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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (A.C. 2852-A) (ore 10,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.
Ricordo che nella seduta del 19 luglio si è proceduto alla votazione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2852-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2852 sezione 1).
Avverto che dopo l'illustrazione degli ordini del giorno avranno luogo, a partire dalle ore 15, dopo l'espressione del parere da parte del Governo, le votazioni, previo svolgimento di eventuali dichiarazioni di voto.
L'onorevole Germontani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/15.
MARIA IDA GERMONTANI. Il mio ordine del giorno n. 9/2852/15, che auspicoPag. 2venga accettato dal Governo, è l'ultimo di una serie di atti d'iniziativa parlamentare posti in essere dai gruppi dell'opposizione in Commissione, compresi anche gli emendamenti sui quali non abbiamo potuto discutere in quanto è stata posta la questione di fiducia.
La legge finanziaria per il 2007 ha previsto una disciplina transitoria per gli studi di settore in attesa di una loro revisione complessiva, introducendo specifici indici di normalità economica e prevedendone l'applicazione ai periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2006. In tutte le sedi, dalle associazioni dei professionisti e dagli ordini professionali, è stata denunciata l'assoluta mancanza di aderenza degli indici di normalità economica alla situazione reale del Paese. Si sono succedute anche varie interpretazioni e testimonianze, dovute proprio all'assoluta mancanza di chiarezza e alla gravità della situazione. Ne è derivata una serie di atti d'iniziativa parlamentare, presentati in Commissione, dai colleghi di Forza Italia, della Lega e dell'UDC e dal mio gruppo, Alleanza Nazionale. Ad esempio, abbiamo presentato una risoluzione in Commissione con la quale chiedevamo di non applicare gli indici di normalità economica per le dichiarazioni relative al 2007, in attesa della revisione prevista dall'articolo 13 della legge finanziaria per il 2007. Inoltre, sulla questione abbiamo svolto in Commissione un'audizione dei rappresentanti dei ragionieri, dei dottori commercialisti e dei consulenti del lavoro, e vi è stato un coro unanime nel chiedere la non applicabilità degli indici per il 2007.
Il mio partito ha presentato su tale questione anche un'interrogazione a risposta immediata (question time) al Presidente del Consiglio Prodi, per sospendere l'applicazione di tali indici con l'obiettivo di sostituirli con altri condivisi dalle associazioni. Abbiamo ricevuto risposte insoddisfacenti, nebulose, contraddittorie e soprattutto svincolate e avulse dalla realtà, dalle istanze dei contribuenti e dagli appelli che provengono dalle categorie economiche dei professionisti.
Purtroppo gli indicatori di normalità economica sono stati determinati unilateralmente dall'amministrazione finanziaria e non sono stati sottoposti, quindi, al vaglio dell'associazione. Inoltre, non è stato rispettato lo spirito collaborativo del protocollo di intesa e gli studi di settore non riescono ad individuare neanche le tipologie di imprese alle quali si applicano.
Si è, quindi, registrata la contestazione di tutte le associazioni di categoria. Gli studi di settore dovrebbero essere il frutto di una specifica attività di analisi che dovrebbe prevedere la fattiva collaborazione delle associazioni di categoria interessate. Queste ultime, infatti, sono le uniche capaci di esprimere e di fornire elementi di valutazione e conoscenza alle commissioni di esperti, che poi devono esprimere il parere sugli studi del settore. Si sono, invece, bypassate le associazioni di categoria e il Governo è stato costretto a prorogare il termine per il pagamento delle imposte spostandolo dal 18 giugno al 9 luglio, e ciò è stato fatto prima con l'annuncio sui giornali e, poi, adottando i provvedimenti.
La norma inserita nel decreto-legge a cui fa riferimento il mio ordine del giorno, a mio avviso, contiene anche poco di innovativo in quanto essa prevede che gli studi di settore costituiscano delle presunzioni semplici. Preciso che le presunzioni possono essere semplici o legali. Le presunzioni legali sono assolute o relative: le prime non ammettono prove contrarie, le seconde consentono che l'interessato provi il contrario di quanto si presume. Vi sono, inoltre, le presunzioni semplici, disciplinate dall'articolo 2729 del codice civile, che devono essere gravi, precise e concordanti.
L'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in tema di accertamento, recita testualmente che l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici purché siano gravi, precise e concordanti. Questo è il quadro normativo. Già nel citato decreto del Presidente della Repubblica, in sede di accertamento,Pag. 3si afferma che siamo in presenza di presunzioni semplici e, se è vero, come è vero, che la legge finanziaria per il 2007 ha modificato l'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 - che disciplina le modalità di utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento - e se è vero che l'Agenzia delle entrate ha ribadito che l'intervento normativo ha affermato la valenza probatoria degli studi di settore quali presunzioni relative dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ritengo che sia errata la circolare dell'Agenzia delle entrate. Il fatto stesso che l'Agenzia debba far riferimento, per parlare di presunzioni, a requisiti di gravità, precisione e concordanza - ovvero gli stessi requisiti che il codice civile richiede per le presunzioni semplici - suggerisce che già oggi siamo in presenza di presunzioni semplici.
Con questo ordine del giorno si intende impegnare il Governo a chiarire - questo chiediamo, alla fine, dopo tutti gli interventi e le iniziative che abbiamo presentato in Commissione e con gli emendamenti non discussi - se le disposizioni adottate in materia finanziaria riguardanti gli studi di settore abbiano o no carattere innovativo. Rispetto alle analisi delle categorie interessate gli studi di settore non rivestono carattere innovativo ma risultano semplici presunzioni.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARIA IDA GERMONTANI. Chiediamo, pertanto, un chiarimento da parte del Governo e l'ordine del giorno è rivolto in tal senso. È evidente, infatti, che l'ambiguità della disposizione di legge può generare soltanto un contenzioso senza fine. Inoltre, riteniamo che sia interesse reciproco, dell'Agenzia delle entrate e dei contribuenti, chiarire i termini delle nuove disposizioni.
Per tale motivo raccomando l'approvazione del mio ordine del giorno con il quale chiediamo, ripeto ancora una volta, al Governo...
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.
MARIA IDA GERMONTANI. ... di chiarire la natura della norma.
PRESIDENTE. L'onorevole Mellano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/1.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, collega relatore, il mio ordine del giorno è collegato ad un'iniziativa che ho tentato, un po' in solitaria, di portare all'attenzione sia della Commissione agricoltura - di cui faccio parte - sia della Commissione ambiente - alle cui riunioni ogni tanto partecipo - nonché della Commissione bilancio e dell'Assemblea nel corso dell'esame delle proposte emendative.
Il giudizio che ho espresso, anche a nome del gruppo a cui appartengo, sul provvedimento in esame è chiaro: si tratta di un decreto-legge omnibus che contiene tantissime norme ed interventi anche condivisibili, urgenti e necessari. Tuttavia, le iniziative sono tantissime e lo stesso relatore, infatti, non è riuscito ad illustrarle tutte nella sua pur doviziosa relazione introduttiva.
Il mio tentativo era quello di porre un ordine di priorità negli interventi, nell'ambito del quale - per quanto ho avuto la possibilità di occuparmi della questione in Commissione agricoltura e, in generale, in Assemblea - credo che sia assolutamente urgente, per il Governo (e in questa direzione sollecito l'attenzione del sottosegretario Lettieri) un intervento straordinario a vantaggio dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (l'INFS), che da anni si dibatte in una crisi strutturale e politica indicibile.
L'istituto è fondamentale per la gestione della fauna selvatica in Italia, ai fini dell'applicazione precisa e puntuale della legge n. 157 del 1992 sul prelievo venatorio e sulla tutela della fauna selvatica in Italia, ma anche - forse tale aspetto è meno conosciuto - per importanti ed urgenti interventi di monitoraggio e di ricerca sulla questione dell'influenza aviaria, quindi su tutto ciò che riguarda la fauna selvatica e che abbia delle ricadute sulla salute pubblica.Pag. 4
Con tale ordine del giorno si chiede al Governo - considerato che non mi è stato possibile intervenire con un emendamento puntuale, che in Commissione è stato ritenuto non accoglibile, mentre in Assemblea non siamo arrivati alla fase dell'esame degli emendamenti - di rivolgere particolare attenzione all'Istituto nazionale per la fauna selvatica in sede di predisposizione della prossima legge finanziaria e di procedere ad un eventuale riassesto dei fondi di cui all'articolo 17 del provvedimento in esame.
Si chiede, pertanto, un'attenzione concreta, puntuale, necessaria ed urgente nei confronti di un istituto, che sta morendo nelle pastoie burocratiche e politiche del nostro Paese. Ho già affermato che si tratta di un istituto fondamentale, che nel 2005 ha registrato un rinnovo del proprio consiglio di amministrazione e che però, dal 2005, si dibatte con consiglieri che non partecipano alle sedute, si dimettono e non sono sostituiti o sono dichiarati decaduti - come avvenuto nel maggio scorso - dal TAR del Lazio.
Si tratta, quindi, di una situazione di emergenza vera: il Fondo ordinario di finanziamento è totalmente insufficiente; la pianta organica dell'istituto dovrebbe essere di oltre cento unità, mentre attualmente vi lavorano solo quaranta persone. Ad occuparsi della questione delicatissima dell'aviaria vi sono solo un ricercatore fisso e quattro precari: non si può svolgere alcuna analisi di ricerca approfondita, ma soltanto il monitoraggio della situazione su una questione - lo ricordo - che qualche mese fa era all'attenzione quotidiana dei mezzi di informazione.
Si tratta di un'accorata richiesta al Governo di prevedere un intervento sull'Istituto nazionale per la fauna selvatica non soltanto ordinario, ma anche straordinario, adeguato alle sfide, alle necessità dell'istituto e all'urgenza della situazione in cui esso attualmente si dibatte, magari propedeutico ad un commissariamento o a un rinnovo completo del suo consiglio di amministrazione. Non ritengo accettabile, infatti, che in un consiglio di amministrazione, nominato nel febbraio 2005, vi siano persone come Viviana Beccalossi (che dal 2005 non ha più partecipato alle riunioni del consiglio di amministrazione), l'onorevole Sergio Berlato (che non vi ha preso parte dal 2006) o il consigliere Riparbelli, che è stato dichiarato decaduto dal TAR del Lazio.
PRESIDENTE. Onorevole Mellano, concluda.
BRUNO MELLANO. È una situazione davvero grave e delicata, nei confronti della quale chiedo un'attenzione particolare del Governo: questo è il mio intento. Continuerò in un tentativo assiduo di richiedervi un'attenzione concreta, anche prevedendo l'erogazione di un contributo straordinario a tale ente.
PRESIDENTE. L'onorevole Zacchera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/2.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno è molto semplice: non dubito che il Governo vorrà accettarlo. Con esso si chiede, infatti, che siano applicati la legge e specificamente, nello spirito e nella norma, lo Statuto del contribuente, che a mio avviso è una pietra fondamentale nei rapporti tra istituzioni finanziarie e contribuenti: in mancanza di collaborazione e trasparenza, ma anche di uno spirito di equità e correttezza che deve animare le due parti, non si va da nessuna parte.
Da questo punto di vista, invece, mi lamento nei confronti del Governo, come peraltro feci anche nel passato per precedenti Governi: la realtà, infatti, percorre spesso strade diverse dai desiderata. Dopo i recenti avvenimenti, penso veramente che debba essere ristabilito un rapporto di correttezza nei confronti dei contribuenti, partendo da un aspetto fondamentale.
Secondo me, è sbagliato l'approccio, che il Governo ha in questi mesi, di considerare i contribuenti evasori fino a prova contraria. Tutti i contribuenti, invece, dovrebbero essere considerati fedeli fino a prova contraria, ma, una voltaPag. 5scoperti come infedeli, andrebbero sanzionati con severità, con l'applicazione di un trattamento consono alla gravità vera dell'eventuale evasione. Regolarmente, invece, ci troviamo di fronte alla legge dei furbi e, nella corsa a chi è più furbo degli altri l'amministrazione finanziaria negli ultimi mesi ha messo insieme alcune trappole, che secondo me sono contro lo spirito dello Statuto dei contribuenti.
La collega Germontani prima ha fatto riferimento agli studi di settore, sui quali quindi non mi soffermo ulteriormente. Intendo essere molto concreto, visto che di professione dovrei fare anche il dottore commercialista. Non si va da nessuna parte in questa maniera, cioè cambiando in corso d'opera le regole del gioco, altrimenti si rischia veramente di provocare una rincorsa a richiedere l'evasione.
Se è vero che i lavoratori dipendenti hanno minori possibilità di evasione, salva l'ipotesi di un secondo lavoro, è altrettanto vero che non si va da nessuna parte se non si ha il coraggio di entrare nel merito della presunta evasione, cominciando a distinguere tra la grande e la piccola evasione. La grande evasione è quella della società finanziarie, che compiono operazioni di portata enorme e non vengono mai sanzionate dal fisco. Si pensi, ad esempio, al caso FIAT di qualche tempo fa. Mi risulta che tale società se la sia cavata con una multa di 800 mila euro, che sono quisquilie rispetto ai milioni di euro, che in qualche maniera sono stati evasi al fisco (se sono vere le notizie apparse sugli organi di stampa di questa settimana). Ciò è avvenuto per molte altre operazioni, senza bisogno di scomodare i cosiddetti «furbetti del quartierino». Mi riferisco, in particolare, alle acquisizioni, alle dismissioni, alle scatole cinesi che pongono in essere le società. Questo tipo di operazioni non vengono, però, mai toccate dal fisco, che va a prendersela, invece, con i contribuenti che lasciano tracce.
Non sono assolutamente d'accordo con questo modo di procedere. Quale credibilità può avere, per esempio, il controllo della Guardia di finanza nei confronti dei contribuenti, dopo tutto quello che è successo? Qualora la Guardia di finanza venisse da me, io potrei legittimamente sospettare che essa agisca sulla base di scelte politiche, visto il controllo che il potere politico ha posto - e ha ribadito essere legittimo porre - sulla Guardia di finanza, minando così quel carattere di terzietà, che deve essere proprio di un Corpo dello Stato il quale ha il compito di accertare cosa effettivamente sia avvenuto. È gravissima la perdita di credibilità che la Guardia di finanza ha subito anche per effetto delle altrettanto gravissime dichiarazioni rese in Parlamento dal Ministro dell'economia e delle finanze. Se fosse vera, infatti, anche solo una parte di quelle dichiarazioni, il generale Speciale avrebbe dovuto essere «eliminato» ben prima. Questo, però, ci porterebbe fuori del seminato.
