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Discussione del disegno di legge: S. 1649 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia (Approvato dal Senato) (A.C. 2910 ) (ore 17,05).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2910 )
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Ruggeri, ha facoltà di svolgere la relazione.
RUGGERO RUGGERI, Relatore. Il tema di cui trattiamo oggi è un tassello importante della politica energetica del nostro Paese e rappresenta uno di quei temi esemplari, per quanto riguarda la riforma strutturale di un Paese, che coinvolge più legislature e più governi. Non è un caso che proprio su tale tema ci siano state molte convergenze bipartisan e che ci sia stata anche una sorta di continuità nel disegno della politica energetica del nostro Paese.
La politica energetica ha trovato uno sbocco con le liberalizzazioni, quindi un'apertura al mercato, in funzione di un avvicinamento non solo alle esigenze, pur necessarie, delle imprese, ma anche alle esigenze effettive delle nostre piccole e medie imprese e delle nostre famiglie, che ormai già da moltissimi anni stanno pagando un costo dell'energia molto superiore rispetto a quello pagato dalle imprese e dalle famiglie in altri Paesi europei.
Il primo disegno di politica energetica del nostro Paese in materia di energia elettrica e gas è stato realizzato dal centrosinistra, con il primo Governo Prodi, in particolare dal Ministro Bersani per quanto concerne l'energia elettrica, e con il secondo Governo Amato, dal Ministro Letta, per ciò che riguarda la liberalizzazione del gas. Successivamente, il Governo Berlusconi, con il Ministro Marzano, per molti aspetti, anche se non per tutti, si è posto in una sostanziale linea di continuità e ciò è andato a favore di un lavoro svolto dal Parlamento con grande responsabilità, di fronte a riforme di carattere strutturale che riguardano il Paese.
Il Ministro Marzano ha proseguito nella liberalizzazione e nel 2003, anche in ottemperanza alle direttive comunitarie sul tema del gas, vi è stata una prima liberalizzazione del mercato del gas. Dal 2003, infatti, le nostre imprese e le nostre famiglie possono liberamente acquistare il gas da chi è intenzionato a offrirlo. È rimasto fuori il tema dell'energia elettrica, del quale ci occupiamo con il provvedimento in esame. La politica energetica proseguita dall'attuale Governo non soloPag. 75riprende il concetto fondamentale della prima liberalizzazione realizzata da Bersani, che ha riguardato, almeno nella prima fase, la costruzione di un mercato libero, ma pone anche una particolare attenzione a quelle fasce deboli della società - famiglie, imprese e territori - che non potevano mettersi sul mercato perché nelle zone povere le imprese non investono né offrono i loro prodotti in quanto gli utili, e soprattutto i profitti, sono estremamente bassi o addirittura non vi sono.
Dunque, questi sono stati i concetti di fondo: una vera liberalizzazione, l'apertura dei mercati e finalmente più concorrenza, che teoricamente dovrebbe abbassare costi e prezzi. Si è però tenuto conto anche dell'esigenza di tutelare i ceti sociali, che per noi sono l'elemento cardine e il pilastro della riforma del sistema energetico.
In particolare, l'attuale Governo, nel DPEF del 2007, ha disegnato la politica energetica individuando: le esigenze dei prossimi anni in termini di aumento della domanda; le risorse energetiche attuali, che per l'80 per cento sono ancora combustibili fossili (petrolio, carbone e gas); la presenza sempre più massiccia dell'utilizzo del gas, anche per quanto riguarda l'energia elettrica; l'esigenza propria di un Governo che tenta di aprire il mercato interno in un modo corretto e tale da consentire di ottenere quegli obiettivi di cui parlavo dianzi nonché, infine, anche l'esigenza di dire agli amici dell'Europa che una politica energetica non può che essere comunitaria ma che, per essere tale, ha anche bisogno di superare asimmetrie e differenze nelle liberalizzazioni dei mercati dell'energia - sia dell'energia elettrica, sia del gas, sia di altre fonti energetiche - in modo simmetrico. Vi sono ancora Paesi che, di fatto, non hanno ottemperato all'obbligo di instaurare e promuovere la concorrenza nei mercati interni. Mi riferisco, ad esempio, alla Francia, che incontra ancora dei problemi nel liberalizzare la propria economia e il proprio mercato energetico.
Quindi, un'attenzione va rivolta anche ai Paesi europei affinché si ponga in essere una politica energetica necessariamente comunitaria, ma anche avvertita della necessità di superare asimmetrie; occorre, pertanto, concretizzare in modo progressivo e corretto anche la concorrenza nei nostri mercati. Nel DPEF sono affrontati i temi e i progetti relativi all'approvvigionamento, alla necessità di sviluppare le infrastrutture energetiche, ai terminali di rigassificazione che ci permettano una maggiore concorrenza, ai gasdotti delle importazioni, ai nuovi stoccaggi in ordine al sotterraneo e alle riserve indispensabili per la nostra economia, alla diversificazione delle rotte delle importazioni dei fornitori. Non a caso, qualche giorno fa, proprio il Ministro Bersani ha firmato un accordo intergovernativo per un sistema di gasdotti di importazione del gas dal Mar Caspio e dal Medio Oriente, attraverso la Turchia e la Grecia.
Pertanto, l'Italia si sta muovendo per cercare più fornitori, per diversificare le fonti energetiche e i Paesi da cui importa in modo particolare il gas. Nel DPEF, inoltre, sono contenuti uno specifico piano di azione e di efficienza energetica, il tema delle prevenzioni, il risparmio energetico negli edifici e nelle nostre apparecchiature, infine un tema particolare relativo alle fonti rinnovabili che rappresentano la frontiera del futuro. Quest'ultima, infatti, sarà costituita non dalle attuali fonti energetiche, ma da quelle rinnovabili, ovvero l'idrogeno e quelle in cui, oggi, stiamo investendo in ricerca.
Il quadro che abbiamo di fronte, quindi, è abbastanza organico. Il Governo Prodi, inoltre, dopo qualche mese dalla sua elezione - mi riferisco al 2006 - ha preparato un disegno di legge che ha presentato al Senato, relativo a un piano organico di completamento delle liberalizzazioni del mercato dell'energia. Tale disegno di legge pende ancora dinanzi all'esame del Senato, a causa dei tempi lunghi di approfondimento e di analisi, nonché per via di qualche contrasto vero di carattere interpretativo o di posizioni anche politiche, spesso trasversali, che impediscono un'effettiva liberalizzazione e un'attenzione per quanto riguarda il futuroPag. 76delle nostre imprese ex municipalizzate. Quindi, di fatto, l'esame di questo progetto organico, rappresentato dal disegno di legge atto S. 691 del 2006, è fermo al Senato.
Due interventi molto importanti, sulle infrastrutture energetiche e sulla fiscalità energetica, sono stati già affrontati e introdotti nella legge finanziaria per il 2007. Tuttavia, la direttiva europea 2003/54/CE che ci imponeva, a partire dal 1o luglio 2007, di liberalizzare il mercato dei clienti domestici per l'energia elettrica, deve ancora essere applicata. Questa è, pertanto, la ragione del decreto-legge adottato dal Governo e della sua urgenza per ottemperare a queste direttive, quindi scongiurare le penalità e le infrazioni nelle quali saremmo incorsi.
Il Governo ha dunque adottato un decreto di apertura del mercato elettrico domestico, in modo tale che quasi tutte le famiglie italiane - questo è un aspetto non indifferente ma importante - possono acquistare dal 1o luglio energia elettrica da chi loro pensano sia il fornitore migliore per qualità e prezzo. Oggi ci troviamo a dover convertire in legge il provvedimento in esame. Sappiamo, ovviamente, che i tempi sono strettissimi, che il lavoro svolto al Senato è stato puntuale ma sempre con un'attenzione al nostro iter legislativo, spesso un po' burocratico. Comunque, alla fine ci troviamo a dover convertire questo decreto-legge.
Il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia. È importante notare che, nel 2003, si sarebbe potuta collegare la liberalizzazione del mercato del gas con quella dell'energia elettrica; oggi ci troviamo a superare, a contenere o a rimediare a questo ritardo del Governo precedente. Non si tratta di una critica, ma di rispondere ad una necessità riuscendo finalmente oggi a dare un'opportunità anche alle nostre imprese.
Il disegno di legge all'esame della Camera contiene il testo del decreto-legge come modificato dal passaggio al Senato. Il decreto si compone sostanzialmente dell'articolo 1, che consta di alcuni commi.
Il comma 1 afferma che, dal 1o luglio 2007, l'attività di distribuzione di energia elettrica per le imprese che abbiano un numero superiore a 100 mila clienti finali è svolta in regime di separazione societaria riguardo all'attività di vendita. Ciò per dare maggiore trasparenza e, soprattutto, neutralità al sistema delle reti. Tali imprese integrate di distribuzione e di vendita dell'energia elettrica hanno alcuni tempi da rispettare: quelle che, al 30 giugno 2007, offrano energia al mercato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, devono ottemperare all'obbligo di separazione societaria, costituendo una società per azioni apposita, alla quale dovranno trasferire beni, attività e passività del proprio patrimonio, in modo tale che l'attività di vendita sia totalmente scorporata dalla distribuzione.
Il comma 2, che vorrei affrontare in modo specifico successivamente, prevede la liberalizzazione dell'energia elettrica dal 1o luglio 2007. Le famiglie possono finalmente scegliere il fornitore di proprio gradimento: continuare con quello attuale oppure sceglierne un altro. La legge prevede una garanzia per tutti quelli che, in questo momento, non sceglieranno un altro fornitore, in modo tale che essi abbiano comunque un approvvigionamento continuo di energia elettrica nelle proprie case. In questo caso, l'energia sarebbe acquistata dall'acquirente unico e l'impresa titolare del contratto di distribuzione dovrebbe continuare a garantire il flusso di energia.
La stessa garanzia è prevista per le piccole imprese, che hanno meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro. Tale garanzia permette alle imprese stesse di continuare il rapporto con l'attuale fornitore ed evita loro un problema di discontinuità con riferimento all'approvvigionamento di energia.
Il comma 3 ricorda che quello dell'energia elettrica è un servizio universale;Pag. 77spetta all'Autorità per l'energia elettrica e il gas definire alcuni standard relativi all'erogazione - trattandosi di un servizio universale - e definire transitoriamente i prezzi di riferimento, che sono funzionali ai costi del servizio, per i clienti domestici e le piccole imprese di cui al comma 2.
Il comma 4 stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, dovrebbe emanare le misure per tutelare i clienti finali dei quali abbiamo parlato prima: i clienti domestici, le famiglie e le piccole imprese, che non sono potute rientrare nel regime previsto al comma 3 con riferimento alle piccole imprese, con quel fatturato e con quel numero di dipendenti.
Il comma 5 prevede, inoltre, che le imprese di vendita dell'energia elettrica forniscano, nelle fatture e nel materiale promozionale inviato ai propri clienti finali, le informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita almeno nel periodo dei due anni precedenti, indicando le fonti informative disponibili sull'impatto ambientale della produzione, anche ai fini del risparmio energetico. Le modalità utilizzate per l'indicazione di tali informazioni saranno definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Sulla base delle disposizioni contenute nel comma 6, il Ministro dello sviluppo economico dovrebbe adottare iniziative per la sicurezza del sistema elettrico e la confrontabilità dei prezzi ai clienti finali. Sempre nel rispetto degli standard minimi di informazione, di cui al comma precedente, le famiglie dovrebbero trovare nelle bollette e sul sito web dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas le tavole di confronto tra i prezzi rilevabili sul mercato libero, diversificati per tipologie di clienti, e i prezzi di riferimento per i clienti domestici, di cui abbiamo parlato in precedenza, in base all'obbligo del servizio pubblico universale.
Infine, il comma 6-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede l'adozione da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di regolamenti volti alla semplificazione delle procedure per l'accesso da parte delle pubbliche amministrazioni a finanziamento tramite terzi e a favorirne il ricorso a servizi energetici per aumentare l'efficienza energetica.
A questo punto, vorrei sollevare un problema concernente il decreto-legge in esame; mi riferisco, in particolare, ai commi 2 e 3 dell'articolo 1. Si tratta di una questione rilevante su cui si basa quanto ho affermato in precedenza: la tariffa sociale.
Abbiamo visto che il progetto iniziale delle liberalizzazioni prevedeva addirittura un mercato libero e un mercato vincolato, proprio perché nel nostro Paese sono presenti troppe asimmetrie e differenze. Vi sono territori poveri in cui l'energia elettrica, gestita in modo privatistico, non potrebbe arrivare e dove è il mercato che impedisce l'approvvigionamento di energia, perché non vi sono né utili né profitti per nessuno.
Per quanto riguarda il comma 2, il decreto-legge prevede che, dal 1o luglio 2007, i clienti finali domestici possano recedere dall'attuale fornitore per sceglierne un altro. Nel caso in cui tale scelta non venisse effettuata, è prevista una garanzia e la funzione di approvvigionamento di energia continua ad essere svolta dall'Acquirente unico Spa. In merito, sono stati forniti due suggerimenti importantissimi: uno da parte dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, secondo cui, in realtà, per liberalizzare il mercato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
RUGGERO RUGGERI. Relatore. ..l'Acquirente unico dovrebbe cessare la propria attività; l'altro da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, secondo la quale questo tipo di liberalizzazione comporta il rischio di non tutelare la fascia più debole (vi è il rischio dei furbetti dell'energia, che potrebbero aumentare i prezzi).Pag. 78
Per quanto riguarda i prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica, l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato non vorrebbe che fossero considerati secondo le modalità indicate dalle disposizioni del comma 3, perché ritiene che i suddetti possano modificare il gioco della domanda e dell'offerta del mercato, mentre conviene sulla necessità di un riferimento alle fasce più deboli. Per tali due ragioni e non potendo presentare emendamenti, ho formulato un ordine del giorno in modo tale che la fascia sociale più debole sia comunque tutelata e preservata in base al disegno originario delle nostre liberalizzazioni e che il Ministero dello sviluppo economico, quando elaborerà i regolamenti, preservi i tempi e le necessità di tutela delle fasce più deboli (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo concorda con quanto esposto dal relatore e si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Vorrei però sottolineare un aspetto - al riguardo il Governo ha la medesima preoccupazione del relatore - relativo ai ceti deboli e alle tariffe sociali. Stiamo lavorando attivamente per addivenire ad una soluzione tecnica che vada incontro all'obiettivo sociale e politico di permettere a chi si trova in una situazione di incapienza di reddito la fruizione dell'energia elettrica per la soddisfazione dei bisogni essenziali e, quindi, per fare in modo che la luce non si spenga mai nel nostro Paese anche per chi certamente non conduce una vita di sprechi, ma di minima sussistenza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento svolgendo una considerazione di natura personale che ritengo necessaria. Sono imbarazzato nell'affrontare il tema in discussione per diversi ordini di motivi. Il primo è di natura personale: per la vecchia amicizia che mi lega al relatore mi sono commosso nel vederlo così in difficoltà quando ha concluso il suo intervento con un'ammissione di impotenza vera e propria; egli infatti ha affermato che, non potendo presentare proposte emendative, si è limitato a formulare un ordine del giorno.
Alla luce di ciò, mi vorrei appellare alla sensibilità che riconosco al Presidente della Camera per ricordargli che, ancora una volta, stiamo assistendo all'ennesima farsa all'interno di quest'aula. Sentir dire ad un relatore, ad un parlamentare di maggioranza che un provvedimento non è emendabile per ragioni politiche tutte interne alla maggioranza stessa dà il senso di quale sia il livello di scadimento del dibattito politico che si è registrato all'interno della Camera dei deputati negli ultimi mesi e, in particolare, negli ultimi giorni. Noi, al contrario del collega Ruggeri, abbiamo presentato alcune proposte emendative in Commissione: in tale sede ci è stato bellamente risposto che erano tutte molto interessanti, ma che, in ogni caso, non potevano essere votate. Siamo di fronte ad una situazione in cui risulta imbalsamata l'attività della Camera e quel poco che riusciamo ad analizzare, a valutare, a discutere in termini legislativi è ciò che residua dalla discussione ferma e bloccata al Senato.
Ritengo necessaria tale premessa, perché è in forza di tale considerazione che va analizzato il provvedimento in esame. Quando si parla, anche con riferimento alla relazione tecnico-finanziaria che accompagna la normativa, addirittura di provvedimento necessitato, mi spavento e, al riguardo, non avrei più nulla da aggiungere. Se è necessario, dobbiamo adeguarci alla normativa comunitaria;Pag. 79avevamo la necessità di farlo molto tempo prima, ma siamo arrivati in ritardo e già questo elemento potrebbe essere un motivo per mantenere le nostre critiche e le nostre perplessità. Il ritardo, a detta del relatore, è in gran parte ascrivibile al Governo precedente, ma non ne sono assolutamente convinto: il ritardo potrebbe essere ascrivibile al Governo precedente se ci si riferisse al 1o luglio del 2006, ma noi stiamo discutendo del 1o luglio 2007.
Se si sapesse che, entro il 1o luglio 2007, si sarebbe dovuto realizzare il detto adeguamento, sarebbe vero che si è verificato un ritardo del Governo precedente, ma vi è stato anche un ritardo da parte dell'attuale Esecutivo. Affermo ciò perché credo si tratti della sostanza del problema. In altre parole, siamo di fronte all'ennesimo tentativo di portare avanti un provvedimento «a spizzichi e bocconi», in un contesto di grande confusione che si è determinato nel momento in cui si è inteso spostare la discussione di parti di questa grande riforma concernente il sistema energetico del nostro Paese (ad essa avevamo guardato con un certo interesse) nell'ambito del provvedimento sulle liberalizzazioni.
Abbiamo assistito ad un anno di dibattito sulla stampa, più che nelle aule parlamentari, fra parti della stessa maggioranza, che si sono energicamente contestate e contrastate fra di loro, creando una situazione per cui, da più di un anno, gli esponenti della maggioranza ricordano sistematicamente in questa aula che al Senato giacciono due provvedimenti, uno sui servizi pubblici locali (meglio noto come decreto Lanzillotta), l'altro sull'energia (meglio noto come decreto Bersani). È trascorso più di un anno dal momento in cui questi provvedimenti sono stati annunciati e, a distanza di un anno, qual è la situazione che oggi ci troviamo ad affrontare? È una situazione per la quale rincorriamo periodicamente solo ed esclusivamente le scadenze imposte dall'Unione europea. Per il resto, siamo riusciti a produrre molto poco, e quel poco che è stato prodotto è tutto da vedere in termini di innovazione legislativa; ancora oggi il relatore ci ricorda che non esistono vere e proprie garanzie per le fasce deboli, a prescindere dal fatto che, anche in questo provvedimento, si siano inseriti elementi che rafforzano il ruolo di controllo e di vigilanza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di fatto dando luogo ad una contraddizione in termini.
Inoltre, non si scioglie alla base il nodo del problema costituito dalla programmazione energetica.
Tutti i provvedimenti citati mancano di un cuore, di un'anima, di un'idea, generale e globale, che dia ampio respiro alle politiche energetiche del nostro Paese.
Credo sia fondamentale partire da tali premesse, in quanto, nel momento in cui, ad un certo punto, si continua a rivendicare la necessità che il Governo, i nostri rappresentanti parlamentari, o i nostri rappresentanti in commissione a Bruxelles si adoperino e si diano da fare affinché si giunga in tempi rapidi alla nascita di un progetto di politica condivisa e di politica comunitaria in materia energetica, ci si dimentica che l'auspicio è condiviso, ma mancano le basi.
Non possiamo pensare di continuare a lamentarci del fatto che non esista una politica energetica comunitaria solo a causa delle cosiddette asimmetrie - così le ha definite il collega Ruggeri - dovute ai comportamenti e agli atteggiamenti che i singoli Paesi hanno nell'ambito delle applicazioni normative stesse, ma anche nell'ambito dell'applicazione delle proprie strategie, perché è di questo che stiamo parlando. Quando - onorevole Ruggeri - ci chiediamo il motivo per cui la Francia continui ad insistere in una certa strategia, ci dobbiamo anche chiedere per quale motivo in tale paese esista comunque una strategia, giusta o sbagliata che sia, più o meno allineata con le normative comunitarie, mentre in Italia non ve n'è alcuna. Infatti, diventa estremamente difficile, in assenza di una strategia generale, individuare l'obiettivo da raggiungere.
In tale contesto, se l'attività del Parlamento si deve ridurre ad una mera applicazione, con modalità e meccanismiPag. 80pseudonotarili, per di più in ritardo, delle imposizioni che provengono dalla normativa comunitaria e noi accettiamo tale ruolo, nonché tale soluzione, significa che abbiamo, di fatto, ammesso la nostra sconfitta; è vero che abbiamo un ruolo legislativo, ma è anche vero che al Governo spetta un ruolo di programmazione e di visibilità di medio e lungo periodo.
Manca tale visibilità di medio e lungo periodo, e contrariamente al relatore, non riesco a capire dove siano i forti investimenti di cui si parla in materia, ad esempio, di politiche energetiche che tendono alla creazione di un sistema basato su fonti alternative.
Non riesco a capire come si possa sostenere che questo Governo ha attuato una serie di meccanismi virtuosi che ci porteranno lontano e che riusciranno nel loro intento di darci una certa stabilità in termini di produzione energetica, quando è di questi giorni la notizia che il Ministro Pecoraro Scanio ha azzerato di fatto la commissione di valutazione di impatto ambientale al Ministero.
Infatti, con questo piccolo meccanismo apparentemente innocuo, ha fatto sì che quasi una trentina di progetti - nella quasi totalità si trattava di progetti per la produzione di energia, anche da fonti rinnovabili, per lo stoccaggio del gas o per altre iniziative in tema di riscaldamento: il caso eclatante è quello del teleriscaldamento di Brescia - vadano a farsi benedire, perché scadono i termini, e addirittura qualcuno di questi progetti torna indietro con il parere contrario.
Non mi risulta che l'azione politica del Governo sia stata finora nei fatti, non nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa, tale da poter pensare che qualcuno dei tanti progetti sparsi per il territorio di questo Paese, che andavano nella direzione di dare allo stesso maggiore autonomia energetica, abbia avuto in realtà una conclusione positiva. Mi risulta il contrario, ossia che si siano attuate tutte le possibili iniziative che scongiuravano la realizzazione degli impianti stessi.
Quindi, di fatto, siamo in una situazione per la quale continuiamo a invocare o a evocare la necessità che vengano realizzati i rigassificatori, continuiamo a dirci che servono gli stoccaggi per il gas, continuiamo a raccontarci che servono sistemi di teleriscaldamento che vadano anche nell'ottica del recupero energetico e del miglioramento della produzione energetica e - perché no? - del maggior sfruttamento delle fonti alternative, ma, da un anno a questa parte, non viene approvata la realizzazione di nessuno di tali impianti, vanificando qualsiasi tipo di sforzo in termini di impostazione e di programmazione.
Dunque, credo che a questi quesiti vadano date delle risposte. Oltretutto, non abbiamo gradito - dichiariamo tutto il nostro disappunto - il fatto che, al contrario di quanto è avvenuto al Senato, dove si è potuto procedere alla modifica del testo originario, che constava di un articolo solo e oggi è invece qualcosa di ben più corposo, non ci venga data possibilità di discutere di nulla e, nel frattempo, ci venga comunque fatta digerire una modalità di procedere per la quale a un provvedimento sull'energia elettrica viene aggiunta una piccola estensione in materia di gas, che non è banale e che non è assolutamente irrilevante da nessun punto di vista. Se è vero, infatti, che c'era un termine perentorio, il 1o luglio 2007, per adeguarsi alle disposizioni comunitarie in materia di energia elettrica, non capiamo per quale motivo si è dovuto inserire un meccanismo di perentorietà anche per il gas.
Oltretutto, anche in questo caso, ciò ha scatenato polemiche tutte interne alla maggioranza, che sono sfociate in iniziative sterili. Abbiamo assistito alla farsa dell'onorevole Quartiani, autorevole esponente della maggioranza, che è venuto in Commissione attività produttive presentando un emendamento - è l'ennesima volta che succede da un anno a questa parte - che impegnava il Governo ad operare in modo drastico e in tempi, dal suo punto di vista, stringenti la separazione della proprietà delle reti del gas, ormai famosa vicenda.Pag. 81
Abbiamo visto l'onorevole Quartiani stoicamente impegnato a mantenere l'emendamento, nonostante l'invito caloroso al ritiro effettuato dal Governo, e vedersi rifilare una mazzata in mezzo ai denti, come a tutti gli altri parlamentari. In questo senso, devo dire che c'è stato un atteggiamento assolutamente democratico: si è detto «no» a tutti, maggioranza e opposizione. Ripeto che non stiamo facendo i legislatori, stiamo facendo i notai. Stiamo qua, a fare da guardia e a ratificare quello che faticosamente riesce «a spizzichi e bocconi» a uscire dai lavori del Senato.
Tali valutazioni vanno svolte con grande serenità e ci porteranno ad assumere un atteggiamento critico. Abbiamo presentato alcuni emendamenti, pochissimi, a onor del vero, qualificati, che riguardano le questioni che vi ho anticipato nel corso dell'intervento e ci auguriamo che, una volta tanto, ci sia una spinta d'orgoglio - ma non ci crediamo più molto - da parte dei deputati, affinché prendano seriamente in considerazione gli emendamenti, prescindendo dal fatto che, come ci ha ricordato l'onorevole Ruggeri, di fatto non si possono presentare emendamenti, come se per questo ramo del Parlamento, in realtà, non esistesse nessun ruolo se non quello di ratificare l'operato di altri, che non abbiamo condiviso né nella forma né nella sostanza.
Pertanto, anticipo sin d'ora che cercheremo, in ogni caso, di discutere il più possibile all'interno di quest'Assemblea - ammesso che ce ne venga data la facoltà - il testo in esame, che, evidentemente, non ci appassiona, ma che è l'unico in materia di energia sul quale possiamo discutere.
Non si tratta di un testo risolutivo, perché - lo ripeto, signor Presidente - avremmo preferito discutere in quest'aula, in queste settimane, in questi mesi (forse anche qualche mese prima!) il testo di un provvedimento quadro, che somiglia molto a quel disegno di legge presentato dal Ministro Bersani al Senato (somiglia molto), perché, sostanzialmente, sulla maggior parte delle questioni vi è condivisione); avremmo preferito ragionare su un argomento di ampio respiro, che restituisse anche un po' di dignità alla nostra attività di parlamentari.
Registriamo che il nostro ruolo continua ad essere svilito e ne prendiamo atto. Ci auguriamo che, dopo le vacanze, vi sia un atteggiamento diverso da parte di questa maggioranza e che ci sia data la possibilità di discutere seriamente anche di qualcuno dei veri problemi che attanagliano il Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sarebbe davvero troppo facile liquidare il provvedimento in discussione come un semplice atto di recepimento di norme comunitarie nell'ordinamento del nostro Paese. Se lo facessimo, perderemmo di vista l'essenza stessa di esso, che, invece, riveste un rilievo davvero più importante di quella marginalità che qualcuno di voi gli ha voluto attribuire.
Non stiamo semplicemente discutendo su come ovviare ad una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea - l'ennesima che viene promossa contro il nostro Stato - ma, semmai, stiamo affermando che il tema vitale e fondamentale dell'energia non rientra più nella disponibilità legislativa di questo Parlamento.
Sarebbe poco edificante - mi rivolgo ai rappresentanti della maggioranza - ricercare (e non lo voglio fare) le responsabilità dei ritardi accumulati nel primo anno del vostro Governo. Non voglio nemmeno richiamare la primogenitura della scelta di abdicare al potere di governo sul campo dell'energia, perché dovrei tornare al 1999, quando il Ministro Bersani aveva deciso di adottare - attraverso un decreto anche allora - il principio della liberalizzazione incontrollata, funzionale soltanto come paravento strategico di quella coalizione.
Preferisco, invece, rivolgere e soffermare lo sguardo sull'assenza di una strategia vera del Paese, dello Stato e delPag. 82Governo, in tutte queste accezioni, e su ciò voglio sottolineare la diversità delle posizioni.
Consideriamo, in primo luogo, il concetto di liberalizzazione dei mercati, già sostanzialmente recepita - come affermavo - alla fine degli anni Novanta, con l'ormai noto decreto Bersani sulla denazionalizzazione del sistema energetico italiano. La prima considerazione sorge spontanea: la liberalizzazione del mercato energetico rappresenta davvero l'esigenza economica di un Paese per sviluppare senza vincoli l'offerta di tariffe e di servizi? Noi riteniamo che questo sia un elemento sostanziale e determinante per la crescita del nostro Paese.
Voglio, tuttavia, anche sperare, colleghi della maggioranza - e credo di poter rivolgere questo auspicio anche al rappresentante del Governo -, che nessuno di noi possa illudersi che un decreto che contiene nel titolo il concetto della liberalizzazione possa davvero generarla. Ritengo che, se qualcuno si fosse illuso di ciò, molto presto potrebbe constatare il conflitto del suo auspicio con la realtà.
La liberalizzazione, nel suo concetto, deve generare sviluppo, deve poter aumentare l'offerta e deve mettere in condizione il cittadino, l'utilizzatore e il cliente finale dell'energia di avere la concorrenza davanti a sé, per scegliere l'opzione tariffaria e la qualità dei servizi migliori che il mercato gli possa offrire.
Tuttavia, colleghi - mi rivolgo al relatore - la liberalizzazione non si genera per decreto-legge. Il decreto-legge - questo, in particolar modo - non può generare un processo di liberalizzazione del mercato energetico nel nostro Paese e non deve nemmeno rappresentare ciò che, invece, sta sostanzialmente rappresentando per voi e per il Ministro Bersani (che ne fa vanto e bandiera, di qua e di là), vale a dire il paravento per gestire il mercato attraverso strumenti finanziari, società e, molto spesso, cooperative, le quali si sono già protese e organizzate, già allungano la mano su un settore strategico come quello dell'energia.
Non ci può essere liberalizzazione - mi rivolgo al rappresentante del Governo - se non ci sono le condizioni tecniche e infrastrutturali per realizzarla concretamente. Credo che, prima di tutto, occorra davvero verificare l'impatto della infrastrutturazione del nostro Paese su questo concetto, da voi richiamato, della liberalizzazione. Innanzitutto, con quale rete di distribuzione elettrica ed energetica, in Italia, vogliamo far fronte al principio e al processo della liberalizzazione? Forse, scindendo le società che gestiscono il mercato e le reti? Credo che nessuno di voi possa illudersi del fatto che una società che ha il controllo di entrambi i settori possa, sostanzialmente, soltanto attraverso una passaggio societario, eludere il controllo di ambedue. È un'illusione che credo possiate davvero riscontrare negativamente sulla realtà. Chi gestisce le reti e le infrastrutture continuerà, anche attraverso questo decreto-legge, a gestire il servizio commerciale.
Mi pongo, inoltre, un problema. Relativamente a tale liberalizzazione che volete proporre anche attraverso il decreto-legge in esame, che recepisce una direttiva che va incontro anche ad un'infrazione comunitaria, mi pongo una serie di domande. Perché non autorizzate i rigassificatori? Perché non sposate linee importanti, come il termodinamico solare? Perché non ne fate un cavallo di battaglia del vostro Governo? Perché bloccate tutte le centrali idroelettriche? Perché bloccate tutte le centrali che, anche nel campo del fossile, hanno il fondamento per la produzione di nuova energia per il Paese?
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,50)
MAURO PILI. Che fine hanno fatto i processi di cogenerazione? Che fine ha fatto un processo di realizzazione di reti transeuropee energetiche, sulle quali questo Governo - così come per le grandiPag. 83infrastrutture - è totalmente latitante, assente e colpevolmente e dichiaratamente responsabile?
Mi chiedo perché non ci mettiamo nelle condizioni di dare a questo Paese quelle reti infrastrutturali e quella capacità tecnica di poter acquisire, ad esempio, l'energia interrompibile (quella che arriva dai Paesi, per esempio, dell'Est) la quale, nel mercato e nel libero scambio dell'energia da un Paese all'altro, può essere utilizzata, laddove fosse in surplus in altri Paesi, acquisendola temporaneamente a costi molto bassi e abbattendo, così, la media del costo energetico del nostro Paese. Tutto ciò si è bloccato.
Liberalizzazione significa mettere in condizione diversi soggetti di concorrere. Oggi state consentendo un processo di liberalizzazione monopolista, in altre parole dite che sì, si aprono i mercati, ma consentiamo solo ad uno di essi di gestire quel settore. Questo, colleghi, è il processo che si sta verificando sull'alternatività delle fonti come quelle del carbone, del metano e dello stesso petrolio, ma anche sul piano dell'acquisizione di potenzialità energetiche da diversi fronti del mondo.
È indubbio che il Ministro Bersani stia perseguendo un'azione forte e stringente verso Gazprom, verso il gas che arriva dalla Russia.
Tuttavia, è altrettanto vero che c'è un'azione dilatoria del Governo Prodi, in particolar modo del Ministro Bersani, verso quel progetto che puntava ad acquisire nuove potenzialità energetiche, per esempio dall'Algeria, tramite la stessa potenzialità energetica del metano della Nigeria, attraverso quel metanodotto che dall'Algeria passando per la Sardegna avrebbe convogliato oltre 10 miliardi di metri cubi di metano verso l'Italia e l'Europa.
Anche su quel fronte si punta a stabilire il monopolio dell'ENI, a cui non si vuole fare nessun torto, così come forse non lo si vuole far all'ENEL perché politicamente essi sono funzionali a questa maggioranza, in quanto funzionali ad un processo che non vede la liberalizzazione quale il vero obiettivo, ma semmai il controllo dell'energia nel nostro Paese.
Per non rendere la liberalizzazione un'anarchia strutturale verso il monopolio e per stabilizzare l'offerta, occorre mettersi nelle condizioni di avere pluralità di fonti energetiche e di approvvigionamenti. Tuttavia, oggi in Italia ciò trova un ostacolo, da Pecoraro Scanio fino al Ministro Di Pietro, per arrivare a tutti quei soggetti che hanno l'obbligo di dare risposte in termini anche autorizzativi ai processi amministrativi che vanno dall'autorizzazione per l'impatto ambientale al superamento di tutte le procedure richiamate più volte nelle leggi di questo Paese e rende questa liberalizzazione funzionale al perseguimento di un monopolio di pochi nella gestione dell'energia.
Sostanzialmente pensate di volare, di far volare il mercato dell'energia senza dare ad esso le ali; state tentando di fare una frittata senza avere le uova; volete liberalizzare il mercato dell'energia, ma non fate nulla per acquisire energia. Ciò è davvero un esempio di come la demagogia, la mistificazione e il tentativo demagogico di fornire degli apporti strategici al nostro Paese si scontrino con i fatti concreti, che invece vengono elusi dalle azioni.
Il Paese non è tutto uguale: ci sono realtà che hanno gap infrastrutturali che rendono molto più difficile la possibilità di far scorrere da una parte all'altra, da nord a sud, da est e ovest, l'energia del nostro Paese.
Cito - non perché sono un convinto regionalista - il caso della Sardegna: i sardi pagano il 40 per cento in più del costo energetico nazionale e molto di più di quello europeo, perché le condizioni infrastrutturali non consentono loro non solo di scegliere un'alternativa al produttore e al distributore di energia, ma neanche di far arrivare in Sardegna altra energia se non quella che effettivamente si produce in quell'area.
Occorre parametrare e differenziare le tariffe energetiche, non agevolate, ma riequilibriatrici per determinati settori e aree geografiche del Paese e vorrei richiamarePag. 84il sottosegretario, perché il Ministro Bersani ha responsabilità oggettive su quanto sto per dire.
Il Governo Berlusconi nel 2004 ha scritto e approvato un provvedimento in cui sostanzialmente si afferma che per quei settori (cito le energivore, le grandi industrie metallurgiche del Paese, da nord a sud) bisogna stabilire delle tariffe, che siano capaci di riequilibrare il costo con la media europea.
Il Governo Prodi, con il Ministro Bersani, non solo non si adopera per difendere quel provvedimento in sede comunitaria, ma non propone neanche alternative. L'alternativa che oggi avanzate, così minuta e così marginale, non affronta nemmeno il tema degli oltre trentamila lavoratori che rischiano di rimanere per strada, perché questo Governo non ha saputo dare alcuna risposta sul tema.
Bisogna disciplinare e regolamentare la tutela laddove questa non esista per le condizioni reali di liberazione del mercato e occorre dare a quelle aree del Paese, che pure esistono e che possono essere riscontrate, la capacità di governare, attraverso il mercato, tariffe e servizi, mettendosi nelle condizioni di fornire pluralità di offerta, in un senso e nell'altro.
Mi domando - mi rivolgo al relatore - come ha detto poc'anzi anche il collega della Lega Nord nel suo intervento, se questo sia un Parlamento che legifera o che subisce.
È un Parlamento che dimentica la sua funzione strategica, costituzionalmente riconosciuta, di legiferare su temi rilevanti.
Non cito e non voglio richiamare la confusione costituzionale che avete introdotto nel 2001, per cui una parte dell'energia è di competenza dello Stato, l'altra delle regioni: superiamo pure questo. La realtà è che il Parlamento viene oggi chiamato a subire l'azione pressante dell'Unione europea, che si dimentica di valutare come assolutamente fondanti le diversità tra Paesi e la necessità di recuperare il bisogno di energia, attraverso un processo innanzitutto infrastrutturale e, conseguentemente, di liberalizzazione.
Credo che il vero motivo della procedura di infrazione che l'Unione europea ha avanzato risieda proprio nell'assenza, da parte del Governo e del Parlamento, di una strategia e di una proposta ascendente. Non vi è stata, in questi anni - lo dico forse anche per la parte che compete il nostro Governo - la forza d'urto di contrapporre all'Unione europea una proposta ascendente, che sapesse diversificare i tempi e i modi della liberalizzazione, mettendoci nelle condizioni di dare a tutti una risposta importante su questo fronte.
Credo che le disposizioni del decreto-legge che avete richiamato vadano sostanzialmente sostenute, in alcuni casi, e noi, pure nell'articolazione del voto, le sosterremo, ma è evidente che vi è una stridente esigenza di richiamare il Parlamento e questo Governo alle proprie responsabilità, politiche e amministrative, per alcuni passaggi che sono stati totalmente elusi e che, invece, avrebbero dovuto essere affrontati.
Oggi arriviamo in ritardo perché in questo anno non sono stati adottati i provvedimenti, secondari ma fondamentali, di attuazione delle norme vigenti nel nostro Paese: avete fatto venir meno quei decreti legislativi che potevano, anzi, dovevano attuare tutto il processo di liberalizzazione energetica nel nostro Paese. Credo che stia passando per accertato e per vero quell'assunto della Commissione europea che, per quanto mi riguarda, rasenta la follia utopistica di chi non conosce la realtà dei fatti e l'articolazione dell'Europa. Infatti, se è vero com'è vero che la direttiva 2003/54/CE, di cui ci stiamo occupando, nel considerando numero 21 afferma che l'Unione europea considera che l'apertura progressiva del mercato alla piena concorrenza dovrebbe eliminare il più presto possibile le differenze tra Stati membri. Se questo è l'assunto, se questo è ciò che scrive in una direttiva l'Unione europea, stiamo dichiarando che in Italia, all'interno della stessa articolazione regionale del nostro Paese, non vi siano sostanziali differenze, anche strutturali e permanenti, che debbano essere affrontate con maggiore lungimiranza,Pag. 85non solo con un semplice decreto-legge che affronta una procedura di infrazione.
Lo dicevo poc'anzi con il Ministro Bonino in Commissione: uno dei vanti dell'attuale Governo è quello di riuscire a eliminare le procedure di infrazione comunitaria e una di esse è appunto quella che riguarda il mercato energetico, ma non conta, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il numero delle infrazioni: conta il risultato programmatico e politico che si assume nel confronto con l'Unione europea.
Serve a poco eliminare un'infrazione se quella viene subita. Abbiamo scambiato il processo comunitario per un ruolo che vede il Parlamento succube delle decisioni comunitarie, non «apripista» ma inseguitore di un processo, nella fattispecie quello energetico, che altri hanno deciso e dove noi e voi, in particolar modo, non avete avanzato alcuna strategia.
L'inserimento nel decreto-legge di alcuni passaggi, che costituzionalmente dovevano richiamare la straordinarietà e l'esigenza di un'urgenza riscontrabile, ci può solo trovare assolutamente contrari: si tratta di un processo che mira, anche in questo caso, a mettere il Parlamento - diciamo così - con la pistola alla tempia, costringendolo ad approvare provvedimenti che hanno altra natura, che dovrebbero avere altri percorsi e iter legislativi.
Come si può condividere il fatto che il percorso del decreto-legge che avete proposto per assumere un processo di governo del regime commerciale ed energetico in Italia non tenga conto dell'elemento sostanziale, cioè quello della infrastrutturazione e della produzione energetica? Credo, colleghi, che il manifesto che avete assunto come parabola del vostro Governo, cioè la liberalizzazione, si scontri davvero con l'assenza di qualsiasi progetto concreto in tal senso.
Non esaminerò punto per punto, pur comprendendo che forse nell'arco dell'esame dei singoli articoli e delle proposte emendative vi sarà occasione per questo; ma è evidente che non possiamo non sottolineare alcuni rilievi, che ci richiamano sostanzialmente alla natura illusoria del provvedimento. Cercheremo di smontare, pezzo per pezzo, durante il dibattito di dettaglio, un provvedimento che non ha la capacità di affrontare il problema, ma ha solo l'obiettivo di eluderlo.
Il Governo Prodi, il Ministro Bersani non si sono messi nelle condizioni di decidere. Ancora una volta, come è stato per il DPEF e per ogni provvedimento strategico e programmatorio di questo Governo, si punta a tergiversare e a posticipare. Il vostro vero leitmotiv, il motivo conduttore del vostro agire è «tergiversare e posticipare». E anzi, a questo si aggiunge il vincolo, il limite della vostra azione politica innato nel vostro stesso raggruppamento politico.
Cito per esempio il caso del carbone. Il Ministro Bersani, con l'aspirante leader del Partito democratico Enrico Letta, ha l'altro giorno sostenuto a Palazzo Chigi che delle opinioni del Ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio non gli importa assolutamente niente. Hanno detto, scritto e sostenuto che, nel piano delle locazioni del CO2, il carbone in Italia è strategico. Io condivido tale opinione, ma credo che, dall'altra parte, con l'altro braccio, il Governo comunicasse all'Unione europea che l'Italia stava cancellando tutto il CIP6, cioè il contributo funzionale anche a fonti alternative, per il carbone, quindi bloccando di fatto quello che esiste e anche quello che si dovrà realizzare. In altri termini le contraddizioni ambientali strategiche di questo Governo bloccano la vera liberalizzazione del mercato energetico, quello che noi stiamo cercando di perseguire, che voi avete bloccato, che avete in tutti i modi, dal piano infrastrutturale a quello strategico, messo a repentaglio, perché avete posto alla base del vostro ragionamento una liberalizzazione senza energia, senza progetti e senza futuro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, colleghi, ancora una volta dobbiamoPag. 86sopperire ad un ritardo e ad una sottovalutazione colpevole del precedente Governo, che sul tema dell'energia ha brillato per inefficienza ed inefficacia.
Faccio presente ai colleghi che hanno parlato prima di me che non solo esiste in questo Paese un provvedimento, ma che tale provvedimento ad opera del Ministro Marzano risale alla fine del 2004, e reca: «Riordino del sistema energetico nazionale», con il risultato che tutti oggi affermano che non esiste un riordino al sistema energetico in questo Paese e che bisogna realizzarlo. Già questo la dice lunga sulla qualità del prodotto legislativo che avete confezionato nei cinque anni precedenti.
Dopo un solo anno ci troviamo non solo di fronte a una direttiva, ma a una discussione importante che dovrebbe continuare al Senato (mi auguro velocemente), alla ripresa dei lavori, per un riordino vero del sistema energetico.
Questo è un primo provvedimento importante. La direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, prevede che gli Stati membri provvedano affinché, a decorrere dal 1o luglio 2007, siano idonei tutti i clienti finali del settore elettrico, compresi i clienti domestici. Dal 1o luglio 2007, infatti, è cliente idoneo ad accedere al mercato libero ogni cliente finale, nel rispetto della legge n. 239 del 2004, in recepimento della citata direttiva.
In attesa che il disegno di legge A.S. 691 sia approvato, è necessario introdurre misure a tutela del consumatore finale, che impediscano l'aumento ingiustificato delle tariffe e che mantengano inalterati i livelli di tutela previsti dalle norme comunitarie, nonché regole che definiscano il trattamento dei clienti liberi, rimasti, di fatto, all'interno del mercato vincolato. Al contrario, la legge 23 agosto 2004, n. 239, approvata dunque sotto il Governo precedente, ha introdotto al suo interno tale scadenza senza però definire quali regole e quali regimi di tutela si applichino agli utenti finali.
Con il decreto-legge al nostro esame, si anticipano in parte i contenuti del disegno di legge del Governo A.S. 691, ovviamente più organico e più completo, che, come già si è accennato, è in discussione al Senato della Repubblica e che riguarda la concessione di una delega sull'energia e sul gas naturale. Lo stato dell'iter parlamentare di tale disegno di legge per il completamento del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, approvato nel giugno del 2006 dal Governo e recentemente licenziato dalla competente Commissione del Senato in prima lettura, non consente di adottare il previsto decreto delegato in tempo utile.
È necessario che l'ingresso del mercato domestico nel mercato libero avvenga con regole certe e mantenendo inalterati i livelli di tutela dei clienti previsti dalle norme comunitarie. È, altresì, necessario ed urgente ridefinire il trattamento riservato ai clienti liberi, che sono rimasti di fatto all'interno del mercato vincolato (piccole industrie, professionisti ed artigiani), per i quali la Commissione europea ha già rilevato elementi di non conformità dell'ordinamento nazionale alle direttive in materia e, tra l'altro, un eccesso di tutela regolatoria con proprio parere motivato del 12 dicembre 2006.
L'intervento tramite decretazione d'urgenza si rende, dunque, indispensabile per evitare sanzioni allo Stato italiano e rischi nella regolarità e nei prezzi delle forniture a tutti i clienti domestici italiani, come messo in luce dalla recente comunicazione del 14 maggio scorso dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas al Parlamento e al Governo.
Le norme d'urgenza che si propongono riguardano la modifica delle disposizioni dell'ordinamento nazionale che oggi si pongono in contrasto o che non sono adeguate rispetto alla completa liberalizzazione del mercato, in un'ottica di transizione graduale ed evolutiva del mercato.
Si prevede in primo luogo l'obbligo di separazione societaria tra l'attività di vendita e l'attività di distribuzione. Anche su questo aspetto, però, occorre maggiore chiarezza. Credo infatti che, già attraverso ordini del giorno, piuttosto che nel provvedimento in esame al Senato, occorraPag. 87chiarire il quadro: chi detiene le attività di produzione non può detenere anche attività di vendita. Su questo punto, peraltro, credo vi sia già una disponibilità che va estrinsecata nel modo migliore.
In secondo luogo, si detta la disciplina della fornitura dell'energia elettrica ai clienti finali - domestici e non - che possono essere inclusi nel regime di tutela. In proposito, occorre distinguere due categorie di clienti, in relazione al grado di tutela accordabile: i clienti domestici, per i quali, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva, si propone, in assenza di fornitura sul mercato libero, che sia garantita l'erogazione del servizio in continuità con la situazione attuale; i clienti finali non domestici, per i quali è necessario diversificare le forme di garanzia, riservando il regime previsto per i clienti domestici solo alle piccole imprese connesse in bassa tensione e aventi i requisiti in termini di numero di dipendenti e volume di fatturato annuo di cui all'articolo 3 della direttiva.
In terzo luogo, si dettano le condizioni per il servizio di fornitura automatica di energia elettrica, secondo condizioni standard definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
In quarto luogo, si dettano le modalità di regolazione del servizio di fornitore di ultima istanza, ossia quello erogato transitoriamente ai clienti non domestici non rientranti nel regime di tutela, che non hanno scelto un fornitore o che transitoriamente abbiano perso il fornitore, allo scopo di garantire la continuità del servizio.
In quinto luogo, si dettano le norme necessarie per rendere effettivo l'obbligo, previsto dall'articolo 3 della citata direttiva, di fornire ai propri clienti le informazioni sul mix di combustibili utilizzati per la produzione dell'energia elettrica fornita.
Infine, si dettano le norme necessarie a garantire, in forme funzionalmente connesse alla completa apertura del mercato elettrico, la continuità delle attività di ricerca e sviluppo nel settore elettrico.
Allo scopo di rendere meno traumatica la transizione da un mercato vincolato ad uno libero si è scelta un'accentuata gradualità rispetto all'attuale sistema di fornitura e vendita per le famiglie. L'impianto generale del provvedimento in discussione, quindi, è teso a sviluppare la concorrenza, a tutelare i consumatori nella transizione al nuovo e a rendere, inoltre, i consumatori consapevoli della questione dell'impatto ambientale nell'uso dell'energia.
Circa la concorrenza, essa è favorita dagli interventi di separazione delle reti e dall'accesso all'informazione da parte delle società di vendita. Con la separazione si garantisce la neutralità delle società di gestione delle infrastrutture e delle attività di vendita, si annulla il vantaggio informativo che viene dalle società di vendita legato a società di distribuzione e si impedisce che le società di distribuzione trasferiscano a quelle di vendita a loro legate i propri clienti (anche se su questo punto occorrono, ripeto, maggiori garanzie).
Circa la garanzia ai consumatori che non hanno scelto il nuovo fornitore, si è deciso di non modificare sostanzialmente le attuali condizioni, in modo da introdurre la novità della liberalizzazione in modo graduato, contenendo i costi del cambiamento ed assicurando la continuità nell'erogazione.
A garanzia del piccolo utente sta anche il fatto che l'Autorità per l'energia elettrica avrà l'organo preposto al controllo su cambiamenti di prezzi a sfavore del consumatore o su modifiche delle condizioni contrattuali.
Circa la consapevolezza dei consumatori, l'obbligo dell'informazione sulla composizione della miscela energetica fornita dovrebbe dare al singolo consumatore strumenti per operare una scelta ragionata e cosciente e dare inoltre visibilità e, dunque, incentivare quelle società di produzione maggiormente impegnate nella ricerca e nella produzione di energie rinnovabili e non inquinanti. L'auspicio finale è che la domanda possa divenire elementoPag. 88propulsore verso energie pulite, premiando i produttori che perseguono tale obiettivo.
Le modifiche apportate al Senato nell'iter del provvedimento sono tese a tutelare ulteriormente i piccoli utenti e, in particolare, le famiglie. Al comma 1 dell'articolo 1 si inserisce il rispetto della privacy da parte delle imprese di distribuzione; al comma 2 si cerca di rafforzare la posizione dei piccoli utenti, anche attraverso l'associazione volontaria della categoria; al comma 3 si prevede che i Ministeri competenti emanino norme volte a tutelare utenti in particolare condizioni di svantaggio economico o in particolari condizioni di salute. Al comma 6, infine, si precisano ulteriormente le iniziative per la sicurezza del sistema elettrico e la confrontabilità dei prezzi, anche attraverso le informazioni che siano accessibili sulla bolletta e sul sito dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Il nostro giudizio è, dunque, positivo: il decreto-legge, della cui conversione stiamo discutendo, coglie aspettative dei consumatori ed elimina le possibilità di sanzioni nei confronti del nostro Paese. Con il provvedimento in discussione al Senato, esso può dare un serio contributo sia sulle questioni ambientali, sia su quelle relative alla maggiore garanzia del risparmio agli utenti finali.
Nei cinque anni precedenti, signor Presidente, nessuna di tali misure è stata assunta, con una inerzia colpevole tesa solo a garantire gli interessi dei produttori. La compensazione è lunga, ma con il provvedimento al nostro esame si può sicuramente dire che essa è iniziata.
Il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo sosterrà il Governo in questo percorso di risarcimento che stiamo cercando di dare al Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi riferisco con tutto il rispetto necessario ai colleghi «sopravvissuti» alle fatiche degli ultimi giorni di luglio ed al sottosegretario Bubbico che da tempo ci segue anche in Commissione, anche se a volte ci piacerebbe - senza nulla togliere alla preparazione del sottosegretario Bubbico che, di fatto, ha e vanta - anche la presenza del Ministro Bersani.
Come credo si sia capito dagli interventi che mi hanno preceduto, potremmo tranquillamente procedere velocemente in merito ad alcune considerazioni che potrebbero limitarsi alla conversione del decreto-legge al nostro esame, rispetto alle esigenze ed alle reali necessità che come Stato abbiamo nel recepire le direttive comunitarie cui hanno già fatto riferimento i miei colleghi, sia per evitare le infrazioni che riguardano anche il nostro Paese, sia per ciò che riguarda l'apertura a tutti gli effetti, dal 1o luglio, del cosiddetto libero mercato ai clienti domestici.
Però, a più di un anno di distanza, una materia delicata come quella relativa al sistema elettrico e del gas, che ha una ricaduta sulle famiglie e sul mondo delle imprese, in quanto spesso si parla di competitività e di passaggi fondamentali che possono contribuire anche alla nostra economia, mi induce - come chi mi ha preceduto - a svolgere considerazioni che oltrepassano quanto contenuto nel decreto-legge in sé, sebbene mi riferirò, seppur velocemente, ai diversi commi che compongono l'articolo 1, anche perché ho rilevato alcune inesattezze.
Dobbiamo fornire un nuovo impulso a quanto dovrebbe accadere nel nostro Paese a proposito dell'argomento che stiamo affrontando oggi e riguardo alla reale esigenza di porre mano ad un disegno che completi un percorso che ci riporti indietro negli anni; lo ricordava poco fa il relatore. Infatti, nella relazione iniziale erroneamente ci si riferiva ad un provvedimento adottato dal precedente Governo, mentre in realtà si risale di otto anni, si parla di denazionalizzazione e di quanto, all'epoca, il Ministro Bersani fece e successivamente, il Governo guidato da Silvio Berlusconi, attuò attraverso alcune leggi di riferimento.Pag. 89
Svolgo queste considerazioni per sostenere che su tale materia non possiamo fare a meno di svolgere un ragionamento che (al di là delle distanze che possono evidenziarsi, e che si trovano tutte in casa della maggioranza e di chi governa, riguardo al ricorso alle fonti, non solo quelle rinnovabili, e allo slancio che il Paese può avere diversificando le fonti di utilizzo) rappresenti un percorso di riflessione comune, come si è sempre affermato.
Devo ammettere che in Commissione attività produttive ciò è avvenuto spesso, ma occorre aggiungere che abbiamo l'esigenza che sul testo del cosiddetto disegno di legge Bersani in materia di politiche energetiche (che giace ormai da 14 mesi, tempo nel quale sono stati presentati all'Assemblea provvedimenti importanti) si apra davvero un dibattito con un significato alto, che oltrepassi le aule in cui giacciono i disegni di legge, portando ad affrontare argomenti come quello in oggetto, ma ponendo anche delle distanze rispetto ai contenuti di un decreto-legge e della sua conversione.
Credo che sia d'attualità, in questi giorni (e ancora oggi seguendo i mezzi di informazione e in modo particolare la stampa, ma non solo) che il tema dell'energia rientra tra gli argomenti a cui la Comunità europea dedica attenzione. Vi sono reazioni forti da parte dei Governi che la compongono. Risale ad oggi quanto, per esempio, si è letto sul quotidiano Il Sole 24 Ore e altri giornali di pari livello, che sono entrati nel merito di quanto ci si aspetterebbe da un Paese come il nostro su tale argomento. Non mi riferisco solo alla separazione delle reti, tema di grandissima attualità, ma di ciò che significa l'approvvigionamento e quali sono, pertanto, le fonti a cui potremmo riferirci.
In precedenza, il collega Pili parlava di carbone pulito, evidenziando le contraddizioni esistenti all'interno della maggioranza. Occorre iniziare ad avere il coraggio di affrontare il tema del nucleare. Ahimè, non sono presenti i colleghi che hanno svolto considerazioni a proposito di ciò che non ha fatto il Governo nella passata legislatura, ma chi conosce bene la materia e chi tra i presenti ha ricoperto ruoli all'interno delle istituzione di medio livello come le regioni - e lo sa anche il sottosegretario Bubbico che ha avuto ruoli di primo piano in una regione importante del nostro Paese -, sa che nel corso degli anni scorsi, attraverso accordi di programma quadro, il Ministero dell'ambiente siglava accordi di programma con le diverse regioni, impegnando decine di milioni di euro, per fare ricorsi e adottando bandi, per il cosiddetto fotovoltaico, il termico solare, le biomasse, l'idroelettrico, il tele-riscaldamento.
Sono state impegnate, in tal modo, risorse importanti. Le regioni arrivavano poi a dare un segnale rispetto all'utilizzo reale da parte delle amministrazioni pubbliche, del mondo delle imprese, e in particolar modo delle famiglie, tant'è che spesso capitava, credo, nelle diverse regioni d'Italia che le risorse stanziate non fossero sufficienti alla richiesta effettiva.
Pertanto, si sono riportati riferimenti non appropriati rispetto a ciò che è avvenuto negli anni precedenti, per una politica che noi vorremmo fosse di continuità, perché, su questi argomenti, la contraddizione non è tra la maggioranza e l'opposizione, ma è all'interno della stessa maggioranza.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 18,25)
MAURIZIO BERNARDO. Sarebbe bene discutere a settembre (al rientro) del disegno di legge di cui avremmo bisogno, del piano energetico nazionale e di come riteniamo di offrire un sostegno ai player nazionali, come l'ENI, e l'ENEL e a ciò che quest'ultima sta facendo oggi soprattutto sulle cosiddette fonti rinnovabili, alle varie fusioni che stanno avvenendo nel nostro Paese, come le diverse utilities, alcune del nord Italia che stanno già operando e trovando soluzioni ai bisogni reali delle nostre comunità, e altre che sono in corso d'opera, che hanno, forse più di noi, la capacità di andare al di là delle colorazioniPag. 90e delle amministrazioni locali e portare a casa un risultato nell'interesse della comunità.
Ancora una volta, tuttavia, ci fermiamo su disegni di legge che dovrebbero essere un punto di riferimento; mi riferisco al disegno di legge Lanzillotta che, come quello che richiamavamo prima, giace al Senato.
Bisogna inoltre considerare ciò che accade quando abbiamo emergenze, ovviamente giustificate e previste dalla Costituzione, e quindi dettate da reali motivazioni, con infrazioni, da una parte e, dall'altra, l'esigenza di applicare le direttive, al di là di chi siano le responsabilità (su ciò potremmo fare un gioco di ping-pong nel ricordarci a chi spettino a seconda dei momenti).
Un'ulteriore riflessione andrebbe svolta in merito dell'ipotesi in cui il Governo e il nostro Paese decidessero di svolgere un'azione forte come oggi stanno facendo la Francia e la Germania. È di queste ore la notizia di ciò che sta avvenendo negli accordi bilaterali tra Paesi, all'aspetto di reciprocità e di concorrenza, tant'è che stanno intervenendo alcuni commissari, e sapete come alcuni Capi di Stato si sono presentati anche su un argomento come quello che affrontiamo oggi.
Ecco perché discutere su argomenti come questo, che rispondono ad un'esigenza effettiva che le nostre famiglie ed il nostro sistema delle imprese e delle pubbliche amministrazioni devono affrontare nel quotidiano, significa fare scelte difficili che coinvolgono le comunità, ma anche soprattutto il modello culturale che vede insieme persone che dovrebbero essere tutte protese verso uno sviluppo sostenibile del Paese, ma poi verifichiamo ciò che accade nei diversi momenti di discussione.
È sufficiente pensare a ciò che è accaduto nei giorni scorsi sul cosiddetto decreto ambientale, a ciò che è accaduto con Pecoraro Scanio in Consiglio dei Ministri, rispetto a un primo blocco di quella che sarebbe dovuta essere l'attuazione della delega, al di là di altri istituti che non hanno avuto seguito, come la VIA, che riguarda anche la tecnologia che porta alle cosiddette centrali e al ricorso e all'utilizzo di combustibili più o meno puliti.
In conclusione, il decreto-legge in esame presenta anche aspetti positivi nella misura in cui recepisce nell'articolato le disposizioni della direttiva europea prevedendo la separazione che deve necessariamente esistere per quelle realtà aziendali che si rivolgono a non meno di 100 mila clienti domestici. Si dovrebbe pensare ad una formula giuridica che affronti le realtà che nel Paese si muovono, la distribuzione e chi si occupa della vendita del prodotto.
Si entra, però, anche nel merito del gas. Si parlava di un decreto-legge riguardante il sistema elettrico e poi si va oltre, come è capitato spesso.
Non c'è poi da stupirsi se la produzione legislativa dell'attuale legislatura è inferiore al passato e si colgono occasioni come questa per «infarcire» le norme di ulteriori provvedimenti, peraltro anche giusti e legittimi. Potrebbero, qualora fossero frutto del dibattito reale, volutamente manifesto in Commissione e in Assemblea, anche essere condivisibili, ma poi ci sono gli atti di forza e l'urgenza che non consente, comunque, di entrare nel merito delle questioni.
Quindi, come dicevo prima e come ricordava anche il collega Pili, non tra le maglie della direttiva, ma negli articoli il cui esame potremo poi approfondire, la fotografia della Comunità europea nulla ha a che vedere con la realtà dei Paesi che compongono la Comunità stessa, per quanto ancora adesso si parli di separazione delle reti, su una soluzione europea su tale argomento e su ciò che significa dipendere da Paesi a rischio. Non voglio entrare nella cosiddetta politica estera, perché andremmo un po' troppo al di là degli argomenti che più ci interessano. Tuttavia, questo è un altro degli aspetti da considerare, se decidiamo di prendere di petto e svolgere un ruolo a pieno titolo all'interno del sistema europeo.
Sul tema dello stoccaggio del gas mi riferisco alla Stogit Spa, ma non bisogna dimenticare che la separazione di fatto giàPag. 91esiste. Questo, per esempio, è uno degli argomenti che noi non riteniamo sia da inserire oggi. Pensiamo al comma 1 dell'articolo 1 che prescrive, anche alle imprese distributrici, l'obbligo della messa a disposizione trasparente e non discriminatoria dei cosiddetti dati relativi alla misura dell'energia fornita ai clienti finali. Tali disposizione sono, ai fini della concorrenza, condivisibili.
Un altro aspetto che ci vede favorevoli è la parte riguardante il comma 2 dell'articolo 1. Siamo, quindi, d'accordo sul regime di tutela dei clienti finali domestici e su ciò che significhi quanto stabilito nei commi successivi, che dovrebbe essere affidato all'Autorità dell'energia e del gas, rispetto però alle cosiddette condizioni standard di erogazione del servizio. Infatti, quando si entra invece nel merito delle tariffe e dei prezzi, ci si deve porre, per quanto si parli di liberalizzazioni (evito di fare battute su tale argomento, perché poi ci dilungheremmo troppo), la preoccupazione di come il mercato possa reagire e dare risposte non mature ai cosiddetti clienti domestici e non. Infatti, ci rivolgiamo all'ossatura, all'intelaiatura del nostro Paese: le piccole e medie imprese con cinquanta dipendenti, con dieci milioni di euro di fatturato.
Ci si preoccupa che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas non possa essere in grado di dare delle risposte precise. È apprezzabile e, infatti, stiamo preparando un ordine del giorno con cui si entri nel merito di una scadenza temporale.
Credo che anche il relatore Ruggeri sia entrato nel merito: se vogliamo che di libero mercato si tratti, anche perché è un mercato maturo, con tutte le difese del caso nei confronti delle famiglie e del mondo delle imprese, stabiliamo una scadenza temporale di due anni e non si vada oltre.
Mi permetto di aggiungere, come abbiamo fatto anche in altre occasioni, che l'authority è monca di alcune persone che dovrebbero comporla, rispetto a quello che in più occasioni ci è stato detto, quando la composizione dovrebbe raggiunge il numero di cinque membri. Sappiamo anche quale altro provvedimento si è fermato nelle maglie del Senato, mi riferisco a quello concernente le authority e le sue funzioni. Mi domando se due signori su cinque e la struttura dell'Autorità siano in grado di immaginare ciò che il decreto-legge in esame prevede, andando anche oltre le competenze specifiche. Siamo davvero d'accordo, quindi non mettendo in evidenza contraddizioni, che ci possa essere un termine temporale di due anni e, pertanto, nell'invito che vorremmo rivolgere al Governo e vorremmo che il Governo facesse suo?
Parliamo anche delle realtà, dal momento in cui è possibile ovviamente cambiare il fornitore, volte ad assicurare alle imprese i clienti finali, quelli che siano, come dicevo prima, fornitori di energia elettrica, o che non abbiano ancora scelto un adeguato servizio di salvaguardia.
Questo mi sembra un aspetto importante. Non siamo però d'accordo su quel modello, diciamo pro tempore, che assicurerebbe a tali imprese, clienti finali, la cosiddetta continuità della fornitura, a condizione che le imprese di distribuzione o di vendita alle quali compete la fornitura stessa indichino previamente il prezzo dell'energia elettrica, perché sappiamo quali ripercussioni ciò potrebbe avere per il mercato del sistema elettrico e immaginiamo quale reazione avrebbe la borsa elettrica, vale a dire l'organismo dal quale dipende questo scenario in quanto svolge un ruolo effettivo nel settore. Su tali questioni avremmo voluto riflettere e, invece, ci arriva un decreto-legge «ingessato», del quale comprendiamo le necessità.
Un aspetto importante è quello che, come prescrive la direttiva europea, mette in evidenza l'obbligo d'informazione nei confronti dell'utente sulle cosiddette fonti energetiche utilizzate nella fornitura di energia elettrica relativa all'anno precedente, indicando così anche le fonti informative disponibili rispetto all'impatto ambientale. Anche su tale argomento ho notato una qualche discordanza tra alcuni interventi che si sono svolti. È la stessa direttiva che prevede di informare il consumatore e, a tal proposito, non riesco aPag. 92immaginare chi potrebbe governare un Paese o una realtà locale non tenendo conto dell'impatto ambientale che possa avere la realizzazione di una nuova centrale o, andando in profondità, non tenendo in considerazione quale sia il combustibile migliore anche al fine di un abbattimento delle tariffe, visto che prima si parlava di infrastrutture delle reti e di interconnessioni.
Arriviamo poi a un aspetto positivo sul quale altre volte abbiamo dibattuto. È quello di essere riusciti a superare un argomento delicato, sul quale l'Unione europea ci ha tacciato, anche in passato, di confondere, nel caso specifico, i cosiddetti aiuti di Stato con gli istituti di ricerca, trovando una formula che invece ci consente di sostenere quegli istituti che sono motivi di vanto per il sistema Paese. In particolar modo mi riferisco al Cesi Ricerca che, come voi sapete, dopo alcune operazioni che possiamo definire di alchimie societarie, ha conquistato uno spazio importante, con un numero elevato di persone preparate che lavoravano in questo contesto. È un altro aspetto che giudichiamo positivamente.
Vorrei dedicare un'ultima battuta alle cosiddette fasce deboli, o alle realtà svantaggiate, rappresentate dalle famiglie e dagli utenti, alle quali il decreto-legge in esame dedica un cenno. Mi auguro che in un probabile successivo provvedimento sulle risorse finanziarie, visto che in questo testo non se ne fa cenno, si entri nel merito di che cosa significhi e di quanto questo incida sulla legge finanziaria, specificando quali fasce deboli si andrebbero a toccare e a contemplare, quali sarebbero i costi e, quindi, le tariffe che andrebbero a ricadere sulle realtà disagiate che sono diffuse in maniera eterogenea e «spalmata» tra il nord e il sud del Paese.
Tutto ciò accadrà non con il decreto-legge in discussione, che verrà approvato, e sul quale, nella fase delle dichiarazioni di voto, ci esprimeremo come abbiamo già fatto in Commissione, bensì con un testo che metta mano alla necessità di avere un sistema energetico efficiente, in grado di rispondere ai bisogni reali del Paese. Sarebbe opportuno assumere un atteggiamento meno chino rispetto a quello che l'Unione europea ci prescrive e avere maggiore coraggio. Capisco che già è difficile tenere insieme una maggioranza che ha visioni diverse su un tema così delicato, perché è a cavallo tra il sistema produttivo e quello delle politiche ambientali, però o vi sarà uno scatto d'orgoglio da parte del Governo, che è ciò che noi invitiamo a fare, oppure momenti come questo, riguarderanno le eventuali o possibili infrazioni in cui di fatto andremo a incorrere.
Sappiamo bene quante procedure d'infrazione siano pendenti anche in capo ad altri Paesi; forse, anzi, ci piacerebbe anche sapere, per riceverne un conforto in un'Assemblea come questa, quanto gli altri Paesi, per così dire, hanno dato e risposto in ordine alle richieste della Comunità. Questo è il motivo per cui probabilmente - e concludo - la discussione va oltre i contenuti del decreto-legge in corso di conversione (decreto che ha due articoli, di cui uno costituito da sei commi, parte dei quali condivisibili mentre altri non si sarebbero dovuti inserire nel contesto di questo intervento); infatti, l'esigenza di aprire un necessario dibattito su tale argomento è davvero avvertita, nell'interesse del Paese che ognuno di noi decide di rappresentare nei diversi contesti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Saglia. Ne ha facoltà.
STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, colleghi, credo che il paradosso del decreto-legge in esame si trovi nella data stessa in cui stiamo consumando il nostro dibattito. È sufficiente osservare l'orologio per leggere la data di martedì 31 luglio: il decreto-legge apre il mercato elettrico dal 1o luglio 2007, ne stiamo discutendo il 31 luglio del 2007 e tale data era stata stabilita nel 2003. Il processo di liberalizzazione del mercato elettrico, inoltre, era iniziato con il decreto n. 79 del 1999, quindi da otto anni sappiamo che il 1o luglio del 2007 il mercato domestico si sarebbe dovuto aprire, che sarebbero cadutePag. 93le barriere tra gli operatori mentre si sarebbe aperta la libera scelta del fornitore di energia elettrica. Inoltre, stiamo realizzando ciò attraverso un decreto-legge.
Il Governo non è stato capace di approvare delle norme in grado di anticipare l'avvenimento dell'apertura del mercato rispetto ad una data, stabilita dalla legge del 2003 - legge prima ricordata come relativa al riordino del sistema energetico nazionale, proposta dal Ministro Marzano - e dalle direttive europee. Quindi, oggi, ci troviamo nel paradosso, a lavori conclusi, prima della pausa estiva, di una discussione relativa alla conversione di un decreto-legge, che - come il Presidente della Camera sa meglio di noi - consiste in una misura d'urgenza. Tuttavia, mi chiedo quale urgenza vi sia. Questa data, infatti, era conosciuta dal Governo da anni, inoltre il processo di liberalizzazione si è avviato nel 1999 e la data è stata fissata con legge italiana nel 2003. Tuttavia, il Governo non è stato capace di programmare un intervento legislativo serio, in quanto ha adottato un decreto-legge; peraltro ha creato anche qualche malumore non solo tra gli operatori, ma anche tra coloro che hanno responsabilità istituzionali più rilevanti delle nostre. Successivamente, di corsa e in gran carriera, il Governo si è accorto che stava giungendo tale data e che, dal 1o luglio di quest'anno, tutti i clienti (compresi quelli domestici) avevano diritto di poter scegliere i loro fornitori liberamente; quindi, viene eliminato il mercato vincolato. Questo decreto-legge, però, di fatto, non elimina il mercato vincolato, in quanto oggi siamo tutti liberi di comprare energia elettrica dallo stesso fornitore di prima semplicemente perché, se non si costruisce un impianto di regole adeguato, gli ostacoli al cambio del fornitore sono nella prassi quotidiana.
Pertanto, sarà divertente verificare quali saranno i bilanci di questi primi mesi di liberalizzazione, quando, ad esempio, il 31 dicembre di quest'anno scopriremo che coloro i quali avranno cambiato il loro fornitore di energia elettrica saranno stati pochissimi. Ciò in quanto vi è stata una grave inadempienza del Governo innanzitutto sul seguente versante; il Governo non ha avuto il coraggio di affrontare la questione della tariffa sociale. Oggi viviamo il paradosso di un Paese che continua a incentivare fasce di popolazione non in virtù del loro reddito, della loro capacità di spesa, del loro potere d'acquisto e del numero di componenti della famiglia, ma in virtù esclusivamente dei consumi. Quindi, la famiglia costituita da dieci persone paga l'energia elettrica di più rispetto all'avvocato single che magari ha un reddito di 100-200 mila euro l'anno. Credo che ciò costituisca una disparità sociale profonda, che il Ministro della solidarietà sociale non ha affrontato e che il Ministero dello sviluppo economico si è guardato bene dall'affrontare, nonostante fossimo in presenza di una norma approvata con la legge finanziaria per il 2006 dal precedente Governo, su proposta del gruppo di Alleanza Nazionale, che dava mandato al Ministero di individuare le nuove fasce sociali.
Evidentemente, questa è una scelta di grande responsabilità, che sostanzialmente, a causa delle differenze ideologiche e culturali che pervadono la maggioranza del Governo, non è possibile effettuare. Oggi il Governo non è in grado - ciò è di una gravità inaudita - di stabilire quali siano le vere fasce sociali e di bisogno che devono essere incentivate, anche attraverso la creazione di tariffe sociali agevolate dell'energia elettrica. Purtroppo, questo dibattito non compare neanche sui grandi media e ciò accade in un Paese governato da un Governo di centrosinistra.
Analizzo più nel dettaglio le norme. Innanzitutto, oggi, 31 luglio 2007, si è aperto il mercato ai clienti domestici. Vi era già stata una prima apertura alle piccole imprese e ai consumatori al di sopra dei 100 mila kilowatt e, precedentemente, ve n'era stata un'altra. È in corso, quindi, un processo a tappe: questa è stata compiuta senza che si sia aperto effettivamente il mercato. Ciò per una ragione molto semplice: la composizione delle regole che dovrebbero essere fornite, da un lato, ai produttori e, dall'altro lato, aiPag. 94distributori, ai venditori e ai consumatori, non esiste: essa è stata rinviata - non sei mesi fa, ma nel luglio del 2007 - a decisioni successive del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Oggi, di fatto, non vi sono le condizioni per poter cambiare fornitore. Chi lo cambia? Lo cambia chi, magari, ha interesse ad entrare in un consorzio o un gruppo di acquisto, non certo la famiglia o chi non ha gli strumenti conoscitivi per poter capire quali siano le sue convenienze. Il fallimento di tale iniziativa è testimoniato dal fatto che, come avete visto, non esistono campagne pubblicitarie sull'argomento. Secondo voi, se si fosse aperto il mercato energetico italiano - come è accaduto quando vi è stata l'apertura del mercato della telefonia mobile - non vi sarebbero state campagne pubblicitarie aggressive da parte delle aziende per conquistare fette di mercato? Invece, non ci sono, perché le aziende private - quindi non gli ex monopoli - hanno sostanzialmente rinunciato a fare offerte, rinviando al 1o gennaio 2008 la loro gamma di offerte per conquistare nuovi clienti, non credendo in una struttura di mercato che continua ad essere assolutamente vincolante.
Siamo di fronte ad un altro paradosso. Anche attraverso alcune proposte emendative, insieme all'onorevole Contento, abbiamo sottoposto, in altri argomenti di discussione, il tema dei prezzi di riferimento. Nel decreto-legge in esame viene introdotto tale tema, perché, a monte, vi è un'inadempienza del Governo: non essendovi una liberalizzazione effettiva, la stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas ha segnalato al Parlamento e al Governo che il primo effetto della mancanza di regole è l'incremento di prezzi; è necessario, quindi, individuare un'«asticella» che fornisca un riferimento al mercato, per evitare che, dal 1o luglio di quest'anno, la liberalizzazione corrisponda ad un aumento dei prezzi dell'elettricità per i consumatori. È un altro paradosso!
Dall'altro lato, l'Autorità antitrust segnala alla nostra attenzione il fatto che la questione dei prezzi di riferimento rischia di causare un passo indietro nella liberalizzazione e un ritorno dal prezzo alla tariffa. È evidente, quindi, che i prezzi di riferimento debbano costituire un'«asticella» per creare un mercato più trasparente, non perché si debbano imporre prezzi sul mercato.
Insomma, il decreto-legge in esame è davvero assolutamente insufficiente per l'ambizione che, invece, si evince dal titolo, ossia la liberalizzazione dei mercati dell'energia.
Anche sulla questione della separazione funzionale delle attività di distribuzione e di quelle di vendita, solamente un opportuno emendamento approvato al Senato - che ha previsto la costituzione di apposite società - ha evitato il paradosso che anche tale norma fosse una sorta di buon intento, ma non fosse prescrittiva per le aziende che, invece, giustamente devono separare le attività della distribuzione da quelle di vendita: è necessario, infatti, che si aprano nuove fette di mercato e vi sia, soprattutto, l'accesso non discriminatorio allo stesso e, ovviamente, la riduzione delle posizioni dominanti.
Altra questione che probabilmente appare positiva per gli equilibri di Governo, ma che è assolutamente pretestuosa nella praticabilità quotidiana, è quella delle fonti rinnovabili. In questo decreto-legge affermiamo che inviteremo le imprese a spiegare ai clienti la provenienza dell'energia elettrica, in modo che il cliente possa scegliere, magari, anche di pagare di più l'elettricità, perché è prodotta da fonti rinnovabili. Sono curioso di vedere come sarà praticata questa possibilità, perché bisogna stabilire la tracciabilità dell'energia elettrica. Probabilmente, stiamo prendendo in giro qualcuno, perché credo che nessuno pensi che sia davvero possibile stabilire dalla bolletta se l'energia che consumiamo a casa nostra provenga da un impianto eolico o da uno solare.
È evidente che la distribuzione e la trasmissione dell'energia elettrica avvengono attraverso la rete di trasmissione nazionale. Quindi, anche questo è un altro elemento di propaganda, che probabilmentePag. 95mette a tacere i mugugni della sinistra ambientalista, ma che certamente non può mettere in discussione la buona fede dei consumatori.
Insomma, questo decreto-legge arriva in ritardo ed è deficitario. Siamo convinti che, comunque, non vi sia la necessità di ostacolarlo, ma che esso sia solamente un tampone per evitare che nell'immediato i prezzi possano aumentare.
La liberalizzazione non c'è e, tra l'altro, è rinviata senza una data, sine die. Qualcuno indica il 1o gennaio 2008, mentre qualcun altro fa riferimento ad altre date. Il problema è che, purtroppo, questo Governo si è accorto tardi che si stava avvicinando questa scadenza e soprattutto che, nonostante le dichiarazioni continue e insistenti del Ministro Bersani, quando si toccano le vere questioni, a cominciare appunto dal sistema energetico, il tema delle liberalizzazioni viene messo da parte e si pensa ad altro.
Quindi, il nostro intento non ostruzionistico è evidente, perché, come si sa, il decreto-legge potrebbe evocare un comportamento dei gruppi di opposizione che potrebbe addirittura farlo decadere. Non è nostra intenzione, ma siamo di fronte ad un provvedimento che non apre il mercato e che rinvia semplicemente questa decisione a data da destinarsi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tomaselli. Ne ha facoltà.
SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, credo che l'Assemblea, per come siamo giunti a questo punto, dovrebbe mettere da parte questa discussione, che per certi aspetti è legittima, ma che costituisce un'inopportuna propaganda, che pure ogni tanto viene effettuata da ognuno di noi.
Vorrei ricordare sommessamente che stiamo parlando di un decreto-legge che recepisce una direttiva comunitaria del 2003, cui ha fatto seguito, da parte del vecchio Governo, un decreto-legge del 2004 che si è limitato a recepire semplicemente la data di entrata in vigore del processo di liberalizzazione del mercato domestico, fissandola al 1o luglio 2007, e che il precedente Governo ha avuto ben tre anni per legiferare in questa materia, ma ciò non è avvenuto.
Voglio, altresì, ricordare - perché è cronaca e corrisponde a verità - che stiamo parlando di un decreto-legge che ovviamente ha i crismi dell'urgenza, ma il cui contenuto era totalmente presente all'interno del disegno di legge S. 691, in discussione al Senato da oltre un anno, sui temi dell'energia, che il Ministro Bersani ha presentato immediatamente dopo la costituzione del Governo Prodi.
I contenuti di cui oggi parliamo oggi erano già presenti all'interno di quel disegno di legge, che è stato discusso al Senato per circa un anno dalla Commissione industria, che non per amore di polemica, ma di verità, ricorderò essere presieduta da un esponente del centrodestra e che si è attardata nella discussione e nell'approvazione di quel disegno di legge.
Quindi, si è trattato di uno dei primi atti di questo Governo, in particolare del Ministro Bersani, teso a provvedere immediatamente alla necessità di stabilire le modalità di svolgimento del processo di liberalizzazione del mercato domestico di cui parliamo.
Richiamo ciò perché il tema dell'energia è controverso e importante, è uno di quelli su cui, al di là delle logiche di parte, il Parlamento e il Paese dovrebbero avviare una riflessione e assumere un'iniziativa quanto più ampia possibile, perché ci si gioca una parte importante dell'autonomia del sistema Italia.
Se nei prossimi anni l'Italia sarà in grado di assicurare una capacità e una certezza di approvvigionamento, se sarà in grado di mettere in sicurezza il suo fabbisogno energetico, se porterà a termine un processo di ammodernamento e di completamento delle infrastrutture, se porterà avanti con successo un cambiamento anche culturale nel Paese sui temi dell'efficienza energetica e del risparmio energetico e se, infine, crescerà in maniera consistente la percentuale di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, sarà un successoPag. 96del sistema Paese, che metterà la sua autonomia al riparo da ogni fabbisogno e da ogni rischio.
È un tema, quindi, che dovrebbe vedere impegnati tutti, al di là dei singoli punti di vista e degli accenti diversi, che legittimamente possono e debbono esistere.
Parto da tali considerazioni per affermare che, con l'apertura del mercato della vendita di energia elettrica ai consumatori domestici (avvenuta nelle scorse settimane con il decreto-legge di cui discutiamo la conversione in legge), si è consumato un ulteriore passo verso un lungo e faticoso, ma importante, processo di liberalizzazione e di riorganizzazione del mercato elettrico avviato negli anni trascorsi con la nascita dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas nel 1995 e - come più volte ricordato - con il famoso decreto Bersani del 1999.
Probabilmente nella nostra discussione sarà il caso di avviare anche un primo bilancio dei risultati di tale politica, che ha interessato Governi di natura e colore diversi, ma certamente tutto intero il nostro Paese. Ciò sarebbe necessario per comprendere meglio i successi e gli insuccessi dell'azione di riforma di uno dei settori strategici dell'economia italiana e soprattutto di uno dei servizi che maggiormente condiziona la competitività del sistema Paese, con costi che a tutt'oggi si differenziano in modo rilevante da quelli dei principali Paesi occidentali nostri competitori.
Sebbene, infatti, la dinamica dei prezzi, considerata in termini assoluti, negli ultimi anni abbia avuto un trend di crescita in linea o addirittura inferiore a quello della media europea, il costo dell'energia rappresenta ancora oggi un elemento di criticità del nostro Paese rispetto alle nazioni europee. Se consideriamo, infatti, il prezzo a kilowatt ora dell'energia elettrica per un utente industriale tipo, l'Italia è uno dei Paesi più cari di tutta l'Unione europea, subito dopo l'Islanda e Cipro, con valori molto superiori alla media e quasi doppi rispetto alla Francia o alle Nazioni dell'area scandinava.
Eppure, il processo di riforma ha portato in questi anni risultati importanti nella struttura di mercato del settore. Una politica di regolazione nazionale ha consentito agli operatori di erogare un servizio di buona qualità, garantendo risultati economici consistenti. Ancora oggi le aziende elettriche del Paese sono quelle che presentano tra le utilities i migliori risultati economico-finanziari, il settore elettrico è il cuore delle utilities quotate in borsa e i risultati economici dell'Enel - per parlare della principale azienda di settore del Paese - sono stati positivi.
Ad oggi nel nostro Paese il mercato elettrico vede la presenza, per quote di mercato possedute, di una pluralità significativa di operatori; la dinamica tariffaria in questi anni ha presentato aspetti favorevoli derivanti dalla regolazione e aspetti sfavorevoli derivanti dalla caratterizzazione avvenuta negli anni passati, causata dell'ormai noto problema del costo del petrolio.
Eppure la struttura della produzione elettrica è rimasta sostanzialmente la stessa, fortemente dipendente dall'uso dei combustibili fossili, anche se vorrei qui ribadire che non vi è un'adesione ideologica da parte nostra ad un combustibile anziché ad un altro.
È vero, dobbiamo affiancarci dall'utilizzo dei combustibili più inquinanti, fino a qualche tempo fa l'olio combustibile, oggi il carbone, un combustibile ad alto rendimento e a basso costo ma oggettivamente uno di quelli che maggiormente concorrono alla produzione di CO2 nel nostro Paese. Allora un approccio non ideologico ci porta a dire che la risposta è nel mix di approvvigionamento e che in tale mix le fonti rinnovabili devono vedere aumentate la loro percentuale in modo netto.
Nel quadro che ho voluto sommariamente richiamare si colloca l'intervento di cui qui oggi parliamo, che è anche all'interno di una logica e di un approccio confermati anche dal Documento di programmazione economico-finanziaria, di cui stamattina abbiamo licenziato la risoluzione approvata dalla maggioranza.Pag. 97
Si tratta di un approccio che il Governo e la maggioranza del centrosinistra e dell'Unione intendono portare avanti. Si tratta, altresì, di un approccio integrato con l'idea che si possa contemporaneamente produrre energia e realizzare interventi volti a contribuire la salvaguardia del clima del nostro Paese e del mondo intero.
In tale direzione si pongono una serie di interventi che il Governo ha messo in opera negli ultimi mesi appaiono pertanto stridenti, rispetto anche alla mole di iniziative e di provvedimenti e di strumenti che l'Esecutivo ha predisposto per il Paese, le critiche di presunta inattività.
Il DPEF rileva, infatti, come un mercato maggiormente interconnesso, quello nel nostro Paese, che si può realizzare attraverso investimenti sia nelle reti favorite dalla separazione proprietaria delle stesse, sia attraverso il passaggio a sistemi indipendenti di gestione, possa costituire una condizione fondamentale per garantire obiettivi strategici, quali la sicurezza degli approvvigionamenti, la competitività delle imprese comunitarie e la realizzazione di vantaggi consistenti per i consumatori.
Si pone in tale direzione l'importante accelerazione della sottoscrizione di importanti accordi internazionali, che il Governo e il Ministro Bersani in particolare hanno firmato, anche nelle scorse settimane, sul tema della realizzazione di nuove reti transnazionali per il trasporto, ad esempio, del gas.
Vorrei qui ricordare gli interventi numerosi volti a sostenere il processo di liberalizzazione nel settore energetico, a cominciare da quello dello scorso agosto a proposito della partecipazione di capitale nelle imprese operanti nel settore del gas, per finire alla legge finanziaria al cui interno vi sono state numerose iniziative volte contemporaneamente a sostenere una nuova cultura e una serie di modalità di interventi a sostegno del processo di risparmio energetico, accanto all'efficienza energetica, e una nuova rimodulazione del tema importante dell'incentivazione alle fonti rinnovabili.
All'interno di questa strategia, tra i primi atti del Governo, vi è stata la presentazione del disegno di legge A.S. 691 ancora in discussione al Senato, che - mi auguro - dopo l'estate possa arrivare all'approvazione e giungere in questa Camera per la valutazione conseguente.
Guardate, colleghi dell'opposizione, si pone qui un problema generale che non riguarda solamente la maggioranza; si tratta di un tema che ricorre spesso negli ultimi mesi, ovverosia il tema di una Camera sottoposta alle difficoltà conseguenti alla necessità di non cambiare provvedimenti assunti nell'altra.
Credo che - consentitemi questa parentesi - si ponga un problema più generale che il Parlamento italiano dovrà affrontare immediatamente, ovverosia quello del superamento del bicameralismo perfetto, che prima ancora di penalizzare una Camera anziché l'altra, porta a non decidere e a non realizzare il bene del Paese
Nel quadro descritto, il decreto-legge n. 73 del 2007 interviene proprio sul terreno di cui stiamo discutendo, la liberalizzazione del mercato dell'energia.
In particolare è previsto un regime di tutela per i clienti domestici che dal 1o luglio, finalmente, possono recedere dal vecchio contratto di fornitura, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, mantenendo le stesse garanzie. Inoltre, è stato disciplinato un regime di garanzie per i clienti domestici e le piccole e medie imprese che non scelgono un nuovo fornitore, un servizio di salvaguardia per gli altri clienti non domestici - ad esempio, imprese con oltre cinquanta dipendenti - che di fatto non hanno ancora lasciato il mercato vincolato, che non scelgano un nuovo fornitore di energia, ma che transitoriamente dovessero invece rimanere senza fornitore.
Nel decreto-legge sono previste regole di trasparenza per l'avvio del mercato per i clienti domestici: è previsto, infatti, l'obbligo della separazione societaria tra attività di vendita e attività di distribuzione di energia elettrica, la separazione funzionalePag. 98tra la gestione delle infrastrutture del sistema elettrico e del gas naturale e il resto delle attività.
Si apre qui un terreno di discussione ampio, che pure in questa sede è stato accennato durante la discussione, a proposito della separazione, che divenga non solo societaria ma anche proprietaria. Che si tratti di un tema di grande rilevanza, lo dimostrano anche le notizie di queste ore rispetto all'impasse in cui la stessa Unione europea si trova a seguito della contrapposizione che rischia di dividerla in due, con alcuni Paesi che spingono per il superamento della logica dei cosiddetti campioni nazionali e altri, invece, animati, se non da posizioni protezionistiche, dalla necessità di tenere intatta l'attenzione sui propri campioni nazionali e sulle proprie aziende. Si gioca una partita importante nell'Unione europea, a cui l'Italia sta contribuendo, credo, in maniera efficace e che si potrà risolvere solo all'insegna della reciprocità degli interventi.
Infine, ultimo intervento previsto nel decreto-legge, vi è l'obbligo di informazione trasparente sul mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia fornita da parte dei fornitori di energia elettrica nei confronti dei loro clienti finali. Non è questo un riferimento, come dire, quasi marginale. Vi è in esso, credo, uno degli aspetti più significativi ed innovativi del decreto-legge in esame, un contributo importante alla crescita nel nostro Paese di quella cultura dell'efficienza, del risparmio energetico, di quella attenzione che deve crescere tra i consumatori, tra le imprese, attorno al tema dell'energia, come grande terreno di crescita culturale per mettere al riparo il nostro Paese dai rischi che potremmo correre nei prossimi anni, se non interverremo in tempo in termini di aumento dell'efficienza, del risparmio, della cultura delle fonti rinnovabili.
Tutto questo è ciò che si è voluto perseguire attraverso lo strumento in esame, in cui non mancano probabilmente elementi migliorabili e che sarà cura di tutti noi inserire appena il disegno di legge sarà licenziato dal Senato, a cominciare dal tema delle authority, che possono e debbono garantire maggiore trasparenza e maggiore coinvolgimento dei consumatori.
Al centro del decreto-legge in esame vi sono il cittadino-consumatore e un'azione politica che si espande nella direzione di mettere al centro gli interessi del cittadino-consumatore, a cui dobbiamo offrire servizi più efficienti a costi più accessibili. Nell'ottica di una politica di tal genere, che si espande grazie anche ai numerosi interventi che in questo anno sono stati approvati, non si può non rinunciare alla necessità di un miglioramento della capacità delle authority del nostro Paese di essere contemporaneamente vigili, attente, osservatrici dei processi di liberalizzazione e custodi degli interessi del cittadino-consumatore. A cominciare dal tema delle authority, in primo luogo quella per l'energia elettrica e il gas, sarà importante nella discussione che verrà offrire come Camera dei deputati un contributo di rilievo.
Vorrei concludere con un ulteriore riferimento: mentre parliamo di temi così significativi, prende corpo un'ulteriore iniziativa del Governo. Nelle scorse settimane, si è chiuso il termine per la presentazione dei progetti che si candidano ad utilizzare i fondi nel cosiddetto programma Industria 2015. Non casualmente il Governo, nello specifico il Ministero dello sviluppo economico ha inteso inserire al primo posto, come terreno di sperimentazione di questo programma ambizioso di incentivazione con nuove modalità e nuove forme del sistema delle imprese nel nostro Paese, attorno al tema in particolare dell'innovazione, il tema appunto dell'efficienza energetica.
Sono molte centinaia le istanze, le domande e i progetti pervenuti dal sistema delle imprese del nostro Paese. Vi è, quindi, una grande attenzione e una grande sensibilità nel corpo del Paese, in particolare nel tessuto della piccola e media impresa, a misurarsi sul tema dell'energia, con particolare riferimento ed attenzione all'aspetto dell'efficienza, oltre che del risparmio. Ritengo, pertanto, che se dalla piccola e media impresa del nostro Paese cresce forte tale attenzione,Pag. 99dal Governo e dal Parlamento debbano venire risposte significative: non solo normative più efficaci, che mettano al centro il tema dell'efficienza e della semplificazione delle procedure ma, contemporaneamente, anche un utilizzo più mirato delle risorse pubbliche che, probabilmente, saranno sempre meno, ma, se mirate, saranno più efficaci.
In riferimento a ciò - e su questo punto concludo - si è posta la logica complessiva che ha mosso il Governo e la maggioranza, in questo anno di lavoro, su un tema così trasversale, ma anche così decisivo - come ho affermato all'inizio - per salvaguardare l'autonomia del «sistema Paese». Sul tema dell'energia si gioca una parte importante del futuro del «sistema Italia», non solo per la tenuta del sistema produttivo, ma anche per la qualità della vita del nostro Paese.
Ritengo che con questo decreto-legge, che porta a compimento un ulteriore tassello verso un programma ben più ambizioso e complessivo, si metta a disposizione del cittadino consumatore del nostro Paese un ulteriore contributo, volto a dare efficienza e risparmio di costi (Applausi dei deputati del gruppo dell'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Provera. Ne ha facoltà.
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, svolgerò poche considerazioni, sapendo che ci troviamo di fronte alla conversione di un decreto-legge la cui urgenza è dovuta alla direttiva europea del 2003 che aveva già previsto che, in data 1o luglio 2007, si dovesse arrivare alla liberalizzazione del mercato domestico. Come è stato ricordato, tale scadenza era stata recepita già con legge del 2004 e il Governo precedente colpevolmente non aveva trovato modo di agire per riuscire ad affrontare, con intelligenza e con competenza, nel modo e nelle idee, questa vicenda. Ad affrontarla dunque giungiamo solamente oggi, con tempi estremi e, quindi, con un provvedimento d'urgenza, proprio a ridosso della scadenza prevista.
Ci troviamo di fronte, peraltro, a un provvedimento che segue ad un altro che, sempre in materia energetica, sulla via dei processi in corso, introduceva elementi di liberalizzazione in ordine alle aziende di produzione energetica, esponendole anche ad incursioni da parte di aziende di altre nazioni europee, come ha rivelato la lunga discussione sul tema Enel-Edf (scampato pericolo!); ad ogni modo, continua ancora il dibattito con la Francia.
Si tratta di un ulteriore passo rispetto al cosiddetto «decreto Bersani» sul mercato dell'energia, che ha lasciato le nostre imprese energetiche più esposte nei confronti dei produttori esteri. E noi, non casualmente, abbiamo presentato, a suo tempo, un ordine del giorno per richiedere che siano assunti provvedimenti che tutelino con più attenzione le nostre aziende, di fronte a tali processi.
Il provvedimento in esame completa, su impulso - come ricordavo - della Commissione europea, la liberalizzazione della distribuzione e della vendita dell'energia sul mercato domestico. Non ci convince pienamente, proprio in quanto si tratta di un processo di liberalizzazione che non sana i problemi di competitività relativamente a costi e prezzi. Siamo, tuttavia, consapevoli che si tratta di un provvedimento dovuto, che segue alla direttiva europea e all'omogeneizzazione del mercato dell'energia elettrica con quello energetico più in generale (ad esempio, con il mercato del gas, le cui questioni abbiamo già affrontato e risolto).
Tuttavia, alla luce di quella esperienza, rimaniamo poco entusiasti perché non ha calmierato i costi; rischia di inficiare operazioni di incentivazione sullo stesso risparmio energetico, sul terreno tariffario, in quanto vengono contemplate possibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziate; sostanzialmente, affronta il problema di incrementare, addirittura, l'utilizzo dell'energia a seconda di fasce orarie o di momenti in cui viene utilizzata, con incentivi come l'abbassamento dei costi e, quindi, contraddice l'idea stessa di risparmio energetico. Inoltre, vi è il rischio, per quanto concerne anche le politichePag. 100tariffarie, di non incidere dovutamente per i ceti più deboli e, in particolare, per gli anziani.
Senza ripetere quanto ha già ricordato il relatore stesso, vi era una contraddizione (che, tuttavia, vorrei sottolineare nuovamente anch'io) con l'Authority che vede, in queste limitazioni tariffarie blandamente ricomprese nel decreto-legge, dei limiti stessi alla competitività sul terreno delle tariffazioni. Ciò nonostante, di questi elementi di regolamentazione sulle tariffe - volti sia verso il risparmio energetico, sia verso la tutela delle fasce più deboli e, in particolare, le fasce anziane - abbiamo bisogno.
Avremmo preferito agire alla luce di un piano energetico nazionale e dentro un quadro europeo più preciso, anche per quanto riguarda i consumi delle aziende energivore, per riuscire a mettere allo stesso livello i consumi e i costi dell'energia elettrica, anche per le nostre aziende che sono assai svantaggiate rispetto a quelle dell'insieme dell'Europa, ma ci dobbiamo accontentare delle dichiarazioni del rappresentante europeo, il quale, quando è venuto in Italia, ci ha garantito che su quel terreno si sta lavorando.
Lo stesso Ministro Bersani, di fronte a nostre sollecitazioni per le nostre aziende - in particolare, della siderurgia e dell'alluminio - fortemente energivore, ci ha garantito che i nostri funzionari stanno operando al meglio per riuscire a recuperare su questo terreno. Tuttavia, pensiamo e continuiamo a pensare che, se l'Italia fosse in grado di produrre un piano energetico nazionale, anche su queste vicende saremmo più forti a livello europeo. Inoltre, continuiamo a pensare che, in ogni caso, un piano energetico nazionale sia indispensabile e continuiamo a sollecitarlo per poter avere una valutazione più corretta del rapporto tra domanda e offerta.
Non è detto che dobbiamo continuare a produrre e importare più energia, che dobbiamo continuare a dibatterci sul tema di un maggiore, maggiore e maggiore consumo! In realtà, infatti, la domanda stessa può essere contenuta, razionalizzando l'utilizzo e le metodologie di consumo stesso degli utenti e, quindi, facendo in modo che l'offerta stessa venga calmierata nei costi di distribuzione.
Pertanto, vanno compiute azioni, anche tariffarie, su questo terreno, ed è per questo che abbiamo presentato un ordine del giorno, così come lo abbiamo presentato anche sull'altro aspetto delle tariffazioni per gli utenti più esposti e per le fasce più deboli della popolazione. Abbiamo preferito agire con un ordine del giorno e non mediante proposte emendative, perché ci siamo resi conto di essere di fronte ad un'urgenza, con questo decreto-legge e la sua conversione in legge; ma ci siamo anche resi conto che - mancando un piano energetico nazionale e, quindi, un quadro più complessivo nel quale agire - proporre variazioni, attraverso proposte emendative, sarebbe stato comunque del tutto insufficiente.
Per tale motivo, ci rivolgiamo al relatore e al Governo affinché, di fronte agli ordini del giorno presentati, vi sia una particolare attenzione. Tali ordini del giorno, infatti, non riguardano questo stesso provvedimento, ma le azioni seguenti che il Governo dovrà adottare e, in particolare, il futuro decreto Bersani, auspicando che, con la formulazione di un piano energetico nazionale, vi sia una politica di quadro più completa.
Sarà comunque necessario - rispondendo anche a quanto precisato nella legge finanziaria sulle tariffazioni sociali - agire con diversificazioni tra fasce popolari, anziani, famiglie numerose, ceti operai e ceti particolarmente disagiati, che non arrivano più, non solo alla quarta, ma neppure alla fine della terza settimana del mese.
E dall'altra parte bisognerà riuscire ad intervenire, sempre all'interno del quadro energetico nazionale, su un piano di tariffazioni che consentano di premiare il risparmio energetico, la diversificazione delle fonti, il contenimento del consumo e la produzione alternativa nel nostro Paese.
Questa è la sollecitazione che rivolgiamo al Governo con i nostri ordini del giorno, trovandoci nelle more dell'approvazione e conversione di un decreto-legge,Pag. 101nel momento stesso in cui l'Europa ce lo richiede sapendo che, a nostro avviso, sarà opportuno un ripensamento complessivo su questa politica delle liberalizzazioni che, come ho già accennato, fino ad ora non ha portato risparmi effettivi.
Lo abbiamo visto per le altre liberalizzazioni, nonché per le privatizzazioni già attuate: laddove siamo di fronte al cittadino utente e non al cittadino consumatore, vale a dire laddove siamo di fronte a un consumo dovuto, necessitato da parte della persona, la politica della concorrenza sui prezzi non funziona. Non è la stessa cosa parlare di un mercato obbligato che soddisfi le necessità della persona come utente e di un mercato che si rivolga al cittadino che può scegliere se acquistare o meno un bene.
Siamo nel campo dei beni necessari per la persona e, in questo caso, rischiamo sempre cartelli o comunque monopoli che impongono, alla fine, i prezzi. Persino sul piano della vendita della benzina abbiamo notato che siamo di fronte a questa situazione eppure si potrebbe fare a meno, teoricamente, della benzina e decidere di abbatterne fortemente i consumi.
Per la società di oggi non è più così neppure in questo settore e la benzina è stata la più grande dimostrazione di come i prezzi non sono stati abbattuti, così come è accaduto per la telefonia e come sta accadendo per il mercato del gas.
Ritengo, quindi, che vada fatta una riflessione a tutto campo, imparando nuovamente a distinguere il mercato del consumo normale dal mercato, che non esiste, dell'acquisizione di beni indispensabili per la vita della persona (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.