta divergenze su qualchePag. 11aspetto; se invece si giudica utile un testo limitato, ma dotato di principi fondamentali condivisi, credo che un simile progetto possa essere approvato e costituire il punto di partenza per costruire la Costituzione dell'Unione Europea. Ritengo che questa seconda sia l'unica strada percorribile se abbiamo in mente un obiettivo chiaro; altrimenti, ciascuno di noi potrà chiedere di tutto e di più, ma alla fine non si riuscirà a raggiungere alcun obiettivo.
Quali sono i principali punti di divergenza? In primo luogo, il peso dei diversi Stati. Se si continua a votare all'unanimità, non si andrà da alcuna parte, poiché più l'Unione si allargherà maggiori saranno le divergenze sui singoli problemi, maggiori le differenze fra Stati grandi e Stati piccoli, e infine maggiori le difficoltà di prendere decisioni concrete. Se dunque il Trattato costituzionale prevede meccanismi che garantiscono i Paesi piccoli, per superficie o per popolazione, ma allo stesso tempo permettono all'Europa di procedere quando gli Stati sono in grandissima maggioranza d'accordo, si può tentare di proseguire. È chiaro, poi, che su alcuni aspetti specifici sarà necessaria l'unanimità: l'Unione non potrebbe permettersi di dichiarare la guerra se non vi fosse l'accordo di tutti gli Stati membri, e speriamo ovviamente che ciò non accada mai.
L'Italia deve dunque procedere su una strada di ragionevolezza: deve cioè affermare che occorre prendere le parti della Costituzione che sono oggetto di fatto di un consenso unanime e portarle fino in fondo, approvando questo documento fondamentale, altrimenti, non è possibile andare avanti.
Occorre peraltro tener presente che, nel frattempo, il «barometro» europeo è passato sul lato negativo: in tutti i Paesi vi è un grandissimo scetticismo sull'Europa. Pensiamo al caso della Turchia, di cui si è parlato lungamente: ebbene, in Turchia oggi la maggioranza della popolazione comincia a non voler affatto entrare in Europa, poiché si comincia a comprendere che entrare, anche se indirettamente, nell'area dell'euro comporta complicazioni di non poco rilievo dal punto di vista economico. Se dunque non facciamo attenzione, rischiamo di bloccare il processo europeo.
Amici, quasi tutti noi siamo nati dopo la seconda guerra mondiale: settant'anni fa gli europei si facevano la guerra. Ebbene, se da allora il nostro continente - salvo che nei Balcani e in alcune altre situazioni specifiche - non ha conosciuto alcuna guerra, è merito proprio del processo europeo. Se non saremo capaci di guardare al di là dei nostri obiettivi desideri a breve, rischieremo perciò di bloccare un processo storico. Sono milleduecento anni che l'Europa non riesce a stare unita: possiamo davvero prenderci la responsabilità di non comprendere l'importanza di questo obiettivo, tanto più nel momento in cui l'Europa, dagli Urali al Portogallo, rappresenta il 13,5 per cento della popolazione mondiale?
Credo che, invece, dovremo lavorare per un progresso concreto, portando avanti tutto ciò che è possibile tenere insieme attraverso, non mi permetto di dire un canovaccio, ma comunque una serie di valori condivisi. Questo è l'obiettivo dell'Italia e questo è l'elemento cruciale dell'invito che rivolgiamo al Governo: quello di procedere su una strada che si colloca in continuità con quella perseguita dal Governo precedente. Su questo punto, infatti, non si discute, poiché quasi tutti, maggioranza ed opposizione, abbiamo approvato l'operato del Governo precedente su questo aspetto.
Possiamo dunque compiere scelte. Ho apprezzato la mozione presentata dal gruppo dell'UDC e la condivido. Ma non intendo votarla: infatti, nonostante anch'io desideri avere all'interno della Costituzione europea un richiamo alle radici cristiane, so che questo problema è superato e che riaprirlo significa rischiare di fermarci di nuovo.