Il fisco deve comportarsi in maniera corretta! Faccio un esempio: chi in questi giorni paga in ritardo le imposte viene giustamente sanzionato, per i primi giorni, con una piccola ammenda, successivamente con una di importo maggiore. Ma come mai il fisco ritarda il rimborso per anni quando lo stesso è debitore nei confronti dei contribuenti? Questa mancanza di correttezza e di trasparenza incide molto. Ho visto che il livello medio dei dipendenti dell'agenzia delle entrate è molto migliorato in questi anni, ma il malumore e il disappunto che spesso è presente all'interno di quegli uffici sono dovuti al fatto che vi è un affastellamento di norme impossibili perfino da conoscere, oltre che da seguire.
Mi chiedo per quale motivo, invece, non si applichi lo Statuto del contribuente, che chiede vi sia chiarezza interpretativa, assenza di incertezze sull'applicazione della norma, con poche, chiare e semplici norme da applicare; che chi non le applica paghi, perché è giusto che chi non si comporta correttamente sia sanzionato. Non prendiamo ad esempio gli Stati Uniti d'America, ma ricordiamoci che lì chi evade le imposte va in galera sul serio, non come avviene qui in Italia dove la cosiddettaPag. 6legge «manette agli evasori» (legge 7 agosto 1982, n. 516) non è mai stata di fatto applicata.
Chiedo al Governo, nello spirito prima ancora che nella forma, di riprendere in mano lo Statuto del contribuente e di applicarlo. Alla fine scoprirà che recupererà, secondo me, molto di più nei confronti dei contribuenti, con i quali ci deve essere un rapporto, come dicevo all'inizio, di correttezza reciproca. Non si deve partire dal presupposto che si evade salvo prova contraria: di solito, invece, si dichiara il vero salvo prova contraria.
Gli esempi da fare a questo riguardo sarebbero sterminati ed inutili in quanto farebbero solo perdere tempo all'Assemblea.
In conclusione, chiedo che il mio ordine del giorno venga accettato da parte del Governo e che soprattutto venga applicato.
PRESIDENTE. L'onorevole Leo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/3.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno è volto a far chiarezza sulla problematica concernente il cuneo fiscale e le holding industriali.
Nell'emendamento presentato dal Governo è stato affermato che la disciplina sul cuneo fiscale viene estesa anche a banche e assicurazioni. Ovviamente, le risorse non si sarebbero trovate se non all'interno dello stesso meccanismo di tassazione delle banche, pertanto il Governo ha introdotto una disposizione con la quale si sono resi indeducibili gli interessi passivi delle banche diretti non al credito alla clientela, bensì agli investimenti. Quindi, il meccanismo IRAP era mirato a rendere indeducibili tali interessi passivi e le risorse venivano poi destinate al cosiddetto cuneo fiscale. Ebbene, come accade da molto tempo - il collega Zacchera ha in precedenza enucleato una serie di situazioni che si sono verificate, così anche la collega Germontani - il legislatore fiscale ha perso la cosiddetta trebisonda, non sa più da che parte orientarsi, non sa scrivere le norme fiscali, e ciò è estremamente allarmante. Infatti, si è esteso il ricordato meccanismo di indeducibilità degli interessi passivi anche alle cosiddette holding industriali, che sono disciplinate nell'articolo 113 del testo unico bancario. Però, le holding industriali non fruiscono del cuneo fiscale, che è un meccanismo attraverso il quale si opera una detassazione IRAP a fronte di impiego di forza lavoro, di lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato, mentre le holding industriali non hanno alcun lavoratore dipendente, perché gestiscono solo partecipazioni.
Quindi, attraverso le norme introdotte dal Governo, si verificava una situazione tale per cui le holding industriali non godevano di alcuna agevolazione in termini di cuneo fiscale, però pativano una penalizzazione in ordine alla deduzione degli interessi passivi. Tale situazione era palesemente squilibrata e penalizzava un comparto imprenditoriale, senza che vi fosse alcun corrispondente vantaggio. Per questo motivo il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato un comunicato stampa. Ormai è vezzo che le norme non vengano più scritte: il Ministero si esprime e si pronuncia con comunicati stampa - detti anche, in gergo, comunicati legge - e il contribuente non trova le norme necessarie ad applicare le imposte, per fare le dichiarazioni dei redditi, nella Gazzetta ufficiale, ma le deve andare a cercare su Il Sole 24ore, su Italia Oggi, quindi sui giornali specializzati, perché in Gazzetta ufficiale non esiste traccia di norme giuridiche in materia tributaria.
Con il predetto comunicato stampa si è affermato che anche le holding industriali devono partecipare all'indeducibilità degli interessi passivi. Giustamente le holding industriali sono insorte, affermando di non avere alcun vantaggio in termini di cuneo fiscale e di non avere alcuna deduzione, quindi domandandosi perché dovessero essere penalizzate. A quel punto il Ministero, nella stessa giornata, ha operato un'ulteriore correzione (secondo comunicato stampa) e ha affermato che forse avevano ragione le holding industriali: occorrevaPag. 7considerare gli interessi passivi relativi all'acquisizione di partecipazioni, sia al numeratore sia al denominatore del rapporto di deducibilità degli interessi passivi. Tutto ciò non si trova nella norma di legge, non ve ne è assolutamente traccia.
Allora, l'ordine del giorno da me presentato è volto a dare un ausilio, un sostegno al Governo, per far sì che, se la necessaria correzione non si trova nelle norme di legge, almeno attraverso tale strumento il Parlamento prenda atto dell'errore del Governo e, in qualche modo, vi ponga rimedio, affermando che, per quanto riguarda le holding industriali che sostengono interessi passivi per acquisire partecipazioni, queste vanno assunte sia al numeratore sia al denominatore del rapporto, al pari di quanto avviene per le banche. Infatti in questo caso i crediti verso la clientela, che rappresentano il core business delle banche, vengono assunti sia al numeratore sia al denominatore del rapporto. Il mio ordine del giorno n. 9/2852/3 è volto proprio a raggiungere lo stesso risultato per le holding industriali.
Ma vi è di più, perché la seconda fase sarà rappresentata dalle cosiddette holding bancarie, che si trovano in una situazione analoga alle holding industriali. Quindi, col presente ordine del giorno sistemeremo la questione delle holding industriali, poi bisognerà porre rimedio alle holding bancarie, che si trovano in un'analoga situazione.
Alla luce di quanto ho affermato, ciò rappresenta la riprova di come si legifera in materia tributaria. Non è più possibile continuare così: i contribuenti, lo Stato ed il Paese hanno bisogno di certezze, altrimenti non si potrà concorrere, come sancito nella Carta costituzionale, in modo serio alla determinazione delle basi imponibili e al pagamento corretto delle imposte.
PRESIDENTE. L'onorevole Uggè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/5.
PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, con il mio ordine del giorno n. 9/2852/5 si intende creare una situazione di certezza e di tutela per le imprese italiane di autotrasporto, chiamate - ahimè - alla restituzione del bonus fiscale concesso negli anni 1991, 1992, 1993 e 1994 dai Governi in carica, e considerato illegittimo da alcune sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee. È una questione particolarmente delicata perché vi sono illustri giuristi i quali hanno espresso alcuni pareri ed hanno avviato iniziative di tutela legale per le imprese colpite dalla ricordata comunicazione, che impone loro la restituzione. Si tratta dunque di imprese coinvolte da provvedimenti dei quali è manifesta l'illegittimità. Con essi, infatti, si manifesta chiaramente un'arbitrarietà da parte del ministero competente, si introducono elementi di distorsione della concorrenza e addirittura si compie un miracolo, cioè si ricorre a quell'evoluzione e a quel cambiamento di sostanza che ci ricorda l'aneddoto di quel sacerdote, che il venerdì usava battezzare la carne - ego te baptizo carpam - sentendosi in tal modo in tranquillità con la propria coscienza poiché così non commetteva un peccato mortale, considerato che a quel tempo era vietato mangiare la carne di venerdì.
In altre parole, con una legge arbitrariamente ed illegittimamente si cambia la natura erariale del credito - quindi, distogliendo l'azienda dal giudice naturale precostituito per legge, poiché, trattandosi di un credito di imposta, ovviamente esso soggiace al procedimento tributario - e si assegna ad esso un'altra natura. Tali incongruenze ed illegittimità, le quali incidono sulla programmazione aziendale, considerato che un'impresa sarebbe tenuta, dopo quindici anni, a restituire con gli interessi quanto effettivamente beneficiato in virtù di una legge dello Stato, ledono la libera concorrenza tra le imprese perché escludono taluni ed includono altri, non si capisce con quale criterio. Inoltre, si impedisce alle imprese di presentarsi al procedimento con una difesa documentale, in quanto nessuno è obbligato a mantenere una documentazione che risale agli anni 1991,1992, 1993 e 1994. Allora, ciò lascia intuire che sicuramentePag. 8vi saranno iniziative di carattere giudiziario, considerato altresì che il Governo, con la misura di cui al comma 3 dell'articolo 12, stabilisce che nei confronti degli autotrasportatori viene di fatto creato quello che, nel 1996, l'attuale Presidente del Consiglio definì - in una riunione sindacale con le associazioni di categoria - un'evidente partita di giro nei confronti delle imprese coinvolte: in altre parole, esse avrebbero dovuto pagare, ma successivamente gli stessi importi sarebbero stati loro restituiti.
Oltretutto, i protocolli di intesa successivi prevedevano l'operazione contraria: prima lo Stato metteva a disposizione le risorse poi gli autotrasportatori le restituivano; in questo caso, invece, si è voluta cambiare tutta la disciplina perché era stata deliberata in una stagione maledetta, quando governava il Governo Berlusconi: tutto ciò che è stato stabilito da quel Governo deve essere assolutamente cambiato! Quindi, alle imprese di autotrasporto viene detto prima di pagare, poi che - attraverso un certo meccanismo - saranno rimborsate. Facciamo attenzione, perché al di là di ciò che potrà succedere dal punto di vista giudiziario e della legittimità, le iniziative legali assunte da parte di alcune imprese nei confronti sia del Governo italiano, sia della competente Commissione europea, potrebbero innescare un'ulteriore richiesta alle imprese di autotrasporto, che dovessero beneficiare di tale partita di giro. Per tali motivi, con il presente ordine del giorno si tende ad impegnare il Governo a verificare effettivamente che quanto stabilito non produca ulteriori danni alle imprese di autotrasporto a causa dell'incapacità manifesta di coloro che ci governano: sono sempre gli stessi!
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/42.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, l'ordine del giorno che propongo trae origine dal contenuto del comma 1 dell'articolo 15 del provvedimento in esame. In tale comma vengono stanziati 12 milioni di euro per il 2007 per le misure di accompagnamento collegate agli interventi di interruzione obbligatoria dell'attività di pesca, cioè il cosiddetto fermo pesca. In particolare, i fondi sono, a loro volta, suddivisi in 7 milioni di euro per i contributi ai marittimi imbarcati su pescherecci colpiti nel corso del 2007 da un provvedimento di fermo pesca, mentre i restanti 5 milioni di euro sono attribuiti in favore del piano triennale della pesca, per ulteriori interventi da adottare in favore di tale settore.
Signor presidente, mi rivolgo in particolare al Governo, che, se siamo fortemente convinti, nel corso di un anno e pochi mesi di attività, nei confronti del settore della pesca, sia verso gli imprenditori sia verso i marittimi imbarcati, è stato assolutamente distratto, se non addirittura latitante. Una serie di impegni presi e di misure in favore del settore sono stati sin ora inevasi: cito, una tra tutte, l'equiparazione dell'aliquota IVA nel settore ittico a quella prevista in agricoltura. Tale misura è già parte del nostro ordinamento, è contenuta in una specifica legge del 2006, uno degli ultimi provvedimenti del Governo Berlusconi, coperta, tra l'altro, da un adeguato stanziamento in bilancio, ma non è stata assolutamente attuata. Devo anche aggiungere che proprio in quest'aula il 2 maggio scorso è stata approvata all'unanimità una mozione, di cui ero primo firmatario ma firmata anche da rappresentanti del centrosinistra. Tale mozione ha individuato una serie di priorità in questo delicato comparto. Nonostante tali azioni, assistiamo sino ad oggi ad una stasi assoluta da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ma soprattutto da parte della guida politica del Ministero; in generale, da parte del Governo Prodi, in particolare da parte del Ministro De Castro.
Nello specifico, sosteniamo che la somma stanziata è del tutto insufficiente, quindi proponiamo lo stanziamento di maggiori risorse a favore di questo delicatissimo settore e, più generale, siamo convinti che il fermo pesca, così come oggiPag. 9previsto, sia una misura obsoleta. Si tratta di una misura da ripensare e ristudiare, perché vanno individuate importanti misure di accompagnamento a carico dei marittimi imbarcati, ma non va trascurata neanche la necessità di dare una risposta agli imprenditori, agli armatori, perché notoriamente le misure del fermo pesca riguardano soltanto i marittimi e non gli armatori, come se questi ultimi non ricevessero sostanzialmente un danno dalla sospensione obbligatoria dell'attività di pesca per trenta o quaranta giorni. Tra l'altro, sono anche da rivedere le percentuali di contributi destinate nelle varie zone d'Italia: nelle ultime due settimane il Governo ha varato un provvedimento amministrativo, che nella suddivisione delle somme ha fortemente penalizzato le regioni meridionali del nostro Paese, in particolare la Sicilia e la Sardegna. La penalizzazione di queste ultime due regioni è stata giustificata da una motivazione risibile, prendendo come pretesto le competenze esclusive delle due regioni - soprattutto della regione Sicilia - in materia di pesca. Ebbene, la competenze esclusive in materia assolutamente non esimono lo Stato nazionale dal mettere a disposizione le necessarie risorse.
Stiamo parlando, tra l'altro, di due regioni fortemente interessate a questo comparto; in particolare, ricordo all'Assemblea che si tratta di oltre il 40 per cento delle imprese di pesca esistenti in Italia in termini numerici, ma che, dal punto di vista quantitativo, oltre il 50 per cento del pescato in Italia è realizzato dalle marinerie isolane e della Sicilia.
Per rimediare a tali manchevolezze con il mio ordine del giorno n. 9/2852/42 vogliamo dare un segnale, ribadendo che si tratta di un settore importante, che va aiutato e supportato, in cui le risorse sono assolutamente esigue. Si aumentino le poste in bilancio, le risorse a disposizione, ma soprattutto si apra un tavolo di confronto tra la politica e nella politica, in particolare con le organizzazioni di categoria, per riesaminare lo strumento del fermo pesca, nell'ambito di una strategia complessiva di rilancio del settore. Oggi non assistiamo a tale rilancio, perché abbiamo ben compreso che il settore della pesca in generale e le marinerie in particolare non rientrano assolutamente tra le priorità del Governo e nemmeno tra i soggetti da prendere in considerazione. Si tratta di un soggetto...
PRESIDENTE. Onorevole Marinello, concluda.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ...che fino ad oggi è stato la Cenerentola del Governo. Vediamo se quest'ultimo, accogliendo questo ordine del giorno, saprà invertire tale tendenza.
PRESIDENTE. L'onorevole Adenti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/68.
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente l'ordine del giorno n. 9/2852/68, che ho presentato unitamente ai colleghi Affronti e Zucchi, intende dare un segnale di attenzione ai collegi universitari legalmente riconosciuti dal Ministero dell'università. In Italia, com'è noto, tali collegi sono quattordici, gestiscono circa quarantasei residenze universitarie e ospitano circa quattromila studenti fuorisede, dando, quindi, un contributo molto importante per quanto riguarda le attività educative e formative a supporto dell'attività accademica.
All'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 dicembre 1995 è previsto che nel piano triennale di sviluppo delle università possano essere concessi contributi straordinari alle università per specifiche iniziative e programmi relativi ad attività di orientamento culturali, didattiche ed integrative, nonché per l'attuazione di altri programmi, soprattutto per quanto riguarda il diritto allo studio da realizzarsi attraverso tali collegi universitari legalmente riconosciuti. In tal modo si riconosce, altresì, il ruolo assolutamente complementare, ma importante di tali collegi, ubicati soprattutto nelle università storiche del nostro Paese.Pag. 10
Con il mio ordine del giorno n. 9/2852/68 intendiamo impegnare il Governo e chiedere di valutare la possibilità di prevedere, in uno dei prossimi provvedimenti normativi, uno stanziamento aggiuntivo a favore dei collegi universitari legalmente riconosciuti, affinché possano continuare a svolgere un ruolo di supporto importante, a livello di attività educative e formative, per quanto riguarda il sistema universitario del nostro Paese.
PRESIDENTE. L'onorevole Cossiga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/22.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, gli ordini del giorno, com'è noto, fanno parte di un mondo parlamentare che o non esiste più o non dovrebbe esistere. Conservano un significato quando - come nel caso illustrato dall'onorevole Leo - si tenta di concordare con il Governo un intervento in relazione ad un problema che non è di natura legislativa, ma procedurale o regolamentare. Hanno assai minore significato quando - come nell'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/22 - si chiede al Governo di fare ciò che probabilmente non vuole fare o, addirittura, nemmeno glielo si chiede, perché nel testo al nostro esame - che è piuttosto diverso da quello stampato che ho davanti agli occhi - l'impegno consiste nel valutare l'opportunità; se avessimo aggiunto «se lo ritenga necessario» avremmo dato forse più senso al non senso dell'ordine del giorno in discussione!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,20)
GIUSEPPE COSSIGA. Con riferimento all'ordine del giorno n. 9/2852/22, signor Presidente, esiste un altro problema, che faccio notare anche agli uffici: gli ordini del giorno, di solito, sono presentati da un deputato; l'ordine del giorno n. 9/2852/22 sicuramente non l'ho presentato io, perché, se l'avessi presentato io, non avrei certo detto: «La Camera, premesso che: (...) relativamente a diverse missioni...», forse avrei scritto «alcune missioni». Inoltre, sicuramente, non avrei parlato di «barbarie ingiustificata», perché ciò si oppone all'esistenza di qualche «barbarie giustificata» che non credo esista. Infine, mai e poi mai avrei detto «valutare l'opportunità di destinare (...) risorse (...) finalizzate all'aumento dei mezzi». Infatti, se il problema dell'insufficiente finanziamento e, soprattutto, dell'insufficiente appoggio al Governo in relazione alla dotazione di mezzi e di attrezzature ai nostri militari in missione è un problema reale, non è questo il modo di affrontarlo.
Ciò che ho detto non vuole presentarsi come denuncia, non vuole presentarsi come inizio di un'azione; tuttavia, per semplificare il lavoro e per rispetto degli uffici e del mio gruppo, l'ordine del giorno n. 9/2852/22 va inteso come ritirato.
Aggiungo inoltre che va ritirata anche la mia firma dall'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/2852/25; difficilmente, infatti, avrei firmato un ordine del giorno in cui si auspica l'ingresso nell'Unione europea di tutti gli Stati dell'ex Jugoslavia, Dio ce ne scampi!
PRESIDENTE. Onorevole Cossiga, lei stesso ha riconosciuto che non vi è alcuna responsabilità della Presidenza, perché a noi l'ordine del giorno è pervenuto, dalla segreteria del gruppo Forza Italia, con la sua firma e, quindi, è una contestazione che lei rivolge, evidentemente, al gruppo Forza Italia. Prendo comunque atto che l'ordine del giorno Cossiga n. 9/2852/22 è stato ritirato.
L'onorevole Aprea ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/23.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad un'ennesima occasione perduta per la scuola italiana e - mi sento di aggiungere - anche per l'università.
L'ordine del giorno n. 9/2852/23, che ho presentato insieme all'onorevole Garagnani, fa il punto sulla situazione scolastica. Il provvedimento in esame ha finito per distribuire risorse a pioggia, senzaPag. 11seguire un criterio plausibile, come sappiamo dietro pressione dei sindacati e dei gruppi di potere della sinistra, concedendo risorse che, tuttavia, trascurano le esigenze reali del Paese; tra queste, naturalmente, voglio inserire quelle della scuola.
La coalizione di centrosinistra e lo stesso Presidente Prodi, in campagna elettorale, avevano puntato sulla scuola e sull'università e avevano promesso agli italiani un investimento straordinario in questi settori; di fatto, a distanza di un anno, possiamo dire che il bilancio è molto deludente, soprattutto in materia di risorse. La scuola versa in perenni difficoltà di carattere economico e necessita di strutture, strumenti e fondi adeguati per un corretto funzionamento; alla fine, il provvedimento in esame servirà a stento a coprire i buchi di bilancio delle scuole italiane.
Per la verità vi è una questione - quella delle supplenze - che è molto delicata e che richiederebbe molto tempo. Non abbiamo, in questa sede, la possibilità di affrontare questo discorso (lo abbiamo fatto nella sede opportuna, in Commissione cultura); tuttavia, i finanziamenti previsti dal decreto-legge che destina il famoso «tesoretto» andranno sicuramente a colmare i debiti delle scuole in materia di supplenze. Ciò nonostante, quando avremo fatto ciò, saremo ancora all'anno zero. Infatti, prima di tutto, non si può scaricare sulle scuole autonome la responsabilità di supplenze che sono dovute e che sono un pezzo di welfare, perché le scuole sono tenute a pagare, per esempio, le supplenze per maternità e, a volte, si trovano a sostituire due o tre docenti per la stessa ragione. Tuttavia, non si può imputare ai bilanci delle scuole tale spesa, neanche si trattasse di spesa frenata o discrezionale.
Denunciamo anche, signor Presidente, che da quando è in carica questo Governo non vengono più finanziati i progetti sull'alternanza scuola-lavoro.
Non si parla più di alternanza scuola-lavoro che invece, come è noto, rappresenta un aspetto molto delicato. Infatti, l'orientamento attivo al lavoro dei nostri giovani richiede una predisposizione particolare di articolazioni flessibili nelle scuole e, soprattutto, risorse da destinare a tali progetti. Quindi, è bene saldare i debiti delle scuole in materia di supplenze. Tuttavia, siamo davvero messi male se ciò costituisce l'obiettivo ambizioso che il Governo si prefigge per rilanciare la scuola alla fine di un anno scolastico, parlamentare e di Governo.
Mi auguro dunque possa essere accolto l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/23 - mi rivolgo al rappresentante del Governo, che sostiene la linea scelta e indicata dal Governo stesso, volta ad attribuire nuove risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche autonome anche al fine di coprire le spese relative alle supplenze - in quanto rilancia anche l'alternanza scuola-lavoro e conseguentemente progetti per il futuro dei nostri giovani che consentano realmente alle scuole di agire in via autonoma per aiutare questi ultimi non solo ad imparare e a formarsi, ma anche ad essere orientati per un inserimento attivo nel mondo del lavoro.
PRESIDENTE. L'onorevole Fasolino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/34.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, costituisce l'ulteriore prova della contraddittorietà dell'azione di governo e di un procedere a vista che sta letteralmente distruggendo gli equilibri già fragili della nostra economia.
Solo pochi mesi or sono, nel dicembre 2006, questa Assemblea sanciva - dunque con il voto favorevole del Governo e della maggioranza - che «le maggiori entrate tributarie realizzate nel 2007 rispetto alle previsioni sono prioritariamente destinate a conseguire gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nonché i saldi di finanza pubblica definiti dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011. In quanto eccedenti rispetto a tali obiettivi, le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale sono destinate, qualora permanenti, a riduzioni della pressionePag. 12fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità sociale, dando priorità a misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti ovvero appartenenti alle fasce di reddito più basse».
Pertanto, astraendo dagli interventi relativi alle pensioni e alla sicurezza pubblica, sui quali concordiamo, nonché da pochi altri concentrati nella tabella di incrementi di spesa annessa al provvedimento in discussione, vorrei chiedere a questa Assemblea cosa significhino cinque milioni destinati all'INSEAN. Ritengo che nessuno in Parlamento conosca cosa sia l'INSEAN (Carneade, chi era costui?).
È stato elevato il limite di investimento per l'ANAS a 4.200 milioni di euro senza alcuna indicazione programmatica; un aumento della dotazione va bene, ci sono enormi ritardi strutturali da colmare nel nostro Paese, ma detta così, suona come un'elargizione priva di specificità.
Mi sarei aspettato perlomeno un piano ANAS finalizzato ad un riequilibrio dei collegamenti con le grandi città archeologiche che richiamano milioni di turisti in Italia e non sono servite da reti protette. Un esempio? Per arrivare a Paestum, stupenda città archeologica in provincia di Salerno, a volte si impiegano due ore per percorrere appena 20 chilometri.
Cosa c'entrano, poi, le missioni militari in Kosovo, Bosnia, Somalia, Palestina, Afghanistan, altre ed eventuali missioni future?
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, concluda.
GAETANO FASOLINO. Vorrei chiedere al gruppo dei Verdi, di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani dove è finita la loro bandiera «arcobaleno» che viene sempre sventolata per la pace. Si parla di missioni militari in aggiunta a quelle già statuite e nelle quali l'Italia è impegnata, oltretutto si tratta di missioni militari inserite di soppiatto in quanto non contemplate in un provvedimento ad hoc.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,32)
GAETANO FASOLINO. C'è poi da rimpinguare le consulenze per le varie amministrazioni. Se la consulenza è uno dei bubboni, delle piaghe della pubblica amministrazione, specie nella seconda Repubblica, noi con il provvedimento in oggetto...
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, concluda.
GAETANO FASOLINO... che dovrebbe devolvere il cosiddetto «tesoretto» al risanamento ed al rilancio dell'economia del nostro Paese, andiamo invece a potenziare un istituto clientelare.
In ultimo l'acquisto degli enti soppressi...
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, la prego di concludere.
GAETANO FASOLINO. Concludo, Presidente, dicendo che con l' ordine del giorno a mia firma desidero impegnare il Governo al rigido rispetto delle disposizioni per il rientro del debito pubblico da esso stesso - Governo - adottate. Quindi sarebbe molto grave approvare in quest'aula il provvedimento così come ci è pervenuto dal Governo e dalle Commissioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Ravetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/35.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/35 impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa volta a destinare le eventuali maggiori entrate realizzate nell'ultimo anno alla riduzione del disavanzo statale e alla riduzione dell'ormai insostenibile pressione fiscale cui sono stati sottoposti i cittadini italiani.
È d'obbligo fare una premessa sull'aggettivo «eventuali» che ho esplicitamente utilizzato in relazione alle maggiori entrate.Pag. 13Invero lo stesso Governatore Mario Draghi ha recentemente indicato - come peraltro ho scritto nella premessa dell'ordine del giorno - che tali maggiori entrate, l'extra-gettito, quello che giornalisticamente è stato definito il «tesoretto» - poi qualcuno mi dovrà spiegare come si fa a parlare di piccoli tesori in un periodo economicamente tanto difficile per gli italiani - di fatto non esiste.
Che cosa ha voluto dire Governatore? Ha voluto dire che tali entrate, che certamente non sono dovute né ad iniziative virtuose del Governo Prodi né ad una migliorata attività di lotta all'evasione, ma sono dovute semplicemente ad un aumento delle tasse sui cittadini - peraltro ingiustificato perché non corrispondente a migliori servizi - non sono di natura strutturale.
Sostanzialmente, il Governatore ha detto che è una «misura-spot», e come tale, e già solo per questo, non può essere pensata per sostenere una spesa, ma deve essere necessariamente pensata per il ripiano del deficit.
A proposito delle parole del Governatore, a me viene in mente un'altra frase, probabilmente non molto raffinata ma sicuramente molto efficace, pronunciata da un autorevole collega in passato. La frase è: «si stanno mangiando il vitello in pancia alla vacca». Il significato è chiaro: si sta spendendo qualcosa che non è ancora stato prodotto, che non è nato. Questa frase non l'ha pronunciata un mio collega del centrodestra, ma l'ha pronunciata a più riprese il Ministro Bersani quando era all'opposizione e contestava talune spese a suo avviso sostenute dal precedente Governo senza un'idonea copertura o strutturalità. Il Ministro Bersani è quindi il primo che interpello in relazione al decreto n. 81 del 2007, per chiedergli se è contento e se si ritiene soddisfatto della destinazione dell'extragettito.
Il secondo ministro che interpello è il Ministro per l'attuazione del programma Del Governo, Santagata. Ce lo ricordiamo bene: il primo punto del programma di Prodi era la riduzione del debito pubblico. Quando si è avuta la prima occasione di destinare delle somme alla riduzione del debito pubblico e al ripiano dei deficit, che cosa fa il Governo Prodi? Non utilizza queste somme per tale scopo. Il primo punto del programma è quindi, con il decreto-legge in esame, assolutamente disatteso. Interpello il Ministro per l'attuazione del programma per chiedergli se ha ancora un senso pensare a tale incarico per vedersi disatteso il punto cardine del programma stesso.
Un altro Ministro che penso si dovrebbe interpellare in merito al decreto in esame è il Ministro Bonino, perché è nota la sua sensibilità alle tematiche europee. Con il decreto n. 81 del 2007, nel non destinare l'extragettito al ripiano del debito pubblico, si violano di fatto, come è stato precisato dai tecnici della Commissione, gli accordi economici concordati con l'Unione europea.
Agli onorevoli colleghi della maggioranza dico che votare contro l'ordine del giorno a mia firma, e quindi votare contro la destinazione dell'extragettito alla riduzione del deficit e alla riduzione delle tasse, e quindi la restituzione di soldi sottratti ai cittadini, significa votare contro il programma da loro proposto e significa quindi ammettere che tali propositi erano utili solo in campagna elettorale.
L'ultima considerazione, signor Presidente, è che mi pare che questo Governo, più che pensare alla riduzione del nostro debito pubblico, stia pensando alla riduzione dei conflitti interni alla sua maggioranza, e credo che questo decreto e la sua stesura ne siano l'ennesima riprova (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. L'onorevole Dozzo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2582/79.
GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2582/79 prende spunto dalla «direttiva nitrati» (91/676/CEE), una direttiva del 1991 che ha trovato piena attuazione nel 2006. Esso è un ripiego, perché avevamo presentatoPag. 14un emendamento, ma purtroppo, con l'ennesima questione di fiducia, non abbiamo potuto né votarlo né discuterlo.
Si tratta di una direttiva del 1991, che pone gravi problemi a un settore, quello dell'allevamento sia zootecnico che avicunicolo, che è uno dei settori trainanti per quanto riguarda l'agricoltura. Essa è stata applicata nel 2006, e tale applicazione ha trovato più un approccio burocratico da parte sia delle regioni che dei ministeri che hanno emanato il regolamento attuativo, che non un approccio programmatico. Fatto sta che in questo momento ci troviamo in una situazione veramente grave: la direttiva ha imposto parametri molto bassi per quanto riguarda le zone vulnerabili, e zona vulnerabile è stata dichiarata, per esempio, quasi tutta la Pianura Padana. È da ricordare che la direttiva è stata modellata sul sistema di allevamento degli altri Paesi, e non certamente su quello del nostro Paese. In questo momento i nostri agricoltori sono dunque in netta difficoltà.
Bisogna ricordare che in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna si concentra il 66 per cento della produzione nazionale di bovini da carne e da latte, il 72 per cento di quella di suini e il 58 per cento di quella avicola: in altri termini, in questa zona, che è stata dichiarata vulnerabile, si concentra la maggior parte della nostra produzione. La sottoposizione a parametri tanto bassi renderà così necessario, molto probabilmente, un dimezzamento della produzione, con le immaginabili conseguenze su aziende che sono fortemente impegnate e che generano un discreto reddito nell'ambito del settore agroalimentare (naturalmente, siamo anche importatori nel settore zootecnico). Se non si riuscirà a fornire risposte chiare ai nostri allevatori, tale dimezzamento costituirà un evento davvero grave per l'intero comparto agrozootecnico.
Vi è poi un'altra questione: se la direttiva non sarà rispettata, per i sistemi di eco-condizionabilità, i nostri allevatori ed agricoltori, se sanzionati, verranno decurtati degli aiuti previsti dalla politica agricola comunitaria e di quelli per lo sviluppo rurale. In altri termini, agricoltori ed allevatori si trovano fra due fuochi: da un lato una burocrazia che non comprende i loro problemi, dall'altro la Comunità europea che - qualora non verranno rispettati i parametri stabiliti - smetterà di fornire gli aiuti necessari per l'attività di queste aziende.
L'ordine del giorno da me presentato pone una questione molto semplice: si chiede al Governo di impegnarsi affinché si possa realizzare un piano triennale, concordato con le regioni, per la costruzione di impianti di riduzione del carico azotato negli effluenti zootecnici. In quest'aula si parla tanto dell'impiego di biomasse per la produzione dell'energia alternativa (è argomento ormai quotidiano): ebbene, con quest'ordine del giorno si offre la possibilità da un lato di ridurre l'impatto ambientale dei carichi azotati e dall'altro lato di produrre energia a partire da questi effluenti zootecnici, poiché essi, combinati con altri biomasse, possono essere adoperati a tale scopo.
Per far ciò, i produttori potrebbero consorziarsi fra loro e - eventualmente tramite un piano regionale - costruire i nuovi impianti. L'impegno finanziario, signor sottosegretario, non è molto elevato: dunque, qualora l'extragettito del «tesoretto» non venisse utilizzato totalmente, si potrebbe assai facilmente avviare un percorso per finanziare un simile piano di costruzione di impianti finalizzati alla produzione di energia alternativa.
Spero dunque che, da parte del Governo, vi siano la consapevolezza della rilevanza del problema e la volontà di incamminarsi su di un percorso che può dare soddisfazione alle esigenze così descritte e, insieme, risolvere una questione ambientale.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Baldelli, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/21; si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Gioacchino Alfano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/46.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'ordine del giorno da me presentato mira a risolvere una questione semplicissima; dunque, non utilizzerò il tempo a mia disposizione per valutare il provvedimento nel suo complesso, né le questioni fiscali da esso affrontate, ma cercherò solo di esporre le motivazioni - che ritengo condivisibili - utili a convincere il Governo ad accettarlo.
In premessa, bisogna ricordare che tutto nasce - per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse aggiuntive incassate dallo Stato - dalle ipotesi che sono state formulate a giustificazione di tale maggiore entrata. A volte si utilizzano termini un po' complessi, ma, per semplificare, basterebbe chiedersi se l'entrata - imprevista - che da noi è stata realizzata si ripeterà negli anni successivi o se rappresenta un fatto eccezionale.
Poiché l'entrata si è verificata nei Governi a cavallo tra quello uscente e quello entrante (ed ora in carica), è normale che noi, come Governo uscente e attuale minoranza, riteniamo che, se l'entrata si è realizzata subito dopo il cambio di maggioranza, tale effetto debba ricondursi alla politica fiscale allora in corso.
Di conseguenza, tale tesi suggeriva di mettere mano soltanto a piccoli correttivi, che erano ben individuati. In primo luogo, occorreva abbassare ancora di più l'aliquota fiscale, per rendere la pressione ancora più sopportabile, anche cercando di evitare effetti neutralizzanti applicabili da parte degli enti locali. Se lo Stato centrale, infatti, riduce le aliquote fiscali, gli enti locali possono aumentarle o viceversa. Questi erano i correttivi da adottare.
In secondo luogo, bisognava cercare di limare gli indici che erano stati utilizzati per garantire le entrate fiscali, i quali erano indici sterili e, comunque, applicati in modo standardizzato. Il tema centrale, infatti, è se le imposte vadano pagate per i redditi che debbono essere dichiarati e poi verificati, o se le stesse debbano pagarsi su indici teorici a cui il contribuente deve fare riferimento.
La maggioranza, invece, ha ritenuto che l'entrata fiscale si fosse realizzata solo grazie all'ipotesi di una politica fiscale futura: qualcuno, addirittura, riteneva che la maggioranza appena entrata in carica avesse già indicato il modello fiscale che intendeva attivare e che, quindi, in funzione di ciò, le entrate fiscali fossero aumentate.
L'ordine del giorno da me presentato intende soltanto riconfermare e, quindi, rimarcare un principio assoluto, che è stato sempre tenuto presente ma continuamente derogato: il contribuente, a prescindere dalla legge fiscale che si deve applicare e delle norme di cui deve tener conto, ha il diritto di sapere qual è la norma a cui fare riferimento (sembrerebbe una banalità, ma di ciò si tratta).
La prova di questa incoerenza è nel fatto che, nel dibattito svoltosi durante l'iter in Commissione, si è dovuto rinviare il termine per il pagamento delle imposte, dopo la scadenza, perché gli indici proposti si erano rivelati errati.
Addirittura, nella legge finanziaria, in un primo momento, quegli strumenti di accertamento o di valutazione del reddito erano strumenti in vigore, e quindi la legge finanziaria per il 2007 aveva stabilito quale fosse il sistema di applicazione delle imposte. In un secondo momento, il Governo, avendoci ripensato, ha ritenuto gli strumenti in parola soltanto una sorta di riferimento e di parametro non obbligatorio. Di conseguenza, il numero che si ricavava dall'applicazione degli indici - il reddito da calcolare - doveva essere un reddito potenziale, ed il contribuente poteva avere delle motivazioni che ne dichiaravano la inapplicabilità.
In questo «balletto» tra indici come strumento diretto e, quindi, obbligatorio ed indici come riferimenti probabili, il Governo ha più volte rinviato le scadenze, dal momento che effettivamente si giungeva al termine di scadenza senza sapere quale fosse il meccanismo di calcolo delle imposte.
L'ordine del giorno da me sottoscritto - e spero che il Governo, per l'ennesima volta, ne tenga conto - chiede che, all'internoPag. 16di un principio assoluto, che non è né di maggioranza né di minoranza, le norme approvate dal Parlamento che si riferiscono a norme fiscali debbano entrare in vigore dopo l'approvazione, senza effetto retroattivo.
Per di più, poiché le imposte si pagano per anno solare e tutti sappiamo che, tranne casi eccezionali, le imposte versate per il 2007 si riferiscono ai redditi del 2006, se nel 2007 si registrano interventi normativi che modificano il calcolo dell'imposta, tali modifiche, senza entrare nel merito se siano giuste o meno, debbono essere applicate nell'anno successivo.
Ritengo che, al di là delle valutazioni del provvedimento al nostro esame e delle scelte operate dal Governo, criticabili da tanti punti di vista, questa è una critica delle critiche che - spero - sarà approvata.
PRESIDENTE. L'onorevole Verro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/53.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, il disegno di legge di conversione al nostro esame rappresenta, a mio modo di vedere, una doppia smentita di quanto questo Governo ha sempre sostenuto.
In primo luogo, esso smentisce la propaganda dell'attuale coalizione di Governo, secondo la quale il precedente Esecutivo avrebbe lasciato l'Italia sull'orlo del baratro.
Se così fosse, non ci sarebbe stato alcun «tesoretto» da dividere, peraltro spezzettato in mille rivoli senza un disegno strategico e spartito in base alle mille istanze di una maggioranza sfilacciata e composta da troppe anime. La verità è che il «tesoretto» si è consolidato grazie all'opera di risanamento già messa in atto dal precedente Governo, in particolare con la sua ultima legge finanziaria, quella per il 2006.
In secondo luogo - e si tratta forse della faccenda più grave - si smentisce quanto scritto a chiare lettere dall'articolo 1, comma 3, della legge finanziaria per il 2007, dove ribadivate, giustamente a mio modo di vedere, l'assoluta priorità del risanamento, con una riduzione dell'indebitamento netto. In questo provvedimento andate nella direzione esattamente opposta, perché, anziché risanare, peggiorate l'indebitamento di 6.685 milioni di euro, pari allo 0,4 per cento del PIL.
Il decreto-legge in esame, presentato poi quasi contestualmente al DPEF, sembra opera di una mente schizofrenica, che da un lato distribuisce risorse - appunto i ricordati 6.685 milioni di euro - e dall'altro prevede il reperimento di ben 21 miliardi di euro per coprire la manovra del 2008. Da un lato si dà poco e in modo frammentato, dall'altro si prende tanto, senza alcun beneficio né per i cittadini né per il sistema Paese.
La mia impressione è che con tale provvedimento relativo al cosiddetto «tesoretto», il Governo non fa altro che far crescere la spesa per poi rincorrerla con maggiori entrate. Poiché ciò è contrario ai principi europei, al buon senso e a quanto più volte il Governo ha dichiarato, con l'ordine del giorno a mia firma rivolgo un appello alla coerenza e anche alla sensibilità del sottosegretario, che ha seguito il provvedimento in esame sia in Commissione sia in Assemblea con tanta passione e con tanta determinazione, fornendo un contributo alla coerenza del Governo, perché non si chiede altro che evitare ulteriormente l'incremento della spesa corrente e destinare maggiori risorse per sostenere lo sviluppo economico e per ridurre il debito pubblico.
Mi auguro che il sottosegretario Lettieri voglia valutare positivamente l'ordine del giorno a mia prima firma e nel caso in cui non fosse così, sarei ansioso e curioso di conoscere la motivazione di un eventuale rifiuto.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Boscetto che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/59; si intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/64.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi soffermo su un argomento esaminato con particolare rilievo nell'XI Commissione (Lavoro), cioè l'articolo 5 del provvedimento recante l'innalzamento delle pensioni minime. La medesima Commissione lavoro, nell'esprimere parere positivo sulla nuova formulazione dell'articolo 5, recante interventi in materia pensionistica, che tiene in considerazione il contenuto dell'accordo siglato tra il Governo e le parti sociali, ha rilevato che il nuovo testo stabilisce direttamente l'entità degli incrementi dei trattamenti pensionistici più bassi e i requisiti, tra cui l'età, dei soggetti aventi diritto a tali benefici.
È stato considerato, in detta sede, che l'articolo 5 anche nella nuova formulazione prevede disposizioni per il miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni, di importo tra tre a cinque volte il trattamento minimo mensile vigente nell'assicurazione generale obbligatoria; inoltre, è stato rilevato che il comma 8 dell'articolo 5 istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un fondo per il finanziamento di interventi e misure agevolative relative al riscatto degli anni del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali, in modo da migliorare i trattamenti pensionistici di un'ampia gamma di soggetti tra i quali, in particolare, i giovani, in quanto più direttamente interessati, da un lato, dal regime contributivo e, dall'altro, dai processi di modifica del mercato del lavoro e dalle nuove tipologie flessibili e a tempo determinato, ed anche coloro che hanno perduto il lavoro dipendente e si trovano impegnati, non più giovani, in lavori atipici inquadrati in altra gestione contributiva separata.
Orbene vengo al punto evidenziato nell'ordine del giorno a mia firma.
La formulazione dell'articolo 5 (interventi in materia pensionistica), al comma 1, prevede che a decorrere dall'anno 2007, a favore dei soggetti con età pari o superiore a 64 anni e che siano titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria, è corrisposta una somma aggiuntiva determinata come indicato nella tabella A allegata al decreto-legge, in funzione dell'anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale.
Se il soggetto è titolare sia di pensione diretta sia di pensione ai superstiti, si tiene conto della sola anzianità contributiva relativa ai trattamenti diretti. Se il soggetto è titolare solo di pensione ai superstiti, ai fini dell'applicazione della predetta tabella A, l'anzianità contributiva complessiva è computata al 60 per cento, ovvero la diversa percentuale riconosciuta dall'ordinamento per la determinazione del predetto trattamento pensionistico.
Tale somma aggiuntiva è corrisposta dall'INPS, con riferimento all'anno 2007, in sede di erogazione della mensilità di novembre, ovvero della tredicesima mensilità e, dall'anno 2008, in sede di erogazione della mensilità di luglio, ovvero dell'ultima mensilità corrisposta nell'anno e spetta a condizione che il soggetto non possieda un reddito complessivo individuale, relativo all'anno stesso, superiore a una volta e mezza il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Agli effetti delle disposizioni del citato comma 1 del provvedimento, si tiene conto dei redditi di qualsiasi natura, compresi i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte, a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, ad eccezione sia dei redditi derivanti dall'assegno per il nucleo familiare ovvero dagli assegni familiari e dall'indennità di accompagnamento, del reddito della casa di abitazione, dei trattamenti di fine rapporto o comunque denominati e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.
Il successivo comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede che, nei confronti dei soggetti che soddisfano le condizioni di cui al predetto comma 1 ePag. 18per i quali l'importo complessivo annuo dei trattamenti pensionistici, al netto dei trattamenti di famiglia, risulti superiore al limite reddituale di cui allo stesso comma 1 ed inferiore al limite costituito dal predetto limite reddituale incrementato della somma aggiuntiva di cui al comma 1, la somma aggiuntiva è corrisposta sino a concorrenza del predetto limite.
Infine, espongo il comma 3 per evidenziare i benefici che il Governo ha voluto erogare, che recita: «qualora i soggetti di cui al comma 1 non risultino beneficiari di prestazioni presso l'INPS, il casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971 n. 1388, e successive modificazioni, individua l'ente incaricato dell'erogazione della somma aggiuntiva di cui al comma 1 che provvede, negli stessi termini e con le medesime modalità indicati nello stesso comma».
PRESIDENTE. Onorevole Pelino, concluda.
PAOLA PELINO. Orbene, l'aumento delle pensioni minime con siffatte modalità operative viene disposto in favore dei soggetti che abbiano precisi requisiti, tra cui, come detto, quelli previsti al comma 1. Tale previsione risulta particolarmente svantaggiosa per le donne che vanno in pensione a sessant'anni. È penalizzante, per le donne, detto innalzamento del requisito anagrafico per beneficiare delle provvidenze in materia di pensioni minime, per cui sarebbe opportuno che il Governo riconsiderasse questo elemento dell'età femminile...
PRESIDENTE. Onorevole Pelino, concluda.
PAOLA PELINO. ...a prescindere dal corpus normativo che ho sopra esposto, consentendo che per le lavoratrici, ma anche madri e nonne, comunque impegnate in ruoli sociali, sia riportanto a sessant'anni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. L'onorevole Galli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/65.
DANIELE GALLI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno è incentrato sull'articolo 5 del decreto-legge in esame, che conferma, a mio giudizio, quanto il Governo, ancora una volta, sia in controtendenza rispetto alle prescrizioni comunitarie e ai comportamenti virtuosi che gli altri Paesi industrializzati stanno ponendo in essere per cercare di ristrutturare la propria finanza, il proprio sistema welfare e il proprio sistema pensionistico.
È, inoltre, in controtendenza anche sull'utilizzo del voto di fiducia che, ovviamente, è quanto mai improprio su un decreto-legge finanziario come quello in esame. Non ve ne era l'urgenza.
Per tornare all'illustrazione del mio ordine del giorno, credo che con il provvedimento in esame si voglia tornare ad una controriforma del sistema previdenziale, introducendo di fatto un regresso nell'età pensionabile e non equilibrando, tra l'altro, lo squilibrio esistente tra uomini e donne prodotto dal sistema pensionistico, nonostante ciò sia fortemente richiesto dall'Unione europea. Introducendo queste previsioni, o non ponendo le condizioni per risolvere tali problemi, l'Italia sarà sicuramente sottoposta a sanzione dalla Corte di giustizia europea per una motivazione grave, qual è appunto la sottovalutazione della spesa indotta e l'inconsistenza della copertura.
A mio giudizio, si vuole superare in forma demagogica il cosiddetto scalone Maroni, dimenticandosi che tale scalone è la conseguenza della riforma Dini, che non è certo ascrivibile alla Casa delle libertà, ma è dovuta ai forzosi immobilismi imposti dal mondo sindacale alla politica, nazionale la quale per di più non ha prontamente scisso il sistema previdenziale da quello assistenziale.
È bene ricordare al Governo, e alla maggioranza che lo sostiene, che nel programma elettorale che li ha uniti era prevista la totale abolizione della riforma Maroni. È chiaro - e quanto sta avvenendoPag. 19in questi giorni lo conferma - che si è trattato solo di un richiamo elettorale, di una promessa vacua, un brutto scherzo giocato a una parte del loro elettorato che ha creduto nell'impossibile ritorno a un passato che non ci possiamo più permettere per i costi finanziari che ne sarebbero conseguenti. Tutto ciò è anche di fatto sintomo di una politica ingannevole, che non esita a vendere facili illusioni, per di più a un elettorato debole che, viceversa, ha bisogno di certezze, non di sogni. Ne è nata solo un'ingannevole, complicata e costosa controriforma, a parziale soddisfazione di poche migliaia di lavoratori, che in futuro condizionerà pesantemente il bilancio e la credibilità dello Stato e sulla quale la sinistra massimalista ha giocato, ancora una volta, al teatrino della politica. È un fatto ormai ben chiaro - e lo sarà sempre di più per gli italiani che vi hanno votato, ormai disincantati - che vi è solo un forte ed unico collante in questa maggioranza, costituito dall'occupazione del potere a qualsiasi costo. Altrimenti com'è possibile che i leader e i componenti della sinistra massimalista, le cui dichiarazioni sono vere e proprie bordate contro il loro Governo, possano, smentiti dai fatti e consci di aver ingannato il proprio elettorato, rimanere al Governo e permanere all'interno della maggioranza? Vi cito alcune dichiarazioni. Diliberto: «non nascondo di essere molto irritato, è una brutta riforma, uno spartiacque per quanto riguarda l'atteggiamento del mio partito verso il Governo» e, stando ad una notizia di oggi, mi sembra che i Comunisti italiani propongano un referendum per l'abolizione del provvedimento. Rizzo: «un tradimento dei lavoratori, peggiore della riforma Maroni». Russo Spena: «impressionante offensiva dei moderati che hanno inciso profondamente sulle scelte» ed, infine, cito il senatore Giannini: «l'accordo sulle pensioni è una truffa ai danni dei lavoratori, il rischio è che alla fine Prodi sia peggio di Berlusconi».
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DANIELE GALLI. Concludo Presidente. Vedremo a settembre cosa succederà quando vi sarà la discussione in Assemblea della riforma delle pensioni.
Posso intanto affermare che gli effetti prodotti dal provvedimento in esame sono devastanti sia sotto il profilo dei costi, sia per la ricaduta sul mercato del lavoro. A tale riguardo, ad esempio, assistiamo già agli effetti deleteri indotti dalla legge finanziaria rispetto ai lavoratori parasubordinati, che a seguito dell'incremento contributivo previsto dalla legge finanziaria, sono diminuiti di 50 mila unità. Il provvedimento in corso incrementa di ulteriori 14 miliardi di euro il costo di contribuzione dovuto dai cittadini italiani...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DANIELE GALLI. ... chiedo allora al Governo se ritenga che l'innalzamento dell'età pensionabile da 64 a 65 anni anche per le pensioni minime sia obbligatorio e necessario.
PRESIDENTE. L'onorevole Filippi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/82.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno fa riferimento all'articolo 2 del decreto-legge in esame il quale consente agli enti locali di utilizzare parzialmente il loro avanzo di bilancio per le spese di investimento.
Con tale ordine del giorno si chiede al Governo di ampliare, di estendere tale giusta deroga, anche se troppo limitata, per i medesimi enti locali, anche alle spese aventi funzione sociale. In sostanza, in base a quanto previsto per gli enti locali - vale a dire che i comuni virtuosi con meno di 100 mila abitanti possono utilizzare il 18,9 per cento dell'avanzo di bilancio, quelli non virtuosi, con lo stesso numero di abitanti, solo il 2,6 per cento, mentre i comuni con più di 100 mila abitanti se virtuosi il 17 per cento e se non virtuosi l'1,3 per cento - si chiede che essi possano utilizzare parzialmente l'avanzo di bilancio non solo per le spese di investimento, ma anche per quelle con funzione sociale,Pag. 20ad esempio per le spese per l'utilizzo di scuolabus, mense scolastiche o assistenza sociale.
In modo particolare, mi corre l'obbligo di ricordare che proprio al nord e nel mio Veneto, dove non sono concessi, attraverso vari trasferimenti, aiuti da parte dello Stato centrale, sono proprio i comuni che necessariamente devono investire e investono, in modo cospicuo, in spese con funzione sociale.
Limitare tale deroga per gli enti locali - che sono, di fatto, i proprietari dei soldi che avanzano, che hanno fatto pagare ai propri cittadini - e, quindi, non permettere che essi possano restituire ai cittadini, che hanno pagato con imposte e tasse, sottoforma di servizi ciò di cui necessitano, mi sembra ingiusto. La regola generale dovrebbe essere che l'avanzo di bilancio, in sostanza, rimanga a chi ne è proprietario, ovvero ai comuni che avanzano i soldi. Oggi, purtroppo, tutto finisce nel calderone del deficit della pubblica amministrazione e si crea il paradosso secondo cui chi è virtuoso e raccoglie i denari e non li spende, di fatto, non mette da parte risorse da investire e da spendere negli anni successivi, ma va a coprire i disavanzi dei comuni «spreconi» i quali, raccogliendo cento, spendono centocinquanta. Ciò è assurdo ed è contro il principio, sicuramente incarnato all'interno del federalismo fiscale, che, stando a quanto dichiarato, l'intero emiciclo si intende favorevole ad attuare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ALBERTO FILIPPI. Concludo Presidente, desidero sottolineare nuovamente e velocemente il seguente concetto: cercare di restituire in servizi quanto, di fatto, è già stato pagato dai cittadini.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bricolo, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/71: si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Garavaglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/81.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno riguarda le opere pubbliche, in particolare al nord, che languono per carenza di risorse. Chiediamo una cosa molto semplice: prima di avviare altri cantieri, prima di avviare la costruzione di altre «cattedrali nel deserto» o di autostrade (nelle quali passeranno sì e no 10 mila macchine non al giorno, ma ogni sei mesi), si terminino i lavori in corso. In particolare, poniamo l'attenzione su due infrastrutture che languono: la cosiddetta Boffalora-Malpensa (più correttamente, Marcallo-Mesero-Malpensa) e l'adeguamento della A4, in particolare per le due varianti di Bernate e di Arluno.
La questione, così delineata, potrebbe sembrare microsettoriale, riguardante piccole entità e, quindi, non oggetto di attenzione. Invece no: stiamo parlando di due infrastrutture che collegano Milano e Torino all'aeroporto di Malpensa, connesse anche alla realizzazione della TAV. In questo fazzoletto di terra, dove abitano non quattro gatti, ma 800 mila persone, è in corso un'operazione grandiosa: un conto è realizzare la TAV in mezzo alla campagna, un altro è realizzarla in aderenza all'autostrada Milano-Torino, dove passano milioni di macchine al giorno (e non ogni sei mesi o dieci anni) e dove non vi sono incidenti ogni quarto d'ora, perché la gente usa la macchina per andare a lavorare, non per andare in ferie o al mare. Vi sono corsie di 3,75 metri, con i ponti con le arcate, sotto i quali non passano i TIR, che devono spostarsi dalla prima alla seconda corsia; nonostante tutto non c'è un incidente ogni quarto d'ora perché, ripeto, la gente usa queste strade per andare a lavorare e si alza la mattina alle 5 o alle 6 per attraversare Milano (non ci sono i soldi, infatti, per realizzare la Bre-Be-Mi: per costruirla bisognerà elevare il costo del biglietto e modificare le concessioni, come affermano l'ineffabile Penati ed anche il Ministro Di Pietro). La gente, quindi, aspettando inutilmente che il Governo si «svegli», si alza prima (perché non può rimanere due o tre ore in coda per andare da Milano aPag. 21Bergamo), arriva sul posto di lavoro, va al bar, prende il cappuccino, il caffè, legge tutto il giornale (fa in tempo a leggerne due o tre) e poi inizia la sua giornata di lavoro: questa è la quotidianità.
Oltre a ciò, vi sono lavori in corso che sono inspiegabilmente fermi oppure procedono assolutamente a rilento, perché mancano le risorse. Mancano addirittura i pareri! Con riferimento all'adeguamento dell'autostrada Milano-Torino, si continua a negare l'evidenza: mancano i pareri dei ministeri, in particolare del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Che questi Ministeri si decidano, una buona volta, a dare il loro parere! Non possiamo rimanere nell'incertezza: si dice che mancano i fondi, che li troveremo (non si sa quando) e rischiamo di trovarci con il treno finito! I cantieri per l'adeguamento dell'autostrada, poi, vengono riaperti e così, invece di stare in ballo con polveri e caos totale per dieci anni, stiamo in ballo per vent'anni. Alla faccia della modernizzazione del Paese!
A fare le spese di questa situazione non sono solo i disagi e le code: c'è anche la gente che muore. Nel vicino paese di Mesero, confinante con il mio, due settimane fa una donna ha perso la vita, stritolata tra due TIR; questi non possono attraversare le autostrade perché ci sono i lavori in corso, non possono attraversare la Boffalora-Malpensa, perché non è finita in quanto mancano i finanziamenti. I TIR e i camion sono tutti riversati sulla viabilità ordinaria, assolutamente congestionata!
Parliamo di strade provinciali dove passano 40-50 mila macchine al giorno, compresi i TIR e la viabilità di cantiere per la realizzazione di queste infrastrutture.
Il Governo, invece di dare la «mancetta» - perché lì mancano 100 milioni di euro -, stanzia altri 4.200 milioni di euro per nuove infrastrutture. Vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. L'onorevole Gibelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/73.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, passiamo da vergogna a vergogna. Il collega che mi ha preceduto ha infatti tracciato un quadro assolutamente inaccettabile, in tema di infrastrutture, per un Paese che si definisce moderno.
Probabilmente, chi ci ascolta in diretta potrebbe dire: cosa avete fatto voi della Lega, forza nel centrodestra, nei cinque anni in cui avete governato questo Paese? La risposta che do al Governo e a loro è che, con la cosiddetta legge Lunardi, dopo trent'anni, si era realizzata una doverosa inversione di tendenza, che consentiva, soprattutto alla popolazione delle zone congestionate delle grandi città del nord, di avere la necessaria pazienza per sapere che, in un futuro non molto lontano, i loro problemi sarebbero stati risolti. Abbiamo messo in cantiere la Bre-Be-Mi, la Pedemontana e tutta una serie di infrastrutture in Veneto, in Lombardia e in Piemonte. In seguito, sono arrivati i Ministri Di Pietro e Bersani, che hanno cominciato a dire che tutto ciò che era stato fatto prima non andava bene, che andavano rifatte le gare, modificati i pedaggi, rimodificati i percorsi, riportando il Paese a quel 1992 caratterizzato dal vergognoso blocco infrastrutturale che ci ha fatto perdere, in termini di competitività, il treno per l'Europa. Questo è il bilancio che in un anno ha fatto perdere totalmente credibilità al nostro Paese sul recupero del gap infrastrutturale rispetto agli altri Paesi europei, che progettano grandi infrastrutture e grandi vie di comunicazione.
Noi stiamo qui a cavillare sulla possibilità di risparmi all'interno di gare pubbliche, che sono tutti da dimostrare, a meno che il Ministro Bersani, dato che non è nuovo a queste iniziative, non abbia agito per un calcolo politico perché in molti consorzi non sono presenti le cosiddette cooperative rosse. Ciò potrebbe esserePag. 22oggetto di indagine da parte della magistratura, ma, evidentemente, lo si può dire solo sottovoce in Parlamento.
L'ordine del giorno che illustro, e che comunque occuperà pochissimo del tempo che mi è stato concesso, affronta un altro argomento: oltre a mortificare le infrastrutture, noi, così facendo, mortifichiamo anche chi va sulle strade per lavorare. La restituzione del bonus fiscale non sta né in cielo né in terra! Come Lega siamo riusciti - lo dico in maniera orgogliosa - a non far pagare un'ingiusta tassa dopo che era stata fatta dal Governo la promessa di adeguamenti agli standard europei. In Europa, Paesi come la Grecia, il Portogallo e la Spagna, a differenza del nostro, riescono a negoziare condoni su alcuni settori strategici. Da noi tutto ciò che arriva dall'Europa è legge. Questo è inaccettabile: non si può fare una finta promessa e venire poi in Assemblea a dire che, siccome lo ha stabilito l'Europa, a distanza di quindici anni, occorre pagare, mettendo sul lastrico tanti piccoli imprenditori e tante persone che con il loro lavoro riescono a far viaggiare male sulle nostre infrastrutture la nostra economia. È necessario che questo Governo vada in Europa a dire che certe tasse e certe condizioni sono vessatorie e che esse prevedono due pesi e due misure. Basterebbe il caso della Grecia, che grida vendetta. In Grecia, però, sono stati capaci di fare il loro mestiere politico, mentre noi paghiamo, supinamente, tutto quello che ci viene imposto dall'Europa, come se fosse una gabella, senza possibilità di negoziare assolutamente niente.
In questa Europa non ci stiamo. Noi stiamo dalla parte degli autotrasportatori e ci batteremo per avere oggi una risposta convinta da questo Governo, ma ne dubitiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Pini, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/74: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Fugatti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/75.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, passiamo da vergogna a imbroglio, perché con questo ordine del giorno vorremmo mettere fine al grande imbroglio che il Governo ha fatto negli ultimi mesi sulla pelle e nelle tasche dei contribuenti per quanto riguarda gli studi di settore.
Proviamo a ricostruire un po' la storia di questo grande problema, che si è ripercosso, nelle ultime settimane, sull'opinione pubblica e sui contribuenti. Il Governo, nell'ultima legge finanziaria, ha introdotto i cosiddetti indici di normalità economica, secondo i quali, per l'anno 2006, il contribuente, la partita IVA che deve essere in regola con il fisco, deve essere in regola con tali indici di normalità economica. La legge finanziaria prevede circa tre miliardi di introiti da questi indici di normalità economica.
In pratica, cosa è stato fatto? È stata portata verso l'alto l'asticella dei ricavi: se prima un contribuente doveva dichiarare una determinata cifra per essere in regola con il fisco, oggi deve dichiarare tale cifra più qualcosa (e questo qualcosa sono gli indici di normalità economica) per essere in regola con il fisco. Sommariamente, possiamo affermare che se in precedenza, con gli studi di settore «normali», era in regola circa il 70 per cento delle partite IVA, mentre il 30 per cento si adeguava, pagando quel qualcosa in più, oggi è l'inverso: oggi, con gli indici di normalità economica, è fuori regola il 70 per cento delle partite IVA. Vi è stata una protesta, l'abbiamo constatato: le categorie e i singoli contribuenti hanno protestato. Infatti i casi possono essere tre: o un soggetto va in banca, per chiedere ciò che il Governo pretende da lui per essere in regola, oppure entra subito nel sommerso (quindi, non paga e «fa il nero»), oppure ancora chiude l'attività produttiva. Questo è ciò che sta accadendo in tanti piccoli comuni, soprattutto nelle attività commerciali dei piccoli comuni (nelle grandi città magari il discorso è diverso, ma nei piccoli comuni sta accadendo questo).
Di fronte alle proteste il Governo ha «venduto» il grande accordo sugli studi di settore e si è comperato, a nostro modo diPag. 23vedere, le categorie interessate, o meglio i vertici delle categorie interessate (che comunque, a nostro avviso, nella migliore delle ipotesi hanno travisato o non hanno letto l'accordo). Infatti, tale accordo, alla fine, non risolve nulla, o risolve in maniera minimale il problema reale di quest'anno, cioè il fatto che, comunque, le partite IVA devono pagare di più per essere in regola con gli studi di settore e con gli indici di normalità economica.
Fatto qualche calcolo, l'accordo che hanno sottoscritto il Governo e le categorie interessate forse ridurrà del 10 per cento il maggiore aggravio che gli indici di normalità economica hanno causato quest'anno per i contribuenti, rispetto all'anno scorso (non sono dati nostri, sono dati che apprendiamo dalla stampa specializzata). Pertanto tale accordo, questo grande messaggio che è stato diffuso di una ritrovata armonia fra le categorie produttive e il Governo, forse rappresenta una ritrovata armonia con i vertici delle categorie, ma la base, le partite IVA, coloro che dovrebbero essere i rappresentati, questo accordo non lo vedono bene e soprattutto lo devono pagare loro. Lo devono pagare loro perché nella legge finanziaria il Governo ha scritto che deve incassare circa 3 miliardi per l'anno 2006, e quindi quei tre miliardi li deve reperire da qualche parte! Perciò denunciamo il fatto che si tratta di un accordo fortuito, che non porta alla risoluzione dei problemi.
Chiediamo che gli indici di normalità economica e gli studi di settore, come sono stati revisionati dall'attuale Governo, per l'anno 2006 non vengano applicati, perché solo in tal modo si può rendere giustizia alle molte proteste, alle molte critiche ed a coloro che non hanno i soldi per pagare quanto il Governo richiede loro ingiustamente (infatti, li richiede ingiustamente, queste maggiori somme). Chiediamo che per l'anno 2006 gli studi di settore, così come revisionati dal Governo, non vengano applicati: solo in tal modo si potrà rendere giustizia alle predette categorie, che oggi si vedono richiesto un aggravio di imposte che è oggettivamente ingiustificato. Solo in tal modo si potrà rendere giustizia; tutto il resto sono balle, tutto il resto è un inganno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. L'onorevole Caparini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/87.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, con il presente ordine del giorno intendiamo porre la questione di un provvedimento che intendeva, con la legge finanziaria per l'anno 2006, colmare le disparità socio-economiche tra i comuni delle regioni a statuto ordinario e i comuni delle regioni a statuto speciale.
È una questione che il Parlamento ha affrontato nel periodo del Governo Berlusconi e che, grazie al sottosegretario Daniele Molgora, aveva inteso risolvere attraverso un provvedimento che stanziava annualmente dieci milioni di euro da destinare proprio ai comuni confinanti, provvedimento che purtroppo è stato applicato dall'attuale Governo in maniera errata, ovverosia stravolgendone la ratio, attribuendo così il finanziamento - originariamente destinato ai cittadini dei comuni confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano - all'insieme dei comuni delle province, in questo caso di Brescia, Sondrio, Vicenza, Belluno e Verona.
Ad esempio, per quanto riguarda la provincia di Brescia, dagli 11 comuni confinanti si è passati ad una platea di ben 206 comuni. Ovviamente ciò ha comportato il fatto che comuni i quali nulla hanno a che fare con il disagio della vicinanza alle province autonome di Trento e Bolzano sono stati beneficiati: cito, per tutti, Brescia che, in base alla disposizione del Governo di centrosinistra - stranamente Brescia è governata dal centrosinistra - ha percepito qualcosa come un milione di euro, mentre il comune di Bagolino che è stato, grazie al suo sindaco Scalvini, capofila della misura introdotta dalla legge finanziaria per il 2006 ha visto consegnati alle sue casse solo 17 mila euro. Ricordo infatti che tale comune, come altri, subisce la concorrenzaPag. 24sleale, in termini di prestazione di servizi e di trattamento fiscale, cui i cittadini sono sottoposti, ed è evidente come l'IRAP, l'ICI, l'IVA e i diversi costi della manodopera e dei servizi incidano profondamente sui cittadini e sulla qualità della vita degli stessi; quindi gli amministratori di questi comuni sono costretti a pagare uno scotto altissimo, che il legislatore nel 2006 tendeva a ridurre, colmando in tal modo la predetta differenza sociale proprio attraverso un finanziamento stimato allora in 80 euro pro capite.
Così non è stato, per volere del Governo attuale, attraverso una malintesa applicazione della legge finanziaria ed in forza anche della legge n. 508 del 1999, che ha distribuito le risorse in base alla popolazione e su tutta la platea dei comuni delle province confinanti. Nell'ambito del predetto provvedimento abbiamo interpretato le istanze di questi comuni, che si sono rivolti al Parlamento del nord, e con i nostri emendamenti, tramite i deputati Garavaglia, Filippi e Fugatti, abbiamo portato le istanze dei cittadini delle stesse comunità - anche tramite l'interessamento del Parlamento del nord - all'attenzione dell'Assemblea.
Il risultato è stato sicuramente significativo, in quanto si tratta di 15 milioni di euro distribuiti ai comuni confinanti con tutte le province autonome, perché il problema che si pone per i comuni confinanti con Trento e Bolzano è ovviamente analogo a quello relativo ai comuni confinanti con la Val d'Aosta o il Friuli Venezia Giulia.
Pertanto, realizzata una misura equa e giusta per il 2007, poniamo al Governo sia il problema della ripartizione di tali risorse sia, in futuro, la revisione della legge Molgora, che originariamente stanziava i 10 milioni di euro per i comuni confinanti - provvedimento che avete volutamente stravolto - e poniamo altresì all'Esecutivo la questione affinché, in sede di approvazione della prossima legge finanziaria, si possa eliminare finalmente tale ingiustizia e ripristinare le minime condizioni, perché vi sia, anche per le popolazioni di montagna e per quelle svantaggiate dei predetti comuni, un minimo di equità e di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fava, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/76; si intende che vi abbia rinunciato.
Constato l'assenza dell'onorevole Stucchi, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/77; si intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Bodega ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/78.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/2852/78 a mia firma invita il Governo a valutare la possibilità di spostare al 9 agosto 2007 il termine di scadenza per effettuare i versamenti a saldo per il 2006 e in acconto per il 2007, per i contribuenti a cui si vogliono applicare gli studi di settore, senza l'applicazione di maggiorazioni dello 0,4 per cento: questo, in sintesi, è l'oggetto del mio ordine del giorno n. 9/2852/78. Oggi parliamo di temi importantissimi: dalla riforma delle pensioni, dallo «scalone» agli «scalini», dagli studi di settore - mal visti in generale un po' da tutti - alle pensioni, alla definizione di quelli che possono essere i lavori usuranti. Vorrò proprio vedere come farete a spiegare ai lavoratori, non solo quelli dipendenti, ma agli autonomi, che non rientrano nella classificazione di lavoro usurante: come farete a spiegare ad un panettiere che si alza alle due di notte per fare il pane, che il suo non è un lavoro usurante, mentre lo è il lavoro di un ballerino. Comunque, vedremo, vi aspetteremo al varco.
Voglio dire che è veramente triste ritrovarsi in Parlamento a parlare di «tesoretto». È un termine che, giustamente, può piacere ai media, ai giornali e alle televisioni per catturare l'attenzione dell'opinione pubblica ma, in realtà, nasconde la povertà e la contraddizione del Governo, della maggioranza che, durante il giorno, lavora con la calcolatrice, mentre di notte lavora con la demagogia, tentandoPag. 25di mettere insieme tutto e il suo contrario. La verità è che manca, signor sottosegretario, una linea riformatrice e che la politica economica è nelle mani di un Ministro, costretto a compromessi che non nobilitano, certo, la sua figura di economista apprezzato. Si assiste ad una riforma fondamentale per il Paese come quella delle pensioni ancora aperta a tutte le soluzioni, perché ancora una volta si è palesata la caratteristica del Governo, ossia essere capace di scontentare tutti. Si è avuto il coraggio di far leva su presunti soldi del presunto «tesoretto»: è una navigazione a vista molto simile ad un brancolare nel buio, consentitemi di dirlo. Per di più, il sindacato è intervenuto anche sul «tesoretto» non come parte sociale, ma come forza politica. Altro che autonomia del sindacato dai partiti: si è tornati alla cinghia di trasmissione! È stato un ritorno indietro, un salto indietro dal sapore ideologico. Come è possibile che il Governo, senza maggioranza, pensi di durare di fronte allo scontro tra Ministri, consumato non su argomenti che riguardano i diritti o la coscienza - non sulla bioetica, tanto per intenderci - ma su questioni fondamentali, di natura costituzionale legate al ruolo e alla funzione della magistratura? Perché non prendere atto che più «scucitit» di così è impossibile essere, che non c'è un sarto in grado di confezionare un vestito decente per nascondere le contraddizioni e le brutture dell'Esecutivo prodiano? Come non pensare ad un provvedimento capace di saldare le generazioni, con provvedimenti strutturali e non con elargizioni che sanno tanto di obolo e che non cambiano la vita né agli anziani - perché due o tre decine di euro in più non possono essere spacciati come adeguamento delle pensioni minime - né ai giovani?
Quindi, tornando al semplice ordine del giorno da me presentato, esso sostanzialmente chiede al Governo di valutare la possibilità di compiere un passo significativo e di giustizia per i cittadini italiani.
PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/97.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, l'ordine giorno in questione riguarda la sicurezza. In primo luogo, tuttavia, sarebbe necessario, fare un riferimento a quei 7 miliardi di euro, che un Governo onesto e intelligente - come farebbero molti padri di famiglia italiani, quando hanno soldi in più - dovrebbe mettere nei risparmi e far fruttare. A mio avviso - e a nostro avviso, come gruppo della Lega Nord Padania - il Governo avrebbe dovuto fare la stessa cosa e destinare i soldi in eccedenza in gran parte per riparare il debito pubblico, non tanto per coprirlo - perché sarebbe ovvio che non sarebbe possibile e saremmo sciocchi a proporre una cosa del genere! - ma, almeno, per ridurre una quota di interessi, che gli italiani pagano ogni anno sul debito pubblico. Sarebbe stato sensato fare ciò, ma il Governo non ha voluto; la maggioranza non ha voluto neanche ascoltare tale proposta e ha presentato il disegno di legge in esame, riparando le varie situazioni, caso per caso. Sembrava più una proposta giornalistica che una proposta politica; ciò, si desume dalla presenza dei parlamentari della maggioranza attenti a questa discussione. Ora è possibile vedere qualche volto in più, rispetto alle prime ore mattutine; molto probabilmente, si sono svegliati e sono già arrivati con la pancia piena!
Tratterò l'argomento partendo dall'esame di ciò che è avvertito come il principale fattore di insicurezza: l'immigrazione clandestina, la cui valenza criminogena è di tutto rilievo. Un dato è di per sé eloquente: circa il 40 per cento della popolazione carceraria della provincia di Torino e della Padania intera è costituita da extracomunitari responsabili di reati comuni. Sono, naturalmente, esclusi dal novero i cittadini romeni, da poco divenuti comunitari, che contribuivano - e ancora contribuirebbero - ad alzare la media in misura significativa: rappresentano un ulteriore 5 per cento rispetto ai reati connessi alla normativa sull'immigrazione. SiPag. 26tratta, in specie, in ottemperanza all'ordine questorile, di lasciare il territorio nazionale nei termini previsti dalla legge, proprio di quella legge che volete riformare con gran fretta. Tutta una serie di reati, anche gravi, specialmente nel capoluogo, risulta opera di extracomunitari ed è noto come sia la criminalità albanese a gestire gran parte del traffico di eroina e cocaina, sfruttando canali e modalità di rifornimento in passato positivamente sperimentati per il traffico di marijuana. Favorita dalla posizione geografica, che consente di abbattere i costi, la criminalità albanese ha assunto un ruolo quasi monopolistico, specie per quanto attiene al mercato dell'eroina; non è, tuttavia, estranea sia al traffico d'armi sia allo sfruttamento della prostituzione.
I nordafricani, oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti (eroina e hashish), specie nelle aree di Porta Palazzo, Murazzi e la Barriera di Milano - per intendere che parlo del mio territorio - hanno da tempo intrapreso una fiorente attività di ricettazione di autoveicoli rubati in Italia, che vengono, poi, trasferiti oltre frontiera. Ai maghrebini è, inoltre, da attribuire gran parte dei cosiddetti reati predatori. I centroafricani sono in prevalenza dediti allo spaccio di cocaina, e, soprattutto a San Salvario e Parco Stura, allo sfruttamento della prostituzione.
La criminalità cinese, difficilmente penetrabile, è, invece, interessata soprattutto all'introduzione clandestina di connazionali avviati ad alimentare il mercato del lavoro nero, all'introduzione di merci contraffatte, a sfruttare i giovani cinesi dediti alla prostituzione in appartamento. Inoltre, esclusivamente nell'ambito della stessa comunità, si registrano rapine ed estorsioni e non sono mancati, in passato, sequestri di persone e omicidi.
Da ultima, l'attività rumena, che è specializzata nella clonazione di carte di credito e bancomat, nei furti di rame (divenuto oggi preziosissimo), non ha, tuttavia, mai abbandonato il sempre redditizio mercato della prostituzione. Il risultante, tuttora, è ad esclusivo appannaggio della criminalità nostrana, le rapine alle banche, agli uffici postali, ai furgoni portavalori.
Non si tratta di una relazione o di un articolo di un giornale di parte - come potrebbe essere un giornale di partito - ma di una relazione dettagliata del questore di Torino, Stefano Berrettoni...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
STEFANO ALLASIA. ...al quale, successivamente, qualche giorno dopo questa relazione, il Viceministro dell'interno, Marco Minniti, ha fatto visita. È stato, quindi, firmato un protocollo di intesa tra le parti interessate a Torino; si tratta dello stesso protocollo di intesa sottoscritto nel 1998 dall'allora Ministro dell'interno, Giorgio Napolitano, con la compiacenza dell'allora Presidente della Camera dei deputati, Violante, per riuscire a risolvere il problema della criminalità organizzata sul territorio nazionale. Si tratta di una situazione che è stata disattesa da troppi anni; con il mio ordine del giorno n. 9/2852/97 si cerca di «mettere una toppa» a questo vulnus, non tanto legislativo ma, più che altro, politico. Infatti, da parte di questo Governo, non vi è assolutamente la volontà di risolvere la questione facendo in modo che i poliziotti - che, onestamente e dignitosamente, stanno lavorando sul nostro territorio, cercando di portare a casa dei buoni risultati...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
STEFANO ALLASIA. ...e di raggiungere dei buoni esiti in merito alle azioni che stanno svolgendo - ci mettano del proprio, essendo anche loro sottopagati.
Pertanto, chiediamo che vi sia un impegno totale da parte del Governo sull'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/97
(Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Giancarlo Giorgetti che avevaPag. 27chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/70: s'intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/83.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, i temi che riguardano il nord sono già stati, in buona parte, evidenziati dai miei colleghi e si tratta di richieste che, giornalmente, la nostra gente ci sta facendo.
Il «tesoretto» è qualcosa che non avevi, te lo sei trovato per caso: hai messo le mani in tasca e ti sei trovato pieno di soldi! È un po' quello che succede a questo Governo che, per cinque anni, aveva raccontato a tutti, facendo i girotondi (e, forse, a fare i girotondi gira anche un po' troppo la testa), che vi erano buchi di bilancio e che avevamo rubato i soldi; poi, invece arrivate al Governo e vi accorgerete che vi è un extragettito - dovuto ad un boom delle entrate grazie alla penultima legge finanziaria del Governo Berlusconi - che adesso, in qualche modo, dovete cercare di investire.
Il fatto che nel Paese vi siano soldi da investire è positivo, il problema è come investirli. Al nord i problemi sono tanti e, personalmente, ritengo sia anche giusto evidenziarne uno che, in maniera comunque diretta, riguarda il nord, ma, più in particolare, una piccola isola - la più lontana dall'Italia - che subisce, in prima battuta, il fenomeno dell'immigrazione clandestina; e lo subisce al cento per cento, in maniera anche molto pesante. Sono quegli stessi immigrati che, sbarcando lì, nel giro di tre giorni e passando per Crotone, poi vengono tutti a casa nostra.
Si tratta di un problema che stiamo affrontando da parecchi anni. Abbiamo dato solidarietà e aiuto a questa piccola isola, la quale ha corrisposto, anche, alla Lega Nord Padania, una richiesta di aiuto, dal momento che esso non arriva spesso da questo Stato e da questa nazione. Poche settimane addietro, con il presidente di gruppo Maroni, mi sono recato a verificare la situazione reale - perché, quando la raccontavano, sembrava fosse quasi finta - e abbiamo dovuto constatare che, dal punto di vista sanitario, vi è un'emergenza incredibile.
Sull'isola, che ha circa seimila abitanti durante tutto il periodo dell'anno, ma che diventano oltre 30, 40, 50 mila in estate, non vi è un ospedale, né un centro di pronto intervento. Vi sono malati che non possono fare il ciclo di chemioterapia perché, spesso, trovano gli aerei intasati dagli operatori del CPT (oggi CPA). Vi sono malati che hanno bisogno di effettuare la dialisi settimanalmente, ma non possono fare la trasfusione perché non vi sono attrezzature sull'isola e sono costretti, quando riescono a trovare un aereo libero, ad andare anch'essi a Palermo. Vi sono famiglie che stanno vendendo le proprietà, la vita intera, quanto è stato realizzato dai padri e dai nonni, per trasferirsi direttamente a Palermo, perché vi sono malati che non possono rimanere nella loro isola. In uno Stato civile, tutto ciò già fa gridare allo scandalo. È quasi incosciente pensare che ancora non si sia intervenuti per risolvere questo problema.
Ma ancor di più - e mi rivolgo al rappresentante del Governo affinché se ne faccia carico anche dal punto di vista morale - vi è un problema ancora peggiore: questi cittadini, quando aprono le finestre, di fianco a casa loro, vedono in atto la costruzione (che sta per essere ultimata in questi giorni) di un centro di accoglienza «nuovo di pacca», che - secondo alcune stime forniteci dagli operatori sul posto - viene a costare dai 12 ai 15 milioni di euro, con l'aria condizionata, l'asilo nido, il centro di prima accoglienza con tutte le strumentazioni e, addirittura, la sala chirurgica.
Tutto ciò che non è dato ai cittadini viene dato agli extracomunitari che, in un Paese civile, non dovrebbero neanche sbarcare, non dovrebbero partire con il gommone della speranza. Probabilmente, con un Governo civile invieremmo altri messaggi nei rispettivi Paesi e costoro non partirebbero neppure. Tuttavia, questo è il messaggio che si sta comunicando.Pag. 28
Oggi un giornale a diffusione nazionale riporta la notizia di un'informativa ai prefetti, per cui chiunque si rechi in Italia per trovare lavoro, ha tre mesi di tempo per trovarlo senza necessità del permesso di soggiorno: dopo tre mesi vallo a cercare, che non lo trovi più!
Ritengo sia necessaria un po' di responsabilità. Ci deve far riflettere che, qualora si faccia subire il costo di tale immigrazione in prima battuta a quest'isola - così come sta accadendo per la Padania - e invece di promuoverne il turismo (è una bella isola!) si promuovono unicamente - come si sente ogni sera nel corso dei telegiornali - tali sbarchi continui; almeno lo Stato si facesse carico di venire incontro alle esigenze primarie e vitali! Vi è una scuola che sta cadendo a pezzi (non esistono più le fondamenta), sono senza ospedale e senza infrastrutture. Tuttavia, si stanno destinando agli extracomunitari 15 milioni di euro.
Ritengo che gli isolani siano davvero stanchi e che il Governo debba dare un segnale. Fare intervenire la regione, magari attraverso uno stanziamento apposito all'interno del «tesoretto», rappresenterebbe un grande segnale, opportuno e indispensabile per persone che stanno perdendo la speranza non solo nei confronti del Governo, bensì dello Stato intero. Pertanto, a mio avviso l'ordine del giorno a mia firma rappresenta un primo ed importantissimo passo che, in tempi molto brevi, potrebbe aprire la strada alla realizzazione di un presidio ospedaliero a beneficio dei cittadini che attualmente ne sono privi, sono esasperati e cominciano a perdere realmente la fiducia. Date un segnale: sarebbe opportuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Dussin, Grimoldi e Montani, che avevano chiesto di illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/2852/84, n. 9/2852/85, e n. 9/2852/86: si intende che vi abbiano rinunziato.
Constato altresì l'assenza dell'onorevole Lo Monte, che aveva chiesto di illustrare l'ordine del giorno Reina n. 9/2852/88, di cui è cofirmatario: si intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Rao ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Neri n. 9/2852/90, di cui è cofirmatario.
PIETRO RAO. Signor Presidente, prendo la parola, per illustrare l'ordine del giorno Neri n. 9/2852/90, con un certo imbarazzo e, francamente, spero che il mio imbarazzo e la mia preoccupazione vengano condivisi anche dai colleghi siciliani e, ovviamente, anche da quanti tra costoro siedono nei banchi della maggioranza.
L'ordine del giorno in discussione, presentato dal Movimento per l'autonomia, sfortunatamente non riguarda le modalità con cui il Governo intende intervenire per la realizzazione del ponte di Messina, né le modalità di impiego di ingenti fondi per la rete ferroviaria e autostradale del Mezzogiorno. Non siamo qui per consentire che la rete ferroviaria del sud si avvicini agli standard del nord, in termini di presenza di collegamenti tra le città capoluogo di regione, per mezzo di treni Eurostar e giornalieri Intercity, nonché di velocità media nei collegamenti tra i capoluoghi del sud rispetto a quelli del nord.
Di tutto ciò non si parla. Figuriamoci: si tratta di sogni, di fantasia! I problemi sono altri, ci si preoccupa di difendere le poche briciole che la legge finanziaria ha destinato alle strade provinciali della Sicilia. Mi riferisco ai 350 milioni di euro, del cui destino ancora non vi è certezza. Siamo costretti a lottare e spenderci - questo è il senso del nostro ordine del giorno - per il ripristino dei treni a lunga percorrenza, da e per la Sicilia, che sono stati soppressi da Trenitalia nell'assoluta indifferenza del Governo e del Ministro dei trasporti in particolare.
È penoso ma, sfortunatamente, si deve vigilare per evitare che quel poco che già esisteva per la Sicilia non venga oggi definitivamente sottratto. La materia è stata già oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo. Noi stessi abbiamo chiesto al Ministro Bianchi di intervenire su tale questione, affinché al grave disagioPag. 29che la Sicilia vive in termini di inefficienza della rete ferroviaria tradizionale non si aggiunga anche la beffa di una riduzione delle corse che rischia di isolare ancora di più la regione.
Il nuovo orario, in vigore dal 10 giugno, penalizza quei siciliani che devono spostarsi verso il centro-nord del Paese, spesso per ragioni di lavoro, e penalizza - ci tengo a sottolinearlo - coloro che sono in condizioni economiche più disagiate, chi non può permettersi l'aereo ed è costretto ad impiegare 10 o 14 ore partendo da Roma per rientrare in Sicilia.
Di fronte a questo stato di cose si comprende come l'omaggio che abbiamo fatto in più di un'occasione al Ministro Bianchi - una riproduzione di un carretto siciliano - diventa il simbolo drammatico della condizione dei trasporti nell'isola e, più in generale, nel Mezzogiorno. Si tratta di una condizione rispetto alla quale il Governo non muove un dito, ha dimenticato i problemi del Mezzogiorno ed è forse perché troppo attento ad una questione settentrionale che, per carità, non vogliamo sottovalutare, ma che ci appare ben diversa dall'irrisolta questione meridionale. Credo che la protesta di molti parlamentari di maggioranza nelle ultime ore rappresenti la testimonianza più vera e credibile di un disagio al limite della tolleranza, che impone seriamente una profonda riflessione in questo Governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/95.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/95 cerca di riportare un po' di giustizia in quelle che sono le aspettative della Nazione, dell'Italia e degli italiani. Nelle premesse cerco di sottolineare il fatto che con gli studi di settore molte categorie, in piccoli comuni e in piccole frazioni, e molti esercizi sono costretti a chiudere: non ce la fanno a sopportare il peso del fisco! In quelle frazioni si perdono servizi anche importanti e posti di lavoro: non era mai accaduto di trovarsi di fronte a tali chiusure. Basta andare alle camere di commercio: c'è una massiccia riconsegna di partite IVA, si parla addirittura di qualche centinaia di migliaia di chiusure alla fine dell'anno. Il tutto è dovuto all'inasprimento derivante da due leggi funeste, votate da partiti massimalisti e conservatori, che non hanno nulla da condividere con un concetto socialista-riformista, ossia il decreto-legge n. 223 del 2006 (il cosiddetto «Visco-Bersani») e la legge finanziaria 2007.
Che ci sia insoddisfazione nel Paese, signor rappresentante del Governo, è palese. Dovete dirmi quale categoria non sia venuta a protestare: ce n'è una che non sia venuta a protestare? Una c'è: l'Unipol e le cooperative rosse; si tratta dell'unica categoria! Il Parlamento e il Governo lavorano solo per loro, stiamo pagando solo ed esclusivamente per favorire tale categoria, che non ha niente a che vedere con l'Italia che produce: questa è l'Italia che prende! Il «tesoretto» non è più, come nelle favole, quale L'isola del tesoro, la scoperta, ma è quello che queste due associazioni riescono a portare via agli italiani. È il «tesoretto» di parte, è il «tesoretto alla Consorte», che in un colpo solo si è preso per una consulenza lo stesso importo della madre di tutte le tangenti nella prima Repubblica, ossia i 100 miliardi della Enimont: solo per una consulenza si è preso 50 milioni di euro.
Inoltre, ci troviamo con un Ministro, Di Pietro, che non è consapevole di essere Ministro dei lavori pubblici, è ancora un «procuratorino» che cerca di distribuire condanne - ora sta condannando anche il suo collega, il Ministro della giustizia Mastella, e tanti altri, come il Vicepresidente del Consiglio D'Alema - ma non riesce a portare avanti le opere pubbliche.
Nell'ordine del giorno a mia firma c'è anche quanto avevate previsto nella legge finanziaria, in una norma nella quale avete scritto che in due annualità - 2007 e 2008 - sarebbero stati stanziati 48 milioni di euro per la progettazione esecutiva di quel trait d'union di raddoppio tra il Tirreno e la Padania, che è laPag. 30Pontremolese. Tale previsione della legge finanziaria è ancora adesso inattuata: non si concretizza, non si consente ad Italfer di iniziare a progettare.
Non si vogliono infatti fare le opere, non si vuol fare la TAV, non si vuole ammodernare il Paese: lo si vuol lasciare arretrato, perché pensate che un Paese arretrato continui a votarvi.
E ancora, si pensi ai piccoli comuni, quelli sotto i 5 mila abitanti, dove è bloccato il turn over, dove all'ufficio tecnico magari c'è un geometra soltanto: quando va via quel geometra, come fanno i piccoli comuni ad andare avanti? Devono chiudere il servizio! È necessario dare la possibilità di assumere dove per il collocamento a riposo, per il trasferimento, per le dimissioni volontarie di personale dipendente, altrimenti ci impedite di andare avanti, lasciando ai piccoli comuni, che sono la stragrande maggioranza in Italia, la gogna della Corte dei conti, perché qualsiasi errore che facciamo ecco che arriva come una spada di Damocle e dice: dovete pagare, voi amministratori, perché adesso c'è un tentativo di criminalizzare, di comunista memoria, un po' tutti quanti.
L'ordine del giorno in esame è molto responsabile; invito pertanto il Governo a considerarlo bene, perché viene dalla volontà della stragrande maggioranza degli italiani.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Brigandì, Maroni e Angelo Piazza, che avevano chiesto di illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/2852/80, n. 9/2852/99 e n. 9/2852/96: si intende che vi abbiano rinunziato.
L'onorevole Carfagna ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/56.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, con l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2852/56 vogliamo richiamarvi alle vostre responsabilità, ma soprattutto al rispetto della verità nei confronti degli italiani, perché il comma 6 dell'articolo 15 del provvedimento in esame ripropone la costituzione di un fondo per l'accesso al credito dei giovani. Dico «ripropone» perché questo tentativo è già stato fatto con l'articolo 1, comma 336, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) ed è stato però dichiarato incostituzionale dalla Consulta.
A ciò va aggiunto un altro particolare rilevante: il ricorso alla Corte costituzionale è stato presentato da due regioni, la Campania e il Piemonte, entrambe governate dal centrosinistra. La sintesi è abbastanza semplice da fare, perché il Governo di centrosinistra ha sbandierato a destra e a manca la costituzione di un fondo per favorire l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie, ma subito dopo due regioni governate sempre del centrosinistra hanno affossato il provvedimento: un giochetto tra le parti che purtroppo vede, come sempre, soccombere gli italiani.
Oggi riproponete questa misura ancora una volta con il solo obiettivo di fare propaganda, perché siete consapevoli del fatto che il Parlamento approverà una norma che è incostituzionale. Le giovani coppie pertanto non avranno alcun aiuto, alcun vantaggio, mentre voi continuate a declamare soluzioni che non siete in grado di praticare. Con questo ordine del giorno, pertanto, chiediamo al Governo di dire con chiarezza che quanto previsto dal provvedimento è impossibile da realizzarsi se si vorrà rispettare, come si deve, quanto previsto dalla Corte costituzionale.
Ancona una volta, quindi, a rimetterci saranno i giovani, le giovani coppie, troppo spesso costrette ad abbandonare le città d'origine, in cui sono cresciute, per potersi permettere l'acquisto della prima casa. In altri Paesi la costituzione di un fondo per agevolare le giovani coppie è una realtà ormai consolidata, mentre in Italia, ancor prima dell'approvazione politica, emerge un problema di natura giuridica.
Non possiamo poi nascondere che uno dei problemi, tra i tanti che vive il Paese, è sicuramente quello della denatalità, dovuto anche alla tarda età in cui si arriva al matrimonio; e uno dei motivi per cui ci si sposa tardi è sicuramente la difficoltà di acquistare la prima casa, un'impresa divenuta ormai impossibile. Ancora unaPag. 31volta avete mentito al Paese, ma soprattutto avete sprecato un'opportunità importante. Continuate a preoccuparvi soltanto di cose che interessano esigue minoranze, che vi garantiscono la sopravvivenza al Governo; allora, continuate ad accontentare i sindacati, l'ala radicale e massimalista della coalizione, con provvedimenti che riportano indietro di anni le lancette del Paese, ma fate finta di non vedere, per incapacità di realizzarle, quelle riforme che sarebbero in grado di migliorare e soprattutto di modernizzare il Paese e che potrebbero permettere ai giovani di guardare con fiducia e con ottimismo al futuro.
Concludo pertanto invitando la maggioranza ad approvare l'ordine del giorno da me presentato: sarebbe da parte vostra soprattutto un atto di onestà intellettuale, considerato che, nel disegno di legge al nostro esame, avete introdotto una previsione incostituzionale e pertanto impossibile da applicare. Vi chiediamo, per l'ennesima volta, di non approfittare degli italiani indicando loro soluzioni impossibili da praticare.
PRESIDENTE. L'onorevole Casero ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/39.
LUIGI CASERO. Signor Presidente, tramite l'ordine del giorno da me presentato cerchiamo di trattare vari temi, di cui si è discusso in questi giorni e che non hanno trovato soluzione all'interno del decreto-legge al nostro esame e nell'ambito dell'utilizzo del surplus delle entrate.
Dalla nascita del Governo Prodi in poi, il Ministro dell'economia e i sottosegretari di tale dicastero - fra cui anche il sottosegretario presente in aula - hanno sempre affermato, nei dibattiti pubblici, in televisione e attraverso dichiarazioni, che non era possibile affrontare seriamente una serie di problemi del nostro Paese, la cui importanza tutti riconosciamo (l'eccessiva pressione fiscale, il mancato avvio delle infrastrutture, il debito pubblico troppo alto, la mancata azione a favore della competitività e dell'innovazione), poiché mancavano le risorse e vi era la necessità di salvaguardare i conti pubblici. Pertanto, anche se si affermava che non si poteva intervenire su quei problemi, essi erano comunque riconosciuti da tutti come quelli fondamentali per lo sviluppo del nostro Paese.
Non appena le risorse - per quanto scarse, come nel caso del cosiddetto «tesoretto» - sono arrivate, non si è però mantenuto fede a tali impegni, assunti peraltro non solo nel corso di dibattiti pubblici, ma anche dell'esame della legge finanziaria. Ricordo infatti che durante tale esame il Ministro dell'economia affermò che, se vi fossero state le risorse, si sarebbe attuata una riduzione della pressione fiscale e che a tale riduzione non si poteva procedere solo perché mancavano le risorse. Addirittura, nella legge finanziaria per l'anno 2007 si è scritto che le prime risorse generate da un surplus delle entrate sarebbero servite per la riduzione delle tasse. Invece queste tasse non sono state ridotte e con questo provvedimento non si è assolutamente intervenuto in tale campo.
Quel che chiediamo è di intervenire in modo specifico, non con una riduzione generalizzata delle tasse. Ad esempio, proponiamo di ridurre l'IRAP sul costo del lavoro; di ridurre l'IRES (ricordo che altri fra i principali Paesi europei, come la Germania, hanno ridotto pesantemente la tassa sulle imprese: le imprese tedesche dall'anno prossimo saranno dunque altamente competitive rispetto a quelle italiane); di attuare riduzioni specifiche delle tasse, che favoriscano la competitività delle imprese (agendo su settori quali ricerca, innovazione e sviluppo). Nessuno di questi interventi è stato messo in atto: si è invece pensato di adoperare una parte del surplus fiscale per svolgere azioni di semplice demagogia.
In secondo luogo, occorre dire che non si è intervenuto neppure sulla riduzione del debito pubblico, che costituiva l'altro grande impegno preso dal Governo in sede comunitaria: si era infatti detto che l'intero surplus sarebbe stato adoperato per ridurre quella grande debolezza del nostro Paese, che è il debito pubblico; eppure, inPag. 32questi giorni, il problema del debito è stato accantonato da tutti e non sono state previste azioni di riduzione.
In ultimo, il mio ordine del giorno affronta il problema delle infrastrutture. Anche in questo caso gli osservatori internazionali, i maggiori esperti economici e la maggior parte della classe politica del Paese, quando discutono delle ragioni della debolezza del nostro Paese nel mondo, fanno riferimento, oltre che ai temi che ho citato, ad una grande debolezza infrastrutturale. Eppure, in questi giorni, non si è proposto di adoperare il «tesoretto» per intervenire in questo campo: ciò, forse, perché il Ministro delle infrastrutture è impegnato su altri temi (mi pare infatti che ultimamente si stia occupando più di giustizia, di politica internazionale e di politica complessiva che non dei suoi temi specifici). Resta però che il nostro Paese presenta effettivamente una carenza infrastrutturale: è dunque necessario cercare di farlo ripartire velocemente su questo tema, attraverso azioni che cerchino di favorire lo sviluppo di nuove infrastrutture, ma anche attraverso il loro finanziamento.
Tali infrastrutture debbono essere sviluppate su tutto il Paese: non mi riferisco solo a quelle del nord, fondamentali per far sì che l'economia della locomotiva del Paese competa con la Germania e la Francia, ma, in particolare, alle infrastrutture del centrosud, che devono cercare di mettere tale area nella condizione di competere con le altre principali aree europee.
Mi sembra che siano stati dimenticati gli interventi sulla Salerno-Reggio Calabria e sulla rete infrastrutturale del Paese, nonché una serie di interventi sulle reti del Paese, ad esempio quelle idriche (l'emergenza acqua esiste ancora nel nostro Paese e non mi sembra vi sia un piano per intervenire su tale emergenza).
Avremmo sperato che il Governo, che sicuramente sta facendo ben poco per lo sviluppo ed il futuro del Paese, avesse utilizzato questo piccolo surplus di entrate per intervenire almeno in uno di questi campi: esso, invece, non è intervenuto in nessuno di tali settori e l'ordine del giorno n. 9/2852/39 chiede, almeno, di avere un ripensamento sul tema delle infrastrutture.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Bernardo, Vitali e Lussana, che avevano chiesto di illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/2852/66, n. 9/2852/33 e n. 9/2852/69: s'intende che vi abbiano rinunziato.
L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2852/98.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, noi del gruppo della Lega Nord Padania, tra i diversi ordini del giorno, ne abbiamo presentato uno a mia firma, il n. 9/2852/98, il quale si occupa della famiglia e chiede che con il provvedimento alla nostra attenzione, che secondo il Governo dovrebbe elargire le risorse che si sono rese disponibili, quest'ultimo, anche se non lo ha fatto materialmente con il testo del disegno di legge di conversione, si impegni almeno ad adottare alcune iniziative nella direzione della tutela della famiglia.
Nel dispositivo chiediamo infatti di «adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere misure dirette al sostegno della natalità e della famiglia, al fine di invertire il trend demografico negativo, che vede l'Italia tra i Paesi europei e mondiali con il più basso tasso di natalità».
Si tratta, quindi, di un ordine del giorno che intende dare un segnale e chiedere un impegno da parte del Parlamento: esso vuole sostanzialmente impegnare alla fine il Governo, che evidentemente su tale questione, dal nostro punto di vista, è stato assolutamente latitante?
Signor Presidente, colleghi, è sempre una questione di priorità e il Governo e la maggioranza hanno dimostrato di avere altre priorità.
Per esempio, con riferimento al tema della famiglia, il dibattito politico non è stato occupato negli ultimi mesi dalla voglia di sostenere la famiglia naturale, cioè quella fondata sull'unione tra un uomo ed una donna; l'obiettivo, piuttosto, è stato quello non solo di sostenere, maPag. 33prima ancora di introdurre un'altra tipologia ed un altro modello di famiglia, ossia non più la famiglia fondata sull'unione tra un uomo e una donna destinata alla procreazione, ma, ad esempio, la famiglia omosessuale. È in questa direzione, infatti, che vanno tutti i provvedimenti, che fino ad oggi sono stati presentati, a partire dai Pacs, che poi sono divenuti i Dico e, infine, i Cus, secondo l'ultima definizione.
Vi è un altro argomento che evidenzia come il Governo non abbia inserito la famiglia naturale tra le sue priorità. Esso ha infatti istituito la figura del Ministro della solidarietà sociale. Ci si aspetterebbe che questo Ministero così come la figura politica del Ministro si occupassero delle fasce più in difficoltà e meritevoli di attenzione, come è stato anche ricordato da altri colleghi, tra le quali rientrano sicuramente i nostri giovani, che oggi fanno molta fatica a mettere su famiglia.
Vi è, infatti, un contratto di lavoro che spesso non dà sicurezze. Anzi, adesso hanno anche il contratto di lavoro mentre prima non lo avevano perché vi era un mercato del lavoro e delle regole che non erano flessibili e perciò non garantivano neanche la regolarizzazione dei posti di lavoro che si prospettavano, grazie alle opportunità che - comunque - erano presenti; pertanto, ci si aspetterebbe che un Ministro della solidarietà sociale si occupasse dei nostri giovani e anziani. Invece, in oltre un anno di attività di Governo non abbiamo sentito una sola parola o un solo intervento di una qualche rilevanza politica da parte della maggioranza.
Le uniche prese di posizione del Ministro della solidarietà sociale sono a favore di una modifica della legge sull'immigrazione, cioè dell'introduzione di un diverso modello a proposito del fenomeno dell'immigrazione, al fine di permettere l'ingresso di più immigrati possibili; inoltre, vi sono state prese di posizione del Ministro della solidarietà sociale a favore della cittadinanza libera - per cui chi ultimo arriva meglio si accomoda - con l'attenzione rivolta verso una categoria di soggetti che non corrisponde ai nostri cittadini e ad un gruppo particolare assolutamente meritevole di attenzione, ossia i giovani; che sono coloro i quali hanno la legittima aspettativa di formarsi una famiglia.
Per tali motivi abbiamo presentato il presente ordine del giorno, che speriamo venga accolto, anche se sappiamo che il Governo ha altre priorità.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con l'espressione del parere del Governo sugli ordini del giorno in esame.
La seduta, sospesa alle 13,10 è ripresa alle 15.