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Discussione della relazione della Giunta delle elezioni sulla elezione contestata del deputato Cesare Previti per la XV Circoscrizione Lazio 1 (Doc. III, n. 3) (ore 11,47).
(Discussione - Doc. III, n. 3)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, vicepresidente della Giunta delle elezioni, deputato Burchiellaro.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta delle elezioni...
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Burchiellaro, invito i deputati all'attenzione necessaria e ad un silenzio che consenta di svolgere ordinatamente questi lavori.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. La Giunta delle elezioni ha deliberato, nella seduta del 9 luglio 2007, di proporre all'Assemblea l'annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuta dell'elezione del deputato Cesare Previti, proclamato nella XV Circoscrizione Lazio 1, e la proclamazione in suo luogo del candidato Angelo Santori.
Il deputato Previti, candidato per la lista Forza Italia nella XV Circoscrizione Lazio 1, era stato proclamato deputato il 21 aprile 2006 dall'Ufficio centrale circoscrizionale presso la corte di appello di Roma. Successivamente alla proclamazione in data 24 maggio 2006 il Presidente della Camera trasmetteva alla Giunta una nota della procura generale della Repubblica di Milano, pervenuta il 10 maggio 2006, in relazione alla sentenza di condanna per corruzione in atti giudiziari, relativa alla vicenda IMI/SIR, n. 327/2004 emessa a carico del deputato Previti il 23 maggio 2005 dalla corte di appello di Milano, sezione seconda, e resa definitiva il 4 maggio 2006 con sentenza della corte di Cassazione n. 33435 del 2006, depositata il 5 ottobre 2006. In quella nota si comunicava al Presidente della Camera, per l'ulteriore corso di esecuzione e per quant'altro di competenza, che al deputato Previti era stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Ritengo anzitutto utile riepilogare i passaggi più significativi dell'iter in Giunta, rimandando alla relazione scritta la descrizione puntuale del procedimento. Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, istituito in seno alla Giunta, iniziava l'istruttoria nella riunione del 28 giugno 2006, stabilendo che prima di avviare il formale contraddittorio con il deputato Previti la Giunta dovesse richiedere, come poi deliberato nella seduta del 5 luglio 2006, per il tramite del Presidente della Camera copia della sentenza della Corte di cassazione. La sentenza veniva acquisita dalla Giunta l'11 ottobre 2006 a seguito della trasmissione in pari data da parte del primo presidente della Corte di cassazione,Pag. 30dottor Nicola Marvulli. Il Comitato, nella riunione del 17 ottobre 2006, poteva così avviare ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera c) del regolamento della Giunta, la formale istruttoria in contraddittorio con il deputato Previti. Su richiesta del deputato Previti il termine per la presentazione delle controdeduzioni veniva prorogato dal Comitato al 7 novembre 2006. Il 6 novembre 2006 il deputato Previti faceva quindi pervenire le sue controdeduzioni al Comitato.
Il 6 dicembre 2006 il Comitato procedeva all'audizione del deputato Previti (inizialmente prevista per il 23 novembre, ma poi rinviata su richiesta dello stesso).
Il 13 dicembre 2006 la Giunta deliberava di richiedere al comune di Roma informazioni in merito alla cancellazione dalle liste elettorali del deputato Previti. A tale richiesta rispondeva il sindaco di Roma con lettera pervenuta il 19 dicembre 2006, con la quale trasmetteva copia di una nota del segretario generale del comune di Roma in cui si attestava che, con deliberazione della commissione elettorale comunale del 10 luglio 2006, era stata disposta la cancellazione dalle liste elettorali del comune di Roma, ove risiede, del deputato Cesare Previti.
L'istruttoria da parte del Comitato si era nel frattempo conclusa nella riunione del 14 dicembre 2006, con la proposta alla Giunta di accertamento dell'ineleggibilità sopravvenuta e della conseguente contestazione dell'elezione del deputato Previti.
La Giunta plenaria avviava, quindi, la discussione sulla posizione del deputato Previti nella seduta del 25 gennaio 2007, nella quale si riferiva sugli esiti dell'istruttoria. Il dibattito si svolgeva nel corso di undici sedute, fino a quella del 4 maggio 2007.
Nel corso del dibattito venivano anche acquisiti due pareri pro veritate (uno del professor Nicolò Zanon, trasmesso alla Giunta dal deputato Previti, e uno del professor Federico Sorrentino, acquisito dal gruppo L'Ulivo e illustrato in Giunta nella seduta del 13 marzo 2007 dalla collega Lenzi).
Sempre nel corso del dibattito in Giunta, il presidente Bruno, nella seduta del 21 marzo 2007, dava notizia di uno scambio di corrispondenza intercorso tra lui e il collega Consolo, che gli aveva richiesto di sottoporre al Presidente della Camera la questione dell'eventuale «reintegro» nel mandato parlamentare del deputato Previti qualora lo stesso, successivamente alla dichiarazione di decadenza, dovesse riacquistare la capacità elettorale prima della fine della corrente legislatura. Nella sua lettera di risposta il Presidente Bruno escludeva che la Giunta potesse, in quella fase, richiedere sulla questione un parere al Presidente della Camera, sottolineando che allo stesso non possono esser sottoposte questioni formulate in modo ipotetico o eventuale.
Nella seduta del 29 maggio 2007, la Giunta, dopo le dichiarazioni di voto, approvava la proposta di contestazione dell'elezione del deputato Previti. La seduta pubblica veniva fissata per il 9 luglio 2007 e ne veniva data comunicazione alle parti.
Intanto, nelle more dello svolgimento della seduta pubblica, a seguito di una richiesta del deputato Previti, il Presidente della Camera convocava la Giunta per il Regolamento, che si riuniva nelle sedute del 26 giugno e del 4 luglio 2007. Nelle sue comunicazioni il Presidente della Camera sottolineava che le ipotesi della sospensione dalle funzioni parlamentari e dell'eventuale reintegro - in merito alle quali il deputato Previti aveva appunto richiesto un approfondimento da parte della Giunta per il Regolamento - sono prive di fondamento nelle vigenti norme costituzionali, regolamentari e legislative, in forza delle quali la Giunta delle elezioni può solo proporre all'Assemblea l'annullamento o la convalida di una elezione contestata.
Il 9 luglio 2007 si svolgeva, infine, la seduta pubblica per la contestazione dell'elezione del deputato Previti, in merito alla quale dirò più avanti.
Passo ora ad illustrare gli aspetti di merito dell'istruttoria svolta dalla Giunta, rinviando alla relazione scritta per i profiliPag. 31sui quali, per brevità di sintesi, non mi soffermerò. Nel corso della istruttoria in Comitato le principali controdeduzioni formulate dal deputato Previti sono state le seguenti: a) la sentenza di condanna emessa a suo carico non avrebbe ancora avuto (al momento in cui il Comitato svolgeva l'istruttoria) il carattere della irrevocabilità e non sarebbe stata, quindi, definitiva in quanto ancora suscettibile di impugnazione per errore di fatto ex articolo 625-bis del codice di procedura penale; tale ricorso è stato poi effettivamente presentato dal deputato Previti; b) l'esercizio del mandato parlamentare, nascendo da un'investitura di tipo elettivo e riconducibile ai meccanismi propri della rappresentanza politica nazionale, non sarebbe assimilabile alla nozione di ufficio pubblico; c) la necessità del rinvio della trattazione del suo caso sarebbe derivata anche da ulteriori eventi suscettibili di incidere sulla permanenza e/o sulla durata della pena accessoria; in particolare, secondo il deputato Previti, l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali (poi effettivamente concesso con provvedimento del tribunale di sorveglianza di Roma emesso in data 14 febbraio 2007) avrebbe dovuto comportare, ai sensi dell'articolo 47, comma 12, della legge n. 354 del 1975, recante norme sull'ordinamento penitenziario, l'estinzione non solo della pena detentiva, ma anche della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici; a sostegno della tesi che l'interdizione perpetua dai pubblici uffici si estinguerebbe con l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali, il deputato Previti ha invocato la sentenza del Consiglio di Stato, V sezione, 23 aprile 1998, n. 468; d) secondo il deputato Previti, si poteva nutrire la legittima aspettativa di una revoca della sentenza di condanna, anche in virtù della sentenza della Corte di Cassazione n. 40249 del 30 novembre 2006, con la quale è stato annullato per incompetenza territoriale della procura di Milano il procedimento penale a suo carico relativo alla «vicenda SME», in quanto tale ultimo procedimento era inizialmente unificato con il procedimento «IMI-SIR», dunque il vizio di incompetenza territoriale per la vicenda SME poteva interessare anche il procedimento IMI-SIR.
