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Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 2900.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2900)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Pecorella.
GAETANO PECORELLA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per essere presente, consentendomi in tal modo di rivolgergli tre quesiti. Infatti, mentre sulle questioni generali è possibile il dissenso, tuttavia è assolutamente indispensabile che vi siano dei chiarimenti che solo il Ministro può fornire. Formulerò tali quesiti molto brevemente.
Signor Ministro, secondo i suoi uffici, dal 1o agosto al 31 dicembre vi dovranno essere 752 valutazioni di professionalità. È necessario fornire un chiarimento ai futuri destinatari del disegno di legge su come potranno avvenire tali valutazioni in mancanza di quelle da parte dei consigli giudiziari, che ne costituiscono il presupposto.
Il secondo quesito attiene al conferimento delle cariche direttive e semidirettive entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge. Anche in tal caso le chiedo, in mancanza delle valutazioni di professionalità, come potrà avvenire il conferimento di tali incarichi direttivi e semidirettivi.
In terzo e ultimo luogo, le chiedo quale sia il ruolo del CSM nel conferimento delle funzioni, che sembra basarsi soltanto sui titoli, cioè sulle stesse valutazioni dei consigli giudiziari.
Ho voluto rappresentarle tali problemi perché, mentre sul resto si potrà discutere, su ciò è necessario lasciare una traccia che chiarisca, per il futuro, quali siano le soluzioni a tali problemi. La ringrazio.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza, onorevole Samperi.
MARILENA SAMPERI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune brevi considerazioni, in quanto le posizioni espresse in Assemblea riflettono, in fondo, le valutazioni svolte dai vari gruppi già in seno alla Commissione.
Ritengo che i punti cruciali del provvedimento in discussione possano essere riassunti in due questioni. La prima è la mancanza di parità tra accusa e difesa, dovuta alla comunanza di carriera; la seconda, è la divaricazione tra l'avvocatura e la magistratura.
Per quanto riguarda la prima di tali questioni, ritengo sia stato già ampiamente chiarito in quest'Assemblea che in relazione alla separazione delle carriere vi sono limiti che derivano dalla stessa Costituzione e che per ora, a Costituzione vigente, non possiamo che basarci su di essa e percorrere la via della distinzione delle funzioni. Tale distinzione nel nuovo testo è abbastanza rigorosa, proprio per gli elementi necessari perché si possa attuarePag. 78il passaggio di tali funzioni. Non ci troveremo più di fronte ad un pubblico ministero che diventa giudice nella stessa sede, né ad un giudice che diventa pubblico ministero. Tuttavia, avremo sempre la garanzia di una carriera unica, che accomuna i magistrati tutti, seppure nella distinzione delle funzioni, in un'identica cultura della giurisdizione.
Credo che questa sia la garanzia per tutti i cittadini: avere un pubblico ministero che piuttosto che diventare sceriffo - come è stato affermato più autorevolmente da qualche senatore - sia lì a ricercare anche le prove a discarico dell'indagato.
Per quanto riguarda invece il rapporto tra avvocatura e magistratura, ritengo che la serietà con cui è stato disegnato il sistema delle valutazioni di professionalità e il fatto che per la prima volta si apra tale sistema a contributi esterni, non soltanto dell'avvocatura, ma anche di semplici cittadini, sia una garanzia. In tal modo, infatti, si consente al Consiglio superiore della magistratura di decidere serenamente, tenendo conto, all'interno di un vero e proprio procedimento amministrativo come quello sulla valutazione di professionalità, di tutti gli atti che ha a disposizione, atti per i quali è previsto l'accesso, proprio in virtù di quei principi di trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione cui certo non può ritenersi sottratta l'attività amministrativa del Consiglio superiore della magistratura.
