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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1538-A)
ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, oggi è una giornata di festa per la Commissione lavoro che, per la prima volta, ha l'opportunità di riferire in Assemblea su un provvedimento assegnato alla sua competenza e, quindi, ringrazio. Proprio perché è una festa per la Commissione lavoro si è verificata una massiccia affluenza dei colleghi al tavolo del Comitato dei nove (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Naturalmente io ne faccio parte, ma sottolineo, ai miei colleghi di gruppo, l'impossibilità fisica di essere presente al tavolo del Comitato dei nove perché il sovraffollamento, in questa giornata di festa, necessiterebbe della collocazione di uno strapuntino.
Allora, signor Presidente, le chiedo l'autorizzazione a sedermi, non abusivamente, al tavolo del Governo in modo da segnalare al mio gruppo il voto su almeno quattro o cinque emendamenti, perché vorrei anch'io partecipare a questo momento di festa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Evito ogni commento sulla tempistica del suo «ingresso» al Governo e penso che la soluzione migliore sia nell'ambito del Comitato dei nove, che suppongo sia abbastanza flessibile.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, a questo punto chiederò ai colleghi di volgere indietro lo sguardo e di attendere il segnale dai banchi in alto. Non posso consentire ad alcuno dei colleghi di sottrarsi a tale evento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. La ringrazio per aver vivacizzato la seduta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 1.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, il provvedimento in esame introduce una disciplina tesa a contrastare il fenomeno delle dimissioni firmate in bianco ed è volto a proteggere i lavoratori, soprattutto le lavoratrici, da tale fenomeno, evitando che il datore di lavoro possa utilizzare le false dimissioni, che ha fatto firmare al momento dell'assunzione, per far cessare in qualsiasi momento il rapporto di lavoro.
Consideriamo il provvedimento in esame come un'ulteriore politica pubblica capace di assicurare i diritti mediante forme di assistenza e di tutela all'interno di un'economia sempre più globalizzata. La riteniamo, infatti, una politica di sicurezzaPag. 3del lavoro, capace di offrire ai lavoratori la tutela dei loro diritti e, in caso di licenziamento, di aiutarli ad uscire dal senso di incertezza economica e psicologica. Riteniamo, infatti, che le modalità di licenziamento debbano essere consentite solo in un contesto di consolidamento della sicurezza del lavoro.
La proposta di legge, quindi, definisce le modalità per la risoluzione del contratto per dimissioni volontarie con l'utilizzo di uno strumento semplice, ovvero un apposito modulo realizzato secondo specifiche direttive. Si tratta, come si affermava, di una proposta di legge che ha il pregio della semplicità e della chiarezza, ma, a nostro parere, ha anche un alto valore simbolico, in quanto costituisce una piccola norma a protezione di diritti e garanzie, delle tutele e, quindi, della libertà dei lavoratori e delle lavoratrici ma, soprattutto, a protezione del diritto della maternità.
È noto che tra le donne vi è un atteggiamento nuovo nei confronti del lavoro, che si traduce, da un lato, nella consapevolezza dei propri diritti e, dall'altro, nella ricerca attiva di un'occupazione sempre più stabile e qualificata.
A ciò, tuttavia, non fa automaticamente seguito la realizzazione di questo obiettivo. Permangono, infatti, molte difficoltà che alimentano la disoccupazione, la quale nasconde e contempla al suo interno isole di lavoro sommerso e precario, costituito da condizionamenti, paure ed insicurezze sociali. Le donne, infatti, spesso si trovano ancora davanti alla scelta obbligata di rassegnare le dimissioni dal lavoro per motivi personali che, tuttavia, comprendono un'infinità di situazioni, come la conflittualità con il datore di lavoro e le violazioni contrattuali. Un'altissima percentuale di donne dichiara, infatti, di dimettersi per la difficoltà di conciliare vita professionale e vita familiare.
Una parte consistente, però, afferma di aver lasciato il lavoro per motivi personali: tali dimissioni rimandano spesso al tema centrale della difficoltà di gestire pressioni e ricatti permanenti nel corso del rapporto di lavoro.
Per le lavoratrici, quindi, la sottoscrizione preventiva di dimissioni in bianco rappresenta un ulteriore disincentivo anche nei confronti della maternità: ciò appare paradossale, in un Paese con forti problemi di natalità e un tasso di attività lavorativa ancora insufficiente rispetto ai Paesi europei.
Il fenomeno delle dimissioni in bianco è preoccupante, inoltre, perché esse vengono utilizzate in maniera più ampia, indipendentemente dal sesso del lavoratore, anche a fini fiscali, allo scopo, a volte, di sgravare l'impresa dal pagamento dei periodi di assenza dal lavoro per imprevisti quali infortuni o malattie. Non abbiamo dati statistici, ma sappiamo che il fenomeno è in aumento e interessa soprattutto i nuovi contratti relativi al rapporto di lavoro solo apparentemente autonomo o parasubordinato.
Per tali motivi riteniamo molto importante il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge in esame, che riconosce le diverse tipologie di contratti presenti oggi nel mercato del lavoro che potranno usufruire della tutela della norma sulle dimissioni volontarie.
PRESIDENTE. Onorevole Schirru, concluda.