A fronte dei rilievi formulati dal deputato Previti, la Giunta è, infine, pervenuta a deliberare la contestazione della sua elezione in base ai seguenti motivi: a) la pretesa non definitività della sentenza della Cassazione (definitività in seguito, peraltro, perfezionatasi con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per errore di fatto) non poteva considerarsi di impedimento all'ulteriore corso del procedimento, dovendo la Giunta accertare la situazione generata da una sentenza di condanna comunque esecutiva, a fronte della quale le ragioni per una sospensione del procedimento erano da ritenersi fondate su presupposti solo eventuali; b) la perdita dei requisiti di eleggibilità che si determini a carico di un deputato nel corso del mandato parlamentare dà luogo ad una causa di ineleggibilità sopravvenuta, ossia ad una causa che impedisce la permanenza nella titolarità della carica (pur legittimamente acquisita); l'articolo 28 del codice penale stabilisce, infatti, che l'interdizione perpetua dai pubblici uffici priva il condannato del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale; anche la qualità di pubblico ufficiale del deputato è pacifica, ai sensi dell'articolo 357, primo comma, del codice penale, il quale stabilisce che «agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa»; c) fornisce prova del fatto che il deputato Previti ha perso la condizione di eleggibilità, l'avvenuta sua cancellazione delle liste elettorali del comune di Roma; a tale proposito, la Giunta ha ritenuto contrario ai principi costituzionali in materia di diritto di elettorato (in particolare l'articolo 56 della Costituzione), che un cittadino, impossibilitato ad esercitare il diritto di voto, possa continuare a ricoprire l'ufficio di deputato, la cui titolarità è riservata dalla Costituzione e dalla legge soltanto agli elettori; d) quanto al preteso effetto estintivo della pena accessoria dell'interdizionePag. 32perpetua dai pubblici uffici, che, secondo la tesi sostenuta dal deputato Previti, deriverebbe da un esito positivo del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali, sono stati evidenziati contrastanti indirizzi della giurisprudenza in materia: da un lato, secondo il Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 468 del 1998, le pene accessorie rientrano tra gli effetti penali di una condanna; dall'altro, invece, la Cassazione, sezione I, 91/187897, ha precisato che sono effetti penali della condanna quelle conseguenze giuridiche di carattere afflittivo diverse dalle pene accessorie, le quali derivano direttamente dalla condanna stessa e si estinguono solo in caso di riabilitazione, ex articolo 178 del codice penale; in tal senso, anche secondo la Cassazione, Sezioni Unite penali, sentenza 27 settembre 1995, n. 27, le pene accessorie restano fuori dell'effetto estintivo di cui all'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario; in ogni caso, la Giunta ha ritenuto, a maggioranza, che l'esame della posizione del deputato Previti dovesse essere condotto con riferimento agli elementi attuali, che ne configurano la condizione di ineleggibilità sopravvenuta.
Per completezza, occorre peraltro ricordare che in data 14 luglio 2007, quindi successivamente all'udienza pubblica del 9 luglio scorso, l'affidamento in prova ai servizi sociali del deputato Previti, a quanto risulta da notizie di stampa, è stato revocato a seguito della condanna definitiva per la vicenda «Lodo Mondadori»; e) la mancata rilevazione da parte della Cassazione della incompetenza territoriale della procura di Milano fin da subito non è sembrata qualificabile come «errore di fatto» ai sensi dell'articolo 625-bis del codice di procedura penale; ciò nonostante, la Giunta, prima di deliberare la contestazione dell'elezione del deputato Previti e ad ulteriore dimostrazione del pieno rispetto delle garanzie difensive che ha caratterizzato l'intero procedimento, ha accolto la richiesta di attendere che si svolgesse, in data 23 maggio 2007, l'udienza in Cassazione, nella quale il ricorso per errore di fatto è stato dichiarato inammissibile dalla II sezione penale con sentenza 23 maggio - 14 giugno 2007, n. 23417.
I temi affrontati durante la fase istruttoria in Comitato sono stati ulteriormente approfonditi durante l'esame in Giunta plenaria.
L'esame si è sviluppato nel corso di undici sedute (dal 31 gennaio al 4 maggio 2007) e si è concluso nella seduta del 29 maggio 2007 con l'approvazione della proposta di contestazione dell'elezione.
Nel corso della discussione in Giunta sono intervenuti numerosi colleghi, dando vita ad un ampio dibattito nel quale tutte le posizioni hanno avuto modo di esprimersi.
Tra i tanti contributi significativi merita una segnalazione quello del collega Pecorella, che si è, in particolare, intrattenuto sulla questione del presunto fumus persecutionis. Su tale aspetto, la Giunta - in ciò suffragata anche dall'avvocato Pellegrino nel suo intervento in seduta pubblica - ha tuttavia ritenuto che invocare un fumus persecutionis nei confronti di una sentenza passata in giudicato equivarrebbe a pretendere che la Camera eserciti un improprio sindacato sul merito di una sentenza ormai definitiva, quando invece ad essa spetta esclusivamente il compito di verificare la sussistenza dei presupposti di diritto, sulla cui base fondare un giudizio di ineleggibilità sopravvenuta e di conseguente decadenza dal mandato parlamentare. Questa conclusione è tanto più necessaria al fine di evitare che si configuri una sorta di immunità parlamentare totale - non prevista dalla Costituzione - almeno laddove si è in presenza di sentenze definitive dell'autorità giudiziaria a carico di parlamentari.
Il collega Pecorella ha, inoltre, sostenuto la tesi secondo cui l'interdizione dai pubblici uffici non potrebbe essere automaticamente la premessa di una dichiarazione di decadenza. Tale tipo di argomento - certamente meritevole di attenzione per il plusvalore costituzionale che conferisce al mandato elettivo parlamentare - è stato ripreso durante l'udienza pubblica del 9 luglio 2007 dal rappresentantePag. 33del deputato Previti, che ha insistito sulla differenza che intercorrerebbe tra il concetto di ineleggibilità sopravvenuta e quello di decadenza dal mandato parlamentare, giungendo ad affermare che la seconda non sarebbe una necessaria ed automatica conseguenza della prima.
La Giunta, a maggioranza, non ha tuttavia giudicato fondati tali argomenti.
La decadenza non costituisce, infatti, una fattispecie astratta di impedimento all'assunzione o al mantenimento dell'ufficio di deputato, che, al pari della ineleggibilità, richieda una specifica base legislativa che ne definisca i contorni.
La decadenza è solo l'effetto procedurale di un'accertata situazione di ineleggibilità, che altrimenti, se non conducesse ad una decadenza dal mandato parlamentare, resterebbe paradossalmente priva di concreta sanzione e, di fatto, ineffettiva.
In altri termini, le nozioni di ineleggibilità sopravvenuta e di decadenza non sono tra loro confrontabili dal momento che agiscono su piani diversi, l'uno sostanziale, l'altro procedurale: l'ineleggibilità sopravvenuta è la violazione, mentre la decadenza è la sanzione che l'ordinamento parlamentare vi riconnette nel momento in cui, mediante una deliberazione della Camera, tale violazione sia definitivamente accertata.
Nel corso del dibattito in Giunta sono stati, inoltre, acquisiti agli atti ed illustrati due pareri pro veritate, rispettivamente del professor Nicolò Zanon e del professor Federico Sorrentino.
La Giunta delle elezioni, a maggioranza, non ha condiviso la tesi del professor Zanon, secondo cui il mandato parlamentare del singolo sarebbe insensibile alle vicende che non interessino la rappresentanza parlamentare nel suo complesso. Tale tesi, infatti, finisce per negare l'esistenza stessa della figura dell'ineleggibilità sopravvenuta, riconosciuta invece espressamente dall'articolo 66 della Costituzione (che parla di cause sopraggiunte di ineleggibilità) ed affermata già in occasione del precedente relativo al deputato romano Mario Ottieri (il quale, nella IV legislatura, essendo stato dichiarato fallito e cancellato dalle liste elettorali del comune di ultima residenza, venne dichiarato decaduto dalla Camera nella seduta del 13 aprile 1967).
Vorrei adesso soffermarmi sulle questioni procedurali - affrontate durante i lavori della Giunta delle elezioni e che hanno costituito oggetto anche di esame da parte della Giunta per il Regolamento - relative alle ipotesi della sospensione dalle funzioni parlamentari, di un eventuale reintegro nel mandato e della sospensione del procedimento.
Nel corso dell'esame nella Giunta delle elezioni, si è sempre tenuto conto dell'esigenza che, in quanto mirante ad una pronuncia costitutiva e non meramente dichiarativa, la proposta della Giunta all'Assemblea fosse formulata in esito ad un procedimento parlamentare le cui conclusioni avrebbero dovuto rappresentare il frutto di un'attenta operazione di bilanciamento tra diversi interessi costituzionalmente protetti.
In tale contesto, la Giunta ha anche valutato i precedenti relativi ai casi del deputato Marcello Dell'Utri (XIII legislatura) e del deputato Gianstefano Frigerio (XIV legislatura), entrambi tuttavia riferiti a situazioni di deputati ai quali era stata irrogata la pena accessoria della interdizione temporanea (e non perpetua, come nel caso del deputato Previti) dai pubblici uffici.
PRESIDENTE. La invito a concludere
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. In entrambi tali precedenti la Giunta delle elezioni non pervenne mai a proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare, sebbene anche l'interdizione temporanea possa giustificare una dichiarazione di decadenza del deputato che ne risulti colpito.
Nel bilanciamento di interessi e valori costituzionali effettuato dalla Giunta delle elezioni una posizione privilegiata non poteva non assumere la salvaguardia dell'interesse dell'autorità giudiziaria al rispetto delle proprie decisioni definitive, trattandosi di un principio costitutivo dello stato di diritto.
PRESIDENTE. Le faccio notare che ha concluso il suo tempo.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. Comunque, la prego di abbreviare la sua relazione.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. D'accordo, Presidente. La Giunta delle elezioni non ha tuttavia disconosciuto il fatto che, accanto all'esigenza di ottemperare ad una decisione definitiva dell'autorità giudiziaria, occorresse prestare altrettanta attenzione alla tutela del valore costituzionale dell'investitura popolare elettiva del deputato Previti, nonché alla garanzia del diritto di elettorato passivo del candidato primo dei non eletti.
Permettetemi, quindi, di arrivare alla conclusione. Come ho già ricordato, la Giunta delle elezioni ha deliberato la contestazione dell'elezione del deputato Previti nella seduta del 29 maggio 2007, attraverso un confronto estremamente ampio.