Credo che questi aspetti servano e siano utili per diradare i timori. È chiaro tuttavia che bisogna anche sorvegliare e verificare che questo provvedimento venga attuato così come disegnato dallo spirito del legislatore, ed è necessario che ci sia l'assunzione di responsabilità sia da parte dei consigli dell'ordine, sia da parte del Consiglio superiore della magistratura, sia da parte dei consigli giudiziari, affinché il provvedimento stesso diventi effettivamente efficace.
Sappiamo bene che il disegno di legge sull'ordinamento giudiziario non risolverà i problemi della giustizia, che sono gravi e profondi, ma se è vero che i tempi eccessivamente lunghi dei processi e la mancanza di certezza della pena non possono essere sanati che con misure di ordine processuale e se è noto che bisogna affrontare in modo più risoluto lo stato critico delle risorse e dei mezzi a disposizione degli uffici, è altrettanto evidente che avere un sistema di regole ordinamentali aggiornate, orientate a rafforzare la professionalità, l'indipendenza, l'imparzialità e la responsabilità dei magistrati, diventa indispensabile affinché il sistema giudiziario sia effettivamente ed efficacemente strumento di tutela dei diritti dei cittadini.
Credo che questi siano i punti più rilevanti del provvedimento, che ho cercato di riassumere.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto vorrei chiedere scusa a questa Assemblea perché si era posto il problema, in questo nostro bicameralismo perfetto, che ci fosse da parte del Governo - da parte mia in particolare - una forma di reticenza o un tentativo di diminuire spazi di dialettica parlamentare. Essendo affezionato - lo dico senza motivo di retorica - a questa «mia» Camera, nel senso che ne sono stato membro per trent'anni, lungi da me l'idea di tenere un atteggiamento di scarsa contiguità col galateo di natura parlamentare. Ciò che accade - e accade in questo periodo credo in maggior misura, per una serie di ragioni comprensibili, anche di natura politica - è che a volte si pone un'enfasi maggiore su alcune leggi che si discutono in un ramo del Parlamento rispetto all'altro ramo. Questa è l'unica ragione, e se qualcuno ha immaginato che ci fosse un'idea per la quale - da parte del Governo o mia in particolare - si osteggiasse tale possibilità di discussione, francamente mi dispiace che sia apparsa all'orizzonte dell'Assemblea parlamentare un'idea di questo genere.
Torniamo alla legge sull'ordinamento giudiziario, che, a mio parere, costituiscePag. 79la trama normativa più importante nella declinazione dei principi costituzionali in materia di giustizia e lo strumento legislativo essenziale per definire l'assetto della magistratura e la rete di rapporti istituzionali che la riguardano.
Sento dunque forte la responsabilità di avervi proposto oggi questo testo, licenziato dal Senato della Repubblica dopo un dibattito che - è vero - al Senato è stato più serrato, ma politicamente vibrante sia in quell'aula parlamentare che in questa. Si tratta di un dibattito però - mi consentiranno i colleghi dell'opposizione - che ho voluto non costretto dal vincolo del voto di fiducia - che pure vi fu per ben tre volte nella scorsa legislatura per quanto riguardava la riforma Castelli - anche con il rischio - debbo dire - di una difficoltà, di una sconfitta che mi era ben presente, dati i margini certamente non dilatati della mia maggioranza nell'ambito del Senato della Repubblica.
Per quale ragione ho fatto tutto questo? Per una scelta disinvolta, di rischio, di un minimo di approssimato coraggio? Assolutamente no. L'ho fatto perché credo - mi dispiace quando questo non accada - che riforme di tale ampiezza e natura - come in questo caso, per la «volumetria» che rappresenta, anche all'interno della realtà del Paese, un ordinamento di questo genere - richiedano il massimo di confronto e, possibilmente, di condivisione.
Il testo, nel quale mi ritrovo con convinzione, è, come ha detto anche il Capo dello Stato, un testo di grande equilibrio - perlomeno è l'opinione che in molti abbiamo maturato - nonostante esso si allontani in qualche punto anche dalla mia proposta originaria, consapevole come sono che questo tipo di formulazione rappresenti la sintesi virtuosa di posizioni politiche e culturali diverse, messe alla prova dei rapporti di forza parlamentari.
La dialettica tra maggioranza e opposizione e quella che pure è esistita - perché bisogna riconoscerlo - all'interno della mia stessa maggioranza ha realizzato, e sono certo realizzerà adesso in questo dibattito, il suo alto valore di attuazione del metodo democratico, posto a fondamento della vita democratica della Repubblica dalla Carta costituzionale.
Come è noto, il provvedimento in esame costituisce l'epilogo di una lunga e complessa vicenda, da ultimo segnata dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269, con la quale venne sospeso il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, concernente l'accesso e la carriera dei magistrati, adottato dal precedente Governo. Avevamo ritenuto in quella circostanza e in quel momento assolutamente necessario provvedere alla modifica di quelle norme, che, a nostro avviso e ad avviso dei più, si ponevano in contraddizione con l'esigenza di modernizzare e rendere più funzionale la giustizia del nostro Paese, nel pieno rispetto, però, dei fondamentali principi costituzionali.
Sono convinto che l'interesse generale alla realizzazione di una giustizia giusta ed efficiente, al servizio del cittadino, troverebbe un quadro favorevole alla sua soddisfazione laddove si riuscisse tutti insieme - sottolineo tutti insieme - a superare finalmente la stagione della contrapposizione tra mondo politico e magistratura, nello scrupoloso rispetto dei fondamentali principi che esigono distinzione ma anche - credo - sinergie ed armonia tra i poteri dello Stato, che non debbono essere poteri, ma essere al servizio dei cittadini.
Autonomia e indipendenza della magistratura sono in questo contesto - voglio dirlo con assoluta chiarezza e fermissima convinzione - valori irrinunciabili per me, per molti, credo per tutti. Ma l'autonomia - lo dico al mondo dei magistrati - non deve essere soffocata dalla tentazione dell'autoreferenzialità, così come è estraneo all'idea stessa della democrazia che un valore così alto e fondante possa essere difeso, sulla base di un'auto-attribuita superiorità morale, da qualcuno in particolare, sia esso politico, sia esso, come in questi giorni capita, magistrato.
Al contrario, l'assoluta garanzia di quei principi si trova nella stessa Costituzione repubblicana e deve necessariamente trovare concretezza nei comportamenti individuali e quotidiani di ogni singolo responsabile pubblico. Mi riferisco ad una sortaPag. 80di intelligenza istituzionale collettiva, capace di emarginare ogni condotta che esorbiti dalle competenze e dalle responsabilità attribuite a ciascuno di noi, in base ai rispettivi ruoli.
Si tratta di diffondere un'etica pubblica esigente e concreta, che bandisca le gride manzoniane e le vanità individuali e si concentri sulla qualità del fare, secondo l'unico criterio dell'utilità collettiva di lungo periodo. In questa ottica, non vedo, per la verità, l'opportunità di contrapposizioni meccaniche tra politica e giustizia: al contrario, ho sempre coerentemente sostenuto la necessità di distinguere i comportamenti utili al migliore e più ordinato funzionamento delle istituzioni nell'esclusivo interesse della res publica da quelli che, da parte di chiunque, prevaricano le istituzioni. Non posso, a tale riguardo, non rilevare che proprio la magistratura autonoma e indipendente, in cui io credo profondamente, il singolo magistrato soggetto solo alla legge hanno il bisogno assoluto, proprio a garanzia del loro status costituzionale, di osservare senza possibilità di equivoci o discussioni questo fondamentale progetto.
Leggo oggi su un giornale autorevole che un magistrato agli onori della cronaca dichiara che chi non ha coraggio non fa carriera. Non credo che a un magistrato occorra il coraggio; ai magistrati, ai cittadini il coraggio è dato dalla legge, da cui devono assumere convinzione, forza, determinazione, e nel cono d'ombra della legge c'è il coraggio di ogni cittadino che si muove secondo criteri di assoluta soggezione alla trasparenza dei comportamenti. Si garantisce quell'unicum di indipendenza attribuito nel 1948 alla magistratura italiana nell'interesse esclusivo dei cittadini, non solo favorendo queste norme sull'ordinamento giudiziario, ma anche esigendo che i magistrati non recidano quell'unico legame che hanno, quello con la legge e con il suo scrupoloso rispetto.
