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Si riprende la discussione (ore 13,10).
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2852-A)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2852-A.
Mi permetto di ricordare che i nostri lavori non potranno andare oltre il termine delle 14,30 atteso che alle 15 è previsto lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
Mi permetto, altresì, di ricordare che sono ancora iscritti a parlare undici onorevoli.
È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo vuole portare, ancorché brevemente, un contributo alla discussione sulle linee generali del decreto-legge riguardante disposizioni urgenti in materia finanziaria. Lo facciamo da socialisti e democristiani del gruppo DCA-NPSI ovviamente con una forte contestazione a questo Governo che si è messo inPag. 49mano o forse è meglio dire che è stato «ricattato» dall'ala massimalista e comunista.
Solo in Italia non si cresce ma si arretra e siamo diventati la cenerentola dei Paesi più industrializzati. Siamo mal governati e non lo diciamo solo noi (lo sapevamo, lo abbiamo già detto anche in campagna elettorale l'anno scorso), ma lo dicono esponenti dello stesso Governo come il Ministro Emma Bonino, che vi accusa di ascoltare troppo l'ala massimalista e sindacalista e non quella riformista o pseudo-tale.
Apprezziamo il coraggio che ha avuto il Ministro Bonino, ma contestiamo alla stessa il fatto che comunque rimane Ministro di questa Repubblica: se se ne fosse andata definitivamente, avrebbe avuto sicuramente il nostro plauso.
Lo afferma anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che in un'audizione al Parlamento sul DPEF ha confermato senza mezzi termini che il famoso «tesoretto» non esiste, è una panzana, era lo specchietto per le allodole per i nostri ministri, perché più calava il consenso all'Esecutivo, più essi promettevano denaro a pioggia per disperazione e affanno. Non si sono comportati diversamente da qualcuno che sta per annegare: annaspa, sbraccia senza senso, a destra o a manca, in questo caso più a «manca con un ammanco» che non a destra in senso riformista.
È ormai ampiamente dimostrato che il Governo dice bugie al Paese, perché il Governatore della Banca d'Italia con grande chiarezza ha smentito il Governo e il Presidente del Consiglio, accusandolo di dire una colossale bugia agli italiani.
Ogni volta che si è tentato di capire a quanto potesse ammontare la redistribuzione di quel «tesoretto che non c'è» (parafrasando la famosa «isola che non c'è») ci siamo trovati di fronte al festival dei numeri.
Si andava dalla Babele di 26 miliardi di euro ai 10 miliardi che, nell'aprile scorso, il Ministro comunista Ferrero aveva annunciato, ai 5 miliardi del Ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa, il rigoroso e sorridente Ministro, poi subito smentito da quel diavolo di Romano Prodi, che, come nel film Totò, Peppino e la... Malafemmina, nel dialogo fra Totò e De Filippo, con quelle virgole, due punti, punto e virgola, ha detto che il tesoretto era di 6 miliardi!
Questo «tesoretto» è stato rapidamente trasformato dai nostri padroni, che sono i sindacalisti, Epifani in testa, e dalla sinistra massimalista in un omnibus di finanza pubblica, ove entrano, con la complicità dei Presidenti di Camera e Senato, anche altre misure, che nulla hanno a che vedere con l'oggetto del decreto-legge. Lo fanno perché, chiedendo la fiducia, come tutti sappiamo, alla Camera, ma soprattutto al Senato, riescono a passare meno volte sotto la gogna e la mannaia del Senato, dove sanno perfettamente che da un momento all'altro questo Governo sarà costretto a cadere.
È in questo modo che i «cattivi» del Governo inseriscono nuovi emendamenti che, in realtà, non servono affatto alla redistribuzione, ma aumentano il prelievo per gli ignari cittadini, le imprese, l'Italia che produce e che boccheggia.
Anche il Presidente della Corte dei conti afferma che siamo in mano ad un Governo massimalista e comunista, forse unico caso al mondo. Sto parlando di Lazzaro, Presidente della Corte dei conti, per il quale altro che «tesoretto» da redistribuire alle persone più disagiate!
Nonostante la falcidie di tasse prevista dalla vecchia finanziaria e nonostante le nuove tasse previste nel nuovo Documento di programmazione economico-finanziaria, per il Presidente della Corte del conti viene sottostimata la spesa pubblica, che è di circa 21 miliardi di euro, cui vanno sommati i discostamenti di maggior deficit previsti dal Governo nel 2008-2009 rispetto ai tetti di rientro precontrattati con la Commissione europea, che nel 2006 erano stati più che rispettati, lasciando il deficit di competenza al 2,4 per cento del PIL, al netto delle partite patrimoniali straordinarie che il Governo attuale ha aggiunto.Pag. 50
Il conto, che già oggi si può fare della spesa pubblica, ammonta a circa 50 miliardi di euro, tutti ancora da finanziare. Quel 2,4 per cento che abbiamo rispettato nel 2006, lo dobbiamo a quei tetti precontrattati che l'allora Governo Berlusconi, con il Ministro Tremonti, aveva effettivamente azzeccato. Il dato del 2,4 per cento è la dimostrazione del risanamento della finanza pubblica.
Infine, tra i tanti - lo dicono tutti che questo Governo non va -, anche Almunia, il 10 luglio 2007, ossia qualche giorno fa, ha detto che gli sforzi correttivi dell'Italia per ridurre il disavanzo e il taglio del deficit prefigurato nel 2008 non sono all'altezza degli obiettivi.
Il testo di quella che è diventata a tutti gli effetti la finanziaria d'estate è stato licenziato dalla Commissione in una versione che comprende le norme di spesa relative alla destinazione del «tesoretto» a favore delle pensioni più basse e dei giovani, la deducibilità dei costi delle auto aziendali, l'estensione dei tagli al cuneo fiscale per banche e assicurazioni, l'ammortamento dei terreni e la rimodulazione degli studi di settore e l'emendamento del Governo all'articolo 15 sul cuneo fiscale diretto ad allargare a banche e assicurazioni gli sconti IRAP sul costo del lavoro, per scongiurare i richiami di Bruxelles senza compromettere gli obiettivi di deficit. È stata congegnata una sorta di partita di giro, restringendo per i beneficiari della misura la percentuale di deducibilità degli interessi passivi.
Anche grazie alla conversione in legge del decreto-legge n. 81 del 2007, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, per il Governo Prodi e i suoi ministri la fiducia del Paese è in calo: oggi ha toccato il punto più basso, 35 per cento di fiducia contro il 63 di sfiducia e solo il 2 per cento degli italiani è senza opinione. Che vergogna!
Nel 2007 vogliono continuare ad attuare un programma dell'Unione di medievale memoria, che continuerà sicuramente a far annaspare l'Italia e gli italiani, a non risolvere i problemi del Paese e ci porterà ancora di più in un baratro senza fine.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUCIO BARANI. Per concludere, signor Presidente, non è possibile continuare ad essere ricattati dalla sinistra e dal programma dell'Unione che vogliono attuare, che è superato e che tutti ci dicono di non dovere e potere applicare.
Questa sinistra massimalista e sindacalista sta compromettendo le fondamenta del nostro Stato di diritto, le fondamenta della nostra economia e della fiducia degli imprenditori nostrani, ma anche stranieri, a continuare ad investire in Italia.
È per questo che diciamo «no» e lo diciamo forte; speriamo e ci auguriamo che prevalga la parte riformatrice nella maggioranza. La maggioranza della maggioranza non è d'accordo su questa finanziaria d'estate e ci auguriamo che, nell'interesse del Paese, esca dal Governo e si ritorni al supremo giudice, ossia la sovranità popolare, che ci ridia finalmente un Governo all'altezza della situazione e dell'Europa.
PRESIDENTE. Faccio una comunicazione di carattere informale, ma penso essenziale per l'economia dei nostri lavori di oggi e domani. La tempistica di questa discussione influisce anche - credo nell'interesse generale - sull'agenda di domani. Vi sono ancora dieci interventi: al di là e a prescindere dai tempi assegnati, credo sarebbe nel comune interesse, per le ragioni che ho detto sopra, che tali interventi fossero molto sintetici.
È iscritto a parlare l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, cercherò di accogliere la sua richiesta rispetto al tempo preventivato. Penso che parlerò circa dieci minuti, non di più.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Anche di meno...
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OSVALDO NAPOLI. Devo rispondere anche a te, a quello che hai affermato in aula nella tua relazione!
Quanto sta accadendo tra Governo ed enti locali mi costringe ad esprimere a tutti voi il fortissimo disappunto, che vado ed andiamo maturando ormai da tempo, che va oltre la normale fisiologica dialettica che anima il rapporto fra la maggioranza e l'opposizione, e direi, in modo particolare, tra maggioranza e Governo e tra minoranza e Governo.
Per chi, come me, vive direttamente, con profonda partecipazione, le questioni che toccano la vita delle amministrazioni locali, è un momento di rabbia e di sconcerto.
Mi chiedo se sia possibile che il Governo non riesca più ad essere percepito come una presenza affidabile e che esso sia invece percepito solo come chi toglie agli italiani il frutto dei propri sacrifici, come l'invasore. Il malcontento, cari colleghi, investe tutte le istituzioni: ne deriva una disaffezione rabbiosa, che va fermata con una politica nuova di attenzione ai problemi e di capacità di decidere ed offrire opportunità. Gli amministratori ed io, al di là del colore politico, siamo arrabbiati - anzi, sconcertati: anzi, ancor di più, preoccupati - per la superficialità, l'incoscienza e l'inettitudine di chi oggi governa questo Paese. Sono preoccupato per il futuro delle istituzioni e soprattutto per la disaffezione ed il malessere che monta sempre più nelle periferie, nei territori, in chi amministra con fatica le realtà locali.
Non è più accettabile che il Governo ed in particolare il Ministro dell'economia e delle finanze siano il nemico dei comuni. Una finanziaria sbagliata, io dico scellerata, ha costretto i comuni con saldo finanziario positivo - lo ripeto: con saldo finanziario positivo - ad aumentare le entrate imponendo nuove tasse ai cittadini. La finanziaria ha infatti operato tagli agli enti locali per 2 miliardi e 600 milioni di euro: tagli che il Governo ha compensato concedendo ai comuni la possibilità di applicare l'addizionale IRPEF fino allo 0,8 per mille. Il significato di questa concessione è chiaro: io ti tolgo i soldi, tu aumenti le tasse. Il Governo Berlusconi, invece, aveva bloccato l'aumento delle addizionali IRPEF. Allo stesso tempo, il Governo non ha consentito ai comuni di utilizzare le risorse finanziarie aggiuntive a causa di una regola sterile, formale ed ottusa, che impedisce di adoperare proficuamente queste risorse finanziarie per lo sviluppo dei territori.