AMALIA SCHIRRU. Per tale motivo, i contratti di collaborazione di natura occasionale, quelli di associazione in partecipazione, i contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci, i contratti di collaborazione previsti dal codice civile, nonché quelli, riconosciuti dal decreto legislativo n. 276 del 2003, di collaborazione a progetto - instaurati spesso senza individuare un vero e specifico progetto o programma di lavoro - vengono già considerati rapporti di lavoro subordinato fin dalla costituzione, purché il lavoratore sia in grado di fornire la prova e, in caso di risoluzione del contratto, le motivazioni della giusta causa.
Si tratta di situazioni che generano conflitti, litigiosità e, soprattutto, perdita di tutela.
PRESIDENTE. Onorevole Schirru, deve concludere.
AMALIA SCHIRRU. Il lavoratore che firma dimissioni in bianco, infatti, rischia di perdere non solo il lavoro, ma anche il diritto all'indennità di disoccupazione. Perciò voteremo a favore della norma in esame, che permette di ampliare le garanzie per i lavoratori (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la proposta di legge a prima firma Nicchi, recante disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie del prestatore d'opera in Commissione ha avuto un iter abbastanza condiviso e ne avrà uno altrettanto condiviso - forse anche di più - in Assemblea. Ciò, in parte, perché si tratta di una materia condivisibile in quanto tale, perché volta ad evitare i fenomeni distorsivi della risoluzione del contratto, che vessino in maniera iniqua in particolare le donne e le madri. Una particolare attenzione, pertanto, è rivolta al mondo femminile, a quello della maternità e alla loro tutela nei confronti di elementi distorsivi e di pratiche che sono, purtroppo, conosciute ed utilizzate in ambito lavorativo.
Crediamo che la relatrice Di Salvo abbia dimostrato una sensibilità importante sul provvedimento, nell'accogliere alcune proposte dell'opposizione, in particolare in merito alla gratuità di apposite convenzioni, definite per mettere a disposizione la modulistica contrassegnata da numeri progressivi: si tratta, quindi, di un meccanismo volto a prevenire ed evitare fenomeni degenerativi delle dimissioni in bianco da parte del prestatore d'opera che poi, utilizzate nel momento opportuno, pesano come una «spada di Damocle» sul rapporto di lavoro.
Prendiamo atto di un'apertura e di un dialogo costante che vi sono stati in Commissione, dove abbiamo presentato alcuni emendamenti che riproporremo in questa sede. Mi riferisco, in particolare, all'emendamento della collega Pelino, che esclude dall'applicazione di questa disciplina i contratti a termine, nei quali più precisamente non si tratta di dimissioni, ma di recesso. È una posizione che si è scelto di portare avanti in Commissione e che si porterà avanti anche in Assemblea.
Credo peraltro che, anche al di là di questi distinguo tecnici, formali o politici su alcuni aspetti del provvedimento, vi sia una sostanziale condivisione dell'obiettivo, che, come dicevo prima, è quello di un testo che, in un unico articolo, dia un segnale importante al mondo del lavoro e al mondo femminile, e affronti tale tematica in maniera serena ma, anche da questo punto di vista, determinata.
Crediamo che il provvedimento in esame non sia risolutivo in quanto tale, ma che rappresenti un segnale importante, soprattutto nel combinato disposto dello stesso con la circolare ministeriale n. 7001 del giugno del 1997, che precisa agli ispettori come intervenire e come effettuare maggiori controlli sulle dimissioni delle lavoratrici madri, dando anche alle direzioni provinciali la facoltà di accertare in maniera successiva la volontà della lavoratrice madre.
Quindi, il combinato disposto di questo provvedimento, da un lato, e della circolare di cui parlavo, dall'altro, evidentemente rappresenta il segnale di un impegno del legislatore in questo senso e della volontà di combattere un fenomeno che - ripetiamo - è distorsivo, umiliante e assolutamente negativo e condannabile, sia per le lavoratrici sia per l'intero mercato del lavoro.
Sono stati presentati diversi emendamenti, alcuni di natura squisitamente tecnica, di precisazione. Credo che in questa fase debba essere sottolineato lo spirito di condivisione di questo provvedimento e la volontà di procedere insieme dando un segnale significativo a tal riguardo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, anche io vorrei evidenziare che questa proposta di legge ha ottenuto, significativamente, un contributo dall'intera Commissione lavoro e che, trasversalmente, tutti hanno espresso consenso sulla stessa.
Vorrei evidenziare, come ha già fatto il relatore nei precedenti interventi, il senso, il contesto e gli obiettivi del provvedimento in esame, volti ad eliminare un fenomeno rilevato da studi e da censimenti, anche se i numeri sono di gran lunga superiori rispetto a ciò che ufficialmente risulta dalle analisi e dai censimenti.
Risolvere questo problema è sicuramente nell'interesse collettivo del lavoratore, in modo particolare delle lavoratrici, nonché del datore di lavoro onesto, che applica le leggi e che, nello stipulare il contratto di lavoro, utilizza gli strumenti legali.
Vengono garantite, quindi, certezza del posto di lavoro e sicurezza per il datore di lavoro e per la lavoratrice, contro quei datori di lavoro che, evitando di pagare i costi sociali, riescono magari anche a proporre il loro prodotto ad un prezzo basso.
In linea generale, siamo favorevoli alla proposta di legge, ma vorrei rilevare che, purtroppo, essa rappresenta anche una piccola sconfitta, perché in uno Stato normale, libero e di diritto non occorrerebbe mettere un poliziotto in ogni metro quadrato di territorio. Con la previsione di modelli che verranno ritirati presso i comuni, piuttosto che presso altri uffici, si obbliga ad adottare un metodo.