Al di là di ciò, nell'assenza di vincoli la giustizia si trasforma in monade, che non comunica con le altre istituzioni, ma è destinata inesorabilmente ad avere un rapporto diretto e populistico con l'opinione pubblica, il che rappresenta quanto di più lontano - e io ritengo, pericoloso - esista rispetto alla mia concezione della Repubblica e della democrazia. La giustizia ha bisogno di valori e principi alti, questo sì; non ha invece bisogno di vanità, di sterili contrapposizioni ideologiche, neppure tra la politica e la magistratura. Ha bisogno di modernizzazione e di efficienza, perché fattori imprescindibili di progresso civile e di crescita economica del Paese. Una giustizia inefficiente è una giustizia non credibile e a termine; ciascuno degli attori del processo - avvocati, magistrati, personale amministrativo - ne sopporterà i costi in termini di mancanza di legittimazione, anche popolare.
Un ordinamento giudiziario moderno e rinnovato costituisce il fondamento di una giustizia capace di assumere pienamente l'alto compito suo proprio. Esso deve essere aperto agli apporti esterni alla magistratura e al tempo stesso essere garante delle prerogative costituzionali ad essa spettanti, a tutela dei cittadini e dei loro diritti, fattore di sviluppo e riconoscimento della professionalità e della responsabilità necessarie per l'esercizio delle funzioni giudiziarie, strumento di selezione trasparente dell'uomo giusto al posto giusto, elemento di garanzia della terzietà e della imparzialità del giudice come tale. Questo tipo di ordinamento è contenuto nel provvedimento che vi è stato proposto, e spero che assieme possiamo costruirlo assicurando al Paese, dai rispettivi angoli di visuale, di maggioranza e di opposizione, e con la distinzione dialettica tipica del Parlamento, nel lungo periodo e al di là delle contingenze politiche, questa essenziale componente dell'apparato istituzionale del nostro Paese.
A mio avviso, è un fatto di grande importanza quanto oggi stiamo operando; a fronte delle obiezioni sollevate - ad alcune replicheremo successivamente -, vorrei anzitutto rispondere a chi in particolare, come l'onorevole Vietti, ha ritenuto di criticare le valutazioni di professionalità, il modo e la periodicità con cui esse avvengono, i tempi ravvicinati. Credo, onorevole Vietti, che esse costituiscano ilPag. 81presupposto per esercitare altre funzioni, ma anche che esse siano importanti momenti di verifica, suscettibili, all'interno di questo nuovo ordinamento giudiziario, di concludersi, se di esito negativo, o con il blocco della progressione economica o con la destinazione ad altra funzione di chi si riveli inidoneo o ancora con la rimozione dei magistrati che non superino successive valutazioni.
Sul punto vale la pena di segnalare, onorevoli colleghi, che questo tipo di previsione costituirebbe un unicum in tutto il pubblico impiego, per la verità, non essendovi altri esempi di valutazioni così ravvicinate nel tempo, che si estendono per tutto il periodo di attività lavorativa e che si possono concludere con una valutazione che comporta la risoluzione del rapporto di lavoro.
In definitiva, onorevole Vietti, si tratta di un sistema di valutazione insieme rigoroso, efficiente e rispettoso di uno status che non deve essere privilegio. Nessuna categoria, infatti, deve essere una casta; non ritengo che nel nostro Paese esistano caste: nessuno è casta, né la classe politica, né quella dei magistrati. Nessuno è casta; nessuno gode di privilegi: ognuno, dal suo punto di vista, deve comportarsi secondo criteri che si ispirano alla nostra Costituzione. Tutti devono essere invece, questo sì, garanzia del buon esercizio della giurisdizione al servizio dei cittadini: avvocati, magistrati, il Ministro collaborano per il bene dei cittadini. La giustizia come tale non è loro prerogativa, non è loro affidata; piuttosto, essi sono strumenti che collaborano per una giustizia che riguarda direttamente i cittadini.
Quanto alle funzioni di legittimità, a differenza dell'ordinamento previsto con la legge Castelli, si è garantito che, in linea con la Costituzione, il sistema resti nell'ambito della competenza del Consiglio superiore della magistratura. Tuttavia, il Consiglio si avvarrà di un apposito gruppo di magistrati, professori universitari e avvocati per la valutazione dei provvedimenti degli aspiranti; valutazione finalizzata al riscontro della presenza di specifiche attitudini: non vi è dunque una sorta di oasi con una forma di garanzia resa vischiosa dal fatto che sono i giudici a giudicare i giudici; vi è, invece, un apporto dato da una società più aperta, da un continuo più allargato e dilatato che comprende anche gli avvocati e le accademie del nostro Paese. Dunque, per l'accesso alle funzioni di legittimità, la prospettiva è diversa: un magistrato, per quanto capace nell'attività di merito, può infatti non essere in grado - diciamo la verità! - di svolgere una funzione di legittimità. L'aspirante deve dunque saper dimostrare la sua capacità di analisi delle norme: l'indagine sulle identità normative è infatti cosa assai diversa dalla ricostruzione del fatto, sia pure sub specie iuris.
Un'altra questione su cui vi è stata forte contrapposizione è costituita dalle modalità del passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. Tale passaggio, nelle norme proposte, è consentito solo a seguito della frequenza di un corso di qualificazione professionale; esso inoltre è subordinato allo svolgimento delle medesime funzioni per almeno cinque anni e sottoposto ad un giudizio di idoneità specifica per il quale è possibile acquisire il parere del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati. Ancora, esso non è possibile verso una sede compresa nella medesima regione o nel capoluogo del distretto determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale; né infine è ammesso per un numero di volte superiore a quattro nel corso dell'intera attività di servizio. È fatta comunque salva la possibilità del passaggio da funzioni penali a funzioni civili e viceversa, con l'unico vincolo territoriale del cambiamento di circondario e di provincia.
Quel che va evitato, onorevoli colleghi, è il sovraccarico ideologico, poiché la disputa deve poi comunque trovare una soluzione non traumatica, ma utile per il cittadino. Al riguardo, peraltro, sia pur con molta umiltà e in punta di piedi, vorrei sottolineare un aspetto a coloro che propongono ancor oggi la separazione delle carriere, sia nel mondo politico sia anche nell'avvocatura (vi è suPag. 82questo punto - perché non riconoscerlo - grande differenza fra me e l'avvocatura, il cui giudizio rispetto poiché esso è rilevante, anche per quanto mi riguarda direttamente).
A coloro dunque che propongono tale separazione, vorrei non solo sottolineare gli ostacoli di natura costituzionale che ne impediscono la realizzazione per via di legge ordinaria, ma anche ricordare che essa non fu prefigurata neppure nella scorsa legislatura. Ai colleghi dell'opposizione che mi hanno più volte fatto osservare, nei convegni e in Parlamento, che la separazione è il motivo fondante, una sorta di totem, il motivo «rinascimentale» per produrre nuova giustizia nel Paese, vorrei far notare che essi avevano, nella scorsa legislatura, una maggioranza di 100 deputati e 50 senatori e oltre: ebbene, a me, che ho mezzo senatore in più, chiedete quel che voi non avete fatto (Commenti del deputato Consolo)? Francamente, con molta obiettività, far ciò mi sarebbe risultato davvero molto difficile, nonostante una certa capacità ed esperienza acquisite nelle Assemblee parlamentari.
Capisco dunque che queste dichiarazioni si facciano - certamente costituiscono una forma legittima di propaganda - ma esse andrebbero tenute fuori dal perimetro che qui ci riguarda, poiché non è opportuno che si abbiano atteggiamenti che appaiono velleitari. In altri termini, riproporre oggi surrettiziamente quel tema mi sembra francamente un fuor d'opera: dico ciò, peraltro, anche se comprendo e rispetto profondamente le ragioni ideali di chi sostiene e ha sostenuto una posizione molto diversa da quella mia e della mia maggioranza.
Non può infine tacersi l'importanza dell'introduzione del principio di temporaneità di tutte le funzioni direttive e semidirettive: è questa una grande innovazione che peraltro comporta come corollario un sistema di conferimento degli incarichi basato su concorsi finalizzati ad assicurare che la scelta cada auspicabilmente su candidati individuati solo per le loro capacità.
Una questione, infine, separata è costituita dalle norme che sono state oggetto della proposta di stralcio da parte della Commissione di merito, che le ha ritenute al Senato, per la loro non diretta correlazione con il contenuto del decreto legislativo la cui efficacia è sospesa fino al 31 luglio, non indispensabili per conseguire il risultato.
È ovvio che tali norme, accolta la proposta di stralcio, confluiranno nell'esame, spero anche in tale ramo del Parlamento, di un autonomo disegno di legge del quale il Governo si impegna a sollecitare la trattazione fin dal mese di settembre, con l'apertura dei lavori parlamentari. Si tratta, infatti, di norme che possono richiedere uno sforzo di approfondimento da parte sia del Parlamento sia del Governo, investendo aspetti importanti come l'assetto definitivo dell'organizzazione di tutti gli uffici giudiziari, ivi compresi quelli della procura, ed i correlativi poteri del Consiglio Superiore della Magistratura.
In conclusione, il provvedimento in esame, che sottopongo alla vostra attenzione e al vostro voto - mi auguro positivo, onorevoli colleghi -, non costituisce un'iniziativa contro qualcuno o contro qualcosa. Non è assolutamente, credetemi, una riforma di parte; non sono partigiano e capisco che non vi è l'innocenza lessicale, quando dico ciò, da parte dell'opposizione, ma ritengo, in coscienza, che sia un po' così. Le modifiche, quelle più rilevanti, sono state operate su aspetti dell'ultima riforma che apparivano, diciamo la verità, ai limiti della legittimità costituzionale perché incidenti sulla autonomia e sull'indipendenza dell'ordine giudiziario. Altre ed altre più numerose attengono a profili di impraticabilità delle norme o sono dirette ad evitare effetti ricaduta assolutamente negativi per lo stesso governo del corpo giudiziario, suscettibili di mettere in crisi, come ho detto all'inizio, la stessa attività del Consiglio superiore.
Mi auguro, quindi, che il vostro voto, onorevoli colleghi, chiuda definitivamente una stagione in cui politica e giustizia,Pag. 83magistrati e avvocati, istituzioni e cittadini si sono guardati con diffidenza, si sono addirittura scontrati, con la paura della reciproca prevaricazione. Dico ciò, onorevoli colleghi, mentre domani un settimanale, Panorama, dirà che io sono stato intercettato dalla procura di Catanzaro e lo affermo proprio con maggiore convinzione, perché ritengo che, se prevalgono le monadi e se non vi è un atteggiamento di rispetto, di qualità di rispetto, tra magistratura e politica, è a rischio ed è alterata la democrazia nel nostro Paese.
Certamente il problema delle intercettazioni è diventato serio. Credo che si debba porre mano - e spero che il Senato finalmente lo faccia - a questa «incompiuta» sul piano parlamentare. Non vorrei che le intercettazioni assumessero il sapore non garantista, che non fu il mio, degli anni passati: quando l'avviso di garanzia raggiungeva una persona, nell'opinione pubblica si conficcavano i chiodi della sconfitta, dell'illegalità o dell'immoralità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur, L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e La Rosa nel Pugno).