Lo stesso vale per il discorso relativo alla difesa della famiglia: vi saranno leggi europee che debbono tutelarla, ma all'interno della Costituzione ormai è già stata scritta questa parte e non possiamo riaprire la discussione su tutto. Ciò nonPag. 12significa che io non sia assolutamente d'accordo sul fatto che quei principi siano fondamentali in un'Europa che funzioni.
Passando alla seconda parte, vi è il discorso dell'allargamento: si è corso molto per arrivare ad una Europa a ventisette, e adesso vi è la questione della Turchia. Ai colleghi disposti ad ascoltarmi, chiedo di avere, anche sulla Turchia, realismo.
Attualmente, il processo della Turchia è molto rallentato, ma sta andando avanti e non possiamo prenderci la responsabilità - e lo dico ai colleghi della Lega, anche se non sono presenti in aula - di bloccarlo: ho sempre considerato stupido il manifesto della Lega con su scritto «No ai turchi, no grazie» con la papalina in testa alla turca.
La Turchia, oggi, non è questa realtà, bensì è una realtà complessa, in cui si sta migliorando il processo europeo. Dobbiamo avere con la Turchia un rapporto di estrema lealtà: se raggiungono i parametri stabiliti possono entrare in Europa, altrimenti non entreranno. Dobbiamo mantenere questo punto fermo, perché non possiamo tenere davanti alla faccia dell'asino la carota legata con un bastone in modo che non possa arrivarci mai, altrimenti in Turchia prevarranno gli estremisti islamici, e ciò sarebbe negativo per tutti.
Dobbiamo avere con la Turchia un rapporto di correttezza e ricordare loro che devono rispettare i parametri. A chi, ieri, era presente in Commissione esteri - ma qualcuno che poi critica la Turchia non c'era - l'ambasciatore d'Italia ad Ankara ha spiegato cosa si sta realizzando. Alcune cose sono vere: la Costituzione turca, in poco tempo, è cambiata di dieci articoli fondamentali, nove pacchetti di riforma sono in corso, seicento nuove leggi sono in itinere nel Parlamento turco per adeguarle all'Europa. Questi sono i fatti: se si arriverà in fondo a tale processo, la Turchia avrà diritto ad essere in Europa; se ciò, invece, non sarà fatto, la Turchia non avrà diritto a stare in Europa. Non dimentichiamo, comunque, che la Turchia è presente in tutte le associazioni europee, è membro della Nato da più di cinquant'anni e, dal punto di vista della sicurezza e della difesa europea, rappresenta un aspetto fondamentale. Invito, quindi, ad andare avanti su questa strada, semplicemente cercando di essere coerenti e, obiettivamente, giudicando la Turchia passo per passo.
È chiaro che vi sono problemi etici e di religione - è sufficiente ricordare il fatto che è un Paese musulmano -, ma, amici miei, la Turchia è uno Stato laico. Averne di Stati come la Turchia, in ordine a moltissimi aspetti! Ciò non vuol dire che non dobbiamo stare particolarmente attenti a difendere, per carità, anche le piccole comunità cristiane in Turchia, ma il capitolo della legge turca che ammette le minoranze religiose è al riguardo estremamente significativo, ed anche su questo bisogna incoraggiare i passi in avanti e non, per così dire, annullarli.
Quindi, chiederei veramente attenzione sul punto, perché la Turchia deve fare una politica di riforme ed una politica mediterranea. L'Italia ha bisogno della Turchia nel Mediterraneo, altrimenti il baricentro dell'Europa sarà sempre più a nord e noi ci troveremo ai margini dell'Europa. La Turchia ci può essere anche molto di aiuto per spostare verso sud il baricentro europeo: non dobbiamo dimenticare che l'Italia è il principale partner mediterraneo della Turchia e che decine di migliaia di imprese lavorano in Turchia.
Ma ciò non vuol dire dimenticare come sia ancora aperta la questione di Cipro, quella dei curdi e quella dei rapporti tra la Turchia e l'Armenia. Non dobbiamo «fare sconti» alla Turchia, ma dobbiamo - l'ho già detto - guardare con obiettività a quanto succede e, soprattutto, andare avanti. Non abbiamo il diritto di fermarci, anzi abbiamo il dovere di non fermarci.