Signor sottosegretario, collega Di Gioia, vi rivolgo una domanda: per quale ragione lo Stato può utilizzare il suo extragettito e i comuni non possono farlo? Gli avanzi di amministrazione sono soldi risparmiati dagli enti locali, dalla gente che vi vive, dai comuni e dalle province: e i consigli comunali e provinciali, con l'approvazione dell'assestamento di bilancio 2006, che ha avuto luogo alla fine di giugno, hanno potuto constatare gli avanzi di amministrazione che avrebbero dovuto essere riportati sul loro territorio; invece, si impedisce loro di farlo. È interessante sottolineare, in proposito, che il 70 per cento degli investimenti in Italia sono svolti dalle amministrazioni locali periferiche. Vi faccio soltanto quattro esempi: il comune di Roma ha subito un taglio di 180 milioni di euro; il comune di Milano uno di 154 milioni di euro; la provincia di Torino uno di 14 milioni di euro; il mio comune, di 16 mila abitanti, ha subito un taglio di un 1.200.000 euro.
Alle proposte di soluzioni praticabili, provenute anche dall'ANCI, e cioè utilizzare l'avanzo per estinguere i debiti o per fare investimenti, il Governo, signor sottosegretario, non ha dato alcuna risposta, come se le richieste dei comuni fossero infondate e pretestuose. L'unica risposta - è questo che voglio dire al collega Di Gioia e all'onorevole Ossorio - è stata l'elemosina: in un primo tempo, infatti, il Governo aveva proposto di concedere il 7 per cento di 5 miliardi e 900 milioni; oggi ci si dice che, con grande sforzo, si riesce a concedere alcuni spiccioli in più. Siamo al mercato delle vacche: il 7 per cento dei 5 miliardi e 900 milioni era pari a 220 milioni; ebbene, oggi, con questo grande sforzo, si è giunti a 350 milioni (sia per lePag. 52province sia per i comuni), sul totale di 5 miliardi e 900 milioni. È questo il grande sforzo, collega Di Gioia?
Sottosegretario, lei che è profondamente attento alle realtà locali, sappia che i comuni e le province usciranno dal patto di stabilità e pagheranno la penale: una penale che farà sì che l'imposizione fiscale sia ancora aumentata a livello locale e per la quale il Governo dovrà assumersi pienamente la responsabilità. I comuni, infatti, contrariamente a quel che si dice, tagliano le aliquote ICI, con la conseguenza di una riduzione della pressione fiscale degli enti locali per il 2007. Fra il 2006 e il 2007, l'ICI per la prima casa è calata mediamente dell'1,56 per cento, a fronte di un aumento dell'aliquota ordinaria pari allo 0,78, mentre il 64 per cento dei comuni, con più del 65 per cento, non ha modificato l'addizionale IRPEF.
Direi che vi sono due persone che possono godere con riferimento alla proposta di federalismo fiscale: il presidente della provincia di Roma ed il sindaco di Roma, Veltroni, che dicono di essere contenti sul federalismo, perché a tali enti locali arrivano fondi consistenti. Mi chiedo se il sindaco Veltroni voglia fare il leader nazionale o locale: i fondi arrivano a Roma, ma vengono tolti tutti i fondi agli altri 8.100 comuni, questa è la differenziazione! Mi auguro che egli voglia fare il leader nazionale, senza chiudersi nel livello locale. Da quanto riportato dai giornali, mi sembra emerga un sistema finanziario pessimo nei confronti degli enti locali.
Permettetemi un altro appunto: il vero federalismo, signor sottosegretario, avviene quando si trasferiscono le competenze dal centro alla periferia. Ma, assieme al trasferimento di competenze, si deve trasferire anche la copertura finanziaria. Intendo fare soltanto un esempio sull'immigrazione (e di quella legale e giusta ne abbiamo bisogno, ci mancherebbe). Quando si trasferiscono all'ente locale le competenze sull'immigrazione, mi domando in base a quale programmazione ciò avvenga: chi paga gli asili nido, le scuole materne, i buoni scuola, i buoni mensa, i buoni libri, i buoni trasporti e le case popolari, se si apre un flusso di immigrazione senza concordarlo con gli enti locali? Questo è il vero federalismo, ed è scandaloso che il Governo, prima di redigere il DPEF, non abbia ritenuto minimamente di contattare gli enti locali.
Per quanto riguarda l'ICI - e mi avvio a concludere, sebbene avrei ancora da dire -, non vi sono dubbi che essa rappresenta la tassazione più iniqua esistente in Italia: quando il presidente Berlusconi ha avanzato, nella campagna elettorale precedente, la sua proposta, allora sembrava essere deriso, salvo, oggi, correre tutti dietro a tale proposta e sostenere che essa è necessaria. L'ICI sulla prima casa ammonta a 2.700 milioni di euro. Con il provvedimento al nostro esame, che non ha la copertura finanziaria in Parlamento, vengono tolti ai comuni 2 miliardi, su 2,7 miliardi, di euro. Ho letto attentamente cosa scrive la maggioranza in merito al problema dell'ICI: voi parlate del sesso degli angeli, ma non dite, ancora oggi, come quei 2 miliardi verranno coperti agli enti locali in termini di maggiore introito dei trasferimenti. Gli enti locali, se non date garanzie di tali trasferimenti di copertura, dovranno nuovamente aumentare la tassazione. Sono, anzi siamo arrabbiati, al di là del colore politico - sindaci e amministratori locali -, perché ci state prendendo in giro, costringendo i poveri sindaci e i poveri assessori che amministrano gli enti locali in maniera ottimale - molto meglio rispetto al Governo centrale - a continuare ad aumentare le tasse.
Non vogliamo più aumentare le tasse: il Governo si assuma la responsabilità di ciò ed abbia il coraggio di dirlo al Paese.
Mi auguro - e concludo - che il presidente Prodi abbia un sussulto di dignità. In modo particolare, mi auguro che il Ministro Padoa Schioppa e il sottosegretario Sartor vadano a fare non dico i consiglieri comunali - sarebbe troppo riduttivo per loro -, ma, almeno, gli assessori al comune di Moncenisio con 45 abitanti. Capirebbero di più le esigenze e le richieste della gente e credo che ciò costituirebbe una piccola scuola che adPag. 53entrambi servirebbe (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei dire al collega Osvaldo Napoli che, quanto al caso della provincia di Roma e della provincia di Milano, esse andrebbero abolite: dal momento che sono previste le città metropolitane, potremmo trasferire a queste ultime le competenze delle due province (questa potrebbe essere una delle molte riforme che andrebbero realizzate). Ma, al di là di ciò, il collega Crosetto ha parlato di «avvelenamento dei pozzi». Credo che il collega Crosetto abbia voluto attribuire una capacità strategica a questa slabbrata maggioranza. Più che avvelenamento dei pozzi, credo che la maggioranza attuale, con il decreto-legge n. 81 del 2007 al nostro esame, abbia seguito la linea del presidente Andreotti: meglio tirare a campare, che tirare le cuoia.
Infatti, il Governatore della Banca d'Italia, nella sua pregevole relazione, ci ha ricordato un fatto importante: l'esperienza che si è formata fin dai primi anni dell'attuale decennio suggerisce di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo economico per operare una decisa riduzione del disavanzo, mentre il rischio è dover correggere in futuro, in condizioni cicliche forse più difficili, le scelte di oggi. Ebbene, si tratta, in termini di tecnica economica, della favola di La Fontaine La cicala e la formica. Ricorderete che La Fontaine raccontava che la cicala cantava durante l'estate, poi quando giungeva il freddo si trovava in difficoltà. L'estate rappresenta il ciclo economico positivo, il freddo quello negativo. Ebbene, il cosiddetto «tesoretto», di cui il Governatore della Banca d'Italia ha giustamente sostenuto l'inesistenza, perché un Paese che presenta un disavanzo ancora vicino al 3 per cento annuale e un debito pubblico in rapporto al PIL superiore al 100 per cento - il 105 o 106 - non può evidentemente permettersi di utilizzare per l'aumento della spesa corrente un'eventuale extra-gettito, che fra l'altro - in questa sede è presente il vicepresidente Tremonti, Ministro dell'economia al tempo a cui mi riferisco - è dovuto al modo in cui fu confezionata la legge finanziaria del 2006 e in cui furono realizzati i condoni, compreso il noto e tanto vituperato condono fiscale, perché evidentemente nella prima fase sono serviti a finanziare, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, un periodo difficile di finanza pubblica in un contesto economico negativo; successivamente, quando la congiuntura, ossia l'estate della cicala, è migliorata, i condoni hanno evidentemente consolidato un aumento della base imponibile. Inoltre, è stata adottata la famosa legge finanziaria del Ministro Padoa Schioppa dello scorso dicembre, che in parte, comunque, ha realizzato la base per l'attuale extra-gettito.
Vi è un punto su cui abbiamo discusso, come ricorderà l'autorevole relatore, al quale riconosco la pazienza e la capacità con cui ha gestito un disegno di legge finanziaria che certamente non condivideva totalmente, poiché ha presentato molte proposte emendative. Il relatore ricorderà - appunto - che in Commissione abbiamo discusso proprio su due emendamenti presentati all'articolo 1, che prevedevano l'intero trasferimento delle disponibilità, che il Governatore della Banca d'Italia quantifica non in 4.131 milioni di euro, ma, come si evince dalla relazione del medesimo Governatore, in 5,6 miliardi per il 2007 e in 1,6 miliardi l'anno, nel 2008 e nel 2009, a regime. In realtà, si tratta di una legge finanziaria che avrebbe potuto consentire, per esempio, sulla base del rapporto debito-PIL riferito dal DPEF per il 2007, quantificato nel 105,1 per cento, l'abbattimento o la riduzione al 104,8 o al 104,9. In realtà, avremmo potuto sottoporre tale questione alla riunione dell'Ecofin, allo stesso organismo in cui si è precipitato il Presidente della repubblica francese Sarkozy, caso unico perché normalmente i Capi di Stato, come conferma l'ex ministro Tremonti, non partecipano alle riunioni dell'Ecofin, poiché tale organismo è composto dai Ministri finanziari.Pag. 54Sarkozy si è affrettato a partecipare a tale riunione e ha detto: amici miei, amici dell'Europa, trasferirò la riduzione del disavanzo e il pareggio del bilancio al 2010 e, forse, al 2012 e farò lo stesso per il rapporto tra debito e PIL, ma a fronte di ciò offrirò una serie di riforme strutturali, per esempio, la detassazione integrale delle ore di lavoro straordinario, la riduzione della pressione fiscale ed altro.
