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Discussione del documento: Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011 (Doc. LVII, n. 2) (ore 11,45).
(Discussione - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Ventura.
MICHELE VENTURA, Relatore. Signor Presidente, la discussione sul Documento di programmazione economico-finanziaria cade, quest'anno, in un momento di confronto particolarmente impegnato sulla politica economica e sul contenimento del debito: interventi che hanno preceduto questa discussione e sui quali mi soffermerò nel corso dell'esposizione.Pag. 2
Il primo dato sul quale intendo insistere è il fatto che siamo in presenza di segnali di ripresa: anche l'Italia sta beneficiando del trend positivo che accompagna l'economia mondiale; abbiamo, altresì, una previsione di crescita del prodotto interno lordo, per il periodo 2007-2008, intorno al 2 per cento, anche se - elemento da non trascurare per non cadere in un trionfalismo di maniera - continuiamo ad avere problemi a stare al passo con le economie più dinamiche dell'area dell'Unione europea, ossia l'area euro. Ovviamente, non parlo dei Paesi che registrano exploit particolarmente significativi ormai da anni e che non so se sia giusto chiamare ancora emergenti, avendo gli stessi economie fortemente consolidate (come, ad esempio, la Cina, l'India e altri grandi Paesi).
Tutti gli analisti concordano nel ritenere che tale risultato sia dovuto, in gran parte, a due elementi: innanzitutto, una ripresa del mercato interno e una dinamizzazione dello stesso che segnala un ritorno di fiducia in ordine alle aspettative economiche, che coinvolge sia le famiglie, sia le imprese.
Al riguardo, però, è giusto considerare che attorno a tale ripresa si manifestano ancora marcate timidezze.
Il secondo elemento - anche su ciò mi soffermo molto brevemente - è la ripresa dell'economia tedesca, per lo stimolo che essa ha determinato sui consumi non solo in Germania, ma in molti Paesi del nostro continente.
Quindi, la tendenza alla crescita è confermata e questo è l'elemento più confortante anche per i prossimi anni. Ciò consente di impostare la manovra per il 2008 fuori da un'emergenza stringente, come invece era accaduto l'anno scorso, in una situazione di conti e di finanza pubblica da riportare sotto controllo.
Signor Presidente, prima di esaminare il contenuto delle previsioni di finanza pubblica, vorrei sottolineare due elementi, che costituiscono da lungo tempo la debolezza strutturale del Paese. Tengo a sottolinearli all'inizio perché assomigliano a un fiume carsico: compaiono e scompaiono, secondo l'utilizzo che se ne fa in base alla polemica politica. Il primo di questi elementi è il livello di evasione ed elusione fiscale. Ricordo l'audizione del Viceministro Visco, ma ormai sul punto concordano tutti i più importanti istituti che analizzano il fenomeno; si perdono con l'evasione sette punti percentuali di PIL, con una perdita, in mancate entrate, di 100 miliardi l'anno. Se l'evasione scomparisse o fosse ridotta in modo consistente, si potrebbero liberare risorse importanti, si potrebbe abbassare il carico fiscale, non vi sarebbe concorrenza sleale fra imprese e il sistema economico sarebbe più efficiente e più competitivo.
Ci trasciniamo l'attuale livello di debito pubblico ormai da quindici anni; quindi, è inutile la rincorsa ad individuare le responsabilità contingenti di un Governo o di un altro: il debito pubblico è allo stesso livello dal 1992 (da quindici anni), con punte che, come sappiamo, erano giunte fino al 120 per cento del PIL, con un servizio - il carico dovuto alla spesa per gli interessi - che raggiunge cifre che tutti conosciamo e che, assieme all'evasione, costituisce un punto di debolezza strutturale del nostro Paese rispetto a tutti gli altri Paesi europei.
Questo dato va assunto come centrale, perché esso, a mio avviso, rappresenta il problema dell'Italia. Il combinato di questi due elementi, infatti, è effettivamente il problema dell'Italia. Ciò deve diventare elemento di consapevolezza generale e costituire l'impegno senza riserve di tutta la classe dirigente italiana.
Per quanto riguarda il debito pubblico, sappiamo che vi è un impegno: dopo due anni di crescita, è previsto che la sua incidenza sul PIL si riduca al 105,1 per cento nel 2007.
Si tratta pur sempre di cifre abnormi. Nel 2010, per la prima volta dal 1991, il debito pubblico sarà inferiore al 100 per cento del PIL, mentre nel programma di stabilità di dicembre tale risultato era atteso nel 2011.