Con riferimento alle mozioni presentate, in gran parte non sono d'accordo con quella proposta dalla Lega, che mi sembra, semplicemente, demagogica e populista, perché non va ad affrontare i problemi della realtà.
Mi dispiace non essere del tutto d'accordo con la mozione Volontè ed altriPag. 13n. 1-00161
(Nuova formulazione) presentata dall'UDC, di cui in realtà condivido pienamente lo spirito, ma, per i motivi che ho cercato di spiegare, penso che sia difficile perseguirne concretamente gli obiettivi.
Mi ritrovo, invece, nella mozione molto equilibrata del presidente Ranieri, la n. 1-00179
(Nuova formulazione), mentre nutro alcuni dubbi - ma qui chiederei proprio all'onorevole Ranieri di esprimere la sua valutazione - sulla mozione De Zulueta ed altri n. 1-00181, perché, al contrario, è simile, in parte, a quella proposta dall'UDC. Se, infatti, approvassimo una mozione in cui si impegna il Governo a fare tutte le cose previste nel testo ridotto della Costituzione europea, non andremmo da nessuna parte.
Ringrazio - e concludo - il Governo per avere apprezzato i cambiamenti che abbiamo apportato, i quali sottolineano la continuità di una politica rispetto al Governo precedente e per la sua adesione alla mozione da noi presentata (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Falomi. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo. Oggi a Bruxelles si dovrà decidere quale seguito dare al Trattato costituzionale e al processo di riforma dell'Unione Europea. La riunione non si presenta sotto i migliori auspici. Ieri, parlando davanti alle Commissioni riunite affari esteri e politiche dell'Unione europea di Camera e Senato, il Ministro D'Alema, nel linguaggio «felpato» di un Ministro degli esteri, ha parlato di uno scenario abbastanza problematico. Quella che si annuncia oggi e domani a Bruxelles è la riunione dell'abbandono definitivo del Trattato costituzionale. Di tale argomento sembra parlare la bozza di accordo proposta dal Cancelliere tedesco Merkel. Perfino l'idea di un «mini-mini-Trattato», ridotto all'osso, relativo alle regole di funzionamento, sembra dover cedere il passo all'idea di una semplice riforma dei vecchi trattati, che abbandoni ogni velleità di dare all'Europa una vera Costituzione democratica.
E tale situazione avviene mentre la Polonia dei gemelli Kaczynski minaccia il veto ad ogni ipotesi di accordo, se non si cambia il metodo della doppia maggioranza, e mentre l'Inghilterra di Blair annuncia «linee rosse» oltre le quali non intende andare di rifiuto di qualsiasi condizionamento della politica estera, di rigetto di ogni ipotesi di maggioranze qualificate su tassazione, benefici fiscali e politiche sociali. È grande oggi il rischio che del sogno europeo rimanga sul campo solo l'idea di un'Europa come semplice zona integrata di libero scambio.
Come si è potuti arrivare ad una tale negativa situazione? Ieri il Ministro D'Alema indicava nei referendum francese e olandese la causa scatenante di un processo che ha ridato fiato alle forze più anti-europeiste. Non siamo convinti di questa analisi. Infatti, riteniamo che non sia stato l'esito di quei referendum a determinare la crisi del processo di integrazione europea. Essi, in realtà, hanno solo evidenziato e portato allo scoperto una crisi già esistente. Si tratta di una crisi di metodo e di contenuti: «intergovernativismo» contro partecipazione democratica, neo-liberismo contro diritti sociali, del lavoro, della natura e dell'ambiente.
Pesa nella situazione presente anche il modo in cui è stata gestita la cosiddetta pausa di riflessione. Anziché usare il tempo per raccogliere le istanze emerse dal voto francese e olandese, lo abbiamo sprecato spiegando che i problemi erano solo di cattiva comunicazione e rimanendo fermi e rigidi a difesa di un testo, che invece doveva cercare di dare una risposta ai cittadini di due Paesi - lo voglio ricordare - che sono tra i Paesi fondatori dell'Unione Europea.