Vorrei fare un paragone - che naturalmente non pretende di essere perfettamente calzante - che richiama quanto verificatosi nelle zone a traffico limitato o zone pedonali: laddove non esistevano le telecamere, tutti transitavano con le automobili; una volta installate le telecamere, non transita più nessuno. Si tratta di una piccola sconfitta, secondo me, perché in un Paese civile e normale ciò non dovrebbe accadere.
Sicuramente ci si muove nell'interesse collettivo del lavoratore e del datore di lavoro e, pertanto, rendo onore anche a tutti quei datori di lavoro che applicano le leggi e consentono ai lavoratori di avere una prospettiva, un avvenire sicuro (mi riferisco, in particolare, ai giovani e alle donne, quando vanno in maternità) in modo che possano disporre di una certezza nel futuro della loro vita (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, anche noi valutiamo positivamente il presente provvedimento, seppur con qualche perplessità in ordine alla volontà di disciplinare, in modo così articolato e compiuto, l'istituto delle dimissioni volontarie. Infatti, nel corso dell'esame in Commissione si è eccessivamente arricchito il provvedimento con precisazioni che, a nostro avviso, sono ultronee e potrebbero compromettere, in futuro, la corretta interpretazione del provvedimento medesimo.
Si è voluto giustamente assestare un colpo definitivo all'istituto - più che di un istituto si tratta di una prassi indegna - delle cosiddette dimissioni in bianco, che alcuni datori di lavoro utilizzano in tutto il Paese (qualcuno, nel corso della discussione generale, ha voluto localizzare in alcune aree del Paese tale fenomeno, ma mi risulta sia un fenomeno piuttosto esteso che riguarda l'intera geografia del nostro Paese).
Il rischio è che in tal modo, avendo eccessivamente «caricato» il provvedimento, si possa in seguito provocare qualche problema all'interprete, nel senso che l'obbligatorietà della formalizzazione delle dimissioni in un modulo appositamentePag. 6predisposto, che consente il conseguimento della finalità voluta dalla legge, potrebbe creare dubbi sulla possibilità della successiva impugnazione del documento medesimo, della dichiarazione di dimissioni, seppur formalizzata in quel tipo di documento.
Intervengo nella fase di dichiarazione di voto sugli emendamenti perché deve rimanere chiaro, a testimonianza della volontà del Parlamento, che, con la rigida regolamentazione dell'istituto delle dimissioni volontarie, non si è voluto in alcun modo inibire al lavoratore il successivo potere di impugnare quelle stesse dimissioni, secondo i criteri ed i principi che il nostro ordinamento stabilisce per la nullità o l'annullabilità degli atti negoziali, siano essi bilaterali, plurilaterali o unilaterali.
Pertanto, credo che tale precisazione vada indicata in questa sede, così come deve essere puntualizzata la specificazione, secondo la quale l'emendamento 1.22, presentato dall'onorevole Pelino e sottoscritto dal collega Fabbri e da me, si muove nella direzione di semplificare la costruzione eccessivamente rigida della presente normativa, lasciando non al di fuori, ma certamente in qualche modo estranea alla previsione contenuta nella parte seconda del secondo comma dell'articolo 1 del provvedimento in esame la serie dei rapporti che hanno giustificazioni causali e sinallagmi contrattuali completamente diversi e che necessitano, quindi, di una «temporaneità» di svolgimento, senza la quale la prestazione medesima del lavoratore non avrebbe senso.
Mi riferisco ai contratti a tempo determinato, ai contratti a progetto, appunto a tempo determinato, nei quali la causa del contratto è ben chiara, l'oggetto è ben chiaro ed il termine del contratto si lega specificatamente alla funzionalità del contratto medesimo. In questo caso, ritengo che sia assolutamente inutile, anzi foriera di problemi anche di carattere applicativo la previsione rigida di tale regolamentazione per cui anche per questi rapporti di lavoro vi è la possibilità, anzi l'obbligo, di rassegnare le dimissioni attraverso moduli prestampati.
In tale senso si pone l'emendamento Pelino 1.22, sul quale interverrò nello specifico successivamente, fornendo alcune precisazioni di carattere tecnico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare il mio emendamento.
Il provvedimento, che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare ai lavoratori le dimissioni in bianco al momento dell'assunzione - cosa ben diversa dall'accordo per la collaborazione -, quindi quando la posizione del lavoratore è più debole, pur nel condivisibile obiettivo di scongiurare l'intento elusivo datoriale, presenta alcune parti censurabili presenti nel secondo comma dell'articolo 1, nel quale sono elencate tassativamente le tipologie dei contratti di lavoro che usufruiscono della tutela delle dimissioni volontarie.
La tutela secondo i presentatori è garantita da un'apposita modulistica, utilizzabile a pena di nullità, predisposta e reperibile presso gli uffici provinciali del lavoro e gli uffici comunali. Si evidenzia, in primo luogo, che si parla della consegna della modulistica al momento dell'assunzione, in secondo luogo, che ci si avvale di procedure vigenti presso le pubbliche strutture e moduli definiti con direttive del Ministro del lavoro.
In seguito, mi soffermerò ulteriormente sulla materia; adesso voglio solo affermare che le dimissioni sono previste esclusivamente per i lavori tipici, per i lavori atipici esiste il recesso contrattuale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 7
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 377
Maggioranza 189
Hanno votato sì 377).
