Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,16).
(Iniziative per la liberazione di Padre Bossi - n. 2-00641)
PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00641, concernente iniziative per la liberazione di Padre Bossi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, Viceministro Danieli, la mia è un'interpellanza sostanzialmente di servizio perché le critiche che hanno investito il Governo - vedremo in base alla sua risposta se siano state ingenerose o meno - sono nel metodo del tutto improponibili.
È stata addirittura messa in discussione la libertà religiosa del nostro Paese che nulla a che vedere con quella che è l'iniziativa governativa, con l'impegno del Governo, ma che è stata utilizzata strumentalmente per fare polemica politica.
Pensavamo che quanto avvenuto quando abbiamo presentato la nostra interpellanza - il 3 luglio - fosse di per sé già grave. Quello che leggiamo oggi nella nostra rassegna stampa, in particolare, quanto riportato su Famiglia Cristiana è un qualcosa che merita una risposta chiara e diretta da parte del Governo.
Signor Viceministro, desidero leggerle alcuni passaggi dell'articolo il cui titolo è: «Ma anche Padre Bossi è cittadino d'Italia». Riporta Famiglia Cristiana: «Il silenzio totale sulla sorte di Padre Bossi, in quest'Italia che si è appassionata ad altri sequestri a diverse latitudini. Non c'è stata alcuna riunione del Governo per padre Giancarlo, non c'è stato un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che ha convocato un vertice segreto. Il sottosegretario si chiama Enrico Letta, nipote di un altro ex sottosegretario, Gianni, che si era dannatoPag. 64per i ragazzi che vendevano servizi in armi rapiti nell'Iraq del dopo Saddam Hussein, per le due Simone, per Giuliana Sgrena, giornalista de Il Manifesto liberata dal capo dei nostri 007, Nicola Calipari, poi ammazzato dagli americani sulla via verso l'aeroporto di Baghdad.
«Non si è mossa la Croce rossa, invece si sono mosse polemiche ed allora il Governo ha deciso di accogliere la disponibilità dell'ex sottosegretario per gli affari esteri, Margherita Boniver, a recarsi nelle Filippine, come fosse un'azione di volontariato. Perché mobilitare servizi segreti e spendere denaro per ottenere la liberazione? Perché cercare di capire che cosa sta accadendo in una provincia lontana, persa nel mar della Cina? Tipo tosto, padre Giancarlo, aiutava la gente con il Vangelo sotto braccio. Troppo per l'entusiasmo di D'Alema, che in occasione del sequestro di Daniele Mastrogiacomo ha messo in pista il miglior mediatore sulla piazza afghana»?
Tutto ciò leggiamo oggi su Famiglia Cristiana. Credo, quindi, che il Governo debba rispondere a due domande: la prima è quella che abbiamo già formulato nell'interpellanza, ovverosia quali iniziative intende adottare, o ha adottato, per la liberazione di padre Bossi. La seconda come intende reagire a queste accuse, se le ritiene infamanti.
PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Franco Danieli, ha facoltà di rispondere.
FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Turco per l'opportunità offerta con questa, da lui definita, «interpellanza di servizio». Risponderò, pertanto, in maniera puntuale.
Padre Giancarlo Bossi, del Pontificio istituto missioni estere, è stato rapito a Zamboanga City, domenica 10 giugno, mentre si recava a celebrare messa in un vicino villaggio. Non si tratta purtroppo del primo missionario italiano rapito a Mindanao: negli ultimi dieci anni la stessa sorte è toccata a padre Benedetti, rapito per tre mesi - sottolineo tre mesi - nel 1998, e a padre Pierantoni rapito per sei mesi - sottolineo sei mesi - nel 2001.
La zona in cui è stato rapito il sacerdote è considerata da anni ad alto rischio ed è fortemente sconsigliata dalla Farnesina, anche sulla base delle verifiche effettuate in loco dall'unità di crisi, ma è evidente che i missionari del PIME non potevano fare diversamente, ed hanno sempre scelto di far prevalere lo spirito di servizio - così come altre categorie di cittadini italiani che sono all'estero quali ad esempio i giornalisti - e non hanno mai abbandonato l'area, come ha fatto padre Bossi, continuando ad esercitare la sua missione.
Come il Governo ha avuto modo di segnalare già nell'informativa urgente dello scorso 13 giugno - voglio sottolineare lo scorso 13 giugno - in questa aula tramite il sottoscritto, a distanza di tre giorni dal rapimento, la Farnesina ha mantenuto fin dai primissimi momenti del sequestro contatti regolari con le autorità dello Stato della Città del Vaticano, e direttamente anche con il PIME, per assicurare piena collaborazione ed assistenza per la soluzione della vicenda.