La mozione Migliore ed altri n. 1-00178 da noi presentata indica qual'è, a nostro parere, la via maestra da seguire. Occorre fare leva sul Parlamento europeo, dotandolo di un mandato costituente, sullaPag. 14partecipazione democratica, che deve sancire, con un pronunciamento referendario, il varo di una vera Costituzione democratica. Continuiamo a pensare che l'Europa non possa essere solo una zona di libero scambio, che essa non possa reggere alla globalizzazione di matrice statunitense semplicemente adattandosi ad essa. Per tali motivi è necessaria una Costituzione, una vera Costituzione, che nasca da una reale partecipazione democratica dei cittadini.
Noi, oltre alla nostra, che indica tale percorso, voteremo la mozione presentata dalle altre forze dell'Unione, alla quale pure abbiamo contribuito con le nostre idee e con il nostro apporto. È una mozione che invita il Governo, oggi e domani impegnato a Bruxelles, a non abbandonare l'idea di una Costituzione democratica di alto profilo, che sia in grado, come afferma la mozione, di garantire valori e diritti come la pace, che deve costituire il principio ispiratore della politica estera e di sicurezza, il lavoro stabile e contrattualizzato, come base della coesione sociale, la qualità dell'ambiente, come bene comune che ispiri le politiche per il clima, e i diritti di cittadinanza anche per i migranti residenti.
Soprattutto insistiamo, e su tale argomento vi è anche un riferimento nella mozione Ranieri ed altri n. 1-00179
(Nuova formulazione), sul fatto che in questa fase è importante coinvolgere il Parlamento europeo, i Parlamenti nazionali e i cittadini attraverso forme reali di partecipazione e di pronunciamento. Riteniamo che tale sistema possa costituire il mezzo per tenere aperta la strada della Costituzione democratica, che da Bruxelles sembra oggi chiudersi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo sulla mozione a prima firma Ranieri. Sinistra democratica ne condivide la forte tensione europeista, straordinariamente necessaria oggi per riequilibrare un vento che sentiamo spirare sul prossimo Consiglio europeo, un vento contrario all'Europa politica e favorevole all'Europa come grande mercato. Come è noto, per un mercato efficiente bastano regole codificate. Per l'Europa politica e sociale, che noi vogliamo, serve una Costituzione vera, che ne definisca i valori e descriva il profilo della cittadinanza europea. Il Trattato costituzionale esistente ha pregi, contraddizioni e anche assenze. Bisogna lavorare per tenere fermi i primi (la prima e la seconda parte del Trattato) e per superare le contraddizioni, cioè quella terza parte dissonante con le prime, sia nei contenuti sia nella solennità.
L'impegno che chiediamo al Governo italiano è di operare in questo senso, anche nelle difficoltà evidenti che determina la convocazione di una nuova conferenza intergovernativa. È in gioco la possibilità che l'Unione europea sia uno spazio politico pubblico di pace e diritti, in virtù della sua dimensione, capace di condizionare le dinamiche internazionali e, in virtù del suo modello sociale, capace di condizionarle verso uno sviluppo sostenibile per le persone e per l'ambiente. Così oggi non è. Le disuguaglianze tra nord e sud del mondo, rese evidenti dalla strutturalità dei flussi migratori, tendono a crescere. Lo sfruttamento delle risorse ambientali è al punto di rottura; paura, insicurezza sociale, precarietà del lavoro, violenza, guerra, conflitti etnici sono il tratto riconoscibile di tutte le società di oggi, esito della globalizzazione senza regole. L'assenza di risposte rischia di trasformare quell'insicurezza in xenofobia e razzismo. D'altra parte, non avrebbe senso negare che in questi anni di difficile congiuntura economica si è indebolita diffusamente quella cultura politica che scommetteva sull'Europa sociale. Molte politiche definite dalla Commissione e contenute in alcune direttive sono state lontane dalla Strategia di Lisbona. In questo senso, l'esito del referendum franco-olandese non ha determinato la crisi del processo di integrazione europea - è sbagliato affermarlo -Pag. 15ma l'ha rivelata, facendo emergere la distanza nella percezione delle persone tra l'enfasi della promessa europea e la realtà della crisi economica, addebitata dai Governi di tali paesi, come da altri (è successo anche l'Italia, lo sappiamo bene), all'Europa stessa.