Prendo atto che i deputati Viola Vichi, Pedulli, Sanga, Pertoldi, Tabacci, Volontè e Di Gioia, hanno segnalato che non sono riusciti a votare e avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che il deputato Volontè ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.21, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 411
Maggioranza 206
Hanno votato sì 410
Hanno votato no 1).
Prendo atto che i deputati Pertoldi, Volontè e Di Gioia, hanno segnalato di non essere riusciti a votare e il deputato Pertoldi avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.26, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 409
Maggioranza 205
Hanno votato sì 409).
Prendo atto che i deputati Minardo, Di Gioia e Volontè hanno segnalato di non essere riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pelino 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengono per illustrare l'emendamento in votazione, volto alla soppressione del comma 2, dell'articolo 1, che andrebbe modificato, perché bisognerebbe fare una distinzione, parlando di dimissioni che appartengono solo ed esclusivamente ai contratti tipici (lavoro determinato e subordinato) e di contratto atipico che prevede il recesso contrattuale.
Il provvedimento in esame, che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare al lavoratore le dimissioni in bianco al momento dell'assunzione - fatto ben diverso dall'accordo per la collaborazione -, quindi nel momento in cui la posizione del lavoratore è sicuramente più debole, pur presentando il condivisibile intento di scongiurare lo scopo elusivo datoriale, appalesa alcune censure, legate al comma 2 dell'articolo 1, che elenca tassativamente le tipologie dei contratti di lavoro che usufruiscono della tutela delle dimissioni volontarie.
Tale tutela è garantita, secondo i presentatori della proposta, dalla previsione di un'apposita modulistica da utilizzarsi a pena di nullità, la quale è predisposta e reperibile presso gli uffici provinciali del lavoro e gli uffici comunali.
Si evidenzia che si tratta, in primo luogo, di consegna al momento dell'assunzione; in secondo luogo, ci si avvale di procedure vigenti presso le pubbliche strutture e di moduli definiti con direttive del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, che riportano codici alfanumerici progressivi di identificazione, spazi da compilare con dati e via seguitando.
Con l'emendamento in esame si vuole scongiurare confusioni e strane commissioni ministeriali nell'ambito di un rapporto privatistico regolamentato dalle leggi speciali.Pag. 8
La proposta di legge in esame va correttamente applicata a tutti i contratti di lavoro subordinato, di cui all'articolo 2094 del codice civile e non ai contratti atipici - lo dice il concetto stesso - elencati a torto nel provvedimento, ovverosia quelli di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, quelli di collaborazione di natura occasionale, evidentemente appartenenti alle tipologie di cui al decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo della legge Biagi e men che meno ai contratti di associazione in partecipazione, di cui all'articolo 2549 del codice civile, che nemmeno si possono definire tipici ovvero parasubordinati.
Rilevo, pertanto, che il vincolo della validità della dichiarazione delle dimissioni volontarie all'utilizzo dell'apposita modulistica, usufruibile solo presso gli uffici provinciali del lavoro e le amministrazioni comunali, con decretazione ministeriale ed ulteriori cautele amministrative, troverebbe giusta collocazione nell'ambito del rapporto di lavoro tipicamente subordinato, regolato codicisticamente e legislativamente, come richiamato dal comma 2, primo periodo, dell'articolo 1 del provvedimento in esame attraverso il riferimento all'articolo 2094 del codice civile. Quindi, detto meccanismo previsto, a pena di nullità, per tutte le categorie, subordinate e non, potrebbe creare un eccessivo irrigidimento dei meccanismi attuativi, nonché problemi di coerenza normativa con l'apposita legislazione speciale, considerato il coinvolgimento nell'apposita modulistica delle pubbliche strutture.
Per quanto riguarda poi l'estensione del provvedimento ad altre tipologie contrattuali, non di lavoro subordinato, come la collaborazione coordinata e continuativa di natura occasionale - vedi il decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo della legge Biagi - e finanche l'associazione in partecipazione e via seguitando ...
PRESIDENTE. La prego di concludere
PAOLA PELINO.... si rileva che dette tipologie, che si aggiungerebbero - con la dizione «nonché» - al contratto nominato tipico del lavoro subordinato, non essendo a tempo indeterminato, ma a termine e perciò atipiche, non sarebbero suscettibili di detta applicazione antielusiva concertata dalle pubbliche strutture; pertanto, sarebbe meglio lasciare la materia delle dimissioni alla libera volontà del lavoratore esercitabile ai termini della legge richiamata.
Ciò detto, ritengo corretto ed opportuno sopprimere all'articolo 1, comma 2, del testo in esame tutta la frase da «indipendentemente dalle caratteristiche» sino all'espressione «con i propri soci».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesini. Ne ha facoltà.
ROSALBA CESINI. Signor Presidente, l'illustrazione della collega Pelino non è affatto convincente.
Si tratta di un'illustrazione tecnica, ma la nostra impressione è che, alla base dell'emendamento in esame, vi sia una concezione ben precisa che conosciamo bene.
Con l'emendamento in esame si escludono dal controllo sulle dimissioni in bianco tutti i lavoratori precari, i co.co.co, i co.co.co.pro., i lavoratori occasionali, i lavori associati in partecipazione. Si escludono, cioè, tutti i soggetti più deboli nel mondo del lavoro che si trovano appena un gradino sopra i lavoratori in nero.
