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Discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216 e Airaghi ed altri n. 1-00217 sui contenuti e sulle conseguenze economiche complessive del nuovo piano industriale dell'Alitalia, con particolare riferimento al ruolo dell'aeroporto di Malpensa (ore 18,20).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Fava, che illustrerà anche la mozione Maroni ed altri n. 1-00216, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, parlare di Malpensa in questi giorni è estremamente facile e, contestualmente, un esercizio complicato, perché con ogni probabilità in quest'aula, lontano dalla parte del Paese che sta vivendo con apprensione le decisioni prese in questi giorni dal consiglio di amministrazione di Alitalia, può risultare difficilmente comprensibile quale sia il livello di attenzione dedicato alla vicenda di cui parliamo. Vi garantisco, però, che è altrettanto incomprensibile l'atteggiamento che il Governo ha tenuto sino ad ora sulla questione.
Nella nostra mozione partiamo da un presupposto, ossia che il Tesoro, con la propria partecipazione nell'ambito di Alitalia, debba prima o poi prendere una decisione in merito ad un piano industriale che in tutte le aziende normali viene presentato ai soci non per un dovere di conoscenza, quanto per essere sottoposto ad un vaglio e ad una valutazione che portino poi lo stesso consiglio ad assumere delle decisioni, che vanno nella direzione auspicata dall'azionista di riferimento, che in questo caso è il Tesoro stesso.
Dal 30 agosto ad oggi abbiamo assistito a tutto e al contrario di tutto, in un copione che ormai è consueto nell'atteggiamento di questo Governo e che ha visto esponenti dell'Esecutivo particolarmente attivi anche in questi giorni sul fronte della sostanziale bocciatura del piano di cui stiamo parlando. La voce del Ministro Di Pietro, che ritengo decisamente autorevole, questa mattina, su un importante quotidiano nazionale, ci ricorda che su Malpensa sono stati investiti circa 20 miliardi di euro negli ultimi anni e che una scelta strategica di questo tipo, prima che una scelta di politica industriale, sia da considerare una scelta politica, per la quale la politica è chiamata a compiere valutazioni e a prendere decisioni.
Continuiamo a pensare che il problema di Malpensa non sia ascrivibile ad una tematica meramente territoriale, che riguarda la provincia di Varese e il suo hinterland, e che non sia possibile ragionare in tali termini, perché vorrebbe dire non conoscere quale sia l'impatto, dal punto di vista socio-economico, che lo scalo varesino ha su tutto un territorio che, di fatto, è il motore del Paese. Chiudere definitivamente o parzialmente lo sviluppo dell'aeroporto di Malpensa significa voler definitivamente abbandonare il nord al suo destino, togliendo la linfa vitale di questo territorio e di questa parte del Paese che fin qui è riuscita non solo a sopravvivere tra mille difficoltà, ma anche a tirare avanti la carretta per tutti gli altri.
Crediamo che sia fondamentale l'analisi dei numeri, ma che sia altrettanto fondamentale compiere valutazioni specifiche su ciò che i numeri rappresentano e possono rappresentare in termini di ricadute. Abbiamo ben presente la situazione della SEA, che potrebbe avere ripercussioni negative da tale decisione, e abbiamo altrettanto ben presente quale sia l'incapacità oggi della SEA, che si trova a dover operare scelte di tipo strategico in assenza di indicazioni politiche precise del Governo.
Abbiamo, quindi, inteso presentare questa mozione per sollecitare il Governo affinché dica chiaramente cosa intende fare e ci auguriamo che l'Esecutivo voglia respingere al mittente un piano industriale che penalizza fortemente lo scalo varesino e il nord.
Abbiamo anche appreso con una certa felicità - ma non è una sorpresa - che rispetto ad un'ipotesi strategica che vede il rilancio di Malpensa, laddove non arrivi la politica romana, possa arrivare qualche intelligente imprenditore del nord Europa.Pag. 44
Tale dato è sicuramente positivo, ma difficilmente è possibile pensare, in questo momento, di compiere delle scelte da parte degli amministratori coinvolti in questa vicenda, in assenza di certezze. Pertanto, riteniamo che il Governo debba dire, una volta per tutte, che cosa intenda fare e deve farlo in questa sede, in questi giorni di discussione, chiarendo la propria posizione. Ci auguriamo che la sua posizione sia quella di mantenere inalterato lo stato delle cose e, anzi, di rilanciare Malpensa.
Non abbiamo mai pensato che si potesse arrivare a discutere dei destini di un'azienda di Stato, pur malconcia, creando una concorrenza interna, una specie di guerra tra fazioni, con i sostenitori di Malpensa, da un lato, e quelli di Fiumicino, dall'altro lato, con una di quelle iniziative che tendono ad allargare ulteriormente il fossato che divide il Paese ormai in modo ineludibile. Però, pensiamo che, essendo questa la sede delle scelte, queste vadano fatte: fino a questo momento non c'è stata chiarezza.
Pensiamo anche che, in materia di trasporto aereo, qualcuno non abbia le idee chiare, tant'è vero che abbiamo ritenuto fin dall'inizio che la trattativa alla quale abbiamo assistito, a partire dalla gara iniziata lo scorso dicembre 2006, fosse una pantomima che è durata circa sette mesi (molto meno del previsto, perché alla fine, uno alla volta, sostanzialmente sono scappati tutti). Noi abbiamo assistito, da spettatori che si lamentavano dall'atteggiamento del Governo, ad una situazione che non ha portato da nessuna parte.
Siamo venuti diligentemente ad ascoltare in audizione il Ministro, insieme a molti colleghi presenti questa sera in aula, per sentirci dire nulla. Abbiamo resistito fino ad ora, ma credo che a questo punto delle risposte vadano date. Abbiamo tollerato che su Alitalia si sia continuato a speculare dal punto di vista politico, anche se sapevamo bene - lo abbiamo denunciato in molte sedi - che intorno al titolo di Alitalia, ad esempio, c'è stata una bolla speculativa di un certo tipo e sappiamo bene che qualcuno, in questi mesi di altalena, è riuscito a guadagnarci. Eravamo addirittura arrivati a chiedere che si sospendesse la quotazione del titolo e ci è stato risposto che non ne sussistevano i requisiti, poiché le oscillazioni non erano tali da portare alla sospensione.
Nel frattempo, un mucchio di piccoli risparmiatori, che avevano creduto e investito su quel titolo sciagurato, si sono visti deprezzare i propri risparmi dalla mattina alla sera, con una continua altalena di emozioni da brividi che hanno portato a far sì che oggi, di fatto, la valorizzazione del titolo sul mercato non corrispondesse alla realtà. Lo sappiamo bene: tutti sappiamo che essa è fortemente condizionata dalle notizie che ciclicamente vengono lasciate trasparire in ordine sparso da alcuni Ministri e da alcuni rappresentanti del Governo.
Ebbene, in un contesto di questo tipo, riteniamo sia giunto il momento di operare, una volta per tutte, attraverso una presa di posizione netta, una scelta di campo. Una scelta di campo non può prescindere dal fatto che lo sviluppo dell'hub aeroportuale varesino sia legato in modo indissolubile allo sviluppo del nord che, di fatto, è l'unica area di questo Paese che si sviluppa; non possiamo negarlo perché, altrimenti, continuiamo a raccontarci bugie.
Credo che non ci siano nemmeno problemi di tipo gestionale: le infrastrutture si stanno realizzando e molte sono già state realizzate. Addirittura, questa estate abbiamo visto che lo scalo milanese ha ricevuto dei premi per la sua efficienza, ben diversa da quelle scene che abbiamo visto invece a Fiumicino, sempre nel periodo estivo e delle ferie. Voi sapete che la consistenza, soprattutto in tema di smistamento dei bagagli, è ben diversa nelle due circostanze.
Noi, come movimento politico, abbiamo trovato contraddittorio un atteggiamento incerto anche da parte di molti esponenti delle istituzioni lombarde, che in questo momento si sono trovati disorientati nel dover gestire partite ben diverse e che non sempre hanno tenuto la barra dritta ePag. 45ferma su questo tema - come, invece, abbiamo cercato di fare noi -, cercando di privilegiare soluzioni alternative che di fatto non ci sono, perché vi è una strada maestra rappresentata da Alitalia. Noi continuiamo a considerare questa la strada maestra; tuttavia, crediamo anche che diventi difficile realizzarla se il Governo, nello stesso momento in cui cerca di sostenere fortemente la candidatura di Milano a sede della prossima Esposizione universale (come, onestamente, ritengo stia facendo, insieme al comune di Milano e alla regione Lombardia), permette che una delle aziende di Stato nell'ambito delle quali le decisioni del Governo pesano in modo significativo, possa decidere di disinvestire proprio su quella che dovrebbe essere «la porta» attraverso la quale accogliere tutte le persone che ci auguriamo possano essere attese dalla città di Milano in occasione di uno degli eventi che dovrebbe caratterizzare la vita socio-politica e socio-economica del nostro Paese e del nostro territorio nei prossimi anni.
Quindi, anche in questo caso, ci chiediamo come sia possibile che il sindaco Moratti vada all'estero a sostenere la candidatura di Milano nello stesso momento in cui il Governo sta dando la sensazione di voler depotenziare le infrastrutture che portano a Milano! Com'è possibile candidarsi ad avere un ruolo importante a livello europeo se l'azione portata avanti dall'attuale Governo dal punto di vista politico va in tutt'altra direzione? Crediamo che a tutte queste domande vadano date delle risposte con una certa fermezza e in tempi rapidi. Abbiamo la convinzione che se ciò avvenisse ci sarebbero ancora lo spazio e i tempi per recuperare una situazione che sta andando verso una deriva difficile da comprendere.