Mi auguro che le intercettazioni servano, ma vorrei che servissero davvero a produrre giustizia. Non so più, devo dire la verità, quando avvengono le intercettazioni se esse avvengano sui politici o intorno alla trama di rapporti con i politici. Ricordo, essendo stato un modesto professore di filosofia, che in un diario di un metafisico, un filosofo del Novecento non granché noto, Pasqualino Fortunato, fra le riflessioni che mi segnarono vi era la seguente: stanotte ho sognato di essere una farfalla; quando mi sono svegliato non sapevo più se ero un uomo che sognava di essere farfalla o una farfalla che sognava di essere uomo. Dava l'idea ontologica dello spaesamento. Io non so più se a volte le intercettazioni siano dirette al politico da subito o utilizzino gli amici o le amicizie per arrivare al politico. Si tratta di un problema che - devo dire - bisogna porsi in coscienza. Guai, in democrazia, a chi gioca sulle convenienze, a chi, a seconda delle circostanze, è garantista o non è garantista. Le garanzie della Costituzione, realizzate anche in quest'Assemblea in compromessi ideali, in quello cattolico, laico-crociano e marxista, sono la fonte e l'arsenale a cui fare oggettivamente riferimento. Credo che prima d'ogni altra attività ... i giornali distillano rispetto alla libertà di stampa; ma chi mi ripaga o chi ripagherà mai coloro che sono stati messi alla gogna. Un conto è la trasparenza che si chiede alla politica da parte dei cittadini, un conto è la gogna rispetto ai politici. Io non accetterò mai, per quanto mi riguarda, per il mio stile, per la mia cultura, per essere cattolico democratico e per essere sullo sfondo democratico-cristiano, che vi sia nel Paese tale clima di violenza che ritorna.
A me piace una democrazia come quella fondata dai nostri padri e anche da noi consolidata, successivamente, in cui l'alternanza si gioca sul dato democratico: proposta su proposta, non attraverso l'utilizzo di strumenti che sono perversi ai fini della democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur, L'Ulivo e La Rosa nel Pugno).
Un elemento di questo tipo, giocare in questi termini, sul piano di quella che è la fisionomia democratica del Paese, non è - vi assicuro, per chi come me è qui da trent'anni - la «mia» democrazia, nella quale credo profondamente.
Posso ammettere di sbagliare su tanti aspetti, ma su questo ho alcune mie «fissità» di natura ideologica e, credo, anche talune parzialità. A queste credo ed è questa la ragione della mia amarezza, perché chi scopre domani che rispetto avete dei rapporti, con un costume diventato un malcostume, che conoscono i giornalisti, finanche rispetto al Ministro della giustizia... Pensate al povero cittadino, che scopre di non sapere quello che, invece, i giornali tramutano in oggettiva diffidenza rispetto ai comportamenti.
Quando uscirò in strada e qualcuno, già da domani, chiederà cosa abbia fatto Mastella di così strano, io so, per mia coscienza, che se avessi fatto affari, se fossi stato iscritto, come si dice, a lobbyPag. 84massoniche... Certo sono iscritto ad una loggia massonica: quella di Ceppaloni, dal 1947, da quando sono nato. Quella è l'unica loggia massonica che conosca, per quanto mi riguarda: la mia massoneria territoriale.
Io credo che se anche si tratta di un politico, bisogna riconoscerne anche la fragilità, perché il politico è più esposto. Per questo vi chiedo di approvare il provvedimento al nostro esame, perché dobbiamo garantire la leale collaborazione, come atto di orgoglio anche parlamentare, per una forma di sconfitta davanti, a volte, a tanta miseria, a tanti modi di fare in cui si individua l'avversario come nemico permanente. L'avversario rimane avversario, per quanto mi riguarda, sia quando si è maggioranza, sia quando si è all'opposizione.
