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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI DONATELLA PORETTI, ENRICO MONTANI E GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2937
DONATELLA PORETTI. Ben strano il Paese in cui il privato si avvale del pubblico per poter operare e non viceversa, secondo quanto consiglierebbe il condiviso - a parole - principio di sussidiarietà!
Ben strano il Paese in cui la sanità pubblica per poter vantare tra le sue file professionisti di valore, invece di garantire loro remunerazioni dignitose, è costretta ad offrire la possibilità di esercitare la loro libera professione in spazi messi a disposizione dal sistema sanitario nazionale!
Ben strano il Paese in cui nonostante tutto ciò sia stato individuato come soluzionePag. 55teoricamente e in linea di principio sbagliata, ma praticamente giusta, non riesca a renderla agibile e praticabile, tanto che ancora oggi siamo costretti a votare una proroga di diciotto mesi per consentire in particolare alle strutture pubbliche che non si siano attrezzate di farlo!
Nulla di nuovo in un Paese in cui il privato e la libera iniziativa sono tali solo se in qualche modo sussidiate dal pubblico. E la sanità ne è un esempio eclatante: quante cliniche e quanti laboratori privati esistono e sopravvivono grazie alle commesse dello Stato?
Il provvedimento in esame, del resto, mischia a tal punto le carte da arrivare a stabilire che saranno le ASL ad affittare e ad acquistare i locali per l'esercizio della libera professione dei propri dipendenti; e per di più faranno un servizio di segreteria: prenderanno le prenotazioni, stabiliranno un tariffario, riscuoteranno le parcelle ed emetteranno anche fattura.
Nonostante tutto, un dubbio deve avere assalito gli estensori della norma - in particolare, il riferimento è ai senatori che ci hanno inviato il testo «in zona Cesarini» rispetto alla scadenza dei termini -: l'istituzionalizzazione e la statalizzazione della libera professione non arrecherà danno ad un servizio pubblico già in cattive condizioni? Non accadrà che il medico, per cui si deve aspettare mesi, se non anni, per fare una visita nel pubblico, sarà reperibile nel giro di pochi giorni a pagamento? Sarà allora il caso di predisporre disposizioni relative al monitoraggio dei tempi di attesa, alla prevenzione dei conflitti di interesse, alla riduzione dei tempi di erogazione delle prestazioni rese nell'ambito dell'attività istituzionale. Si prevede, altresì, la presentazione di una relazione annuale al Parlamento da parte del Ministro della salute, che potrà essere una sorta di libro da consultare per capire se la direzione intrapresa è quella giusta.
In conclusione, se questi pochi cenni alla scelta dell'intramoenia non ci soddisfano, non fa parte della nostra cultura politica la prassi del «tanto peggio, tanto meglio» e, consci che oggi la proroga dei termini è l'unica opzione possibile a fronte del caos sanitario che scaturirebbe nel caso non venisse prevista, voteremo a favore del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria».
ENRICO MONTANI. Ancora una volta l'Assemblea è chiamata a pronunciarsi sull'annoso problema delle modalità di esercizio della libera professione intramuraria.
Le reiterate proroghe che, ormai da quasi dieci anni, si sono rese necessarie al fine di consentire l'esercizio dell'attività intramoenia anche in quelle realtà aziendali che non hanno realizzato i necessari interventi di ristrutturazione edilizia sono la chiara testimonianza dello spaccato esistente tra nord e sud del paese.
La cosiddetta «intramoenia allargata», introdotta dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 254 ed originariamente prevista come misura transitoria fino al 31 luglio 2003, è stata, infatti, reiteratamente prorogata al fine di far fronte alla carenza di strutture destinate all'intramoenia, particolarmente diffusa nelle regioni del sud.
Può essere significativo, al riguardo, richiamare le conclusioni delle due indagini conoscitive sulla libera professione intramuraria svoltesi presso la XII Commissione nella passata e nell'attuale legislatura, che hanno evidenziato un sostanziale divario tra nord e sud del paese in merito al ricorso all'intramoenia allargata come estremo rimedio per ovviare ai ritardi nell'adeguamento degli spazi aziendali. In particolare, il numero di medici che praticano l'intramoenia allargata è circa il doppio nelle regioni nel sud rispetto alle regioni del nord (65,12 per cento contro il 37,89 per cento), mentre - in corrispondenza - anche il numero di posti letto dedicati alla libera professione si dimezza (dal 4 per cento al 2 per cento) nel passaggio dal nord al sud del paese.
Nella consapevolezza dei problemi strutturali che, a distanza di anni, continuano a condizionare l'esercizio della liberaPag. 56professione in molte realtà aziendali del sud del paese, possiamo ammettere di aver accolto con una certa sorpresa le originarie dichiarazioni di intenti del Ministro Turco di fissare irrevocabilmente al 31 luglio 2007 il termine ultimo per l'esercizio dell'intramoenia allargata. Soprattutto, ci aveva in qualche misura sorpresi l'intensità di toni con cui il Ministro, in sede di presentazione dell'emendamento sull'intramoenia all'articolo 22-bis del decreto Bersani (decreto-legge n. 223 del 2006), aveva preallertato regioni ed aziende a completare gli interventi edilizi necessari per la libera professione entro l'estate di quest'anno.
L'ulteriore proroga di 18 mesi prevista dal provvedimento in esame conferma ancora una volta che quelle del Ministro rappresentavano belle dichiarazioni di intenti di per sé destinate a cadere nel vuoto. Nel merito, si può anche comprendere l'ulteriore proroga concessa dal Ministro; ciò che non si ammette è la reiterazione di un atteggiamento di favore nei confronti di quelle regioni che persistono nell'inerzia o nell'inefficienza gestionale ed operativa.
L'originario disegno di legge governativo, come approvato dal Consiglio dei Ministri, non conteneva, infatti, alcuna disposizione sanzionatoria o a carattere sostitutivo atta a rendere improrogabile per le regioni inadempienti la realizzazione o il completamento dei dovuti interventi edilizi.
Se, nel corso della discussione del provvedimento al Senato, alcuni correttivi al riguardo sono stati introdotti, il merito va in larga misura ascritto ad emendamenti della Lega Nord. In particolare, segnaliamo le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, che estende le disposizioni sanzionatorie coincidenti con la risoluzione degli accordi di programma di edilizia sanitaria già introdotte dalla legge finanziaria 2006 anche alla parte degli accordi di programma relativi all'attività intramoenia per i quali la regione non abbia conseguito il collaudo entro lo scadere dell'ulteriore proroga.
Analogamente, si esprime sostanziale soddisfazione per la disposizione di cui all'articolo 1, comma 7, che impone alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di assicurare il rispetto delle disposizioni sull'intramoenia anche mediante l'esercizio di poteri sostitutivi e la destituzione, nell'ipotesi di grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici ed IRCCS.
È importante richiamare l'attenzione su tali misure a carattere sanzionatorio, perché, nel condividere l'esigenza di porre definitivamente termine alle proroghe dell'intramoenia allargata, sosteniamo altresì la necessità prioritaria di un'effettiva responsabilizzazione delle regioni su un tema destinato ad incidere in maniera sostanziale sulla trasparenza dell'operato dei medici e sulla stessa efficienza dell'attività aziendale.
Non è al riguardo superfluo ricordare che proprio il settore dell'edilizia sanitaria conferma che il problema delle inefficienze e delle inadempienze di molte regioni del sud non è legato alla carenza di risorse: il programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico introdotto dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, come integrato e rifinanziato nel corso degli anni, vede infatti in larga misura inutilizzate le risorse ad esso destinate.
Da un lato, solo poche regioni - per lo più del nord, come la regione Lombardia - sono riuscite ad approvare un programma regionale di interventi di edilizia sanitaria atto ad assorbire tutte le risorse messe a disposizione dallo Stato e a giungere all'approvazione dei relativi accordi di programma con i Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze.
Lo stesso rifinanziamento dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, che ha destinato addirittura 1.800 miliardi di lire alle strutture per l'intramoenia (decreto legislativo n. 254 del 2000 e decreto del Ministero della salute dell'8 giugno 2001), non ha fornito apprezzabili risultati, considerato che, nel febbraio del 2003, risultavano finanziati solo 35 interventi, per unPag. 57importo complessivo pari a solo 1'11 per cento dello stanziamento. Anche al riguardo, non si può evitare di segnalare che alcune regioni (la Campania e la Sicilia) non hanno di fatto mai presentato specifiche richieste di finanziamento.
Dall'altro lato, è noto come nelle regioni del sud si perpetuino ingenti giacenze di cassa nell'utilizzo di quelle risorse legate all'edilizia sanitaria relative agli accordi di programma già stipulati con lo Stato; tali giacenze di cassa sono un'evidente testimonianza dell'incapacità di alcune regioni ed aziende di portare a termine i previsti interventi di ristrutturazione ed ammodernamento, da cui l'esigenza di intervenire, con la manovra finanziaria 2006, prevedendo a titolo sanzionatorio quella risoluzione degli accordi di programma cui si faceva poc'anzi riferimento.
Proprio l'esigenza di un'effettiva responsabilizzazione delle regioni nella realizzazione di tali fondamentali interventi di adeguamento strutturale ci ha spinti, in sede emendativa, a proporre, in caso di mancato completamento degli interventi edilizi allo scadere dell'ulteriore termine della proroga, la revoca integrale delle risorse per l'edilizia sanitaria già assegnate alla regione, nonché più radicali misure sanzionatorie nei confronti dei direttori generali.
Quanto alle misure che, seppure in via transitoria, la proposta di legge in esame ammette quale soluzione al problema dell'esercizio della libera professione intramuraria nelle realtà aziendali che non sono riuscite a completare i dovuti interventi edilizi, si esprime netta contrarietà per la soluzione proposta dall'articolo 1, comma 4, del disegno di legge in titolo: se, infatti, l'intento perseguito è quello di garantire il definitivo passaggio al «regime ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria», si ritiene inaccettabile la proposta volta a consentire l'esercizio della libera professione anche in spazi ambulatoriali esterni all'azienda, legati a quest'ultima da un regime di tipo convenzionale. È evidente, infatti, che in tali circostanze si verrebbero facilmente a creare situazioni di conflitto di interessi di per sé difficilmente rimovibili e controllabili; la stessa possibilità per l'azienda di monitorare l'attività svolta dai propri dirigenti in tali spazi esterni risulterebbe fortemente compromessa, considerando che comunque l'attività libero-professionale intramuraria verrebbe ad essere esercitata in un contesto organizzativo estraneo alle logiche aziendali.
Se, in molti casi, come confermato dalle relazioni conclusive delle citate indagini conoscitive svoltesi presso la XII Commissione, i proventi derivanti dall'intramoenia non consentono nemmeno il recupero dei costi sostenuti dall'azienda per tutte quelle attività e servizi strumentali all'esercizio della libera professione, ci si domanda come l'equilibrio tra costi e ricavi possa essere perseguito in caso di convenzioni con ambulatori esterni. Secondo i dati forniti dall'ASSR nel corso di tali indagini, a fronte di un costo di 3 miliardi di lire per indennità di esclusività, il ricavo conseguito con le tariffe intramoenia corrisposte dai cittadini sarebbe di 1.375 miliardi di lire. Di questo ricavo, 1'87 per cento è andato ai medici e il 13 per cento alle aziende per i costi sostenuti. Detraendo l'importo dovuto ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP con aliquota pari all'8,5 per cento) sono residuati alle aziende 180 miliardi di lire. Basteranno tali risorse anche a coprire i costi delle convenzioni, degli acquisti e delle locazioni di spazi esterni? Sotto il profilo prettamente economico, è infatti evidente che l'utilizzo di tali spazi esterni è destinato a comportare per l'azienda costi ben maggiori di quelli sostenuti nell'ordinario e tipico svolgimento della libera professione all'interno delle mura aziendali.
In conclusione, pur comprendendo le ragioni di questa proroga, riteniamo che altre e ben più rigorose misure avrebbero dovuto essere presenti nel provvedimento in esame, al fine di vincolare le regioni inerti nel completamento dei dovuti interventi di ristrutturazione ad un atteggiamento di maggiore responsabilità sia nei confronti dei propri dirigenti medici che nei confronti dei propri pazienti.Pag. 58
È evidente, infatti, da un lato che la libera professione all'interno ed all'esterno delle mura ospedaliera rappresenta un diritto intrinseco alla stessa natura della professione medica, sicché non potrebbe essere legittimamente riversato sui medici il costo delle eventuali inerzie delle regioni ed aziende di appartenenza. Dall'altro lato, tuttavia, le prestazioni rese in regime intramurario continuano ad essere erogate per conto del SSN, seppure non con oneri a carico di quest'ultimo, per cui devono essere offerte al paziente tutte quelle garanzie di sicurezza, trasparenza ed affidabilità proprie del nostro sistema di assistenza pubblico.
È quindi in nome di tali fondamentali esigenze di tutela delle legittime aspettative sia dei medici che dei pazienti che, a nome del gruppo della Lega Nord, preannuncio il voto contrario sul provvedimento in titolo, pur nell'apprezzamento per alcune delle disposizioni - prima fra tutte quella sul tempo parziale dei dirigenti medici - che per nostra iniziativa sono state introdotte al Senato.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Esprimo il voto favorevole dei gruppi dell'Unione ad un provvedimento che non è una semplice proroga.
Sì, è vero, viene consentita la prosecuzione dell'attività libero-professionale intramuraria, per ulteriori diciotto mesi fuori dalle strutture aziendali, in attesa di interventi strutturali necessari per far superare gli attuali limiti organizzativi. Questa ulteriore deroga avviene però, lo vorrei sottolineare, con una norma già approvata all'unanimità al Senato, che attiva controlli, promuove nuove modalità di applicazione, e, soprattutto, incalza talune regioni e ASL che finora non hanno assicurato i necessari interventi strutturali per fare andare a regime la legge.
Le risposte sono state inadeguate e insufficienti, probabilmente ancorate alla mancanza di una reale volontà politica a garantire strutture ambulatoriali per effettuare in aree pubbliche la libera professione, per coloro che hanno optato per l'attività intramuraria.
Le ragioni vere di questi palesi limiti vanno fatti risalire alla natura ed alla applicazione della legge sulla libera professione intramuraria, alle resistenze che sono state messe in campo, fin dall'approvazione, nel tentativo di vanificare e ridimensionare la portata rigorosa della norma.
Noi rimaniamo dell'idea originale che, nell'applicare la legge, si debba cercare di coniugare i principi di libertà nell'espletamento della professione medica con quelli di equità e giustizia, fondamentali per il diritto alla salute dei cittadini.
Le modalità di esercizio della libera professione intramuraria, dunque, debbono interagire con la necessità di assicurare efficaci risposte ai bisogni dei pazienti, penalizzati da liste d'attesa eccessivamente lunghe. E, soprattutto, debbono avvenire in modo tale da garantire che l'attività intramuraria a pagamento non sia favorita rispetto all'attività svolta nelle aziende sanitarie e ospedaliere.
Per affrontare queste criticità il provvedimento punta al miglioramento di tali settori dell'organizzazione delle ASL e ad ampliare la dotazione strutturale, con la previsione di risorse per affitti ed acquisizioni di spazi esterni alle aziende, pur di fare effettuare l'attività intramuraria con un profilo di correttezza, con l'auspicio di superare la precarietà.
A tal fine concorrono le nome che prevedono il monitoraggio delle risorse pubbliche già stanziate e l'efficacia della spesa, nonché il controllo dei volumi di attività dei professionisti attraverso la gestione diretta dei servizi di prenotazione e riscossione, nonché della definizione delle tariffe.
Sono queste le motivazioni che ci portano ad esprimere, come gruppi dell'Unione, un voto favorevole ad un provvedimento che non si ferma ad una mera proroga e confida nell'impegno serio del ministro, ma vuole contribuire, soprattutto, a rafforzare nella nostra comunità servizi sanitari caratterizzati dal rigore organizzativo e dalla cultura della solidarietà.