Complessivamente, nel quadro programmatico, si prevede che il rapporto debito-PIL si riduca, passando da un valore di circa 103,2 per cento del PIL nelPag. 32008 a un valore del 95 per cento nel 2011. Si tratterebbe, ovviamente, di risultati sicuramente importanti.
La nostra opinione è che devono essere utilizzati in tale direzione tutti gli strumenti lanciando segnali che possano, in qualche modo, dare il senso di uno sforzo straordinario per l'abbattimento del debito.
Abbiamo intenzione, anche in sede di esame della risoluzione, di avanzare proposte che si muovano in tale direzione, compresa un'innovazione già introdotta in altri Paesi (al riguardo, mi rivolgo al professor Armani quale studioso eminente di tali materie): si tratterebbe di effettuare una ricognizione - come è avvenuto, lo sappiamo, in Gran Bretagna, Australia, Canada, Svizzera, Belgio e Austria - di tutti gli strumenti utili a determinare una significativa riduzione del debito pubblico e, in particolare, di quantificare i possibili effetti, con grande senso di responsabilità, di una cessione delle riserve della Banca d'Italia, in oro e in valuta, eccedenti quanto richiesto dal concerto con la Banca Centrale Europea per la difesa dell'euro, sul modello di quanto realizzato da altri Paesi membri dell'Unione europea.
Questo è un punto non risolutivo, ma che offro come spunto di riflessione nella discussione, perché potrebbe anch'esso costituire un importante contributo.
Sappiamo che si è svolta una discussione - sul punto mi voglio soffermare brevemente, perché vi è stato l'intervento della Corte dei conti e del Governatore della Banca d'Italia - relativamente a quella manovra espansiva, che abbiamo approvato la scorsa settimana, cioè il decreto-legge che ha restituito risorse; in merito, appunto, si è svolta una discussione, ci si è chiesti se fosse più giusto utilizzare quelle risorse per l'abbattimento del debito oppure destinarle diversamente, come abbiamo scelto di fare, essendo sotto controllo il rapporto deficit-PIL. Il Governo Berlusconi aveva stabilito e sottoscritto con l'Unione europea l'impegno a mantenere tale rapporto nella misura del 2,8 per cento; ebbene, tale rapporto era sceso al 2,1 per cento senza questo intervento e sale ora al 2,5 per cento, ma resta pur sempre al di sotto dell'impegno sottoscritto con l'Unione europea. Si è deciso un intervento in direzione di determinate categorie e per il mantenimento di impegni che possono essere riassunti nel modo seguente: il decreto-legge è intervenuto a favore di alcuni dei soggetti più «in sofferenza», come la popolazione anziana (con l'aumento delle pensioni basse e il miglioramento dei meccanismi di indicizzazione delle prestazioni) e i giovani (consentendo loro di riscattare la laurea e di totalizzare i contributi versati in diverse gestioni pensionistiche); ma molte altre sono le misure, da quelle in favore delle imprese che svolgono servizio pubblico a quelle in favore degli enti locali e, infine, a un contributo straordinario che abbiamo elargito in relazione al capitolo della sicurezza. Ciò ha inciso per un ammontare di 0,4 per cento del PIL e rappresenta la spiegazione delle ragioni per le quali si risale dal 2,1 al 2,5 per cento.
Vorrei insistere un istante su tale manovra espansiva, perché - lasciatemelo dire - è stata accolta come un'operazione normale e quasi del tutto indifferente rispetto alle condizioni materiali. Ritengo, colleghi, che essere intervenuti ad esempio sulle pensioni - in termini sicuramente non completamente soddisfacenti per la risoluzione dei problemi delle condizioni di vita, ma dando comunque un segnale di attenzione verso le pensioni minime e le pensioni sociali - costituisca un punto di merito del Governo.
In quanto tale si dovrebbe riuscire a farlo apprezzare, vale a dire come un primo sforzo di redistribuzione, dopo la manovra economica dello scorso anno, compiuto sicuramente nella direzione giusta. Se ciò ha costituito un passaggio problematico - ma che io condivido pienamente - dobbiamo però guardare al futuro sapendo che dalla manovra che il DPEF ci presenta e dalle previsioni della legge finanziaria - fortemente condizionate da impegni sottoscritti e comunque non eludibili (lo voglio dire con chiarezza, perché nella finanziaria non si prevede una manovra correttiva) - sono esclusi inPag. 4modo perentorio e certo ulteriori elementi di inasprimento del prelievo fiscale. Anzi, tra gli impegni in qualche modo assunti ai fini della legge finanziaria per il 2008 vi è la riduzione dell'ICI sulla prima casa e sugli affitti e comunque la diminuzione della pressione fiscale per le categorie che vivono un momento critico di difficoltà. Si mantiene quindi quel tipo di impegno, che non può certo tradursi in un aumento della pressione fiscale. Sappiamo infatti che per coloro che pagano le tasse esiste un punto limite, che non può essere superato per non determinare un elemento di scollatura e di sfiducia nel rapporto tra contribuente e Stato; per tale motivo non si può sicuramente andare oltre e d'altra parte, già un comma dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007 prevedeva chiaramente che le maggiori entrate sarebbero state destinate alla riduzione della pressione fiscale. L'impegno sui versanti dell'ICI, degli affitti, dell'aumento delle pensioni e cosi via mi sembra corrisponda a un'impostazione pienamente condivisibile.