Mentre il Presidente Sarkozy presentava all'Ecofin questo tipo di proposte che naturalmente l'Europa accettava perché, a fronte di un rinvio dell'appuntamento del pareggio o della riduzione del rapporto tra debito e PIL, la Francia offriva riforme strutturali. Noi andavamo in tale sede utilizzando, fra l'altro, la battaglia condotta a suo tempo dal Ministro Tremonti per l'allentamento del Patto di stabilità per aumentare la spesa corrente, tanto è vero che, per l'appunto, vi sono distribuzioni a pioggia - a parte l'intervento sulle pensioni - a questo o a quel settore.
Se invece avessimo seguito una linea rigorosa avremmo non soltanto ottenuto certamente maggiore considerazione da parte dell'Unione europea, ma soprattutto avremmo scongiurato un pericolo molto alto, ossia che, a fronte del continuo e perdurante debito pubblico italiano - in cifre assolute, ahimé, in aumento - e quindi del perdurante rapporto al di sopra del 100 per cento tra debito e PIL, l'Unione europea, sulla base delle indicazioni del commissario europeo Almunia e, tutto sommato, anche la Banca centrale europea, finissero per scaricare sulle spalle dell'Italia sia la responsabilità dei futuri aumenti dei tassi da parte della Banca centrale europea, sia il fatto che, a fronte di tale debito pubblico, il rapporto di cambio euro-dollaro divenisse molto sfavorevole alle nostre esportazioni e a quelle europee. Naturalmente l'euro è sopravvalutato rispetto al dollaro, dato anche l'andamento medio della congiuntura dell'economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti, ma trasferire sulle nostre spalle la responsabilità di tale rapporto di cambio sfavorevole alle esportazioni europee significa affermare che la colpa è dell'Italia se le esportazioni nell'area del dollaro sono penalizzate.
Quindi, si faccia attenzione alla cicala che non pensa al futuro. Ciò non solo, come alcuni commentatori hanno detto, ci potrebbe portare fuori dall'euro, ma bisogna anche vedere cosa succederà nel momento in cui AirFrance comprerà, a prezzi di affezione, l'Alitalia. Naturalmente la compagnia aerea francese dovrà fare pulizia - come tutti si aspettano - all'interno della struttura della nostra compagnia di bandiera, che fa acqua ormai dall'epoca - mi riferisco agli anni Ottanta - in cui l'allora presidente dell'IRI, Prodi, fece fuori i vertici dell'Alitalia e si dedicò a cambiarli, di volta in volta, secondo le amicizie, determinando fenomeni di leadership nella compagnia stessa che hanno portato, poi, alle perdite successive, continue e crescenti che oggi registriamo. Il problema non è tanto l'uscita dall'area dell'euro, perché certamente la Francia avrà interesse a prendersi a prezzi di affezione la nostra compagnia di bandiera. Altre cose si possono vendere, come, nei secoli scorsi, i principi italiani vendevano le loro indipendenze alla Spagna o alla Francia (Franza o Spagna purché se magna!).
Naturalmente, a questo punto, il problema è che potremmo uscire dal G8, il che sarebbe estremamente grave, nel momento in cui l'Italia ha condotto, a suo tempo, una battaglia per avere un seggio semi-permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU e per avere una presenza maggiore nelle organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, e nel momento in cui l'Italia si impegna, tra l'altro con i costi che conosciamo, in varie operazioni di peacekeeping. Il fatto di essere cacciati dal G8 - o dal G7, considerato che oggi i rapporti con la Russia sono tutt'altro che idilliaci - rischierebbe veramente di dare un colpo molto pesante alla credibilità del nostro Paese.
In realtà, la cicala certamente oggi può raccogliere qualche apparente risultato,Pag. 55nel senso di «tirare a campare», ma la prospettiva futura potrebbe essere volto più nera.
PRESIDENTE. Onorevole Armani, la prego di concludere.
PIETRO ARMANI. Concludo, Presidente. Quindi, il decreto-legge in esame, che ritengo sia una anticipazione della legge finanziaria per il 2008, non rispecchia le indicazioni strutturali e strategiche del DPEF, come del resto è avvenuto nell'anno precedente (il DPEF dello scorso anno, infatti, è stato completamente abbandonato dalla legge finanziaria successiva). Evidentemente, il decreto-legge n. 81 del 2207 non fa altro che aumentare la spesa pubblica e - come è stato detto dai colleghi - preparare ulteriori incrementi della pressione fiscale per poter coprire i «buchi» successivi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. «Lei come spenderebbe il tesoretto?» «Quando lo spenderei, mi chiedo. Io dico che dobbiamo aspettare settembre e la stesura della Finanziaria. Oggi non disponiamo di tutti gli elementi. Non sappiamo, per esempio, quanto corra la spesa, né conosciamo l'impatto dell'ennesima riforma pensionistica. Faccio notare infine che non si può decidere l'impiego dell'extragettito con un decreto di fine estate (...) Qui nessuno pensa che non si debba spendere. Il problema è la qualità della spesa. Noi dobbiamo investire nella ricerca, nelle università, nelle infrastrutture. E per spendere bene serve una visione di insieme». Queste sono parole del Ministro Emma Bonino, rilasciate in un'intervista su La Repubblica il 24 giugno scorso. Questa è la posizione della Rosa nel Pugno e dei Radicali all'interno della Rosa nel Pugno. Brevemente, per lasciare ciò agli atti del dibattito di questa Camera, voglio ricordare come, credo, siano da seguire e da ascoltare i moniti provenienti dalla Commissione europea, dalla Corte dei conti e dalla Banca d'Italia.
Spero che il dibattito in corso sia riportato dal sottosegretario al Governo e al Primo Ministro Prodi, perché alcuni accenti e alcuni interventi dai banchi della maggioranza, di questa maggioranza, sono oggettivamente imbarazzanti per il Governo. Abbiamo sentito addirittura lo sberleffo nei confronti della Commissione europea, attacchi molto duri alla Banca d'Italia, una visione ed una linea contrastanti con l'impegno che il Governo aveva assunto.
Noi voteremo convintamente a favore sulla fiducia che sarà posta sul provvedimento in esame. Tale provvedimento contiene - come ha elencato con cura, puntualità e dedizione il collega Di Gioia nella sua relazione introduttiva - tantissimi punti condivisibili, moltissimi dei quali importanti. Il problema, tuttavia, sono il tempo e l'urgenza di farlo adesso, prima di conoscere i conti della riforma pensionistica, ancora in via di decisione: questo è lo sbaglio del provvedimento in discussione. Per quanto ci riguarda, abbiamo tentato di farlo presente nelle Commissioni specifiche, all'interno del Governo mediante il ruolo di Emma Bonino e in un dibattito che si svolge dentro e fuori di quest'Assemblea.
Credo che il provvedimento contenga elementi molto criticabili, di vecchia scuola politica e di vecchia partitocrazia. È un provvedimento omnibus su cui tutto è stato «caricato», con un contributo notevole anche delle Commissioni parlamentari. Sono state aggiunte voci di spesa ed iniziative, che in sé possono essere assolutamente apprezzabili, ma che nel panorama complessivo definito dal provvedimento sono a nostro giudizio sbagliati nei tempi e nei modi.
Voglio rivolgere un apprezzamento al collega Crosetto per i toni usati a nome del gruppo di Forza Italia (mi rendo conto di esprimere tale apprezzamento dai banchi della maggioranza); l'apprezzamento, ovviamente, riguarda non le conclusioni, ma il tentativo di riportare in Assemblea laPag. 56discussione su una prospettiva futura orientata a vedere oltre il singolo provvedimento e oltre questa breve stagione politica. Credo davvero che tali ragionamenti debbano investire il Governo e che il Presidente Prodi se ne debba far carico. Oggi ci troviamo di fronte a delle difficoltà nel governare; avrete il nostro voto di fiducia, ma sarebbe stato opportuno attendere settembre per predisporre, in una visione più generale, articolata e adeguata ai problemi del Paese, un provvedimento più confacente alle sfide future (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mellano, anche per avere contenuto i tempi del suo intervento. Ricordo nuovamente, infatti, il vincolo, non formale ma sostanziale, sulla durata degli interventi.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, intervengo dopo aver ascoltato diversi interventi anche dell'opposizione, nei quali si è fatto riferimento ad alcune favole e, in maniera specifica, alla favola della cicala e della formica. Capisco che l'opposizione è brava in questo campo, perché di favole negli ultimi cinque anni ne ha raccontate molte; peccato che le favole che noi amavamo raccontare ai nostri figli per farli addormentare, non abbiano prodotto lo stesso effetto sui cittadini italiani, che non si sono addormentati, ma si sono risvegliati da un incubo e hanno censurato il «raccontatore di favole»!
Intanto la favola della cicala e della formica non mi sembra appropriata, perché nell'odierna discussione si vogliono capovolgere i ruoli. La cicala è colui che disperde l'eventuale patrimonio, la formica è colui che l'accumula, come è stato fatto nel nostro caso. Tale accumulo, realizzato con azioni di governo serie e mirate, deve essere ridistribuito ai cittadini italiani che hanno concorso a formare l'extragettito. Non vorrei che vi fosse un'altra favola, ben più amara, ossia quella del re che si chiudeva nel proprio castello, faceva le feste con i suoi amici e «la» festa ai cittadini. Peccato però che quel re, nella passata legislatura, non si sia accorto che in quella strana monarchia vi era un diverso modo di comportarsi, il voto, quel voto che puniva e penalizzava, ad ogni passaggio elettorale, quella maggioranza che pretendeva di far vivere felici e contenti i cittadini, ma che, invece, felici e contenti non erano, tant'è che abbiamo potuto voltare pagina. Ed oggi ci troviamo in questa sede a discutere di «tesoretto» ed extragettito? Personalmente, tra le varie definizioni mi sembra appropriata quella di «fare tesoro». «Fare tesoro» significa, come noi abbiamo fatto, mettere insieme una ricchezza che è qualcosa da tenere in gran conto e della quale valersene al bisogno. È ciò che stiamo facendo adesso rivolgendo ai cittadini le attenzioni che chiedevano e che meritano. Non si tratta di somme di nostra proprietà, bensì di risorse che abbiamo raccolto anche grazie all'impegno dei cittadini, che hanno compreso un'azione di Governo più seria e rigorosa e che adesso ci apprestiamo a ridistribuire.
La critica che ci viene mossa è quella che tali somme non vengano interamente destinate all'abbattimento del deficit. A mio giudizio, tale critica contrasta con la presenza di emendamenti - sottolineo che in Commissione, solo dall'opposizione, ne sono stati presentati in totale 468 (per la precisione: 301 emendamenti e 167 subemendamenti) - dinanzi ai quali ci accorgevamo che bisognava concedere provvidenze, aiuti e sostegni a categorie di cittadini e a soggetti bisognosi, dei quali in precedenza non ci eravamo accorti. Tali emendamenti proposti dall'opposizione, a mio avviso, contrastano in maniera netta con la questione sollevata in Assemblea, secondo la quale si sarebbe dovuto destinare tutto l'ammontare dell'extragettito alla riduzione del deficit.