La Giunta delle elezioni, quindi, ha deciso, in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio: «Vista la sentenza n. 327 del 2004, emessa in data 23 maggio 2005 dalla corte di appello di Milano, sezione II, resa definitiva il 4 maggio 2006 con sentenza della Corte di cassazione n. 33435 del 2006, con la quale è stata inflitta al deputato Cesare Previti la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici; visto l'articolo 28, secondo comma, numeri 1) e 2), del codice penale; visto il combinato disposto all'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente ella Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, recante il testo unico per la disciplina dell'elettorato attivo e dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati; accerta che si è in presenza di una causa sopraggiunta di ineleggibilità e, respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito, delibera di proporre all'Assemblea l'annullamento, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta dell'elezione per la XV Circoscrizione Lazio 1 del deputato Cesare Previti e la proclamazione, in suo luogo, del candidato Angelo Sartori, per la lista Forza Italia».
La Giunta delle elezioni con la presente relazione propone, quindi, l'accoglimento della parte propositiva del dispositivo adottato nella seduta pubblica del 9 luglio 2007.
A conclusione di questa mia relazione desidero ringraziare, pur nella diversità di valutazioni, il presidente Bruno e tutti i colleghi per il contributo fornito ad un'istruttoria che è stata svolta nel pieno rispetto di tutte le garanzie regolamentari - e in specie di quella del contraddittorio - senza mai cedere alle opposte e facili lusinghe sia di un giustizialismo preconcetto sia di un garantismo oltranzista, giungendo infine, con coerenza ed equilibrio, all'unica conclusione che la Costituzione e la legge imponevano.
Un'istruttoria che - mi auguro - possa restare ad esempio del rigore istituzionale che il Parlamento è capace di dimostrare anche nell'agone della contesa politica.
Desidero anche ringraziare, in modo non formale, gli uffici della Giunta e della Camera, in particolare il consigliere segretario della Giunta, il consigliere capo del servizio prerogative e immunità...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. ... che hanno lavorato in modo puntuale e prezioso (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ringrazio il relatore, cui faccio osservare che ha usufruito di un tempo superiore a quello a cui avrebbe avuto diritto. Lo invito fin da ora a pensare alla sua replica in modo conciso così da rientrare, complessivamente, nei tempi a sua disposizione.
È iscritto a parlare il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi questa non è o non dovrebbe essere un'Assemblea politica. Oggi noi siamo un collegio di giudici che devono giudicare su un diritto individuale, quello di un deputato di rimanere a far parte di questo Parlamento, e di un diritto collettivo, quello di coloro che hanno designato questo deputato a farne parte.
È per questo che credo si debba riprendere una distinzione fondamentale tra il non potere essere eletto per la mancanza di requisiti e la decadenza. La decadenza colpisce non soltanto la persona che viene estromessa dall'attività parlamentare, ma anche e direttamente gli elettori che lo hanno delegato.
Forse qualcuno penserà che questa discussione sia superflua: vi è una pronuncia giudiziaria sull'interdizione perpetua e di questo dovremmo prendere atto. Credo però che nel momento in cui la legge affida a quest'Assemblea la decisione sul destino di un parlamentare lo fa perché ritiene che vi possa essere uno spazio tra la decisione giudiziaria e quella parlamentare. In caso contrario non vi sarebbe una procedura, non vi sarebbe una Giunta e non vi sarebbe questo voto.
Allora il nostro problema è quello di stabilire qual è lo spazio entro il quale abbiamo un'autonomia di giudizio rispetto al giudizio della magistratura. Questo spazio deve esistere perché altrimenti affideremmo alla magistratura, con tutto il rispetto che ad essa è dovuto, il compito di stabilire quale deve essere la composizione del Parlamento. Peraltro, la storia dimostra che è accaduto e accadrà purtroppo anche in futuro che i processi politici hanno colpito anche persone innocenti.
Questo spazio è prima di tutto nella valutazione di un possibile fumus persecutionis, di cui parlava anche il relatore. Non lo dico a caso, ma perché alcuni anni fa questo Parlamento, con questa maggioranza, decise di respingere la richiesta di arresto del deputato Previti perché affetta da fumus persecutionis.
Non credo che la raccolta di prove, l'inizio di un procedimento, la formulazione di un'accusa che fosse viziata all'origine dal fumus persecutionis, come ha ritenuto questo Parlamento, sia stata emendata, sia stata purificata dal fatto che successivamente queste accuse hanno trovato conferma in altri provvedimenti di giudici. Peraltro, il fumus persecutionis si basava su un dato tecnico importante ed era la volontà a tutti costi della procura di Milano e dei giudici di Milano di trattenere presso di sé una causa per la quale non erano competenti.
La Corte di cassazione, intervenendo sul punto, ha dato conferma alle valutazioni che aveva operato la Camera dei deputati, ritenendo che la competenza non fosse del foro di Milano. Dunque, non soltanto un fumus persecutionis è stato ritenuto in sede politica, ma il fondamento di quel fumus persecutionis ha trovato riscontro in una pronuncia della Corte di cassazione.
La normativa in tema di decadenza del parlamentare è assai fumosa e imprecisa e devo dare atto al relatore che ha concesso largo spazio per discutere, proprio perché non vi sono elementi di assoluta tassatività. Basterebbe ricordare ciò che prima dicevo e che una proposta di legge, all'esame della I Commissione, prevederebbe, e cioè come vi sia una possibile differenza fra le cause di ineleggibilità e le cause di decadenza.
Allora il riferimento non può che essere alla normativa, più precisa e più ampia, della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ci indica soprattutto un dato: deve esistere una proporzione tra i mezzi impiegati - e cioè la sanzione che stiamo per infliggere o che dovremmo infliggere o che vorremmo infliggere - e le cause che determinano tali effetti. Intendo dire che è necessario che si stabilisca una correlazione chiara fra determinate cause ostative e determinate conseguenze.
Quali sono le cause ostative e quali sono le conseguenze? Come sappiamo e come ricordava il relatore, l'onorevole Previti è stato affidato in prova ai servizi sociali. Si tratta di stabilire se tale procedura abbia effetti o non abbia effetti sul venir meno dell'interdizione perpetua daiPag. 36pubblici uffici; se così fosse - cioè se fosse vero che al termine del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali verrebbe meno l'interdizione perpetua dai pubblici uffici - noi oggi prenderemmo un provvedimento definitivo nei confronti di una situazione che ha il carattere della provvisorietà. Ciò mi pare assolutamente evidente. Se vi è certezza che al termine di tale periodo si recuperano tutti i diritti da parte del parlamentare, noi oggi estrometteremmo dal Parlamento colui che - fra un anno, due anni o tre anni, e cioè nell'arco di questa legislatura - potrebbe tornare a ricoprire il suo ruolo.
Credo che su questo punto - al di là della sentenza del 1991, che evidentemente è assai lontana nel tempo - vi sia oggi una convergenza di tutta la dottrina e della giurisprudenza amministrativa, che è quella fondamentale, trattandosi di un incarico pubblico.
Lo spiego, credo e spero, in termini molto semplici e molto chiari: l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario prevede che l'esito positivo del periodo di affidamento in prova estingue la pena e ogni altro effetto penale. Si tratta di stabilire se nel concetto di «ogni altro effetto penale» rientrino o meno le pene cosiddette accessorie. È sufficiente fare riferimento ad un'altra norma, l'articolo 20 del codice penale, il quale recita che le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna e prosegue dicendo che le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali della medesima. Dunque, se gli effetti penali della condanna sono le pene accessorie e se l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario prevede che le pene accessorie si estingueranno al termine del periodo di messa alla prova, vi pongo il seguente problema: potete voi oggi decidere la decadenza perpetua, cioè la fine di un incarico, di fronte ad una situazione che, invece, è aleatoria, transitoria e comunque provvisoria?
Dicevo prima che tutta la giurisprudenza amministrativa e tutta la dottrina sono orientate in tale direzione. Ne cito un esponente per tutti, Margara, che ha la stima, credo, di tutti noi ed è stato il padre dell'ordinamento penitenziario: egli scriveva, ancora poco tempo fa, che non vi è dubbio che, quali effetti penali, siano soggette ad estinzione anche le pene accessorie.
Credo che un parere più autentico dell'autore di questa legge, Margara, che fu il padre del rinnovamento del sistema carcerario, sarebbe difficile trovarlo. Ma voglio anche ricordare, ad esempio, il Consiglio di Stato, che nel 1996 ha stabilito che è illegittima la decadenza del pubblico dipendente che, avendo estinto la pena principale per il termine dell'affidamento in prova, ha estinto anche le pene accessorie.
Questa è la situazione di fronte alla quale vi trovate a decidere! Vi trovate a decidere se davvero è venuto meno il fumus persecutionis perché vi è una sentenza definitiva. Forse non è possibile che una sentenza definitiva sia il prodotto di una scelta politica e di un iter, che è nato come situazione sospetta e che questo Parlamento ha ritenuto essere una situazione sospetta? Ebbene, mi dovreste dire cosa nel tempo ha fatto sì che questo Parlamento abbia mal valutato o che comunque le situazioni che esistevano allora siano venute meno. Forse che non vi sono state condanne nella storia di persone che sono state valutate più in chiave politica che in chiave giudiziaria? Allora dovrete riconoscere che non c'è alcun elemento successivo che ci possa dire con certezza che il fumus persecutionis è venuto meno, perché una sentenza di condanna è un atto del giudice come lo era l'ordinanza di custodia cautelare che questo Parlamento non ha voluto avesse esecuzione.
Il secondo aspetto che richiamo - e concludo - è quello secondo cui questa è certamente una situazione provvisoria per il deputato Previti. Al termine dell'affidamento in prova, che egli sta compiendo - credo - rispettando le regole, egli recupererà pienamente tutti i suoi diritti, ma in quel momento questo Parlamento avrà tolto definitivamente a lui e agli elettori il diritto di vederlo presente ed esercitare laPag. 37sua funzione. Questo affido alla coscienza di tutti, al di là - mi auguro - degli schieramenti politici.