Vi è comunque la questione dell'equilibrio dei conti pubblici e della finanza pubblica - al riguardo, Presidente, mi rivolgo al Governo - e tutta l'azione del DPEF va nella direzione della riqualificazione della spesa e del contenimento della spesa primaria corrente. Dobbiamo però sapere che per due terzi la spesa primaria corrente è rigida e che non può essere scaricato tutto sui consumi intermedi, come è avvenuto nel corso degli anni rendendo necessari disaccantonamenti. Anche nell'ultima legge finanziaria per molti ministeri erano state accantonate risorse, che abbiamo dovuto poi disaccantonare proprio per garantire il funzionamento di strumenti fondamentali per la vita del Paese. Da questo punto di vista invitiamo il Governo a presentare, nella Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, un quadro programmatico di più certa copertura per quello che attiene a questa parte non trascurabile della programmazione economica-finanziaria. Avendo escluso un aumento della pressione fiscale e avendo anzi previsto una tendenziale riduzione nei settori indicati - impegni sottoscritti - a proposito della diminuzione della spesa corrente il Governo ha articolato un ragionamento nuovo di riqualificazione e di trasparenza del quale voglio dare atto.
Infatti, non ci siamo limitati - come in altre occasioni - a sviluppare un ragionamento generico, ma abbiamo definito tutti gli elementi tendenziali e programmatici, che potranno essere il punto di approdo della legge finanziaria per il prossimo anno.
Tutto ciò - colleghi - ci consente di considerare meglio gli obiettivi che il Governo ha inteso perseguire: mi riferisco al programma di analisi e revisione della spesa pubblica, il cosiddetto spending review, volto a recuperare risorse da reinvestire nelle aree prioritarie e a una nuova struttura del bilancio dello Stato articolato su due livelli di aggregazione - le missioni e i programmi - che consenta di superare l'approccio puramente incrementale delle decisioni di allocazione delle risorse. L'obiettivo è quello di concentrarci ...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MICHELE VENTURA, Relatore. Quanto tempo ho ancora disposizione?
PRESIDENTE. Un minuto.
MICHELE VENTURA, Relatore. Mi scuso, ma avevo ricevuto un'informazione sbagliata: mi avevano parlato di trenta minuti.
PRESIDENTE. In realtà sono venti minuti, trenta in tutto.
MICHELE VENTURA, Relatore. Allora, le chiedo, Presidente, di concedermi ancora tre minuti.
PRESIDENTE. Prego.
MICHELE VENTURA, Relatore. È del tutto evidente che, per quanto riguardaPag. 5questa riqualificazione, vi sono impegni sostanziali della manovra che il Governo intende sviluppare.
Mi riferisco allo sviluppo compatibile, alla piena attuazione del Protocollo di Kyoto, a tutte le politiche per l'energia rinnovabile e per una nuova attenzione al bilancio ambientale della pubblica amministrazione, allo sviluppo dell'equità, in particolare al capitolo importante e fondamentale delle politiche sociali, al capitolo infrastrutturale, all'innovazione, alla ricerca e all'università, come punti centrali di una qualificazione delle nostre produzioni.
Concludo il mio intervento con una considerazione: il DPEF in esame crea le condizioni per una nuova politica per lo sviluppo, che va ulteriormente sfruttata; credo che saremo in grado di farlo e di renderlo più esplicito nel disegno di legge finanziaria, che sarà presentato a settembre.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Deputato Ventura, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Armani. Ne ha facoltà, per sei minuti.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, il DPEF in esame è il documento di un Governo che «tira a campare» perché, in realtà, se esaminiamo le proiezioni riguardanti la pressione fiscale, quest'ultima sostanzialmente si ridurrà, tra il 2007 e il 2009, dal 42,8 al 42,5 per cento al lordo del TFR: quindi, si tratta dello 0,3 per cento in meno. Ciò è avvenuto dopo che è stata aumentata la pressione fiscale con le manovre dell'inizio della legislatura e dopo che adesso è stato scoperto un extragettito utilizzabile, dovuto ovviamente non solo all'operatività del Governo precedente, ma anche agli aumenti di pressione fiscale deliberati all'inizio di legislatura.