I lavoratori precari - come è noto - sono oltre 3.750.000; rappresentano il 13 per cento degli occupati ed il 50 per cento dei nuovi occupati. Di tali 3.750.000 lavoratori, il 67 per cento è rappresentato da donne. Con l'emendamento Pelino 1.22, si esclude tutta questa parte di lavoratori, che sono - lo ripeto - i più deboli.
Le dimissioni in bianco sono uno strumento odioso in mano ai datori di lavoro, i quali, in questo modo, hanno la potestà completa sui lavoratori e sulle lavoratrici. Cosa accade, in particolare ai lavoratori ed alle lavoratrici precari? Essi, con tale strumento, sono minacciati due volte: la prima, quando si tratta di trasformare il contratto di lavoro da tempo determinatoPag. 9a tempo indeterminato; la seconda volta, poiché, con tali dimissioni, sono sottoposti ad una continua minaccia.
Cosa accade quando il lavoratore si ammala, si infortuna oppure semplicemente chiede i propri diritti? È in quel momento che il datore di lavoro mostra la famosa «letterina» controfirmata all'inizio del rapporto di lavoro.
Collega Pelino, l'emendamento a sua firma la dice lunga sul modo di intendere i diritti dei lavoratori! Ad essi, come si è voluto fare con la legge 14 febbraio del 2003, n. 30, si dice: tenete china la testa e obbedite, perché, se non volete sottostare a queste condizioni - cioè il lavoro precario a quattro lire - c'è la fila fuori di persone che vogliono il vostro posto! Questo, collega Pelino, è ciò che è alla base dell'emendamento in esame.
Per le donne, inoltre, ciò significa una cosa ancora peggiore - se può esservi - rispetto agli uomini. Per le donne, soprattutto quelle precarie, le cosiddette dimissioni in bianco scattano quando il datore di lavoro scopre che la lavoratrice è incinta. Non è un caso che il 30 per cento delle donne che hanno avuto il primo figlio abbandonano il lavoro. Non è un caso!
Per tale motivo, ritengo che l'emendamento in esame vada respinto con forza, perché, soprattutto per le donne che svolgono un lavoro precario significa, in un certo momento della propria vita, fare una scelta obbrobriosa, quella, cioè, di scegliere tra il proprio desiderio di autonomia economica - che il più delle volte è anche autonomia sociale - ed il proprio desiderio...
PRESIDENTE. Onorevole Cesini, concluda.
ROSALBA CESINI. ...la propria capacità procreativa. Per tale motivo, il gruppo dei Comunisti Italiani invita tutta la maggioranza a votare contro questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito dell'emendamento Pelino 1.22 che stiamo discutendo, e contro il quale chiediamo di votare, vorrei felicitarmi con la Commissione lavoro, non solo perché oggi porta all'esame dell'Assemblea un primo provvedimento di sua competenza, ma anche per l'importanza dello stesso.
Ritengo molto positivo che vi sia uno spirito di larga condivisione in questa Assemblea, a proposito della norma che stiamo esaminando.
Vorrei sottolineare che si tratta non soltanto di un provvedimento in difesa di un diritto dei lavoratori ma anche di una norma di civiltà predisposta contro un dispositivo davvero odioso - l'onorevole Lo Presti lo definisce addirittura un istituto; naturalmente, lo è diventato in quanto si è abusato di tale pratica - che molto frequentemente è stato fatto valere.
Evidentemente, in Italia, non basta l'abuso di figure contrattuali precarizzanti come il lavoro a termine; ci si vuole anche avvalere di una «cambiale in bianco» come sono, appunto, le dimissioni firmate all'atto dell'inizio del rapporto di lavoro.
Peraltro - e vorrei sottolineare anche tale riflessione -, come emerge dai commi 1 e 3 dell'articolo 1, la contromisura che auspicabilmente verrà introdotta da questa proposta di legge è di una semplicità cristallina, persino imbarazzante. Vorrei, quindi, che ci si chiedesse come mai si è atteso sinora; sono infatti passati tanti anni prima di adottare un tale provvedimento.
Ma passiamo alla proposta emendativa al nostro esame. Siamo contrari all'emendamento Pelino 1.22 poiché, se venisse approvato, vanificherebbe uno degli aspetti salienti di questo provvedimento ovvero l'intenzione di tutelare l'intero ambito del lavoro «effettivamente» dipendente, vale a dire un insieme amplissimo di figure di lavoratori e lavoratrici che sono formalmente autonomi perché, sul piano contrattuale,Pag. 10tali risultano, ma che, a tutti gli effetti, sono «dipendenti» nel rapporto con il datore di lavoro.
Si tratta di quelle «norme ambito» - una peculiarità italiana che la dice lunga sul modello di sviluppo con cui questo Paese è venuto crescendo negli ultimi lustri - del lavoro cosiddetto subordinato, privo di tutele contrattuali e garanzie, che sono invece riconosciute al lavoro dipendente. Potremmo dire, con una sintesi: tutti i rischi di impresa e nessuna garanzia! In altre parole: la massima esposizione alle pratiche di sfruttamento da parte dell'impresa. Si tratta, cari colleghi, di una delle facce più odiose dello sviluppo verificatosi in Italia a partire dagli anni Ottanta.
Vorrei inoltre chiarire all'onorevole Baldelli che non si tratta - come egli ha testé affermato - di un distinguo tecnico, è tutt'altra cosa, è il massimo della concretezza. Infatti, qualora l'emendamento in esame fosse approvato, tale provvedimento sarebbe in grande parte vanificato, per ragioni quantitative, perché il lavoro parasubordinato concerne diverse centinaia di migliaia di lavoratori, ma, in qualche modo, persino per una ragione logica, poichè tale provvedimento nasce precisamente per contrastare un abuso formalmente legale, vale a dire un abuso che si avvale di procedure adulterate.
Il rischio dell'emendamento Pelino 1.22 consiste, precisamente, nel consacrare l'aspetto formale delle caratteristiche contrattuali, per cui lavoratori che sono in realtà dipendenti, figurano come autonomi. Tale emendamento, quindi, cancella la realtà effettiva...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ALBERTO BURGIO. ... la realtà - e concludo, Presidente - della dipendenza economica del lavoratore. E invece è questo il riferimento assunto dal provvedimento che stiamo esaminando, perché è la dipendenza economica il dato di realtà che incide sulle condizioni lavorative. Ed è per questo, signor Presidente, che consideriamo il concetto di dipendenza economica come il concetto base anche per un'organica revisione della legislazione in materia di rapporti di lavoro, che giudichiamo, di giorno in giorno, sempre più urgente (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento Pelino 1.22 per spiegare la posizione dell'UDC. Tuttavia, vorrei prima svolgere una premessa - e mi rivolgo alla collega Nicchi - anche se, indubbiamente, non devo certo fare il difensore della collega Pelino, la quale sa difendersi da sé.
Credo che in tutta la discussione svolta in Commissione su questo provvedimento si sia mantenuto un clima veramente costruttivo e serio, volto a cercare la migliore soluzione.
Per questo motivo, a mio avviso, l'emendamento non contiene aspetti polemici o atteggiamenti prevenuti, ma assume una posizione che è stata spiegata come tecnica. La verità, però, è che, se venisse approvato questo emendamento, l'efficacia del provvedimento nel suo complesso, indubbiamente, verrebbe ad essere limitata. La reiezione dell'emendamento - e infatti noi voteremo contro -, non farebbe altro che rafforzare la posizione dei contratti a termine. È vero che questi ultimi, gli istituti di cui alla legge Biagi e quant'altro, sono di per se stessi a termine; però, all'interno di questi termini di scadenza, possono capitare situazioni per ovviare alle quali tutti noi ci siamo impegnati a predisporre questo provvedimento.
Quindi, con il massimo rispetto per la buona fede nella presentazione di questo emendamento, noi voteremo contro. Ribadisco però di non condividere assolutamente l'intervento della collega Nicchi, in quanto, prima firmataria della proposta di legge avrebbe dovuto cogliere l'essenza dell'impegno della Commissione, al di là diPag. 11questo emendamento. Mi riservo in sede di dichiarazione di voto finale di fare altri riferimenti.
Credo peraltro che della situazione creatasi all'interno della Commissione avremo molto bisogno in occasione dei futuri provvedimenti che ne interesseranno la competenza. Pertanto, voteremo contro questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, voglio velocemente chiarire ulteriormente il senso dell'emendamento in esame e far osservare al collega Compagnon che con questa proposta si dà un colpo ben assestato a tutto l'impianto della legge Biagi. Cercherò di spiegare perché e, soprattutto, cercherò di chiarire quanto evidentemente è sfuggito anche ai colleghi della maggioranza.
L'istituto delle dimissioni volontarie, regolato dall'articolo 2118 del codice civile, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato non presuppone, non ammette, non consente e comunque non prevede - meglio usare questo termine - la giustificazione delle dimissioni.
Nel contratto di lavoro a tempo determinato c'è una causa specifica del contratto, c'è un oggetto specifico che è legato anche al compimento del termine. Quindi, nel momento in cui introduciamo una norma che obbliga il datore di lavoro e il lavoratore a rendere le proprie dimissioni su un foglio prestampato e non prevediamo che su questo foglio debba essere obbligatoriamente inserita la causa del recesso anticipato, noi compiamo un abuso dal punto di vista legislativo.
Creiamo problemi di rilevante portata all'interprete che domani dovesse decidere qualè stata la vera ragione che ha legittimato e indotto il lavoratore a rendere anticipatamente le dimissioni da un contratto a tempo determinato. Stiamo perciò attenti a quello che facciamo, perché creiamo un corto circuito normativo e interpretativo che può portare a contenziosi non indifferenti.
Vorrei dunque invitare i colleghi a riflettere su questo argomento e a tenere presente, nel momento in cui votano, la netta differenza che c'è tra un contratto a tempo indeterminato, dove il lavoratore può recedere come e quando vuole (è prevista anche la possibilità di recedere per giusta causa e comunque, se recede senza dare giustificazione, il lavoratore è costretto a pagare il preavviso al datore di lavoro), e un contratto a tempo determinato, dove il vincolo sinallagmatico, la causa, l'oggetto e il termine del contratto sono tutti elementi essenziali del contratto medesimo.
Sotto questo profilo, volevo chiarire ai colleghi la portata dell'emendamento, che, evidentemente, serve per difendere, e non per penalizzare, i lavoratori che svolgono attività a tempo determinato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, prendo la parola in modo molto breve perché il collega Lo Presti ha già anticipato le nostre ragioni. Vorrei però sottolineare, come è stato già fatto, un aspetto anche di contenuto politico.