Sembra che solo adesso l'opposizione scopra i tanti bisogni di numerosi settori lasciati, purtroppo, soli e abbandonati al loro destino per tanto tempo. Allora, noi del gruppo Popolari-Udeur pensiamo che l'azione economica del Governo debba recuperare la sua finalità sociale. La politicaPag. 57deve, dunque, ristabilire il suo primato sulla tecnocrazia, perché noi qui non discutiamo di numeri astratti, ma di persone fisiche con tutti i loro bisogni, le loro aspettative e i loro diritti. È dovere della politica, pertanto, aiutare i nuclei che stentano ad arrivare a fine mese e c'è bisogno di un sistema di sostegni che possano tradursi in una sorta di bonus fiscale a favore delle famiglie, che rappresentano - è bene ricordarlo - l'ossatura portante del nostro Paese.
A differenza di quanto affermano alcuni oppositori non si è trattato di nuove imposte o di aumento delle imposte, ma semplicemente di pagamento delle imposte. È ovvio che per coloro che fino ad oggi hanno potuto giovarsi di scarsi controlli, di condoni e del lassismo, tale recupero del principio di legalità appare come un appesantimento. In realtà è solo un recupero, in quanto fino ad oggi il peso maggiore è stato accollato agli onesti, ma oggi torna sulle spalle giuste e domani queste entrate potranno servire ad abbassare le aliquote per tutti.
Ora stiamo reinvestando questi fondi a beneficio delle famiglie e delle fasce sociali più deboli e l'obiettivo del gruppo dei Popolari-Udeur è mettere finalmente al centro dello sviluppo, le famiglie, le donne, i giovani, gli anziani ed i disabili. Approfitto di questa occasione anche per ricordare al Governo la necessità di una verifica degli studi di settore, in quanto è questo l'unico modo per riprendere il dialogo con circa i 4 milioni di imprese che erogano il 70 per cento degli stipendi italiani, rispettando quella concertazione fissata nel protocollo firmato a dicembre scorso e disattesa unilateralmente.
Pensiamo che le nostre azioni, anche per fare degli esempi concreti, siano andate nella direzione giusta, in quanto mettere a disposizione somme importanti per le pensioni e i riscatti di laurea costituisce l'adozione di misure, che ormai i cittadini aspettavano da tempo e che non abbiamo voluto procrastinare oltre. Destinare 260 milioni di euro alla lotta all'AIDS - che a nostro avviso è un problema che riguarda tutti e della massima importanza - è un altro impegno che il Governo ha voluto prendere insieme ai 70 milioni di euro per l'edilizia universitaria, ai 40 milioni per rifinanziare il bonus bebè, al Fondo rotativo per l'accesso al credito dei giovani, ai due milioni di euro per contrastare la violenza sulle donne, ai 40 milioni per il Fondo per il servizio civile, ai 700 milioni per investimenti nella rete ferroviaria tradizionale, ai 180 milioni in favore delle supplenze brevi nella scuola. Questo è un parziale elenco delle disposizioni contenute nel Documento di programmazione economica e finanziaria ed è anche la linea di indirizzo, il programma e la direzione che il Governo vuole seguire, in modo che non si ripeta mai che si taglino nastri e si inaugurino opere pubbliche senza il necessario e dovuto sostegno finanziario.
Allora non vogliamo promettere inutilmente né illudere alcuno; ma, solamente agire come si fa in ogni famiglia che, pur con un reddito limitato, ha problemi e difficoltà da affrontare: vale a dire, agire non ponendo tutte le risorse a disposizione del pagamento dei debiti contratti in situazione di difficoltà, ma dando anche la possibilità di continuare a vivere. È questo che vogliamo garantire al popolo italiano e ai cittadini, ovvero una vita normale ed un'esistenza che consenta di fare i conti fino alla fine del mese con delle disponibilità che abbiamo voluto aumentare affinché nessuno abbia a trovarsi nella circostanza di non poter far fronte agli impegni assunti.
Questo è il motivo per cui anche noi del gruppo Popolari-Udeur abbiamo aderito convintamente a questa manovra, che, ringraziando la Commissione per il lavoro svolto (che tutti abbiamo seguito con attenzione), ci siamo impegnati a realizzare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo brevemente per lasciare agli atti della discussione sulle linee generali qualche considerazione in merito alla destinazione del «tesoretto», specie in ordinePag. 58ad alcune osservazioni che spesso ascoltiamo dai colleghi della cosiddetta maggioranza e che abbiamo ascoltato anche in sede di Commissione.
Riteniamo che coloro i quali - primo fra tutti il Governatore della Banca d'Italia, ma anche le istituzioni europee ed internazionali - consigliavano di destinare il «tesoretto» alla riduzione degli interessi sul debito, affermassero un concetto giusto: è chiaro che, se si contrappongono due tesi (aumentare le pensioni ai pensionati che hanno trattamenti più bassi oppure ripianare il debito), è difficile opporsi all'aumento delle pensioni minime. Dobbiamo partire, però, dal presupposto che ridurre il debito - quindi gli interessi sul debito - significa sostanzialmente far risparmiare «lacrime e sangue» ai contribuenti, evitare l'introduzione di maggiori tasse nelle leggi finanziarie ed incrementare un circuito che diventa virtuoso all'interno della finanza pubblica.
L'alternativa, quindi, non è fra il concedere o meno ai pensionati più poveri un incremento delle loro pensioni o il far sparire questi soldi, ma l'obiettivo è evitare di «caricare» i cittadini di tasse e di peggiorare le condizioni economiche di tutti i cittadini - quindi anche di quelli più svantaggiati - attraverso un risanamento progressivo della finanza pubblica ed una riduzione degli interessi sul debito. Occorre, in definitiva, un incremento virtuoso della finanza pubblica, di cui beneficino soprattutto coloro i quali ne hanno più bisogno.
Con riferimento, invece, alla questione previdenziale, qualcuno sostiene che sia stato varato un provvedimento a favore dei giovani. Se vi sono elementi positivi (anche se relativamente tali), come il riscatto della laurea e la possibilità di una totalizzazione dei contributi da parte dei parasubordinati, va comunque detto che a questi ultimi si sta facendo pagare il prezzo del cosiddetto superamento dello scalone. I contributi dagli stessi pagati sono aumentati e viene loro restituito meno di quanto versato: essi, probabilmente, non riceveranno mai la pensione che stanno versando; queste, forse, sono soltanto operazioni di cassa.
Volevamo lasciare agli atti queste considerazioni, perché la demagogia non è bella in generale, ma lo è ancor meno quando la si fa sulla pelle delle nuove generazioni, con un Governo che non ha fiducia in se stesso e che, forse, ha la faccia di chiederla al Parlamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, le misure economiche proposte dal Governo in questi mesi si sono dimostrate del tutto errate, sia nell'articolazione normativa, sia nelle previsioni numeriche e sugli effetti in tema di gettito. Mi riferisco al DPEF del 2006, alla manovra finanziaria e alle misure aventi implicazioni fiscali contenute nei provvedimenti Visco-Bersani: un insieme di prescrizioni il cui unico effetto è stato quello di aver reso la normativa più complessa e il leale rapporto Stato-cittadino più incerto e conflittuale. Questi provvedimenti sono basati sull'errata convinzione che il cittadino sia per definizione un evasore e, in mancanza di norme severe e restrittive ed in molti casi vessatorie, venga meno ai suoi obblighi di contribuente. Questa filosofia che, da anni, si rinviene nei provvedimenti del centrosinistra è del tutto contraria alle logiche di un Governo moderno e ai fondamenti di economia pubblica; essa, in una fase internazionale congiunturalmente favorevole - come quella che stiamo vivendo - invece di lasciar crescere l'economia ha drenato le risorse e ridotto le disponibilità finanziarie, spendibili sia dalle imprese sia dalle famiglie.
Occorreva un'iniezione di fiducia ed aiutare la speranza di miglioramento che anima ogni cittadino: in quest'anno, invece, il Governo di centrosinistra ha operato in senso opposto, frenando l'ansia e il sogno di ciascuno di stare meglio, andare avanti e migliorare.Pag. 59
Si è preferito, secondo un concetto tipico della sinistra, combattere la ricchezza invece della povertà.
Il buongoverno del centrodestra, esercitato anche in anni di stagnazione economica, aveva lasciato il seme della futura crescita, che lentamente si è potuta verificare anche con maggiori entrate nelle casse dello Stato sin dalla fine del 2006, ma che non è stata sostenuta, ed anzi è stata in parte penalizzata, da misure inique, che hanno prodotto un extra prelievo fiscale consistente, che altro non è che l'effetto di un'errata impostazione dei provvedimenti e di una esasperazione fiscale, che ha riportato l'Italia ad una situazione di tassazione generale tra le più alte d'Europa.
Siamo di fronte ad una situazione paradossale, secondo la quale prima si produce un carico fiscale insostenibile e poi si dibatte su come spendere le risorse aggiuntive, senza pensare che esse andrebbero indirizzate verso coloro i quali hanno pagato di più o verso la generalità dei contribuenti, attraverso una riduzione del debito pubblico che grava significativamente sulla massa dei contribuenti.
Questa maggioranza si sta, invece, affannando per distribuire le risorse in modo clientelare. La leva fiscale, oltre ad essere uno strumento di riequilibrio sociale, deve essere sempre considerata come uno strumento per creare ulteriore ricchezza e valore aggiunto. Si deve operare avendo ben chiaro che, superato un certo limite di tassazione, si rischia di cadere nel fenomeno inverso: quello, da condannare sempre e comunque, dell'evasione. Occorre legiferare tenendo ben presente che a percentuali eque di prelievo fiscale la propensione ad evadere diminuisce.
Ciò che è mancato in questi mesi, inoltre, è il coordinamento dei provvedimenti fiscali con una seria e strutturale riforma economica. Viceversa, nella strategia del Governo e della maggioranza prevale una visione di breve periodo. I provvedimenti generali di cui ci siamo occupati in questi mesi, ad esempio quello sulle liberalizzazioni, riguardano piccoli cambiamenti, alcuni dei quali profondamente ingiusti e punitivi verso i contribuenti, altri diretti più a creare propaganda verso i consumatori che a dare un indirizzo chiaro al nostro sistema economico.
Nonostante i proclami di alcuni partiti della maggioranza, con la politica intrapresa da questo Governo, di fatto non si è assicurata né si assicurerà alcuna giustizia sociale, specie per le fasce sociali più deboli, ma si sono creati e si creeranno solo ulteriori disagi ai cittadini, già provati dall'eccessiva pressione fiscale.