Il rapporto tra il debito e il PIL scenderà, nel 2009, dal 105,1 per cento al 101,4 per cento; quindi, anche tale indice è molto modesto.
Naturalmente, il Governatore della Banca d'Italia ci ha ricordato che nelle fasi di espansione dovremmo utilizzare tali condizioni per operare una riduzione decisa del disavanzo e del debito, per affrontare gli aspetti negativi, che potrebbero derivare da una inversione della congiuntura.
Tutto ciò non è stato realizzato e la pressione fiscale, infatti, è aumentata, ancorché il Viceministro Visco prometta di ridurla nella prossima legge finanziaria.
Ciò che ricorda lo stesso Governatore della Banca d'Italia nel DPEF è che, nella distinzione fra disavanzo a legislazione vigente e disavanzo a politiche invariate, per il 2008 vi è un'impegnativa di oltre 21 miliardi di euro, dovuta soprattutto ai rinnovi delle future tornate contrattuali, in favore dell'ANAS, delle ferrovie e in favore degli impegni già assunti dal Governo. Vi è, quindi, un'aspettativa di maggiore onere per il 2008: non sappiamo se questo sarà ancora caratterizzato da una congiuntura favorevole, soprattutto per l'Europa e per l'Italia.
La cessione delle riserve della Banca d'Italia, cui ha fatto riferimento il collega Ventura - che io stimo, perché so quanto seriamente si impegni, come anche ha fatto nella precedente manovra finanziaria, per cercare di attenuare le incongruenze di questo Governo (che Dio solo lo sa, ne ha tante!) - è condivisibile se si riduce la spesa; riducendosi il disavanzo, infatti, si riduce il debito, le riserve andando ad alimentare il fondo di ammortamento del debito pubblico. Se non si riduce la spesa corrente, invece, si pone un problema. Onorevole Ventura, lei ha affermato che gran parte della spesa è rigida, ma vorrei ricordare che il concetto di rigidità è relativo, se vi è la volontà politica di modificare l'indirizzo della spesa.
Vorrei porre all'attenzione soltanto un caso, nel campo delle amministrazioni locali: le città metropolitane, previste nel nuovo Titolo V della Costituzione. LeiPag. 6ritiene, onorevole Ventura, che sia necessario mantenere le città metropolitane (come Roma, Milano, Torino e via dicendo) e, contemporaneamente, le province corrispondenti? Io credo che vi sia un'incongruenza e che, almeno in tali città metropolitane, sia necessario eliminare le province: trasferendo poi le competenze di tali enti (nel campo viario, nella gestione degli edifici scolastici e così via) alle città metropolitane, otterremmo un risparmio. Pertanto, se esistesse una volontà politica, la rigidità della spesa, anche di carattere strutturale, potrebbe essere modificata.
Vi è, inoltre, un'altra incognita: l'accordo sul cosiddetto «scalone» e sulla cosiddetta «legge Biagi». Sulle coperture finanziarie vi sono una serie di interrogativi abbastanza consistenti; basti pensare alle dimensioni dei cosiddetti lavori usuranti, all'incertezza sull'accorpamento degli enti previdenziali; a tale proposito, infatti, esiste una clausola di garanzia, in base a cui, se non si riesce ad accorpare gli enti previdenziali e ad ottenere il risparmio che ci si attende - credo di 2,9 miliardi - si devono aumentare i contributi dello 0,09 per cento...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PIETRO ARMANI. Pertanto - ho concluso, signor Presidente - esiste un interrogativo piuttosto consistente sul futuro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, onorevole relatore, onorevole sottosegretario, mi si consenta una battuta, che rischia di essere rituale e burocratica. Tutte le volte che iniziamo la discussione sul DPEF - così come quando si inizia e si chiude la discussione sulla legge finanziaria - affermiamo (credo che valga per tutti): mai più così! In realtà, poi, ci ritroviamo a consumare questo rito un po' stantio del DPEF, senza che alcuno di noi, onorevole relatore, abbia particolare fiducia, non tanto sulla qualità, ma sull'efficacia del lavoro che svolgiamo.
Credo che, prima che finisca la legislatura, signor Presidente, bisognerebbe davvero riuscire, coralmente, a svolgere una riflessione sulle procedure di bilancio, sul DPEF e anche sulla legge finanziaria.
Venendo al DPEF, ho ascoltato, come sempre, con attenzione le parole dell'onorevole Ventura, che ha cercato di delineare un quadro d'insieme; credo che, al contrario, l'unica cosa che è doveroso e importante fare sia concentrarsi sui pochi aspetti pregnanti presenti nei DPEF in generale, e quindi anche in questo documento, ossia sui numeri.