Analogamente, sarebbe sbagliato e miope non vedere come il Trattato costituzionale abbia un profilo sociale più alto di quanto ci si aspetterebbe nella situazione politica ed economica dell'Europa di oggi, in cui si mescolano l'indebolimento dell'ispirazione originaria, lo scetticismo di alcuni Paesi, l'esplicita preferenza di altri per un'Europa esclusivamente area di libero scambio.
Oggi in molti fanno il tifo affinché non ci siano istituzioni europee legittimate, una politica estera comune e affinché la Carta di Nizza non sia contenuta nel Trattato. Se fosse così sarebbe indebolita la sua esigibilità. Al contrario, il valore costituzionale della Carta costituirebbe un primo argine al dumping salariale e normativo tra i Paesi e, soprattutto, definirebbe il nucleo fondamentale della cittadinanza europea, comunione indivisibile di diritti politici, civili e sociali. Sinistra Democratica fa parte di coloro che pensano che difendere la sostanza del Trattato sia la condizione per non rinunciare al modello sociale europeo come modello di sviluppo distinto e alternativo rispetto ad altri, fondato su politiche pubbliche di qualità finanziate da una tassazione equa, fondato sul lavoro di qualità, sulla sostenibilità ambientale, sulla coesione sociale, sull'innovazione e sulla conoscenza.
Siamo anche favorevoli all'allargamento dell'Unione ai Balcani e alla Turchia. Pensiamo che la democrazia non si esporti «in punta di baionetta», ma che si possa contribuire, anche in questo modo, a ricostruire ponti tra civiltà diverse, con i tempi necessari.
Infine, la proposta del movimento federalista di referendum europeo per il recepimento del nuovo Trattato che, come abbiamo detto, per noi non può che essere la semplificazione del precedente, avrebbe il senso di reagire positivamente al distacco tra i cittadini europei e le istituzioni europee.
In questo senso, una contrapposizione assurda tra Parlamenti e popoli è sbagliata e non la condivideremmo. L'Europa unita, fondata sui valori di libertà delle donne e degli uomini, di uguaglianza, di non discriminazione, di pace, di giustizia sociale e di laicità è la condizione perché la comunità internazionale si incammini lungo la strada del rispetto delle persone, dell'ambiente e del riconoscimento reciproco delle civiltà e delle religioni. La sua Costituzione è il primo passo di un processo politico che può e deve continuare, per recuperare assenze e deficit, pur presenti in quel testo.
Oggi, però, la tentazione da respingere, la vera priorità è evitare il ritorno alla chiusura dei confini nazionali, indietro nel tempo verso l'Europa del libero scambio. Verso il contrasto di questo obiettivo vanno canalizzate tutte le energie e, pertanto, voteremo convintamente la mozione. (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei iniziare il mio intervento citando l'ultima frase del testamento politico di un grande statista, Alcide De Gasperi, che guardando all'Europa parlava della «nostra patria Europa». Parole importanti, che racchiudono tutto il senso del nostro spirito europeista. I caratteri costitutivi di ieri, ciò che era possibile mediante le convenzioni e i trattati (le persone e le merci, fino alla moneta unica), rappresentano un impianto che ha garantito, non solo alla nostra nazione, ma anche alle altre nazioni dell'Europa occidentale, un cinquantennio di pace, sviluppo, benessere ed integrazione.
Oggi le problematiche sono diverse e credo che la cifra di fondo rispetto a tali problematiche diverse sia, però, sempre laPag. 16stessa. Bisogna tenere presente che l'Europa non è uno spazio geografico (non lo è mai stata nelle concezioni di chi l'ha pensata per primo: mi riferisco largamente alla tradizione democratica-cristiana), ma è un'idea politica, ovvero il luogo nel quale possono convivere, ed hanno convissuto, culture diverse ed in cui si è trovata la sintesi tra le ispirazioni più laiche ed il comune sentire religioso. Rappresenta, inoltre, il luogo nel quale è nata e si è sviluppata quella che non esito a definire la cifra morale della democrazia. In buona sostanza, il valore dello scambio di idee, di persone e di progetti - nel momento in cui è dialettico, onesto e leale - rappresenta l'unico canone di sviluppo possibile, che, come già detto, ha garantito pace, prosperità e sviluppo.