Tanto l'unità di crisi a Roma quanto la nostra ambasciata a Manila, che è in contatto con il Nunzio apostolico in loco, monsignor Filoni, che anch'io ho personalmente sentito, si sono adoperate da allora per mantenere un costante flusso di informazione nei due sensi, tenendo la famiglia di padre Bossi costantemente informata su tutti gli sviluppi.
Rinvio per ragioni di brevità, soprattutto per quanto concerne l'analisi socio-politica, alla mia risposta del 13 giugno.
Sul piano diplomatico contiamo sulla fattiva collaborazione delle autorità filippine a cui abbiamo chiesto fin dal primo momento di adottare tutte le possibili iniziative per la soluzione pacifica del caso, evitando azioni che potessero compromettere l'incolumità dell'ostaggio. La nostra priorità in tutti i casi di sequestro di concittadini è tutelare l'incolumità degli ostaggi, come peraltro ribadito in un ordinePag. 65del giorno, presentato nell'aula del Senato pochi giorni fa ed accolto dal Governo italiano.
Il Governo filippino ha confermato il massimo impegno ed ha informato la nostra ambasciata sugli sviluppi del caso e sulle iniziative che vengono promosse, a livello sia centrale, sia di autorità locale, per identificare i responsabili ed eventualmente conoscere le rivendicazioni per la liberazione di padre Bossi. Il nostro ambasciatore a Manila si è recato a Mindanao per verificare direttamente la situazione con le autorità in loco e per assicurare che vengano attuate tutte le possibili iniziative per una soluzione pacifica del caso.
Nonostante quanto riferito da alcuni organi di stampa, al momento non si conosce la matrice del sequestro né sono pervenute alle autorità filippine, al PIME o all'Italia rivendicazioni o richieste di riscatto. Sono comunque attentamente vagliate e verificate tutte le informazioni che pervengono da diverse fonti.
Continuiamo, quindi, a non escludere nessuna pista, né la matrice criminale-estorsiva, né quella fondamentalista al-quaedista, che potrebbe essere ricondotta al gruppo estremista Abu Sayaf, né la possibilità di un passaggio di mano dell'ostaggio tra i gruppi attivi nell'isola. Con la discrezione e la riservatezza necessarie a non compromettere gli sforzi attualmente in corso, il Governo continua con determinazione a lavorare in stretto coordinamento con il PIME, le autorità filippine per la liberazione di padre Bossi. Questo è un atteggiamento doveroso, analogo a quello che il Governo ha tenuto, tiene e terrà in ogni caso analogo, senza fare distinzioni tra persone, ruoli e luoghi e sempre privilegiando l'obiettivo prioritario, che è quello di salvare una vita umana.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,45)
FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Anche ieri il Vicepresidente del consiglio e Ministro degli esteri Massimo D'Alema ha presieduto alla Farnesina un'ulteriore riunione operativa, a cui hanno preso parte, tra gli altri, il padre superiore del PIME, padre Giambattista Zanchi, il segretario generale del PIME, padre Giuliano Mariani, per fare il punto sulla vicenda e concordare ulteriori iniziative.
Il Governo, inoltre, ha accolto con apprezzamento, in ragione dei consolidati rapporti maturati negli anni passati, in qualche caso anche di amicizia personale, la disponibilità dell'onorevole Boniver a recarsi nelle Filippine per contatti con le autorità locali.
La missione dell'onorevole Boniver, accompagnata da funzionari dell'unità di crisi e dell'ambasciata a Manila, è attualmente in corso e auspichiamo che nell'ambito delle iniziative promosse dal Governo per la liberazione di padre Bossi possa contribuire anch'essa ad aprire la strada per una soluzione rapida e positiva della vicenda.
PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di replicare.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, a mio avviso l'informazione fornita è completa, ma lo era già il 13 giugno. Evidentemente qualcosa in questo Paese, signor Viceministro, non funziona: innanzitutto non funziona l'informazione pubblica.
Penso che sia intollerabile assistere con passività e rassegnazione a quanto accade abitualmente e quotidianamente in questo Paese per quello che riguarda il diritto dei cittadini ad essere informati, che arriva addirittura all'assurdo di colpire il Governo del Paese.
Ho provato tristezza nel leggere il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri con cui chiedeva aiuto ai mezzi di informazione, soprattutto a non strumentalizzare - e direi quasi criminalizzare - l'opera del Governo, che lei, attraverso le sue parole in quest'aula, aveva reso pubblica il 13 giugno. Noi invece - ho appena letto un editoriale di questa mattina - ci troviamo ancora inPag. 66una campagna, che non può che far male, innanzitutto, a padre Bossi.
Mi auguro che l'informazione pubblica di questo Paese rinunci magari alla centesima puntata sul delitto di Cogne e informi i cittadini su ciò che il Governo sta facendo e sulla vicenda di padre Bossi.