Non credo sia corretto che il Parlamento affronti il tema della validità o meno degli istituti introdotti con la legge Biagi aggirando il confronto politico in questa Assemblea. Non penso che la maggioranza, e parte della maggioranza in particolare, possa sfuggire a una responsabilità come questa (Applausi del deputato Armani). Se quegli istituti vengono considerati politicamente sbagliati, la maggioranza e il Governo affrontino la discussione e il tema, perché non possiamo continuare ad eludere la questione di fondo attraverso degli espedienti...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MANLIO CONTENTO. ...e nei ragionamenti esposti anche in questa Assemblea - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - si denota ancora una volta l'esistenzaPag. 12di pregiudizi, sia nei confronti di quella riforma sia nei confronti di datori di lavoro che si avvalgono di quegli istituti per competere. Vorrei ricordare ad alcuni colleghi della sinistra, ma mi riferisco anche a quella parte del centro che spero ogni tanto dia segni di vita, che una parte non indifferente di quegli istituti contrattuali fa in modo che il rapporto tra il datore di lavoro ed il collaboratore tenda a trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MANLIO CONTENTO. Attaccare tali istituti significa indebolire naturalmente la nostra economia sotto il profilo competitivo e soprattutto compiere un errore politico che noi di Alleanza Nazionale vogliamo sottolineare anche in questa Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, prendo la parola per associarmi alle considerazioni svolte dai colleghi Lo Presti e Contento e quindi dichiarare il mio voto favorevole sull'emendamento in esame.
Ritengo sia stato sicuramente positivo, per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco - che colpisce tanti lavoratori, in particolare le donne, e soprattutto quelle in maternità -, aver previsto che tali dimissioni debbano essere presentate su moduli predisposti dalle direzioni provinciali del lavoro. Ciò è tuttavia giusto e logico soltanto per i contratti di lavoro tipici: mi sembra eccessivo estendere tale previsione anche ai contratti di lavoro atipici e, soprattutto, ai contratti di associazione in partecipazione. Questi ultimi sono, infatti, contratti particolari, la cui disciplina è recata nel contratto stesso, che ne prevede la durata; inoltre, in caso di scioglimento anticipato senza giusta causa si può instaurare un giudizio. Sicuramente, quindi, per i contratti di associazione in partecipazione non è giusto prevedere l'applicazione della misura che si vuole introdurre.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO PEPE. Vorrei sottoporre un'ultima considerazione alla relatrice con riferimento a profili di coordinamento formale. Ritengo infatti che vi sia un errore nel testo. Si parla di contratti di associazione in partecipazione, quindi l'espressione è al plurale. Pertanto, le parole: «per cui l'associato» andrebbero conseguentemente sostituite con le parole: «per i quali l'associato»; analogamente, le parole: « in cui i suoi redditi» andrebbero sostituite con quelle: «per i quali i suoi redditi». Si tratta di errori di lingua italiana che andrebbero corretti nel testo; inviterei quindi la relatrice, ove l'emendamento non dovesse essere approvato, a proporre almeno, in sede di coordinamento formale, tali correzioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellanova. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, prendo la parola per ribadire che la Commissione lavoro ha svolto in modo unitario un bel dibattito sulla proposta di legge in esame, cogliendo l'essenza della questione che mi pare si stia smarrendo nel dibattito odierno.
Sono per non «sovraccaricare» il valore dei singoli provvedimenti: la proposta di legge in esame non è la modifica della legge Biagi; essa parte semmai da una consapevolezza. Nel nostro Paese, non in modo molto diffuso per fortuna, è presente, dal nord al sud, una pratica negativa, quella di chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori, all'atto della stipula del rapporto di lavoro, una lettera di dimissioni in bianco.
Quella lettera viene poi utilizzata - almeno, a quel che risulta dalle indagini e dalle conoscenze di ciascuno di noi - se un lavoratore o una lavoratrice subiscono un infortunio (magari pesante), se unaPag. 13lavoratrice decide liberamente di fare un figlio, se un lavoratore o una lavoratrice vanno in malattia. O, ancora, se costoro, magari in costanza di un rapporto di collaborazione, un co.co.pro. o un altro rapporto di lavoro atipico, dopo averlo sottoscritto e dopo aver pattuito una certa somma, si oppongono alle richieste di un committente che, anziché richiedere di gestire il lavoro in autonomia, impone di essere presenti in una sede specifica e di produrre per una quantità di ore non corrispondente alla somma pattuita, ma molto superiore.
Queste, collega Lo Presti, sono le ragioni per cui è sbagliato escludere tali tipologie contrattuali dalla proposta di legge al nostro esame. Questa proposta, infatti, mira ad aiutare lavoratori e lavoratrici ad esercitare un diritto e, allo stesso tempo, ad aiutare le imprese che rispettano le regole, che sono la stragrande maggioranza in questo Paese, a non subire una concorrenza sleale. Dunque, aiutare quei lavoratori e quelle imprese significa non escludere i soggetti più deboli; infatti, la pratica delle dimissioni in bianco viene in gran parte esercitata proprio a danno di chi ha tipologie contrattuali a termine. L'invito che rivolgo allora a quest'Assemblea è di non «caricare» questa proposta di un significato che essa non possiede, ma anche di non essere ipocriti nel momento in cui occorre esercitare il nostro diritto di voto: se riteniamo che la pratica delle dimissioni in bianco sia la negazione del diritto del lavoro in questo Paese e sia uno strumento di concorrenza sleale verso le imprese che rispettano le regole, dobbiamo comprendere nell'ambito di questo provvedimento tutte le tipologie contrattuali che nel nostro Paese sono previste (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, nell'intervenire a sostegno di questo emendamento, mi rifaccio in primo luogo alle considerazioni favorevoli alla proposta in esame portate all'attenzione dell'Assemblea dai colleghi che mi hanno preceduto. Ma vi è anche un altro elemento che desidero sottoporre all'Assemblea, di natura tecnica.
Mi pare, collega Burgio, che non si possa parlare di equiparazione tout court dei contratti tipici ed atipici con riferimento al tema delle dimissioni. Propriamente, infatti, è errato perfino adoperare il termine tecnico «dimissioni», poiché non si può parlare di dimissioni con riferimento ad un contratto che presenta un inizio ed una fine e prevede semplicemente una possibilità di recesso, bilaterale o unilaterale. Dunque, il datore di lavoro non può mettersi in tasca una lettera di dimissioni sin dalla stipula del contratto a tempo determinato: è chiaro che qualche causa sopravvenuta di recesso è possibile, ma essa è regolamentata dalla normalità della legge.
Di conseguenza, non credo che il problema posto dalla pratica delle dimissioni in bianco, cui si vuole porre rimedio attraverso questa proposta di legge - perseguendo una finalità che noi condividiamo - possa attagliarsi al caso dei contratti atipici. Lo affermo nella maniera più assoluta. Escluso infatti qualche caso - ad esempio quello della lavoratrice che resti incinta (tralascio peraltro le considerazioni che possono farsi sulla circostanza che sia stato dichiarato o meno al momento della stipula del contratto se un tale stato era già presente o meno) -, vi sono tutta una serie di aspetti che sono «normati» normalmente (si perdoni il bisticcio) e che non penso possano trovare albergo in questo provvedimento.
Sottopongo dunque all'attenzione dell'Assemblea un problema di natura tecnica. Nel contratto atipico non esistono le dimissioni: esiste il recesso, unilaterale o bilaterale, e nient'altro; ed esso è regolato in maniera differente. Ritengo che la foga con cui qualche collega ha espresso il suo supporto a questo emendamento, legato a motivi di natura politica, possa essere tranquillamente superata, e perciò dichiaroPag. 14di non condividere questa parte del provvedimento. Lo ripeto: sto sottoponendo all'Assemblea una riflessione di natura tecnica e che non vuole assolutamente stravolgere l'impianto della proposta, che noi condividiamo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pelino 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 426
Votanti 421
Astenuti 5
Maggioranza 211
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 308).
Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Prendo altresì atto che la deputata Bandoli ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario e che la deputata Ravetto ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, come può constatare, si è verificato un errore dovuto al fatto che il sottoscritto, non essendo presente al banco del Comitato dei nove (Commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani), non ha potuto dare la corretta indicazione di voto sull'emendamento Pelino 1.22. Ciò ha portato, erroneamente, parte del gruppo di Alleanza Nazionale a votare contro un emendamento che avevamo, evidentemente, sottoscritto. Si è così verificato un errore nella posizione del nostro partito dovuto proprio all'impossibilità mia di prendere posto al banco del Comitato dei nove (Applausi polemici dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. La Presidenza non risponde di queste «asimmetrie informative».
CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, perché ciò che è accaduto non costituisce un fatto banale. Il Comitato dei nove è nato per dare rappresentanza ai gruppi, in particolare ai gruppi maggiormente rappresentativi (una volta erano nove, poi si sono moltiplicati), e per consentire un rapporto dialettico e più ordinato tra chi ha seguito più direttamente il provvedimento, i gruppi parlamentari ed i singoli parlamentari.
CARMEN MOTTA. Non è un problema nostro!
CARLO GIOVANARDI. Comprendo che la moltiplicazione dei gruppi e la delibera dell'Ufficio di Presidenza dell'inizio di questa legislatura, avendo «moltiplicato» a dismisura il numero dei gruppi, hanno creato difficoltà di insediamento nel Comitato dei nove ai rappresentanti dei vari gruppi parlamentari. Bisognerà, però, che l'Ufficio di Presidenza o la Giunta per il Regolamento si pongano il problema di chi va a rappresentare, sia nella maggioranza sia nell'opposizione, i gruppi maggiormente rappresentativi, altrimenti la funzione, anche visibile, del Comitato dei nove viene totalmente svuotata.
In tal modo, si possono avere casualmente uno, due o tre rappresentanti di un gruppo al banco del Comitato dei nove e nessun rappresentante di un altro gruppo della maggioranza o dell'opposizione. È una situazione assolutamente disordinata, che può poi causare incidenti niente affattoPag. 15banali, quando su emendamenti importanti viene sviata l'attenzione ed anche il voto dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, all'inizio della discussione su questo punto, la Presidenza si era permessa di invitare ad una diversa composizione del banco del Comitato dei nove, al quale effettivamente siedono, legittimamente, due rappresentanti dello stesso gruppo. Sarebbe bastato un accordo su questo aspetto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.23, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì 440).
Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 1.24 purchè riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Chiedo all'onorevole Nicchi se accetti la riformulazione proposta.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, accetto la riformulazione.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.24, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato sì 447).
Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.25, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì 441).
Prendo atto che i deputati Di Gioia e Compagnon hanno segnalato di non essere riusciti a votare.
Avverto che, consistendo la proposta di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso, ma si passerà direttamente alla votazione finale.