Do atto al Governo di aver considerato (a rischio di fare, per le ragioni che poi dirò, una sorta di inconsapevole autogol) nel DPEF - che, come sappiamo, si predispone a legislazione vigente - anche quelle spese e quegli impegni che, per prassi o anche sul piano politico, il Governo intende recepire nel prossimo triennio.
Pertanto, è chiaro che questo DPEF - ben lungi dall'essere in qualche modo neutrale - prefigura una manovra da una ventina di miliardi di euro, come è già stato detto. Ritengo che questo sia il nodo centrale e il problema su cui discutere. Infatti, la soluzione che il DPEF fornisce rispetto a questi impegni di spesa di venti miliardi, onorevole Ventura, è del tutto inaffidabile e inconsistente; si afferma, cioè, che questi venti miliardi di spesa non sono a legislazione vigente - avremmo detto un tempo, in qualche modo, a politiche invariate - ma essi verranno reperiti attraverso tagli di spese.
Perché dico che ciò non è credibile? Non lo sarebbe in generale, nella storia del Paese, ma non lo è rispetto a quanto avete fatto tre giorni fa con il famoso decreto-legge sul «tesoretto». È stata una grande operazione di marketing l'aver definito un grave errore di previsione (voluto o meno) sulle entrate tributarie con un termine così edulcorato e gradevole come «tesoretto». In realtà, è stato un grave errore di previsione sulle entrate, che vi ha consentito di scaricare sui contribuenti maggiori oneri per finanziare le spese che stavate inserendo nella legge finanziaria, fingendoPag. 7o non capendo che, in realtà, le entrate sarebbero state di gran lunga superiori.
Con il «tesoretto» avete compiuto, innanzitutto, un'operazione che rende discutibile la strategia del DPEF; in altre parole, avete rimesso in discussione la legge finanziaria, finanziando, per almeno tre miliardi, le spese corrispondenti ai tagli che avete disposto nella finanziaria stessa, vale a dire: a dicembre avete tagliato e a giugno siete intervenuti ripristinando quei tagli finanziati con l'extragettito. Ma, più in generale, cinque miliardi di spese contenute nel «tesoretto» vengono finanziate, per quest'anno, con il cosiddetto extragettito; per il 2007, non avendo trovato i soldi in questo momento, avete finanziato solo un miliardo, scaricandone quattro sulla famosa tabellona dei venti miliardi.
Ora qualcuno - e mi rivolgo al sottosegretario e all'onorevole Ventura - dovrà spiegarmi da quale cilindro estrarrete quel coniglio che non avete trovato a giugno! A giugno, cioè, per il 2008, non avete trovato la copertura delle spese che avete definito, finanziandole per il 2007, e qualcuno vuole spiegarmi che a dicembre riuscirete a tagliare le spese per quei quattro miliardi e per gli altri sedici.
Dunque, credo che il principale quesito che il DPEF pone sia: come si finanziano questi venti miliardi, al di là della «foglia di cavolo» del taglio delle spese, dato che l'altro ieri potevate farci capire come potreste finanziarli e non l'avete fatto, rinviando alla finanziaria (e ciò è gravissimo)? Siete intervenuti con l'extragettito, prevedendo spese che ci saranno anche l'anno prossimo, senza finanziarle.
Inoltre, vi è una considerazione tra tante, che vorrei svolgere. Il DPEF dell'anno scorso conteneva promesse importanti sulle pensioni, la sanità e il pubblico impiego, tre grandi capitoli per il risanamento.
Dopo un anno, ci troviamo di fronte ad una simile situazione in materia di pensioni sebbene, secondo le mie previsioni, l'accordo fatto rimarrà sulle pagine dei giornali, non verrà mai votato in Parlamento e, fortunatamente per noi, per il Paese e per i più giovani, rimarrà lo «scalone» Maroni.
L'attuale Governo è stato l'unico, nel nuovo millennio e probabilmente anche negli ultimi decenni, a differenza del precedente, a votare una legge che aumenta la spesa tendenziale per le pensioni a parità di tutti gli altri parametri, ad esempio di demografia. Siete riusciti ad approvare un rinnovo generosissimo del contratto del pubblico impiego, cedendo al sindacato tanto in cambio di niente e creando una sperequazione inaccettabile con tutti gli altri comparti del lavoro pubblico e con i contratti privati.