Nella sinistra vi è la convinzione che il mercato non debba essere concorrenziale e accessibile a tutti, ma qualcosa di esclusivo per i grandi soggetti economici. Questo è il quadro di riferimento entro cui ci muoviamo e alla luce del quale dobbiamo esprimere valutazioni sul provvedimento avente ad oggetto le disposizioni in materia fiscale collegate all'utilizzo del tesoretto.
Si tratta di una serie di norme scritte sotto il ricatto politico dell'estrema sinistra e che tradiscono anche gli impegni, assunti dall'Italia in sede europea, sull'auspicato costante miglioramento dei conti pubblici. Non meraviglia, quindi, che l'Unione europea, il Fondo monetario internazionale, l'Ecofin e il Governatore della Banca d'Italia abbiano criticato il DPEF e la politica economica dell'Italia.
La spesa pubblica in questi mesi è cresciuta ed ha superato il 50 per cento del PIL, come mai avvenuto negli ultimi anni. Invece di preoccuparsi di ciò, i partiti della maggioranza hanno cercato di spendere le entrate costituenti il tesoretto a favore del loro elettorato di riferimento, secondo una logica distributiva diretta ad ottenere consenso in cambio di qualche regalia e preferendo ciò all'obiettivo del risanamento.
Esaminiamo, però, anche la qualità della spesa. Cosa è previsto nel decreto-legge in esame? Nulla del tesoretto andrà speso per garantire più sicurezza al nostro Paese, anche dopo l'allarme derivante dall'ultima legge finanziaria, che ha previstoPag. 60un drastico taglio degli stanziamenti destinati alla sicurezza, in particolare alle forze dell'ordine.
In Italia, in questi ultimi mesi, anche per colpa della politica del Governo, è cresciuto il numero delle famiglie con figli che vive sotto la soglia di povertà, così come è cresciuto il numero delle famiglie che devono al loro interno farsi carico di anziani, senza ricevere di fatto benefici, anche solo fiscali, dallo Stato.
Di fronte a ciò, è certamente debole e poco risolutivo l'intervento in materia pensionistica previsto all'articolo 5 del decreto-legge in discussione, che, peraltro, personalmente saluto favorevolmente, così come è poca cosa avere istituito un fondo rotativo per favorire l'accesso al credito dei giovani. Si tratta di una disposizione che ha più un sapore di propaganda, sia perché l'importo destinato al fondo è molto basso, sia perché non è ancora chiaro come il fondo stesso funzionerà.
Vorrei muovere alcuni rilievi anche sulle norme fiscali introdotte dal Governo, peraltro soltanto mentre il provvedimento era all'esame della Commissione, in parte bypassando la Commissione stessa. Anche in questo caso occorreva più coraggio. Per esempio, occorreva abolire l'obbligo di allegare un elenco clienti e fornitori.
È stata prevista l'abolizione solo per i soggetti in regime di contabilità semplificata, dimenticando invece le tante imprese presenti in Italia che sono gravate da tale obbligo.
Occorreva più coraggio anche verso le ONLUS: si è detto che un futuro provvedimento del Governo stabilirà modalità e termini per semplificare tutto ciò in favore delle ONLUS, ma non si è detto come.
Mi vorrei soffermare soprattutto sugli studi di settore: in questi mesi il Governo ha scritto sugli studi di settore una brutta pagina. Abbiamo avuto la contestazione di tutte le associazioni di categoria, anche per la mancata concertazione: sappiamo che gli studi di settore dovrebbero essere il frutto di una specifica attività di analisi, che dovrebbe prevedere la fattiva collaborazione delle associazioni di categoria interessate, le uniche capaci di esprimere e di fornire elementi di valutazione e conoscenza alle commissioni di esperti, che poi devono esprimere il parere sugli studi di settore. Invece si sono bypassate le associazioni di categoria, il Governo è stato costretto a prorogare il termine per il pagamento delle imposte, spostandolo dal 18 giugno al 9 luglio, e peraltro lo ha fatto prima annunciandolo sui giornali, poi adottando dei provvedimenti.
La norma inserita nel decreto-legge, però, in tema di indicatori di normalità economica, a mio avviso, contiene anche poco di innovativo: si afferma in esso che gli studi di settore costituiscono delle presunzioni semplici. Ricordo a me stesso che le presunzioni possono essere semplici o legali: le presunzioni legali sono assolute o relative (le prime non ammettono prove contrarie, le seconde consentono che l'interessato provi il contrario di quanto si presume) e poi vi sono le presunzioni semplici (quelle disciplinate dall'articolo 2729 del codice civile, che non sono stabilite dalla legge, ma lasciate alla prudenza del giudice) che devono essere gravi, precise e concordanti.
Ricordo ancora che l'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in tema di accertamento, recita testualmente che l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Questo è il quadro normativo. Già nel citato decreto del Presidente della Repubblica, in sede di accertamento, si afferma che siamo in presenza di presunzioni semplici e, se è vero, com'è vero, che la legge finanziaria per il 2007 ha modificato l'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 - che disciplina le modalità di utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento - e se è vero che l'Agenzia delle entrate ha ribadito che l'intervento normativo ha affermato la valenza probatoria degli studi di settore quali presunzioni relative, dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ritengo che sia errata la circolare dell'Agenzia delle entrate: il fatto stesso che l'Agenzia debba fare riferimento, perPag. 61parlare di presunzione, a requisiti di gravità, precisione e concordanza - che sono gli stessi requisiti che il codice civile richiede per le presunzioni semplici - ci suggerisce che già oggi siamo in presenza di presunzioni semplici.
Quindi, il Governo dovrebbe chiarire se tale norma ha natura soltanto interpretativa o ha invece natura innovativa: ciò è importante, perché vi è contenzioso in Italia ed è appunto importante sapere che fine farà tale contenzioso.
Pertanto, si tratta di un provvedimento che sicuramente non ci soddisfa e sul quale il Governo porrà la questione di fiducia, impedendoci anche di esaminare, votare e spiegare le varie proposte emendative presentate.
Con il decreto-legge in discussione copriamo spese permanenti con entrate non strutturali, e, soprattutto, non operiamo alcuna azione reale di risanamento, ed è un peccato!
Occorre, colleghi, creare sviluppo, avendo il coraggio di ridurre realmente la pressione fiscale. Bisogna avere il coraggio di eliminare i troppi adempimenti burocratici introdotti in quest'ultimo anno e che gravano su imprese e lavoratori. È necessario avere il coraggio di detassare gli straordinari, per rendere più pesanti le buste-paga dei dipendenti, aiutando realmente le famiglie. Occorre avere il coraggio di tagliare drasticamente le spese che gravano sul bilancio dello Stato e iniziare, quindi, una vera e reale azione di risanamento.
L'attuale Governo, così diviso al suo interno, con visioni diverse sui sistemi di valori, non potrà attuare tutto ciò e, per il bene dell'Italia, speriamo vada presto a casa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pegolo. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, mi rendo conto che ormai i tempi rendono impossibile l'intervento di tutti i colleghi, pertanto chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Pegolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, innanzitutto vorrei esprimere un apprezzamento non certo retorico al lavoro paziente e tenace svolto come relatore del provvedimento dal collega Di Gioia che ci ha consentito di recuperare alcuni temi che non erano inizialmente all'attenzione del decreto-legge in discussione. Ad esempio, la riforma dei meccanismi di spesa previsti dalla legge n. 488 del 1992 consentirà di mettere a disposizione delle imprese che avranno le caratteristiche necessarie risorse sostanzialmente bloccate.
Premesso tutto ciò devo affermare che, tuttavia, non siamo entusiasti del provvedimento normativo che ci apprestiamo ad approvare attraverso il voto sulla questione di fiducia. Non è un bel decreto-legge, pur essendo nato sotto ottimi auspici come l'annuncio dell'uscita dall'emergenza della finanza pubblica, gli ampi apprezzamenti raccolti in relazione all'aumento delle entrate tributarie (il cosiddetto extragettito), la dichiarazione dell'avvio di un processo di risanamento molto significativo in cui la cura del cosiddetto «tesoretto» sembrava - ed in parte lo è - uno dei segnali più importanti.
Tuttavia, forse anche per l'eccessivo affidamento riposto sulla consistenza di questo «tesoretto», per il clima di rilassamento che il suo stesso annuncio ha determinato ai vari livelli dello Stato e della pubblica amministrazione, per le sollecitazioni che tale annuncio ha determinato in tanti segmenti della società italiana, interessando le varie categorie e corporazioni che ci rappresentano, abbiamo di fronte un provvedimento non particolarmente elegante - per usare, invece, un'espressione elegante nel definirlo - che affastella misure molto diverse e in alcuni casi anche confuse.Pag. 62
Vi sono sicuramente alcune misure giuste e necessarie che hanno tutta la nostra approvazione. Volendo elencare le più importanti, ricordo l'aumento delle pensioni minime, la possibilità di recuperare il valore effettivo delle pensioni in relazione all'andamento del costo della vita almeno fino a cinque volte rispetto al minimo delle pensioni INPS, la possibilità di recupero degli anni di laurea e di ricongiungimento dei vari periodi contributivi soprattutto per i giovani che svolgono lavori discontinui e che si collocano tutt'ora all'interno del cosiddetto secondo mercato del lavoro. Sono tutte misure necessarie.
Tuttavia, vorrei fare a margine della discussione una rapida annotazione che potrà essere utile per il futuro. Sono stati pubblicati studi in ordine all'impatto di queste misure di aumento delle pensioni sul reddito delle famiglie. Tale simulazione compiuta dall'ufficio studi della Banca d'Italia è importante perché mostra che non c'è una coincidenza assoluta tra pensioni basse e povertà. Vi sono fasce di povertà che non coincidono necessariamente con i pensionati di fascia minima e che non coincidono assolutamente neppure con i pensionati in generale. Una politica adeguata di lotta alla povertà dovrebbe avere uno spettro più ampio di attenzione. Richiamo la nostra attenzione anche su tutta la categoria degli invalidi civili non per proporre tout court di adottare provvedimenti uniformi nei confronti della categoria degli invalidi civili, ma perché all'interno di questo mondo c'è sicuramente un'area di povertà da prendere in maggiore considerazione.
Accanto a misure giuste ci sono poi misure necessarie; e considero tali le misure di tipo fiscale inserite con le proposte emendative del Governo durante la seconda fase dei lavori della Commissione Bilancio e delle altre Commissioni chiamate ad esprimere un parere. Ritengo giustificate le norme relative agli immobili e alle auto aziendali, la riformulazione del modo di valutare ed utilizzare i parametri di normalità economica impiegati negli studi settore.
