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Discussione del disegno di legge: S. 325 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione (Approvato dal Senato) (A.C. 1222) (ore 18,47).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1222)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Angelo Piazza, ha facoltà di svolgere la relazione.
ANGELO PIAZZA, Relatore. Signor Presidente, nel testo originario, il decreto-legge n. 173 del 2006 si componeva di un solo articolo, oltre a quello relativo all'entrata in vigore.
Nel corso dell'esame presso l'Assemblea del Senato, il Governo ha presentato un emendamento, sul quale ha posto la questione di fiducia, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione. Il testo dell'emendamento approvato dal Senato sostituisce l'articolo 1 del decreto-legge; aggiunge sette nuovi articoli (da 1-bis a 1-octies) al decreto-legge medesimo e riformula l'articolo 1 del disegno di legge di conversione, inserendovi quattordici nuovi commi.
Sono dunque previste talune proroghe di termini contenute in disposizioni relative alle seguenti materie.
L'articolo 1 del decreto-legge, nel nuovo testo, modifica norme in materia del codice di protezione dei dati personali, in particolare con riguardo all'identificazione, con atto di natura regolamentare, dei dati personali trattati per rilevante interesse pubblico.
L'articolo 1-bis reca disposizioni in materia di previdenza per il settore agricolo, prorogando in particolare la sospensione temporanea della riscossione dei carichi contributivi degli imprenditori e dei lavoratori autonomi agricoli.
L'articolo 1-ter reca un'ulteriore proroga di sei mesi del termine fissato per la gestione transitoria da parte della Banca nazionale del lavoro del nuovo fondo per il sostegno alla cinematografia.
L'articolo 1-quater reca una nuova proroga del termine di entrata in vigore della disciplina sulla sicurezza degli impianti.
L'articolo 1-quinquies proroga il termine relativo ad una serie di adempimentiPag. 38in materia di riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
L'articolo 1-sexies prevede in tema di università che rivivano disposizioni relative alle supplenze e affidamenti volti a garantire la continuità didattica.
L'articolo 1-septies proroga l'entrata in vigore della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto codice ambientale.
L'articolo 1-octies reca modifiche al codice dei contratti pubblici, cosiddetto codice degli appalti, in relazione, in particolare, all'applicabilità, a talune procedure, di norme relative alla trattativa privata, alle centrali di committenza, all'avvalimento e agli accordi quadro.
Nel corso dell'esame al Senato, l'articolo unico del disegno di legge di conversione è stato integrato con nuove disposizioni, contenute nei commi da 2 a 15, recanti, a loro volta, ulteriori proroghe di termini.
Il comma 2 proroga l'efficacia delle disposizioni processuali in materia di riforma della disciplina dell'adozione. Il comma 3 affida una delega al Governo volta all'eventuale correzione ed integrazione della disciplina adottata in materia di procedure concorsuali dal decreto legislativo n. 5 del 2006.
Il comma 4 proroga il termine per l'adozione di uno o più decreti legislativi volti all'introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative in materia di società e consorzi, bancaria e creditizia, di intermediazione finanziaria, di vigilanza sulle assicurazioni e fondi pensione.
I commi da 5 a 8 recano alcune disposizioni concernenti i decreti attuativi della legge n. 53 del 2003, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
Il comma 9 proroga il termine per l'esercizio della delega in materia di rapporto d'impiego del personale del Corpo dei vigili del fuoco, relativamente all'adozione di disposizioni correttive ed integrative.
Il comma 10 proroga il termine per l'esercizio della delega al Governo in ordine all'adozione di decreti legislativi volti alla semplificazione delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e al rafforzamento dello sportello unico delle attività produttive.
Il comma 11 proroga di un anno il termine per l'esercizio della delega in ordine al riassetto delle disposizioni in materia di prodotti alimentari.
Il comma 12 delega il Governo ad adottare disposizioni correttive od integrative dei decreti legislativi già adottati in attuazione delle deleghe per la modernizzazione nei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura.
Il comma 13 eleva il termine per l'esercizio della delega in materia di riassetto delle disposizioni che disciplinano le provvidenze per le vittime del dovere, del servizio, del terrorismo, della criminalità organizzata e di ordigni bellici in tempo di pace.
Il comma 14 proroga il termine per l'adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi dei provvedimenti recanti il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni e di tutela dei consumatori.
Il comma 15 proroga da un anno a due anni il termine entro il quale il Governo è autorizzato ad adottare disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo recante il codice della nautica da diporto.
Si tratta di un testo complesso, che contiene una serie di proroghe che, seppure eterogenee per quanto attiene al contenuto delle materie cui si riferiscono, sono però accomunate dal loro carattere di necessità ed urgenza, aspetto questo che ne ha giustificato l'inserimento all'interno del decreto-legge.
La I Commissione, in sede referente, ha deliberato parere favorevole, che pertantoPag. 39comunico all'Assemblea, avendone ricevuto il relativo mandato nella seduta odierna.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Sotto il profilo dell'organizzazione dei lavori, avverto i colleghi che vi sono 16 deputati iscritti a parlare.
È iscritto a parlare il deputato Bocchino. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, il nostro giudizio su questo provvedimento è fortemente negativo, ma se il rappresentante del Governo seguisse i lavori...
PRESIDENTE. Signor rappresentante del Governo, la pregherei di prestare attenzione all'onorevole Bocchino.
ITALO BOCCHINO. Dicevo al rappresentante del Governo che questo provvedimento ci preoccupa molto perché si inizia con un metodo profondamente offensivo nei confronti del Parlamento. Di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che fu presentato dal Governo Berlusconi e che era di due righe: c'era scritto che i termini per l'emanazione di regolamenti in scadenza entro il 20 maggio 2006 erano prorogati al 31 luglio 2006.
Il Governo ha «preso» il predetto decreto-legge - di sole due righe - ed ha inserito, tanto all'interno del decreto-legge quanto all'interno del disegno di legge di conversione, un provvedimento vastissimo ed eterogeneo che interviene in maniera sostanziale sulla normativa vigente.
Comprendo che un Governo, dopo aver vinto le elezioni, appena giunto alla guida del paese, abbia il diritto di modificare la normativa che il Governo precedente aveva dettato in alcuni settori importanti. Tuttavia, il diritto in parola non può prescindere dal ruolo del Parlamento, dal ruolo delle opposizioni e delle Commissioni parlamentari. Al contrario, aggiungendo a quelle due righe numerosi articoli, voi state tentando, di fatto e con la logica della proroga, di affossare alcune nostre riforme relative a molte materie: trattamento dei dati personali; previdenza agricola; fondo per le attività cinematografiche; patrimonio abitativo; docenza universitaria. Eppure, i menzionati provvedimenti erano il frutto del lavoro non soltanto del Governo precedente, ma del dibattito svoltosi nelle Commissioni parlamentari dei due rami del Parlamento. Si era giunti, così, ad elaborare e ad approvare norme che voi, con un tratto di penna, per mezzo del meccanismo delle proroghe, cercate di affossare. Avete, sì, il diritto di cambiare le nostre leggi, ma avete il dovere di venire in Parlamento, di presentare disegni di legge, di venire nelle Commissioni ed in Assemblea per discutere!
La delega è, già di per sé, cosa molto delicata: non a caso, è oggetto di una disciplina particolare sia nella Costituzione sia nei regolamenti parlamentari. Invece, voi intervenite sulle deleghe con decreto-legge, anzi, con un maxiemendamento del Governo ad un decreto-legge, e ponete la questione di fiducia: l'avete già posta al Senato e, considerato il numero delle proposte emendative da noi presentate, sarete costretti a porla anche qui alla Camera.