Questo è il rispetto delle garanzie. Questo è il motivo per il quale uno come me, che certamente non aveva «i fondamentali» del diritto - ma peggiore è la situazione di chi dovrebbe averli acquisiti e non li conosce - e che, essendo laureato in filosofia, non conosceva appunto i fondamentali, tenta di applicarsi con tanta umiltà e con tanta pazienza.
Questa è la ragione perché ritorni in campo nell'orizzonte della politica un rapporto trasparente con il Paese.
Io non difendo le anomalie. Se un politico sbaglia, è giusto che sia messo alla gogna, non soltanto mediatica; ma indubbiamente, avviene con tale ritualità, a volte, questo comportamento che credo sia giusto stabilire condizioni e regole per dare a questo rapporto tra magistratura e politica carattere di continuum di grande collaborazione e senza alcun conflitto. Al riparo da questo vive e vegeta la democrazia. Viva il Parlamento italiano [Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e di deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!
(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 2900)
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Elio Vito ed altri n. 1 e La Russa ed altri n. 2, nonché le questioni pregiudiziali di merito Lussana ed altri n. 1 ed Elio Vito ed altri n. 2.
A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà a due distinte votazioni, una sulle pregiudiziali di costituzionalità ed una sulle pregiudiziali di merito.
L'onorevole Pecorella ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Elio Vito n. 1, di cui è cofirmatario.
GAETANO PECORELLA. Signor Ministro, lei ha detto che in questo Paese non ci vuole coraggio, ma bisogna soltanto applicare la legge. Io le dico che con questo provvedimento ci vorrà il coraggio di applicare la legge perché, attraverso il sistema delle valutazioni di professionalità che lei ha introdotto, daremo la possibilità alla corrente dominante in quel momento in magistratura di scegliere tra chi deve essere emarginato e chi deve fare carriera. Ciò non può non essere in contrasto con l'articolo 101 della Costituzione, che impone che il magistrato sia sottoposto soltanto alla legge e non tema...
Signor Ministro, io penso di parlare anche per lei, o no? Lei crede che io stia parlando anche per lei, o no?
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Sì. Non vedo quale sia la ragione di questa sua alterazione (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
Pag. 85PRESIDENTE. Colleghi, cortesemente! Onorevole Pecorella, per cortesia, vada avanti.
GAETANO PECORELLA. Con tutta la cortesia, ma io mi sono rivolto al signor Ministro ponendo una questione costituzionale, quindi avrei gradito che mi ascoltasse, visto che non ha risposto alle domande che avevo posto prima (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...
LUCA VOLONTÈ. Allora, fatelo parlare!
GAETANO PECORELLA. Il secondo profilo di incostituzionalità riguarda l'articolo 111, ovvero il venir meno della parità delle parti, nel momento in cui il pubblico ministero è un giudice che indossa la toga dell'accusatore, mentre il giudice è un pubblico ministero che indossa la toga del giudice. Ciò non può non essere in contrasto con il principio dell'equidistanza voluto dall'articolo 111 che questo Parlamento ha introdotto.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,25)
GAETANO PECORELLA. Infine, la terza questione di costituzionalità attiene alla violazione dell'articolo 105. La Costituzione vuole che il Consiglio superiore della magistratura promuova, il che significa valuti nel merito, secondo criteri obiettivi, allorché debba conferire le funzioni. Nel momento in cui il Consiglio superiore della magistratura non svolge più tale attività, dovendosi basare esclusivamente sui documenti che gli vengono forniti dai consigli giudiziari e non avendo alcun contatto, nemmeno diretto, con il magistrato a cui deve attribuire le funzioni, si passerà dal giudice di tribunale a consigliere di Corte d'appello, quindi si sarà promossi, senza che il CSM applichi l'articolo 105 della Costituzione, cioè intervenga nel merito dell'affidamento delle funzioni. Pertanto, per i tre motivi che ho esposto sinteticamente, ma che mi paiono assai chiari, si chiede che il presente disegno di legge non sia esaminato, in quanto in contrasto con la Costituzione.