Capisco anche che ci sono alcuni impegni internazionali da rispettare, come quelli relativi al sostegno della campagna mondiale contro l'AIDS o alle nostre presenze militari all'estero, impegni che sono più che giustificati e più che necessari. Considero tali anche le misure adottate per la politica sulla sicurezza relative ai vari corpi di polizia e agli stessi vigili del fuoco. Tuttavia, ci sono una serie di tante altre voci che dimostrano che la «febbre» della nostra spesa pubblica non è stata assolutamente posta sotto controllo.
Le varie voci che vanno sotto il titolo - mi sembra un neologismo, forse l'onorevole Di Gioia può dirmi che non lo è - di disaccantonamento, oppure le voci relative alla rimozione di determinati vincoli di spesa o di riassegnazione o, ancora, l'eliminazione dei tagli previsti ai consumi intermedi sono tutti fattori che, insieme a una miriade di altre piccole voci inserite in questo testo - ad esempio quella, che mi ha colpito, a favore delle supplenze brevi nella scuola -, ci segnalano che, in qualche modo, in forza dell'extragettito, in forza dell'accumularsi di quello che è stato chiamato impropriamente «tesoretto», molti comparti della pubblica amministrazione non sono stati capaci o, forse, non hanno compiuto lo sforzo necessario per restare nei limiti che ci eravamo imposti con la legge finanziaria.
Segnalo tale dato perché voglio porlo su uno sfondo ulteriormente preoccupante: non sappiamo ancora come concluderemo la trattativa sulla modifica, riforma, abolizione o non abolizione del cosiddetto «scalone» pensionistico. Sta di fatto, però, che il rischio che si vada ad una trattativa e ad una conclusione che apra una nuova esigenza di finanziamento pubblico e che, quindi, direttamente o indirettamente, si scarichi poi sull'esigenza di aumento della pressione fiscale e contributiva, non è purtroppo fuori dall'orizzonte delle cose. Ciò è stato segnalato ieri con la lettera al Presidente Prodi da parte della Ministra Bonino, lettera che trova la nostra solidarietà.
Vorrei ancora sottolineare che, tra qualche giorno, cominceremo a discuterePag. 63il Documento di programmazione economico-finanziaria: in esso con grande onestà e grande trasparenza il Ministro dell'economia e delle finanze ci segnala che sussistono 21 miliardi divisi in due categorie, una di spese in qualche modo, per così dire, consuetudinarie - uso un aggettivo improprio ma che ha lo stesso significato di quello utilizzato nel DPEF - e altri 10 miliardi di possibili nuove iniziative (ricordo per tutte la discussione in relazione alla riduzione dell'ICI).
In totale si tratta di 21 miliardi che avrebbero bisogno di una copertura. La copertura si può trovare o deliberando una legge finanziaria con una manovra abbastanza pesante al suo interno, ma ciò viene escluso dal DPEF, oppure attraverso la riforma e la rimodulazione della spesa pubblica storica. Ma attenzione: se i precedenti sono che il decreto-legge in esame allenta i vincoli alla spesa pubblica e che ciò va omesso nella legge finanziaria per quest'anno, non è molto facile prevedere che nella legge finanziaria per l'anno prossimo sarà possibile recuperare almeno 21 miliardi di necessarie nuove spese a spese - scusate il bisticcio di parole - della spesa storica. Quindi, sarebbe necessario coprire 21 miliardi di nuove spese tagliando la spesa storica: non è un'operazione facile, perché, ripeto, anche l'esito del decreto-legge in esame ci conferma che non ci stiamo riuscendo per l'anno in corso. Segnalo tutte queste osservazioni a tutta la nostra maggioranza, al nostro Governo, al Parlamento, perché dobbiamo essere consapevoli che comincia a spirare di nuovo sulla spesa pubblica un venticello che non è rassicurante. Lo segnalo perché abbiamo bisogno di attuare un'operazione di grande verità e di grande trasparenza e dobbiamo andare incontro ad un DPEF e ad una legge finanziaria che non lascino nodi irrisolti che poi, in qualche modo, possono scaricarsi pesantemente sui prossimi mesi e sui prossimi anni. Il problema, collega Crosetto, non è quello di «avvelenare i pozzi»; piuttosto anche questo Governo, come quelli della scorsa legislatura, segnala le difficoltà per il nostro Paese di essere davvero all'altezza degli impegni che pubblicamente ci assumiamo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aurisicchio. Ne ha facoltà.
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, non solo per le responsabilità che ci derivano dall'essere parte della maggioranza che sostiene il Governo, ma soprattutto perché ne condividiamo i presupposti e i contenuti.
Condividiamo, infatti, la scelta di impegnare una parte consistente delle maggiori entrate tributarie nella direzione della spesa e verso il miglioramento delle condizioni di vita degli anziani ultrasessantaquattrenni che si trovano a percepire pensioni sotto la soglia minima. Così come sosteniamo gli interventi a favore dei giovani per il riscatto ai fini pensionistici degli anni di laurea e per il ricongiungimento dei diversi periodi assicurativi. Sosteniamo inoltre gli interventi volti a garantire da parte dell'Italia il pieno assolvimento degli impegni che derivano dalla partecipazione alle missioni di pace e di aiuto umanitario.
Si tratta nell'insieme di un complesso di misure urgenti, volte a dare sostegno ad alcuni settori dell'economia e a sollevare le amministrazioni centrali dello Stato e gli enti locali dalle difficoltà in cui sono venuti a trovarsi a causa dell'eccessiva rigidità della spesa che deriva dai rigorosi criteri stabiliti con la manovra finanziaria dello scorso anno.
Gli stessi presupposti di necessità e di urgenza hanno fatto sì che il decreto-legge in discussione, ad esame già avviato in Commissione bilancio, si arricchisse di ulteriori misure proposte dal Governo, che ne hanno ampliato fortemente i campi di intervento e la portata finanziaria.
Si è provveduto ad estendere a banche ed assicurazioni i benefici relativi al cuneo fiscale, a dare attuazione alla sentenzaPag. 64della Corte di giustizia europea in materia di detraibilità dell'IVA sulle auto e i veicoli aziendali, a dare formalizzazione legislativa al recente accordo intercorso tra il Governo e le organizzazioni dei lavoratori autonomi in materia di valenza probatoria degli studi di settore, che rappresenta un passo in avanti decisivo nella direzione della costruzione di un rapporto più sereno e fiducioso tra amministrazione finanziaria e mondo delle piccole e medie imprese, dell'artigianato e del commercio.
Le aggiunte in corso d'opera, per quanto significative ed importanti, non modificano, tuttavia, l'impostazione originaria del decreto-legge in esame, la sua ragion d'essere, la ragione per la quale era stato emanato, ossia la necessità di stabilire l'ammontare delle maggiori entrate nette - che sono state fissate in 7.403 milioni di euro per il 2007, 10.065 milioni di euro per il 2008 e 10.731 milioni di euro per il 2009 - e deciderne l'utilizzo nell'ambito degli obiettivi di politica economica, che vengono evidenziati dal Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011.
Vi è stato - ed esiste tuttora nel Paese - un acceso dibattito in merito alla destinazione dell'extragettito. Spesso, però, finisce in secondo piano il dato di sostanza, cioè che vi è a disposizione un surplus di risorse finanziarie non per un accadimento miracolistico, ma perché quest'anno il Governo ha condotto una politica e un'azione incisiva sul fronte delle entrate.
È possibile ora discutere della destinazione dell'extragettito perché la linea del rigore e del rifiuto dei condoni non solo non ha depresso l'economia - come avevano strepitato le cassandre liberiste della destra - ma ha prodotto buoni frutti, assicurando un consistente gettito di risorse, che non è episodico e non è contingente, ma ha carattere strutturale, visto che maggiori e più consistenti entrate sono previste anche per i prossimi anni.
Il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo sostiene, su questo fronte, l'azione del Governo e del Ministro Visco. Tuttavia, la battaglia per contrastare efficacemente l'elusione e l'evasione fiscale non può essere considerata conclusa. Essa richiede un'ulteriore intensificazione degli sforzi, perché nel nostro Paese l'economia sommersa è consistente e nettamente superiore alla media degli altri Paesi europei.
Per la prima volta, dopo molti anni, non si è resa necessaria una manovra correttiva dei conti in corso d'esercizio.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 14,30)
RAFFAELE AURISICCHIO. La manovra dello scorso anno ha consentito di rimettere a posto i conti e di ricostituire l'equilibrio finanziario dello Stato dopo che esso era stato fortemente compromesso nei cinque anni di Governo della destra. Altro che formica e cicala!
Agli italiani sono stati chiesti consistenti sacrifici ed è stato chiesto di pazientare per l'avvio di incisive politiche per lo sviluppo e l'equità sociale. Adesso, tuttavia, non si poteva ulteriormente eludere il tema di far camminare assieme, con la stessa intensità, risanamento, equità e sviluppo. Avrebbe significato accettare la politica dei due tempi: subito il risanamento e chissà quando l'equità e lo sviluppo, fino a perdere ogni incisività riformatrice.
Non è possibile ragionare in astratto, senza fare riferimenti alla situazione oggettiva in cui versano tanti cittadini e tanti lavoratori. Non è possibile dimenticare che nel nostro Paese si è accumulato un grande disagio sociale, con uno stato di sofferenza di larghe fasce di popolazione, che vivono sotto la soglia di povertà e che non riescono a reggere i ritmi del costo della vita.
Esistono un disagio e una sofferenza forti nel mondo del lavoro dipendente, dei pensionati e dei giovani precari, senza futuro e senza diritti. Nel nostro Paese ci sono una cronica insufficienza degli interventi a favore dell'innovazione, della ricerca, della scuola e dell'università e una cronica inadeguatezza della dotazione infrastrutturale, che si è aggravata negli anniPag. 65di Governo della destra, che mette a rischio la capacità competitiva della nostra economia.
Il Governo di centrosinistra come avrebbe potuto rimanere insensibile alle attese che provengono dal Paese ed evitare di dare prime e puntuali risposte? Pertanto, ha fatto bene il Governo a sottrarsi alle pressioni dei grandi poteri economici e mediatici e a rifiutarsi di sottostare alle indicazioni degli organismi finanziari dell'Unione europea di destinare l'intero extragettito al risanamento dei conti. Sarebbe stata una scelta sbagliata sul piano sociale e, nello stesso tempo, foriera di rischi per la crescita della nostra economia, che è sostenuta per lo più dalla ripresa della domanda interna e dei consumi delle famiglie.
Dopo anni di stagnazione, infatti, l'Italia è tornata a crescere e i conti sono tornati in equilibrio. Con il DPEF dello scorso anno era stato stabilito di portare il deficit al 2,8 per cento del PIL. Pur decidendo di destinare alla spesa per lo sviluppo e l'equità sociale 4.131 milioni di euro, per l'anno 2007 il deficit si è stabilizzato al 2,5 per cento. Si tratta, per l'Italia, di un traguardo migliore di quello prefissato.
Invece no! I sacerdoti del rigore, i guardiani del rispetto assoluto dei parametri europei di bilancio, sono in campo a sentenziare che non è sufficiente destinare tutto l'extragettito al risanamento, oltre ad una nuova e ulteriore manovra di una decina di miliardi di euro per portare nel 2008 il deficit all' 1,4 per cento del prodotto interno lordo.
Il rischio concreto sarebbe quello di deprimere la ripresa in atto e realizzare il risanamento a prezzo di un vero e proprio deserto sociale. Il Governo con il provvedimento in discussione e con l'impostazione data al DPEF ha scelto una strada diversa, destinando alla spesa 4.131 milioni di euro e scegliendo di non praticare alcuna manovra correttiva per il 2008.
Si tratta di una linea appropriata e prudente, che trova il pieno consenso di Sinistra democratica, per niente avventurista perché l'Italia rimane abbondantemente dentro il percorso concordato in sede europea, anzi realizza una accelerazione rispetto a quanto concordato e sottoscritto dal Governo Berlusconi nel 2005. Ci troviamo all'interno del processo di azzeramento del deficit entro il 2011, ma abbiamo scelto di raggiungere tale obiettivo attraverso una strada più compatibile con la situazione italiana e maggiormente realistica, tenendo conto delle condizioni economiche e sociali esistenti nel nostro Paese e considerando altresì il grande sforzo di aggiustamento strutturale già effettuato nell'anno scorso con la legge finanziaria per l'anno 2007.
Il corposo contenuto del provvedimento in discussione e gli interventi che realizza sul fronte della spesa in termini di equità e sviluppo costituiscono un tassello significativo della seconda fase dell'azione di Governo, che finalmente inizia ad evidenziarsi.
Provvedimenti per la crescita del potere di acquisto dei ceti deboli, piena operatività del cuneo fiscale anche per la parte relativa ai lavoratori dipendenti, accordo con gli autonomi sugli studi di settore, firma del contratto per il pubblico impiego e nuovo contratto per gli statali, assunzione dei precari nella pubblica amministrazione e, in particolare, nella scuola, provvedimenti per le liberalizzazioni in economia, approvazione al Senato della legge sulla giustizia per evitare l'entrata in vigore della controriforma Castelli, accordo con le parti sociali per l'aumento delle pensioni minime: un percorso sufficientemente delineato nella direzione dell'attuazione di un organico disegno riformatore che tuttavia, per essere compiuto e pienamente avvertito dal Paese, richiede che si concluda positivamente la trattativa con il sindacato relativa all'età pensionabile e al superamento dello scalone. Si tratta di un impegno preso con gli elettori e di un punto decisivo, per tanti aspetti simbolico, per affermare che i diritti e la vita delle persone restano indipendenti rispetto alla compatibilità finanziaria.
Giungere al più presto ad un soddisfacente accordo senza rinvii a settembre sarebbe un segnale importante verso ilPag. 66mondo del lavoro dipendente, sempre chiamato a farsi carico della necessità del Paese senza reali contropartite.
Sarebbe un successo importante dell'azione del Governo nella sua interezza. Altro che cedimento alla sinistra e ai sindacati, come ha affermato qualche bizzoso Ministro interessato a partecipare al torneo dei volenterosi e dei coraggiosi!
Il Governo vada davanti e respinga il ricatto di chi vuole contrapporre gli anziani ai giovani, le pensioni alla lotta al precariato. Serve un accordo sulle pensioni e serve il superamento della legge n. 30 del 2003 per ridare dignità e diritti all'insieme del mondo del lavoro dipendente.
Il lavoro svolto in Commissione bilancio è stato positivo, perché ha consentito di migliorare e ampliare l'impianto del provvedimento. Per tale motivo anch'io voglio ringraziare il relatore e il presidente della Commissione e voglio anche dare atto all'opposizione di un atteggiamento, tutto sommato, positivo.
I miglioramenti cui hanno concorso tutte le forze della maggioranza sono stati significativi in diversi settori, che per esigenze di brevità non enumero. Cito solo l'aumento delle disponibilità per i comuni e l'aumento del fondo per la sicurezza per fare fronte ad esigenze oggettive in questo campo sull'intero territorio nazionale.
Concludendo il gruppo della Sinistra Democratica condivide le misure proposte ed è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono le 14,35. Come sapete alle 15, anzi, un po' prima, dobbiamo sospendere i nostri lavori per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. Ci sono ancora due colleghi iscritti a parlare, l'onorevole Leo e l'onorevole Del Bono: ci auguriamo che riescano a rientrare nei tempi previsti. In caso contrario, l'intervento che non dovesse essere svolto e le eventuali repliche del relatore e del Governo sarebbero rinviati dopo il question time. Comunque, speriamo di riuscire a concludere prima.
È iscritto a parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione, così sarò diligente.
PRESIDENTE. Secondo il Regolamento, lei ha il diritto di parlare per 30 minuti, ma mi rimetto al suo buon cuore.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, sicuramente non mi avvarrò di tutto il tempo a mia disposizione.
Il decreto-legge che stiamo esaminando rappresenta una delle più brutte pagine della storia parlamentare italiana. Il provvedimento originariamente si componeva di misure per il cosiddetto extra gettito o «tesoretto», a favore delle categorie svantaggiate (pensionati, eccetera), ma strada facendo si è arricchito di una serie di altre disposizioni, in particolare di norme fiscali che erano racchiuse in un altro provvedimento, ossia nel disegno di legge S. 1485 all'esame del Senato.
Sono note a tutti le vicende del provvedimento appena menzionato perché, per un incidente di percorso, un emendamento ha stravolto l'impostazione originaria, per cui si è dovuto abbandonare l'esame al Senato e il testo è stato trasferito alla Camera.
Tale testo presenta dei profili di illegittimità. Innanzitutto, vi sarebbero da muovere rilievi di ordine costituzionale, perché su una stessa materia esistono due provvedimenti attualmente vigenti, il decreto-legge sul cuneo fiscale, il cui termine di sessanta giorni non è ancora spirato, e sulla stessa identica materia si va a disporre ora con l'emendamento governativo.
Quindi, da questo punto di vista il provvedimento è incostituzionale, come ci insegna una recente sentenza della Corte costituzionale. Il rammarico è che non abbiamo potuto eccepire questa incostituzionalità in quanto ci è stato detto che erano spirati i termini per sollevare la questione pregiudiziale di costituzionalità.Pag. 67Ciò deve far riflettere anche la Presidenza di questa Assemblea, perché una situazione anomala di questo tipo sarebbe da sottoporre nuovamente alla Giunta per il Regolamento.
Non è possibile che quando il Governo interviene con un emendamento e sconvolge l'assetto originario del provvedimento non si possa promuovere una questione pregiudiziale di costituzionalità, anche se il provvedimento è del tutto innovativo rispetto al testo originario. Questo è il primo rilievo da muovere.
Il secondo rilievo riguarda le ammissibilità: mi sembra che vi sia stata una gestione un po' disinvolta al riguardo, perché, relativamente a un provvedimento che nulla aveva a che vedere con disposizioni fiscali, sono state ritenute ammissibili delle norme che nulla avevano a che vedere con il disegno di legge originario e, tra l'altro, sono stati concessi dei termini per presentare subemendamenti. I lavori, quindi, non sono stati condotti secondo la prassi che doveva essere seguita.
Ma al di là di queste valutazioni di carattere preliminare, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi su quello che è avvenuto in materia fiscale. Le norme fiscali sono a dir poco sorprendenti: abbiamo norme in materia di ammortamento terreni e fabbricati, che intervengono in un momento successivo all'effettuazione dei versamenti delle imposte del 2006. È come se si dicesse che nell'anno successivo si debbono applicare delle disposizioni con effetto retroattivo: è una situazione a dir poco sconvolgente! Non so come si saranno comportati i professionisti, i dottori commercialisti e i ragionieri quando hanno saputo che i versamenti che avevano eseguito non erano corretti, perché si poteva effettuare un'ulteriore deduzione con effetto dal 2006.
Che dire degli studi di settore? Tutti stanno dicendo che è stato ottenuto un grande risultato al riguardo, ma ad oggi non si è ancora capito come funzionano le presunzioni in materia. Non si sa se sono presunzioni relative o semplici. L'Agenzia delle entrate e le note tecniche che accompagnano il provvedimento ci dicono che siamo in presenza - per gli studi di settore, non per gli indici di normalità economica - di una presunzione relativa, con inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. Questo non c'è nella legge, però lo si afferma.
Si dice che gli indicatori di normalità economica rappresentino una presunzione semplice, grave, precisa e concordante. Non so come si possa gestire una materia così delicata, che interessa oltre il 99 per cento delle imprese italiane. Si genererà solo un contenzioso enorme e nessuno potrà gestire in modo puntuale la vicenda.
C'è poi il discorso delle auto aziendali: la vicenda è a dir poco risibile! Si è intervenuti quattro o cinque volte sulle auto aziendali. Addirittura, nell'emendamento si dice che c'è la possibilità di effettuare una deduzione relativamente al 2006 sul versamento del secondo acconto a novembre del 2007. Mi chiedo: se un'impresa ha cessato la sua attività al 31 dicembre 2007, da quale acconto va a scomputare queste somme, visto che non è tenuta al pagamento di nessun acconto?
Chi ha redatto l'emendamento non si è dato nemmeno carico di disciplinare le ipotesi di rimborso per soggetti che non svolgono più attività nel 2007. Pensate a coloro i quali debbono fare le dichiarazioni dei redditi per questi contribuenti: hanno chiuso i conti nel 2006 e ora debbono ricalcolare nel 2007, in sede di acconto, tutte le auto aziendali per dare la possibilità di dedurre queste costi.
Ritenete possibile che dei commercialisti e dei professionisti si mettano a rifare tutti questi conteggi due o tre volte? In realtà, queste operazioni sono state fatte due o tre volte nel corso dell'anno; lo scenario che sto dipingendo, quindi, non è dei più rosei.
Poi abbiamo la vicenda del cuneo fiscale. Si dice che per il cuneo fiscale abbiamo dato dei benefici alle banche e alle assicurazioni. Ma vogliamo parlare delle utilities? Non c'è nessuna norma di legge che estenda l'agevolazione alle utilities: è verosimile che se questi soggetti promuovono un giudizio dinanzi alla Corte di giustizia, al 100 per cento si sentirannoPag. 68dire che si tratta di un aiuto di Stato e, quindi, potrà venir meno l'agevolazione non solo per le banche e le assicurazioni, ma anche per le imprese industriali (la sentenza Strada Asfalti per le auto aziendali docet). La situazione è a dir poco risibile, perché basta che una utilities promuova un contenzioso dinanzi alla Corte di giustizia e avrà sicuramente ragione.