Ciascuno di noi, nel proprio intimo, che faccia parte della maggioranza o dell'opposizione, è chiamato a decidere del destino di una persona e di fronte a questo destino non ci devono essere colori politici, non ci devono essere parti. Ci deve essere proprio il confronto con se stessi, con la propria intelligenza e con la propria coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questo sia un momento delicato per la Repubblica, perché, al di là del caso personale, ci troviamo a giudicare un deputato che per molti anni ha rappresentato davanti all'opinione pubblica un aspetto della crisi repubblicana che ha avuto una sua crescita, soprattutto dopo gli anni Sessanta, e che è stato rappresentato dall'intreccio costante tra la politica e gli affari.
Purtroppo, a mio avviso, la crisi della Repubblica per molti aspetti è cominciata quando i rapporti tra politica e imprenditoria sono diventati sempre più stretti e molti parlamentari non sono riusciti più a rappresentare gli interessi generali della Repubblica per cui siamo eletti, ma piuttosto interessi di gruppi o, addirittura, interessi privati.
Questo è stato il momento in cui è cominciato anche il distacco, che ormai è cresciuto molto e di cui dovremmo forse preoccuparci di più, tra la società politica e la società civile.
Per questo motivo il giudizio che dobbiamo formulare anzi, la scelta che dobbiamo compiere non può basarsi soltanto su aspetti tecnici. Questi ultimi, per quello che sappiamo, e lo abbiamo visto nella relazione della Giunta delle elezioni, sono stati - e di questo siamo contenti - osservati dal punto di vista del dibattito, della difesa e degli accertamenti necessari. Il fatto che all'interno della Giunta delle elezioni si sia registrata una buona collaborazione tra le diverse forze politiche, di maggioranza e di opposizione, ci rende più tranquilli rispetto alle scelte che dobbiamo compiere.
Tuttavia dobbiamo tener conto che la sentenza definitiva della Cassazione del 2006 parla di una vicenda di corruzione giudiziaria, che è sicuramente uno dei reati più gravi che esiste nel nostro ordinamento. E dobbiamo tener conto che ci sono anche altri procedimenti in corso, e che non sappiamo che cosa succederà dal punto di vista giudiziario. Naturalmente, di questo non parliamo. Noi facciamo riferimento alla sentenza della corte d'appello di Milano, confermata dalla Corte di Cassazione, che è di tale chiarezza, rispetto alle vicende che sono state prese in considerazione, da non permettere all'Assemblea di avere una reazione corporativa di difesa di uno dei suoi componenti.
A nostro avviso, la Camera, di fronte alla società italiana, essendosi verificate tutte le condizioni per dichiarare la decadenza, essendo questa la proposta che è stata avanzata dalla Giunta delle elezioni, e ricorrendo tutti i requisiti necessari, deve emettere con chiarezza il suo verdetto e non avere, lo ripeto, reazioni corporative o reazioni non chiare, ma dire palesemente che un parlamentare che è stato condannato per corruzione giudiziaria, la cui condanna è stata confermata, deve decadere come prevedono le leggi dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Belisario. Ne ha facoltà.
FELICE BELISARIO. Signor Presidente, colleghi, l'argomento che oggi è alla nostra attenzione merita di essere affrontato con serenità, con adeguata fermezza ma senza alcuna drammatizzazione.
Vi sono delle regole che il Parlamento si è dato e che lo stesso deve rispettare, sia oggi, sia domani. Il percorso che ci avviamo a concludere non deve certamente essere personalizzato, ma deve guardare ai fatti.
PRESIDENTE. Mi scusi un attimo, per favore. Invito l'Assemblea ad abbassare cortesemente i toni, anche dietro all'oratore che sta parlando: immagino che l'oratore, come lo sono io, sia disturbato dalle loro conversazioni. Grazie. Prego, deputato Belisario, prosegua.
FELICE BELISARIO. Abbiamo una sentenza passata in giudicato in base alla quale l'imputato, al netto di quanto previsto dalla legge sull'indulto, è stato condannato a sei anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, per un reato che non è una bagattella, per quanto un parlamentare dovrebbe essere esente per definizione da sentenze di condanna per reati gravi, ma per corruzione in atti giudiziari.
Vi è stata un'attenta istruttoria, prima in sede di Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, poi in sede di Giunta delle elezioni. Ci troviamo di fronte ad un reato, quello consacrato. La valutazione di quest'Assemblea - come diceva chi mi ha preceduto - non può prescindere dalle considerazioni che vengono svolte dagli elettori. È vero infatti che si devono considerare coloro che hanno portato in quest'aula, con il loro voto, il deputato Previti; ma è anche vero che si deve considerare anche la maggioranza, cioè tutti gli altri, che guardano a noi per sapere se il Parlamento intende rispettare le leggi.
Sopra i magistrati solo la legge; sopra il Parlamento solo la legge. Lo abbiamo ribadito e ne siamo tutti serenamente convinti: il Parlamento non può collocarsi sopra ed oltre le regole che esso si è dato. Non vi è fumus persecutionis: quando, all'epoca, il Parlamento si pronunciò sul caso, non vi era ancora una sentenza penale passata in giudicato, irreversibile e assolutamente immutabile, per un reato che offende la coscienza degli italiani. Non si tratta quindi di fare giustizialismo di bassa lega: solo, non possiamo essere esasperati nella difesa di privilegi che sarebbero altrimenti un vulnus per la democrazia, per il Paese e per il senso dei cittadini. Costituirebbe infatti una violenza alle regole se il Parlamento si pronunciasse in maniera difforme dalle indicazioni fornite dalle Giunta delle elezioni.
Non posso a questo punto non ringraziare il relatore per la puntualità, l'equilibrio, la giustezza e la determinazione con cui ha condotto i lavori. Certo, sono stati probabilmente concessi tempi assai lunghi prima di giungere a questo punto - ricordo che la sentenza data al maggio 2006, che essa è arrivata alla Camera nell'ottobre successivo e che il percorso, dall'inizio dell'esame, è durato all'incirca dieci mesi - ma possiamo oggi dire con chiarezza che tutti hanno avuto la possibilità di intervenire, di parlare, di chiedere rinvii: insomma, di manifestare per intero le loro difese. L'Italia dei Valori è stata determinata, in questo senso, perché si arrivasse in Assemblea. Ciò perché - non lo dico per fissazione di parte - le regole fossero applicate; e le regole affermano che ci troviamo di fronte ad un parlamentare che deve essere dichiarato decaduto per ineleggibilità sopravvenuta: tutto il resto sono disquisizioni di ordine tecnico-giuridico. Tali disquisizioni sono state affrontate, ma questa non è una corte superiore: questo è il Parlamento della Repubblica italiana, e il Parlamento deve rispettare le leggi, anche quando si tratta di decidere di ciascuno di noi. Se infatti vi è distacco fra Paese reale e Paese legale, ciò è anche perché si ha la sensazione che vi sia qualcuno che vola al di sopra della legge e cammina al di sopra delle istituzioni.
Preannuncio dunque il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla proposta della decadenza del deputato Previti: ma non perché si tratta del deputato Previti; piuttosto, in applicazione di un principio di elementare rispetto delle nostre leggi e della nostra Carta fondamentale.
Laddove vi è la separazione dei poteri, che i nostri costituenti hanno voluto, essa è stata dettata proprio perché se vi è un organo che decide in un senso non ve ne può essere un altro che si sovrappone, senza violare i pesi e contrappesi che il costituente si è dato.Pag. 39
Concludo ringraziando tutti i colleghi della Commissione ed esprimendo, a nome dell'Italia dei Valori - ma in seguito vi sarà la dichiarazione di voto - voto favorevole sulla proposta di decadenza per ineleggibilità sopravvenuta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono ammirato dalla certezza e dalla convinzione con la quale, ad esempio, il collega Belisario si è espresso. Ho alcune difficoltà, nel senso che in un Paese che è sanzionato a livello internazionale, la certezza del diritto è un'aspirazione e non una garanzia. Riuscire ad avere, invece, tali salde convinzioni deve essere davvero uno sforzo difficile da esercitare. Non siamo chiamati a discutere di una sentenza, né di una pena principale e delle ragioni che hanno determinato tale pena, ma siamo in questa sede a discutere di una pena accessoria, che per le regole che ci siamo dati prevede la decadenza di un nostro collega. È vero. Non siamo un quarto grado di giudizio, però a nostro avviso, non possiamo non tenere conto, né essere moralisti al punto da non vedere che gli interna corporis, quel principio virtuoso che i nostri padri costituenti avevano voluto a tutela dell'autonomia del Parlamento e dei parlamentari, nel tempo, attraverso prassi consolidate e condivise, è diventato una copertura per commettere abusi. Potrei, ad esempio, richiamare il fatto che in nome degli interna corporis oggi, al Senato della Repubblica, vi sono otto persone, che pur non essendo state elette, esercitano la funzione parlamentare, mentre otto persone elette sono fuori dal Senato. Potremmo anche parlare di quanto accade in quest'aula in nome degli interna corporis, direi quasi quotidianamente. In occasione delle votazioni vengono ripetuti alcuni reati, dal peculato al falso da cui sono segnate tutte le nostre votazioni. Un tempo venivano sancite moralmente, mentre ora assistiamo, ogni giorno e ripetutamente, al completo silenzio di coloro che dovrebbero, invece, denunciare e sanzionare tali comportamenti.
Pertanto, è accettabile doversi esprimere nei confronti di una sentenza definitiva. Non metto in discussione che potrebbe anche essere una sentenza di tipo politico, come diceva il collega Pecorella, o che non vi siano dubbi seri da parte nostra.
Infatti, non abbiamo mai inteso il garantismo come un'arma politica, ma come l'essenza della giustizia, che dovrebbe essere rafforzata, lo ripeto, in un Paese in cui la certezza del diritto è continuamente violata. Pertanto, con i dubbi che abbiamo manifestato anche in occasione dei lavori della Giunta delle elezioni, ci apprestiamo a votare favorevolmente la proposta del relatore Burchiellaro, non senza voler sottolineare cosa la norma virtuosa degli interna corporis oggi rappresenti per il Parlamento. Vi sono alcune prassi che hanno portato ad una degenerazione tale che credo dovremmo, innanzitutto, guardare ai nostri comportamenti quotidiani prima di esprimerci con tanta certezza su un caso che, a nostro avviso, resta delicato e non completamente chiarito, al di là delle ragioni della pena e delle motivazioni della sentenza, restando chiaro che è la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici che oggi dobbiamo riconoscere (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, da parte dei Verdi - da ciascuno, uti singulus - vi è la piena condivisione della proposta della Giunta delle elezioni, della relazione scritta e della relazione orale del collega Burchiellaro.
Il caso Previti è stato all'esame della Giunta fin dal 24 maggio 2006, cioè da oltre un anno e due mesi. Il Comitato per le ineleggibilità, all'interno della Giunta, ha acquisito la sentenza di condanna e le sue motivazioni ed ha iniziato l'esame del caso il 17 ottobre 2006. Pertanto, dal 24 maggio al 17 ottobre sono passati molti mesi, in attesa dell'acquisizione della sentenzaPag. 40e delle sue motivazioni. Comunque, sono passati oltre dieci mesi. Il lavoro, sia del Comitato, sia della Giunta, è stato svolto, crediamo, nel pieno rispetto dei diritti del deputato Previti e del principio del contraddittorio in ogni fase del procedimento parlamentare di fronte alla Giunta e al Comitato.
Più volte sono state anche accolte le richieste di proroga dei termini per l'acquisizione delle controdeduzioni del deputato Previti e del suo difensore, avvocato Pellegrino, e di proroga o di dilazione dei termini anche per la stessa audizione del deputato Previti di fronte al Comitato.
La Giunta, dopo che si sono conclusi i lavori del Comitato, il 14 dicembre 2006, ha dedicato ben undici sedute alla discussione: dal 25 gennaio 2007 al 4 maggio 2007. Nell'arco di questo lavoro, come è stato giustamente ricordato, sono stati anche acquisiti due pareri pro veritate redatti da parte del professor Nicolò Zanon e del professor Federico Sorrentino. Il 29 maggio, dopo ulteriore ampia discussione sulla base delle dichiarazioni di voto, la Giunta ha deciso di approvare la proposta di contestazione dell'elezione del deputato Previti. D'altra parte, il 26 giugno e il 4 luglio il Presidente della Camera, richiesto esplicitamente a ciò da parte dello stesso deputato Previti, ha convocato la Giunta per il Regolamento che ha escluso - in realtà, lo ha escluso il Presidente, sia nell'introduzione, sia nelle conclusioni della Giunta per il Regolamento - qualunque ipotesi di sospensione delle funzioni parlamentari o di un eventuale successivo reintegro.
Il Presidente della Camera, a mio avviso giustamente, ha dichiarato tali ipotesi prive di qualunque fondamento costituzionale, regolamentare e legislativo. Il 9 luglio 2007 si è, dunque, tenuta la discussione in seduta pubblica della Giunta, quindi anche in tal caso in contraddittorio. Successivamente, la Giunta stessa si è riunita in camera di consiglio e ha deliberato di proporre all'Assemblea, come oggi ha dichiarato conclusivamente il relatore Burchiellaro, l'annullamento dell'elezione del deputato Previti, per motivi di ineleggibilità sopraggiunta.
Noi crediamo - io credo, ma ciascuno di noi lo crede, uti singulus - che la decisione e, quindi, la proposta della Giunta vadano pienamente accolte. La Camera ha il diritto-dovere di deliberare ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, che afferma, tra l'altro, che «Ciascuna Camera giudica delle cause sopraggiunte di ineleggibilità». È, quindi, la stessa Costituzione a prevedere esplicitamente il giudizio della Camera sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità. A mio e nostro parere non esiste alcuna possibilità giuridica e costituzionale di ipotesi diverse dalla dichiarazione di decadenza dal mandato a seguito dell'ineleggibilità sopravvenuta, cui del resto, nel frattempo, si è recentemente aggiunta una ulteriore condanna definitiva, ma non di ciò stiamo oggi trattando.
Vorrei ricordare - in questo caso solo personalmente - che nella XIII legislatura votai contro la richiesta di custodia cautelare nei confronti del deputato Previti, ritenendo che si dovesse comunque aspettare l'allora eventuale condanna definitiva. Dunque, al di là delle posizioni politiche su schieramenti contrapposti, ho sempre espresso posizioni improntate al massimo di garanzie nei confronti dell'allora imputato Previti. Oggi la situazione è completamente diversa. Collega Pecorella, con il massimo rispetto nei suoi confronti, non credo che oggi ci si possa appellare al fumus persecutionis. Del resto, ha escluso tale tipo di motivazione anche l'avvocato Pellegrino, difensore del deputato Previti nella discussione di fronte alla Giunta. Oggi, ripeto, la situazione è completamente diversa. C'è una condanna definitiva, con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, a cui del resto, dopo la conclusione dei lavori della Giunta - l'ho ricordato poco fa - si è aggiunta una nuova condanna definitiva, che ha prodotto la revoca del provvedimento di affidamento in prova ai servizi sociali e il ripristino della custodia domiciliare.Pag. 41
Se la Camera dei deputati non decidesse oggi per la decadenza dal mandato parlamentare, a seguito della ineleggibilità sopraggiunta ci troveremmo di fronte, a mio e nostro parere, ad una violazione della sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di cassazione, per quanto riguarda l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Signor Presidente e colleghi, si è vociferato più volte, negli ultimi giorni e nelle ultime ore, di una ipotizzata lettera di dimissioni del deputato Previti. Per la verità, costui aveva pubblicamente preannunciato le proprie dimissioni fin da un anno e due mesi fa, di fronte alla sentenza definitiva di condanna con interdizione perpetua dai pubblici uffici confermata della Corte di cassazione. Tale lettera di dimissioni, preannunciata un anno e due mesi fa, in realtà non è mai stata presentata. Se fosse presentata, anche in limine, prima della decisione di decadenza da parte di quest'Assemblea, non avremmo alcuna difficoltà ad accogliere le dimissioni con il nostro voto. In caso contrario - ed auspicando comunque che non si giochi con l'istituzione parlamentare, con le norme costituzionali e con le procedure regolamentari -, laddove non ci fosse tale lettera di dimissioni di cui si è vociferato, noi Verdi (ciascuno di noi, uti singulus, perché la Camera giudica) voteremo a favore della proposta di decadenza formulata dalla Giunta.
Lo faremo con pacatezza, senza alcun giustizialismo pregiudiziale e senza alcun garantismo oltranzista, ma con equilibrio e rigore, come ha testualmente e giustamente affermato il relatore Burchiellaro, che vogliamo ringraziare - e con lui, ringraziamo anche tutti i componenti della Giunta - per il suo coerente e prezioso impegno istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, la decisione che oggi la Camera dei deputati deve assumere risente ovviamente di una situazione legata esplicitamente alla persona oggetto della decisione e della particolarità degli aspetti emotivi. Vi è una decisa prevalenza delle considerazioni di partigianeria politica, che invece dovrebbero rimanere assolutamente al di fuori di tale decisione, come peraltro, sfortunatamente, non è accaduto neanche nell'ambito della Giunta delle elezioni. Pertanto, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, dichiaro di dissentire in modo assoluto dalla relazione del collega, onorevole Burchiellaro.
La prova di questa situazione fuorviante è data, ad esempio, se ancora ve ne fosse bisogno, da molti dei messaggi di insulto pervenuti, attraverso la casella di posta elettronica della Camera, a chi parla, così come a molti altri colleghi membri della Giunta delle elezioni, riguardo alle loro decisioni preliminari rispetto a quelle odierne dell'Assemblea. A fronte di altri messaggi contenenti legittime critiche, gli insulti costituiscono la riprova del fatto che aspetti emotivi, assolutamente estranei rispetto a quelli che dovrebbero essere tenuti in considerazione oggi, sono e restano ampiamente diffusi, non solo in una parte dell'opinione pubblica, quella più asseritamente schierata sul fronte del centrosinistra, ed essi hanno continuato ad albergare e ad essere presenti anche nell'ambito delle pur feconde discussioni svolte nella Giunta delle elezioni.
Con assoluta tranquillità e coscienza di ciò che abbiamo sostenuto come deputati di Alleanza Nazionale nella Giunta delle elezioni, e che quindi ripetiamo in questa sede, sentiamo il dovere di affermare che non ci troviamo nella situazione, che ancora una volta sarebbe fuorviante, di giudice dell'esecuzione penale. Non è questo il compito della Camera e non era questo il compito della Giunta delle elezioni. Ci troviamo, viceversa, investiti di una funzione molto simile a quella giurisdizionale, che deve valutare le conseguenze in ordine alla permanenza del mandato parlamentare nei confronti di un deputato, che sia stato raggiunto da una pena, e, in particolare,Pag. 42da una condanna ad una pena accessoria di interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Ebbene, è di tutta evidenza che comunque, al di là delle considerazioni politiche, anche in questa funzione, i singoli deputati, così come i membri della Giunta delle elezioni, non possono andare contro la legge, né possono inventare nuove leggi che non abbiano votato con le procedure che il sistema parlamentare prevede e che, pertanto, non esistono. Allora, se è vero, come è vero, che l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario (la cosiddetta legge Gozzini), come ha già ricordato molto bene il collega onorevole Pecorella, prevede come conseguenza dell'esperimento positivo del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali di un condannato, l'estinzione della pena principale, delle pene accessorie e di tutti gli effetti penali, fra di esse non può non essere compresa anche la pena accessoria. Diversamente interpretando, si arriverebbe all'assurdo che rimarrebbe in piedi soltanto la pena accessoria, non gli altri effetti penali, né la pena principale, e non v'è chi non veda che questa sarebbe un'assurdità giuridica degna di miglior nota.
Poiché il deputato Previti, come condannato con pena accessoria all'interdizione dai pubblici uffici, ha avuto l'affidamento in prova ai servizi sociali - e lo riavrà tra qualche giorno, quando verrà superato il problema indicato dall'onorevole Boato - se supererà il periodo in prova ad agosto dell'anno prossimo si applicherà l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, che prevede l'estinzione della pena principale e anche di quella accessoria, ovvero dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Quindi, per qualunque altro imputato e per qualunque altro funzionario pubblico che non sia un deputato, è pacifico che, in questo momento, si avrebbe il reintegro nelle funzioni pubbliche da lui svolte. Se, invece, ciò non dovesse valere per un deputato - e non esiste un solo precedente di questo tipo specifico che la Camera, in tutte le sue precedenti legislature, abbia affrontato quindi i deputati devono essere particolarmente attenti riguardo la decisione che oggi prenderanno - si avrebbe una disparità di trattamento assolutamente anticostituzionale. Il deputato o il senatore, infatti, sarebbe l'unico pubblico funzionario che, con l'estinzione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, non potrebbe essere reintegrato perché, nel frattempo, è stato dichiarato decaduto dall'Assemblea.
Dunque, non può esservi dubbio che questo sia il motivo per il quale, allo stato attuale, non è possibile votare la proposta presentata dal relatore Burchiellaro e approvata dalla maggioranza della Giunta delle elezioni. Abbiamo chiesto il parere e il conforto della Giunta per il regolamento e del Presidente della Camera, prevedendo e ipotizzando che potesse esistere una soluzione intermedia, ovvero una sospensione temporanea dalla funzione parlamentare. Certamente, se ciò fosse stato possibile, i deputati del gruppo di Alleanza Nazionale avrebbero aderito a tale ipotesi, perché sarebbe stata rispettosa della sentenza della magistratura, della pena accessoria inflitta, ma anche innanzitutto della legge e della funzione del mandato parlamentare, che deriva dalla volontà popolare e che non può essere sottoposta a qualunque altro giudizio, neanche di altri autorevoli organi dello Stato.
Tuttavia, il Presidente della Camera e la Giunta per il regolamento ci hanno detto che questa possibilità, al momento, non è supportata da alcun appiglio normativo, regolamentare e costituzionale. Probabilmente è vero, comunque è vero e a ciò ci dobbiamo attenere. Tuttavia, poiché esiste tale vuoto legislativo - che andrà evidentemente colmato e speriamo che a ciò si provveda al più presto possibile - non è possibile prevedere qualcosa di diverso. Infatti, nell'ambito dei diritti costituzionalmente garantiti, nell'ambito delle ineleggibilità e delle incompatibilità, regolate dalla Costituzione con riserva espressa di legge e anche a voler applicare l'ambito penale - dove, come è noto, non può essere utilizzata l'interpretazione analogica - non esiste una forma diversa. Quindi, ad oggi, non è possibile prevederePag. 43la decadenza di un deputato che sia stato, a seguito della condanna, affidato ai servizi sociali.
Qualcuno ha sostenuto - forse anche il relatore - che, se ciò fosse vero, non si avrebbe più di fatto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non è vero, perché l'affidamento in prova ai servizi sociali è una possibilità attribuita, anzi, è una disposizione di legge prevista per coloro i quali siano stati colpiti da una pena principale entro i tre anni. Quindi, tale pena non si applica a qualunque condannato. Di conseguenza, anche questa tesi a contrario è assolutamente priva di fondamento.
Vi è un altro motivo che deve indurre a respingere la proposta della maggioranza della Giunta delle elezioni, ovvero che - e i deputati devono considerare ancora che, con una decisione in tal senso, verrebbe introdotto un incredibile precedente - non esiste nessuna norma nell'ordinamento italiano (abbiamo sfidato i colleghi della maggioranza della Giunta a trovarla, ma non ne sono stati capaci per il semplice fatto che non esiste) che preveda in forma esplicita, in alcun luogo (né nella Costituzione, né nelle norme primarie e secondarie, né in quelle regolamentari della Camera) che la condanna alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, sopravvenuta all'elezione, costituisca una causa di decadenza.
Questa norma non c'è. Il collega Pecorella ha ben ricordato qual è l'appiglio cui si faceva riferimento, l'articolo 20 del codice penale, che, come lo stesso ha ben letto, e come può leggere chiunque, prevede come causa di non elezione il mancato godimento dei diritti politici e non come causa di un effetto diverso.
Il relatore afferma che le cause di ineleggibilità sopravvenuta si tramutano automaticamente, di fatto, in cause di decadenza. Invece non è così: come ha ben rilevato il difensore dell'onorevole Previti nell'udienza pubblica della Giunta delle elezioni, esistono cause di ineleggibilità sopravvenuta decise da questa Camera, che non si tramutano in cause di decadenza. Ricordo una decisione per tutte: la Giunta delle elezioni della Camera ha deciso, nella scorsa legislatura, in merito alla norma secondo la quale - come tutti sappiamo - un sindaco di un comune superiore a 20 mila abitanti, che si candidi alle elezioni per la Camera, se eletto sindaco, non possa più essere eletto deputato perché la sua situazione rientra nelle cause di ineleggibilità. Questa causa, però, qualora sopravvenga - se, cioè, il deputato divenga sindaco dopo l'elezione, venendosi a trovare in una causa di presunta ineleggibilità sopravvenuta - non si trasforma in una causa di decadenza. Questa Camera ha deciso che ciò non sia: cade, quindi, il principio - che peraltro, ripeto, non è previsto da alcuna norma - in base al quale le cause di ineleggibilità sopravvenuta costituiscano automaticamente cause di decadenza. Ancora una volta, poiché siamo nell'ambito di diritti costituzionali garantiti al massimo livello - quelli relativi alla funzione pubblica, all'elettorato attivo e passivo, alla funzione parlamentare - ed anche, indirettamente, nell'ambito penale, non può valere il principio analogico.
Non vi è una sola norma che preveda la condanna all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, successiva all'elezione, come causa di decadenza dal mandato. Onorevoli colleghi, poiché il mandato parlamentare - è sin troppo facile ribadirlo, ma è importante - deriva direttamente dalla volontà popolare, prima di rimuovere ciò che hanno voluto gli elettori - tra l'altro, ricordo che, nel nostro caso, già tutta la vicenda dell'onorevole Previti era ben nota, comprese le sentenze, non in via definitiva, che prevedevano l'interdizione perpetua dai pubblici uffici - deve esserci una norma espressa: deve esistere una legge; questo Parlamento non ha mai votato una legge di questo tipo. Potrà farlo, potrà decidere in questo senso, ma, ad oggi, siamo chiamati ad applicare la legge: una decisione della Camera diversa sarebbe contra legem, costituirebbe un vulnus gravissimo e introdurrebbe un unico, pericolosissimo precedente, che domani potrebbe riguardare chiunque in quest'aula, qualunque deputato, che si chiamiPag. 44Cesare Previti, Pier Francesco Gamba o con il nome del Presidente della Camera.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, mi rivolgo al collega Turco per dirgli che, francamente, non ho ravvisato nella relazione del collega Burchiellaro tutte le certezze da lui denunciate. Seguendo la relazione, invece, mi è sembrato di ripercorrere una strada molto travagliata, che ha portato ad una decisione: si tratta dello stesso travaglio, che credo stiano vivendo tutti i parlamentari nell'assumere una decisione difficile e che riguarda il mio gruppo, la Sinistra democratica per il socialismo europeo, che voterà - lo annuncio sin d'ora - in conformità alla decisione assunta dalla Giunta delle elezioni. Voteremo, perciò, a favore dell'annullamento dell'elezione del deputato Previti per motivi di ineleggibilità sopravvenuta: lo faremo perché ce lo chiede, innanzitutto, il rispetto della legge.
Siamo di fronte a una sentenza definitiva ed esecutiva, che ha portato alla non sussistenza dei presupposti di diritto: è questa la situazione di oggi e penso che tutta la Camera debba prendere atto della realtà. Non era così forse ieri e ha fatto bene la Giunta delle elezioni ad accettare la proroga dei termini per le controdeduzioni, perché era giusto seguire tutti i percorsi di garanzia, ma oggi sono venuti meno proprio i contenuti di quelle controdeduzioni, in cui si affermava che non c'era la definitività; oggi c'è ed è esecutiva.
Si diceva ancora che l'affidamento ai servizi sociali in caso di un corso positivo può portare all'annullamento della pena. La relazione di Burchiellaro ha chiarito però che ciò non sarebbe valso per le pene accessorie e che comunque la decisione della Giunta delle elezioni voleva basarsi sugli elementi attuali. La stessa relazione, inoltre, sottolinea che il 14 luglio l'affidamento sarebbe stato revocato e anche su tale aspetto bisognerebbe pronunciarsi. La decisione deve comunque essere presa in riferimento agli elementi attuali, e se ci riferiamo a questi resta la decadenza dei presupposti di diritto. Sapete tutti, lo sa tutta l'Assemblea, che la presenza in Parlamento non può essere compatibile con l'assenza dei presupposti di diritto, dunque non può essere in carica un deputato al quale sia stato revocato il diritto di voto: sarebbe una contraddizione palese enorme. Non vi è stata una logica persecutoria, perché si sono attesi tutti i passaggi giudiziari - tutti - fino alla condanna definitiva ed esecutiva, che oggi esiste, e dobbiamo prenderne atto.
Il tempo e il modo per difendersi è stato dato ed è stato giusto fare così. È stato giusto seguire tutto l'iter di garanzia che il deputato Previti chiedeva. Mi pare che il tempo sia trascorso, sono state espletate tutte le formalità di difesa, vi è stata poi la definitiva condanna, che va rispettata. Non c'è stata persecuzione, altrimenti si sarebbero potuti stringere i tempi, si sarebbe potuti arrivare molto prima a cercare di assumere una decisione, ma giustamente non si è voluto fare così. Siamo giunti alla fine di quell'itinerario: seguiti tutti gli iter di garanzia, tutte le discussioni, i confronti nella Giunta delle elezioni, bisogna prendere una decisione. Il tempo è scaduto per quell'iter.
Il gruppo Sinistra Democratica voterà per la decadenza del deputato Previti in conformità alle decisioni della Giunta delle elezioni, ma soprattutto - ciò deve valere per tutta l'Assemblea - in conformità a quella che è la legge dello Stato italiano, che va rispettata anche dai deputati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se vi fosse ancora qualche dubbio in ordine al fatto che da una certa parte politica tale vicenda ha assunto sin dall'inizio - tanto che ancora oggi ne dibattiamo - il sapore di una vicenda politica, basterebbe pensare al fatto che non siamo noi che lo diciamo.
Mi sono purtroppo dovuto assentare dopo l'intervento del collega Tranfaglia,Pag. 45ma proprio le parole del collega hanno evidenziato come stiamo parlando di una vicenda politica: è una sorta di excusatio non petita, venuta fuori da tutto il suo intervento, così come da altri che solo brevemente ho potuto seguire.
Se ciò è vero, e se è vero l'iter tecnico che il collega Pecorella ha sottoposto all'attenzione dell'Assemblea, allora vi è veramente da pensare che, in questo momento e su questa vicenda, stiamo andando verso la disgregazione delle prerogative del Parlamento, di chi è stato mandato in questo Parlamento attraverso il consenso popolare e di chi è interessato da una causa sopravvenuta, che la Camera dovrebbe valutare ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione.
Infatti non dimentichiamo che - anche se ci si riempie la bocca di numeri, di leggi o di norme a supporto della richiesta di decadenza del collega Previti - non vi è alcuna norma che prescriva che nella fattispecie in esame il collega Previti debba essere dichiarato decaduto.
Vi è una sola norma, non ordinaria ma costituzionale, che deve essere naturalmente «riempita», ovverosia l'articolo 66 della Costituzione in cui si afferma che alla Camera - e sottolineo: alla Camera! - deve essere valutata ogni sopravvenuta forma di ineleggibilità di un parlamentare in un momento successivo. Infatti, nel momento in cui il collega Previti è stato eletto, era nelle sue piene facoltà di diritto per sedere in questa Camera. La sopravvenienza deve essere valutata dalla Camera.
Che non vi sia una norma che prescriva la decadenza - amici miei - lo si desume dal fatto che proprio presso questo ramo del Parlamento pende un testo unificato delle proposte di legge a firma dei colleghi Formisano, Martusciello, Antonio Russo, Franco Russo, Mazzoni, Costantini, ed il cui relatore è il collega Marone, intitolato «Disposizioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità». L'articolo 6-ter, di cui l'articolo 1 del citato provvedimento propone l'introduzione nel testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, stabilisce che: «La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati».
Se è stata proposta tale norma, evidentemente, stiamo parlando di una fattispecie rispetto alla quale non esiste una norma. Dobbiamo renderci conto di tutto ciò, ed è inutile che facciamo filosofia, giri di parole, su un fatto che è solo e soltanto politico.
Da un punto di vista tecnico dichiareremmo una decadenza in assenza di una norma che lo preveda, tant'è vero che il citato testo unificato introduce la possibilità di dichiarare decaduto un parlamentare, potere che spetta alla Camera, non alla magistratura - lo sottolineo: alla Camera e non alla magistratura -, perché è la Camera a doverla dichiarare!
Allora, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando evidentemente di una vicenda che è legata a ben altro - così come sosteneva qualche collega del centrosinistra. È legata alla figura di Previti, è legata alla politica, è legata a Forza Italia, è legata al centrodestra, insomma è legata ad un oppositore!
Diciamoci la verità! Intendo riferirmi a tutto ciò che è accaduto da quindici-venti giorni a questa parte, proprio in questo ramo del Parlamento, e lo voglio ricordare proprio per la compiutezza degli argomenti che si portano a sfavore della declaratoria di decadenza in esame.
Il tutto è cominciato - dal nostro punto di vista interno - qualche giorno addietro, nel momento in cui il processo di Previti, in realtà intestato ad Acampora, è arrivato presso la Cassazione. E si è assistito ad una accelerazione all'interno della Cassazione tale da far fissare nel giro di ore quel processo, in barba a qualsiasi procedura regolare, a qualsiasi atteggiamento di cautela ed alla necessità di prescrizione di quel processo. Ciò in barba al fatto che un presidente di una sezione di Cassazione non può chiamare il presidente della corte d'appello di Milano e chiedere quando gli verrà inviato il processo Previti - lo sottolineo: non Acampora, bensì Previti - neiPag. 46seguenti termini: «Quando mi mandate questo processo, perché debbo fissare la data»?
Non si può apporre la fascetta su un fascicolo quando ancora non vi è il fascicolo e si calcola che la prescrizione è di là da venire, tra sette, otto, dieci, dodici, venti mesi.
In tal modo viene fissato il processo; sono inefficaci due notifiche a due difensori di due imputati diversi e viene chiesta da parte del procuratore generale la riduzione dei tempi, come previsto in caso d'urgenza, per fare in modo che la notifica non avvenuta nei termini fosse ritenuta valida per mantenere fissata l'udienza per l'11 luglio e per far sì che al collega Previti fossero revocati gli arresti domiciliari, vale a dire per far sì che il collega Previti non potesse venire in quest'Assemblea a difendersi!
Così è accaduto con quel comportamento, oggetto di una nostra interpellanza, alla quale non ha risposto il Guardasigilli, ma ha risposto il Procuratore generale presso la Cassazione, D'Ambrosio, il quale sulle agenzie di stampa, prima che il Ministro Mastella venisse a rispondere in quest'Assemblea, ha dichiarato: Non cominciate con questi piagnistei, noi facciamo i giudici e voi fate gli imputati. Peccato che quel D'Ambrosio è stato presidente della regione Marche per il centrosinistra per un bel po' di tempo e adesso risponde ai deputati dell'opposizione e viene a giudicare un deputato della sua opposta fazione politica.
Dunque, siamo in presenza di argomenti di natura giudiziaria o siamo in presenza di argomenti di natura politica, solo e soltanto politica? Debbo dire che, forse, c'è anche una regia. Signor Presidente, mi fa piacere che ora sia proprio lei a presiedere l'Assemblea, perché sa benissimo con quanta attenzione le abbiamo sottoposto tutta una serie di problemi che sono stati sollevati perfino nella Giunta delle elezioni e che abbiamo sottoposto alla Giunta per il Regolamento. Lei non ha ritenuto di sollecitare la Giunta delle elezioni ritenendo quelle argomentazioni fondate e facendone oggetto di una riflessione da parte della Giunta. Quando il sottoscritto ha tirato in ballo la possibilità di sospensione dalla carica di deputato del collega Previti, mi è stato risposto che l'istituto non esiste. Ma non è così, perché l'istituto esiste, come è esistito per i colleghi della Lega Nord Padania ai quali è stato applicato per quindici giorni. Il plenum è stato rispettato? Abbiamo approvato leggi senza la presenza di un gruppo parlamentare: il plenum dove l'abbiamo messo, sotto i piedi?
Cosa è accaduto al Senato parecchi anni fa - lei non era ancora deputato perché non penso che abbia cinquant'anni di Camera - per il senatore De Nicola? Nel momento in cui egli era senatore a vita il Senato approvò un provvedimento di sospensione dalla carica di senatore perché doveva ricoprire la carica di giudice della Corte costituzionale. Che istituto è quello, Signor Presidente? È sospensione o è un'altra invenzione? Alla sospensione si poteva fare ricorso nel momento in cui le sono state rappresentate delle necessità legate al fatto che forse, di lì a qualche mese, il collega Previti sarebbe stato reintegrato nei suoi poteri, nel pieno diritto, dopo la chiusura dell'affidamento in prova. Il collega Pecorella vi ha dimostrato e sbattuto in faccia che esiste la legge, perché gli effetti penali non sono legati alla temporaneità: sono effetti penali e basta! Nel momento in cui c'è la riabilitazione, il deputato ritorna nei suoi pieni poteri e diritti per continuare a ricoprire la carica.
Dunque, signor Presidente, non mi voglio dilungare, ma purtroppo, con amarezza, debbo dire che siamo in presenza di una vicenda che si è protratta sotto la spinta di un'onda, quella dell'antipolitica, che lei, Presidente, e anche altri della maggioranza state cavalcando. Lei non può accelerare le procedure solo e soltanto perché glielo chiede il blog di un comico. Non le può accelerare perché magari Le Iene trasmettono un servizio contro le istituzioni. Stiamo andando verso il ridicolo, signor Presidente, nel momento inPag. 47cui non ci tuteliamo, e lei dovrebbe essere il primo a tutelare questa istituzione e i singoli componenti della stessa.
Davanti a tutto quello che è accaduto proprio riguardo a questa vicenda, allora devo pensare che c'è un disegno politico - stavo dicendo, abituato ad altro, un disegno di natura diversa - che vede forse andare la vostra maggioranza verso un tentativo di disgregazione delle istituzioni, se non stiamo attenti a tutelarle non attraverso le chiacchiere e le parole, ma attraverso fatti concreti che rispecchiano le prerogative di chi è giunto in quest'Assemblea e in questo Parlamento in virtù del consenso popolare. Allora, evidentemente, dobbiamo cambiare politica, dobbiamo cambiare atteggiamento nei confronti della politica e non renderci ridicoli.
Nel momento in cui voi approverete la decadenza del collega Previti, non causerete un danno a lui, ma a questo Parlamento e, ritengo, a tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Perugia. Ne ha facoltà.
MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, colleghi deputati, la relazione del collega Burchiellaro ricostruisce con precisione e chiarezza l'iter seguito dalla Giunta delle elezioni per arrivare alla formulazione della proposta di annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, oggi all'attenzione dell'Assemblea, dell'elezione del deputato Cesare Previti.
È stato un iter lungo e articolato, sia per motivi procedurali, tesi a fornire tutte le garanzie costituzionali e regolamentari al deputato di cui si contesta l'elezione, sia - lasciatemelo dire - per l'accortezza dei componenti, in particolare di maggioranza, della Giunta delle elezioni, che hanno accolto tutte le richieste di proroga presentate nel corso della valutazione, anche quando la legge avrebbe consentito di procedere. È il caso, ad esempio, dell'articolo 625-bis del codice di procedura penale, che seppure concede centottanta giorni - quasi tutti utilizzati dal deputato Previti - per presentare ricorso straordinario per l'errore materiale o di fatto contro la sentenza della Corte di Cassazione, è altresì vero che chiarisce, nel medesimo comma, come tale presentazione non sospenda gli effetti del provvedimento.
In questa fase, la tesi difensiva ha voluto incanalare il dibattito attorno alla distinzione tra definitività ed irrevocabilità della sentenza, invocando l'attesa di una sorta di definitività in senso assoluto, che non poteva (e non può) mai arrivare. Da un lato, infatti, la Suprema Corte non ha alcun limite temporale per correggere di propria iniziativa un eventuale errore materiale, dall'altro il condannato, pur in presenza di una sentenza passata in giudicato, può in qualsiasi momento chiederne la revisione. Cosicché si sarebbe configurata l'ipotesi che sia possibile rinviare l'esecutività di una sentenza sine die. Ciononostante, abbiamo atteso anche l'esito del ricorso, che, peraltro, è stato negativo.
Ritengo che si possano considerare definitivamente superate - ma evidentemente non è così, dato il dibattito di oggi - anche altre obiezioni della prima fase dell'istruttoria. La riconducibilità del mandato parlamentare al pubblico ufficio è definitivamente chiarita dall'articolo 357 del codice penale. La presunta alterazione della composizione politica di questa Camera e la minaccia alla sua autonomia, a causa dell'attività di un altro potere dello Stato, non sussiste in considerazione dell'attuale legge elettorale.
Il fumus persecutionis, ancora invocato dal deputato Previti - e in quest'Assemblea da quanti sono intervenuti prima di me - non rientra nei criteri del nostro giudizio, che riguardano i titoli di ammissione, quindi la presenza di una sentenza definitiva, come ammesso anche dall'avvocato Pellegrino.
Né ritengo che si possa accogliere la tesi - anche questa circolata negli interventi mi hanno preceduto - del vulnus alla volontà popolare, giacché questa, al momento dell'espressione del voto, non poteva essere informata dei fatti, essendoPag. 48la sentenza della Corte di Cassazione intervenuta solo nel maggio del 2006 ad elezioni e proclamazioni già avvenute.
Oggi siamo, quindi, chiamati a valutare se una condanna definitiva per corruzione in atti giudiziari ovvero per un reato grave contro la pubblica amministrazione, che ha importato come pena accessoria l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, sia sufficiente o meno ad annullare l'elezione di un deputato. A tale proposito, l'avvocato Pellegrino, durante l'udienza pubblica del 9 luglio scorso, ha ravvisato un vuoto normativo nella consultazione comparata della Costituzione, della legge ordinaria e dei regolamenti, sostenendo che un'ineleggibilità sopravvenuta non è necessariamente causa di decadenza. Sottolinea a sostegno di tale tesi come la causa di ineleggibilità attribuita ai sindaci di comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti, ove sia sopravvenuta - cioè nel caso in cui un parlamentare sia eletto sindaco - non determini una causa di decadenza o annullamento dell'elezione.
Ciò è sicuramente vero e credo che la norma vada modificata nel senso di prevedere una incompatibilità al pari di quanto già avviene per le cariche elettive regionali. Tuttavia, dobbiamo considerare la profonda e sostanziale differenza che intercorre tra una causa di ineleggibilità, prevista dalla legge, per un soggetto politicamente capace - cioè fornito dei requisiti richiesti dagli articoli 48 e 56 della Costituzione - cui venga, solo temporaneamente, precluso l'esercizio dell'esclusivo diritto elettorale passivo, ed una causa, invece, di ineleggibilità conseguente ad effetti giuridici intervenuti nel corso del mandato, in base ai quali il soggetto venga privato, in modo permanente, della capacità elettorale, sia attiva che passiva, cioè dei requisiti soggettivi richiesti dalla Costituzione.
Quelli appena illustrati, a parere della dottrina più autorevole, possono già costituire motivi sufficienti per l'automatica decadenza dalla carica, ma, ancora una volta, si porta avanti una presunta dicotomia tra ineleggibilità sopravvenuta e decadenza. L'articolo 17 del regolamento della Giunta - si sostiene - si riferisce all'accertamento di cause di decadenza, che sarebbero irrintracciabili nell'articolo 65 della Costituzione e nella legge cui questo rimanda per la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o senatore.
Il disposto del secondo comma dell'articolo 28 del codice penale è però inequivocabile: «L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato» al punto 1) «del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico». Degli effetti di tale incapacità abbiamo già parlato.
Mi preme, invece, mettere in rilievo il punto 2) dello stesso comma che prevede come il condannato sia privato «di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d'incaricato di pubblico servizio». Qui torna l'articolo 357 del codice penale, in base al quale «...sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa...». Se ciò è vero, allora è vero che, con questo articolo, si priva il condannato dell'ufficio, cioè del munus, ma anche della qualità di pubblico ufficiale, ovvero dello status di parlamentare, cioè lo si fa decadere.
Vorrei aggiungere che tale punto può essere rafforzato dalla lettura del punto 5) del medesimo comma, dove si fa riferimento alla privazione «...degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico». E l'articolo 69 della Costituzione stabilisce che «i membri del Parlamento ricevono una indennità...».
Infine, il punto 7) sottolinea la categoricità della pena che priva il condannato «della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo (...) indicati nei numeri precedenti».
Desidero ancora sottolineare un argomento a lungo dibattuto in questi mesi e, stamattina, anche in questa sede, che riguardaPag. 49gli effetti di un eventuale esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali; si tratta di un affidamento, peraltro, in questo momento revocato per gli effetti di un'altra condanna, tuttavia non voglio eludere tale argomento.
La giurisprudenza di legittimità, più volte, ci ha dato indicazioni sulla corretta interpretazione dell'ultimo comma dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, secondo la quale, come abbiamo sentito: «L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale», ma le sezioni unite della Cassazione, nelle motivazioni, ad esempio, dalla sentenza n. 27 del 27 settembre 1995, argomentano ampiamente su come il suddetto articolo stabilisca che l'affidamento in prova ai servizi costituisca unicamente una misura alternativa alla detenzione, non ricomprendendo in quel «ogni altro effetto penale», le pene accessorie, come invece fa l'articolo 178 del codice penale, a proposito della riabilitazione, istituto - questo sì - che estingue anche le pene accessorie.
D'altra parte - affermano ancora le sezioni unite - non può essere condivisa l'opinione di chi, attribuendo alle misure alternative alla detenzione natura premiale, ne fa discendere la conseguenza che il termine «pena», di cui al menzionato articolo 47, debba essere inteso nel suo significato più ampio possibile.
In conclusione, desidero fare presente che sebbene la giurisprudenza - con cui anche noi ci siamo cimentati - non sia una scienza esatta, bensì soggetta ad interpretazione, mi sembra un'enormità sostenere che il caso in esame non abbia contorni chiari e non sia adeguatamente normato. In tale caso non vi è conflitto di poteri, giacché il costituente ha inteso garantire i membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, fatta salva l'esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna. Occorre a questo punto ricordare che tale sentenza concerne reati di corruzione in atti giudiziari; reati contro i principi fondamentali che regolano la nostra convivenza e contro quella parte dell'amministrazione pubblica chiamata a farli rispettare!
Desidero, altresì, fare presente ai colleghi dell'opposizione che sono sinceramente colpita di come quanti hanno votato ad esempio contro la legge sull'indulto o continuamente ci richiamano alla necessità della certezza della pena e delle politiche sicuritarie, oggi, invece, abbiano cambiato volto e abbiano fatto di tale episodio, loro sì, un caso di schieramento politico e di mantenimento di un interesse particolare.
In conclusione, preannuncio, a nome del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, il voto favorevole alla proposta della Giunta delle elezioni di annullamento, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, dell'elezione del deputato Cesare Previti (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito dell'esame del documento in questione.
La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,05.