Fate una violenza profonda al Parlamento attribuendovi una delega mediante un maxiemendamento: il Governo delega se stesso! Un maxiemendamento del Governo ad un decreto-legge del Governo, sul quale viene posta la questione di fiducia prima al Senato e, poi, alla Camera, per attribuirsi una delega: il Parlamento è esautorato! Tutti atti governativi: decreto-legge, maxiemendamento, questioni di fiducia che blindano la maggioranza e mortificano il Parlamento! Sapete anche voi che occorreva un disegno di legge ad hoc; anzi, considerata la natura eterogenea del provvedimento, ne occorrevano molti.
Un parere negativo è stato espresso anche dal Comitato per la legislazione, che pure è presieduto da un deputato della maggioranza. Nel parere trasmesso alla Commissione affari costituzionali è scritto,Pag. 40in maniera onesta, che le disposizioni contenute nel disegno di legge sono caratterizzate da inadeguatezza tecnico-giuridica. Il Comitato per la legislazione parla di profili di indubbia incostituzionalità: non siamo noi dell'opposizione a parlare così, ma il Comitato per la legislazione, presieduto da un esponente della maggioranza. Ci troviamo di fronte ad una forma assurda di prepotenza istituzionale che viola le norme costituzionali!
Ecco perché abbiamo presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità. In essa sottolineiamo che la proroga dei termini per l'adozione di decreti legislativi correttivi ed integrativi di atti normativi già emanati è incostituzionale ed è in aperto contrasto anche con la legge n. 400 del 1988, che vieta il conferimento di deleghe legislative mediante la suddetta procedura.
Concludendo (anche per permettere a tutti i colleghi di intervenire, considerata la particolarità della serata), noi contestiamo al Governo non tanto il merito del provvedimento, il suo contenuto, che possiamo anche discutere, sebbene siamo contrari, quanto un metodo che prefigura un pericolosissimo precedente: mi riferisco alla volontà di intervenire sulla «carovana» della problematica in questione, attaccando altri vagoni, attraverso l'inserimento di una serie di deleghe che non possiamo accettare; e ciò avviene con il solo protagonismo del Governo, senza che il Parlamento possa intervenire.
In Commissione non siamo stati in grado di esaminare il provvedimento; non abbiamo avuto il tempo nemmeno di porre in votazione le proposte emendative presentate. In aula avverrà la stessa cosa, perché voi porrete la questione di fiducia sul provvedimento (così è avvenuto al Senato).
Questo è il primo atto di un Governo che vuole prevaricare il Parlamento per la sua incapacità di utilizzare gli strumenti normali, come quello del disegno di legge, e di tenere ben salda una maggioranza eterogenea almeno quanto il provvedimento oggi all'esame del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.
PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per conto del gruppo dell'Ulivo sulla conversione in legge del decreto-legge in esame.
Nessuno di noi accoglie con entusiasmo un decreto-legge recante proroga di termini in scadenza, perché tutti preferiremmo un passaggio parlamentare che prevedesse un maggior tempo a disposizione, che coinvolgesse diverse Commissioni nel merito, che mettesse l'Assemblea nelle condizioni di esercitare fino in fondo il proprio potere.
Tuttavia, mentre ci rendiamo conto che si tratta di una strozzatura del processo legislativo, diciamo con convinzione che si tratta di un provvedimento importante, utile e necessario, che, tuttavia, non costituisce certo una novità nella storia parlamentare.
Basti pensare al quinquennio scorso, signor Presidente, al fatto che il Governo Berlusconi è ricorso venti volte ad una decretazione di questa natura. Si tratta, soprattutto, di andare a vedere, per avere un riferimento non improprio, il primo dei decreti-legge, cui è ricorso il Governo Berlusconi (mi riferisco al decreto-legge n. 411 del 2001).
Si è trattato di un provvedimento come quello in esame: in avvio di legislatura il Governo è stato costretto ad emanare un decreto-legge che, recuperando termini in scadenza, prorogandoli e intervenendo su materie su cui da settimane, mesi, non si interveniva per via legislativa, ha consentito allo stesso di avviare il proprio lavoro.
Pertanto, si tratta di un provvedimento che ha dei precedenti; è una modalità cui si ricorre, certo discutibile, ma che è assolutamente fondata dal punto di vista della legittimità e dell'importanza.
Nella passata legislatura sono stati emanati svariati provvedimenti cosiddetti «mille proroghe» su materie eterogeneePag. 41nei confronti delle quali, anche nel quinquennio scorso, il Comitato per la legislazione si era espresso criticamente. Ho dei dubbi che, allora, nella passata legislatura, con diverse responsabilità, l'onorevole Bocchino abbia citato i riferimenti, le relazioni critiche del Comitato per la legislazione.
Noi non aggiriamo tale questione e l'affronterò fra poco.
Ribadisco in ordine a tale questione, con molta fermezza, che anche nella passata legislatura, sia quando si trattava di proroghe di deleghe legislative su diverse materie sia quando si discuteva dell'acquisizione di nuove deleghe legislative da parte del Governo, la maggioranza ed il Governo sono ricorsi a molti provvedimenti cosiddetti «mille proroghe».
Il decreto-legge n. 173 del 2006 peraltro, a differenza dei casi analoghi riscontrati nel passato, non contiene nuove deleghe, bensì la proroga di termini di esercizio di deleghe aventi natura correttiva o integrativa di atti normativi già emanati.
Pur in presenza dei limiti evidenziati e delle strozzature del processo legislativo, condividiamo questo atto del Governo; preannunzio quindi il nostro voto favorevole sulla sua conversione in legge.
Si tratta di un atto, come detto, importante e necessario per l'emanazione di atti di natura regolamentare in molti settori fondamentali, come, ad esempio, scuola, agricoltura, ambiente, e in materia di appalti, di forniture e servizi. Questo provvedimento in avvio di legislatura serve però soprattutto a coprire i vuoti nella fase di transizione tra una legislatura e l'altra.
Rilevati i limiti e dichiarata la condivisione del provvedimento in esame e il voto a favore, ciò che più interessa al nostro gruppo è ribadire in Assemblea il clima di pacato confronto che abbiamo registrato nelle Commissioni. Da questo punto di vista, mi ha colpito non favorevolmente - con tutto il rispetto - quanto sostenuto dall'onorevole Bocchino, il quale in Commissione ha svolto un intervento critico sul provvedimento in esame di tutt'altro tono e in modo molto argomentato.
Noi, nel rispetto delle posizioni reciproche, vogliamo ribadire qui la convinzione che sia necessario costruire, a partire da questo provvedimento, un clima di confronto. A questo proposito, voglio citare l'intervento che ha ritenuto opportuno svolgere al Senato, in quel clima così difficile e conflittuale, il senatore Zanda. Leggo testualmente: «Credo che il Parlamento debba seriamente occuparsi del motivo per il quale viene chiamato così spesso ad approvare provvedimenti che i media chiamano «mille proroghe» e rispetto ai quali abbiamo interesse a conoscere e a correggere le cause che li determinano invece di inseguirne sempre gli effetti con modalità talvolta complicate e non sempre lineari». Noi siamo questi, ed usiamo questo linguaggio sia alla Camera sia al Senato.
Di provvedimenti come questi noi vediamo tutti i limiti, ma, per le ragioni che ho detto, sosteniamo l'importanza del provvedimento e assicuriamo sullo stesso il voto favorevole. Riteniamo, comunque, che si debba aprire fin da subito un confronto parlamentare nel Comitato per la legislazione e nella Commissione affari costituzionali sul processo legislativo. Del resto (lo dirà intervenendo tra poco, poiché credo che sia iscritto a parlare il Presidente del Comitato per la legislazione, onorevole Franco Russo), esiste già in quella sede un impegno comune (al riguardo è stato espresso un voto unanime) ad affrontare tale questione con le forme che il presidente illustrerà. Lo stesso presidente Violante in Commissione affari costituzionali, chiudendo una pacata discussione sul provvedimento in esame, ha proposto apertamente l'utilità, a partire dall'avvio di questa legislatura, di un confronto sul processo legislativo. Questo è il nostro atteggiamento. Ci rendiamo conto, come detto, dei limiti, che sono però costituzionali e, quindi, di natura non politica e che non riguardano questo Governo, che si è trovato nella condizione di dover intervenire rapidamente per colmarePag. 42un vuoto legislativo ed assicurare la proroga di termini assolutamente importanti per l'azione di Governo. Con franchezza e con lealtà verso l'opposizione riconosciamo i limiti di un ricorso sistematico a questa modalità e proponiamo, lo ripeto, l'apertura di un confronto politico nelle Commissioni sul processo legislativo, così come hanno già sostenuto - ripeto - il presidente Franco Russo in seno al Comitato per la legislazione e il presidente Violante in Commissione affari costituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, questo Governo ha dimostrato dai suoi primi atti di avere paura del Parlamento. E chi ha paura del Parlamento, ha paura della democrazia. Questa è una cosa sicuramente grave. Se il buongiorno si vede dal mattino, forse ci dovremo aspettare una lunga notte in questa legislatura. Perché? Perché sono diversi gli atti che depongono in questa direzione.