Siamo assolutamente certi che sia giunto il momento delle scelte e che sia assolutamente non condivisibile l'atteggiamento di un consiglio di amministrazione che, per sua stessa ammissione, presenta un piano industriale di sopravvivenza nel momento in cui si tratta la dismissione del pacchetto di maggioranza. Riteniamo che tale atteggiamento abbia ulteriormente deprezzato e svalutato i cespiti di cui stiamo parlando.
Siamo partiti da una gara con la quale, riguardo alla partecipazione, si aveva addirittura la pretesa di realizzare non una plusvalenza - questo non l'ha mai pensato nessuno -, ma almeno «qualcosina»: questo è quanto abbiamo letto nelle dichiarazioni di importanti esponenti del Governo. Siamo arrivati ad una situazione in cui, strada facendo, tutti i competitori sono scappati; non abbiamo risolto nessuno dei problemi fondamentali e, soprattutto, non abbiamo risolto il nodo della questione, che è legato all'assetto occupazionale di questa azienda. È bastato che, nello scorso mese di giugno, uscisse la notizia che nel fantomatico piano di Air One (fantomatico perché nessuno, ad eccezione di qualche addetto ai lavori, ovviamente, ha avuto modo di prenderne visione, come del resto è accaduto per gli altri piani), si ipotizzassero 2.350 esuberi - perlomeno, questa era la cifra riportata dai giornali - per assistere a una levata di scudi da parte della maggioranza che governa il Paese, a seguito della quale anche l'ultimo dei competitori ha scelto di andarsene!
Questa è un'azienda che va risanata partendo dalla struttura interna, non certo dal ridimensionamento delle rotte! Non credo che il bene del sistema Paese parta dal depotenziamento delle strutture!
Credo, tuttavia, che, come molto spesso accade in molte aziende, una volta che siano state risanate dal punto di vista organizzativo interno e una volta che si sia stabilito con certezza - credo che su tale punto non ci siano dubbi - che nell'ambito della struttura aziendale esistono degli esuberi, questi vadano, con tutte le cautele del caso in ordine alla tutela occupazionale, risolti e, quindi, vada trovata una soluzione che permetta ad un investitore di operare in modo che l'azienda possa non dico produrre utili, ma quanto meno evitare di perdere quasi 2 milioni di euro al giorno, come si sta verificando.Pag. 46
Cercare di contrabbandare il fatto che, riducendo i voli dall'aeroporto di Malpensa, si riuscirebbe ad ottenere qualche beneficio dal punto di vista della tenuta dei bilanci dell'azienda, significa fare un'affermazione falsa e lo sappiamo bene. L'azienda ha un problema diverso, strutturale e interno, che deve essere risolto all'interno. Tutto il resto è fantasia.
Crediamo anche che la politica in questi anni abbia contribuito a tale situazione, in quanto sappiamo bene con quali criteri si è assunto il personale e si è provveduto alla nomina dei dirigenti e con quale insistente presenza della politica partitica si sia operato in una logica di spartizione che non ci è appartenuta, non ci appartiene e alla quale non vogliamo prendere parte. Sappiamo anche, tuttavia, che se in una situazione di questo tipo si persegue la strada sbagliata, cercando scorciatoie che portano in un'altra direzione, non si giungerà mai dove vorremmo arrivare.
Quindi, abbiamo pensato che, giunto il momento delle scelte - lo ripeto -, queste debbano essere prese tenendo conto delle valutazioni di ordine aziendale e non di ordine politico. Questo è un piano industriale «politico», ma non si è mai visto un piano industriale politico in un'azienda seria. Le aziende private non tengono conto, se non in minima parte, delle esigenze della politica.
In questo caso siamo di fronte ad un consiglio di amministrazione totalmente asservito, che ha anteposto le esigenze politiche a quelle imprenditoriali, che ha scelto di abbandonare completamente una parte del Paese e di concentrarsi laddove la politica risiede, ovvero a Roma - perché a Roma si trova di tutto e di più - e, soprattutto, che ha scelto di non scegliere, cercando di sopravvivere - non si sa fino a quando - in una logica che avrebbe dovuto, comunque, indurre il Governo in questi giorni, in questi mesi e in queste settimane, a trovare una soluzione al problema. Le soluzioni, però, non le abbiamo né viste né sentite.
Questo, dunque, è l'altro enigma: a oggi non sappiamo se un piano industriale di sopravvivenza, datato il 30 agosto, andrà bene o no. Noi ci auguriamo che non vada bene e che il Governo voglia respingerlo, ma di certo non abbiamo ancora ricevuto una risposta chiara su cosa succederà e, contestualmente, non vi sono stati passi avanti - per quanto ci risulta - nella logica che ha governato e animato tutte le decisioni della maggioranza in quest'ultimo anno, ovvero quella della dismissione della partecipazione.
Mi chiedo se stiamo vendendo e a chi. Ci siamo divertiti per mesi a discutere - qualcuno si è divertito, qualcun'altro ovviamente un po' meno - sul futuro dell'azienda e sul futuro compratore, ma mi chiedo se esista un compratore e se è possibile che una questione di tal genere venga gestita in questo modo. Vi sono, infatti, due possibilità: o non esiste alcuna trattativa e, quindi, il Governo brancola nel buio, non sa che pesci prendere e, nell'imbarazzo generale, evita di affrontare il problema...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIOVANNI FAVA. Concludo, signor Presidente. Oppure - ed è anche peggio - si stanno conducendo trattative per le quali si è ritenuto di non dover mettere a conoscenza i cittadini italiani, il Parlamento e le istituzioni di quale possa essere il destino futuro di questa sciagurata compagnia di bandiera e, soprattutto, di quale debba essere il destino futuro delle infrastrutture del Paese, soprattutto di quelle che ci stanno più a cuore, ovvero quelle del nord del Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Airaghi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00217. Ne ha facoltà.
MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il consiglio di amministrazione di Alitalia, in data 30 agosto 2007, ha approvato le linee guida per il piano industriale 2008-2010, nelle quali ha definito misure tese a mantenere la continuità aziendale di Alitalia. In queste misure vi sono importanti cambiamenti che, nel medio e nel lungo termine, prePag. 47vedono notevoli modifiche alla struttura aziendale della compagnia. La più drastica delle misure oggi in discussione è la scelta di ridimensionare pesantemente la rete dei collegamenti a lungo raggio dell'hub di Malpensa, con un concreto ridimensionamento della compagnia di bandiera nazionale e una notevole diminuzione dei voli aerei intercontinentali dall'aeroporto lombardo.
Si tratta di una scelta politica che sembra avere il consenso di Palazzo Chigi: dobbiamo considerare, infatti, che il 49,9 per cento di Alitalia è di proprietà del Governo. Alitalia, quindi, decide di voltare le spalle all'aeroporto lombardo, a favore di quello di Fiumicino, per continuare a tutelare gli stessi e insostenibili privilegi corporativi dei suoi dipendenti, che sono, poi, la ragione prima della grave situazione in cui versa, oggi, la compagnia di bandiera.
Alleanza Nazionale ritiene che si tratti di una scelta folle e suicida per la compagnia stessa e, di conseguenza, ha deciso di presentare la mozione oggi in esame, agendo di concerto con il nostro gruppo presso la regione Lombardia (che, con la Casa delle Libertà, ha presentato un ordine del giorno che sarà discusso nei prossimi giorni) e con il nostro gruppo al Parlamento europeo (il quale, in data 31 agosto 2007, ha presentato un'interrogazione parlamentare sulla medesima questione).
Il Ministro dei trasporti Alessandro Bianchi ha recentemente affermato, in proposito, che il derby Milano-Roma non lo appassiona affatto. È troppo comodo e semplice cercare di spostare la questione in termini di sfida campanilistica Milano-Roma, Lombardia-Lazio, Nord-Centro: è un modo di sfuggire alle proprie responsabilità. Se il Governo, invece di giocare la partita come attore principale, decidesse di assumere il ruolo di arbitro, dovrebbe riconoscere che oggi il mercato guarda a Malpensa e non a Fiumicino. Ciò avviene perché il numero dei passeggeri del nord d'Italia nel 2005 si è attestato a circa 52,6 milioni, con una distribuzione nel Paese che vede concentrarsi il 46 per cento del totale nel nord Italia, il 33 per cento nel centro e il 21 per cento nel sud; perché gli studi relativi alle previsioni di crescita del trasporto aereo sostengono che il traffico dei passeggeri del nord Italia passerà, nel giro di sedici anni, dai 49 milioni del 2004 a ben 101 milioni nel 2021; perché la propensione al traffico internazionale del nord Italia e, particolarmente, dell'area milanese è pari a più di un quarto del totale nazionale.
Oggi Malpensa è il quinto hub d'Europa, con trentotto destinazioni servite. Negli ultimi tempi sono stati conseguiti importanti traguardi, in termini sia di traffico, sia di aumento delle destinazioni, sia di acquisizione di nuove compagnie aeree, tanto per il sistema aeroportuale lombardo nel suo complesso, quanto per il singolo scalo di Malpensa. Ciò ha portato ad una crescita del traffico tra il 2002 e il 2006 del 23,8 per cento, di cui ben l'11 per cento nel solo 2006: più del doppio rispetto alla media europea.
Ricordo anche la crescita del 39 per cento, tra il 2002 e il 2005, del traffico di merci dell'aeroporto di Malpensa, con nuovi voli cargo diretti su importanti scali come Taipei, Abu Dhabi e Kuala Lumpur: ciò si aggiunge ad una rete di collegamenti diretti ali cargo, comprendente, tra gli altri, anche Hong Kong, Seul, Tokyo, New York, Dubai, Shanghai, con la presenza dei maggiori operatori internazionali.
A Malpensa operano le principali compagnie aeree di tutto il mondo: negli ultimi anni le compagnie estere stanno incrementando le destinazioni e la frequenza verso l'aeroporto milanese, che attrae anche i passeggeri che attualmente scelgano altri hub europei, situati sulle rotte che passano per il nord Atlantico, la Siberia e le rotte polari.
Una dimostrazione dell'attività di Malpensa è, per esempio, l'annuncio che in questi giorni ha fatto un'importante compagnia come Ryanair, che, appena ha «fiutato» la possibilità di un disimpegno di Alitalia dall'aeroporto di Malpensa, ha offerto di investire ben 840 milioni di euroPag. 48nell'aeroporto milanese, basando dodici nuovi aeroplani nell'aeroporto e aprendo cinquanta nuove rotte internazionali.
Lo scalo di Malpensa, attualmente, riveste una grande rilevanza: vi sono operative 175 destinazioni di linea, settantacinque delle quali intercontinentali con 360 voli settimanali, vi sono oltre cento destinazioni charter, tredici vettori cargo, settantacinque vettori di linea passeggeri, sessanta vettori charter, con un aumento, dal 2005 al 2006, ben dell'8,4 per cento dei movimenti totali.
Non possiamo e non dobbiamo dimenticare o ignorare che il trend di sviluppo del sistema aeroportuale Linate-Malpensa, dal 1995, ha sempre registrato un andamento crescente, con una percentuale pari al 97 per cento del totale che, pur con discontinuità interne, ha comunque visto una crescita continua di Malpensa dal 1996 al 2000, pari al 500 per cento.
Dobbiamo ricordare che l'area geografica di riferimento dell'aeroporto di Malpensa produce il 31 per cento del prodotto interno lordo nazionale; nell'area geografica di riferimento dell'aeroporto di Malpensa è attivo il 24 per cento delle imprese italiane; l'area geografica di riferimento dell'aeroporto di Malpensa genera il 47 per cento dell'import e il 41 per cento dell'export della nostra intera nazione; la sola regione Lombardia, fondamentale bacino di produzione e di consumo, concentra sul proprio territorio il 36 per cento dell'import e il 28,5 per cento dell'export italiano, il 51 per cento degli investimenti esteri in Italia, una capacità di investimento italiano all'estero pari al 40 per cento, una presenza del 36 per cento di imprese italiane con partecipazione in imprese estere pari a circa 900 imprese con 206 mila addetti, oltre a una presenza del 35 per cento di imprese italiane a partecipazione estera pari a oltre 800 imprese con 250 mila addetti.
L'aeroporto di Malpensa, nel 2007, ha anche guadagnato il premio air cargo of excellence per la qualità dei suoi servizi: puntualità, costumer service e affidabilità contrattuale.
Dobbiamo anche considerare che l'azienda che gestisce l'aeroporto milanese, la SEA, accompagna ormai da anni lo sviluppo dell'hub, con fortissimi investimenti che, nel quinquennio 2007-2012, prevedono addirittura oltre un miliardo di euro per l'ampliamento del terminal 1 dell'aeroporto e lo sviluppo delle infrastrutture.
Questi investimenti della società aeroportuale milanese consentiranno un'ulteriore stabilizzazione dei movimenti a terra e un incremento della qualità dei servizi, sia nei tempi sia nella sicurezza. Tutto ciò porterà a una riduzione dei tempi «taxi» degli aeromobili e ciò permetterà alle compagnie aeree di ridurre i costi dei carburanti, ottimizzandone il lavoro.
Bisogna anche dire che questi investimenti, per oltre il 75 per cento, andrebbero proprio a favore di Alitalia.
Ricordiamo anche che il 22 aprile 2002 regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Milano, Alitalia e SEA avevano siglato un accordo, che era anche condiviso dal Ministero dei trasporti, che articolava gli obblighi dei soggetti coinvolti in tre successive fasi e nel quale si erano condivisi: l'incremento delle destinazioni internazionali e del numero degli aerei di lungo raggio, lo sviluppo dell'offerta sui settori domestico e internazionale, con conseguente incremento delle frequenze complessive, nonché - importantissimo - il riequilibrio delle basi operative del personale navigante operante su Malpensa e Fiumicino, fino ad arrivare al 35 per cento a Milano nel 2006.
Oggi tale accordo, improvvisamente, diventa carta straccia.
La scelta del rilancio della compagnia di bandiera, di ridurre drasticamente lo scalo milanese, sembra dettata oggi più da ragioni politiche che industriali, dal momento che non tiene conto, in alcun modo, del mercato economico del nord del Paese, di cui prima ho citato i numeri: circa il 70 per cento dei biglietti business è venduto nel nord-ovest e, nel primo trimestre 2007, il traffico passeggeri di Malpensa è aumentato ben del 9,5 per cento (e tutti sappiamo che è il traffico business chePag. 49permette a una compagnia aerea la profittabilità e la chiusura del bilancio in positivo).
Questa mia lunga premessa alla mozione appare un'elencazione fredda di dati impersonali ma in realtà ha la forza irresistibile dei numeri, è la dimostrazione inconfutabile che per Alitalia serve un piano economico-industriale che non penalizzi Malpensa, non penalizzi l'Italia e non comprometta definitivamente il futuro industriale della compagnia di bandiera. È per tali motivi che Alleanza Nazionale chiederà domani alla Camera dei deputati di approvare questa mozione per impegnare il Governo, se veramente crede nella sopravvivenza di Alitalia, a respingere nella sua funzione di azionista di riferimento gli orientamenti previsti dal piano industriale approvato dal consiglio di amministrazione. Tali orientamenti rischiano, infatti, di affossare definitivamente le possibilità di rilancio della compagnia di bandiera, di penalizzare l'economia dell'intero Paese, non solo della Lombardia o della provincia di Varese, di produrre un danno economico irreversibile per tutta la nostra nazione.
Alla luce di tali considerazioni, se il Ministro Bianchi ha affermato che non è interessato al derby Milano-Roma, ciò significa che non ha capito nulla della politica dei trasporti e rivela la sua inadeguatezza a dirigere il Dicastero rispecchiando, altresì, l'inadeguatezza anche del Presidente del Consiglio Prodi e del suo Governo a guidare il nostro Paese verso la modernizzazione, a farlo stare al passo con il progresso del resto d'Europa, con il grave rischio di isolamento che incombe a causa del blocco di tutte le opere infrastrutturali che il nostro precedente Governo aveva messo in campo per sostenere il Paese e le imprese nella competizione con il resto del mondo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00219. Ne ha facoltà.
MARIO BARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che mi accingo ad illustrare non condivide l'impostazione delle mozioni poc'anzi presentate le quali, con dovizia di dati, tendono a dimostrare tesi a nostro avviso non esatte quali l'esistenza, ad esempio, di un pregiudizio di questo Governo verso un particolare scalo aeroportuale (Malpensa) e di un disinteresse, sempre del Governo, verso il nord del Paese. Riteniamo, invece, che i fatti, le decisioni assunte proprio sul terreno degli investimenti infrastrutturali, la prospettazione di una soluzione per le questioni basilari del collegamento di Malpensa da parte di questo Governo provino il contrario; soprattutto, pensiamo che la questione che dobbiamo affrontare sia più vasta. Essa, infatti, riguardando l'intero Paese, certamente concerne anche la Lombardia, cuore produttivo della nostra nazione, ma rappresenta un tema generale, relativo alla situazione del trasporto aereo e, in tale contesto, alla compagnia di bandiera, Alitalia. Peraltro, abbiamo già affrontato tali temi tra fine novembre e inizio dicembre dello scorso anno; il fatto che ne riparliamo oggi rappresenta il segno che la questione che trattammo allora e che trattiamo ora non è soltanto di grande rilievo strategico per il Paese ma continua ad essere irrisolta e a rappresentare, sotto certi aspetti, un vero e proprio rompicapo per il quale non esistono soluzioni semplici; non vi è il bianco, non vi è il nero, non vi è la verità da una parte né l'errore dall'altra.
Riteniamo che tre siano le questioni che si intrecciano e che nella nostra mozione affrontiamo: la condizione della nostra compagnia di bandiera (Alitalia), il destino dei due principali aeroporti italiani (Malpensa e Fiumicino) e il sistema complessivo del trasporto aereo nel nostro Paese e la sua connessione con le altre modalità di trasporto. A me sembra che siano questioni serie, troppo serie perché noi ci possiamo accontentare di svolgere qui, ancora una volta, un dibattito segnato addirittura da elementi ideologici o da posizioni particolaristiche, come se il problema - è stato ricordato ora - fosse di tipo agonistico, quasi un derby sportivo!Pag. 50
A me pare che i fatti siano sufficientemente evidenti e i dati abbastanza incontrovertibili perché in questa sede, questa sera, non ci accontentiamo di ripetere cose già dette, ma tentiamo di fare almeno una operazione di verità e di discontinuità.
Partiamo da due novità.
Le novità sono costituite dall'insuccesso - ad oggi - della procedura di privatizzazione di Alitalia, che pure fu una decisione coraggiosa e di grande rilievo del Governo, e dal piano industriale, presentato dal nuovo amministratore delegato della compagnia, descritto, senza troppi giri di parole, come un piano di sopravvivenza.
Noi non ne conosciamo i dettagli, ma sappiamo che si tratta di un piano che non fa concessioni, un piano duro, che noi dell'Ulivo ed i gruppi che con l'Ulivo hanno firmato questa mozione (Rosa nel pugno, Popolari-UDEUR, Sinistra democratica e le componenti autonomiste del gruppo Misto) non riteniamo sia affatto il caso di respingere a priori, come suggeriscono le mozioni presentate da alcuni gruppi dell'opposizione.
Ci pare che molte delle osservazioni fatte in questi giorni, sui giornali, nelle interviste di questo o quel rappresentante delle istituzioni (anche di quelle regionali), non tengano conto della reale situazione di Alitalia, dell'assetto del sistema aeroportuale italiano, nonché della peculiarità degli scali coinvolti.
Alitalia - sembrerebbe persino superfluo ricordarlo, però forse è il caso di farlo - ha perso 625 milioni di euro nel 2006, in altri termini 1,7 milioni di euro al giorno: si tratta di una cifra ragguardevole e sta continuando così. Alitalia ha disfunzioni organizzative e gestionali tali per cui su alcune rotte più vola, più perde, anche a pieno carico.
Le cose non possono continuare in questo modo. Il piano cui alludiamo - non di cui parliamo nel dettaglio, perché non ne conosciamo i particolari - è un piano, che dopo un quindicennio di non scelte, ovvero di scelte apparenti, ovvero di scelte disattese (potremmo discutere a lungo anche di quali fossero le scelte giuste e quelle sbagliate, che peraltro non ci porterebbe molto lontano) ha il coraggio di dire che Alitalia, nelle condizioni date, nella situazione attuale del mercato italiano e internazionale, non è in grado di reggere e di alimentare, come vettore di riferimento, i due principali aeroporti italiani.
Se non assumiamo questo elemento di verità, non faremo molti progressi nella nostra discussione, non forniremo elementi utili all'orientamento dell'opinione pubblica, né alla soluzione dei problemi di fondo.
Una compagnia come l'Alitalia, che ha una grande storia e una grande tradizione, si è avvitata su se stessa, ha perduto occasioni, stretto alleanze internazionali andate male, coltivato modelli organizzativi invecchiati e usato capitali e aumenti di capitali per ripianare perdite, anziché per fare investimenti e rinnovare la flotta comunità. È dilaniata da conflitti interni e microcategoriali, cosicché la cultura di impresa di quella compagnia è rimasta indietro come se il tempo si fosse fermato alle carrozze a cavalli.
A noi pare sia giunto il tempo di chiudere quella storia e di voltare pagina. Lo faccia il nuovo management, dando prova della volontà di cambiare gli orizzonti dell'organizzazione aziendale e nella gestione dei rapporti industriali.
Non è un realistico che Alitalia possa essere un grande vettore in grado di competere, da sola, sul mercato mondiale, ma non è nemmeno accettabile e non è soddisfacente l'idea che Alitalia si riduca ad una subcompagnia regionale.
Non se lo può permettere il nostro Paese, che è un grande Paese industriale e i dati ricordati dai colleghi dell'opposizione, della Lega Nord e di Alleanza Nazionale, giustamente ricordano questa realtà, ossia quella di un Paese industriale con un sistema di imprese che esporta in tutto il mondo, con una domanda di mobilità crescente e che è un polo straordinario di attrazione turistica. È evidente che un Paese come il nostro non può accettare di rimanere orfano e di non essere soggetto di una politica del trasporto del settore aereo.Pag. 51
Mentre penso che dobbiamo rispettare l'autonomia gestionale del management di Alitalia, incoraggiandone, per quanto nelle nostre possibilità, il realismo e la capacità di scegliere, credo che dobbiamo anche sollecitare l'azionista di maggioranza, l'azionista di controllo, il Governo, a non indugiare oltre.
Per tale motivo, noi lo sollecitiamo a completare le procedure di vendita di Alitalia. Ci si chiede chi sarà il compratore. Io non vorrei partecipare alle congetture, ma è bene che Alitalia sia inserita in un contesto di alleanze interne ed internazionali, che risponda alle necessità del Paese. Se ci saranno operatori e capitali prevalentemente italiani, bene, ma, comunque, non c'è più tempo da perdere e non si possono più seguire illusioni.
Il fattore tempo riveste un'importanza centrale: se la Camera bocciasse, prima ancora di conoscerlo, il piano di emergenza di Alitalia, l'effetto sarebbe il discredito della nuova dirigenza e un colpo ulteriore alla credibilità dell'impresa, con ripercussioni sul mercato azionario fino al fallimento della compagnia, peraltro non perseguito, non voluto, come pure avvenne, invece, in altri Paesi, come la Svizzera e il Belgio. Di una situazione del genere approfitterebbero altri soggetti, non italiani, giovandosi della possibilità di mettere le mani, a costo quasi zero, sul ricco mercato aereo italiano.
Veniamo, così, al secondo punto del ragionamento che svolgiamo nella nostra mozione. Alitalia, a quanto pare, intende concentrare a Fiumicino il traffico intercontinentale e - si dice - tagliare (uso questo termine, perché i dati direttamente ed ufficialmente non li conosciamo) 150 voli da e per Malpensa. Gli slot, ossia i permessi di decollo e di atterraggio che Alitalia controlla a Malpensa, hanno un grandissimo valore economico e commerciale. Malpensa, che è stato pensato e voluto come un grande aeroporto intercontinentale del Nord, non può - ce ne rendiamo conto - non risentire e non può non ripensarsi alla luce di questa novità, che è drammatica. È vero che Alitalia pensa di sviluppare a Malpensa voli cargo, servizi low cost e voli punto-punto, ma saremmo miopi se non ammettessimo che la vocazione di Malpensa e le sue ambizioni erano, sono e restano diverse. Il secondo grande aeroporto italiano, che ha mostrato importanti tassi di crescita, non intende rinunciare alla sfida di un ulteriore sviluppo.
Ritengo che su ciò dobbiamo essere chiari e dobbiamo avere il coraggio di affermare che se Alitalia, per ragioni aziendali, deve avere la possibilità di scegliere la propria strada - che, magari, è una strada che va in un'altra direzione - dobbiamo riconoscere a Malpensa la stessa possibilità di perseguire diverse strategie. Si è tanto parlato di hub: uno o due, Fiumicino o Malpensa. È stato ricordato nel dibattito di novembre e di dicembre - al quale mi richiamo in questa sede - che hub è un termine improprio. È stato detto che hub è quello di Dubai, con settanta milioni di passeggeri l'anno, senza un mercato di riferimento nel territorio circostante, una piattaforma che raccoglie i passeggeri provenienti da tutte le parti del mondo. Hub è quello di Singapore o quello di Francoforte, ma non lo sono, in senso proprio, i nostri due principali aeroporti con un traffico passeggeri sopra i venti e sotto i trenta milioni di persone trasportate.
Eppure, c'è un senso nella parola hub che, credo, sia necessario tenere fermo anche in questo dibattito: è quello che associamo a quel termine, ossia l'offerta di voli intercontinentali. Alitalia sembra aver deciso per Fiumicino. Ciò non significa che Malpensa e che il territorio di Milano e del settentrione industriale d'Italia debbano rinunciare ad uno scalo che offra, anch'esso, voli intercontinentali. Lo fa Monaco di Baviera: basta andare a controllare sul sito Internet e a vedere i voli e le destinazioni che vengono offerte. Perché non dovrebbe farlo Malpensa? La Lombardia non è certamente meno ricca o meno importante della Baviera.
Quella che si è rivelata un'illusione è che Alitalia potesse farlo sia per Fiumicino che per Malpensa. Quello che il Paese non deve più fare è non decidere. Anche conPag. 52riferimento a Malpensa, tuttavia, dovremmo ammettere gli errori che sono stati fatti: le due piste che si incrociano, la non volontà di decidere su Linate, vi sono ancora strozzature infrastrutturali importanti. Eppure, Malpensa è pensata come parte integrante, nel Corridoio n. 5, di un sistema intermodale che comprende alta velocità ferroviaria e autostrade.
Ritengo, davvero, che non sarebbe intelligente operare per impedire a Malpensa di cercare la sua prospettiva nel mercato. Dobbiamo, anzi, chiedere al Governo di favorire questo sviluppo.
Vi facevo riferimento poc'anzi: i dati del traffico passeggeri e merci dell'intero sistema aeroportuale italiano sono inferiori a quelli dei principali hub continentali, per cui parlare di doppio hub appare un po' fuorviante. Tuttavia, realizzando gli investimenti infrastrutturali cui facevo riferimento, Malpensa potrà affermarsi come uno snodo internazionale ancora più importante di quanto non sia ora. Come dicevo all'inizio, ricordo che questo Governo, in carica da poco più di un anno, ha individuato le risorse per importanti opere del Nord, come la «pedemontana», senza le quali ogni discorso su Malpensa sarebbe puro esercizio retorico; lo stesso vale per i collegamenti ferroviari.
Arrivo, quindi, all'ultimo punto: il rapporto con il sistema aeroportuale italiano. Si tratta di una questione che richiede la massima attenzione da parte del Governo, perché questo sistema, tanto vivace quanto poco organizzato e specializzato, si è sviluppato a partire dalla fine del monopolio e dall'inizio della liberalizzazione del mercato, secondo quanto stabilito dalle direttive europee, ma presenta molti punti di criticità.
Qualcuno dice che Malpensa soffrirebbe della concorrenza dei tanti aeroporti dell'Italia settentrionale, da Orio al Serio, a Venezia, a Torino ed altri. La verità è che cresce la domanda e, conseguentemente, l'offerta dei collegamenti aerei e i passeggeri sono ben contenti di poter trovare non lontano da casa propria un aeroporto che offre il volo di una compagnia low cost, che li porta nella capitale o nella città europea che desiderano raggiungere.
Proprio per tale motivo - è, infatti, ai consumatori che dobbiamo pensare nell'immaginare un processo di riordino e riequilibrio del sistema aeroportuale - dovremmo evitare di pensare ad azioni autoritative che scavalchino le realtà locali. Sollecitiamo, quindi, il Governo a presentare quel piano degli aeroporti di cui ha parlato, anche in questi giorni, il Ministro dei trasporti e immaginiamo che tale piano si concentri nel definire requisiti omogenei e condizioni paritarie per tutti gli operatori interessati, in modo da evitare che vi siano condizioni di vantaggio per taluni e di svantaggio per altri, in un processo di progressiva specializzazione del sistema (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Picano. Ne ha facoltà.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, come è a tutti noto, la difficile situazione finanziaria che sta attraversando la compagnia di bandiera non è certo dell'ultima ora, ma è il risultato di anni di scelte gestionali errate.
Siamo, dunque, chiamati a confrontarci su un tema sul quale, ormai da mesi, è in atto una riflessione che ha coinvolto, a diversi livelli, partiti, sindacati e associazioni e che oggi si concentra sull'approvazione delle linee guida per il 2008-2010, predisposte dal consiglio di amministrazione dell'azienda lo scorso 30 agosto.
D'altronde, se il piano approvato dal consiglio di amministrazione di Alitalia è stato definito quale misura di sopravvivenza e transizione, un motivo ci sarà. È infatti questo l'indubbio segnale che, fino ad ora, si sono perseguite strategie aziendali a dir poco fallimentari. Ricordiamo, infatti, che i dati del primo semestre 2007 hanno fatto registrare perdite per un totale di 211 milioni di euro e che, per il secondo semestre, si prevede un peggioramento dei risultati.Pag. 53
Bisogna fare, quindi, un passo indietro e studiare il problema attraverso un punto di vista scevro da pregiudiziali «ideologico-territoriali». Alitalia è la compagnia di bandiera del nostro Paese e non di questa o quella regione, o, ancor peggio, di questa o quella città. Voler risolvere la crisi che sta travolgendo Alitalia facendone uno scontro tra Nord e Centro, o meglio, tra Malpensa e Fiumicino o, ancora meglio, tra Roma e Milano, mi sembra francamente non solo strumentale, ma anche piuttosto semplicistico. Alitalia, infatti, prima ancora di essere la compagnia di bandiera del nostro Paese, è innanzitutto un'azienda di grandi dimensioni e, come tutte le aziende, deve lavorare non per favorire questa o quella città, questa o quella regione, questa o quella parte politica, ma essenzialmente se stessa. Essa deve essere guidata da criteri tecnici ed economici, in funzione di un maggior ricavo possibile, e non da criteri che nulla hanno a che fare con le ragioni dell'economia.
La riorganizzazione di Alitalia, dunque, deve passare attraverso la ricerca di partner che puntino ad un serio risanamento dei conti e degli sprechi e su alleanze coerenti che sviluppino le iniziative industriali.
Oggi possiamo dire che, in forte discontinuità con il passato, sono state riprese le fila del confronto, si inizia ad intravedere qualche punto di intesa e soluzioni migliori rispetto a quelle intraprese nella scorsa legislatura. Finalmente, infatti, si è compreso che per trovare partner che intervengano in Alitalia investendo denaro per un piano di sviluppo, è necessario presentare un piano di risanamento dell'azienda per fare in modo che tale vettore sia appetibile per l'acquirente e sempre che l'attuale management di Alitalia intenda muoversi in tale direzione.
Proprio nei giorni scorsi si è svolta una riunione tra i rappresentanti dell'Alitalia e dei principali sindacati di categoria nella quale le parti hanno concordato il trasferimento di 14-17 voli intercontinentali da Malpensa a Fiumicino. La decisione è stata presa anche in considerazione del fatto che l'hub di Malpensa non è di destinazione, ma di transito. Nel corso dei colloqui, infatti, è stato chiarito che le ore di volo complessive non diminuiranno, perché ci sarebbe un aumento dell'impiego dei velivoli e tale aspetto è stato apprezzato molto dai piloti, i quali hanno espresso soddisfazione per la decisione assunta dal nuovo presidente Prato.
È stato prospettato, inoltre, un piano di salvataggio e risanamento di medio termine che deve consentire l'apertura di un confronto con gli eventuali compratori. Chi sostiene questo progetto di sopravvivenza varato da Alitalia sia un suicidio finanziario perché ridurre la presenza di Alitalia nell'aeroporto di Malpensa comporterebbe la perdita di enormi profitti, a mio avviso, afferma una cosa inesatta. Oppure, pensiamo sul serio che i vertici di Alitalia intendano affossare definitivamente la propria compagnia?
Inoltre, se Malpensa fosse realmente in grado di attrarre traffico, non si dovrebbe aver paura se una compagnia come Alitalia, definita fatiscente, abbandona Malpensa. Vi saranno altre compagnie che ne prenderanno il posto, come ha dimostrato la Ryanair con la propria offerta. Ciò, senza considerare che se non si riesce a risolvere il problema della presenza dell'aeroporto di Linate, dove scalano gli stessi vettori internazionali presenti a Malpensa, è pacifico che questo stesso aeroporto non avrà un grande sviluppo.
Questo è il punto che viene evidenziato e al quale si vuole trovare una soluzione adeguata attraverso il piano predisposto dall'Alitalia. Sebbene, dunque, non sia nelle nostre intenzioni abbandonare lo scalo di Malpensa, è anche vero che, per far sì che Alitalia torni ad essere una grande compagnia, è fondamentale, se non vitale, che cambino del tutto le strategie aziendali fin qui perseguite.
Solo lavorando in tale direzione Alitalia potrà trovare, nel più breve tempo possibile - questo è il nostro auspicio - una più adeguata soluzione al problema relativo all'uso ottimale delle principali strutture aeroportuali nazionali.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Signor Presidente, come ha ricordato anche il collega Barbi, a distanza di sette mesi torniamo ad affrontare la vicenda Alitalia. Questa volta lo facciamo nell'ambito di un tentativo di contrapposizione territoriale che credo non ci aiuti a sviluppare un'attenta riflessione sulle prospettive della compagnia di bandiera e, soprattutto, sulle inadeguatezze e, pertanto, sulla necessità di uno sviluppo del sistema aeroportuale italiano, perché questo è il cuore della questione.
È vero che Alitalia ha rappresentato lo strumento della politica del trasporto aereo nel nostro Paese per molti, tanti anni, per decenni, mantenendo una posizione di monopolio fino alla metà dei primi anni Novanta. Questa è la verità. Anzi, in virtù di quella posizione di monopolio, probabilmente tendevamo a sopravvalutare le capacità manageriali di Alitalia se è vero, come è vero e come ha ricordato l'onorevole Barbi, che, alla luce dei mutamenti dello scenario internazionale anche nel settore del trasporto aereo e, soprattutto, sulla spinta di una liberalizzazione derivata dalle procedure e dalle politiche comunitarie, avremmo dovuto adeguare le nostre scelte e i nostri indirizzi sia dal punto di vista della programmazione del sistema aeroportuale, sia dal punto di vista dello sviluppo di politiche industriali per quanto riguardava la compagnia di bandiera.
Ciò non è stato fatto. È un punto della riflessione che ha accompagnato per molti versi la politica di Rifondazione Comunista rispetto ad Alitalia, e non è un caso. Vorrei ricordarlo non come ritorno nostalgico alle battaglie contro Malpensa 2000, che Rifondazione Comunista ha condotto contro corrente nel territorio della Lombardia e nel Paese, ma per dire che in qualche modo abbiamo perso ulteriore tempo contribuendo ad affondare, probabilmente in maniera definitiva, le sorti della compagnia di bandiera, e comunque a ripartire quasi dal livello zero nella ricostruzione di un sistema aeroportuale italiano, inadeguato ma soprattutto segnato, negli ultimi tempi, dalle politiche di proliferazione per eccesso degli scenari cambiati a livello internazionale nel settore aereo: una proliferazione degli scali al fine di attrarre nuove compagnie, soprattutto le compagnie low cost, credendo in tal modo di essere in grado di dare una risposta ad un aumento crescente di mobilità dei cittadini nel nostro Paese, anche attraverso il segmento del trasporto aereo.
Siamo quindi di fronte a una crisi fallimentare della compagnia e a una crisi del sistema aeroportuale italiano che è la risultanza della vicenda di questi giorni, dinanzi ad un piano industriale - annunciato, ma di cui non si conoscono nel dettaglio le linee - che a nostro avviso (approfondiremo la questione, se ne avremo l'occasione e la possibilità) è l'accompagnamento della compagnia di bandiera sotto le ali di Air France, come immaginavamo dall'inizio della trattativa per la cessione del pacchetto di controllo pubblico che era proprio della compagnia di bandiera Alitalia.
Colgo l'occasione della presenza del sottosegretario Tononi per chiedere chi, come e quando ha mutato l'indirizzo e gli orientamenti per una presenza pubblica, comunque, nella compagnia di bandiera nel processo di cessione del pacchetto di controllo; chi, quando e come ha contraddetto l'indirizzo votato da questa Assemblea il 6 dicembre 2006; vogliamo, anche da questo punto di vista, denunciare la mancanza di collegialità all'interno della coalizione della maggioranza di Governo, se è vero, come è vero, che noi non solo non siano stati coinvolti a tutti i livelli nel ridefinire questa scelta, ma addirittura ne siamo completamente all'oscuro.
Veniamo ai due problemi che sono connessi: la crisi di Alitalia ed il ridimensionamento dell'aeroporto di Malpensa e la cancellazione del suo ruolo di hub. Il collega Barbi ha svolto un ragionamento di carattere tecnico, teso in qualche modo a nascondere ancora una linea di ambiguità su tale questione. Vede, onorevole Barbi, è vero che di fronte alle grandi capacità di attrazione di hub internazionali e intercontinentali,Pag. 55da Dubai a Francoforte, la statistica di traffico aereo che abbiamo sia su Fiumicino che su Malpensa non consente di definire queste due realtà come hub. Però un dato è indiscutibile, vale a dire che per hub si intende quello scalo dal quale partono e arrivano voli intercontinentali. Aggiungo che la scelta di Malpensa non solo è stata fallimentare (e dopo sette anni ne paghiamo il prezzo) ma è anche stata aggravata da scelte di carattere locale in merito alla pianificazione territoriale e alla complicità e all'ambiguità sulle scelte di carattere nazionale.
Ad esempio, sarà un'indicazione del piano industriale per uscire dal buco nero la necessità del rinnovo della flotta.
Il rinnovo della flotta in un hub - teniamo conto che Alitalia ha a disposizione oggi 179 velivoli, di cui meno della metà sono in grado di volare - comporta l'investimento di circa tre miliardi di euro. È una scelta di sistema, una scelta di mercato, e mi duole il fatto che ad accanirsi contro di essa siano proprio i fautori della scelta su Malpensa 2000, soprattutto coloro che hanno accarezzato i nuovi scenari internazionali come elemento vitale per il rilancio e l'adeguamento del trasporto aereo italiano, lasciando al mercato la regolamentazione e l'attrazione per lo sviluppo di questo settore di trasporto.
Se l'Alitalia continuasse a perseguire la scelta dei due hub, dovrebbe fare un piano di investimenti che, dal punto di vista del rinnovamento della flotta, avrebbe la necessità di mettere nelle voci di bilancio 6 miliardi di euro, cioè 12 mila miliardi delle vecchie lire. Si tratta di una scelta che oggi non è in grado di fare, non solo dal punto di vista finanziario, ma probabilmente anche dal punto di vista degli assetti organizzativi. Se una volta, tempo fa, il buon senso ci aveva fatto assumere una posizione contraria alla definizione di Malpensa 2000, oggi si tratta di una scelta di sistema che si impone, di una scelta obbligata, con tutte le contraddizioni che si sono determinate nel corso di questi anni.
Da una parte si è fatta la scelta di Malpensa 2000, dall'altra, però, su pressioni anche territoriali degli enti locali e della stessa regione Lombardia, non si è portata avanti una politica di ridimensionamento dell'aeroporto di Linate, come conseguenza della scelta di Malpensa 2000. Anzi, da una parte la regione Lombardia urla contro il Governo romano mentre pensa a trattare con quest'ultimo su risorse in grado di sviluppare e migliorare l'accesso, e quindi per lo sviluppo dell'aeroporto di Linate; dall'altra, punta a far credere ai cittadini che si possa salvare e rilanciare Malpensa con la dimensione di hub attraverso accordi fantomatici con Ryanair, che non potrebbe garantire, per le ragioni che conosciamo bene sul terreno della regolamentazione internazionale, i voli intercontinentali.
Questo significa cavalcare la protesta e non far vedere ai cittadini altre necessità, altre scelte di indirizzo, che vanno fatte nel contesto del sistema aeroportuale italiano, con un piano integrato per quanto riguarda gli aeroporti del Nord Italia, in particolare della regione Lombardia. Mi si dice che lo sviluppo delle compagnie low cost ha consentito di dare un servizio qualitativo ai cittadini e alle cittadine del nostro Paese, di rispondere a quei segmenti di trasporto verso i quali Alitalia non è mai stata in grado di offrire alcunché. Questo è vero, ma - anche qui - ci sono le responsabilità dei gruppi manageriali di questa compagnia di bandiera, che, a differenza di altre grandi compagnie europee, come Lufthansa o Air France, non ha voluto e non ha saputo strutturarsi nel senso del rilancio del segmento low cost, dei voli nazionali e dei voli punto-punto. È arrivata molto tardi con Volare.
Sottolineo ciò, per dire che non bisogna perdere di vista quelli che sono stati, da una parte, gli errori dei diversi gruppi manageriali di Alitalia, e, dall'altra, anche le responsabilità, i ritardi e i silenzi colposi dei Governi che, nell'arco di quindici anni, non hanno dato nessun orientamento e indirizzo per quanto riguarda la riorganizzazione del sistema aeroportuale italiano. Hanno lasciato il mercato a regolamentare questo importante segmento del trasporto nel nostro Paese, credendoPag. 56che il mercato risolvesse di per sé i bisogni di mobilità dei cittadini e dei territori.
Cosa è successo? È successo che senza una capacità di programmazione, ovviamente di concerto con gli enti locali e le regioni interessate, di un sistema aeroportuale che sapesse relazionarsi con la specializzazione di aeroporti, si è sviluppata una concorrenza sregolata, come ad esempio è avvenuto per alcuni aspetti nello stesso sistema aeroportuale lombardo: pensiamo alla situazione di Malpensa. Non dico che Alitalia dovesse godere di un privilegio e quindi di un riconoscimento in primis nello sviluppo del mercato del trasporto aereo, ma quanto meno essere messa nelle stesse condizioni di altre compagnie, che in alcuni scali hanno avuto praticati costi, servizi e tariffe molto più bassi rispetto alla compagnia di bandiera, quindi con una concorrenza sleale; mentre riterremmo giusto che il sistema aeroportuale del nostro Paese supportasse in qualche modo, pur stando dentro le regole della concorrenza, la compagnia di bandiera. Ciò non è avvenuto, e lo dimostra il fatto che la seconda compagnia dopo Alitalia in quel di Malpensa, Easy Jet, ha avuto questi benefici attraverso rapporti diretti e accordi conclusi con la società di gestione dell'aeroporto. Quindi vi è la necessità di ridisegnare il sistema aeroportuale italiano e soprattutto, per quanto riguarda la Lombardia e il nord, di un piano integrato che sappia rispondere ad alcune esigenze.
C'è un piano integrato che abbiamo smarrito proprio nel momento in cui fu dato il via a Malpensa 2000, ed è evidente che la situazione data non può rilanciare oggi la proposta di un piano integrato del nord Italia, in cui definire diversi scenari e stabilire di conseguenza i ruoli e le capacità delle singole infrastrutture presenti sul territorio. Appunto per ciò che concerne gli aeroporti settentrionali, possono essere ad essi riconosciute vocazioni non esaustive ma prevalenti, nel quadro di una specializzazione e di un armonico sviluppo: Linate deve essere un city airport, con collegamenti nazionali e continentali punto-punto; Orio al Serio pùo ospitare collegamenti charter; Malpensa voli continentali ed intercontinentali. Infatti, non è vero che la scelta di un unico hub per quanto riguarda la compagnia di bandiera Alitalia esaurisce completamente il servizio di voli intercontinentali praticato e organizzato da essa a Malpensa: ci saranno delle scelte, ci saranno dei tagli a determinate rotte, ma non finisce la presenza anche di tale segmento della compagnia di bandiera. Torino, invece, con Caselle, può rivestire un ruolo strategico per tutto il nord Italia per quanto riguarda il trasporto delle merci.
Ma, sottosegretario Tononi, non si può continuare a sollecitare il Governo ad assumere con celerità politiche di programmazione per un moderno sistema aeroportuale; ad ogni circostanza noi ribadiamo ciò. Comunque, non si può separare il piano industriale, il piano di salvataggio della compagnia di bandiera da questa capacità e titolarità, che va recuperata, di programmazione del Governo; infatti, non si possono scaricare le responsabilità per la situazione esistente, anche se portano la loro grande e grave responsabilità, sui gruppi dirigenti dell'azienda Alitalia che si sono succeduti nel corso di questi ultimi venti anni, senza guardare anche a quelli politici e istituzionali, che hanno appunto, come dicevo prima, abbandonato esclusivamente al mercato la capacità di programmare il servizio del trasporto aereo nel nostro Paese.
La definizione di un piano integrato nel sistema aeroportuale nel nord Italia, a nostro avviso, potrebbe intanto consentire la riduzione degli impatti sulle popolazioni e sull'ambiente; perché questo è un punto: si parla tanto di sviluppo delle potenzialità di Malpensa, teniamo conto che queste potenzialità di sviluppo devono fare i conti con le incompatibilità ambientali e territoriali. Si tratta di una delle rivendicazioni anche di quei cittadini che probabilmente in queste settimane e in questi giorni saranno in piazza per protestare contro il ridimensionamento di Malpensa a secondo hub nel nostro sistema aeroportuale italiano.Pag. 57
Ciò consentirebbe inoltre l'integrazione fra le infrastrutture aeroportuali ed il territorio, nonché una maggiore funzionalità del sistema dei trasporti nel loro complesso, attraverso l'integrazione fra gli aeroporti e le altre infrastrutture di trasporto (viabilità e ferrovie); non invece - come ancora afferma (lo dicevo prima) Formigoni - un'infrastrutturazione più avanzata attraverso la velocizzazione del raccordo fra l'aeroporto di Linate e la città (appunto per privilegiare ancora quanto dicevo prima, cioè una politica di sviluppo anche di Linate che va immediatamente a detrimento di Malpensa). Ancora, ciò consentirebbe la distribuzione, lo sviluppo e la promozione della nuova occupazione nel settore, e infine la difesa del diritto degli utenti unitamente al diritto al lavoro.
In ultimo, desidero parlare di Alitalia e del suo piano industriale.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARIO RICCI. Concludo, signor Presidente. Sono convinto che il piano industriale di Alitalia continui a perseguire vecchi indirizzi ed obiettivi, che non sono adeguati a trarre questa compagnia dal buco nero in cui essa si trova. A suo tempo, avanzammo proposte precise per un piano industriale serio, non piegato alla logica esclusivamente finanziaria della compagnia e dotato della capacità, in primo luogo, di mantenere una gestione unitaria della società (senza spacchettamento) e, in secondo luogo, di svilupparne le professionalità attraverso il rilancio della costruzione di un polo manutentivo. Nel nostro Paese la ricerca e l'innovazione nel senso di una politica industriale dell'aeronautica sono infatti importanti: non vogliamo che l'azienda Italia sia sanata solo dal punto di vista della prestazione di un servizio sociale qual è quello del diritto alla mobilità; viceversa, un tale programma può avere un ruolo importante anche nello sviluppo delle politiche industriali del sistema economico del nostro paese. Ad oggi, non ci pare che queste indicazioni siano nette.
Concludo, poiché non voglio tornare indietro. Noi, se potessimo, bloccheremmo i processi di privatizzazione. Ciò non si può fare; quantomeno, però, una presenza pubblica come quella garantita dalla mozione approvata lo scorso 6 dicembre da questa Assemblea costituisce una garanzia anche per gestire il nuovo piano industriale senza grandi e gravi massacri sociali.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole De Corato, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.
ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, noi del gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo crediamo che, in questo dibattito, sia necessario sforzarsi di partire dai fatti e dalle cose, eliminando pregiudizi e discorsi tendenti a dimostrare teoremi: ciò non sempre è stato fatto, anche nelle molte dichiarazioni che sono state rese ai giornali (devo dire in modo abbastanza bipartisan, sia da destra che da sinistra) spesso con informazioni imprecise, a volte con riflessioni poco meditate.
Credo anche che sarebbe stato opportuno che questo dibattito si svolgesse dopo che il Parlamento fosse stato messo in grado di discutere ed approfondire complessivamente il piano del consiglio di amministrazione di Alitalia, che di fatto non conosciamo. Discutiamo perciò di un punto abbastanza ben definito, ma è chiaro che, decontestualizzando una proposta dal piano generale, si rischia di prendere degli abbagli. Purtuttavia, questa è la situazione in cui ci troviamo: vi sono spesso notizie che vengono fornite ai giornali e non al Parlamento e, per quanto ne so, nemmeno al Governo. Questa procedura non può essere accettata, poiché può inficiare lo stesso discorso che andiamo a sviluppare.
Ancor più pesante è chi ha provato e prova - qualche eco ne abbiamo sentita anche nel dibattito di oggi - a sviluppare il ragionamento di un nord sacrificato contro un sud che, invece, sarebbe privilegiato, per cui la difesa di Fiumicino sarebbe la difesa dei privilegi dei lavoratoriPag. 58di Alitalia, i quali, se essa rimanesse al nord, non avrebbero più tali privilegi. Mi pare un modo molto singolare di ragionare, al limite del corto circuito mentale.
Le cose non stanno così. I fatti sono gravi e pesanti; in parte, sono stati ricordati e vi torno rapidamente: Alitalia perderà, alla fine dell'anno, oltre 600 milioni di euro; i management, che vengono sostituiti uno dietro l'altro, non riescono a trovare la «quadra» di questa complessa situazione, di questo rompicapo, come lo ha definito l'onorevole Barbi; la gara, che abbiamo cercato di portare avanti mettendo paletti chiari che puntassero al rilancio della compagnia, è fallita.
Il nuovo management non poteva che fare un piano di transizione e di sopravvivenza - è una definizione dura, ma è così -, che ha peggiorato profondamente le condizioni rispetto al primo piano, che è fallito probabilmente per tanti motivi, ma anche perché è evidente l'asimmetria tra chi è obbligato a vendere perché perde 2 milioni di euro al giorno e chi può comprare aspettando che i tempi maturino.
È evidente che tutto ruota intorno alla crisi di Alitalia, ma non ne voglio parlare, perché le cause sono molteplici, ne abbiamo discusso tante volte e, probabilmente, ci torneremo. Quindi, cerchiamo di mantenerci al punto preciso di cui stiamo discutendo: un pezzo di questo piano, è la presa d'atto - credo, dolorosa - che il vettore, la compagnia di bandiera, come si continua a chiamare, non è in grado di alimentare due aeroporti, i quali - è stato detto e lo ribadisco - non sono degli hub: non sono degli hub per i numeri, né per le caratteristiche; questo è il punto.
Gli hub hanno una caratteristica tecnica: i passeggeri arrivano e da lì fanno il balzo verso le destinazioni. Non è l'aeroporto, ma è il vettore che fa l'hub. Se noi abbiamo un vettore in grado di assicurare trecento prosecuzioni, possiamo realizzare l'aeroporto anche al centro della Sardegna, altrimenti non funziona: Dubai si trova in mezzo al deserto e non ha intorno nessun mercato. Per questo motivo il discorso del ricco mercato del nord è una sciocchezza!
Così com'è vero che i costi del personale, il problema dell'assenza di economie di scala, il problema del rinnovamento della flotta, il costo e la perdita delle rotte feeder che oggi portano i passeggeri a Malpensa costituiscono per Alitalia un peso insostenibile.
Il punto, a mio parere, è però il seguente: ciò significa che per salvare Alitalia bisogna sacrificare Malpensa? Non lo credo assolutamente: non è questo che vogliamo, ma dobbiamo trovare una strada che tenga conto delle giuste esigenze della compagnia e delle giuste esigenze e delle necessità dell'aeroporto di Malpensa e dei cittadini della Lombardia, a patto, però, che non si dica che il nord non è presidiato. Ci sono nove aeroporti su quattrocento chilometri lineari: più presidiato di così, insomma, non può esserlo!
Il motivo potrebbe consistere, come ricordava l'onorevole Mario Ricci, nel fatto che tutto è nato attraverso una logica di mercato, senza che nessuno si sia preoccupato di fare una politica dei trasporti, ma sono cose vecchie: in Italia la politica del trasporto aereo l'ha fatta per trent'anni Alitalia - questa è la verità - ed oggi si pagano le conseguenze anche di questo lungo, eccessivo, costoso e dannoso monopolio.
Alitalia non soffre di eccessiva concorrenza - onorevole Mario Ricci, non sono d'accordo -, ma soffre perché non c'è stata la concorrenza e, quindi, ha sviluppato una sua filosofia che oggi mostra tutti i suoi limiti, anche per gli errori del management e per lo scarso coraggio a prendere decisioni quando erano necessarie (e non sarebbe nemmeno difficile ripercorrere la storia e ricostruire tale questione).
Bisogna però precisare che Alitalia nel suo piano, per quanto lo conosciamo, non decide di abbandonare Malpensa, circostanza che non avremmo accettato, che è inaccettabile, ma decide di specializzarla, sostenendo che i voli punto-punto, i voli low cost e anche lo sviluppo del cargoPag. 59possono essere una valida alternativa e significano, comunque, una presenza importante, sostanzialmente riducendo il suo impegno al taglio, nemmeno eccessivo (ho tutti i numeri e li potrei citare) dei cosiddetti voli di lungo raggio e intercontinentali. Tale è la situazione.
Questa vicenda danneggerà in maniera irreparabile Malpensa? Credo di no. Danneggerà il mercato del nord? Credo di no, anche per i motivi che ho sostenuto e perché vi è una risposta molto differenziata e articolata nel territorio. Insomma, non vi è il deserto intorno a Milano, né nel nord, e la cancellazione del numero di rotte, abbastanza limitate, previsto è un problema, ma non mi pare che da tale circostanza si debba concludere con una visione così catastrofica.
Non bisogna continuare a perseverare negli errori che nel passato sono stati commessi. È stato detto che le scelte politiche vanno compiute nell'interesse generale del Paese. Ricordo - non per polemizzare, ma è bene fare presente certe vicende - che una decina di anni fa in Commissione trasporti alla Camera, nel corso della XIII legislatura, gli amministratori lombardi vennero in massa a sostenere che Linate non poteva essere toccata, che doveva essere un city airport da 12-13 milioni di passeggeri e appoggiarono il ricorso della compagnie europee contro Alitalia, quando si decise di spostare i voli a Malpensa. Alleanza Nazionale, la Lega, dove erano quando questo avveniva? Non è che ognuno inventa la storia e la ricostruisce dal punto in cui gli fa comodo. Formigoni dov'era? Lui venne a dire che questo non si poteva e non si doveva fare, e purtroppo vinse anche lui, perché i TIR che avevano iniziato a spostare i materiali si fermarono a mezza strada e tornarono indietro. Si arrivò molto faticosamente al cosiddetto decreto Bersani, che ha distribuito i voli, gli slot, fra Linate e Malpensa. Pertanto, ognuno faccia un po' di seria riflessione e vada a vedere gli errori che ha commesso, perché è chiaro che tale risultato è figlio di tanti errori e di tante scelte, o di tante non scelte, se preferiamo.
Quindi, stabilito che il presupposto di due grandi aeroporti non specializzati è non sbagliato, ma attualmente insostenibile per Alitalia, ciò, lo ripeto, non significa che il destino di Malpensa debba essere quello di un ridimensionamento o di un piccolo aeroporto. Non lo credo affatto. Non lo reputo possibile perché il trasporto aereo, a livello mondiale, è uno dei settori più dinamici, perché le stime di incremento che anche in questo ambito sono state fornite, a meno che non accadano fatti oggi imprevedibili, sono attendibili e quindi vi è spazio per tutti. Malpensa può rivestire un ruolo e lo avrà, a parere mio, da grande aeroporto che potrà svolgere anche i voli intercontinentali, affidandosi anche ad altri vettori, ma non a Ryanair, e l'onorevole Ricci lo ha sottolineato bene, perché non potrebbe, secondo le regole, realizzare voli intercontinentali, perché deve essere un vettore italiano e per tutta una serie di motivi.
Tuttavia, non escludo che altri vettori, proprio perché si tratta di un mercato così ricco ed importante, sulla base dei dati che sono stati esposti anche nelle mozioni dei colleghi del centrodestra, possano invece essere interessati a mettere base in quell'aeroporto e a sviluppare i suoi traffici. Una cosa però è certa: al di là di questa prospettiva i voli punto-punto sono una realtà vera e il sistema degli hub, a mio giudizio, è un sistema che si avvia ad essere superato. È un sistema vecchio, perché costringe il passeggero a compiere delle deviazioni e ad allungare il tragitto. Cosa vuole il passeggero? Egli desidera arrivare, da casa sua alla destinazione, nel più breve tempo possibile. Quindi, i voli punto-punto rappresentano il futuro, non il passato.
Quindi i voli punto-punto sono il futuro, non il passato. È il sistema degli hub che andrà in via di superamento, tant'è che ormai saranno pochissimi (tre o quattro hub mondiali giganteschi) quelli che rimarranno in piedi e che potranno fare, attraverso le tariffe, una concorrenza spietata.
Ci sarà un'ulteriore aggregazione anche a livello europeo. Queste sono, almeno, lePag. 60tendenze che gli esperti riferiscono. Quindi, tutto sommato, è una battaglia di retroguardia quella di chi vuole, a tutti i costi, difendere questo pezzettino di hub, come viene impropriamente definito, così come Fiumicino non è un aeroporto che ha un futuro da hub perchè ha altre caratteristiche.
Quindi il problema serio - che è stato accennato, ma voglio spendervi anch'io una riflessione - è che bisogna avviare una grande discussione nel Nord tra le diverse società di gestione dei diversi aeroporti, che sono tutte società per azioni, ed hanno ormai tutte le concessioni, con azionisti pubblici o privati; lì si apre, anche per la politica, una grande prospettiva per fare ciò che non si è fatto fino ad ora, come ha osservato l'onorevole Ricci, vale a dire una razionalizzazione ed una specializzazione.
Si tratta di un passaggio ineludibile che riguarderà tutto il sistema italiano, e il Governo si deve sbrigare a presentare - così inizia finalmente questa riflessione - il piano nazionale di sviluppo aeroportuale che è atteso, è stato sollecitato e che, però, non abbiamo.
PRESIDENTE. Onorevole Attili, concluda.
ANTONIO ATTILI. Concludo, Presidente. Quindi, Malpensa deve, e ne ha il diritto, completare il suo programma infrastrutturale, e deve anche aprirsi e favorire la presenza di altri vettori in una logica di reale concorrenza. Le condizioni di base - lo ripeto - ci sono, però bisogna lavorarci senza attardarsi in battaglie di retroguardia.
Svolgo un'ultima considerazione. Mi auguro, a questo punto, che ci venga presentato al più presto il piano del consiglio di amministrazione di Alitalia, perché deve essere approfondito e discusso. Della presenza pubblica ha parlato l'onorevole Ricci, ma a me interessa sapere come affrontare le questioni del lavoro, se ci sono esuberi o meno.
Non vorrei cioè che alla fine pagassero, come quasi sempre, i lavoratori, e che l'emergenza, cattiva consigliera, portasse poi ad approvazioni dettate dalla necessità. Questo non va bene.
Abbiamo il diritto e il dovere di approfondire il piano del consiglio di amministrazione di Alitalia. Su questo punto ci siamo espressi in modo netto, e quindi la nostra adesione alla mozione Barbi ed altri n. 1-00219 è convinta e su di essa esprimeremo voto favorevole; tuttavia, credo che abbiamo il diritto di conoscere il piano del consiglio di amministrazione, di discuterlo e, in quella sede, di svolgere le nostre riflessioni e di cercare di fornire il nostro contributo (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, a nome della Rosa nel Pugno esprimo una posizione contraria sulle mozioni Airaghi ed altri n. 1-00217 e Maroni ed altri n. 1-00216 e, invece, sottoscrivo convintamente la mozione Barbi ed altri n. 1-00219.
Abbiamo espresso parere negativo sulle mozioni presentate dai colleghi del centrodestra perché chiedono al Governo di respingere il piano industriale di Alitalia, mentre noi crediamo che non debba spettare al Parlamento di impegnare il Governo a respingere un piano industriale, ma che debba essere il management della compagnia a pronunciarsi su questo soltanto su basi industriali e di mercato e non su indicazioni politiche, ancorché espressione legittima di interessi regionali, anche quando, come in questo caso, la compagnia è pubblica.
Quindi, c'è una posizione di principio su questo. Ricordo, infatti, che è stata proprio l'invadenza partitica, da una parte, e sindacal-corporativa, dall'altra, in un contesto di mercato altamente competitivo, ad aver portato Alitalia, nel giro di poco più di un decennio, a questo stato di crisi.
È stata ancora tale invadenza sindacal-partitica ad aver affondato anche la garaPag. 61della privatizzazione della compagnia lanciata lo scorso dicembre un po' a sorpresa dal Ministro dell'economia con una decisione dal nostro gruppo fortemente condivisa (si è trattato di una sorpresa positiva). Sono stati, infatti, posti paletti, com'era prevedibile, troppo rigidi per gli acquirenti, che hanno portato al graduale ritiro di tutti i concorrenti in gara. A tal proposito, mi preme ribadire come il gruppo della Rosa nel Pugno sia favorevole ad una privatizzazione della compagnia di bandiera, qualunque sia l'acquirente, sia italiano che straniero, ritenendo la non vendita di Alitalia, come propedeutica pressoché unicamente al fallimento della compagnia. Lo voglio dire con chiarezza: meglio che Alitalia fallisca, nel caso in cui non venga venduta, piuttosto che si continui a sperperare le risorse degli italiani. Credo, tuttavia, che sia ancora possibile trovare un acquirente, magari senza quei paletti posti in precedenza.
D'altro canto, anche le vicende di questi giorni dimostrano quanto i sindacati abbiano in Alitalia un comportamento poco responsabile: con una compagnia sull'orlo del fallimento lo sciopero bianco di molti piloti Alitalia, che ha portato alla cancellazione di molte decine di voli nei giorni scorsi, dimostra come non solo non si abbia tutela dell'interesse dell'azienda e della collettività, ma anche come non si comprenda il proprio interesse di categoria, in quanto non si possono dissociare gli interessi dell'azienda da quelli dei suoi piloti, scaricando ancora una volta i costi sui consumatori e sull'economia generale del Paese.
Quanto, invece, alle comprensibili preoccupazioni per Malpensa, per quanto riguarda gli interessi della SEA, se essa riterrà di essere stata lesa rispetto ad accordi precedenti, naturalmente potrà avere tutela nelle aule di giustizia. Viceversa, l'offerta di Ryanair, su cui ho sentito molti colleghi esprimere perplessità, quantomeno dimostra che il destino di Malpensa - e anche dell'economia del nord - non sia fortunatamente legato a quello della compagnia di bandiera, naturalmente nel caso in cui Alitalia decida di cedere gli slot richiesti, nel caso in cui anche questo piano proposto dall'amministratore delegato dovesse fallire.
Gli italiani si troveranno così a volare di più, con minori costi anche al centro sud. Oggi i costi per tali biglietti sono altissimi e ciò è fondamentale per il Mezzogiorno. Senza continui scioperi più o meno selvaggi e senza dover sperperare denaro pubblico, Malpensa avrà lo sviluppo che merita.
Abbiamo sottoscritto la mozione Barbi ed altri n. 1-00219, perché contiene tutto ciò che per noi è essenziale e che è stato già ampiamente illustrato in particolare dal collega Barbi. Se avessimo potuto lavorare con più calma su tale testo, avremmo forse evidenziato soltanto un aspetto nella parte dispositiva, traendo le logiche conseguenze di una delle premesse, molto condivisibile, della mozione Barbi. Mi riferisco a quella relativa alla questione degli slot. Infatti, nella parte dispositiva si sarebbe potuto anche impegnare il Governo a valutare la possibilità di far sì che, nel caso di fallimento o di non realizzazione del piano industriale, Alitalia sia nelle condizioni di cedere gli slot. Detto questo, però, è una mozione che condividiamo e che, quindi, ci apprestiamo a votare.
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la mozione Leone ed altri n. 1-00220
(Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.