Il Ministro Tommaso Padoa Schioppa, lo scorso luglio, in quest'aula e nelle interviste ha affermato qualcosa di molto grave, e cioè che la condizione dei conti pubblici è peggiore che nel 1992. O il Ministro Padoa Schioppa e il sottosegretario avranno il coraggio di venire ad affermare che quelle previsioni, considerazioni e analisi erano corrette, ma che tutto si è risolto perché i contribuenti, vedendo la faccia dell'onorevole Visco, hanno iniziato a pagare tasse che prima non pagavano, oppure quest'anno siete responsabili di una posizione e un'analisi tanto infondate quanto allarmistiche e demagogiche. Avete consegnato al Paese una legge finanziaria - come ha detto, in un certo senso, anche l'onorevole Ventura - piena di tasse e spese e, pur avendo ottenuto maggiori entrate, le avete usate per finanziare nuove spese. Tuttavia, affermate - come è stato detto dall'onorevole Ventura - che sostanzialmente la situazione e la condizione del paese e dei conti pubblici, in realtà, è migliorata.
Avete svolto un'operazione tale sul deficit pubblico che, qualora fosse stata fatta dall'onorevole Tremonti, costui sarebbe stato pubblicamente «scorticato». Infatti, nonostante il livello del debito pubblico, siete intervenuti a metà dell'anno per correggere verso l'alto il tendenziale del deficit. Certo, il deficit è rimasto al di sotto del 2,8 per cento! Ma per dare 30 euro ai pensionati e finanziare quei tagli di spese di cui eravate orgogliosi nella legge finanziaria,Pag. 8avete aumentato il tendenziale del deficit, in una situazione che avrebbe dovuto consentire all'Italia, essendocene le condizioni - onorevole Ventura -, di accelerare il passo, per poterlo poi rallentare quando la congiuntura fosse diventata nuovamente avversa, come è avvenuto nel corso degli anni precedenti. Come noto, è negli anni delle vacche grasse che bisogna fare gli sforzi per portare a casa risultati in termini di bilancio pubblico e non negli anni delle difficoltà.
Voi state sprecando in modo programmatico e plateale l'occasione che la storia ha offerto - a mio avviso, è stata la buona amministrazione del Governo precedente - di avere, per una volta, un deficit che si riducesse più delle previsioni. Voi state sprecando tale occasione, riprendendo il cammino all'indietro. Se tra un anno o due - immagino e, da un certo punto di vista, mi auguro che allora saranno altri ad avere la responsabilità di condurre il bilancio pubblico - vi saranno difficoltà e si tornerà ad un livello di deficit prossimo al 3 per cento, qualcuno dirà che non si possono ridurre altre voci di spesa, ma che bisognerà tagliare la spesa sociale; allora, voi vi ricorderete del comportamento da cicale irresponsabili tenuto con il tesoretto e, temo, con questa manovra finanziaria.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, Presidente. Vorrei svolgere una considerazione sul debito pubblico. È sacrosanto aprire la discussione sulle riserve eccedenti della Banca centrale. Tuttavia, aggredire il debito pubblico deve costituire una strategia di lungo periodo da implementare subito.
È giusto pensare che l'aggressione al debito pubblico non debba consistere nell'inseguire l'utopia di dimezzarlo utilizzando l'avanzo primario. Su ciò, però bisogna essere chiari: esistono le riserve della Banca centrale, ma c'è soprattutto uno sterminato patrimonio pubblico improduttivo, inefficace.
PRESIDENTE. Deputato Della Vedova, concluda.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. ...ed esiste sul punto - e chiudo, signor Presidente - la riflessione dell'ex ministro Guarino. Se la strada è quella, prendiamo in considerazione le riserve, ma consideriamo anche il patrimonio pubblico.
PRESIDENTE. È iscritto parlare il deputato Iacomino. Ne ha facoltà.
SALVATORE IACOMINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il dover segnalare per la prima volta le modalità e le difformità tra i tempi di approvazione delle risoluzioni sul DPEF di Camera e Senato pone l'accento sul ruolo di questo ramo del Parlamento che non può restare subalterno alle valutazioni e ai contenuti della risoluzione approvata al Senato, anzi la Camera deve, con responsabilità sicuramente, ma con la sua libera autonomia, approvare una risoluzione che tenga insieme obiettivi di equità e sviluppo, equità e redistribuzione.
La discussione sul DPEF è intrecciata con la recente conversione in legge del decreto-legge n. 81 del 2007 sull'extragettito che ha imposto una manovra espansiva e di spesa sociale di oltre 6 miliardi e mezzo di euro a partire dalle pensioni minime.