Oggi ci troviamo di fronte al decreto-legge all'ordine del giorno, che ha subito un percorso alquanto travagliato dal punto di vista sia del contenuto, sia dell'iter che il Governo ha inteso adottare presso il Senato della Repubblica. Vorrei tuttavia segnalare che già prima, sin dai primissimi giorni di attività dell'esecutivo, quando non venivamo in Parlamento, si sono avute delle gravi avvisaglie: i parlamentari, infatti, hanno sostanzialmente fatto una vacanza lunga due mesi, senza poter lavorare.
Ricordo un dettagliato resoconto dei giornali che dava conto di una riunione, convocata con i vertici di tutti gli apparati dei ministeri, nella quale veniva dato un input ben preciso: procedere ad azioni di governo per via amministrativa e non per via parlamentare. In altri termini, non bisognava assolutamente passare per le Camere perché, per l'appunto, si ha paura del Parlamento!
Il Governo non ha, ovviamente, la maggioranza al Senato, e lo abbiamo visto già sin dai primi atti. Inoltre, vi è una maggioranza estremamente eterogenea, che fa molta fatica a mettersi d'accordo su tutto: lo abbiamo visto anche nelle prime dichiarazioni dei ministri, contrastanti tra loro.
Pertanto, è stata data l'indicazione per cui, prima di tutto, non bisogna passare per il Parlamento; inoltre, qualora lo si dovesse fare, occorrerà evitare, ovviamente, che vi sia una discussione o si svolga un confronto. Ciò perché il confronto può far emergere le crepe all'interno della maggioranza e, soprattutto, può mettere a repentaglio i provvedimenti varati.
Si arriva, dunque, all'adozione del decreto-legge in esame. Si tratta decisamente di un «aborto» dal punto di vista sia giuridico, sia politico. Come ha ricordato il collega Bocchino, si trattava originariamente di un provvedimento composto da due righe, mentre oggi è un «treno» al quale sono stati attaccati i vagoni più disparati. Vorrei rilevare che, attraverso tale modalità, si è creato anche un evidente contrasto con la Costituzione; per tale motivo, abbiamo presentato alcune questioni pregiudiziali, poiché i presupposti di necessità ed urgenza vengono a cadere.
Ricordo quante volte, nella breve esperienza maturata al Governo nella scorsa legislatura, ci si è dovuti fermare evitando di inserire, all'interno dei decreti-legge, misure che pure si ritenevano urgenti e necessarie; tuttavia, in base alla valutazione espressa dal Quirinale, risultava impossibile introdurle nell'ambito di tali provvedimenti. Nel caso di specie, invece, si parte varando un decreto-legge e, successivamente, vi si attacca di tutto e di più! Ribadisco, quindi, che abbiamo presentato alcune questioni pregiudiziali, nonché una questione sospensiva, proprio al fine di mettere in luce queste gravi violazioni.
Oltre al metodo seguito, tuttavia, la nostra assoluta contrarietà si estende anche al merito del decreto-legge in esame.Pag. 43Infatti, non solo il Governo non vuole passare attraverso il Parlamento, ma vuole anche compiere, agendo in questo modo, una sistematica opera di smantellamento di alcuni importanti riforme approvate nella passata legislatura.
Non desidero compiere, in sede di discussione sulle linee generali, una disamina dettagliata dei contenuti del provvedimento, tuttavia ritengo assolutamente opportuno, signor Presidente, segnalare alcune questioni.
In primo luogo, vorrei evidenziare il differimento dell'entrata in vigore delle norme sulla sicurezza dei lavori stabilito dall'articolo 1-quater. Si tratta di norme a mio avviso importanti, che toccano gli interessi non solo degli imprenditori, ma anche di quei lavoratori che la sinistra dovrebbe avere a cuore; ma, evidentemente, più che gli interessi dei lavoratori, la sinistra sembra avere a cuore l'interesse di alcuni sindacati.
Infatti, abbiamo visto chiaramente come la concertazione si realizzi con gli amici, mentre con quelli che amici non sono, come i taxisti, si può tranquillamente usare il pugno di ferro e, di fronte ad una protesta oggettivamente legittima, minacciare di presentare denunce penali e di intervenire con la forza.
Per quanto riguarda l'articolo 1-octies, tale disposizione proroga l'entrata in vigore della normativa sugli appalti, che contiene semplificazioni molto utili per le nostre imprese. Inoltre, le aggiunte all'articolo 1 hanno l'intento specifico di smantellare la riforma Moratti, non soltanto differendone l'entrata in vigore, ma facendo rivivere surrettiziamente una normativa che, nella passata legislatura, era stata cancellata.
Questa riforma, a mio avviso e ad avviso del gruppo che rappresento, è molto importante, non fosse altro perché ha anticipato, sotto alcuni aspetti, la devoluzione, introducendo la competenza regionale per l'individuazione di una quota di programmi di interesse regionale. Inoltre, ha avvicinato la scuola al mondo del lavoro; uno dei grandi problemi legati alla nostra scuola era quello di non offrire gli strumenti per poter nuotare nel mare aperto del mondo reale, nel mondo lavorativo. Si è cercato di colmare questa distanza, e oggi si sentono riecheggiare espressioni del passato un po' anacronistiche in un mondo che vuole andare avanti. Si vuole tornare indietro allo statalismo, alla scuola di Stato; insomma, si vuole andare contro la storia e contro il tempo che sta cambiando e che deve cambiare.
Mi avvio alla conclusione, annunciando che il nostro gruppo farà su questo provvedimento un'opposizione dura, non preconcetta, per mettere in luce le storture in esso contenute e il metodo assolutamente inaccettabile cui si è fatto ricorso, che non vogliamo venga utilizzato anche negli altri provvedimenti, e per mettere in discussione il merito, che è sbagliato. Quindi, ne discuteremo con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, anche se immaginiamo che anche qui ci verrà messo il bavaglio!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Adenti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi discutiamo il disegno di legge di conversione di un decreto-legge contenente la proroga dei termini utili all'emanazione di atti di natura regolamentare.
Ritengo siano necessarie alcune premesse a questo mio breve intervento. In primo luogo, non possiamo non riconoscere che siamo chiamati ad esprimerci su un provvedimento che interviene su testi normativi di svariata natura, dalla riforma dei cicli scolastici, alla privacy, dal codice degli appalti, alla previdenza agricola, al rinvio dei procedimenti di valutazione dell'impatto ambientale. Ma, allo stesso tempo, non possiamo non sottolineare anche che tale discussione indubbiamente si colloca in una particolare situazione d'urgenza, vista la scadenza della ravvicinata data del prossimo 12 luglio, essendo direttamente collegata all'esigenza dell'attuale esecutivo di disporre dei tempi tecnici e politici necessari ad intervenire suPag. 44un importante questione di interesse collettivo, tanto che questa legge di conversione non interviene nel merito della svariata normativa che interessa, bensì si limita a proporre una proroga per l'emanazione di decreti attuativi nei diversi settori interessati.
Con queste premesse, dunque, ritengo che possa essere più chiaramente espressa la posizione del gruppo dei Popolari-Udeur sul decreto che ci accingiamo a convertire. Rispetto al merito dei singoli testi normativi inclusi nel decreto, riteniamo, infatti, che sia senza dubbio auspicio comune che si torni presto a discuterne, nella convinzione che l'esecutivo abbia questa intenzione. Ci troviamo di fronte a proroghe necessarie al fine di garantire al nuovo Governo i tempi necessari per valutare l'opportunità di intervenire su importanti questioni che riguardano materie di interesse per tutto il paese, come quelle relative ai temi dell'istruzione, dell'università, della tutela del risparmio e dei consumatori.
Ci troviamo però, allo stesso tempo, di fronte a provvedimenti che pongono dubbi sulla compatibilità comunitaria; è il caso delle proroghe relative ad una serie di adempimenti previsti dall'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2005, attuativo di diverse direttive comunitarie in materia di riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (per quanto riguarda i termini di recepimento, risulta tuttavia già scaduto), e dell'entrata in vigore della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2005, ove sono raccolte le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica e integrata. Mi riferisco, inoltre, al caso del decreto legislativo n. 196 del 2003, importantissimo codice in materia di protezione dei dati personali. Bene, colleghi, la mancata adozione dei regolamenti entro il termine stabilito, come nel caso testè citato, ovvero in materia di garanzie e protezione dei dati personali, comporterebbe l'interruzione del trattamento dei dati sensibili o giudiziari, tanto da potere addirittura prefigurare un illecito a carico di chi prosegue, come le pubbliche amministrazioni, a quel punto indebitamente nel trattamento dei dati stessi, con conseguente responsabilità contabili, erariali e perfino penali.
Allo stesso modo, i Popolari-Udeur non possono che vedere con favore la proroga sino al 15 ottobre 2006 della sospensione della riscossione dei carichi contributivi degli imprenditori e dei lavoratori agricoli e che a questi ultimi sia concesso di presentare il cosiddetto documento unico di regolarità contributiva solo relativamente ai contributi dovuti per le prestazioni effettuate dal 2006 in poi. Lo stesso dicasi anche per altre materie.
Un tema importante toccato dal decreto-legge riguarda sicuramente la proroga di alcuni termini dei decreti attuativi della legge n. 53 del 2003, la cosiddetta riforma Moratti, sulla quale il nostro gruppo intende anche in futuro offrire il proprio contributo, al fine di rivisitare e migliorare questa riforma della scuola. Ebbene, questo provvedimento impedisce nel breve termine alcune conseguenze negative che sarebbero derivate dall'applicazione della norma, proroga il regime transitorio per l'accesso anticipato alla scuola di infanzia e il termine per la revisione dell'assetto organico delle scuole secondarie di primo grado, nonché - questa è una cosa importante - rinvia di un anno l'attuazione della riforma del secondo ciclo, allo scopo di dare all'esecutivo il tempo necessario per l'attuazione del programma di governo su tali temi. Esso poi rimanda all'apertura di un ampio confronto che coinvolga anche il mondo della scuola - che rivendica come discontinuità di metodo con il passato - , per la rimodulazione dei decreti prorogati.
Stiamo quindi valutando dei provvedimenti di proroga che, oggettivamente, si connotano come urgenti e necessari affinché il nuovo esecutivo possa operare nella direzione programmatica che ha posto a fondamento della propria azione, ma, allo stesso tempo, riguardano un'ampia ed eterogenea normativa che meriterebbePag. 45altresì una rivisitazione, non prescindendo dal ruolo che in tal senso deve svolgere la nostra Assemblea.
In tale quadro, una riflessione merita la tecnica legislativa utilizzata, che è stata affrontata dal Comitato per la legislazione, che ha sottolineato che questo modo di procedere comporta delle criticità molto importanti. Infatti, se è vero che in sede di istruttoria legislativa svolta dagli uffici è stata rinvenuta l'omogeneità delle finalità disposte, ovvero delle proroghe di termini stabiliti con legge, delle proroghe dell'applicazione di discipline transitorie, ovvero del differimento dell'efficacia di specifiche disposizioni legislative, è altrettanto vero che nella stessa istruttoria legislativa è stata rimarcata la grande eterogeneità di ambito materiale, anche e soprattutto dopo le modifiche introdotte al Senato.
Inoltre, desta molte perplessità il fatto che all'interno del decreto-legge in questione sono contenute proroghe di termini di esercizio di deleghe per l'adozione di decreti legislativi aventi natura correttiva o integrativa di atti normativi già emanati. Tale circostanza potrebbe considerarsi in contrasto con il disposto dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988. Fatte queste doverose premesse, noi riteniamo che sia utile, opportuno e non più rinviabile riflettere sulla necessità di definire linee guida per il Governo in ordine al corretto utilizzo della decretazione d'urgenza, di cui anche in passato il Governo Berlusconi ha fatto un uso improprio.
Per quanto riguarda questi provvedimenti, in conclusione, i Popolari-Udeur ritengono che il dibattito parlamentare non possa essere omesso, in quanto il dibattito consente un confronto democratico, in grado di portare all'assunzione di scelte che possono meglio realizzare quel bene comune che questa Assemblea, nello svolgimento delle proprie funzioni, ricerca. Il dibattito parlamentare su questi temi garantirebbe altresì contro l'insorgere di qualsiasi dubbio circa il fatto che la maggioranza parlamentare possa essere considerata come mera ratificatrice di decisioni prese dal Governo.
Vista la particolare situazione di urgenza di un così importante decreto-legge, varato proprio a cavallo del passaggio di consegne tra il precedente Governo e quello in carica e considerata la conseguente finalità di garantire un migliore svolgimento delle attività proprie dell'esecutivo, i Popolari-Udeur preannunziano fin da ora il loro voto favorevole sul disegno di legge di conversione in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. È iscitto a parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, credo che in una discussione così importante, relativa alla conversione in legge del decreto-legge n. 173 del 2006, occorra non usare gli argomenti come delle clave fra le varie componenti di questo Parlamento, Parlamento di cui nessuno ha paura: se avessimo paura del Parlamento, non solo non saremmo qui, ma faremmo una politica demagogica, plebiscitaria - parlo a nome di Rifondazione Comunista - e saremmo favorevoli a forme elettorali che assegnano la funzione decisionale ad un grande capo.
Non abbiamo paura del Parlamento; anzi, se questa Camera vuole continuare una discussione proficua sul decreto-legge n. 173, questa discussione sarà benvenuta perché potremo mettere su binari corretti le forme della legislazione.
Vede, signor, Presidente, mi rivolgo a lei perché credo che la Presidenza della Camera abbia una ruolo e una funzione molto importanti nelle decisioni successive a questa discussione. Presidente, onorevoli colleghi presenti, se noi ci rimproverassimo reciprocamente su ciò che ha fatto il Governo di centrodestra, guidato da Berlusconi, o su ciò che sta facendo ora il Governo di centrosinistra, guidato da Prodi, non andremmo molto lontani. Vorrei ripetere le parole dell'onorevole Ferrari, ma in numerosi casi - è quanto risulta dalla documentazione chiesta agli uffici - in sette disegni di legge di conversione, negli ultimi diciotto mesi dellaPag. 46XIV legislatura, sono stati introdotti disposizioni riguardanti deleghe legislative; è questo il punto fondamentale su cui dobbiamo discutere.
Potremmo non essere d'accordo sul fatto che il disegno di legge di conversione dei decreti-legge e il relativo articolo unico abbiano una funzione unica o plurima. Lascio queste disquisizioni alla dottrina; io propendo ovviamente per una restrizione nella stesura dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione dei decreti-legge, ma questo non è l'oggetto della discussione tra di noi stasera. L'oggetto della discussione è se noi, attraverso disegni di legge di conversione di decreti-legge, possiamo addirittura introdurre delle deleghe e ciò contraddice palesemente l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, che regolamenta l'attività della Presidenza del Consiglio.
Su questo - e qui il riferimento è alla presidenza della Camera - la prassi della Camera vuole che vi sia un atteggiamento assolutamente restrittivo nei confronti dell'introduzione di deleghe legislative utilizzando i disegni di legge in questione. In questo modo teniamo fermo l'articolo 76 della nostra Carta costituzionale, che stabilisce che la funzione legislativa del Parlamento non può essere delegata al Governo se non con determinazione di principi, criteri e direttive e soltanto per un tempo limitato e per progetti definiti, mentre l'articolo 77, al primo comma, stabilisce che il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. La prassi della Camera restringe l'utilizzazione dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, e qui entriamo in un campo delicato. Infatti, sappiamo che per prassi e regolamento l'altro ramo del Parlamento, cioè il Senato, non ha una restrizione di questo tipo; quindi, ci troviamo di fronte a una disomogeneità nell'azione legislativa.
Non so cosa farà la Presidenza della Camera rispetto al problema: non faccio parte della Presidenza e non sono il Presidente, ma so che l'onorevole Violante, presidente della I Commissione affari costituzionali intende avviare un confronto con la I Commissione del Senato per cercare di risolvere la difformità della prassi delle due Camere.
All'onorevole Bocchino, che ora non è presente ma che spero leggerà il resoconto, vorrei dire che se ci muoviamo con questo spirito, cioè evitare l'attribuzione di deleghe attraverso il disegno di legge di conversione, siamo pronti a discutere e lo dico io che, in quanto presidente pro tempore del Comitato per la legislazione, ho firmato un parere fortemente negativo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, proprio perché non solo si prorogano i termini delle deleghe, ma addirittura si attribuisce una nuova deroga come quella nel campo dell'agricoltura. Non mi nascondo dietro un dito, nel senso di non vedere i problemi che abbiamo dinanzi e non dico che la prassi sbagliata del Governo Berlusconi legittimi una prassi sbagliata attuale. Voglio andare avanti. Consentitemi il verbo usato in prima persona; non intendo essere arrogante ma sono disposto ad impegnarmi, per quanto posso, ad invitare il Governo, la Camera, la Presidenza della Camera, a discutere approfonditamente della questione.
Dobbiamo, però, capirci con riferimento a quale direzione debba essere presa, perché non possiamo contestare all'attuale maggioranza ed al Governo la legittimità politica di voler immettere strumenti di discontinuità rispetto alla passata legislatura. Ovviamente ciò è oggetto di dibattito, di discussione ed anche di contrapposizione. Certo, non possiamo togliere alla maggioranza, ed al Governo di cui è espressione, l'opportunità, anzi la necessità, di intervenire a modificare alcune direzioni e decisioni legislative particolarmente importanti, che fanno parte del programma dell'Unione.
Non dico che avendo vinto, sia pur di poco, le elezioni siamo stati legittimati dall'elettorato ad intraprendere innovazioni radicali rispetto alla precedente legislazione: dobbiamo farlo nel rispetto delle regole. Le regole sono un bene comune del Parlamento e, quindi, vanno rispettate, soprattutto laddove mostranoPag. 47debolezze e crepe. In questo momento la crepa esiste. Questo è ciò che voglio dire all'onorevole Bocchino. Non intendo compiere un atto sgradevole verso il Senato, come se volessi sindacare sulla loro prassi; non lo faccio, ma prendo atto che al Senato il Governo ha introdotto proroghe di termini relativi a deleghe.
Non posso fare assolutamente nulla nei confronti delle decisioni adottate dalla Presidenza del Senato e dal Senato stesso. È un disegno di legge di conversione che proviene dal Senato e la Camera ne prende atto. Se lo rimandassimo al Senato, esso lo approverebbe ancora una volta in quanto il suo regolamento e la sua prassi vanno in questa direzione. Dobbiamo quindi fare un passo in avanti. La proposta che ho presentato in sede di Comitato per la legislazione è di formulare un ordine del giorno che valuti questi punti così controversi per la legislazione, soprattutto relativamente ai decreti-legge, e sono pronto, come deputato e non come presidente del Comitato per la legislazione, a mantenere aperta la via dell'ordine del giorno con cui affrontare collettivamente il problema di come correggere queste procedure legislative.
Quindi, invito anche il Governo a svolgere una riflessione ragionevole e attenta. Anzi, colgo l'occasione per spronare l'Esecutivo a svolgere una riflessione non solo sul problema delle deleghe inserite nei disegni di legge di conversione, ma anche sull'utilizzo del decreto-legge. Infatti, così facendo, essendo il decreto-legge tra i pochi strumenti legislativi con tempi non contingentati, non è vero che si potrà legiferare presto, ma ritarderemo la nostra azione legislativa, oltre ad espropriare il Parlamento del suo ruolo e della sua facoltà di decisione.
Vorrei porre un'ulteriore questione al Governo. Sono per la discontinuità, ma - mi chiedo -, prorogando i termini delle deleghe, dove sono i nuovi principi che guideranno il Governo nel predisporre i decreti legislativi?
In questo caso, si pone un problema non solo procedurale, ma anche politico. Infatti - essendo contrario alla riforma costituzionale proposta dal centrodestra - non accetto che il programma politico della maggioranza diventi immediatamente indirizzo politico del Parlamento. Dunque, nel momento in cui il Governo - anche di centrosinistra - chiede una delega legislativa, chiedo che la discussione dei principi e dei criteri direttivi avvenga in questo Parlamento.
Se il Governo si arroga il diritto di prorogare i termini, utilizzando le deleghe attribuite dal Parlamento al precedente Governo, si entra anche in un conflitto politico. Su ciò vogliamo una discontinuità!
Ovviamente, sono convinto che il ministro Fioroni e gli altri ministri vogliano utilizzare le deleghe per apportare correzioni, ma la discussione deve essere assolutamente trasparente e svolta all'interno di questo Parlamento.
Il relatore ha già dettagliatamente spiegato quali sono i termini richiesti dal Governo per esercitare le deleghe; quindi, non devo soffermarmi su questo profilo di natura sostanziale. Ho voluto semplicemente informare l'Assemblea e la Presidenza della Camera dell'atteggiamento che ho tenuto all'interno del Comitato per la legislazione.
Spero di aver chiarito che una prassi sbagliata sostenuta dal Governo di centrodestra resta una prassi sbagliata anche se seguita dal Governo di centrosinistra; quindi, invito l'Esecutivo ad assumere un atteggiamento riflessivo e spero anche correttivo delle proprie prassi, impegnandosi - anche attraverso l'accettazione dell'ordine del giorno - ad abbandonare questo sentiero, che in verità è un vicolo cieco, per introdurre nuove modalità di rapporto con il Parlamento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, intendo precisare al Governo che, con riferimento alla riforma della scuola, eravamo anche pronti ad una revisione del decreto sul secondo ciclo, ma evidentemente - poiché al peggio non vi è mai finePag. 48- abbiamo dovuto prendere atto con preoccupazione e sconcerto non solo che si blocca tutto il processo riformatore fino all'anno scolastico 2008-2009, ma che dentro questo blocco finiscono istituti innovativi come l'alternanza scuola-lavoro, il diritto-dovere e persino il primo ciclo, che era ormai prossimo alla messa a regime.
In questo dibattito mi preme lanciare l'allarme su due aspetti che ritengo particolarmente gravi: uno di metodo e uno di merito.
Il primo riguarda lo slittamento temporale previsto dai decreti, che inficia ed annulla gli sforzi compiuti dal nostro Governo per rincorrere e raggiungere allo stesso tempo gli obiettivi di Lisbona, insieme ai benchmark internazionali dell'istruzione. Infatti, tanto l'Europa che i contesti internazionali hanno previsto per il 2010-2013 il tempo nel quale tutta una serie di obiettivi dovranno essere raggiunti attraverso indicatori comuni.
Ma se il sistema educativo nazionale non riconosce questi indicatori, nel senso che non crea le premesse per misurarne gli effetti, non solo non ci sarà la possibilità per la scuola italiana di affermarsi come scuola europea, ma - cosa più grave - i nostri studenti non saranno messi nelle condizioni di competere con i coetanei europei e faranno fatica ad utilizzare strumenti come «Europass» o ad accedere alla mobilità europea come cittadini e come lavoratori.
Per essere più concreta, si parla del debutto dei nuovi licei dal 2008. Ammesso e non concesso che il Governo riesca per l'anno scolastico 2008-2009 a far partire nuovi percorsi (sul fatto che questi licei siano nuovi lasciatemi dubitare!), si arriverebbe comunque all'anno scolastico 2012-2013 con le prime classi quinte riformate. Ma ci rendiamo conto del danno che il Governo sta arrecando alle giovani generazioni? Possiamo pensare di bruciare i primi 15 anni di questo secolo ancora con discussioni sulla scuola superiore, mentre la casa brucia e 670 indirizzi sperimentali gridano vendetta? Ci ripensi, il Governo! Accorci quel tempo maledettamente lungo che si è dato per apportare modifiche e correttivi (come ipocritamente viene detto), per decidere presto sul da farsi rispetto al processo riformatore.
L'unica cosa che non potete fare - perché non ve lo permetteremo noi, ma soprattutto il paese - è stare fermi ed agire come se ci trovassimo in una palude. Se il Governo, con il ministro Fioroni, vuole cambiare la riforma Moratti, lo faccia assumendosene ogni responsabilità, ma non in 36 mesi! Si ricordi, il Governo, che ogni giorno rubato alla riforma della scuola è un giorno perso per il futuro dei giovani. In Parlamento ne risponderà a noi, ma soprattutto a loro, ai giovani.
Vengo al secondo punto, ossia al merito: la finalità del blocco. Se l'obiettivo è quello di attuare il programma dell'Unione, che in materia scolastica è opposto al programma del Governo precedente (in modo particolare, mette in discussione i principi che hanno ispirato la legge delega n. 53 del 2003, la cosiddetta riforma Moratti), allora avete sbagliato lo strumento. Con le proroghe si possono apportare dispositivi correttivi e integrativi, ma non stravolgere quei principi: sarebbe incostituzionale.
Ecco dunque, questa politica così odiosa, che ho ribattezzato come «modello Penelope», altro che la cosiddetta politica del cacciavite, richiamata dal Presidente del Consiglio Prodi! Siamo di fronte ad una politica dei primi cento giorni del Governo che, anziché essere una politica del fare, è una politica del disfare. Allora, questo «modello Penelope» non vi aiuterà a stravolgere la riforma Moratti: è sicuramente uno strumento sbagliato.
Finora, abbiamo compreso soltanto che volete bloccare un processo che era andato già molto avanti, e ciò è sbagliato. Per di più, volete attuare un programma che non è assolutamente in sintonia con la modernizzazione della scuola, con una scuola che possa diventare europea: avete in mente la scuola degli anni Settanta. Volete fare questo? Auguri! Però, ricordatevi che lo strumento che oggi avete individuato sul piano legislativo è sbagliato.
Pertanto, quello che state adottando è un provvedimento negativo, perché bloccaPag. 49un processo già molto avanzato e, soprattutto, mette in discussione principi che non volete sostenere. Non sarà con nuovi decreti legislativi di cui alla legge delega che riuscirete a cambiare la scuola. State compiendo un passo falso; è un passo falso che fate, soprattutto, senza rispettare un processo avanzato. Di questo vi accusiamo, e per tale motivo la nostra opposizione sarà molto dura. Non vi è alcun elemento che possa attenuare questa nostra posizione: siamo contrari e ci opporremo a questo e ad altri provvedimenti che metteranno in discussione un lavoro ed un processo durati anni ed una visione - quella della scuola europea e moderna - che pensiamo di portare avanti.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, credo sia opportuno, innanzitutto, partire dalla descrizione di come nasce questo decreto. Esso nasce a seguito di un atteggiamento di fair play nel passaggio delle consegne da un Governo all'altro, per consentire al nuovo Governo che si insediava di esercitare i propri poteri.
Appare, quindi, abbastanza anomalo che, proprio su un gesto di fair play e di correttezza istituzionale, si inserisca una vicenda che finisce per condizionare fortemente, all'inizio della legislatura, i rapporti tra Governo e Parlamento.
Nella scorsa legislatura, l'attuale maggioranza ha spesso urlato allo scandalo, sostanzialmente, per due tipi di normativa, considerandoli violazioni del principio democratico e della rappresentanza parlamentare: mi riferisco all'utilizzo da parte del Governo Berlusconi dei cosiddetti decreti onnicomprensivi e, in molti casi, dei cosiddetti maxiemendamenti, che rivisitavano la materia.
L'anomalia della situazione di cui stiamo parlando e del disegno di legge in esame è che quest'ultimo racchiude in sé entrambe le anomalie prima fortemente contestate, oltre, ovviamente, a quella già ricordata con estrema franchezza dall'onorevole Russo, al quale dovremmo essere grati, ossia la violazione del regolamento parlamentare.
Al contenuto tecnico delle norme, di cui parlerò, si unisce una strana utilizzazione - mai vista, non so se ci siano dei precedenti -, una sorta di metempsicosi, per cui si riporta in vita qualcosa che il Parlamento aveva dichiarato morto, resuscita miracolosamente una legge che ormai non esiste più. Questo è uno dei miracoli del nuovo Governo!
Al di là dell'aspetto tecnico, forse il dato più rilevante - lo ribadisco: credo siano state importanti le parole pronunciate in quest'aula dall'onorevole Russo - è il parere del Comitato per la legislazione e ciò che è avvenuto nella Commissione affari costituzionali. Il presidente di tale Commissione, l'onorevole Violante, si è assunto l'onere di contattare la Commissione affari costituzionali del Senato e di dare, insieme alle Presidenze della Camera e del Senato, un'indicazione sui corretti rapporti tra Governo e Parlamento.
Il dato politico è quello di un Governo estremamente debole, numericamente e politicamente, che fa di questa debolezza un atto di forza e di prepotenza nei confronti del Parlamento. La stranezza è ancora quella di una maggioranza che, appena pochi giorni fa, ha finito di contestare una riforma costituzionale ritenuta eccessiva per quanto riguardava i poteri del Governo del premier. Ma, se chiunque di noi prevedesse in un disegno di legge costituzionale dei poteri come quelli che si è accreditato oggi il Governo Prodi, sarebbe sicuramente tacciato di antidemocrazia. Questo è ciò a cui stiamo assistendo.
Parlavo di debolezza politica perché, alla fine, in un ramo del Parlamento il dibattito finisce per essere completamente soffocato per problemi numerici, mentre in questo ramo del Parlamento finisce per subire la medesima sorte per necessità quasi speculare rispetto all'altro.
Di fatto, nessuno può contestare alla maggioranza - sarebbe stupido e politicamente ridicolo -, che, come diceva l'onorevole Bruno, seppure di pochi voti, ha vinto queste elezioni, la possibilità e laPag. 50volontà di cambiare alcune normative rispetto alle quali, nella scorsa legislatura, ha fatto opposizione.
Nessuno lo contesta, ma poiché nella scorsa legislatura quelle normative sono state in questa sede discusse e si è dato loro uno spazio ed un ruolo degni di temi che interessano l'intero paese, oggi queste normative non possono essere cancellate in maniera capziosa utilizzando, addirittura, lo strumento della decretazione d'urgenza, che dovrebbe essere quello più delicato da utilizzare in questo Parlamento.
Stiamo parlando in questa sede ed è importante farlo, perché diventa un precedente. Abbiamo appreso da notizie giornalistiche - ancora non abbiamo notizie ufficiali, non essendo i testi pubblicati da alcuna parte - di un decreto-legge sullo sviluppo economico che andrebbe a modificare più di 40 norme riguardanti tutte le cosiddette liberalizzazioni del paese. Ci parlano di un decreto-legge che va a modificare l'intera legge sugli appalti. Allora, cosa facciamo? Poiché il Parlamento è debole, il Governo non viene in questa sede a misurarsi sui numeri e costringe voi e noi a prendere per date le sue decisioni. Credo che questo sia un problema che oggi riguarda noi, che dobbiamo soccombere alla legge dei numeri, ma riguarderà molto presto voi per un'implosione politica (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo rimasti in pochi in quest'aula, quasi esclusivamente il gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista con il collega Del Bue, ed il relatore Piazza, quindi il vero centrosinistra, perché non c'è più né destra né sinistra in quest'aula del Parlamento.
Non possiamo assolutamente tacere ciò che è avvenuto nell'aula del Senato in merito alla discussione per la conversione in legge del decreto-legge n. 173. È ormai palese che la Camera dei deputati - e lo dimostra il fatto che siamo rimasti in quattro -, con una maggioranza forte del premio elettorale, ha perso, in realtà, il suo peso specifico tradizionale e che tutta la partita su come il nuovo Governo riesca a tenere in pugno la XV legislatura si sia trasferita al Senato, dove la maggioranza gioca, invece, la sua esistenza su delicati equilibri, su minacce e ricatti di singoli e di gruppi, su speranze certe ed incerte di effettuare nuovi acquisti, sui vezzeggiamenti ai senatori a vita; c'è sicuramente qualcuno che si arricchisce anche politicamente.
Il Senato è diventato l'ombelico della politica italiana, e di fatto sta condizionando i lavori di tutti noi, costretti ad assistere - ma non possiamo essere indifferenti - a metodi che fanno presagire un continuo ricorso al voto di fiducia, ulteriormente caricato di posizioni restrittive, tese ad impedire un sereno dibattito parlamentare. Credo che questo meriti una concreta attenzione, che va oltre la questione specifica di cui tratta quest'ultimo punto all'ordine del giorno.
Prima di tutto il paradosso: quello in esame è, in realtà, l'unico decreto-legge del Governo Berlusconi-III che riceve un'approvazione da parte dell'Ulivo. È singolare che, al contrario, la Casa delle libertà non voterà la fiducia ad un provvedimento firmato da Silvio Berlusconi. Politicamente è così, anche se tecnicamente vi sono argomentazioni da parte dell'uno per votarlo e da parte dell'altro per non votarlo; ma di fatto si tratta di un decreto-legge Berlusconi. Quindi, se questa anomalia sta accadendo, probabilmente il paese ha perso una reale opportunità di confronto e di dialogo fra i due schieramenti, pur tanto desiderata e sbandierata nelle intenzioni di Romano Prodi.
Necessità e buon senso volevano che si arrivasse alla discussione in aula con il sereno e costruttivo consenso di tutti, perché nessuno può chiamarsi fuori dalla responsabilità del fatto che queste continue proroghe creano nei cittadini diffidenza verso il modello di Stato di diritto che proponiamo nelle nostre discussioni. IlPag. 51comportamento tenuto fino ad ora dalle parti politiche su questo argomento, tra le prepotenze attuate dalla maggioranza e le parole grosse volate dalla minoranza, ma pure il concetto stesso di sfida e di proroga, alimenta l'incertezza del diritto. Infatti, la stessa proroga di termini legislativi comunica una mancata organizzazione del sistema legislativo, ritardi attuativi, pressappochismo, aleatorietà del diritto.
Cittadini, famiglie, imprese, operatori economici che attendono date e scadenze per iniziare all'interno di nuove regole possono toccare con mano che questo non è poi così vero, che può essere differito, può essere mutato dall'umore o, peggio, dalla vendetta di parte. Quindi, siamo all'incertezza, quando non alla sfiducia di un sistema di diritto.
È notorio come nei paesi a tradizione liberaldemocratica l'eccesso di produzione legislativa, accompagnato da un overland di regolamentazione amministrativa e da un'iperattività di ricorso alla giustizia, siano fenomeni, seppur contenuti, osservabili in tutti i paesi dell'Europa continentale. Tuttavia, tali paesi, pur all'interno delle singole culture giuridiche, hanno già avviato da tempo modalità di coordinamento legislativo per rendere la legislazione in genere, e quella di programma, più mirata, meno imprecisa e meno numerosa di quella prodotta in Italia. Nel nostro paese, infatti, la tendenza legislativa ha avuto uno sviluppo abnorme, farcita da disfunzioni e, quindi, dalla necessità di migliaia di proroghe che hanno creato incertezza sia in fase di interpretazione sia in fase di applicazione. Incertezza causata dal rilevantissimo numero di leggi o atti aventi forza di legge prodotti dal Parlamento o dal Governo: sembra proprio che lo si stia facendo apposta per permettere a qualcuno, i «furbetti di quartiere», di approfittarsene.
Ciò, infine, crea l'impossibilità della tutela dei propri diritti. È un'iperattività normativa che si trasforma in sostanza nell'incertezza del diritto, intesa in senso lato. Il problema, quindi, è quello non solo dei condizionamenti politici e, spesso, della difficoltà del nostro Parlamento di prendere decisioni univoche per la collettività, ma, soprattutto, di mettere in evidenza che sono del tutto mancanti nel nostro paese sia un supporto di monitoraggio dei fenomeni che si vogliano regolamentare e, una volta presa la decisione politica, sia adeguati mezzi di controllo per valutare gli effetti che la nuova legislazione produce sui fenomeni che si volevano regolamentare.
Inoltre, l'aspetto della formulazione letterale della legislazione è divenuto nel tempo più sciatto, spesso incoerente e talvolta contraddittorio, anche a causa delle miriadi di leggi di riferimento storico e del fatto che non sia ancora stata approntata in Italia una modalità univoca di forma letterale chiara e semplice come, viceversa, è avvenuto, pur in condizioni differenti, in Francia, Spagna, Inghilterra e Germania, guarda caso le quattro nazioni che dal punto di vista della competitività stanno sopraffacendo il nostro paese, a causa del nostro Parlamento.
Nella culla del diritto, il sovraccarico della legislazione, e della normazione ad essa collegata ha reso impossibile non solo al cittadino, ma allo stesso interprete, sia esso amministratore o giudice, di realizzare un'effettiva parità dei cittadini di fronte alla legge, proprio a causa dell'interpretazione evolutiva dell'enorme quantità di normazione da applicare ai casi concreti. Intendo evidenziare come la necessità di una razionalizzazione attraverso testi unici della produzione legislativa esistente sia divenuta un'esigenza improcrastinabile; il quadro che emerge oggi dal nostro Parlamento è quello di un legislatore che procede con grande lentezza nel processo decisionale, salvo poi accelerarlo in maniera alquanto inspiegata, perché si era creata un'opportunità politica per la realizzazione di quel prodotto legislativo.
Poco fa, il collega di Rifondazione comunista - mi rivolgo al rappresentante del Governo - ha parlato di discontinuità, ma egli non sa che nello Zanichelli il termine «discontinuità» significa non rottura come la intende lui, ma un po' continuo e un po' diverso; è un po' come un bambino al quale, quando lo si vuol far mangiare,Pag. 52si promettono tante cose. Voi fate bene - lo dica al Presidente del Consiglio Prodi - a continuare a trattarli come bambini, tanto poi votano. Gli dite: e va bene, poi modificheremmo la legge Biagi, la Tremonti, la Moratti, usciremo dall'Afghanistan, non rifinanzieremo... Tutti questi «e va bene», e così loro pensano alla rottura e continuano a votarvi: continueranno così per altri cinque anni!
Ha fatto molto bene il Presidente Prodi - e sicuramente lo avrà fatto con la consapevolezza di chi ha attorno - a raggirarli in tal modo. Ma credo che il paese non si possa raggirare, per via del confronto con gli altri Stati e con i problemi reali; ritengo quindi che non si possa continuare a sentire parlare di discontinuità nel senso di rottura dai banchi di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani.
Emerge che non vi è stato alcun coordinamento, a livello del Governo o del Parlamento, circa le modalità di redazione dei testi legislativi; neppure si è compiuto alcuno sforzo da parte dei proponenti, sia a livello di Governo sia a livello di singoli parlamentari, nel momento in cui veniva redatto il testo, per verificare le effettive possibilità di realizzazione degli obiettivi da raggiungere con quella determinata prescrizione legislativa.
Inoltre, la domanda politica è stata spesso veicolata da gruppi di pressione, sindacati e associazioni di categoria, che hanno sollecitato provvedimenti ad elevato tecnicismo di cui i parlamentari proponenti, e spesso lo stesso Governo, quando l'iniziativa era ministeriale, erano in grado di valutare solo una parte delle conseguenze negative.
Se questa è l'analisi - e in parte la spiegazione del caos nella iper-produttività legislativa, spesso contraddittoria e poco chiara, della cosiddetta prima Repubblica -, ancor più grave diviene il quadro di riferimento, se si pensa che l'intero sistema politico pregresso non esiste più e che nuovi equilibri politici stentano a venire alla luce nella massima confusione e aggressività. I problemi nazionali nella produzione delle leggi sono aggravati ulteriormente dall'emissione di standard europei cui la legislazione italiana deve adeguarsi in molti settori, quali l'ambiente, la sicurezza del lavoro, l'IRAP, la concorrenza, che impongono una legislazione di programma molto dettagliata e consapevole, al fine di garantire, nel contempo, sia la certezza della nostra politica economica sia il rispetto dei vincoli imposti dalla Comunità.
Infine, l'insieme di queste disfunzioni a livello nazionale ci obbliga ormai ad avviare, anche attraverso la prospettiva comparata delle esperienze di altri paesi europei, una riflessione sulla pressante necessità di razionalizzare la legislazione esistente riducendo il numero delle fonti di diritto da applicare.
Per il resto, abbiamo dato e stiamo dando una triste immagine; anche la presenza di questi pochi deputati ne è la conferma (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. L'ultimo iscritto a parlare è l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Onorevole Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevole relatore, onorevoli colleghi, poche parole per integrare gli argomenti che i deputati della mia parte politica hanno già evidenziato.
Non vi sarebbe, forse, neppure bisogno che rispettassi l'impegno a concludere questa giornata, molto particolare anche per quanto sta per accadere tra pochi minuti.
Purtuttavia, il mio intervento, quale capogruppo di Forza Italia in Commissione affari costituzionali, vuole assumere una posizione emblematica, esprimendo quanto noi siamo convinti che questo provvedimento sia radicalmente sbagliato, costituzionalmente incompatibile e sia già stato oggetto di nostre rimostranze nelle opportune sedi. Ma, oltre alle questioni pregiudiziali che esporremo dopo averene depositato il testo, chiederemo al Presidente della Repubblica di non firmare la legge di conversione e di rinviarla alPag. 53Parlamento. Infatti, in questo caso è accaduto qualcosa di estremamente diverso da quanto è accaduto in passato e anche alcuni provvedimenti adottati dal precedente Governo nella XIV legislatura, che sono stati citati, mai raggiungono i vertici negativi o, se vogliamo, abissali - se si può, con un gioco di parole, parlare di vertici e di abissi - di questo provvedimento.
Cercherò di essere rapidissimo, ma vorrei che non si fraintendessero gli argomenti. C'è già stato qualche accenno a questi passaggi, ma è bene ricordarli facendo una sintesi finale.
Il decreto-legge al nostro esame è un provvedimento del Governo Berlusconi che era composto da un solo articolo di due righe: l'articolo 1 stabiliva che i termini per l'emanazione di regolamenti in scadenza entro il 20 maggio 2006 erano prorogati al 31 luglio 2006. È evidente il perché di questa norma e come strutturalmente dovesse essere così breve. Nella motivazione si dice che, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di prorogare i termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare al fine di consentire la compiuta definizione degli adempimenti istruttori in corso, rivelatisi particolarmente complessi, si emana il suddetto decreto. Quest'ultimo, all'articolo 2, reca la clausola di entrata in vigore e l'articolo della legge di conversione è quello, semplicissimo, che contiene la formula d'obbligo.
Su questa norma così minimale si è inserito un numero impressionante di norme, sia nella legge di conversione sia nel decreto-legge, ma si è addirittura eliminato il comma unico dell'articolo unico del quale ho dato lettura. Nel provvedimento oggi all'esame della Camera non troviamo più neppure quelle due righe che erano l'oggetto totale e consostanziale del decreto-legge Berlusconi-Ciampi: quindi, non qualche cosa che si è già visto, ma qualche cosa che non si è mai visto. In questo caso non c'è una locomotiva alla quale sono state aggiunti tantissimi vagoni; qui si è portata via persino la locomotiva, la si è sostituita con un'altra e si sono attaccati innumerevoli vagoni!
Nella mia precedente esperienza al Senato non ho mai visto un tale modo di legiferare: ma perché lo si è fatto? Perché si è tenuto in vita questo provvedimento del 12 maggio 2006, a firma Ciampi-Berlusconi con il visto del guardasigilli Castelli, e non si sono adottati uno o più nuovi decreti-legge, ove ci fossero stati i presupposti straordinari di necessità ed urgenza? Forse, si è voluto usare quel mezzo perché si temeva che un testo con tutti questi articoli, con tutte queste norme - delle quali si è già tanto parlato e alle quali farò solo un cenno rapidissimo concludendo -, non avrebbe ricevuto il consenso e, quindi, la firma del Presidente della Repubblica Napolitano?
Credo che questa sia una domanda legittima. Se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un fatto gravissimo.
Se così non è stato, la leggerezza che ha improntato l'attività del legislatore è enorme. C'era un decreto-legge che non c'è più: è stato sostituito persino l'articolo unico del disegno di legge di conversione, mentre al testo dell'articolo 1 del decreto-legge (originariamente, di due sole righe) ne sono stati aggiunti altri. Non è potuto intervenire il Senato perché il Governo ha posto la questione di fiducia, che si rischia di vedere nuovamente posta anche qui alla Camera.
Insomma, il provvedimento è completamente diverso da quello emanato dal Presidente Ciampi e non vi sarà alcuna possibilità di verifica da parte del Parlamento.
So che i tempi debbono essere forzatamente stretti, ma vorrei rivolgere alcune richieste al relatore, affinché le trasmetta al Governo, le stesse che porrei al Governo se avessi la possibilità di farlo sul piano colloquiale (a meno che non sia utile porle formalmente anche al Governo; ma mi pare che l'onorevole relatore sia colui al quale le richieste vanno rivolte). Noi riteniamo che almeno i commi 3 e 12 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che contengono nuove deleghe, vadanoPag. 54ritirati (ovvero debbano essere accolti i nostri emendamenti soppressivi). Inoltre, vi è un articolo stupefacente...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto...
GABRIELE BOSCETTO. ... del quale ha già parlato l'onorevole Santelli: l'articolo 1-sexies. Esso stabilisce che le università continuano ad applicare, fino al termine dell'anno accademico 2006-2007, le disposizioni di cui all'articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Orbene, è pacifico che l'articolo 12 è stato definitivamente abrogato - se si può usare la prima parola insieme alla seconda - dall'articolo 22 della legge n. 230 del 2005 alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 164 del 2006 (maggio di quest'anno). Nessuno può dire che si continua ad applicare una norma che non esiste più!
Noi abbiamo presentato un emendamento che novella la disposizione menzionata nel senso di consentire l'applicazione della norma abrogata. Chiediamo che il relatore si faccia parte diligente e che venga accolto il predetto emendamento, ovvero quello soppressivo che pure abbiamo presentato.
Signor Presidente, la ringrazio per la pazienza e le auguro una buona fine della giornata.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.