Non solo, quindi, non si dà il beneficio, ma tutti i benefici fruiti rischiano la ripetibilità, in base agli articoli 87 e 88 del Trattato di Roma che disciplinano gli aiuti di Stato.
Infine, passo alla vicenda di questi giorni, di queste ore: su Il Sole 24 ore di oggi è riportata la polemica in atto sulle holding industriali. Per queste ultime non si sa come si determini la base imponibile, si dice che le holding industriali possono dedurre gli interessi passivi mettendo al numeratore e al denominatore del pro-rata di deducibilità le partecipazioni. Tale previsione non è contemplata nella norma di legge, però attraverso comunicati stampa a dir poco avventurosi il Ministero dell'economia e delle finanze afferma cose che non esistono nell'ordinamento. Ormai la legislazione, le disposizioni normative sono diventate optional, ognuno dice quel che meglio crede. È possibile che il sistema fiscale, che dovrebbe essere gestito in modo trasparente, in modo chiaro per tutti, venga invece gestito in questo modo? È possibile che ci si affidi a comunicati stampa? I contribuenti non sanno come pagare le imposte! Ma che segno stiamo dando, che situazione stiamo rappresentando sugli scenari europei e internazionali? Stiamo facendo vedere che siamo in presenza di un Paese che non sa quali sono gli obiettivi da raggiungere in materia fiscale!
Mi auguro chi ci siano atti di «ravvedimento operoso» da parte del Governo, che il Governo si muova, capisca la situazione difficile che gli è stata evidenziata non solo nelle aule parlamentari, ma anche da parte di ordini professionali, delle categorie, e capisca che il sistema fiscale è un sistema fondamentale del nostro scenario economico, e lo affronti con serietà e con capacità. Sono elementi che, purtroppo, in queste ore non abbiamo potuto riscontrare e la cui mancanza sta facendo fare grandi passi indietro al sistema Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, il gruppo dell'Ulivo voterà con grande convinzione a favore della conversione in legge di questo decreto-legge, perché il suo contenuto va esattamente nella direzione che la maggioranza di Governo si era prefissata. Non c'è da parte della politica del Governo solo la capacità di destinare la grande maggioranza della parte fondamentale dell'extragettito per abbattere il deficit, ma anche il sapiente utilizzo di una parte di queste risorse per fare politiche per lo sviluppo e politiche di equità sociale.
Nel decreto-legge la cui conversione è in esame ci sono infatti segnali non ambigui, che vanno nelle direzioni attese dal Paese: da quelle, ovviamente, per un rafforzamento della politica dello sviluppo e dell'investimento in Italia, cioè la riattivazione di quanto previsto dalla legge n. 488 del 1992, con le risorse che sono stanziate e con le altre che verranno determinate, oltre due miliardi e 300 milioni sul 2007, alla riattivazione - finalmente - dei contratti di area, molti dei quali si erano sostanzialmente bloccati e vengono ora riassegnati al CIPE, fino ad arrivare alle norme che riguardano la sicurezza del nostro Paese, in modo particolare quelle inerenti le risorse di cui la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e i Vigili del fuoco avevano necessità per garantire i servizi ai cittadini.
Ma è altrettanto importante verificare, come il DPEF afferma, se la crescita nel nostro Paese è determinata anche dall'aumento dei consumi delle famiglie; e ciò, in previsione, è anche il nostro obiettivo, ossia aumentare il potere di acquisto dei cittadini italiani, delle famiglie, dei pensionati. Non è un caso che parte fondamentale del provvedimento in esame riPag. 69guarda appunto la materia pensionistica. Siamo di fronte ad incrementi tutt'altro che banali, si tratta di 262 euro per il 2007, una tantum (ma soprattutto si pensi alle cifre stanziate per il 2008, da 336 a 504 euro annuali per i pensionati, ovviamente in base ai contributi versati, perché l'attenzione del Governo è stata anche quella di premiare maggiormente i lavoratori, i pensionati che hanno versato i contributi). Si tratta di incrementi tutt'altro che irrilevanti e che avranno un effetto ulteriore di crescita della fiducia e di aumento del potere d'acquisto, e segneranno anche un punto favore della crescita dell'economia. Non è stato fatto solo questo, c'è anche la volontà di garantire un regime fiscale, soprattutto per il 2007, di sostanziale neutralità, e che permette ovviamente di rendere complete e piene le risorse che vengono stanziate.
C'è un altro punto che da molto tempo veniva atteso dai pensionati, ossia l'indice di rivalutazione automatica per le fasce con trattamenti pensionistici tra tre e cinque volte il trattamento minimo dell'INPS.
Si tratta di una rivalutazione del 100 per cento dell'indice ISTAT. Peraltro, se poniamo mente al dibattito che si sviluppò nel corso della campagna elettorale dello scorso anno, ci ricorderemo bene che proprio questo fu uno dei punti centrali delle discussioni e delle promesse che vennero allora fatte, non solo da noi ma anche dal centrodestra.
Credo si debba soprattutto sottolineare un cambio di passo sul tema della riforma pensionistica: non vi è dubbio, infatti, che questo decreto-legge fa il paio con l'accordo, che è ormai imminente, fra il Governo e le parti sociali per il superamento dello «scalone» e l'innalzamento graduale dell'età pensionabile, e quindi per l'introduzione di principi di equità nel sistema pensionistico. In proposito, va detto che si è fatto grande spreco di parole sul fatto che i giovani vengono tutelati solo quando il sistema pensionistico è in equilibrio; non è vero: i giovani non vengono tutelati solo quando il sistema è in equilibrio, vengono tutelati anche quando si adoperano misure concrete e risorse per rendere il sistema non dico più generoso, ma più corretto nei confronti delle nuove generazioni. Queste risorse non saranno moltissime, ma occorre dire che abbiamo stanziato un fondo per il finanziamento di 267 milioni per il 2008, 234 milioni per il 2009, fino ad arrivare, a regime, a 200 milioni nel 2010. Abbiamo stanziato dunque oltre 700 milioni di euro proprio per venire incontro all'esigenza oggettiva costituita non solo dall'equità del sistema, ma anche dalla capacità di intervenire direttamente sui punti di debolezza riguardo ai giovani: i giovani che hanno lavori discontinui e per i quali varrà il sistema contributivo puro; i giovani che non hanno la possibilità, se le norme non cambiano, di ricongiungere i contributi ovunque questi ultimi siano stati versati. Pensiamo dunque a meccanismi quali la contribuzione figurativa (che riguarda non solo i giovani ma anche le donne) e il riscatto degli anni di laurea: per molti anni questi meccanismi sono stati richiesti e sono stati oggetto di promesse; oggi, con questo decreto-legge essi divengono fatti reali, atti e risorse stanziate.
Credo che la dimensione complessiva delle risorse dell'extragettito che sono state utilizzate da questo decreto-legge vada nella direzione che avevamo chiesto: vi è un di più di equità, di sviluppo, di capacità da parte del nostro Governo non solo di avere come stella polare il mantenimento della salute dei conti pubblici, ma anche la necessità di parlare direttamente ai cittadini italiani e alle nuove generazioni, che guardano a questo Governo ancora con fiducia. Ciò perché abbiamo dietro le spalle un Governo, quello che ha fatto la riforma Maroni, che delle giovani generazioni non si è affatto interessato; ed è incredibile che il centrodestra sviluppi tutta la propria polemica sul fatto che cioè noi «scasseremmo» il sistema, ossia colpiremmo le nuove generazioni, quando invece abbiamo esattamente la preoccupazione opposta. Il decreto-legge al nostro esame testimonia esattamente la preoccupazione opposta, che guarda non soloPag. 70all'equilibrio del sistema, ma anche a misure concrete per rispondere alle attese delle nuove generazioni.
Per queste ragioni, lo ripeto, il gruppo L'Ulivo sostiene fortemente questo decreto-legge, che cambia anche il passo del rapporto fra il Governo ed il Paese, e che avrà sicuramente effetti positivi, innescando una fiducia assai importante non solo per la maggioranza di Governo, ma soprattutto per le attese di tutti cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2852-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Di Gioia.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, intendo semplicemente dire che quest'oggi vi è stato un dibattito estremamente interessante sul decreto-legge al nostro esame. Ovviamente, vi sarebbe la necessità di rispondere, per fare in modo di capire quali sono gli interventi che il Governo ha posto alla nostra attenzione, che sono comunque positivi, ma mi riserverò naturalmente di farlo in altra circostanza.
Voglio ringraziare tutta la Commissione bilancio - sia l'opposizione sia la maggioranza - che ha fornito un contributo notevole a migliorare il testo del decreto-legge al nostro esame; desidero, inoltre, ringraziare il presidente della Commissione, i funzionari, nonché il sottosegretario Lettieri, in rappresentanza del Governo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente rispetto gli impegni e, ovviamente, la tempistica concordata mi impedisce di dare risposte puntuali ad ogni singolo deputato intervenuto, al quale va, comunque, il mio ringraziamento. Il dibattito svoltosi, in primo luogo in Commissione, è stato elevato e proficuo. Devo ringraziare - e ovviamente concordo con la sua relazione - il relatore, onorevole Di Gioia, ed il presidente della Commissione, ma devo dire che il testo del Governo è stato integrato anche a seguito del contributo venuto da parte dei rappresentanti dei vari gruppi, compresi quelli dell'opposizione.
All'opposizione, i cui rappresentanti sono intervenuti in quest'aula con discorsi molto elevati e puntuali su alcune questioni, dico che il Governo è attento e certamente non irresponsabile. Il provvedimento al nostro esame mira a rispettare il programma che il Governo stesso ha presentato in quest'Assemblea. Attraverso la manovra finanziaria abbiamo intrapreso il risanamento, rimettendo a posto i conti, ora bisogna intervenire a sostegno della equità sociale, delle fasce più deboli, degli anziani - ai quali garantiamo un minimo di aumento delle pensioni più basse - e dei giovani (a riprova della nostra attenzione nei loro confronti, sono stati testé citati i provvedimenti dal collega Delbono). Pertanto, non vi è irresponsabilità da parte del Governo, che ha pensato anche a correggere alcune norme relative agli studi di settore, per prestare attenzione agli artigiani, ai commercianti e ai liberi professionisti, il cui ruolo è certamente importante e significativo per l'economia italiana. Quindi, non si registra alcuno spreco di risorse, né vogliamo «fare festa», come qualcuno ha detto (mi auguro, anzi, che qualcuno possa essere un po' più soddisfatto).
Dobbiamo sconfiggere il pessimismo esasperato emerso negli interventi di alcuni colleghi dell'opposizione, nella convinzione che l'Italia, il nostro Paese, possa davvero farcela e che, se ce la farà, ciò significherà che avremo un Paese più sviluppato, ma anche più giusto.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 14,55, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI