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Discussione del disegno di legge: S. 1507 - Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia (Approvato dal Senato) (A.C. 2849); e dell'abbinata proposta di legge Fabbri ed altri (A.C. 2636) (ore 16,41).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2849)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto altresì che le Commissioni XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per l'XI Commissione, deputato Rocchi, ha facoltà di svolgere la relazione.
AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Signor Presidente, colleghi e colleghe, Luca Finardi, 40 anni, Andrea Graziano, 36 anni, Carmine Diano, 29 anni, Vincenzo Costanzo: purtroppo, sono tre morti e un ferito grave sul lavoro, gli ultimi, nella giornata di ieri. Quasi quotidianamente assistiamo ad uno stillicidio di lavoratori e lavoratrici che rischiano la vita nell'adempiere il proprio lavoro. Ho ricordato questi nomi a titolo esemplificativo di un elenco, purtroppo troppo lungo, affinché anche in quest'aula non ci dimentichiamo mai che, anche allorquando adoperiamo un linguaggio tecnico, burocratico o formale, stiamo parlando di persone in carne ed ossa e di vite spezzate per il lavoro e nel lavoro.
Probabilmente, i lavoratori e le lavoratrici, che molte volte si alzano al mattino molto presto - tra costoro, uno è morto e l'altro si è ferito gravemente alle cinque e mezzo, durante il proprio turno di lavoro, in una grande azienda chimica - lo fanno per recarsi a lavorare faticosamente, per garantire un futuro a se stessi e alle proprie famiglie.
A mio avviso, nell'iniziare la discussione sulle linee generali di questo provvedimento, tutti dobbiamo ricordare ed avere presenti tali dati e le persone in carne ed ossa. Una società in cui continuano ad annoverarsi così tanti morti ed infortuni sul lavoro non può essere giudicata di grande progresso sociale e civile. In ciò risiede l'importanza del provvedimento in discussione, che stiamo per affrontare.
Ritengo che con il contributo di tutti, maggioranza e opposizione - anche in relazione ai punti sui cui possono prospettarsi opinioni e ipotesi di soluzioni diverse - possa esservi l'impegno comune affinché dalla discussione sulle linee generali, che oggi si sta avviando, si arrivi in tempi brevissimi all'approvazione del provvedimento in questione.
Pertanto, il disegno di legge atto Camera 2849, già approvato dal Senato, recante disposizioni relative alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, rappresenta un provvedimento di grande rilevanza, sul quale le massime cariche dello Stato hanno più volte richiamato l'attenzione e sollecitato il Governo e il Parlamento ad intervenire. A distanza di oltre un decennio dall'emanazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il processo di produzione legislativa in materia di tutela e sicurezza del lavoro non ha praticamente conosciuto soste.
In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria ed ha continuato, nel corso degli anni, a trasporre quanto prodotto a livello europeo.
Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato e integrato le norme già inserite nel decreto legislativo n. 626 del 1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplinaPag. 73quadro per garantire protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose.
Il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è quindi caratterizzato da un'integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria, in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni Novanta, ha conosciuto negli ultimi anni un progressivo ampliamento.
Sebbene la materia, per quanto sopra detto, non si caratterizzi certo per un vuoto normativo, vi è l'esigenza - un'esigenza urgente - di superare i limiti e le manchevolezze della disciplina vigente che l'esperienza ha messo in luce, anche mediante la predisposizione di uno o più decreti legislativi che provvedano a razionalizzare e riformare la vigente normativa.
Richiamo una circostanza che penso tutti dobbiamo avere ben presente; l'andamento infortunistico e gli infortuni mortali nel 2006 hanno registrato una preoccupante inversione di tendenza rispetto all'evoluzione positiva che vi era stata negli anni precedenti. Più in generale, nel 2006 la tendenza alla diminuzione complessiva degli infortuni in essere a partire dal 2002 ha subito un sostanziale rallentamento. Anche da ciò deriva l'urgenza e la necessità di intervenire sulla materia con norme immediatamente attuative.
Il numero ancora troppo elevato di infortuni sul lavoro, la crescita degli infortuni mortali nel 2006 rispetto all'anno precedente e i più recenti fatti di cronaca, con il ripetersi di infortuni mortali con una frequenza inammissibile, richiamano perciò l'attenzione delle istituzioni, in particolare del Governo e del Parlamento, sulla necessità di fare il massimo per porre un argine a questo stillicidio di eventi invalidanti o addirittura mortali per i lavoratori.
Si rende quindi particolarmente urgente un intervento che investa il tema della sicurezza sul lavoro in senso stretto, ma anche i rischi connessi alla crescente precarietà, nonché la disciplina degli appalti e dei contratti pubblici.
Con questo testo affrontiamo, quindi, i temi strettamente attinenti alla sicurezza sul lavoro, ma vogliamo evidenziare a tutti che senza una ripresa della centralità delle condizioni del lavoro nel suo insieme un'efficace politica di prevenzione e di sicurezza è difficile da realizzare.
La drammaticità del fenomeno degli infortuni sul lavoro, che oltre a compromettere la salute o addirittura la vita dei lavoratori determina anche costi sociali altissimi, richiede una comune assunzione di responsabilità da parte della maggioranza e dell'opposizione, al fine di consentire una rapida approvazione del provvedimento al nostro esame.
Auspico quindi un iter del provvedimento il più rapido possibile, con la collaborazione costruttiva anche dell'opposizione, in modo tale da approvare il testo prima della interruzione estiva dei lavori.
Si evidenzia, da questo punto di vista, la scelta che le Commissioni riunite XI e XII hanno compiuto, su proposta dei relatori e con la condivisione del rappresentante del Governo, di orientarsi nel senso di confermare, senza alcuna modifica, il testo approvato dal Senato. Ciò, non perché il testo in esame non sia migliorabile, né per una contrarietà preconcetta alle proposte emendative dell'opposizione, ma per produrre un atto in tempi stringenti e non allungare i tempi di approvazione del provvedimento in considerazione della sua urgenza.
Alcune questioni affrontate nelle proposte emendative presentate nel corso dell'esame presso le Commissioni sono ragionevoli e anche condivisibili. L'accoglimento di tali questioni tramite modifica del testo, tuttavia, comporterebbe la necessità di trasmettere nuovamente il provvedimento al Senato determinando un notevole ritardo dell'approvazione definitiva dello stesso, anche a causa dei futuri impegni dei lavori parlamentari (in particolare, la sessione di bilancio, che impegnerà il Parlamento dopo l'interruzione estiva).Pag. 74
Nell'auspicare quindi che l'Assemblea confermi la scelta delle Commissioni di non modificare il testo approvato dal Senato, si ritiene invece che alcune delle questioni su cui si registra una convergenza tra maggioranza e opposizione e che sono condivisibili nel merito possano essere affrontate con idonei strumenti parlamentari che impegnino il Governo ad attuare le misure proposte, quali, ad esempio, ordini del giorno. Mi riferisco, per esempio, alle questioni relative: all'opportunità di un'impostazione non soltanto sanzionatoria, ma anche premiale e incentivante, specie verso gli artigiani e le piccole imprese; al ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e agli altri istituti attuativi del decreto legislativo n. 626 del 1994; all'esigenza di un soggetto di coordinamento territoriale per consentire un salto di qualità nella prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Per quanto riguarda il parere espresso dalle Commissioni competenti in sede consultiva, si rileva che di fatto tutte le Commissioni, compresa quella per le questioni regionali, hanno espresso un parere favorevole senza alcuna condizione. Pertanto, anche dal punto di vista del merito del provvedimento, non sono stati rilevati dalle medesime Commissioni aspetti critici che rendessero necessaria una modifica del testo.
Passando ad illustrare l'articolato, pongo in evidenza che il disegno di legge in esame in primo luogo contiene all'articolo 1 la delega al Governo per adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all'articolo 117 della Costituzione e garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati. Ai fini dell'esercizio della delega, il disegno di legge prevede, all'articolo 1, comma 2, una serie di principi e criteri direttivi, tra cui si segnalano per la loro rilevanza i seguenti: in primo luogo, si dispone l'applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. In tal modo si estende la platea dei lavoratori a cui si applicano le tutele in questione rispetto alla normativa vigente.
Si evidenzia il principio che prevede la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle piccole, medie e microimprese, senza però compromettere il rispetto dei livelli di tutela nonché la previsione di forme di unificazione documentale. Con le norme emanate in attuazione di tale principio, le imprese piccole e medie potranno essere sgravate di adempimenti meramente formali e burocratici concentrandosi invece sugli aspetti sostanziali della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Di notevole importanza è anche il principio che dispone la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto e della natura formale, o invece sostanziale, della violazione. In particolare, i decreti delegati dovranno provvedere alla «modulazione delle sanzioni in funzione del rischio» e alla «utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 758», nonché alla «determinazione delle sanzioni penali dell'arresto e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento (...), da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a euro 20 mila per le infrazioni formali, della pena dell'arresto fino a trePag. 75anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell'arresto fino a tre anni ovvero dell'ammenda fino a euro 100 mila negli altri casi».
Vengono inoltre previste: la «revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale» (in particolare, viene rafforzato il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale); l'introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo; la rivisitazione e il potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche in qualità di strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni volte a migliorare la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori; la realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Oltre alla previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, alla promozione della cultura e delle azioni di prevenzione e alla razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, costituiscono principi innovativi rispetto alla vigente normativa e sono meritevoli di menzione anche quelli stabiliti in ordine alla revisione della normativa in materia di appalti. Si prevedono, fra le altre, misure dirette a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale fra appaltante ed appaltatore, a modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché a modificare la disciplina contenuta nel codice degli appalti pubblici, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui. Infine, si segnalano i principi relativi alla rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, che si prevede di adeguare alle differenti modalità organizzative del lavoro, alle particolarità delle lavorazioni, e all'introduzione dello strumento dell'interpello relativamente ai quesiti sull'applicazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro.
I successivi articoli del provvedimento, quelli cioè dal 2 al 12, aggiunti nel corso dell'esame presso il Senato, recano misure precettive volte a rafforzare immediatamente gli strumenti per la sicurezza sul lavoro: tali articoli sono stati aggiunti, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, proprio per rendere operative il prima possibile le misure e gli interventi che, in considerazione della loro urgenza, non possono attendere i tempi connessi all'emanazione dei decreti legislativi.
In particolare, l'articolo 2 prevede che, nei casi di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all'INAIL ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
L'articolo 3 reca modifiche al decreto legislativo n. 626 del 1994 che intervengono sostanzialmente sulle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d'appalto e sulla disciplina relativa alle modalità di elezione, nonché alle attribuzioni, del rappresentante per la sicurezza. Fra l'altro, si stabilisce che, ferme restando le disposizioni in materia di sicurezza e salute del lavoro previste dalla disciplina vigente degli appalti pubblici, nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 del codice civile, sussiste l'obbligo di indicare specificamente i costi relativi alla sicurezza del lavoro. A tali dati possono accedere, previa richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
L'articolo 4 dispone in primo luogo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia disciplinato il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, affidato ai comitati regionali diPag. 76coordinamento, individuando i settori prioritari di intervento e i piani di attività da attuare a livello territoriale. Fino all'emanazione del decreto di cui sopra, il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza è esercitato dal presidente della provincia o da assessore da lui delegato, nei confronti delle amministrazioni e degli enti pubblici territoriali rientranti nell'ambito provinciale di competenza. Per una migliore e più efficiente integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si dispone che, entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, le province autonome, l'INAIL, l'IPSEMA, l'ISPESL e le altre amministrazioni competenti in materia pongano in essere gli adempimenti necessari per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi, anche attraverso la creazione di banche dati unificate relative ai singoli settori produttivi, e per il coordinamento delle attività ispettive in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Al fine di rafforzare l'azione ispettiva e di vigilanza si dispone che, dando attuazione a quanto già previsto dal comma 544 della legge finanziaria per il 2007, si provveda ad assumere fino a 300 unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici per ispettori del lavoro, e che le risorse non utilizzate a tal fine nel primo semestre 2007 siano destinate al funzionamento ed al potenziamento dell'attività ispettiva, alla costituzione di appositi nuclei di pronto intervento e all'incremento delle dotazioni strumentali.
Inoltre, si prevede l'obbligo, per il personale degli istituti previdenziali che accertino d'ufficio violazioni amministrative sanabili, relative alla disciplina in materia previdenziale, di applicare la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004, nonché l'avvio di progetti sperimentali in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale, volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. L'articolo 5, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, è volto ad estendere a tutti i settori produttivi i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, compresa la partecipazione a gare pubbliche previste dall'articolo 36-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, nei casi di violazione di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all'orario di lavoro che avvengono nel settore dell'edilizia.
PRESIDENTE. Deve concludere...
AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Gli articoli proseguono tutti recando, appunto, norme precettive, ma, ad ogni modo, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, con il dettaglio delle relazioni e degli impegni. Aggiungo solo che, sulla base del ragionamento fin qui condotto, mi pare emerga la necessità dell'urgenza di pervenire ad una rapida approvazione del provvedimento in discussione.
PRESIDENTE. Onorevole Rocchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la XII Commissione, deputato Mosella, ha facoltà di svolgere la relazione.
DONATO RENATO MOSELLA, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, l'intervento esaustivo dell'onorevole Rocchi, almeno fino al punto in cui ha dettagliatamente ricostruito il provvedimento al nostro esame, mi esime dal dilungarmi, salvo esprimere semplicemente alcune considerazioni che possano essere utili al dibattito che si sta per aprire.Pag. 77
È di ieri la notizia dell'ultima tragica «morte bianca» dovuta ad una esplosione in una azienda farmaceutica di Milano.
Ma è il complesso dei numeri che ci allarma e ci fa riflettere sul provvedimento alla nostra attenzione e sulla sua urgenza.
Nel 2006 vi sono stati 935 mila incidenti sul lavoro, con 1.250 vittime (oltre 350 sono le «morti bianche» nei primi quattro mesi del 2007).
Il rapporto Eurispes intitolato «Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra» ha messo in risalto come la piaga degli incidenti sul lavoro, in Italia, abbia causato più morti della seconda guerra del Golfo.
Dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre dal 2003 al 2006 nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252.
Si tratta di numeri significativi, allarmanti, agghiaccianti, forti, che vanno sottolineati in questa Assemblea per ricordare che gli incidenti sul lavoro e le «morti bianche» rappresentano una ferita impressionante che tocca la sensibilità di milioni di persone e rischia di colpire in maniera indistinta chiunque, sebbene sia ancora più terribile, per le conseguenze che ricadono sulla famiglia, quando colpisce chi, avendo meno, vive già una condizione di difficoltà.
Il grido è stato sollevato dalle massime istituzioni ed anche lei, signor Presidente, non lo ha fatto mancare a nome di quest'Assemblea. Pertanto, mi sembra veramente inutile sottolinearlo con maggiore rigore.
La richiesta di condizioni di lavoro umane e rispettose dei bisogni e della dignità dei lavoratori è un imperativo di civiltà, che un Paese civile come il nostro, una delle potenze industriali, deve porsi in maniera seria e continuativa. Lo dobbiamo ai lavoratori, alle loro famiglie, a questo bollettino di guerra, che va arginato e rispetto al quale il senso civico ci deve suffragare e supportare. Il Governo si è fatto carico del fenomeno, con l'adozione di un disegno di legge delega per il riassetto e la riforma della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro: è una responsabilità di cui bisogna dargli atto.
Con l'iniziativa, per come l'abbiamo accolta anche nel lavoro delle Commissioni, si è fatto capire chiaramente che si intende apprestare un quadro di riferimento complessivo e organico della materia, in un settore delicato, che vede coinvolti i diritti fondamentali delle persone e degli individui. Il testo, quindi, che il collega Rocchi ha declinato e che si trova all'esame dell'Assemblea, così come è stato trasmesso dal Senato, rappresenta il frutto di un lavoro articolato, perché ai contenuti dell'originaria delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto del sistema si sono aggiunte, con scelte ampiamente condivise dai diversi gruppi politici, una serie di prescrizioni volte ad apprestare misure di immediata applicazione.
L'espressione «immediata applicazione» è stata già sostanzialmente giustificata dal collega Rocchi e spiega perché si sta cercando di approdare in tempi rapidi ad un risultato utile, anche forzando in particolare rispetto al dibattito nelle Commissioni. Pertanto, si tratta di misure di immediata applicazione e destinate a garantire subito adeguati livelli di tutela.
Dal passaggio parlamentare al Senato è derivato, quindi, un provvedimento idealmente scomponibile in due parti: la prima, prevista dall'articolo 1, ha come oggetto la delega al Governo e quindi la declinazione dei criteri da seguire per emanare, in seguito, i successivi decreti delegati; la seconda, che è il frutto di un lavoro ampio e collegiale che dovrebbe aver dato anche grande soddisfazione all'opposizione, è caratterizzata da norme cogenti, elaborate per costituire, da subito, un quadro di tutele chiare a beneficio della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Pertanto, mi preme sottolineare l'atteggiamento di condivisione dei gruppi che al Senato hanno consentito di recepire una proposta importante e articolata, perché costituita da principi generali che devono regolare la materia.Pag. 78
Da parte mia, quale relatore del provvedimento per la XII Commissione, che congiuntamente alla Commissione lavoro ha svolto questo articolato ed anche sensibile lavoro di preparazione per l'Assemblea, desidero svolgere solo una brevissima annotazione di ordine generale, perché il provvedimento è stato ampiamente declinato ed è contenuto negli atti, che i colleghi potranno tranquillamente studiare ed esaminare. Si tratta del tentativo di porre qualche chiosa al dibattito che sta iniziando.
È del tutto evidente l'intento del Governo di trattare il tema con tempestività e con misure sostanziali, il che è sotto gli occhi di tutti. Lo dimostra l'impegno di adottare entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riforma della materia, un termine inferiore a quello previsto e su tale questione non mi dilungo.
Quanto ai contenuti è significativa la garanzia di assicurare, nei decreti legislativi, l'uniformità della tutela dei lavoratori su tutto il territorio nazionale, attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. È un principio di portata fondamentale in quanto, ferme restando le prerogative dell'articolo 117 della Costituzione, viene cristallizzato il carattere universale che deve assumere ogni misura di tutela, principio che non ammette alcuna deroga e che sostanzialmente nobilita molto il provvedimento.
Inoltre, l'espressa previsione tra i pilastri della delega al Governo del principio in base al quale la tutela dei lavoratori deve avere riguardo alle differenze di genere ed alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, costituisce una conquista di civiltà che il testo porta con sé.
Mi preme, anche in questo caso, pur abbreviando il mio intervento, che consegnerò agli atti, ricordare l'attenzione e le tutele che vanno dedicate al lavoro dei migranti e delle migranti, che costituiscono una risorsa reale del nostro Paese, al di là delle demagogiche riflessioni spesso condotte in termini negativi. Molto spesso, infatti, si caricano di mansioni umili e faticose, che nel nostro Paese non vengono svolte con facilità da tanti italiani. Quindi, farsi carico delle diversità, nell'ottica di realizzare l'uguaglianza sostanziale delle forme di tutela, è un esercizio di bilanciamento, che la proposta al nostro esame compie in maniera mirabile, nella direzione di assicurare sicurezza e certezza di regole al mercato del lavoro.
Vi è poi tutto il tema che riguarda il lavoro della donna, che mi pare sia stato già ben enucleato dal collega Rocchi e che supero con velocità.
Il testo presenta un equilibrato bilanciamento di interessi anche in un altro ambito di contenuti, la cui impronta è fortemente caratterizzata; mi riferisco al rapporto tra gli aspetti sanzionatori e le disposizioni destinate a promuovere la cultura della sicurezza. Si tratta di norme destinate a maturare la consapevolezza del valore aggiunto che deriva dal lavorare in ambienti sani, un valore aggiunto portatore di benefici non solo per i lavoratori, ma anche per le imprese.
Vi è, quindi, un carattere innovatore del testo dove, a fianco delle sanzioni per coloro che violano la normativa, vi è un articolato piano di norme incentrato sul trinomio prevenzione, informazione e premialità. Queste dovrebbero essere le condizioni necessarie, affinché non si risolva l'emergenza del momento, ma si faccia un lavoro preventivo di educazione al senso civico rispetto alla materia del lavoro, soprattutto andando nella direzione di far bene a chi organizza bene la tutela dei lavoratori. Bene ha fatto quindi il disegno di legge a prevedere l'inserimento, tra i criteri della delega al Governo, del principio della promozione della cultura e delle azioni di prevenzione.
Il richiamo non è casuale, ma responsabilmente viene dalla nostra appartenenza al contesto comunitario sul quale, nel testo che al termine del mio intervento avrò cura di depositare, mi sono dilungato.Pag. 79
Vengo all'ultima notazione che emerge dal provvedimento in esame. Non si tratta, come pure alcuni hanno affermato nel dibattito che ha preceduto l'esame in Assemblea, di un provvedimento elaborato sulle e per le imprese di grandi dimensioni. Al contrario, questo è un provvedimento che mette al centro il lavoro in sé come bene assoluto da tutelare.
Ne deriva che le forme di tutela sono previste per tutti i soggetti interessati, per le grandi imprese come per le piccole e le medie. In definitiva, il testo costituisce un provvedimento innovativo per gli obiettivi chiari che si pone e per aver introdotto una sorta di salto culturale nella promozione delle azioni di prevenzione. Una rapida approvazione dello stesso è il segnale migliore che il Parlamento possa dare ai cittadini e alle aspettative di sicurezza dei lavoratori, delle lavoratrici ed anche delle aziende interessate.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Deputato Mosella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario Patta.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, intanto credo che sia doveroso ringraziare le massime autorità dello Stato per l'intervento sempre pressante sul Governo affinché operasse, il più rapidamente possibile, per arginare un fenomeno tanto grave, come è stato ricordato: un milione di infortuni l'anno, 1300 morti, decine di migliaia di invalidi che pesano sulle persone, sui cittadini, sui lavoratori ed anche sui costi generali del Paese.
Debbo ringraziare, oltre al Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato e il Presidente della Camera per la sensibilità dimostrata ed anche tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, che fino ad ora hanno fornito un contributo non precostituito e di merito. Tale contributo ha permesso, come è stato ricordato, il raggiungimento nel Senato della Repubblica del testo che oggi discutiamo e che è stato, peraltro, modificato dal lavoro delle Commissioni e dell'Assemblea, le quali hanno raccolto il messaggio di urgenza - proveniente anche dalle massime autorità dello Stato - introducendo misure immediatamente prescrittive.
È stato raggiunto un risultato positivo anche con il contributo dell'opposizione, che ha permesso, almeno nella fase di elaborazione nelle Commissioni, di non registrare voti contrari al provvedimento. Quindi, la sensibilità diffusa e comune a tutto il Paese ha portato all'elaborazione di tale risultato.
Debbo anche ringraziare i membri delle Commissioni XI e XII per il lavoro svolto e tutte le altre Commissioni della Camera, che, sempre raccogliendo la necessità di intervenire urgentemente su tale materia, hanno deciso autonomamente di chiedere al Governo gli opportuni miglioramenti al provvedimento, in maniera particolare nella parte delegata attraverso ordini del giorno, che orientino anche l'attuazione della stessa.
Quindi, si è registrato un senso di responsabilità anche di fronte alla possibilità evidente di un ulteriore miglioramento e un ulteriore contributo da parte della stessa Assemblea. Ovviamente, ha fatto premio su tutto la convinzione che siamo di fronte ad un decreto delegato, quindi con altri nove mesi di tempo di intervento per completare l'iter normativo e che, pertanto, un eventuale ulteriore ritardo nella discussione avrebbe prorogato i tempi in maniera inaccettabile, rendendoli comunque estranei alla coscienza che si è creata nel Paese sul provvedimento in esame.
Questo, peraltro, ha alle spalle l'iniziativa congiunta del Ministero del lavoro e del Ministero della salute, copromotori del provvedimento, assolutamente indispensabile per affrontare con efficacia il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Vi sono stati un confronto ed una sinergia importante anche con le regioni,Pag. 80che nella loro conferenza hanno approvato all'unanimità il testo, che poi è passato all'esame delle Assemblee parlamentari. Ciò è significativo ed importante, perché sappiamo che l'inefficacia di una legislazione buona passa attraverso il mancato coordinamento o una competizione negativa tra le istituzioni dello Stato e le amministrazioni locali.
Questa è stata una premessa importante, anche per concludere positivamente un lungo confronto che abbiamo realizzato con le parti sociali - datori di lavoro e organizzazioni sindacali - che hanno fornito un contributo fondamentale all'elaborazione del testo originario precedente all'avvio del confronto e che oggi sostengono con forza, ancora in questi giorni, la necessità che il provvedimento in esame venga approvato prima della sospensione dei lavori parlamentari per le vacanze estive. È un ulteriore segnale di quanto il provvedimento sia frutto di una politica di concertazione e di confronto sviluppatasi negli ultimi mesi e che oggi ci permette di coagulare un largo consenso e che ci chiede, anzi, di accelerare i tempi e di fare in fretta.
Come è stato già rilevato, il disegno di legge non prevede solo un riordino della legislazione che negli ultimi decenni si è sedimentata in materia, ma anche delle innovazioni. Non diamo un giudizio negativo della legislazione che abbiamo alle spalle che, ritengo, abbia prodotto dei risultati. I numeri drammatici che discutiamo sono sicuramente, nella loro tragicità, comunque migliori di quelli che il Paese registrava vent'anni fa o più. Oggi si parla di tre morti al giorno, trent'anni fa questo dato era pari a dieci morti al giorno all'interno delle aziende del nostro Paese. Quindi, la legislazione, in maniera particolare il decreto legislativo n. 626 del 1994, con la filosofia che lo ispira, ha dato risultati positivi.
Dall'analisi dei dati consegnatici dagli enti e dalle regioni risulta che nelle aziende con oltre cinquanta dipendenti vi è il 3,5 per cento di quei circa 1.300 lavoratori che muoiono ogni anno.
Ciò significa che nelle aziende strutturate, dove i lavoratori hanno pieni diritti e le leggi dello Stato, i contratti nazionali di lavoro e gli accordi confederali vengono applicati correttamente, i risultati, purtroppo, sono stati di gran lunga migliori rispetto alla realtà tipica e caratteristica del nostro Paese di tantissime piccole aziende, che spesso coniugano anche una presenza di lavoro nero sicuramente superiore a quella delle grandi aziende.
Purtroppo, nelle aziende sotto i 16 dipendenti vi è il 92,5 per cento di questi 1300 lavoratori. Allora, abbiamo effettuato una scelta chiara, ovvero di concentrare la nostra attenzione su questo fenomeno, sapendo che dove vi è lavoro nero e dove vi sono piccole aziende si ha anche una presenza particolarmente forte di lavoratori immigrati e di giovani che iniziano il loro percorso lavorativo. Molto spesso, infatti, le vittime sono costituite da immigrati, che magari lavorano in nero in piccole aziende.
Molto importante, quindi, è l'applicazione delle norme e delle leggi. È chiaro che il lavoro nero contrasta con l'applicazione delle leggi e dei contratti e, ovviamente, con le norme relative alla sicurezza del lavoro. Se, infatti, consideriamo i settori dove l'ISTAT registra la massima presenza di lavoro nero e li confrontiamo con i dati relativi ai morti e agli incidenti, osserviamo che le curve hanno la stessa dinamica. Se consideriamo l'edilizia, l'agricoltura e gli altri settori dove è presente il lavoro nero, verifichiamo che vi è il numero più alto di morti e di incidenti sul lavoro.
Non abbiamo dunque - contrariamente a quanto qualcuno ha sostenuto - pensato di affrontare il problema con politiche semplicemente repressive o inasprendo le sanzioni. Spesso accade, infatti, che a fronte delle tragedie anche l'opinione pubblica ci chieda un intervento semplicemente di carattere repressivo. Sappiamo che i problemi del lavoro sono complessi, pertanto abbiamo pensato di operare, in modo particolare nel settore degli appalti, fin dall'inizio con norme diPag. 81contrasto del lavoro nero, che in questi mesi hanno dato risultati a nostro avviso positivi e incoraggianti.
I provvedimenti mostrano che sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro occorre essere tutti responsabili; che vi debba essere una forte responsabilità dei committenti, i quali non possono ignorare le aziende che lavorano negli appalti e che sono chiamate ad operare nei loro siti produttivi; che infine occorre un forte coordinamento anche con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza all'interno dei luoghi di lavoro.
Pertanto, come si è già iniziato a fare nella legge finanziaria, vogliamo che almeno i piani della sicurezza siano unitari all'interno dei luoghi di lavoro e non seguano la frammentazione e la disarticolazione prodotta in questi ultimi anni; che, inoltre, le responsabilità siano chiare. Quindi, il centro dell'iniziativa, come già stabilito dalla legge n. 626 del 1994, a nostro avviso restano le parti sociali all'interno dei luoghi di lavoro ed è prioritario tale tipo di rafforzamento.
Inoltre, proprio perché vogliamo perseguire una politica di sostegno anche alle piccole aziende, molte delle quali sono costituite negli ultimi anni anche da lavoratori immigrati, sappiamo che occorre intervenire attraverso una politica di sostegno a favore delle aziende che intendessero innovare in tecnologie più sicure, modificare l'organizzazione del lavoro, intraprendere corsi di formazione per i propri dirigenti e per i lavoratori che operano nelle aziende, attraverso un potenziamento del sistema della bilateralità, che purtroppo nel Paese in questo momento non è presente in tutti i settori produttivi.
Questo, pertanto, è il cuore del provvedimento, quindi si intende perseguire la massima responsabilità delle parti sociali e il sostegno attraverso bilateralità, formazione e quant'altro. Inoltre, abbiamo provveduto a riordinare le sanzioni e a rendere più efficaci i controlli e le verifiche. Importanti provvedimenti sono stati assunti anche dal Ministero del lavoro - e con fermati anche nel provvedimento in esame - per l'assunzione e il potenziamento delle sue attività ispettive, fondamentali anche per il contrasto al lavoro nero e, in alcuni settori, per la verifica dell'applicazione delle norme sulla salute e la sicurezza.
Credo che, alla fine, se il provvedimento venisse approvato, potremmo parlare in un anno di 1300 assunzioni di ispettori.
Dall'altro lato, stiamo già realizzando un accordo con le regioni per potenziare gli interventi delle ASL, al fine di raggiungere un complesso di ispezioni significative, che, contrariamente a quanto accade oggi, ci permettano di verificare l'applicazione della norma in un insieme significativo di imprese italiane.
Abbiamo definito insieme strutture di coordinamento, a cominciare da quelle nazionali e regionali, che possono costituire sedi di programmazione di tutti gli interventi e di tutte le attività ispettive che varie amministrazioni dello Stato, a vario titolo, svolgono all'interno delle aziende: si tratta di una programmazione, che è mirata proprio sui settori dove più alto è il rischio infortunistico e più alta è la presenza di lavoro nero, che eviti interventi a pioggia o ripetitivi sempre sulle stesse situazioni.
Con il disegno di legge in esame, inoltre, rilanciamo una tematica molto cara a tutti, che ha anche prodotto, nel nostro Paese, guasti di altra natura: la politica del massimo ribasso nell'assegnazione degli appalti. Essa ha causato guasti nell'assegnazione degli appalti sia pubblici sia privati.
Ovviamente, le misure previste sia nel disegno di legge delega, sia nei provvedimenti immediatamente prescrittivi, sono particolarmente stringenti: si tratta, infatti, di un tema fondamentale, che ci viene posto non solo dai lavoratori, ma anche da tutte le aziende che subiscono una concorrenza sleale da parte delle imprese, che non rispettano i contratti e i costi della sicurezza e possono praticare un dumpingPag. 82rispetto alle aziende più oneste, che nel Paese sono la maggior parte.
Non cito tutti gli altri aspetti già trattati dai relatori, ma, da ultimo, vorrei soffermarmi su un aspetto particolare, per il quale intendiamo rilanciare una tematica cara ai lavoratori italiani, ossia la promozione della salute. Il testo non affronta «soltanto» (lo dico tra virgolette) il problema della sicurezza, ma intende anche reintervenire su questa materia: sappiamo che vi sono tantissimi ammalati all'interno dei luoghi di lavoro, che dobbiamo ridefinire le malattie professionali (con un aggiornamento che comprenda anche quelle più moderne rispetto a quelle più antiche) e che i morti a causa di alcune malattie (ricordiamo cosa ha provocato, tra i lavoratori del Paese, l'amianto) sono purtroppo un peso anch'esso insopportabile.
Dobbiamo rivedere, quindi, tutte le figure che operano attorno alla promozione della salute nei luoghi di lavoro, a cominciare dal medico competente: deve esserci un rapporto tra le attività di prevenzione e sorveglianza nei luoghi di lavoro e il Servizio sanitario nazionale.
La politica della salute all'interno dei luoghi di lavoro, pertanto, non può essere separata dalla politica della salute del Paese: essa dev'essere parte integrante di quella seguita per tutti i cittadini e non diversa da quella. La promozione della salute fa parte anche di una politica di prevenzione che cerchi di intercettare le malattie sul nascere: non è semplicemente una politica di cura, ovviamente costosa sia sul piano personale e umano, sia su quello delle risorse che il Servizio sanitario nazionale spende nel settore.
Concludo affermando che il tema è talmente complesso, che non pensiamo di esaurirlo «soltanto» (lo dico sempre tra virgolette) con l'importante provvedimento in esame, ma pensiamo anche di operare quotidianamente con interventi sui settori più a rischio, concordati in modo particolare tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della salute.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Sono stati avviati, infatti, tavoli di confronto anche con le parti sociali nei settori più importanti del Paese, dai trasporti alla viabilità, alle grandi aziende siderurgiche, ai porti, alla cantieristica, affinché vi sia un intervento congiunto immediato dei due Ministeri e delle regioni nel sollecitare le parti sociali a realizzare immediatamente accordi che possano migliorare la situazione dei lavoratori italiani, senza attendere la conclusione dell'iter legislativo.
In conclusione, mi auguro che lo spirito costruttivo, che fino a questo momento ha animato il confronto al Senato e in sede di Commissioni alla Camera, permanga e ci permetta di avere un confronto sereno e trasparente sulle diverse opzioni attorno a tali temi, in modo di poter consegnare al Paese, in tempi brevi - spero prima della sospensione per le vacanze estive - un testo organico, che ci permetta di ridurre il numero inaccettabile di morti e feriti sul lavoro.
PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante del Governo.
Ricordo ai colleghi che vi è l'istituto della consegna dell'intervento, che è ampiamente diffuso nella prassi parlamentare.
È iscritto a parlare l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.
ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, allo scopo di snellire i lavori dell'Assemblea, accolgo subito il suo invito e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ulivi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
La ringrazio. Credo che il suo esempio sia molto importante: in genere ha effetti di contagio in assemblee diverse da questa.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, mi spiace, ma leggerò il mio intervento, rimanendo ampiamente nei tempi.
PRESIDENTE. Ma s'immagini. Mi scuso, anzi, di aver scherzato su questioni serie.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, il provvedimento in discussione si pone l'obiettivo di contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro, che sembra aver assunto dimensioni davvero preoccupanti e non degne di un Paese industrializzato e civile.
Il problema delle cosiddette morti bianche deve essere affrontato con decisione, attraverso un intervento legislativo che renda più omogenea e razionale la disciplina in materia, che attualmente risulta eccessivamente frammentaria e poco incisiva; che vada così a colmare il divario che, in questo contesto, ci separa dal resto d'Europa.
Per questa ragione, i Popolari-Udeur esprimono un giudizio senz'altro positivo sul disegno di legge, che ha il merito di garantire l'uniformità della tutela dei lavoratori nel nostro Paese, confermando il carattere universale del diritto di sicurezza dei lavoratori.
Inoltre, il disegno di legge rafforza il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e introduce la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo, promuovendo, quindi, la cultura e le azioni di prevenzione, di razionalizzazione e di coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza. Si propone, altresì, di migliorare l'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale.
Si tratta, quindi, di un provvedimento importante, di cui si sentiva il bisogno; ma noi Popolari-Udeur pensiamo che si possano introdurre alcuni punti di miglioramento.
Innanzitutto, attraverso un emendamento che presenteremo in Assemblea, chiederemo che l'inquadramento degli ispettori del lavoro, che rappresentano l'unica autorità amministrativa ad avere una competenza generale in materia di lavoro, sia rafforzato, ma soprattutto supportato.
In particolare, all'ispettore delle direzioni provinciali si chiede spesso un impegno enorme nell'attività di coordinamento nei confronti del personale di vigilanza degli istituti previdenziali con il quale è chiamato ad operare, pur percependo una retribuzione di gran lunga inferiore rispetto a quella del personale di vigilanza degli enti previdenziali che è chiamato a coordinare. Quindi, si tratta di una lacuna che va colmata.
Si ritiene, pertanto, che, anche alla luce di ulteriori responsabilità assegnate a tali autorità, in conseguenza dell'introduzione di nuove misure cautelari e sanzionatorie volte a prevenire le morti bianche, sia doveroso attribuire agli ispettori del lavoro un giusto riconoscimento indennitario e retributivo.
Reputiamo anche migliorabile l'aspetto concernente la promozione della cultura della sicurezza e delle azioni di prevenzione. Secondo il disegno di legge, il finanziamento di detti obiettivi deve essere attuato a valere su una quota delle risorse di cui all'articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007.
A ben vedere, però, tali risorse non possono essere utilizzate, perché espressamente destinate per procedere, dal 1o gennaio 2008, alla riduzione dei premi INAIL, nel limite complessivo di 300 milioni di euro, della sola gestione artigiani.
Conseguentemente, al fine di raggiungere gli obiettivi della promozione della cultura della sicurezza e delle azioni di prevenzione, si rende necessario ricercare una diversa fonte di finanziamento, che potrebbe essere individuata nel corrispondente incremento delle aliquote di base, per il calcolo dell'imposta sui tabacchi lavorati e destinati alla vendita al pubblico.Pag. 84
Un altro emendamento che proporremo è volto a soddisfare esigenze di coerenza sistemica, relativamente alla parte del provvedimento concernente le sanzioni pecuniarie. Infatti, l'articolo 9 del disegno di legge in discussione, introduce sanzioni pecuniarie interdittive per le persone giuridiche, i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e salute sul lavoro. In particolare, prevede che siano applicate alle varie tipologie di delitti, sanzioni pecuniarie in base a un'entità variabile, fra un minimo e un massimo di quote, e soltanto nei casi più gravi viene fissata fra un minimo di 400 e un massimo di 1000 quote.
Per prevenire eventuali rilievi di legittimità costituzionale sull'articolo in questione, sarebbe opportuno che la misura delle quote a cui commisurare la sanzione pecuniaria fosse determinata in base agli stessi criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, facendo quindi riferimento alle soglie già previste per le violazioni più gravi, cioè fra un minimo appunto di 400 e un massimo di 1000 quote.
Ma se è vero, come evidenziato dal Governo, che il rischio infortunistico è molto più alto nelle aziende con meno di 16 dipendenti, allora quello concernente i subappalti è un punto chiave e di sostanziale rilevanza. Su questo tema, che viene sviluppato all'articolo 1, comma 2, lettera s), concernente la revisione della normativa in materia di appalti, chiediamo sin da ora principi non derogabili chiari, applicazioni severe delle norme e la sicurezza che, quando un'azienda vince un appalto, non se lo aggiudica perché dietro ha predisposto una catena di subappalti, già organizzata in modo che i rischi siano distribuiti in maniera tale che nessuno ne paghi le conseguenze; i rischi devono essere a carico di tutti, ugualmente distribuiti, ben calibrati e deve essere rispettato il diritto alla sicurezza dei lavoratori.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Amoruso. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARIA AMORUSO. Signor Presidente, era mia intenzione sviluppare un intervento che, oltre alla parte scritta, potesse anche consentire valutazioni «a braccio», volte chiaramente ad approfondire la tematica oggi in discussione. Però, accettando l'invito della Presidenza, chiedo che la stessa autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Amoruso, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, vorrei cominciare il mio intervento, a nome del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dando all'Assemblea una notizia, che è stata già anticipata dall'onorevole Rocchi prima di me.
Ieri, preparando queste note, per cominciare con il fornire materia di riflessione sulla rilevanza dell'argomento in discussione, ho visitato il sito lavoro.articolo21.com, che ogni giorno fornisce i dati aggiornati sugli infortuni e le morti sul lavoro.
Ieri, 24 luglio, questi dati parlavano di 589 morti dall'inizio dell'anno, oltre a 590 mila infortuni e a più di 14.700 invalidi.
Oggi, alle ore 14, i morti erano 592, gli infortunati oltre 592 mila e gli invalidi circa 60 in più di ieri. Tutto ciò significa che, tra ieri e oggi, ci sono stati tre morti sul lavoro, tre morti di cui nessuno fuori da questa Assemblea ha parlato, salvo forse l'informazione locale.
Evidentemente tre morti sul lavoro in un giorno in Italia non fanno notizia e, d'altronde, un giornalista ci spiegherebbePag. 85facilmente il motivo: notizie sono i fatti nuovi, non la conferma di una tendenza, di una regolarità statistica. E in Italia tre o quattro morti sul lavoro al giorno regolarmente, fatalmente, sono una costante. Lo dimostra il fatto che, nel solo mese di luglio non ancora finito, con molte imprese chiuse o a ranghi ridotti, se ne sono già contati oltre sessanta.
Il Presidente Napolitano e il Presidente della Camera hanno parlato al riguardo di un bollettino di guerra ed è difficile dare loro torto. È un bollettino di guerra che colpisce in particolare i lavoratori edili, i braccianti agricoli e gli operai metalmeccanici (si pensi che circa il 7 per cento dei meccanici italiani rimane ogni anno più o meno gravemente ferito). Sono cifre sconvolgenti che rimangono, peraltro, approssimate per difetto, se si considera che non censiscono le morti differite né tanti infortuni non denunciati (ogni anno circa 200 mila secondo l'INAIL) e che rimane escluso soprattutto il grande capitolo delle malattie contratte sul lavoro. Voglio ricordare, a tale riguardo, una per tutte, la questione drammatica e ancora lontana da una soluzione soddisfacente dei malati di mesotelioma pleurico e di asbestosi a causa dell'esposizione all'amianto.
Dinanzi a questo quadro emerge l'urgenza di un organico e coerente intervento normativo che razionalizzi e perfezioni la normativa in materia di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, ivi compreso l'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, intervenendo in particolare sulle situazioni che più di altre generano condizioni di rischio per la sicurezza dei lavoratori: mi riferisco al lavoro sommerso e alla filiera degli appalti e dei subappalti.
Venendo al merito del provvedimento, consideriamo apprezzabile l'organicità del testo trasmesso dal Senato che - vogliamo sottolinearlo - anche per merito di importanti proposte emendative presentate in quella sede dal nostro gruppo è sensibilmente migliorato rispetto al testo originario carente, a nostro avviso, anche sul piano dei requisiti di determinazione di principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 76 della Costituzione.
Riteniamo positiva, altresì, sia ai fini di una maggiore organicità sia per evitare contrasti normativi, sovrapposizioni di competenze, disfunzioni organizzative soprattutto in materia ispettiva, la collaborazione tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della salute che ci auguriamo si rafforzi in sede di elaborazione dei decreti legislativi.
Più in particolare, vorrei segnalare gli aspetti più positivi del provvedimento che mi paiono maggiormente degni di nota: in primo luogo, il fatto che l'applicazione della normativa in materia di tutela della sicurezza e della salute sul lavoro concerna tutti i lavoratori e le lavoratrici, compresi gli immigrati, gli autonomi, i subordinati e i soggetti ad essi equiparati, e che si preveda la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto in particolare delle responsabilità del preposto.
Segnalo altresì che si prevede di rafforzare il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e di introdurre la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo, e che il provvedimento stabilisce anche la promozione di una cultura della prevenzione e interventi di razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza ed infine che si revisioni la normativa in materia di appalti, migliorando l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante e appaltatore.
Ho già detto dei positivi interventi del Senato, che si sono tradotti nell'aggiunta di essenziali previsioni al provvedimento in esame. Mi riferisco, in primo luogo, alla misura, proposta attraverso un emendamento del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, con cui si riconosce alle organizzazioni sindacali e alle associazioni dei familiari delle vittime la possibilità di esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa, partecipando, come parte lesa, ai procedimenti a carico deiPag. 86datori di lavoro per le violazioni delle norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Riteniamo inoltre assai apprezzabile l'introduzione di provvedimenti immediatamente prescrittivi, tra cui l'estensione a tutti i settori produttivi di alcune disposizioni in materia di contrasto al lavoro irregolare: mi riferisco, in particolare, alla previsione contenuta nell'articolo 2, in base alla quale, nei casi di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesione personale colposa, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà immediatamente notizia all'INAIL ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
Mi riferisco altresì agli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento, istituiti dal decreto-legge n. 223 del 2006 con riferimento ai cantieri edili, ed ora estesi dall'articolo 6 del provvedimento in esame a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto. Altre rilevanti misure immediatamente prescrittive introdotte nel corso della prima lettura prevedono - mi riferisco all'articolo 12 - l'assunzione di 300 nuovi ispettori del lavoro a decorrere dal mese di gennaio 2008, mentre con l'articolo 11 si stabilisce l'abrogazione immediata della sospensiva di un anno delle ispezioni relative alla tutela della salute e della sicurezza, prevista dal comma 1198 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 a beneficio delle aziende che presentino istanza di regolarizzazione. Infine, ricordo quanto disposto dall'articolo 5 al fine di contrastare il lavoro sommerso e di promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro: tale norma estende a tutti i settori produttivi i poteri di sospensione immediata dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, compresa la partecipazione a gare pubbliche, in caso di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all'orario di lavoro, nonché di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Ciò detto, signor Presidente, si tratta forse di un testo perfetto? Certamente no. Anzi, diciamo subito con chiarezza che condividiamo gran parte dei rilievi emersi nella recente assemblea dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza che si è svolta il 13 luglio scorso, durante la quale si è lamentato che le sanzioni penali siano ancora insufficienti per le aziende inadempienti in materia di sicurezza, e che ancora siano troppo scarse le tutele per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) ai quali vanno, a nostro giudizio, attribuiti compiti attivi, compresa la possibilità di muoversi anche fuori della propria azienda, quando si tratti di RLS territoriali, e vanno forniti tutti gli strumenti necessari a comporre una propria valutazione dei rischi. Non solo: restano fuori altri punti, secondo noi essenziali. Ne cito due: in primo luogo, il problema dei cancerogeni che oggi causano tra gli 8 e i 10 mila tumori professionali l'anno, e che devono urgentemente essere sostituiti con sostanze di provata non tossicità; in secondo luogo, i problemi - anche essi restano fuori dal testo in esame - legati alla sicurezza del lavoro domestico professionale, obbligatoriamente iscritto all'INPS. Ricordiamo che si registra in tale settore una drammatica crescita del tasso di incidentalità.
Nel 2004 si sono registrati 2.572 infortuni; nel 2005, 2.593, lo scorso anno ben 2.767 e sono incidenti non di rado assai gravi, che colpiscono per la quasi totalità, ben oltre il 90 per cento, le donne. È una condizione di genere, nel lavoro, che è necessario affrontare con urgenza mediante efficaci interventi a tutela del lavoro femminile. Dunque, segnaliamo alcune carenze, anche rilevanti, nel provvedimento che stiamo discutendo e, nondimeno, siamo persuasi che esso si muova nella direzione giusta. Potremmo dire che una prova di ciò è nell'atteggiamento ostile assunto nei suoi confronti dalla Confindustria.Pag. 87
Vorrei soffermarmi brevemente su tale aspetto, perché non è escluso che possa giovare all'esame del provvedimento la memoria di alcune recenti minacciose esternazioni. All'inizio di questo mese il vicepresidente della Confindustria, l'ingegner Alberto Bombassei, ha definito il provvedimento che stiamo discutendo punitivo e inutilmente sanzionatorio, additando in esso il frutto - cito - di una cultura antindustriale, strumentalmente incline a rappresentare il tessuto produttivo del Paese alla stregua di luoghi con salari indecenti, sfruttamento e morte.
Sui salari tornerò brevemente concludendo il mio intervento. Quanto allo sfruttamento del lavoro e ai suoi tragici contraccolpi sulla sicurezza e la vita dei lavoratori, le cifre ricordate all'inizio dovrebbero costituire - così pare - un sufficiente commento. Invece no, secondo il vicepresidente della Confindustria il provvedimento in esame tenderebbe - cito ancora dal suo intervento all'Assofond del 2 luglio scorso - a privilegiare il mero controllo rispetto al dialogo, la repressione rispetto al sostegno. Questo è, con ogni evidenza, il punto. La Confindustria si lamenta, come sempre, dei quattrini; protesta perché l'applicazione di questa normativa costerà qualche soldo alle imprese. Ma il punto dolente per la Confindustria riguarda le sanzioni previste. L'ingegner Bombassei parla di gravosi adempimenti e profili di responsabilità e di un apparato sanzionatorio che definisce immotivatamente penalizzante per le imprese.
Ora, a parte che è ben curioso che si pensi subito alle sanzioni, dando evidentemente già per scontata la violazione delle norme, meraviglia che i vertici associativi della grande impresa del nostro Paese - generosamente sostenuta dallo Stato e non si capisce davvero perché l'impresa privata reclami continuamente aiuti dallo Stato, pubbliche provvidenze che non pare rientrino nel libero gioco del mercato - si preoccupino delle sanzioni quando è in gioco la vita di migliaia di persone. Certo, sappiamo bene che la stragrande maggioranza, oltre il 90 per cento degli incidenti mortali, si verifica nella piccola impresa, con meno di sedici dipendenti, ma riteniamo che tale circostanza dovrebbe suggerire maggiore cautela ai vertici della Confindustria. Un atteggiamento più costruttivo risparmierebbe loro il rischio di apparire paladini dell'impunità.
Ma se andiamo avanti nel ricordare l'intervento del vicepresidente della Confindustria, forse, comprendiamo meglio il senso delle sue preoccupazioni. Ciò che la Confindustria teme del provvedimento in esame è che esso possa conferire al sindacato e ai RLS maggiori poteri di controllo e di rivalsa in sede giudiziaria. Lo stesso Bombassei ha dichiarato che il ruolo che il legislatore intenderebbe assegnare alle parti sociali è animato da una contraddittoria e sterile finalità conflittuale. Supponiamo che egli facesse riferimento proprio alla norma che prevede la possibilità che familiari e sindacati si costituiscano in giudizio nei processi per infortuni a carico degli imprenditori: è questa possibilità che preoccupa molto la Confindustria, che forse teme che la norma porrebbe finalmente termine all'abitudine invalsa di archiviare molti procedimenti.
Pertanto, di fronte a queste reazioni scomposte, traiamo ulteriori motivazioni per andare risolutamente avanti nella discussione costruttiva del disegno di legge in esame, sottolineando l'assoluta necessità di accantonare le irresponsabili pulsioni deregolatorie - sposate anche da taluni settori dell'opposizione - che costituiscono - a nostro giudizio - un'offesa a tutti i lavoratori, che hanno subito le conseguenze di condizioni di lavoro pericolose.
Per tale motivo, signor Presidente, riteniamo necessario procedere con decisione e rapidità, recependo il suggerimento rivoltoci in tal senso dalle organizzazioni sindacali, a cominciare dalla CGIL, dalla FIOM e dalla totalità dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Abbiamo, pertanto, accolto l'invito a ritirare i nostri emendamenti in Commissione. Trasformeremo quelli, a nostro giudizio, più rilevanti in ordini del giorno, che ci attendiamo il Governo vorrà accettare e considerare vincolanti,Pag. 88ai fini della stesura dei decreti legislativi. Trattandosi di una legge delega, infatti, non vale, in questo caso, l'ironico adagio parlamentare secondo il quale «un ordine del giorno non si nega a nessuno». Gli ordini del giorno accolti, in questo caso, saranno molto più impegnativi, costituiranno veri e propri obblighi che il Governo si assume dinanzi al Parlamento e al Paese.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, osservando che, come era ampiamente prevedibile, la partita del lavoro è centrale in questa legislatura, non solo a causa della pesante eredità della scorsa legislatura, che ha visto un'offensiva durissima contro lavoratrici e lavoratori del nostro Paese, ma anche per la tendenza storica in atto che è effetto del liberismo. La mia - tengo a chiarirlo - non è una valutazione ideologica, ma una semplice considerazione, che riposa su dati nudi e crudi. Vorremmo che, una volta tanto, su questi dati si misurassero tutte le forze politiche, anche nella coalizione di centrosinistra, interrogandosi sulla bontà della strada imboccata dal nostro Paese e dall'Unione europea. Nell'insieme dei Paesi del G7, dal 1980 al 2005, si è registrata una riduzione di oltre 4 punti di PIL della quota dei redditi da lavoro dipendente, a fronte di un aumento dei consumi privati pari al 5,3 per cento. In Italia, questa già pesante tendenza appare ancora più grave, considerato che la riduzione della quota attribuita ai redditi da lavoro è di oltre sette punti percentuali: era il 49,2 per cento nel 1980, è, a malapena, del 42 per cento nel 2005.
Insomma, una lunga vicenda di pesanti sacrifici imposti al lavoro, anche sul piano della netta riduzione della spesa sociale. Ma perché questi sacrifici? Per fare cosa? Si potrebbero anche accettare i sacrifici, ma in un più breve periodo e in una logica di investimento sul futuro. Il liberismo che alcuni chiamano modernità, invece, determina una drastica riduzione degli investimenti produttivi: nei venticinque anni cui ci stiamo riferendo, la quota degli investimenti fissi lordi è scesa del 4,4 per cento, a fronte di un altrettanto forte aumento della speculazione finanziaria. Pensate che il rapporto tra attività finanziarie e PIL, che nel 1980 era di 4,6 ad 1, diventa nel 2005 di 9 a 1!
È in tale cornice storica, che la partita del lavoro è centrale per la politica, qui e ora, per questo Parlamento e per il Governo alla guida del nostro Paese.
Pertanto, signor Presidente, vorrei ricordare che, anche in relazione a ciò vi sono grandi aspettative da parte delle classi popolari, di chi lavora, di coloro che chiedono interventi in controtendenza su salari, precarietà e condizioni lavorative, a cominciare dalla nocività e dalla tutela della sicurezza e della salute sul lavoro. A tali aspettative, già si era iniziato a fornire risposte adeguate, e comunque impegnative, nel programma elettorale dell'Unione. Ebbene, oggi saremmo ipocriti o reticenti qualora affermassimo che - Governo e maggioranza - sino ad ora abbiamo agito in modo coerente con tali premesse: non è così. Non è così sulle pensioni. Esprimiamo un giudizio negativo sul recente accordo in materia previdenziale. Condividiamo, al riguardo, le valutazioni della FIOM, in particolare per quanto concerne il sostanziale mantenimento dello «scalone Maroni». Non è così neanche per quanto riguarda le misure annunciate ieri dal Governo in relazione alla lotta contro la precarietà del lavoro, quel protocollo sul lavoro e la competitività che il Ministro Damiano ha voluto definire, graziosamente, non emendabile, tradendo una concezione dei rapporti tra Esecutivo, maggioranza e Parlamento che davvero non ci sentiamo di condividere. Tale protocollo costituisce un progetto che non fornisce risposte adeguate per quanto concerne la precarietà del lavoro e rischia di incoraggiare il ricorso agli straordinari, che sono tra le cause dell'innalzamento dei tassi di incidentalità. Inoltre, non interviene in modo adeguato sui contratti a termine, il cui uso improprio attualmente è tra gli strumenti maggiormente negativi di cui l'impresa si avvale per mantenere il lavoro sotto la continua minaccia dell'insicurezza.Pag. 89
Tutte le proposte del Governo, ma in particolare quelle che concernono tali materie, lungi dall'essere non emendabili - l'ho già detto in forma ufficiale e vorrei se ne prendesse nota per evitare si possa affermare che Rifondazione Comunista non si muove con coerenza e lealtà - a nostro avviso, si presentano discutibili e migliorabili. Ci impegneremo, quindi, perché vengano sensibilmente modificate nei punti a nostro giudizio maggiormente negativi.
Concludo, signor Presidente. Si tratta di una partita aperta. Pertanto, a maggior ragione riteniamo indispensabile che il Governo dimostri sensibilità e capacità di ascolto, sul terreno della sicurezza e della tutela della salute di chi lavora, comprendendo che le nostre richieste, che trasfonderemo in appositi ordini del giorno, si muovono nella direzione che dovrebbe stare a cuore a tutti: quella della più efficace prevenzione e tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, in tutta onestà, vorrei far presente che gli interventi precedenti sono stati contraddistinti da uno spirito sicuramente positivo, ossia fornire risposte concrete ad un problema molto evidente e serio, in quanto è in gioco la vita dei lavoratori. Tuttavia, come ho già avuto modo di affermare in diverse occasioni, il tema della tutela della sicurezza e della salute sul lavoro, è sicuramente uno di quegli argomenti che non ammettono strumentalizzazioni e, soprattutto, non consentono di indirizzare i dati e le statistiche a meschine logiche di parte: è un esercizio inutile. Nessuno vuole farlo e vorrei dare atto che, nel corso della discussione che si è svolta sia nell'ambito dell'XI Commissione sia nell'ambito della XII Commissione, nessuno lo ha fatto. Pertanto, in primo luogo vorrei evidenziare come la tipologia degli infortuni sul lavoro sia legata alla realtà economica, produttiva e lavorativa propria e specifica delle diverse aree del Paese.
Ad esempio - lo avete già ricordato voi - al nord, in questi ultimi anni, gli incidenti sono aumentati di molto, specie nei cantieri.
Per quanto riguarda alcune province, molti incidenti sono legati all'attività agricola o anche all'autotrasporto: autisti di mezzi pesanti sono vittime della strada perché costretti ad orari impossibili o a viaggiare di notte senza adeguato riposo.
Ho introdotto tali argomenti per far osservare che, affrontando il tema nella sua complessità, si evidenzia come queste tragedie quotidiane siano anche figlie di una società che ci impone ritmi sempre più frenetici.
L'ipotesi di adottare un testo unico in materia di sicurezza sul lavoro - lo sappiamo bene - risale già alla fine degli anni Settanta. La prima significativa produzione normativa in materia si è avuta con il decreto legislativo n. 626 del 1994; sono poi intervenute successive modificazioni ed integrazioni di tale testo base che cercavano, in qualche modo, di migliorare la situazione. Forse, anche ciò ha contribuito alquanto a determinare la situazione di confusione in ordine a tale materia.
Questo proliferare di modifiche ha evidenziato la necessità di adottare un testo unico che potesse essere facilmente comprensibile, preciso nell'indicare principi e doveri, in grado di semplificare la complessità delle norme e delle procedure e che avesse anche un carattere culturale: doveva contemplare, cioè, una vera e propria formazione in ordine alla prevenzione.
La necessità dell'adozione di un testo unico di riordino della complessa normativa in materia di sicurezza sul lavoro è stata evidenziata già nella XIV legislatura, da una maggioranza diversa dall'attuale, la maggioranza di centrodestra.Pag. 90
Nulla da dire o da eccepire sulle finalità di questo disegno di legge: piuttosto, per quanto concerne i contenuti, vorrei rilevare l'eccessivo rilievo che forse il testo attribuisce al ruolo delle parti sociali. Riprendendo, al riguardo, quanto riferito dall'onorevole Burgio, che ha evidenziato il fatto che Confindustria è stata una delle poche associazioni a lamentarsi, voglio ricordare che Confindustria, tuttavia, è un interlocutore privilegiato di questo Governo e di questa maggioranza.
In Italia muoiono migliaia di lavoratori ogni anno, nonostante una normativa che, per così dire, ha compiuto passi da gigante in questi ultimi anni. Qual'è allora la ragione di questo picco non degno di una società che abbia la vita e la sua qualità al centro della propria attenzione? Ricordo anche, con la stessa logica che si applica agli incidenti stradali, che, catalizzato l'interesse sulle vittime, si dimentica che un enorme numero di lavoratori resta ferito in modo invalidante, compromettendo la propria esistenza, il futuro proprio e della propria famiglia e la stessa attività lavorativa.
Gli infortuni, al di là della casistica, provocano emarginazione e chiamano in causa centinaia, migliaia di persone, se solo pensiamo alle famiglie emotivamente, affettivamente ed economicamente coinvolte. C'è poi un altro dato che viene spesso minimizzato con lo stesso criterio con il quale si interpretano i dati sulla criminalità; non si vuole prendere atto che l'immigrazione massiccia ed irregolare - lo voglio dire con serenità - ha una parte preponderante sull'uno e sull'altro fronte.
Non è solo questione di lavoro nero, ma di dimestichezza con i mestieri, con le funzioni che si è chiamati a svolgere: la mancanza di abilità, di capacità e di concentrazione non sono determinanti se si raccolgono i pomodori al sud o le uve al nord, ma diventano veramente pericolose se si lavora in qualche raffineria o in cantieri a dieci-quindici metri di altezza da terra; tralascio, poi, di soffermarmi sull'alto tasso di lavoratori che rimangono folgorati. Ci si pone quindi il problema di una normativa che sappia avere in sé il rigore di fondo, ma anche la duttilità per essere applicata con modalità diverse a seconda dei lavori e delle zone in cui essi si svolgono.
Si pone soprattutto l'esigenza di perseguire politiche di prevenzione (al riguardo, si comincia ad intravedere qualcosa), che peraltro vedono gli enti locali impegnati in prima fila accanto alle altre istituzioni. Il sottosegretario ha ricordato come fondamentale debba essere il collegamento tra centro e periferia, fra Governo, regioni ed enti locali. A tal proposito, a scopo esemplificativo, voglio portare un caso emblematico: a Lecco, la mia città, per una intesa sottoscritta fra l'Associazione delle piccole imprese, l'INAIL e il Politecnico, la sicurezza sui luoghi di lavoro finisce sul web. Si tratta di uno strumento elettronico, che permette alle piccole e medie imprese lecchesi di archiviare e di condividere i dati relativi alla sicurezza sul lavoro; il tutto, sempre con l'attenzione rivolta all'aumento della competitività ed anche al contenimento dei costi. L'obiettivo è realizzare uno strumento software con interfaccia web - per supportare le piccole e medie imprese nelle principali attività di gestione della sicurezza e per favorire l'informazione e la formazione del lavoratore - ma nel contempo diffondere la cultura e le conseguenti prassi di prevenzione degli infortuni.
È un progetto pilota che fungerà da esempio per altre realtà extraprovinciali. L'obiettivo è testare questo progetto su una provincia, come Lecco, a forte rischio di infortuni vista la sua marcata identità manifatturiera, per poi esportarlo nella regione e, magari, anche a livello nazionale. I vantaggi per le imprese si potranno misurare su tre fronti: dal punto di vista sociale, perché contribuirà a migliorare la qualità delle condizioni di lavoro all'interno delle imprese; da quello economico, poiché finirà per innalzare i livelli di produttività e di qualità riducendo le perdite finanziarie e i relativi costi associati; e infine sul fronte giuridico: le imprese saranno infatti agevolate nell'adempimento degli obblighi legislativi, anchePag. 91perché la conoscenza da parte dei piccoli imprenditori dei temi inerenti la sicurezza è destinata a migliorare.
Questo è un esempio di come realtà locali, del nord in questo caso, rispondono all'esigenza di sicurezza. Quindi ci sono risposte forti, che provengono da tutte le parti. Fondamentale è la collaborazione: delle categorie, dei lavoratori, degli enti locali, dell'INAIL, dell'ANMIL, l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, che dimostrano di voler lavorare bene, concertando le scelte, cosa che purtroppo questo Governo non sempre ha dimostrato di fare. Penso comunque che imporre una normativa dall'alto sia sempre una cosa controproducente è sbagliata.
Tornando al nostro disegno di legge, ho voluto ricordare il significativo esempio di Lecco per dimostrare anche come in materia non è che il nostro Paese sia così indietro, sia così arretrato: anzi, vi sono anche esperienze positive. Dobbiamo aggiungere che l'approfondimento svolto in questi ultimi tempi, attraverso le ricerche, gli studi approfonditi, le audizioni, i contributi giunti da più parti - ma, a mio avviso, in modo particolare attraverso l'esperienza; la scienza è figliola dell'esperienza, qualcuno diceva - ha rappresentato un lavoro enorme. Un lavoro che ha consentito di avere già a disposizione strumenti normativi e di migliorare la qualità della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Non siamo quindi ai primi passi in questa materia ed è per questo che stupisce la fretta con cui si vuole chiudere la discussione; stupisce la volontà di non cambiare nulla. Non si capisce, infatti, per quale ragione il testo, pur approvato in prima lettura dal Senato con emendamenti - nella versione originaria del Governo, il disegno di legge constava infatti di un articolo unico recante la delega legislativa mentre poi si è ampliata la disciplina, entrando nel dettaglio di alcuni specifici argomenti - non debba subire la benché minima modifica alla Camera. D'altronde, tutti gli emendamenti presentati nelle Commissioni sono stati respinti; prendo atto della situazione, poiché comprendo che si tratta di una scelta precisa, ma debbo dire che forse sarebbe stato possibile migliorare ancora qualche aspetto del testo nel corso della lettura in questa Camera, ma appunto tutti gli emendamenti sono stati respinti. La domanda che dunque mi pongo e che pongo a voi è quale sia il senso del dibattito parlamentare in quest'Assemblea e quali siano le prerogative di questo ramo del Parlamento: dovrete dare voi la risposta.
Il tema della sicurezza sui posti di lavoro non può più essere lasciato all'improvvisazione: per questo la nostra vuole essere una posizione di contributo affinché si possa migliorare il testo. Non bisogna infatti essere strumentali e retorici a tutti i costi, né si può esser contrari solo perché un provvedimento è sostenuto da una certa maggioranza, a maggior ragione perché il futuro, purtroppo, non promette nulla di buono: è infatti assai improbabile che si assista ad una diminuzione degli infortuni, se è vero come è vero che sono previste massicce entrate di persone extracomunitarie nel nostro Paese. Tali entrate significano più incidenti nei cantieri, nelle fabbriche e - lasciatemelo dire - anche sulle strade: forse non li si considera incidenti sul lavoro, ma l'imperizia e l'utilizzo sulle strade di veicoli non in ordine provocano spesso vere e proprie tragedie.
Come ho già osservato all'inizio del mio intervento, debbo onestamente riconoscere che il lavoro svolto nelle Commissione riunite è stato certamente costruttivo per tutti; infatti, pur non condividendo il metodo, condivido però talune scelte ben specifiche. In conclusione, dunque, signor Presidente ed onorevoli colleghi, vi è da augurarsi che dal livello nazionale giungano indirizzi severi e non punitivi per le aziende e per le imprese, che spesso devono fare i conti con costi del lavoro divenuti ormai insopportabili. Quanto agli emendamenti e agli aspetti specifici del testo, ci soffermeremo su di essi nel corso dell'esame successivo, approfondendo taluni argomenti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buglio. Ne ha facoltà.
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SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento vorrei ringraziare le Commissioni (e anche il Governo) non solo per lo splendido lavoro svolto, ma anche per l'accelerazione che si è dato all'esame di questo provvedimento. Non era facile, poiché l'attenzione, anche mediatica, nel Paese non portava a sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema. Dunque, le Commissioni hanno lavorato bene. Mi riferisco a tutti i componenti le Commissioni: vorrei sottolinearlo, poiché non condivido assolutamente alcune affermazioni rese in questa sede. Dobbiamo infatti smettere di pensare che, su alcuni argomenti, vi è una parte che presenta una maggiore sensibilità ed un'altra che, invece, si disinteressa di morti ed infortuni: queste affermazioni costituiscono un'offesa per le istituzioni e per l'opposizione, ma credo siano anche un errore gravissimo per chi le fa. Sottolineo questo aspetto perché devo dire che queste tesi mi infastidiscono, per quanto spesso le ascolto: ormai, sarà anche per l'età un po' avanzata, comincio a contrariarmi ascoltando queste affermazioni che, se permettete, sono ridicole. Anzi, debbo dire che ne ho ascoltate anche qui: non farò nomi, ma vi lascio immaginare.
Vi è un'opposizione seria e vi sono opinioni diverse, che bisogna rispettare: non capisco, pertanto, perché tutto ciò venga visto sempre con furore ideologico per cui, seguendo la logica «amico-nemico», noi saremmo i bravi e gli altri i cattivi. Ciò non è vero: le Commissioni hanno lavorato benissimo e lo hanno fatto perché vi sono stati il contributo di tutti e la sensibilità del presidente e dei relatori: di ciò dobbiamo dare atto per l'ennesima volta, non mi stancherò di ripeterlo, all'opposizione.
Il ripetersi incessante di morti ed infortuni sul lavoro ha costretto il Parlamento a intervenire con urgenza in una materia - quella della sicurezza sul lavoro - da sempre all'attenzione dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali e dell'opinione pubblica.
L'alto, accorato e autorevole richiamo del Presidente della Repubblica corrisponde al profondo sentire della nostra gente. Non possiamo più accettare che l'integrità delle persone e la loro stessa vita costituiscano una sorta di costo sociale da pagare.
La sicurezza sul lavoro è una questione dalle molte sfaccettature, quindi deve essere affrontata sotto diversi punti di vista; è una questione di civiltà, culturale, sociale, economica e di formazione.
Si tratta di un settore - come accennava poc'anzi il collega Bodega, ma ne sono convinto anche io - nel quale le fasi della prevenzione e della vigilanza assumono un ruolo rilevantissimo e nel quale ha un ruolo rilevante pure l'aspetto repressivo.
Osservo che due rimangono i punti critici fondamentali: la prevenzione e la vigilanza.
Noi siamo carenti di mezzi, uomini e strutture, in proporzione non adeguate rispetto all'entità del fenomeno: la volontà politica concreta di far funzionare la struttura e i meccanismi di vigilanza, di controllo e di prevenzione c'è, ma mancano, ripeto, gli strumenti. Non si tratta di un problema soltanto del Governo, ma anche dei vari enti pubblici competenti in materia, a partire da regioni e province.
Senza un impegno costante e pressante in tale ottica continueremo, purtroppo, a piangere lavoratori morti. In questo campo non partiamo da zero e qualcosa è stato fatto: i provvedimenti inizialmente varati da questo Governo, come il Documento unico di regolarità contributiva e le normative in materia di appalto, hanno dimostrato già di essere efficaci.
È, però, importante l'opera che si può fare per migliorare la normativa, mettendo ordine attraverso la produzione di un testo unico e semplificando una normativa estremamente complicata, cresciuta negli anni o, addirittura, nei decenni, quindi di difficile applicazione.
Questo è il primo punto su cui la maggioranza è impegnata con il contributo dell'opposizione.Pag. 93
Vorrei sottolineare un secondo aspetto importante: il rapporto, difficile, con le regioni. Il provvedimento in discussione funziona se l'asse con le regioni funziona.
Per tale motivo, il tema del coordinamento delle attività di controllo e di ispezione deve avvenire in sintonia con le regioni, perché, se è vero che abbiamo pochi controllori e ispettori, tutti ci dicono che vi è una scarsa organizzazione degli interventi.
È quindi fondamentale rendere efficace il coordinamento e l'azione sinergica dei vari istituti competenti, dal Ministero del lavoro alle ASL ed agli altri soggetti interessati.
Solo così potremo controllare milioni di comportamenti su tutto il territorio in situazioni completamente diverse.
Occorre, in buona sostanza, una sinergia tra i soggetti pubblici e privati. Vorrei sottolineare che il buon lavoro delle Commissioni e, come dicevo prima, dei relatori, in particolare del relatore Rocchi, ha prodotto un allargamento, sul piano applicativo, molto importante: mi riferisco, ad esempio, ai lavoratori autonomi, ai nessi tra sicurezza interna ai luoghi di lavoro e le conseguenze sull'ambiente esterno e a tutta la vasta area degli appalti, dei subappalti e delle catene di esternalizzazione, che, se non controllate, creano le occasioni più gravi di infortunio.
Anche su questo aspetto, il testo prevede norme immediatamente precettive superando, come su altri punti, la normativa delegata con un progresso, mi pare, indubbio e largamente condiviso.
Ho sentito qualche critica, avanzata da alcuni colleghi, relativa ad una eccessiva attenzione della maggioranza sulla repressione e ad una scarsa attenzione per la prevenzione.
Abbiamo indicato alcune attività fondamentali per la prevenzione: abbiamo introdotto, non dimentichiamolo, un rafforzamento delle rappresentanze sindacali ai vari livelli, che costituiscono anche uno strumento di prevenzione e per questo abbiamo previsto una formazione specifica.
Abbiamo introdotto e rafforzato le tecniche dei monitoraggi, abbiamo previsto un obbligo di formazione per le qualificazioni delle imprese che va nella medesima direzione e rafforzato, infine, il ruolo del medico competente. Si tratta di indicazioni precise, che mostrano come crediamo al compito della prevenzione.
Un altro punto fondamentale riguarda l'apparato sanzionatorio, che è stato discusso a lungo, prima al Senato, poi in Commissione lavoro. Vi sono critiche all'attuale impianto. Infatti, per qualcuno siamo stati troppo repressivi, per altri assolutori. Credo che abbiamo dosato con equilibrio e con molta attenzione il tipo di sanzione. È vero, abbiamo previsto normative sanzionatorie come le pene interdittive per i casi gravi, ma abbiamo dosato le sanzioni, peraltro, nella convinzione che si debba valorizzare il cosiddetto ravvedimento e che alla sanzione si debbano accompagnare anche l'incentivazione e il premio per i comportamenti virtuosi. Per tale motivo abbiamo valorizzato le buone prassi. Si tratta di un punto di equilibrio, che riteniamo corretto, realistico, in linea con le migliori tradizioni europee.
Con tale provvedimento alcuni obiettivi sono stati raggiunti, alcuni miglioramenti sono stati apportati, con l'impegno del Governo e anche della maggioranza a compiere uno sforzo ulteriore, che dobbiamo cercare di realizzare. Sono necessarie maggiori risorse e fondi per realizzare alcuni punti del provvedimento. Rivolgiamo ancora tale appello al Governo, ma permettetemi di affermare con forza che occorre un altro elemento fondamentale: una svolta culturale.
Il 93 per cento degli infortuni mortali avviene nelle aziende - lo si diceva prima - con meno di 16 dipendenti: dietro a tutto ciò vi è una cultura, come accennavo poco fa, che ritiene che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori siano di impedimento alla competitività della propria azienda. Il Paese non farà passi avanti se si teorizza che il basso costo del lavoro è l'unico strumento per essere competitivi. Questo ci porterà direttamente al lavoro nero e all'insicurezza sui posti di lavoro.Pag. 94Le persone vengono prima dei profitti. Si tratta di un'osservazione, credo, per molti semplice e quasi banale, ma oggi sembra rivoluzionaria. È il frutto, purtroppo, del degrado politico, sociale e culturale che ci porta a piangere ogni anno migliaia di morti e feriti.
Approviamo in fretta il provvedimento in esame. Può e deve essere un segnale per chi pensa che i lavoratori si usano e si buttano via: sono in molti, purtroppo, in questo Paese. È anche un segnale positivo verso milioni di lavoratrici e lavoratori, che riacquistano una dignità e un ruolo sociale (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Cristofaro. Ne ha facoltà.
PEPPE DE CRISTOFARO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione, in calce al resoconto della seduta odierna, del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole De Cristofaro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, non posso osservare il richiamo da lei fatto in precedenza, non avendo scritto il testo del mio intervento e avendo solo qualche appunto. Reputo, comunque, doveroso svolgere il mio intervento, perché l'iter che ha portato il provvedimento in esame in Assemblea richiede indubbiamente un minimo di approfondimento ancorché in sede di discussione sulle linee generali e prima dell'esame degli articoli.
All'inizio del suo intervento il relatore Rocchi ha elencato nomi e cognomi degli ultimi caduti sul lavoro, il che fa riflettere e pensare tutti, non solo da oggi ma da tanto tempo. Ha fatto anche bene a sottolineare le motivazioni per le quali molte persone, tantissime, la maggior parte degli italiani vanno al lavoro ogni giorno: il lavoro, infatti, significa futuro, famiglia, giovani, significa dare la possibilità di una strada aperta e migliore a tutti.
I numeri spaventosi delle morti sul lavoro, migliaia, sono da sempre davanti a tutti noi, prima come cittadini, poi come parlamentari e in particolare come componenti e membri dell'XI Commissione fin dal primo giorno.
Quindi, se andiamo nello specifico di questi drammatici numeri, vediamo anche quanti sono i morti al primo giorno di lavoro, un altro aspetto molto preoccupante sul quale dobbiamo riflettere. Per queste motivazioni era ovvio che tutti noi fossimo impegnati nella ricerca di un provvedimento che andasse veramente nel senso richiesto e necessario.
Per questi motivi affermo che, in questo momento, si è persa un'occasione - non me ne voglia nessuno - per produrre un testo realmente condiviso. I componenti della XI Commissione sanno come il lavoro ed il confronto, nella presente legislatura, siano stati sempre estremamente corretti e costruttivi nella consapevolezza che i problemi affrontati dalla Commissione, come la sicurezza sul lavoro (ma non solo), richiedono una responsabilità che vada oltre la posizione politica, l'appartenenza partitica o l'ideologia.
Il primo impegno unitario di trovare, in tempi brevi, una soluzione per la sicurezza sul lavoro è avvenuto proprio in XI Commissione
Forse l'unico aspetto positivo - comunque non nella sua globalità - è che, come Paese Italia, abbiamo un numero inferiore di morti sul lavoro rispetto alla «zona euro»; tuttavia le morti sono sempre troppo numerose e, in ogni caso, ciò deve spronarci ancora di più.
Ho affermato che si è persa un'occasione per produrre un testo realmente condiviso; aggiungo che si è anche vanificato lo spirito del lavoro della XI Commissione e che è venuto meno l'impegno, assunto all'unanimità, sul problema della sicurezza sul lavoro. Il disegno di legge del Governo, a cui è seguita una proposta di legge molto corposa ed articolata, non ha visto, come invece sarebbe stato forsePag. 95opportuno, una condivisione dei due testi e la ricerca di un testo unico con il quale arrivare in Commissione.
Siamo andati avanti, comunque, nella consapevolezza di dover dare un contributo migliorativo rispetto alla proposta del Governo. Successivamente, nelle Commissioni riunite XI e XII - non entro nel merito di tale scelta perché, comunque, così è stato deciso - è stata più volte ripresa, da parte di tutti e soprattutto della maggioranza, la necessità di varare il provvedimento, qualora ve ne fosse la volontà. Indubbiamente nelle Commissioni riunite erano presenti sia una simile volontà, sia la consapevolezza della necessità. Tuttavia, non si poteva immaginare che la necessità di varare una proposta come questa passasse attraverso un'indicazione unilaterale dei contenuti.
A quel punto, con una responsabilità che credo abbia contraddistinto tutti i parlamentari dell'opposizione, sono state presentate proposte emendative, che sono state riconosciute dalla maggioranza come condivisibili ed indubbiamente in grado di migliorare il testo. Tuttavia, sono emerse, rispetto a tali proposte, preoccupazioni rispetto ai tempi. Quindi, pur ritenendo condivisibili e forse anche accettabili le proposte, si è posta come priorità la tempestività della conclusione dei lavori e l'approvazione del provvedimento al nostro esame entro il 2007.
Mi chiedo: quando siamo di fronte a problemi come questi, da tutte le parti ritenuti urgenti, è più importante la tempistica o il contenuto del provvedimento?
Penso, almeno per quanto mi riguarda, che sia prioritario, dal momento che stiamo parlando della vita delle persone, il contenuto della proposta che poi, diciamo così, calerà sulla pelle dei cittadini. Abbiamo tentato, almeno per quanto riguarda il mio gruppo e l'opposizione tutta, di proporre la possibilità di concordare poche modifiche migliorative rispetto ad una disponibilità a chiudere, ancorché evidentemente il provvedimento fosse dovuto tornare al Senato, nei tempi più brevi possibili l'iter del provvedimento. Non c'è stato nulla da fare, non si è nemmeno minimamente voluto prendere in considerazione la proposta. È chiaro che a quel punto la discussione sugli emendamenti ha sfiorato, se non proprio toccato, l'arroganza e la presunzione. In un'ora e ventisei minuti di una mattina, sono stati votati e respinti il 50 per cento degli emendamenti.
Alla luce di ciò, al di là della convinzione totale di tutti sulla validità di un provvedimento rivolto alla sicurezza, il nostro gruppo ha abbandonato i lavori della Commissione, anche per non sembrare quelli che venivano tacciati di comportamento ostruzionistico rispetto all'eccessiva premura e velocità data al Governo sul provvedimento in esame.
Inoltre, anche nel contenuto la proposta è - qualcuno dice che non è vero - eccessivamente repressiva, a fronte della necessità di una ricerca di maggiore prevenzione e di un'azione più equilibrata, su cui avremmo potuto fornire un contributo realmente costruttivo. Tale azione avrebbe potuto vedere l'individuazione di una normativa più equilibrata fra imprese, datori di lavoro e lavoratori stessi, come dicevo prima. Quindi, si proponeva l'approvazione di un provvedimento finalizzato in maniera per lo meno leggermente diversa rispetto a quello che è stato presentato dal Governo.
Si pensi solo al sistema di assegnazione degli appalti, che è richiamato molto bene. È un argomento di una delicatezza che forse qualcuno non ha ben compreso: appalti privati, ma soprattutto pubblici, dove sul banco degli imputati è messo il sistema del massimo ribasso. Al di là della sicurezza sul lavoro, questo è un argomento da tempo in discussione. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato contro l'appalto al massimo ribasso, perché può far pensare, una volta aggiudicato con alti ribassi, di avere a disposizione somme superiori o ulteriori per fare dei lavori. Bisogna, tuttavia, capire veramente, quando si realizza un forte ribasso, a scapito di quali aspetti tali ribassi vengano ottenuti. Costi e sicurezza debbono stare assieme, ma - ecco perché sostengo che sul punto fosse necessario un approfondimento -Pag. 96vi deve essere anche la trasparenza più volte richiamata, soprattutto da alcuni esponenti del Governo, rispetto ad azioni di questo tipo nelle pubbliche amministrazioni.
Pur comprendendo le posizioni e le provenienze di tutti, vi è un ulteriore aspetto meritevole di un minimo di approfondimento: l'introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo. Onestamente mi chiedo: chi è, cosa farà, perché, che figura sarà? Vi sono già ruoli precisi dentro le unità lavorative, come per i sindacati. Vi è la pericolosità di un confronto fra gli stessi lavoratori. Ci sono situazioni tali per cui sarebbe stato meglio - e sarà meglio se sarà possibile - approfondire tale aspetto.
Sono a rischio i ruoli e i rapporti tra lavoratori e anche lo stesso ruolo del sindacato. In questi frangenti di discussione, se pur veloci, si è evidenziato nella maggioranza un certo disagio, sfociato nella presentazione di alcune proposte emendative, che qualcuno ha ribadito di aver ritirato per una valutazione che andava oltre ed è sfociata persino sulle pensioni. Tuttavia, vi è stato un emendamento della maggioranza uguale a uno presentato dall'UDC, a firma di ben quindici parlamentari. Ciò ha dimostrato - se ve ne fosse ancora bisogno - la necessità di un iter diverso per il provvedimento in esame.
Alla fine mi chiedo se è possibile che da parte nostra, non dico da parte del gruppo dell'UDC...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente mi avvio verso la conclusione ed eventualmente, se sforerò il tempo a mia disposizione, recupererò qualche minuto dal tempo previsto per l'intervento della mia collega Capitanio Santolini.
È possibile che da parte di tutta l'opposizione non possa arrivare alcunché di migliorativo rispetto al provvedimento in esame?
In ultimo, alla luce delle mie considerazioni, vorrei affrontare il problema della delega che si pone al primo punto. La delega, infatti, si conferisce quando vi è ampia condivisione - non dico unanimità - sull'argomento oggetto della delega stessa. Nel nostro caso non vi è un'ampia condivisione, perché nessun emendamento e nessuna delle nostre proposte è stata accettata, inoltre non vi è nemmeno la totale condivisione da parte della maggioranza stessa.
Infine, la delega deve essere conferita a qualcuno e il Governo, in questo caso, agisce in maniera univoca, in quanto sappiamo quante e quali contraddizioni vi siano quotidianamente all'interno della maggioranza. Quindi, si tratta di una delega che rappresenta una contraddizione non solo per ciò che ho affermato ora, ma anche perché sicurezza sul lavoro significa vita, economia, posti di lavoro, anche sommersi, immigrazione e tutta una serie di elementi, per non tornare sugli appalti e sui subappalti, che in questo momento non possono essere gestiti con una delega a un Governo che incontra grandissime difficoltà ad avere una linea condivisibile al suo interno.
Quindi serviva, serve e potrà servire un maggiore confronto, anzi, sarà necessario un confronto. Il Parlamento, a mio avviso, in questo caso è stato espropriato - e vediamo come si proseguirà - più di ogni altra volta. Restituiamo, soprattutto durante l'esame del disegno di legge, al Parlamento il ruolo e la dignità che gli competono. Le proposte emendative che presenteremo potranno essere un elemento per capire ciò.
Nel suo intervento il rappresentante del Governo ha ringraziato tutti. Devo dire che speravo di arrivare alla fine dell'iter sul provvedimento in esame ed unirmi ai ringraziamenti di tutti. Tuttavia, per ciò che ho affermato, pur essendo consapevole dell'importanza del provvedimento e condividendo la necessità di proseguire il suo esame, non credo che si possa effettuare un ringraziamento vero e generalizzato.
Il lavoro in Commissione - come ho spiegato precedentemente - non si è concluso come avrebbe dovuto. Sfatiamo, inoltre, l'idea che qualcuno è contro laPag. 97sicurezza sul lavoro e qualcuno è a favore, in quanto siamo tutti a favore - e lo abbiamo dimostrato - della vita e della sicurezza delle persone, soprattutto dei lavoratori.
Quindi, al di là dei disagi, vorrei invitare il Governo - e spero di essere ascoltato - a non far prevalere l'impegno programmatico elettorale, anche se capisco che ciò è normale, legittimo, tanto che ha contraddistinto, peraltro, tutta una serie di confronti politici in quest'aula. Tuttavia, sul provvedimento in esame, credo che non debba prevalere la scusa dei tempi. Affinché non sia un provvedimento a senso unico, ritengo che non si debba prendere una scorciatoia. Immagino che il Governo possa e debba prendersi la responsabilità di rappresentare una maggioranza.
Se fosse così, garantiremmo la massima serietà e il massimo impegno sui tempi, laddove qualche nostra proposta emendativa fosse accettata. Garantiamo serietà e certezza dei tempi, purché si possa produrre quel minimo miglioramento che si può e, a mio avviso, si deve apportare al testo del disegno di legge in esame.
Confido, quindi, nel fatto che il Governo e la maggioranza diano un segnale responsabile durante il prosieguo della discussione.
PRESIDENTE. Poiché me ne è stata fatta richiesta, avverto che, ove qualche collega avesse intenzione di consegnare il testo scritto dell'intervento, gli darei la parola subito: infatti, dichiarando soltanto di voler consegnare il testo, non sottrarrebbe tempo agli altri. Si tratta di un'informazione che comunico in maniera generalizzata, senza voler esercitare alcuna pressione.
È iscritto a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, riprendo quanto affermato dal collega Buglio, che peraltro ringrazio. Noi dell'opposizione abbiamo svolto, in Commissione, un lavoro non ostruzionistico: si tratta, infatti, di un problema che sta a cuore a tutti (e non può che essere così). Mantenere doverosamente alta la tensione morale, prima che politica, per contrastare un fenomeno che, anche se producesse una sola vittima, sarebbe di una gravità incommensurabile, ci dovrebbe indurre a rafforzare tutti i presidi che possano prevenire il formarsi del danno alla salute che la persona può subire sul posto di lavoro.
Detto questo, però, bisogna riportare i dati del fenomeno su un altro livello. Mi rifaccio ai dati forniti dall'INAIL: nel biennio 2005-2006 il numero degli infortuni è diminuito del 6,5 per cento. Se paragonato al fatto che, negli ultimi anni, l'occupazione è aumentata del 4,9 per cento, questo dato migliora ulteriormente.
Voglio anche ricordare che i nostri dati non sono superiori a quelli della media dell'Europa a quindici, sono nettamente inferiori a quelli dell'Europa a venti e, comunque, sono sempre inferiori ai dati dei Paesi assimilabili al nostro, come la Germania, la Francia e la Spagna. Tutto ciò ha poca importanza, ma mi serve per puntualizzare un fenomeno tutto italiano: nel computo delle morti e degli infortuni c'è anche il numero degli infortuni in itinere, ossia degli infortuni che il lavoratore riporta quando al mattino va al lavoro e la sera torna a casa, tant'è vero che questo numero, che varia dall'8 al 10 per cento degli infortuni in generale (quindi, non è di scarso rilievo) è crollato drammaticamente con l'introduzione della patente a punti nel 2003.
Pertanto, non siamo «messi» così male, come certa stampa e qualcuno hanno voluto evidenziare; il problema, però, deve essere affrontato e, dopo tutto, lo abbiamo affrontato anche noi del centrodestra, quando eravamo al Governo nei cinque anni precedenti. Io stesso - il sottosegretario Montagnino lo ricorderà - ho presentato un libro bianco, in cui si evidenziavano tre elementi di crisi nel nostro sistema.
Mi riferisco innanzitutto ad un affastellarsi delle varie disposizioni di legge relative al recepimento delle direttive europee, sedimentatesi sul fondamentale decreto legislativo n. 626 del 1994, con ilPag. 98risultato di un'incertezza e di una difficile interpretazione della norma; in secondo luogo, alla mancanza di buone prassi - sulle quali insistiamo molto - e di criteri prevenzionistici specifici per le piccole imprese e per l'agricoltura: nel complesso, infatti, il nostro sistema regolatorio è orientato sull'impresa media o medio-grande.
Il terzo problema è relativo alle nuove tipologie di lavoro: è cambiato il mercato del lavoro, quindi non dobbiamo più parlare di nuovi lavori.
Questi tre elementi di criticità sono stati affrontati nel libro bianco e attraverso la produzione legislativa del Governo del centrodestra. Noi allora adottammo, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 229 del 2003, un decreto delegato, che abbiamo riveduto, che è stato presentato ed è al nostro vaglio (io ne sono il primo firmatario assieme a molti colleghi della Commissione).
Quel decreto delegato, da cui questo disegno di legge trae ispirazione, si fermò di fronte alla contestazione delle regioni, soprattutto di quelle amministrate dal centrosinistra. Allora esse opposero un'interpretazione rigida dell'articolo 117 della Costituzione, che noi peraltro modificammo (o che, anzi, cercammo di modificare, poiché la riforma fu in seguito bocciata dal referendum), secondo la quale sulla base di una definizione assolutamente incerta nella sua interpretazione, la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro sarebbe materia di competenza concorrente tra Stato e regioni.
Vi fu anche allora un parere del Consiglio di Stato, che segnalò alcuni criteri di rispetto della Carta Costituzionale, ai quali - debbo dire - questo disegno di legge delega non ha in alcun modo ottemperato. Se mi consentite, le cose cambiano o, meglio, cambiano i Governi. Allo stesso modo, cambia anche l'atteggiamento di quelle stesse regioni, che ci chiesero rigidamente un'interpretazione, a mio avviso, pericolosa, secondo la quale avremmo dovuto dar vita a tanti sistemi di sicurezza per ciascuna regione, rendendo ancora più difficile l'obiettivo dell'effettività delle norme, che già oggi è complesso per la loro incerta interpretazione.
La legge Biagi, che si preoccupò di estendere le tutele a tutte le tipologie di lavoro, già prevedeva tutele fondamentali, quindi incrementava il grado di protezione dei nuovi lavori. Ci interessammo della riforma dei servizi ispettivi, così come fa il provvedimento in esame, che è un omnibus, perché contiene un po' di tutto, anche come regolarizzare i lavoratori, riprendendo la legge finanziaria. Prevede, inoltre, l'assunzione di 609 ispettori, che era già contemplata dalla nostra riforma dell'apparato ispettivo.
Peraltro, debbo dire che i controlli nei cantieri, negli stabilimenti e nel mondo produttivo sono eseguiti prevalentemente dalla ASL del posto. Quindi, siamo già di fronte a servizi ispettivi non uniformi nel loro comportamento a livello nazionale, perché cambiano a seconda delle regioni e degli input che vengono dati dalle giunte regionali.
La differenza tra noi e voi è soprattutto nell'approccio: noi sosteniamo che voi contate quasi esclusivamente sulla sanzione, mentre noi vorremmo tanto che ci fosse un approccio per obiettivi, non per regole; anzi, più per obiettivi che per regole.
Le regole ci devono essere, come ci deve essere l'apparato sanzionatorio, ma questo non può essere l'unico strumento, peraltro pesante, in una legge delega, che invece contiene disposizioni puntuali quando si tratta di sanzioni.
Noi preferiamo - e questo spirito è presente nel disegno di legge a mia firma - un approccio non formalistico, ma sostanzialista, che consenta di contrastare le patologie dei luoghi di lavoro e tutto ciò che mette a repentaglio l'incolumità delle persone durante l'attività lavorativa.
La vecchia impostazione, che è quella che troviamo in questo provvedimento, vuole contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro attraverso adempimenti soprattutto formali, anche in modo esasperato, sostenuti da sanzioni che, come vedremo più tardi, sono veramente enfatizzate.Pag. 99
Però, anche qui si tratta di un fatto di cultura politica. Non me ne vogliano i colleghi: abbiamo lavorato insieme, ma siamo su due lunghezze diverse. L'apparato sanzionatorio non è casuale. Esso è conforme ad un approccio tutto formalistico, che, oltretutto, è tarato sempre sulla grande impresa, alla quale volete anche associare il lavoro autonomo, ma non nelle forme circoscritte che avrebbero rappresentato un passo avanti rispetto alla disciplina precedente e, allo stesso tempo, verosimile e coerente con la natura del lavoro.
Noi proponiamo un'altra strada: un approccio per obiettivi. Bisogna essere premianti quando si deve cercare di raggiungere un obiettivo e non punitivi.
Deve esserci un approccio per obiettivi, che si realizza in primo luogo con un sistema di monitoraggio, perché non vi è democrazia senza controllo. Quindi, non è che noi non vogliamo i controlli, ma il monitoraggio va fatto. Oggi gli anglofoni lo chiamano benchmarking, ma deve trattarsi, comunque, di un controllo e di un monitoraggio condivisi.
Avevamo avanzato una proposta: facciamolo presso il CNEL, che è un organismo di rango costituzionale, costituito da rappresentanti dello Stato, delle regioni e delle parti sociali.
Crediamo nella sussidiarietà, e sappiamo che un problema è conosciuto meglio da chi lo vive in prima persona, direttamente, più da vicino; sappiamo anche che chi è più vicino a quel problema sa trovare una soluzione migliore.
Auspichiamo, quindi, un monitoraggio condiviso, che consenta insieme di condividere la necessità di rafforzare i presidi in un settore, in un'area, in un ambito piuttosto che in un altro, e quindi di correggere in modo flessibile il tiro dell'azione positiva, per raggiungere risultati e misurare quindi le politiche, le azioni, le stesse norme, che devono sempre essere ritenute reversibili sulla base dei risultati che si conseguono.
Crediamo alle buone prassi, che devono essere monitorate a loro volta, diffuse e generalizzate.
Voglio sottolineare un ultimo aspetto, ma non meno importante: il tema della bilateralità. Lo abbiamo valorizzato, lo abbiamo sottolineato con forza, pensando all'agricoltura, all'edilizia, all'artigianato, ambiti in cui gli infortuni, purtroppo, si verificano con troppa frequenza.
Ma vi è un altro ambito, di cui pochi parlano - mi aspettavo che ne parlasse la collega Rossi Gasparrini, che si interessa di tale settore - che è costituito dall'infortunio domestico: si muore in casa, muore anche chi lavora in casa. Ma, evidentemente, questo non fa audience o fa meno audience.
Dove la bilateralità esiste - e gli enti bilaterali sono un incrocio fra sindacati e associazioni datoriali, quindi proprio i protagonisti della sussidiarietà - perché non semplificare drasticamente, posto che le parti sociali insieme, concordemente, non possono che avere un approccio sostanzialista e quindi migliore rispetto all'approccio freddo e lontano dell'amministrazione, che invece chiede soltanto adempimenti formali?
Di solito, proprio chi viene dal mondo del sindacato nutre nei confronti della bilateralità un'ostilità preconcetta - l'ho notato anche in altri momenti - perché vi è l'idea che l'impresa debba essere l'epicentro del conflitto sociale, e non il luogo naturale e fisiologico della cooperazione fra le parti: è questo, invece, il nostro concetto di rapporto fra le parti, soprattutto quando è in gioco la salute del lavoratore.
Abbiamo previsto e presentato anche un emendamento a proposito degli enti bilaterali. Ci domandiamo per quale motivo non possano essere gli enti bilaterali - nelle aziende fino a 100 dipendenti, su istanza del datore di lavoro oppure a seguito di sopralluoghi effettuati dagli enti ispettivi - a verificare il rispetto della normativa antinfortunistica e a rilasciare una certificazione, anche di conformità alle norme vigenti in materia di salute e sicurezza. E perché gli organi di vigilanza non possono tener conto di tali certificazioni? Questa non è una semplificazione di adempimenti? Perché non utilizzare gliPag. 100organismi bilaterali, che sono uno strumento privilegiato in tema di orientamento e promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti? Ciò che manca, nel nostro mondo del lavoro, è proprio la formazione: ne tratta il provvedimento in discussione, ma in misura troppo ridotta.
Per esempio, signor Presidente, entrando rapidamente nel merito, il provvedimento in esame prevede nove mesi di tempo per adottare i decreti delegati. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di notare in Commissione, se vi era questa fretta, nove mesi sono troppi e, probabilmente, sulla scrivania del sottosegretario Montagnino, come ho detto, già esistono le bozze dei decreti delegati (le avevamo pronte anche noi); quindi, non vi era tutta questa fretta, se poi vi prendete nove mesi di tempo per adottare i decreti delegati.
Mi fa piacere che vengano presi in considerazione tutti gli ambiti lavorativi: lo avevamo fatto anche noi, perché, per esempio, il pubblico impiego ne era escluso. Nel periodo iniziale di applicazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, vale a dire entro il decimo anno, molte scuole, molti ospedali e molti tribunali non risultavano «a norma». Ben venga una normativa che impone anche al settore pubblico di «mettersi in riga» e di offrire sicurezza a garanzia della salute dei suoi dipendenti.
Però, pensare a 20 mila euro come pena pecuniaria per un errore formale mi sembra francamente eccessivo, soprattutto se a commettere l'errore formale è una microimpresa o un piccolo artigiano: significa metterlo sul lastrico e farlo chiudere; addirittura, si prevedono tre anni di arresto per gli errori formali gravi: non credo che, spaventando la gente, si riesca a fare cultura del lavoro.
Credo nella formazione - l'ho detto in tutte le sedi e lo pensiamo tutti - come elemento e motore per la sicurezza.
Bisogna cominciare dalle scuole: voi lo avete detto ed è importante che lo abbiate fatto. Solo la cultura della sicurezza ci consentirà di abbattere i numeri che drammaticamente abbiamo analizzato.
Il medico competente - lo dico per esperienza personale - deve essere sottoposto ad un aggiornamento periodico e anche controllato, così come tutti gli altri attori che il decreto legislativo n. 626 del 1994 prevede come protagonisti della vicenda sicurezza. Ma l'RLS del sito produttivo proprio no! È una cosa che non esiste! Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è una specie di commissario del popolo che va a controllare anche le aziende degli altri, e non è possibile che abbia a disposizione il documento sulla sicurezza o che registri gli infortuni di un'azienda in cui lui non c'entra assolutamente niente. È chiaro che una certa normativa sugli appalti, sui subappalti, sul massimo ribasso, così come sui rappresentanti territoriali di comparto comporterebbe un risparmio sulla sicurezza.
La Commissione bilancio ha valutato il provvedimento ed ha formulato un'osservazione seria poiché non sono stati fatti bene i conti. La Commissione bilancio ha suggerito di valutare l'opportunità di prevedere che i decreti delegati siano corredati da una relazione tecnica in modo da consentire una puntuale verifica della loro sostenibilità finanziaria. Questo è l'ultimo dubbio che ho: ci sono i soldi per adottare i decreti delegati previsti da questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo a discutere il disegno di legge concernente misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.
Si tratta di un provvedimento di grande importanza che, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati - come ci ricordava il sottosegretario Patta - consentirà l'immediata entrata in vigore di alcune misure immediatamente precettive in considerazione del carattere di urgenza e della drammaticità del problema come richiamato dalle relazioni.Pag. 101
Nel 2006 ci sono stati 935 mila infortuni con 1.250 morti e decine di migliaia di invalidi permanenti che si aggiungono a un milione e 250 mila lavoratori colpiti da postumi invalidanti permanenti. Numeri che non commento, ma di cui conosciamo tutti i costi umani, familiari, sociali, oltre che economici, che tali fenomeni comportano.
Siamo in presenza di una vera e propria guerra mai dichiarata e sotterranea che ogni giorno drammaticamente miete vittime e feriti come più volte hanno ricordato il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente della Repubblica.
La tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro è un tema che certifica il grado di avanzamento civile, sociale, economico e morale di un Paese. La battaglia sulla sicurezza è una battaglia di civiltà, di crescita democratica e per questo motivo diventa inaccettabile che si muoia ancora di lavoro.
Il nostro obiettivo, che ritroviamo nel progetto di legge, è chiaro: creare nel nostro Paese le condizione normative, culturali, economiche, gestionali e organizzative per far sì che il lavoro sia sempre fattore di vita e progresso e non diventi mai causa di morte, malattia o sfruttamento.
È un impegno che questo Governo ha assunto con determinazione in Parlamento sin dall'inizio del proprio mandato e, al riguardo, si possono vedere gli interventi della legge finanziaria per il 2007 con gli adeguamenti delle rendite INAIL per gli invalidi del lavoro e, soprattutto, le misure dirette a far emergere e combattere il lavoro nero.
I tre quinti degli infortuni sul lavoro rendono particolarmente urgente questo intervento che investe il tema della sicurezza e i rischi connessi alla crescente precarietà, all'organizzazione del lavoro, ai turni e ai ritmi di lavoro che creano nelle persone disagio sociale, preoccupazione, insicurezza e che vanno ad incidere sulla sfera fisica e psichica determinando affaticamento, distrazione, ansia, paura e spesso anche malattie professionali o infortuni.
In particolare, il disegno di legge in esame delega il Governo ad adottare, con uno o più decreti legislativi, il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori su tutto il territorio nazionale. Infatti, attraverso l'individuazione ed il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali si recuperano le differenze di genere, le disabilità e abilità e, con le regioni interessate a salvaguardare le proprie specificità territoriali e settoriali, si propongono, in un quadro di insieme e di uniformità di indirizzo e di omogeneità di condizioni, tutte le misure che attengono al benessere psicofisico dei lavoratori. Lo Stato, infatti, assume l'impegno di mettere ordine nella materia, attraverso un processo di riforma che riscrive, riunifica e semplifica le diverse disposizioni vigenti, che vanno dall'applicazione delle numerose direttive comunitarie al testo del decreto legislativo n. 626 del 1994 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Le regioni, così come previsto dall'articolo 117 della Costituzione, le quali hanno competenze in materia legislativa, concorrono insieme allo Stato ad attuare le misure e le politiche concrete capaci di assicurare salute, sicurezza sociale, legalità e soprattutto maggiore serenità ai soggetti del lavoro, siano essi dipendenti oppure autonomi, per far sì che il lavoro, uno dei primi bisogni fondamentali dell'individuo, rappresenti sempre il momento di massima realizzazione dei propri desideri di vita e di esplicitazione della propria conoscenza e del proprio saper fare.
Allo Stato spetta ancora il compito di accompagnare la determinazione delle sanzioni amministrative o pecuniarie, in caso di violazione delle norme, con un sistema informativo coordinato e con programmi di formazione per accrescere la conoscenza dei nuovi e diversi fattori di rischio negli ambienti di lavoro. Deve essere pertanto apprezzato il lavoro d'insieme che il Governo, in particolare il Ministero della salute ed il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e lePag. 102Commissioni competenti del Senato e della Camera, hanno saputo mettere in campo: in modo congiunto hanno saputo integrare e mettere in comunicazione settori che agivano, soprattutto a livello periferico, in modo separato e spesso in conflitto, anche per mancanza di chiarezza nella regolamentazione. Risalta, nel progetto di legge, in modo positivo l'esigenza di unificare competenze, accrescere conoscenze, sapere e professionalità esistenti e altre cognizioni da mettere in campo, necessarie per governare un sistema integrato di servizi e costruire sussidiarietà istituzionale, cooperazione con i soggetti privati per affrontare e sconfiggere le tragedie costituite dal fenomeno degli incidenti sul lavoro. Si intravede inoltre la volontà di superare le vecchie modalità o prassi, determinate dalle attuali norme che spesso mortificano la sensibilità delle aziende, i servizi preposti e gli stessi lavoratori responsabili. Mi riferisco, ad esempio, all'obbligo della comunicazione del nominativo del responsabile del servizio prevenzione e sicurezza, e ai piani di sicurezza e servizi territoriali di prevenzione da comunicare alle ASL: si tratta di molta carta, a volte difficile da gestire e verificare, e per essa occorre pensare seriamente ad una semplificazione. In questo senso riteniamo molto validi i principi e i criteri direttivi alla base del provvedimento in esame, di unicità e di omogeneità. Per quanto riguarda l'unicità, mi riferisco alla necessità di applicazione di normative in materia di tutela della salute e sicurezza, comune a tutti i lavoratori senza discriminazione, ma con riguardo alle differenze, valide sia per gli autonomi sia per i subordinati, sia per i lavoratori parasubordinati o i lavoratori atipici, con particolare attenzione alla condizione dei lavoratori immigrati.
Di pari passo si muove la necessaria razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale. La razionalizzazione e il coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza e controllo sul rispetto delle norme, che ancora una volta devono essere uniche, condivise, fatte rispettare nell'interesse del lavoratore che diventa l'interesse comune di una società intera. Infatti, solo il coordinamento dei diversi soggetti istituzionali, dei rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori è in grado di attivare lo scambio delle informazioni, di migliorare il sistema di rilevazione statistica, di individuare linee guida e sviluppare le buone pratiche, richiamate anche nel provvedimento in esame, a cui le aziende guardano con favore per conciliare l'efficienza tecnico-produttiva aziendale con l'organizzazione dei luoghi e il miglioramento della salute per i propri dipendenti.
A proposito di vigilanza e controllo, si inserisce il ruolo importante di figure come quella del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che deve essere sia rafforzato, nel caso del rappresentante per la sicurezza territoriale sia introdotto, nel caso del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo. Infatti, è da questo punto di vista che l'impresa e il lavoratore autonomo devono essere sostenuti, così come annunciato nel testo, attraverso la promozione di una cultura volta alla prevenzione, all'informazione e formazione e, non ultimo, al rispetto delle norme, che si rispettano anche attraverso la predisposizione di norme uniche ed efficaci, atte a regolamentare e modificare i capitolati in materia di appalto di lavori e servizi pubblici. Non è più ammissibile che il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, che penalizza il lavoratore, generi, come ancora oggi accade, il taglio dei costi della sicurezza nei cantieri, mettendo in serio pericolo la salute dei lavoratori. Appare giusto, quindi, che i costi relativi alla sicurezza siano specificamente indicati nei bandi di gara e debbano risultare congrui, individuando la responsabilità della non applicazione della norma negli enti appaltanti.
Ma tornando alle parole chiave di unicità e omogeneità, ricordo come l'articolo 4 del disegno di legge in esame disponga che anche il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza sia disciplinato in quest'ottica. Le pubbliche amministrazioni più direttamente coinvolte devono integrare i rispettivi archivi informativiPag. 103anche attraverso la creazione di banche dati, unificare, andando a intervenire sui piani di attività da attuare a livello territoriale. La riorganizzazione deve passare anche attraverso il rafforzamento dell'azione ispettiva: per questo motivo riteniamo straordinariamente importante l'assunzione dei 300 ispettori del lavoro, un atto concreto che porterà a fortificare l'apparato di vigilanza e l'intero sistema di controllo sul rispetto delle norme. Continua, in tal modo, la politica pubblica tesa a contrastare il lavoro sommerso, che deve emergere anche attraverso gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, e a disciplinare il rispetto degli orari di lavoro, il mancato rispetto dei quali, soprattutto nell'edilizia, è spesso causa di incidenti gravissimi.
Infine, formazione ed informazione: strumenti indispensabili all'educazione e alla cultura della sicurezza, anche sul posto di lavoro. Si tratta di una formazione che deve necessariamente cominciare dalle scuole e nei percorsi di formazione professionale e deve proseguire quando si diventa lavoratori. Vi ricordo anche che le imprese sono, in questo caso, agevolate attraverso la concessione di un credito di imposta per le spese sostenute per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro. Mi fa piacere mettere in evidenza che il testo, non appena approvato, potrà dare immediata attuazione all'inserimento di questa tematica nei programmi scolastici, così come annunciato dal Governo, specie negli istituti tecnici e professionali, in modo che la materia della sicurezza diventi obbligatoria, mentre attualmente è studiata solo nelle facoltà di ingegneria.
Concludendo, ci sembrano queste le necessarie direttrici, le vie da seguire, affinché il lavoro diventi strumento di sostentamento e di completamento dell'individuo, affinché venga svolto in totale sicurezza, senza rinunciare al benessere e affinché di lavoro non si muoia.
Per tali ragioni e considerazioni, così come abbiamo fatto in Commissione, a nome dell'Ulivo esprimo la nostra soddisfazione per questo disegno di legge, a cui daremo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, mi auguro che il brindisi che fanno i colleghi sia volto a risparmiare vite umane nel lavoro dopo l'approvazione del disegno di legge in discussione, ma - ahimè - temo che quest'ultimo lasci le cose come sono. Ho mostrato il testo di questo disegno di legge ad alcuni miei colleghi medici (come me specialisti in medicina del lavoro), ma il loro commento non è riferibile. Si tratta di un commento severo, perché il disegno di legge in esame mira, soprattutto, alla repressione e poco, o quasi nulla, alla prevenzione.
Mi devo complimentare con l'autore dell'unico intervento che veramente ho condiviso - quello del collega Fabbri - che ritengo abbia colto veramente nel segno la materia su cui dovevamo cercare di puntare di più, ossia sulla prevenzione. Il fatto che le statistiche testimonino che il 90 per cento degli infortuni e delle morti avviene nelle imprese sotto i sedici lavoratori, significa che in tali aziende manca il controllo. Nelle grandi aziende - citate dal collega Burgio di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - dove vi è una sorveglianza continua di medici del lavoro, di ingegneri e dove la prevenzione si attua veramente, le morti da lavoro rappresentano un numero risibile, mentre si registrano nelle piccole imprese, dove si cerca di anteporre il guadagno alla sicurezza. Si tratta, soprattutto, di piccole imprese a gestione familiare, dove manca un vero controllo, una vera sorveglianza del datore di lavoro, con personale tecnico competente.
Le statistiche riportano che si verifica una morte ogni sei ore: sono circa quattro morti al giorno. Non si tiene conto di quelle che avvengono dopo il primo mese - si tratta delle famose «morti differite»Pag. 104- che possono avvenire il trentunesimo giorno o il sesto mese o dopo due anni. Non si tiene conto inoltre - come l'onorevole Fabbri ha ricordato - delle morti domestiche, che sono numerosissime, né si tiene conto di quelle croniche, dovute a malattie invalidanti, che portano alla morte, dopo un certo periodo di tempo: sono le cosiddette «malattie professionali», comprese quelle neoplastiche.
È necessario individuare le responsabilità ed i motivi per i quali il lavoro possa portare alla morte. Qualcuno ha affermato che essa è fisiologica, ma la morte causata dal lavoro è sempre patologica! Statisticamente parlando, il fato, il destino può portare a degli accidens, a situazioni particolari non prevedibili, che conducono all'inabilità, all'invalidità o alla morte. È necessario dunque individuare di chi siano le responsabilità. Spesso, sono del datore di lavoro.
A volte le responsabilità appartengono agli stessi compagni di lavoro, i quali per colpa, negligenza o imperizia, non ottemperano ai propri compiti, mettendo a repentaglio l'incolumità del compagno. A volte, anzi spessissimo, le responsabilità appartengono agli stessi lavoratori, che non attuano le raccomandazioni e i presidi necessari come, ad esempio, indossare il casco o non svolgere alcune attività in situazioni particolari. Pertanto, questi ultimi non rispettano le regole né le disposizioni e le direttive impartite dai datori di lavoro o dal superiore gerarchico. Molto spesso alcuni lavoratori utilizzano macchinari che non conoscono e che ovviamente possiedono segnalatori visivi in una lingua straniera che essi non comprendono. A volte, anzi molto spesso, succede - e succederà sempre più - che vi siano anche lavoratori stranieri che non comprendono la lingua italiana e il significato di quanto detto dai propri compagni.
È evidente come le possibilità che si verifichi un infortunio o un incidente sul lavoro siano moltissime, senza considerare - come detto da altri colleghi - i tumori dovuti al lavoro. In tal caso, tuttavia, quando si desumono notizie da Internet, occorrerebbe verificarne la bibliografia, in quanto, spesso, in Internet quanto ci viene fornito, dati statistici e considerazioni, è spazzatura. Ovviamente, è necessario avere prove scientificamente comprovate e valide per riportare determinati dati nell'ambito di una legge. Inoltre, la prevenzione dovrebbe essere attuata anche mediante continue visite psico-attitudinali e, soprattutto mediante test volti a valutare, eventualmente, l'uso o l'abuso di sostanze stupefacenti, psicotrope e alcol anche sul luogo di lavoro.
In alcuni momenti il lavoratore è psicologicamente inadatto a svolgere determinate attività. Pertanto, è ingiusto che non vi siano controlli efficienti. Con grande enfasi è stato detto che si farà luogo all'assunzione di trecento ispettori presso il Ministero del lavoro. Si affidano i controlli a soggetti che non sono in grado di svolgerli, in quanto non qualificati, essendo di inquadramento C1, C2, C3 o ragionieri addetti a controllare imprese tecnicamente avanzate i quali non conoscono il tipo di lavorazione, l'ergometria del lavoro, né sono in grado di sapere se vi potrà essere potenzialità di accidens o di infortuni sul lavoro. Bisognerebbe fare in modo che a controllare in tutti i posti di lavoro vi siano controllori preparati, che conoscano il proprio mestiere e svolgano effettivamente una funzione di controllo, in quanto se non si assumono persone idonee non si può controllare.
Ciò che conta è il tipo di lavoro che si svolge e l'ambiente dove si presta l'attività lavorativa. Non dimenticate che le morti sono sottostimate, perché a volte non si considerano gli ambienti in cui si verificano accidens che, pur essendo catalogati come morti naturali, avvengono in situazioni in cui la causa che ha portato al decesso è stato il lavoro. Immagino - invitandovi a riflettere - le lavorazioni che avvengono nelle cave di marmo, quali ad esempio quelle di Carrara, a mille o millecinquecento metri di profondità e -10 o -15 gradi durante l'inverno. Come potete comprendere, il tipo di impatto per un lavoratore che deve resistere a tali temperature è devastante. Inoltre, immagino le attività dei subacquei o quelle chePag. 105vengono svolte a 10, 20 o 30 metri sotto il livello del mare o a temperature di 40 gradi all'ombra in alcuni settori dell'agricoltura.
Vi invito quindi a riflettere su tutte queste situazioni, che nel disegno di legge non sono prese in considerazione; è invece presa in considerazione la repressione, soprattutto nei confronti del datore di lavoro. Quest'ultimo, come ribadisco, sicuramente ha tantissime responsabilità, sicuramente dovrà essere sottoposto ad ammende se non fa il proprio dovere e non rispetta le regole e la legge che stiamo per approvare; ma ciò potrebbe non consentire di avere un morto o un ferito in meno, perché se le considerazioni che ho svolto sono vere, se è vero, come è vero, quanto vi ho fin qui elencato, ciò significa che, forse, non avremmo dovuto «blindare» questo disegno di legge.
Sarebbe, forse, stata necessaria una riflessione più ampia con qualche settimana di lavoro in più per ridurre le «morti bianche» occasionate dal lavoro. Come ha detto il collega Fabbri, la patente a punti ha ridotto quelle in itinere, e le ha ridotte al 20 per cento rispetto a quelle che erano in partenza.
Concludo, signor Presidente, annunciando che presenterò un ordine del giorno, con il quale inviterò il Governo a tenere in considerazione - nel varare, entro nove mesi, i decreti recanti il riassetto e la riforma della normativa nella materia che stiamo trattando - soprattutto la formazione, la prevenzione, la vera cultura della tutela e sicurezza sul lavoro, sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei sindacalisti. Anche questi ultimi vanno infatti considerati, perché tutelano il lavoratore più da un punto di vista economico, come devono fare, che non dal punto di vista della sicurezza. Vorremmo invece che lo tutelassero parimenti sotto tutti e due i punti di vista.
Vanno considerati, ovviamente, i lavoratori stessi e la scuola e bisogna far sì che ci sia in tutte le imprese, anche in quelle sotto i quindici-sedici lavoratori, il medico competente, specialista in medicina del lavoro, che effettivamente controlli il luogo di lavoro, le attrezzature, le strutture, i ritmi con cui avviene la lavorazione in modo che, quindi, la prevenzione abbia un'importanza di gran lunga superiore alla repressione, perché a forza di reprimere va a finire che noi non creiamo posti di lavoro e, soprattutto, non preveniamo le «morti bianche».
Dare la responsabilità delle morti che avvengono in Italia al precariato, effettivamente, è come credere che i bambini nascano sotto i cavoli.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, se oggi siamo qui a discutere di questo importante provvedimento è anche grazie, certamente, al lavoro del Governo, all'impegno dei sottosegretari che si sono cimentati con questo tema delicato, all'impegno delle Commissioni XI e XII e al senso di responsabilità di tutti i colleghi.
Voglio riferirmi in particolare ai colleghi dell'opposizione, che, indipendentemente dalla diversità di vedute che hanno sul provvedimento, hanno però sempre mantenuto un comportamento estremamente corretto. Tra l'altro, segnalo che la discussione che si è sviluppata nelle Commissioni è stata molto qualificata e ha riguardato molti temi che sono oggetto di delega.
Penso che parte di quella discussione, indipendentemente dal fatto che sia stata avanzata dalla maggioranza o dall'opposizione, debba essere recuperata - non può essere smarrita - e può contribuire a costruire deleghe più efficaci e più forti nell'interesse dei lavoratori.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, recante misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia, ritengo sia utile una premessa che ci permetta di inquadrare il provvedimento stesso.
La dignità delle persone inizia dal riconoscimento del diritto al lavoro, un diritto che è garantito e tutelato dallaPag. 106nostra Costituzione a partire dall'articolo 1, che richiama il lavoro come fondamento della Repubblica, fino all'articolo 41, che sancisce la necessità di riconoscere dignità e sicurezza, e passando per l'articolo 2, che definisce i diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Ho voluto immediatamente ricordare la cornice istituzionale delle tutele di cui sono destinatari i lavoratori di questo Paese, perché non va dimenticato che anzitutto la persona è posta al centro del sistema di garanzie, con i suoi bisogni e i suoi diritti. Ma la Costituzione va oltre, e pone con particolare attenzione il momento in cui la persona presta l'attività lavorativa anche ai fini dell'elevazione sociale ed economica. È sufficiente mettere in fila i principi sanciti dalla nostra Carta costituzionale per ritenere inammissibile la sequela di infortuni mortali che insanguinano il Paese, da nord a sud, e per considerare intollerabile l'equazione tra lavoro e insicurezza con riferimento non soltanto alla salute di un singolo lavoratore, ma anche al drammatico deficit di tutela dell'intera collettività.
Lo spiega espressamente la stessa Costituzione, che all'articolo 32 garantisce solennemente la tutela della salute intesa come diritto dell'individuo e interesse della collettività. Compito della politica, dunque, è offrire strumenti adeguati al rispetto dei principi, e noi siamo fortemente impegnati in tal senso.
Va detto che l'Italia offre già oggi un quadro di norme piuttosto innovativo nel contesto europeo, in sintonia con le linee guida indicate dai padri costituenti. Eppure i risultati che abbiamo di fronte non sono affatto lusinghieri. Il nostro sistema non riesce ad essere efficace né quando si tratta di abbattere il fenomeno infortuni né quando si tratta di limitare l'incidenza delle malattie professionali. Il numero di infortuni non scende al di sotto del milione ogni anno, e mediamente ogni giorno muoiono in Italia più di tre lavoratori sul lavoro. Stiamo parlando di un'ecatombe sotto gli occhi di tutti, anche di chi fa finta di non vedere; un dramma che impressiona di più se scorriamo i dati pubblicati dall'INAIL nel 2006: a fronte di una riduzione degli infortuni denunciati dell'1,3 per cento sono aumentati gli infortuni mortali, ben 1306, in crescita rispetto ai 1265 registrati nel 2005. Dall'inizio del 2007 ad oggi, 25 luglio, i morti sul lavoro sono 591, accanto a circa 15 mila invalidi in seguito a quasi 600 mila infortuni. Dinanzi alla durezza di questi dati respingo con grande forza il tentativo di chiamare in causa la fatalità: un cinico alibi dietro cui nascondere le inadeguatezze di tutti soggetti chiamati, a diverso titolo, a cimentarsi con l'emergenza insicurezza.
Ma quei dati ci portano anche all'indignazione, perché reagire all'ingiustizia è giusto e necessario, e per poterlo fare in modo compiuto dobbiamo soffermarci sulle cause del fenomeno partendo dalle condizioni di lavoro nel nostro Paese. Negli ultimi venticinque anni abbiamo assistito ad un processo di svalorizzazione del lavoro e del suo valore sociale. Nel corso dei decenni gli infortuni, le «morti bianche», il lavoro nero, la precarietà hanno rappresentato una degenerazione drammatica del modello produttivo, per quanto considerata incredibilmente normale. Settori via via crescenti dell'apparato industriale sono stati coinvolti dal peggioramento delle condizioni di vita delle persone, che ha colpito tanto il lavoro salariato più tradizionale quanto le nuove forme atipiche.
Ma interrogarsi sulle cause del divario tra la complessità del sistema normativo e la sua efficacia concreta significa anche mettere in fila tanti aspetti che riguardano l'attualità, in tante sue sfaccettature. In primo luogo, nel nostro Paese non vengono adeguatamente rispettati i numerosi precetti, perché considerati inutili o insopportabili da tanti soggetti chiamati a ottemperarvi. Risultano negligenti in proposito alcune imprese, spesso di modeste dimensioni, disattente per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, poco propense a vigilare sulle aziende cui sono affidate mansioni o rami di attività, poco disponibili a rispettare gli obblighi imposti dalla legge.Pag. 107
È riduttivo concentrare l'attenzione soltanto sul settore privato, poiché tali inadeguatezze e sottovalutazioni si registrano anche negli enti pubblici: basti pensare alla mancata attuazione delle misure necessarie per la messa in sicurezza degli edifici scolastici.
In secondo luogo, il sistema dei controlli mostra limiti da un lato sotto il profilo del mancato coordinamento degli organismi ispettivi, dall'altro sotto l'aspetto delle croniche carenze di organico. Aggiungo che l'impossibilità di garantire un adeguato intervento di vigilanza incide pesantemente anche sulle esigenze di prevenzione; inoltre, com'è ovvio, i tagli alla spesa operati negli ultimi anni in questo settore hanno acuito ulteriormente una situazione già critica.
In terzo luogo, la complessità dell'organizzazione del lavoro nell'era della globalizzazione impone specifiche esigenze in materia di formazione, ben diverse da quelle necessarie nel sistema produttivo di dieci o venti anni fa. Se in precedenza bastava veicolare, nelle fabbriche e negli uffici, alcune conoscenze, oggi le figure professionali hanno bisogno di formazione continua e degli strumenti utili a garantirla.
Infine, va rivisto il sistema delle relazioni industriali, che mostra tutti i suoi limiti nella prassi delle relazioni collettive, nella contrattazione, nella ricerca e anche nell'incapacità di fornire ai lavoratori strumenti informativi: non mi riferisco al semplice opuscolo, ma alla possibilità concreta di accedere a notizie e dati che li riguardano a proposito della pericolosità dei macchinari, delle sostanze e degli ambienti.
La necessità di garantire una svolta all'insegna della salute e della sicurezza ha caratterizzato fin dall'inizio della legislatura l'attività del Governo e della maggioranza che lo sostiene. La Commissione lavoro della Camera ha dato immediatamente priorità, fin dal giugno del 2006, al tema «sicurezza»: è stata votata una risoluzione (fra l'altro all'unanimità) proprio su questa materia e, il mese successivo, una delegazione della Commissione si è recata nelle campagne del foggiano - là dove si annida lo sfruttamento di molti braccianti agricoli, per lo più stranieri - e all'Ilva di Taranto, una delle aziende più colpite dagli infortuni. Abbiamo così toccato con mano la situazione di insicurezza alla quale sono costretti migliaia di lavoratori.
Serviva dunque una svolta nell'approccio normativo. Tale svolta si è concretizzata anzitutto con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, mirato ad esercitare un forte contrasto al lavoro nero e irregolare e teso alla promozione della sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento all'edilizia. I lavoratori del settore devono ora essere muniti di tesserini di riconoscimento con foto e le imprese hanno l'obbligo di dare comunicazione dell'apertura di un nuovo rapporto di lavoro il giorno precedente a quello dell'effettivo inizio. È prevista inoltre la possibilità, per il personale ispettivo, di sospendere l'attività nei cantieri edili in situazioni di particolari violazioni o di particolare pericolosità. Si attribuisce inoltre al Ministero delle infrastrutture il potere di disporre l'interdizione dalla contrattazione con la pubblica amministrazione e dalla partecipazione a gare pubbliche con durata pari al periodo di sospensione.
Altri interventi importanti sono stati svolti per ciò che attiene al settore degli appalti e del cosiddetto decentramento produttivo, non solo e non tanto in occasione dell'emanazione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, approvato con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, quanto soprattutto con alcune disposizioni introdotte nella legge finanziaria per l'anno 2007. Nel dettaglio: una consistente e positiva modifica dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994; la previsione di riduzione dei premi INAIL in via prioritaria per le imprese in regola con le norme di sicurezza, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per eliminare fonti di rischio e non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente; l'estensione adPag. 108altre tipologie di lavoro delle norme già citate relative all'edilizia; l'aumento delle sanzioni amministrative per la violazione delle norme di sicurezza; il finanziamento di attività promozionali; il potenziamento del personale ispettivo dipendente dal Ministero del lavoro.
Si tratta di un percorso normativo che contiene numerosi interventi e misure concrete, che tengono assieme la lotta al lavoro nero e quella lotta contro i rischi degli ambienti e delle attività lavorative.
Va sottolineato, inoltre, il rilievo che si comincia ad attribuire alla contrattazione collettiva, alla partecipazione dei lavoratori, alle funzioni assegnate ai comitati paritetici già dal decreto legislativo n. 626 del 1994.
Venendo al testo in discussione, a proposito delle «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», voglio ricordare che esso si cimenta con tutti i problemi elencati sinora, sia in modo diretto ed immediato attraverso norme prescrittive, sia in modo indiretto attraverso il conferimento di delega al Governo.
Si tratta di un testo che non si limita a dotare le norme esistenti di un maggiore coordinamento e di una migliore organicità, ma fornisce anche elementi fortemente innovativi: un testo che tiene assieme, coerentemente, le attività di prevenzione e repressione, a fianco alla necessità di favorire una vera e propria svolta culturale.
Perciò, non comprendo l'atteggiamento tenuto da alcune associazioni datoriali che, a quanto pare, non hanno colto lo spirito innovativo di queste norme ed hanno preferito agitare strumentalmente il tema dei costi del provvedimento: un atteggiamento francamente incomprensibile, visto che non ci si può esimere dalla necessità di tutelare coloro che al mattino escono di casa per andare al lavoro ed hanno il sacrosanto diritto di tornarci sani e salvi la sera.
Non ci si può esimere dall'urgenza di porre un freno alla strage quotidiana nelle fabbriche e nei cantieri.
Noi del gruppo dei Comunisti Italiani valorizziamo, perciò, con convinzione un provvedimento che rappresenta un primo, fondamentale passo in avanti nella lotta agli infortuni.
Più nello specifico, cogliamo positivamente la tendenza ad assicurare la tutela della salute a tutti i lavoratori; a semplificare le procedure che abbiano soltanto carattere formale; a modulare l'apparato sanzionatorio in modo che risulti equo ed efficace, soprattutto per le infrazioni più gravi; a rafforzare il sistema di prevenzione e vigilanza; a consolidare e sostenere il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e quello degli organismi bilaterali; a potenziare, infine, le attività di formazione e informazione a tutti i livelli e in tutti i settori.
Mi pare anche significativa la previsione di sistemi di verifica dei risultati che, in qualche modo, costituisce una novità per il nostro sistema normativo. È fondamentale, infatti, che periodicamente si compiano verifiche di effettività delle norme e si possano adottare misure di rettifica e di adeguamento.
Segnalo anche l'importanza della norma che prevede il finanziamento riguardo ad investimenti e attività di promozione.
Vorrei, inoltre, mettere l'accento sul rilievo che si attribuisce, nel testo agli accordi sindacali e su base volontaria, ai codici di condotta e alle buone prassi, nonché sull'importante riferimento all'introduzione di un sistema di responsabilità amministrativa degli enti e delle società.
Mi riferisco al tema degli appalti, che prevede, tra l'altro, misure dirette a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, al fine di modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso e di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.Pag. 109
Infine, è significativo il riferimento alla cultura della prevenzione e alla necessità di rafforzarla, a partire dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Il sistema delle imprese, in parallelo, è chiamato a compiere un investimento sulla prevenzione, anche ai fini del miglioramento della produttività e della competitività, oltre che sul piano della tutela di un patrimonio fondamentale per la stessa collettività, quale è il cosiddetto capitale umano.
Per tutto ciò, confermo il parere favorevole e l'apprezzamento del gruppo dei Comunisti Italiani sul provvedimento in discussione, ma il nostro impegno non si ferma qui.
Intendiamo, infatti, garantire un'attenzione costante e concreta nell'affrontare il merito del problema, ma anche nel garantire il rispetto dei tempi riguardo all'approvazione dei decreti delegati. Il nostro è un «sì» convinto ad un provvedimento, che entra nella vita quotidiana di milioni di persone con la pretesa ambiziosa di migliorarne sensibilmente la qualità del lavoro.
Diciamo «sì» e lo dobbiamo a tutti coloro che hanno il sacrosanto diritto di lavorare in sicurezza; ma lo dobbiamo anche alle famiglie di chi non c'è più perché ha pagato con la vita una condizione di insicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mistrello Destro. Ne ha facoltà.
GIUSTINA MISTRELLO DESTRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avremmo voluto arrivare ad una definizione di un Testo unico delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro già nella scorsa legislatura, ma non lo abbiamo fatto perché l'allora opposizione sviluppò un antagonismo molto forte e vigoroso nelle Commissioni parlamentari e nello stesso tempo la Conferenza Stato, regioni e province autonome fece in modo che, sulla base dell'articolo 117 della Costituzione, che prevede una competenza concorrente tra lo Stato e le regioni in materia di sicurezza sul lavoro, l'impianto del disegno di legge delega non giungesse alle aule parlamentari. Quindi, tutto si fermò nelle Commissioni di merito.
Perché si sviluppò questa opposizione così dura? Dopo tutto, si tratta di una materia che avrebbe potuto dare luogo ad un atteggiamento bipartisan da parte degli schieramenti politici. La sinistra, però, in quell'occasione capì che il disegno di legge presentato dal centrodestra si ispirava soprattutto a criteri generali, che non potevano essere condivisi non solo dalla sinistra radicale, ma anche dalle cosiddette forze riformiste dell'allora opposizione. Il disegno di legge presentato dal Governo Berlusconi, infatti, faceva perno soprattutto sulle forme di controllo preventivo, che anzi venivano definite forme di controllo sociale. Si arrivava, cioè, a definire un'azione di prevenzione diffusa sul territorio e capillare. Tale tipo di approccio non soddisfa chi è portatore di un'impostazione antagonista; non piace, perché esso si ispira a processi di condivisione e di partenariato che non appartengono alla cultura della sinistra. Da tale fatto nasceva l'opposizione nei confronti di quel disegno di legge.
Anche nel provvedimento al nostro esame la parte nuova e preponderante è quella, purtroppo, sanzionatoria che in alcune fasi, come nel caso dell'interdizione del processo produttivo, arriva anche, ad esempio, a colpire il terzo incolpevole. Infatti, nel momento in cui il lavoratore ha la sfortuna di prestare la sua opera in un'azienda nella quale si incorre in determinate procedure, egli rischia di perdere il posto di lavoro, anzi lo perde pur essendo incolpevole. Questo punto rappresenta il problema della diversa posizione dei due schieramenti. Non si può affermare che noi non condividiamo tale provvedimento, anzi ne siamo stati promotori nella precedente legislatura trovando sempre voi fieri oppositori di un disegno di legge su questa materia, ma siamo profondamente diversi per quanto riguarda l'approccio generale e la fase di razionalizzazionePag. 110e di riordino delle stratificazioni normative presenti in quest'ambito.
Signor Presidente, dobbiamo cominciare a fissare dei paletti di verità, perché fino ad ora sono state dette molte cose, ma la verità non è ancora emersa. La verità è che gli infortuni, per esempio nell'artigianato, sono scesi dell'11 per cento tra il 1998 e il 2005. Nei servizi e nell'industria, anche in quella grande dove gli infortuni dovevano essere limitati, la diminuzione è stata invece inferiore, meno del 2,4 per cento.
Nelle microunità produttive vi è stata quindi una diminuzione dell'11 per cento, mentre nelle macrounità produttive la diminuzione è stata del 2,4 per cento. Soffermiamoci anche sugli infortuni mortali. Nell'artigianato sono diminuiti del 6,1 per cento, mentre nell'industria e nei servizi del 5,2 per cento. Che cosa è avvenuto, quindi?
Complessivamente, tra il 2001 e il 2005, gli infortuni mortali erano diminuiti quasi del 20 per cento o poco più. Un improvviso balzo in avanti vi è stato a partire dal 2006.
Al riguardo, dobbiamo metterci d'accordo sulla lettura da dare a queste cifre perché la sinistra, e non solo quella antagonista, ha sempre affermato che gli infortuni sul lavoro subivano un incremento in presenza di contratti atipici. Sosteneva, cioè, che la contrattazione atipica provocava un incremento degli infortuni sul lavoro. Invece, proprio la cosiddetta legge Biagi, nome che non riuscite più pronunciare chiamandola «legge 30», ha determinato una flessione degli infortuni sul lavoro. Quella legge ha infatti favorito l'emersione del lavoro sommerso. Dalla metà del 2006 gli infortuni sul lavoro sono aumentati perché c'è un nuovo processo di immersione di unità produttive di lavoro: è questa la verità.
Voi badate molto al momento sanzionatorio, signor sottosegretario, ma mai a quello preventivo che, forse, è quella più importante. Se doveste badare al momento preventivo, dovreste anche far vostra la cultura della condivisione, ma questa non è la vostra cultura.
Anche in materia ambientale la nostra posizione davanti alle vostre procedure e scelte è la seguente: noi siamo per far sì che si arrivi alla prevenzione, con le politiche degli incentivi, voi no, perché ritenete essenziale il momento sanzionatorio. Secondo voi, dunque, arrivando a sanzioni penali pari a tre anni di reclusione, sospendendo l'attività produttiva di un'azienda, si risolve definitivamente il problema e ci si libera della piaga delle morti bianche.
Così non è perché con le sanzioni e le misure interdittive, fino ad ora, si è fatto ben poco. Dovreste, piuttosto, investire nella politica degli incentivi, nelle politiche di professionalizzazione, perché molti infortuni sul lavoro sono provocati, ahimè, anche dalla mancanza di professionalizzazione del lavoratore. Tale carenza deriva dal fatto, a tutti noto, che i costi professionali delle regioni sono, talvolta (non sempre) fonte di sprechi, di acquisizioni di consenso elettorale. È, dunque, logico che nel momento in cui viene meno il ruolo fondamentale delle regioni nel processo di professionalizzazione del lavoratore, quest'ultimo rischi di più sul luogo di lavoro.
Perché, quindi, non affrontare anche con il disegno di legge al nostro esame il nodo fondamentale delle politiche di prevenzione? Le politiche di prevenzione si perseguono anche con gli accordi con le associazioni di categoria, come si verifica già in molte aree delle microimprese e dell'artigianato, quando si realizza un'intesa fra prestatore d'opera, e noi, signor sottosegretario, come abbiamo dimostrato anche in Commissione, non siamo contrari ad un riordinamento delle disposizioni vigenti.
Tutti noi siamo convinti che sia necessario attuarlo perché, ormai, sulla materia, vi è una confusione totale. Vi sono le fonti normative europee, le norme che si sono affastellate negli ultimi anni e vi è notevole confusione per quanto riguarda le sanzioni ed anche per quanto concerne i processi di prevenzione.
Ci rendiamo conto di tutto ciò; allo stesso tempo ci domandiamo come sia possibile, con tutta questa urgenza, chiederePag. 111nove mesi per emanare i decreti legislativi. Lei sa benissimo che il lavoro per arrivare ai decreti legislativi è già sul vostro tavolo, e anche sul suo, perché vi è quello svolto dal precedente Governo, che aveva portato avanti quel lavoro. Lei è una persona seria, sottosegretario Montagnino, e sa benissimo che fu impedito che andasse in porto dalla Conferenza Stato-regioni.
Furono le regioni - per la verità prevalentemente quelle di sinistra - che, per bloccare quel disegno di legge, invocarono l'articolo 117 della Costituzione. Lo dovevano bloccare perché alla sinistra suonava quasi come una provocazione il fatto che un Governo di centrodestra proponesse un disegno di legge in materia di sicurezza sul lavoro. Inoltre, siccome in quel periodo ci fu anche un ruolo - perché non ammetterlo? - della Corte costituzionale davvero molto censorio nei confronti dell'operato del Governo di centrodestra, non andammo avanti con quella normativa.
Mancano risorse anche per quanto riguarda l'applicazione della legge nella pubblica amministrazione, perché si pongono sempre al centro dell'attenzione le carenze del privato e spesso non emergono le carenze del pubblico. Se è vero che nel settore dei subappalti, in cui si registra l'85 per cento degli infortuni mortali, emergono problemi seri, occorre considerare che si è arrivati ad una tale situazione anche per una politica sciagurata degli appalti. Infatti, dopo le vicende di «tangentopoli», l'affidamento degli appalti si è basato sul massimo ribasso, spesso offerto da chi utilizza, a sua volta, subappalto e imprese gestite avventurosamente (per esempio, penso soprattutto al settore dell'edilizia).
Ancora una volta, inoltre, si procede con una presunta semplificazione degli adempimenti burocratici, che porta invece ad un appesantimento del rapporto tra pubblica amministrazione e soggetti che debbono applicare la norma. È chiaro che di fronte all'oppressione di adempimenti burocratici costosi, che rallentano tutto il processo della produzione, soprattutto il piccolo e medio imprenditore entra in difficoltà ed incorre nelle sanzioni anche contro la sua volontà.
Ricapitolando, non ci sono risorse per le politiche di professionalizzazione; si sono esasperati gli adempimenti formalistici contro le piccole imprese; prevedete sanzioni che portano a misure interdittive radicali. Secondo me, il disegno di legge in esame non pone rimedio alle cosiddette morti bianche e agli infortuni sul lavoro, ma rischia, con i successivi decreti legislativi, di incrementarli: infatti, dove ci sono sanzioni durissime, in genere, c'è il sommerso. Con tale tipo di norme rischiate di incoraggiare proprio il sommerso.
Avremmo certamente condiviso il provvedimento e, infatti, in Commissione non abbiamo sviluppato nessuna forma di opposizione forte, come è stato riconosciuto anche prima dai nostri colleghi. Ci rendiamo, infatti, conto che si tratta di un processo normativo che trova concorde anche l'opinione pubblica. Secondo noi, tuttavia, era necessario un riordino della normativa esistente, mentre il testo in esame è un omnibus che non porta nulla di nuovo e, soprattutto, non aiuta a risolvere i problemi veri della sicurezza dei posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Capitanio Santolini, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Buffo. Ne ha facoltà.
GLORIA BUFFO. Signor Presidente, questa sera discutiamo un disegno di legge importante che affronta una delle questioni nazionali più drammatiche, quella della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Quello che si paga ogni anno in termini di morti e di feriti, di invalidi e di malati per ragioni professionali è un tributo spaventoso, che un Paese civile non può pagare.
Sui giornali e in televisione arriva solo una piccola parte delle notizie. Nessuno ricorda che in Italia si registrano almenoPag. 112ottocentomila malati per ragioni professionali. I numeri impressionano perché sono incompatibili con un Paese moderno, ma non bisogna dimenticare che, dietro ad ogni singolo caso e ad ogni singolo nome letto sul giornale o che a noi resta sconosciuto, c'è una tragedia, una vita stroncata o rovinata per cui non vi è alcun rimedio. Inoltre, intorno a ciascuno di tali casi, vi sono altre persone che soffrono perché colpite negli affetti più profondi.
Non stiamo parlando, però, di un destino e neanche di un prezzo inevitabile. Ciò è il frutto delle condizioni in cui il lavoro viene svolto, della precarietà, del lavoro nero, dello sfruttamento, di un'organizzazione del lavoro arretrata e sbilanciata a favore dei profitti, dei ritmi intensi, del «far presto» e della mancata formazione. Tale situazione è figlia, inoltre, dell'idea che il lavoro non è altro che una merce e le merci vanno sfruttate per quanto possibile.
In tutti questi anni abbiamo sentito decantare l'innovazione e la modernizzazione tutti giorni che Dio manda in terra, ma molti di questi cantori della modernizzazione la declinano come mortificazione delle persone che lavorano e non come valorizzazione, rispetto e tutela degli individui.
Credo - e con me il mio gruppo - che il Presidente Napolitano abbia compiuto, dunque, una scelta particolarmente significativa quando ha deciso, senza aspettare la pressione delle emozioni per un caso di cronaca, di imprimere un segno sociale al proprio settennato, insistendo sulla sicurezza del lavoro. Il Presidente della Repubblica, quando ne parla, sottolinea ogni volta il «dover fare» e ciò che è urgente compiere innanzitutto per le istituzioni e per il Parlamento. Ed è proprio di ciò che si tratta oggi nella delega in discussione, ovvero di quanto bisogna mettere in campo concretamente per contrastare con maggiore efficacia gli incidenti e le malattie sui luoghi di lavoro.
Il provvedimento che stiamo affrontando contiene una delega al Governo per il riordino delle norme in materia di sicurezza e contemporaneamente misure immediatamente prescrittive, sugli appalti ad esempio, ma non solamente. L'aspetto che intendo sottolineare, fortemente innovativo della delega, è costituito dal fatto di porsi seriamente anche il problema dei lavoratori immigrati, dei precari e delle donne, ovvero tutte parti del mondo del lavoro particolarmente esposte. Faccio notare che, senza una valutazione di genere sui rischi, si effettuano molti «buchi nell'acqua»: dal giubbotto antiproiettile per le agenti di polizia all'impatto di certe lavorazioni industriali sulla fisiologia femminile, fino a quello che è stato citato, ovvero il caso del lavoro domestico professionale.
Non ho intenzione di ripercorrere passo dopo passo i molti aspetti positivi della delega, che per essere una riforma vera, ha bisogno di risorse che, nel provvedimento in esame, non sono previste in modo sufficiente. Il Governo e il Parlamento, se si vogliono mostrare seri e convinti nella lotta all'insicurezza del lavoro, devono stanziare le risorse necessarie nella prossima legge finanziaria.
Il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo assume, già da ora, l'impegno di spingere in tale direzione, che crediamo debba essere condivisa almeno dall'intero centrosinistra. Sappiamo che la lotta per la sicurezza non si combatte solo con le norme, ma le norme forti e giuste ci vogliono. Nel provvedimento sono presenti e dobbiamo approvarle subito, senza ascoltare le sirene confindustriali che preferirebbero un rinvio, e poi «chi si è visto si è visto».
Colpisce che l'associazione delle imprese, invece di impiegare la sua forza per incivilire le condizioni del lavoro, protesti e recalcitri. Il conservatorismo confindustriale in tale materia è avvilente. Quanto giudichiamo incoraggiante nell'azione del Governo è che, accanto agli interventi normativi - ne abbiamo appena parlato e ne stiamo parlando a proposito della delega -, ci si muova su altri due fronti decisivi. Il primo è costituito dall'organizzazione della risposta istituzionale, ed è un fatto molto positivo che il Ministro Turco abbia siglato a tal proposito un patto perPag. 113la salute con le regioni; il secondo è quello della contrattazione. Deve essere riconosciuto che il Governo ha svolto un ruolo positivo - credo che sia presente proprio il sottosegretario che ha avuto una parte in questa vicenda - negli accordi stipulati in ordine al porto di Genova, dopo un lungo sciopero, e al porto di Napoli.
Occorrono, quindi, buone norme (e cerchiamo, qui, di «partorirle»), un'adeguata organizzazione delle istituzioni (sono insostenibili, dopo ogni incidente, le discussioni sulle competenze, sulle ASL e sugli organici) ed una contrattazione avanzata: queste tre leve, azionate contemporaneamente, possono produrre passi avanti concreti.
Non posso, però, tacere la pura verità: il lavoro sarà più sicuro se sarà più forte, più tutelato, meno precario, meglio pagato e corredato di diritti e stabilità. Senza questa cornice non vi saranno né una diffusa formazione per la sicurezza dei lavoratori, né una piena tutela della salute e del controllo sulle condizioni di lavoro, né un apparato produttivo moderno del nostro Paese.
Avrei voluto dirlo al Ministro, ma lo dico ai sottosegretari presenti, perché qui ci si rivolge all'intero Governo: non ci siamo. La campagna formidabile a favore dei giovani è instancabile quando si tratta di età pensionabile degli operai e degli insegnanti, ma scompare magicamente quando si parla di contratti a termine, di co.co.pro. o dell'inganno istituzionalizzato per far apparire autonomo un lavoro che è subordinato e a termine un lavoro che, in realtà, è continuato. Sbalordisce che, in un Paese dove i giovani faticano a lavorare, un Governo di centrosinistra immagini di prevedere la detassazione degli straordinari, ovvero - perché queste sono le conseguenze - di far lavorare di più sempre le stesse persone e di spingere il mondo delle imprese a non aumentare i salari se non si arriva alla fine del mese (vorrà dire che si dovrà lavorare qualche ora in più).
L'effetto è quello di agire negativamente sulle casse dello Stato e di impoverire le casse previdenziali: in questo modo, inoltre, si tende a non tenere gli orari di lavoro in quei limiti che rappresentano una delle condizioni per la sicurezza del lavoro. Attenzione, perché, se il centrosinistra non muta in profondità le regole con cui, in Italia, milioni di italiani lavorano e non tocca il cuore della legge che regola il mercato del lavoro, anche la sicurezza sarà un traguardo più lontano: se non si opterà per quella scelta, sarà difficile onorare la promessa solenne, rivolta agli italiani, di ridare al lavoro la dignità piena che merita.
In questa materia, come ci ricordano sempre i più pragmatici tra i riformatori, gli slogan sicuramente non bastano. È vero: essi non portano lontano e ciò vale anche per quello secondo il quale la flessibilità va bene, ma non deve diventare precarietà. La realtà è che, quando la flessibilità è solo subita da chi lavora e in condizioni che portano necessariamente alla precarietà, la parola «flessibilità» è solo la «foglia di fico» sulla realtà precaria di molti giovani e di tanti meno giovani.
Il disegno di legge in discussione segna un serissimo passo avanti: speriamo che esso sia definitivamente approvato tra pochissimi giorni. Successivamente bisognerà fare altri passi, senza i quali la dura realtà - per tante persone che lavorano - resterà troppo simile a quella che abbiamo conosciuto in questi anni. E non è stata una realtà allegra (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica per il Socialismo europeo, L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Lucchese, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 114
È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svolgo alcuni cenni introduttivi sul provvedimento per il quale, da più parti, si sollecita un iter di approvazione particolarmente celere, in relazione all'esigenza di disporre al più presto di strumenti idonei - anche sul piano normativo - a fronteggiare l'allarmante situazione determinatasi a seguito del susseguirsi, con preoccupante frequenza, di incidenti sul lavoro, molto spesso mortali.
Il presidente della Commissione lavoro, previdenza sociale del Senato, Tiziano Treu, nel ribadire l'esigenza di concludere in tempi brevi l'esame del disegno di legge in titolo, cosa che sta accadendo, ha ritenuto altresì utile acquisire informalmente, in tale sede, l'avviso delle parti sociali e degli altri soggetti istituzionali a vario titolo interessati alla materia della sicurezza del lavoro, proponendo di attivare un ciclo di audizioni. Dette audizioni hanno evidenziato l'impegno assunto dalla XI Commissione del Senato, da cui proviene il testo al nostro esame, di procedere con la necessaria celerità nell'esame del provvedimento. In particolare, soprattutto da parte della componente datoriale, è stata segnalata l'esigenza di approfondire le problematiche connesse alla disciplina del regime sanzionatorio, mentre da più parti e, in particolare, dalle associazioni dei lavoratori sono state manifestate perplessità sulla disposizione per la quale dall'esercizio della delega non devono derivare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Le audizioni effettuate hanno offerto, pertanto, un importante contributo al dibattito e hanno fornito elementi di riflessione utili anche in relazione all'ipotesi di prevedere che, oltre ai principi di delega, su alcuni specifici aspetti vengano introdotte nel disegno di legge in esame disposizioni immediatamente precettive, il che è assolutamente condivisibile.
È un dato innegabile che occorre potenziare anche l'organico del personale ispettivo, materia sulla quale sono stata presentatrice di apposita interrogazione a risposta scritta, recentemente discussa in Commissione con soddisfacenti esiti. Ho ritenuto necessario impegnarmi, considerato il diffuso e crescente allarme sociale sulle morti bianche. Non a caso le organizzazione sindacali hanno deciso di dedicare la celebrazione del 1o maggio alla problematica della sicurezza sui luoghi di lavoro. Il disegno di legge d'iniziativa del Governo si affianca coerentemente alle misure già adottate nella legge finanziaria per il 2007 per l'assunzione di nuovi ispettori del lavoro e in materia di contrasto del lavoro precario e, tuttavia, pur avendo apprezzabilmente acquisito il consenso delle regioni, presenterebbe ancora profili di eccessiva genericità, in parte giustificati dalla complessità del corpo normativo oggetto dell'intervento di riordino. Ciò inviterebbe a procedere nel senso della semplificazione normativa ed amministrativa e del superamento di un sistema sanzionatorio orientato ancora in misura eccessiva a colpire gli inadempimenti di carattere meramente formale. Al tempo stesso, però, la disciplina che interviene su un bene costituzionale di primaria importanza, quale la salute dei lavoratori, non può rinunciare a perseguire in modo rigoroso le violazioni che mettono effettivamente a rischio l'integrità psicofisica delle persone ed a costruire, pertanto, un sistema sanzionatorio efficace, anche se non persecutorio, ma sufficientemente severo.
Concludo su questo specifico argomento nell'evidenziare che, oltre alla vigilanza, un altro fattore rilevante per realizzare condizioni di effettiva sicurezza sui luoghi di lavoro è costituito dalla formazione. Occorre superare i ritardi che si registrano in questo settore e, in particolare, prevedere che soprattutto per alcune mansioni o per il passaggio da una mansione all'altra l'inserimento lavorativo sia accompagnato obbligatoriamente da un periodo adeguato di formazione. La legislazione intervenuta in materia in epoca recente, anche al fine del recepimento della disciplina comunitaria, costituita in via principale dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni,Pag. 115si è sovrapposta a precedenti corpi normativi. La vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti assai diverse ed eterogenee tra loro, succedutesi senza soluzione di continuità dagli anni Cinquanta ad oggi. Ne è derivato un quadro regolatorio particolarmente complesso, non sempre in sintonia con le mutate esigenze sociali e tecnologiche, in cui i provvedimenti di recepimento delle direttive comunitarie, quale fonte primaria normativa, si sono sommati a disposizioni ormai obsolete, realizzando una difficile commistione.
Pertanto il Governo ha ritenuto necessario operare il riassetto della materia, da realizzare nel pieno rispetto delle disposizioni comunitarie. Da ciò la necessità di una legge di delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa, con precise direttive, previste dall'articolo 1, commi 1 e 2, lettere a)-v). A questo proposito, ho voluto integrare i principi della delega governativa, presentando emendamenti all'articolo 1, commi 1 e 2, lettera b), affinché, nella legge di delega stessa, vi sia una più puntuale definizione del concetto di salute, ricomprendente il benessere fisico e psichico, così come stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità. Infatti, dopo oltre un decennio di applicazione della normativa prevenzionistica, appare quanto mai opportuno implementare gli elementi di tutela dei lavoratori, alla luce dei crescenti infortuni attribuibili al cosiddetto fattore umano.
Inoltre, si ravvisa la necessità che il documento di valutazione dei rischi (DVR) che il datore di lavoro, pubblico e privato, redige debba ben definire anche i cosiddetti rischi trasversali, attribuibili - dati ISPESL e delle organizzazioni del lavoro - a fattori psicologici, ergonomici, a lavori usuranti e, in generale, alle difficili condizioni di lavoro (ciò comporterebbe l'utilizzo della figura professionale: oltre che del medico competente, anche dello stesso psicologo). Basti pensare alle nuove forme di lavoro - tra cui quello interinale, a tempo parziale, i lavori atipici, il lavoro a turni o notturno - e alla mancanza di adeguata formazione, che aumenta l'esposizione dei neofiti al rischio infortuni, senza contare le malattie emergenti date dallo stress (depressione, ansia, ed altre), il mobbing sul lavoro, le molestie e quant'altro influente sulla sfera psicofisica del lavoratore e della lavoratrice. Senza contare, altresì, l'opportunità di recepire le indicazioni di una sentenza della Corte di Strasburgo, che ha condannato l'Italia, in quanto la legislazione approvata dal Parlamento italiano risulta centrata solo sugli aspetti biologici, chimici, fisici e medici, trascurando gli aspetti relazionali, organizzativi e psicologici (lo stress lavorativo, le patologie organizzative, la comunicazione del rischio). Mi sono perciò attenuta ai dati statistici e normativi forniti dal Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi - che ho condiviso, perché molto attendibili e convincenti - soprattutto per la tutela delle donne, il benessere e la pari dignità sul lavoro.
Concludo affermando che l'obiettivo dell'intervento della legge di delega non può essere misurato solo con l'assenza di infortuni o di malattie professionali, ma deve recepire il concetto di benessere sul luogo di lavoro - sia fisico, sia psicologico, sia sociale - che rappresenta l'adeguamento del legislatore alla strategia comunitaria primaria e alle nuove esigenze di trasformazione dell'ambiente lavorativo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà. Può parlare anche stando seduto, onorevole Baldelli.
SIMONE BALDELLI. Grazie, signor Presidente, ma per rispetto nei confronti della Presidenza e dell'Assemblea ritengo che sia più opportuno parlare stando in piedi.
Per quanto riguarda la discussione generale, ritengo che vi sia stata, almeno da questo punto di vista, un'onestà intellettuale da parte del relatore, del presidente della Commissione Pagliarini e da parte di diversi colleghi, nel riconoscere all'opposizionePag. 116un ruolo politico e un comportamento costruttivo, nel portare avanti le nostre ragioni, la nostra impostazione politica - che presenta differenze spesso sostanziali - su un tema come questo, ad alta sensibilità politica, la cui cifra politica, nell'opinione pubblica, è assolutamente condivisa, e su cui pure vi è stato un richiamo forte del Capo dello Stato. Si tratta di un tema importante all'ordine del giorno, quello delle morti e degli infortuni sul lavoro, su cui differenziarsi è difficile ma necessario, e rappresenta per noi un dovere politico e morale, anche se ciò non fa venir meno un'attenzione, comunque condivisa dall'intero Parlamento, sulla necessità di dare una soluzione a tale problema. Personalmente non ritengo che le leggi spesso rappresentino la soluzione ai problemi, anzi.
Troppe volte le leggi non fanno che aggravare i problemi. C'è una discussione su questo tema, che vede confrontarsi con rispetto reciproco due impostazioni concettualmente diverse, c'é un dialogo, un dibattito che avremmo voluto certamente più costruttivo - lo ricordava anche il collega Compagnon - perché avremmo ambito a poter modificare, ad incidere, ad intervenire sul provvedimento anche nelle Commissioni, dove l'atteggiamento dell'opposizione è stato puntuale, presente ma non certamente ostruzionistico, considerata la valenza e l'importanza del tema.
Non ho molto da aggiungere rispetto alle osservazioni condivisibili, puntuali e appropriate che il presidente di gruppo di Forza Italia in Commissione lavoro, l'onorevole Fabbri, ha svolto. Resta da svolgere una considerazione in questa prima fase dell'iter del provvedimento in Assemblea circa la possibilità di capire se nel prosieguo della discussione si potrà intervenire o no sul provvedimento. Il collega Burgio citava un vecchio adagio parlamentare secondo il quale «un ordine del giorno non si nega a nessuno», aggiungendo però che questa non era la situazione che si sarebbe potuta verificare nel corso dell'esame di altri provvedimenti.
Vorrei fare una riflessione di ordine procedurale, evidenziando alla Presidenza - non per una richiesta di natura formale, ma per una riflessione - che troppo spesso ci si trova di fronte a provvedimenti che per ragioni politiche da un lato o per ragioni di carattere più formale dall'altro (perché non si può far tornare il testo al Senato e non so se sia questo il caso del provvedimento in esame) non possono essere modificati e, quindi, si usa lo strumento dell'ordine del giorno come una sorta di «seconda ipotesi» rispetto all'approvazione di proposte emendative. È vero che stiamo discutendo di una delega legislativa ma è anche vero che la delega può essere ampliata e modificata.
Nelle Commissioni riunite il gruppo di Forza Italia ha presentato un testo di cui il primo firmatario è l'onorevole Fabbri e di cui sono firmatario anch'io proprio sulla sicurezza del lavoro che comporta un'impostazione sostanzialmente diversa, meno sanzionatoria, più formativa, più improntata alla necessità di operare un vero e proprio salto culturale in tema di sicurezza sul lavoro. Riteniamo che il predetto sia l'approccio giusto, rispettando però anche un approccio diverso, che può esser fatto valere con la forza dei numeri, con la volontà politica, con la capacità di persuasione, come potrebbe avere la maggioranza nei nostri confronti. Attendiamo il prosieguo della discussione con l'augurio che sia il più sereno possibile, che maggioranza e opposizione sappiano confrontarsi nel merito delle cose insieme al Governo, che è stato sempre presente e puntuale nei lavori delle Commissioni, così come lo è oggi in aula e che si riesca a dare un contributo importante su questo tema.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Trupia. Ne ha facoltà.
LALLA TRUPIA. Signor Presidente, giudico davvero importante che il provvedimento arrivi all'esame dell'Assemblea prima della pausa estiva. Non è esagerato definire la materia di cui ci occupiamo come una vera e propria emergenza. Troppe morti sul lavoro, troppe invalidità, troppi incidenti gravi per un Paese che siPag. 117considera evoluto e civile, troppa noncuranza, troppa leggerezza, troppo ossequio alla sola legge del profitto, a scapito della tutela della salute del lavoratore e della lavoratrice per una Repubblica fondata sul lavoro, come recita la nostra Costituzione. Ha fatto bene il Presidente della Repubblica a richiamare il Parlamento e la politica a proporre in fretta rimedi seri. Il provvedimento in discussione potrebbe essere migliorato, ma ha comunque il merito di affrontare di petto il problema e di avanzare proposte concrete e innovative.
Innanzitutto, il disegno di legge in esame introduce una cultura nuova che si differenzia da quel modo di pensare che in questi anni si è reso responsabile di una pericolosa regressione culturale in rapporto a valori che considero fondativi della società: il lavoro, la sua dignità, i suoi diritti.
Quando la dignità del lavoro non è più un valore forte di riferimento, allora si allenta tutto il sistema dei diritti e dei doveri e si indebolisce il tessuto connettivo di un Paese.
Per tale ragione riordinare, razionalizzare e innovare nel campo della salute e della sicurezza del lavoro, come si propone di fare il provvedimento in esame, significa immettere nel tessuto connettivo del Paese diritti, doveri, regole eque, in fin dei conti legalità. Si tratta in sostanza di ristabilire il nesso tra il ruolo sociale dell'impresa e la dignità sociale e civile del lavoro, i diritti di chi lavora e, dunque, si tratta di ristabilire per i diversi soggetti in causa la nozione di bene comune.
Al raggiungimento di tale obiettivo è sicuramente utile la scelta, contenuta nelle misure in esame, di fare della prevenzione una priorità rispetto al solo inasprimento delle sanzioni.
Il testo che stiamo esaminando non ha un approccio prevalentemente sanzionatorio e repressivo, come stanno sostenendo la Confindustria e molti colleghi dell'opposizione, ma, al contrario, fa dell'azione preventiva il proprio asse, ed infatti la prevenzione è l'alternativa davvero efficace alla cattiva filosofia della riduzione del danno, considerato che il danno è spesso irreparabile.
È la prevenzione l'alternativa più efficace a fermare il moltiplicarsi di costi economici, umani e sociali altissimi. In tale direzione vanno tutte le azioni tese ad informare e a formare, come la concessione di un credito di imposta per le spese sostenute dai datori di lavoro per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro.
Si parte con un fondo annuo di 20 milioni di euro in via sperimentale per il biennio 2008-2009. Si tratta solo di un inizio e ce ne rendiamo conto, ma è un inizio che giudichiamo promettente, così come l'impegno volto ad avviare progetti sperimentali in ambito scolastico e dei percorsi di formazione professionale.
Da un lato, dunque, le imprese sono stimolate ad impegnarsi nella formazione, dall'altro i lavoratori e le lavoratrici sono incoraggiati ad accedere alla formazione culturale, che potrà renderli più consapevoli ed esigenti.
Nel nostro sistema esistono delle patologie che vanno rimosse, anche se sono particolarmente difficili da rimuovere, e tra queste le più gravi sono il ricorso al lavoro nero e la precarietà di massa. Sappiamo quanto il primo sia umiliante per i lavoratori e le lavoratrici e quanto li riduca sudditi senza dignità e senza diritti, innanzitutto quello alla salute e alla sicurezza.
Sono in genere i lavoratori più deboli quelli che svolgono le mansioni più faticose e meno retribuite, quelli che non sono raggiunti dalle tutele sindacali, che operano prevalentemente in piccole o piccolissime imprese, spesso senza contratti regolari e diritti esigibili.
Sono in maggioranza donne, ragazzi e ragazze giovani, lavoratori e lavoratrici immigrati, quelli che nelle regioni più produttive d'Italia fanno i lavori cui gli italiani non vogliono più dedicarsi, e mandano avanti l'economia di quei territori, mentre nelle regioni del sud lavorano negliPag. 118scantinati delle piccole imprese di calzature, oppure piegano la schiena nella raccolta dei pomodori.
Gli infortuni e i casi di incidenti mortali, che fanno piangere per un solo giorno l'opinione pubblica mentre tutto continua a restare come prima, aumentano proporzionalmente quando gli investimenti ed i controlli diminuiscono.
La precarietà di massa di intere generazioni di giovani ha abbassato la qualità del lavoro e della vita nel nostro Paese, e sta diventando una piaga colossale che ruba il futuro ai giovani e all'intero Paese. Il lavoro nero e la precarietà di massa sono tra le cause prime degli infortuni e dell'insicurezza. Vi è, dunque, un richiamo forte da fare alle imprese, ed in particolare alle più piccole, perché considerino le buone pratiche e la regolarità del lavoro un fattore decisivo per la produzione ed anche per la ricchezza e lo sviluppo.
Con l'articolo 11 si apporta nel provvedimento in esame una correzione significativa alla legge finanziaria per il 2007: si modifica la sospensione dell'ispezione e delle verifiche per un anno nei confronti dei datori di lavoro che presentino istanza di regolarizzazione, quando siano concernenti la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
È una piccola proposta che introduce, però, un grande principio: la non negoziabilità del diritto di ciascuno alla salute e alla sicurezza e la preminenza di tale diritto sul profitto.
Concretamente è poi contenuta nel testo alla nostra attenzione un'innovazione particolarmente importante nelle modalità oggi seguite negli appalti in base alle norme in vigore. Sappiamo che una pratica su tutte è causa di insicurezza e di rischio: il sistema di assegnazione al massimo ribasso, tanto in voga in Italia. Una modalità che quasi sempre abbassa il livello di tutela della salute e della sicurezza, ma anche il livello della qualità della produzione, si tratti di merci o di servizi. Prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui si modifica in un punto essenziale la disciplina contenuta nel Codice degli appalti pubblici. Si introducono, infine, strumenti più incisivi e nuovi: dallo strumento dell'interpello al fatto che l'Inail, informato tempestivamente, possa anche costituirsi parte civile. Si introduce la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo e un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi.
Infine, voglio sottolineare che, per la prima volta, i beneficiari di queste norme saranno tutti i lavoratori, anche quelli parasubordinati e autonomi. L'obbligo della tessera di riconoscimento per il personale viene estesa a tutte le attività di appalto e subappalto. La tutela della salute e della sicurezza diventa, dunque, una prerogativa universale, superando discriminazioni assurde oltre che incostituzionali. È urgente in questa materia - lo sentivamo - razionalizzare, semplificare e sburocratizzare. Questo è tanto più necessario per le piccole e piccolissime imprese che andranno certamente agevolate attraverso l'adempimento di norme meno cavillose, astruse, stratificate e frammentate. D'altra parte, rivedere regolamenti risalenti addirittura agli anni Cinquanta è necessità ineludibile di un mercato del lavoro così diverso da allora e moderno. Ma la semplificazione per essere efficace si deve accompagnare al rispetto delle regole, alla legalità. È oggi un successo, dunque, portare all'approvazione il provvedimento in esame, che nella scorsa legislatura si era arenato sullo scoglio della non congruenza con l'articolo 117 della Costituzione che assegna alle regioni la competenza in materia. Si tratta di un provvedimento atteso dal mondo del lavoro, che, dunque, non può deludere. Per questo, il nostro gruppo Sinistra democratica Per il Socialismo europeo considera insufficiente le risorse destinate ad azioni così importanti. Il Governo di centrosinistra deve dare un segnale forte e coerente sul lavoro ai lavoratori e deve, dunque, farne davvero una priorità, impegnando risorse significative e non residuali. A tal fine, ci impegniamo su questo punto a proporrePag. 119investimenti più significativi in occasione dell'approvazione della legge finanziaria.
Comunque, come gruppo Sinistra democratica Per il Socialismo europeo voteremo a favore dell'approvazione del provvedimento perché lo consideriamo un atto importante di discontinuità e proprio in ragione della profonda convinzione che tutto ciò che contribuisce a ridurre lavoro nero e precarietà, ad allargare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, a rimettere al centro la dignità del lavoro sia un tassello importante per ridare slancio e opportunità all'Italia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.
DANIELE GALLI. Signor Presidente, mi soffermerò solo su due considerazioni. Se è vero che il provvedimento in esame presenta aspetti di urgenza, è anche vero che nella proposta dell'opposizione, atto Camera 2636, era previsto un dispositivo immediatamente applicabile. È mancata forse nelle Commissioni la volontà di arrivare ad un testo unificato, e di questo mi dolgo.
Quanto alla concorrenzialità delle regioni - prima la collega citava l'articolo 117 della Costituzione -, sappiamo che nella scorsa legislatura, ovviamente, non si è potuto trovare un accordo, ma al riguardo le assicurazioni del Governo sono limitate alla delega; poi vedremo se i provvedimenti attuativi della delega stessa entreranno o meno in contrasto con l'articolo 117 sul riparto delle competenze.
Un altro pericolo cui si può andare incontro con il provvedimento in discussione è la disarticolazione territoriale, che produrrebbe una forma di conflittualità e interpretazioni diverse tra regione e regione. Vi è la problematica relativa all'approccio della normativa di sicurezza, che dovrebbe avere meno aspetti formali e più piani di concretezza. Si evidenzia, inoltre, un problema di monitoraggio dei parametri d'intesa tra le parti, che non devono essere sperequativi. Esiste un problema di bilateralità, che è una questione cruciale, che non emerge chiaramente. Disponiamo di un apparato sanzionatorio poco equilibrato fra le parti interessate e vi sono poche differenzialità tra le violazioni: è necessario, cioè, distinguere tra le violazioni formali e quelle sostanziali. Vi sono, altresì, problematiche legate al mancato sostegno alle aziende in tutte le nuove attività tecnologiche, che servono ad abbattere il rischio del lavoro, attraverso procedure soft law e di formazione. A mio giudizio, è necessario un impegno al coordinamento e alla semplificazione del sistema normativo generalizzato sul lavoro, che è estremamente caotico, verso cui il Governo dovrebbe tendere: questa è anche l'occasione giusta! I lavoratori e gli imprenditori non sono esattamente su piani di responsabilità attiva e di ruoli uguali. Esiste qualche piccola differenza, che poi diventa sostanziale nel gioco delle parti. A mio giudizio, il provvedimento tende ad essere sbilanciato rispetto alla grande industria, e non rispetto alla discriminazione della piccola e media industria.
Mancano delle incentivazioni ai comportamenti virtuosi - come sul modello bonus-malus (tipo Inail) - che, se introdotti, avrebbero effetti estremamente positivi. Vi sono problemi sulle risorse pubbliche reali ed effettive, che dovrebbero essere estremamente più concrete. Da ultimo - e concludo - la delega deve essere impostata su tre aspetti importanti: la norma di incentivo per il ravvedimento operoso, che è importantissimo; la valorizzazione degli organismi bilaterali, che non devono essere in contrapposizione, ma rivolti allo stesso scopo di indirizzo; infine, il diritto di interpello.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Galli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.
RENZO TONDO. Signor Presidente utilizzerò pochissimi minuti della parte conclusivaPag. 120di questa discussione sulle linee generali per proporre alcune brevi considerazioni. Chi ha seguito la discussione sul provvedimento - ringrazio i colleghi presenti e il rappresentante del Governo - con un approccio libero, non può non essersi accorto, anche da alcuni degli ultimi interventi, che rischia di prevalere un taglio ideologico, soprattutto da parte di alcuni settori della maggioranza; basti pensare ai continui richiami che si sono rivolti al tema della precarietà. Il taglio ideologico, in numerosi interventi, è stato rafforzato dal solito approccio manicheo, in base al quale, secondo alcuni, in quest'aula vi sarebbero i buoni, che hanno a cuore la tutela del lavoratore ed altri, meno buoni, che, invece, hanno a cuore soltanto il profitto. Mi è sembrato anche di cogliere, in alcuni interventi, un taglio propagandistico su un tema che, invece, a mio avviso, avrebbe bisogno di un approccio basato non su dichiarazioni ad effetto, ma su proposte concrete. Non giova ad alcuno enfatizzare o drammatizzare una questione che, certamente, è importante ed è di grande civiltà e che presenta caratteristiche - nel nostro caso, i numeri - mediamente inferiori o, comunque - l'ha già rilevato il mio rappresentante di gruppo in Commissione, l'onorevole Fabbri - non superiori al resto d'Europa.
Sia chiaro, signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi: ogni vita persa, ogni infortunio sul lavoro rappresenta una situazione drammatica. Certamente non aiuta ad affrontare la questione leggere sui giornali che due operai che rientrano dal lavoro muoiono in un incidente d'auto e che ciò venga considerato un infortunio sul lavoro. La sicurezza stradale è un problema altrettanto importante, ma si tratta di un'altra cosa. Ritengo che confondere le due questioni non aiuti ad affrontare veramente il problema.
Il provvedimento in discussione, nasce, a mio avviso, sotto un imprinting ideologico di tipo sanzionatorio. I colleghi della sinistra lo negano, ma credo sia difficile dimostrare il contrario! Tale imprinting di tipo sanzionatorio è teso a certificare quasi che il tema dell'infortunio sul lavoro attenga sempre e comunque alla responsabilità dell'impresa. Ritengo che questo sia un approccio sbagliato.
Ritengo che, per l'impresa, il lavoratore rappresenti sempre un valore. Lo affermo anche per esperienza personale. Nessun imprenditore degno di tale nome crede diversamente. Il lavoratore è un valore, è parte dell'impresa e, per questo motivo, va tutelato e difeso.
Ed è per questo che desidero offrire un contributo al ragionamento affinché il profilo del provvedimento in discussione venga spostato - nel corso del dibattito parlamentare e nell'ambito di ciò che farà poi il Governo - soprattutto sui temi della formazione, della bilateralità, del supporto a percorsi virtuosi senza concentrarsi solamente sui controlli, spesso burocratici, effettuati da personale amministrativo - diciamolo pure - con una perfetta conoscenza delle dinamiche formali (accompagnata anche dalla tipica rigidità del burocrate), ma che conosce poco le vere dinamiche che si verificano in cantiere o sul luogo di lavoro; dinamiche che, invece, andrebbero conosciute meglio.
Per questo motivo, ritengo che il tema della formazione vada affrontato rispetto non solo ai lavoratori e alle imprese ma anche a coloro che successivamente hanno il compito di vigilare affinché il provvedimento venga eseguito.
Pertanto, a mio avviso, il provvedimento in discussione nasce datato e, come già detto, probabilmente anche inefficace. Ritengo necessario valutare se, nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea, vi sarà, da parte del Governo e della maggioranza, una volontà di miglioramento, che sia tesa a cogliere non le spinte che vengono dalla parte estrema dello schieramento di Governo, bensì gli elementi di buonsenso che anche il dibattito che si sta svolgendo ha potuto fornire alla valutazione del Governo stesso.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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