L'esigenza di equità e redistribuzione ha indotto per la prima volta il Governo ad un DPEF che esclude la necessità di manovre correttive per il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Grazie innanzitutto ad un'iniziale lotta all'evasione fiscale, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti, e ad una ripresa economica che si manifesta di qualche consistenza con buon andamento dei conti pubblici, è stata possibile una manovra che, pur nella previsione di una maggiore spesa dello 0,4 per cento del PIL, resta al di sotto della soglia di previsione del rapporto tra debito e PIL dello scorso DPEF.
Nonostante la manovra espansiva siamo al 2,4 per cento rispetto al 2,5; si è effettuata una manovra non meno rigorosa di quella sollecitata dall'Unione europea e da alcuni settori del Governo, ma che haPag. 9permesso di programmare importanti interventi di risarcimento sociale senza mettere in discussione il raggiungimento dell'obiettivo del debito al di sotto del 100 per cento del PIL entro il 2011.
Questa impostazione dopo molti anni annuncia una legge finanziaria senza tagli sociali, senza interventi di «macelleria sociale» e dove l'impegno della riduzione della pressione fiscale avvenga per i redditi più bassi da lavoro. Bisogna comprendere che gli obiettivi di risanamento non possono escludere le condizioni di vita di milioni di persone, non solo di coloro che sono disoccupati, ma anche di quei lavoratori monoreddito che, nel Mezzogiorno, non hanno la possibilità di integrazione e che devono trovare nel risarcimento sociale alcune risposte.
Qualche autorevole esponente del Governo, stamane, in una lunga intervista, nell'attaccare a testa bassa Rifondazione Comunista ha dimostrato non solo il livore verso la sinistra e, quindi, verso chi conduce battaglie a favore dei pensionati e dei disoccupati, degli incapienti, dei giovani, degli operai, delle famiglie monoreddito e dei lavoratori che svolgono un lavoro usurante, ma una miope visione delle condizioni di vita della gente e delle famiglie: ancora oggi non si arriva alla fine della terza settimana.
Se si sostiene che la politica di Rifondazione Comunista è una politica conservatrice di sinistra, perché afferma che è sbagliato avere abolito la scala mobile, che il passaggio al regime contributivo delle pensioni è un atto antisolidale di uno Stato democratico, che la flessibilità coincide con la precarietà, con la precarietà di vita perché rende le condizioni di vita dei giovani senza futuro, che l'accordo sull'abbattimento dello «scalone» è soltanto un trucco di natura tecnica, che il protocollo sul TFR è un osanna alla precarietà, se questa è una politica conservatrice di sinistra, noi siamo conservatori, ma siamo coerenti e leali con il programma elettorale che abbiamo sottoscritto con gli elettori. Chi pensa di cambiare ha il dovere morale di tornare al corpo elettorale.
Le risposte al Paese devono essere ben altre e tra esse c'è la necessità di concentrare attenzione, politiche, risorse e investimenti nel Mezzogiorno per contribuire ad essere motore di sviluppo dell'intero Paese.
È dunque necessario declinare la problematica dello sviluppo meridionale in tutti gli ambiti delle politiche settoriali, e in particolare: trasformare progressivamente gli incentivi della legge n. 488 del 1992 per la realizzazione di un credito di imposta automatico legato all'assunzione di lavoratori a tempo indeterminato o all'emersione del lavoro nero; predisporre un piano per il lavoro e contro la povertà nel Mezzogiorno, a partire dall'attuazione del reddito minimo di inserimento e della riforma degli ammortizzatori sociali, nella convinzione che soltanto la crescita occupazionale e le misure di inclusione sociale possono consolidare l'aumento della domanda interna e la crescita; rimodulare le spese previste dall'allegato infrastrutture per il quinquennio 2008-2012 in modo tale da garantire, già nel triennio 2008-2010, una massa reale di investimenti per opere pubbliche nel sud superiore al 30 per cento di tutti gli investimenti previsti per il Paese; superare il divario di spesa per abitante del settore pubblico allargato nel Mezzogiorno, divario sfavorevole e crescente negli ultimi anni rispetto alle aree del centronord, prevedendo, nell'ambito del federalismo fiscale, meccanismi adeguati di trasferimento perequativo per assicurare servizi e godimento dei diritti civili e sociali; bonificare i siti inquinati prevedendo uno specifico programma per il Mezzogiorno e la Campania, superando le gestioni commissariali e prevedere, altresì, programmi per il disinquinamento dei fiumi e del mare e di tutela e di implementazione delle risorse idriche; prevedere un programma di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, con particolare riguardo al Mezzogiorno e ai centri storici, e di costruzione di nuove abitazioni di edilizia economica e popolare, dando maggiore disponibilità di alloggio ai giovani; prevedere programmi coordinati per lo sviluppo del turismo residenziale ePag. 10stagionale nelle aree del Mezzogiorno, capace di attrarre flussi turistici dall'Europa e dal resto al mondo; prevedere un'ulteriore deduzione dell'imponibile IRAP per le aziende ubicate nel Mezzogiorno che attuano nuove assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato; dare piena attuazione alle previsioni della finanziaria per il 2007 in ordine alla viabilità secondaria nelle regioni della Calabria e della Sicilia.