Con questo spirito e con questa tensione morale vogliamo considerare i problemi di oggi. Il fenomeno della Turchia non va approcciato, a nostro giudizio, con una impostazione clericale o rigorista sul piano ideologico, proprio perché l'Europa non è ciò, ma il luogo della democrazia per eccellenza, in cui vi è un sentimento evangelico diffuso di democrazia e di interesse dell'uomo per l'uomo da nazione a nazione, prescindendo dai confini nazionali. Pertanto, se da un lato non sono accettabili le ripetute violazioni dei diritti umani o le ancora larghe carenze che caratterizzano la Turchia - ma anche altri nuovi Paesi -, dall'altro non possiamo fermarci dinanzi alla possibilità che l'idea politica dell'Europa continui ad acquisire consensi. È strategica la posizione dei nuovi Paesi. Un'Europa ampia e in grado di esercitare una funzione significativa verso le aree oggi destabilizzate. Mi riferisco al Medio oriente, al bacino del Mediterraneo e ai Paesi baltici.
Si parla, a tal proposito, di hub energetico nel Mar Nero, ma anche di questioni energetiche che, inevitabilmente, partendo dalla Russia coinvolgono, se non altro per il transito, anche i territori del Mar Baltico. Davanti a tutto ciò non possiamo tirarci indietro, non possiamo non tener presente che le sfide di oggi sono ancora e sempre le sfide dell'uomo, le sfide della democrazia, le sfide del riconoscimento dei diritti, della pretesa del buon governo e della parificazione delle condizioni tra uomo e donna. Questi sono i caratteri sostanziali della Costituzione europea e i caratteri fondanti del nostro essere cittadini dell'Unione europea.
Gli elementi di una Costituzione, sia essa lunga o breve, sostanziale o scritta nel dettaglio, debbono essere comunque radicati. Probabilmente, uno dei problemi maggiori che ha sancito il fallimento della Costituzione europea, così come era stata prospettata, è stato proprio quello di calare dall'alto una serie di precisazioni e pretese di difficile recepimento. Piuttosto, deve essere ancora applicato il metodo che ci ha contraddistinto negli anni, vale a dire la capacità di ascoltare il comune sentire della base e di sintetizzarlo in un linguaggio comune che ne consenta l'applicazione.
Una Costituzione, là dove essa esista - sempre che si voglia ritenere che oggi non esista, anche se sono convinto che in termini fattuali le cose non stanno così - avrà un senso se sarà effettivamente in grado di comportare, per tutti gli Stati membri, il rispetto dei diritti umani, la libertà di circolazione delle persone e di scambio delle merci, il diritto per i cittadini di perseguire i propri obbiettivi e i propri ideali in pacifica convivenza democratica e nel rispetto reciproco. Diversamente, ogni altro testo sarà del tutto irrilevante ed ininfluente. Per questo motivo, ritengo che vada superato il tecnicismo e la distinzione tra «Trattati istitutivi» e «Costituzione».
Certamente noi andiamo nella direzione di una sempre maggiore convinzione di cittadinanza europea, ma il fatto che tale status abbia una definizione giuridica anziché un'altra non influenza le esigenze del comune sentire. Le esigenze del comune sentire sono certamente, e non solo in questa nazione, quelle di una rappresentanza estera comune, in grado di interloquire e di svolgere la funzione politica nelle difficili situazioni del Medio oriente e del Mediterraneo, della politica dell'immigrazione e della sicurezza: questi, almeno, sono i temi fondamentali. Questo èPag. 17il mandato che ci sentiamo di consegnare al Governo italiano, nel momento in cui affronta gli altri partner europei. In buona sostanza, si tratta non di difendere le prerogative di status di un singolo componente, che può essere più o meno esteso geograficamente o per densità abitativa, piuttosto si tratta di mettersi attorno ad un tavolo e porre tutti i partner, soprattutto gli Stati fondatori, davanti alla propria responsabilità. La responsabilità è quella dell'evoluzione politica, vale a dire del passaggio, ieri possibile, da una democrazia concepita in una concezione materiale e merceologica (perché avevamo una Europa divisa in due), ad un'Europa non più divisa e, quindi, ad un cammino condiviso e compiuto verso la piena realizzazione dei diritti delle persone, senza distinzione tra una nazione e l'altra: sono sostanzialmente sempre gli stessi.
Pertanto, non è importante scrivere «radici cristiane» o «radici giudaico-cristiane». È importante, piuttosto, che ci sia la cifra morale della democrazia all'interno delle istituzioni costituite. Se essa è presente, allora ci saranno anche le radici cristiane, anche le radici giudaiche, e ci saranno anche i principi dello Stato di diritto, così come furono concepiti dalla Rivoluzione francese.
Se così non sarà, si potranno scrivere decine e decine di formule senza che ciò serva ad alcunché.
Per questo motivo, invochiamo anche una più compiuta capacità legislativa del Parlamento europeo, poiché è tempo che superi la funzione di mera rappresentanza, che all'epoca fu possibile concepire, che intraprenda effettivamente il cammino della democrazia partecipata ed abbia la capacità di legiferare con forza. Per la verità, questa forza è già largamente presente nel nostro ordinamento, giacché il diritto europeo ha un rango maggiore rispetto alle norme ordinarie, in base al rinvio costituzionale, al quale pensarono i nostri costituzionalisti.
Oggi si tratta di prendere atto della nuova situazione...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GINO CAPOTOSTI. Concludo Presidente. È necessario un impegno di responsabilità da parte di ciascun Paese fondatore, mettendo tutti i ventisette membri al tavolo della trattativa per coniugare un principio snello di condivisione, che consenta di superare le difficoltà del momento. Ripeto, le difficoltà del momento forse sono sopravvalutate, perché hanno un carattere più formale che sostanziale...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GINO CAPOTOSTI. Credo che l'istanza proveniente dal Parlamento sia quella di sottolineare l'elemento sostanziale e spirituale e di costruire, intorno a tale elemento, una formula possibile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, il lavoro sul Trattato costituzionale per l'Europa che comprendeva il metodo aperto, trasparente e innovativo, introdotto dalla Convenzione, è iniziato all'inizio di questo decennio. Avremmo dovuto concluderlo due anni fa, invece ci troviamo ancora a discutere delle forme e dei contenuti, e mentre noi discutiamo la storia va avanti! Gli Stati Uniti, la Russia, la Cina (fra poco, anche l'India) stanno decidendo le vicende del mondo, anche per noi, che stiamo ancora a discutere!
Il «no» francese ed olandese del 2005 sembrava il più grande schiaffo a coloro che credono in un'Europa politicamente forte; due anni dopo, ci rendiamo conto che questi «no» erano solo l'inizio di una grande crisi di identità che stiamo vivendo pienamente oggi, e magari ora tutti quei politici che due anni fa hanno affossato il Trattato con il loro incitamento al «no», perché dicevano che non era abbastanza trasparente e «sociale», si morderanno le mani quando si arriverà all'esito del summit di oggi e di domani. Infatti, al summit europeo di questo fine settimana, verremo presentati con una realtà cruda, sostanzialmentePag. 18diversa da quella cui aneliamo noi europeisti; la Presidenza tedesca dovrebbe abolire ogni riferimento alla parola Costituzione, cancellando con un «colpo di spugna» i simboli dell'Unione - quindi non avremo né il motto «Uniti nella diversità», né la bandiera con le 12 stelle, né l'Inno alla gioia di Beethoven - perché lo hanno chiesto i Governi britannico, olandese, polacco e ceco ed, inoltre, dovrebbe scomparire dal testo ogni riferimento al Ministro degli affari esteri europeo.
Alcuni Stati chiedono una definizione ed una delimitazione chiara delle competenze degli Stati nazionali dell'Unione europea - e questa potrebbe essere una richiesta legittima -; ma una richiesta che non può essere assolutamente giustificata è l'eliminazione dal testo del Trattato della Carta dei diritti fondamentali, come richiesto da Olanda e Repubblica Ceca e l'eliminazione di qualsiasi suo vincolo legale, su cui insiste la Gran Bretagna. Totalmente irricevibile è la richiesta del Governo polacco che, accecato da un miope nazionalismo, che ha persino portato ad una caccia alle streghe in patria, chiede di rivedere il concetto di doppia maggioranza e di maggioranza qualificata nelle votazioni del Consiglio. Trovo abbastanza beffardo che mentre io conducevo una battaglia per il «sì» alla ratifica del Trattato in Francia due anni fa, vi erano politici, di destra e di sinistra, che agitavano lo spauracchio dei milioni di idraulici polacchi che avrebbero distrutto l'Europa; ebbene, oggi i milioni di idraulici non sono arrivati, e abbiamo solo un paio di «gemelli» che rischiano di affossare l'Europa!
Adesso, sullo sfondo di tale scenario, come dovrebbe agire il Governo italiano? Noi Verdi chiediamo che il Presidente del Consiglio insista su una maggiore dote di democrazia e trasparenza nelle varie istituzioni europee. Ciò si tradurrebbe nel fatto che ogni atto legislativo dell'Unione europea dovrà essere sancito dall'assenso del Parlamento europeo, ergo l'estensione della procedura di codecisione del Parlamento europeo ad ogni fase e in ogni contesto legislativo.
Si richiede, inoltre, più partecipazione e maggiori mezzi di controllo da parte dei cittadini europei sulla burocrazia e sulle istituzioni di Bruxelles e vi dovrebbe essere una chiara separazione tra i poteri, con un ruolo importante di verifica da assegnare alla Corte di giustizia europea. Di fondamentale importanza è porre l'accento sulla responsabilità sociale dell'Unione europea, che deve creare degli standard minimi sociali per tutti i cittadini.
Altra priorità imprescindibile per noi Verdi, in una era in cui gli effetti crescenti del cambio climatico si fanno sentire sempre di più, è quella di rafforzare e irrobustire le competenze dell'Unione in ordine sia ad una politica energetica comune, sia alle misure per combattere il cambio climatico.
Un nuovo trattato europeo, inoltre, dovrebbe provvedere un efficace rafforzamento del ruolo autonomo di pace per l'Unione europea. Per sancire, tra l'altro, anche tale vocazione unitaria di pace e di stabilità per l'Unione europea, è importante che l'Italia si impegni per un referendum europeo sul testo del nuovo trattato. Naturalmente, essendo le leggi nazionali in merito ai referendum diverse nei vari Paesi, il referendum potrebbe avere anche solamente un valore consultivo.
Infine, vi è la questione dell'allargamento dell'Unione europea, sollevata dai colleghi del centrodestra, che chiedono regole chiare e severe per l'adesione di nuovi Stati all'Unione europea. Tali regole, tuttavia, già esistono: stiamo scoprendo l'acqua calda. Sono i criteri di Copenhagen e pongono, come condizione economica, l'attuazione di un libero mercato e, come condizione politica, il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone. Chi non rispetta pienamente tali regole non può entrare a far parte dell'Unione europea. Non potevano entrare a farvi parte la Slovacchia di Meciar e la Croazia di Tudjman e non può neanche entrare a farvi parte la Turchia di oggi.
Con il pieno rispetto dei criteri di Copenhagen, però, la Slovacchia è diventata Stato membro, mentre con la cadutaPag. 19delle velleità nazionalistiche di Tudjman la Croazia si è avviata sulla strada dell'adesione e lo stesso discorso vale per la Turchia, di cui apprezziamo le riforme già attuate, ancorché non sufficienti. Quando la Turchia completerà le sue riforme, in sintonia con i principi di Copenhagen, dovrà essere trattata alla stregua di Slovacchia e Croazia: né di più né di meno.
Voglio esprimere un apprezzamento al collega Zacchera che, a mio avviso, è stato intellettualmente onesto e ha ben parlato della situazione turca attuale.
Quindi, cari colleghi, cessiamo con le strumentalizzazioni. Un valore saldo dell'Unione europea è il principio di giustizia ed equità per tutti: cerchiamo di metterlo in pratica. Quindi, noi Verdi voteremo con convinzione, in quest'aula, a favore delle mozioni dei colleghi Ranieri e De Zulueta (Applausi dei deputati del gruppo Verdi)!