Le condizioni di vita delle famiglie italiane e dei lavoratori passano per una seria politica economica di risanamento, equità e redistribuzione. Questo è stilato nel programma elettorale dell'Unione e questo è stato accantonato!
Il tentativo, ormai palese, di un impianto politico e ideologico di carattere centrista della politica economica del Paese, da imporre al Governo, particolarmente sulla spinta di poteri forti, come Banca d'Italia e Confindustria, che si è esplicitata con l'accordo sulle pensioni e il protocollo sul welfare, ci convince, ormai, che l'Unione ha messo in soffitta il programma approvato dagli elettori e che la borghesia di questo Paese, sostenuta da un'offensiva mediatica forte, ha decretato che la sinistra deve essere cacciata dal Governo, perché tende ad essere e a rimanere su un terreno aperto di conflitto, contrattazione e lotta politica e perché non soddisfa la logica e il primato dell'impresa e del mercato, che nelle vesti dell'antipolitica si pone come paradigma totalitario, insofferente ad ogni mediazione ma anche ad ogni compromesso sociale.
L'attacco diretto alla sinistra, il forte interventismo nelle trattative previdenziali e sul welfare del mercato del lavoro nonché il sostegno a favore del referendum sono soltanto i segni più visibili.
Ad un'estate calda, in cui si teorizza l'inemendabilità dei processi, seguirà certamente un autunno rovente, dove la mobilitazione di massa e il conflitto sociale torneranno forti nel Paese per sbarrare il passo a chi lavora per una stagione di arretramento democratico e di peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie e dei lavoratori del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, il gruppo Popolari-Udeur giudica positivo il DPEF nel suo complesso, perché esprime una progettualità volta a sviluppo e sostenibilità sociale. Consegnerò il testo del mio intervento, ma intendo avanzare con forza la contestazione dei Popolari-Udeur sulla parte del DPEF riferita al «Piano di azione per le pari opportunità», in particolare là dove è scritto: «Vanno attivate politiche di formazione permanente volte ad accrescere l'occupabilità delle donne appartenenti a particolari categorie a rischio, segnatamente migranti e donne che abbiano interrotto l'attività lavorativa». Quindi prima, in via prioritaria, si prendono in considerazione le migranti e, poi, le donne italiane.
I dati dicono che in Italia sono le donne con figli, le mamme, a dover interrompere il lavoro extrafamiliare per esercitare quello di casalinghe. Queste cittadine italiane sono 8 milioni 241 mila, secondo i dati ISTAT. Esse, attraverso questa dichiarazione, contestano la politica del Ministero delle pari opportunità, costantemente discriminante verso le loro attività, la loro azione, richiedendo che esso ponga un po' di attenzione verso gli 8 milioni di cittadine italiane, ma dopo le migranti di cui comunque riconosciamo diritti e necessità di sostegno.
Queste milioni di cittadine stanno chiedendo al Governo la fine di un'evidente discriminazione e cancellazione dei diritti di cittadinanza. Anzi, chiedono l'apprezzamento e il diritto alla ricollocazione, perché rappresentano milioni di risorse umane attualmente calpestate. Il gruppo Popolari-Udeur chiede, a loro nome, che il DPEF preveda un'azione nuova e coerente, sintetizzata in tre punti: dare attuazione alla legge n. 493 del 1999, che ha dichiarato le casalinghe lavoratrici e produttriciPag. 11di valore e lavoro economico; accogliere i sindacati storici di questa categoria al tavolo dello Stato sociale, perché possano dare voce alle tesi di 9 milioni di persone che nessun altro può rappresentare né ha mai rappresentato e, infine, inserire sempre, laddove si parla di sicurezza sui luoghi di lavoro, anche la sicurezza dei luoghi di vita; e ricordo che sono oltre ottomila i morti in casa e 1.300 purtroppo - e troppi comunque - i morti sul lavoro.
Ringrazio infine il rappresentante del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, che ha citato le famiglie monoreddito. Nell'ordine del giorno alla legge finanziaria accolto dal Governo è stato inserito il principio di una tassazione diversa ed equa verso la famiglia monoreddito: non ne ho trovato traccia nel DPEF, e su questi punti chiediamo chiarezza.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Deputata Rossi Gasparrini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con il seguito degli interventi in sede di discussione.
La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 14,40.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI