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Discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216 e Airaghi ed altri n. 1-00217 sui contenuti e sulle conseguenze economiche complessive del nuovo piano industriale dell'Alitalia, con particolare riferimento al ruolo dell'aeroporto di Malpensa (ore 18,20).
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione il dibattito fin qui svolto e devo direPag. 62che il Governo davvero comprende e in grande misura condivide le preoccupazioni espresse in questa Assemblea circa il futuro del settore del trasporto aereo nel nostro Paese, un settore cruciale per l'economia e per l'esigenza di mobilità dei cittadini. Allo stesso modo, però, il Governo, anche nella sua veste di azionista di maggioranza relativa, nutre una profonda preoccupazione per il futuro della principale compagnia di trasporto aereo del nostro paese, l'Alitalia.
Del resto, le valutazioni del Governo sul piano industriale di Alitalia recentemente annunciato non possono prescindere da un'analisi oggettiva e realistica del posizionamento competitivo e finanziario di Alitalia, anche alla luce delle problematiche che investono il settore del trasporto aereo e quello aeroportuale nel nostro Paese.
Proprio al fine di consentire una valutazione pienamente articolata, non parziale o distorta, dell'orientamento del Governo, consentitemi di ripercorrere quanto accaduto nei mesi scorsi, a partire dalla decisione assunta, nel dicembre del 2006, di privatizzare Alitalia, avendo constatato l'impossibilità di uno stabile e proficuo risanamento dell'azienda nel contesto attuale.
In tale occasione fu constatato - devo dire che tale analisi era ed è condivisa dai più, come ho ascoltato anche in questa Assemblea - che la situazione di gravissima difficoltà in cui versa Alitalia è l'effetto di molte cause che nel tempo si sono venute a sovrapporre e ad accentuare. Cito in particolare: anni di risposte inadeguate da parte del Governo, dei sindacati, dell'azienda e del management alla crescente concorrenza del mercato; ed ancora, un assetto del sistema aeroportuale caratterizzato da un numero molto elevato di aeroporti, in alcuni casi carenti quanto ad infrastrutture di collegamento; una regolamentazione inefficiente, spesso non trasparente; una sempre più ampia prevalenza di interessi locali su quelli del sistema Italia; la presenza pervasiva della politica e, da ultimo, un'elevata frammentazione e conflittualità sindacale.
Come ha avuto modo di indicare il Ministro dell'economia e delle finanze nel corso di una sua audizione, il Governo ha quindi deciso di vendere perché ha giudicato che ormai Alitalia dovesse essere gestita pienamente come un'impresa, con criteri unicamente imprenditoriali e ha riconosciuto che, a tal fine, un investitore privato fosse senz'altro preferibile allo Stato-imprenditore. Si è rilevato, infatti, come il passaggio ai privati del controllo della società fosse l'unico modo per superare una fase di impasse derivante dal controllo dello Stato sull'azienda, per realizzare in futuro ulteriori rafforzamenti patrimoniali della società, attesi i noti vincoli dell'Unione europea in tema di intervento degli Stati in favore di aziende partecipate e, infine, per incidere proficuamente nel rapporto tra azienda ed organizzazioni sindacali.
Pertanto, la ricerca dei soggetti terzi che potessero consentire ad Alitalia di perseguire un rafforzamento industriale, finanziario e competitivo, e di beneficiare dello sviluppo di sinergie operative è apparsa in un certo senso la via naturale, per altri versi obbligata, per la salvaguardia della società e per la realizzazione di un piano industriale che potesse concretamente individuare prospettive di sviluppo effettivamente perseguibili.
Tale scelta è stata generalmente condivisa, come dicevo prima, e per quanto riguarda il Governo la determinazione in tal senso ad oggi viene confermata e, se possibile, risulta ulteriormente rafforzata.
Quali erano, e quali sono ancora, gli obiettivi che il Governo intende perseguire attraverso la privatizzazione? In primo luogo, come ho ricordato, quello di collocare Alitalia in mani capaci dal punto di vista imprenditoriale e patrimoniale, in grado di consentire la realizzazione di un piano industriale di risanamento, sviluppo e rilancio dell'azienda. Ma certamente non secondari sono poi gli obiettivi di salvaguardia dei profili di interesse generale riassumibili in una adeguata offerta dei servizi e copertura del territorio, in livelli occupazionali coerenti con le iniziative industriali programmate - ripeto:Pag. 63coerenti con le iniziative industriali programmate -, nel mantenimento dell'identità nazionale della società, del suo logo e del suo marchio, oltre che nell'assicurare la stabilità del futuro assetto azionario.
Tali obiettivi tengono conto del fatto che una forte compagnia di bandiera è desiderabile anche in un mercato concorrenziale, che compagnia di bandiera e proprietà pubblica sono cose diverse, che l'interesse pubblico e nazionale non coincide con il controllo pubblico del capitale, che Alitalia non è solo una realtà industriale ma risulta componente essenziale del sistema Paese e che, infine, l'occupazione può essere salvaguardata solo da una azienda competitiva in un mercato concorrenziale.
Sulla base di tali obiettivi, il Ministero dell'economia e delle finanze avvia, dunque, una procedura di vendita della propria partecipazione di maggioranza relativa in Alitalia, pari al 49,9 per cento, nel pieno rispetto della normativa che, in generale, regola nel nostro Paese le dismissioni delle partecipazioni detenute dallo Stato in società per azioni: la legge n. 474 del 1994, che prevede che tali operazioni vengano condotte con modalità trasparenti e non discriminatorie.
Tale disposizione, la cui ratio risiede nella finalità voluta dal legislatore di assicurare, da un lato, la salvaguardia dei beni pubblici e, dall'altro, la tutela del mercato e dei soggetti che in esso operano, non è comunque il solo vincolo operativo al quale il Ministero azionista deve attenersi nell'impostare e realizzare le proprie operazioni di vendita di partecipazioni. Il Ministero deve, infatti, contemperare l'obiettivo del buon esito della procedura anche con i vincoli derivanti dalla normativa europea in tema di aiuti di Stato, per cui, come sapete, non è possibile conferire una «dote» alla società posta in vendita. Il Ministero ha, inoltre, la necessità di assicurare la piena autonomia gestionale ed imprenditoriale dei soggetti coinvolti.
Nel caso specifico, sebbene controllate dallo Stato, Alitalia, Fintecna e Alitalia Servizi sono società per azioni, i cui organi di governo, come richiamavo in precedenza, sono tenuti a perseguire unicamente gli interessi aziendali e non quelli più generali che può porsi il Ministero dell'economia e delle finanze o il Governo.
È con tali premesse e in un tale contesto che il Ministero ha dovuto impostare e realizzare la procedura di vendita di Alitalia che, avviata nel dicembre 2006, come tutti sanno, lo scorso luglio è stata purtroppo conclusa con esito negativo.
Senza voler ripercorrere in dettaglio le diversi fase in cui la procedura si è svolta, voglio solo brevemente fare chiarezza su un punto sul quale da più parti sono pervenute le maggiori critiche. Mi riferisco ai cosiddetti paletti che il Governo avrebbe imposto ai potenziali acquirenti; questi sarebbero stati così numerosi e di entità tale da impedire l'emergere di seri e concreti interessi da parte del mercato. Quali erano in sostanza questi vincoli? In estrema sintesi, venne richiesto all'acquirente del controllo di Alitalia, innanzitutto, un impegno a rispettare le iniziative previste nel piano industriale di risanamento e rilancio della società, presentato dagli acquirenti in sede di offerta vincolante per un periodo di tre anni. Questo è l'impegno che veniva richiesto, non quindi un obbligo di effettuare scelte aziendali o operative indicate dal Governo, ma un naturale impegno a perseguire quanto lo stesso acquirente avrebbe indicato come necessario per il risanamento e il rilancio dell'azienda. Ed ancora, tra i cosiddetti paletti, vi era un impegno a rispettare quelli che il Governo ha individuato fin dall'inizio quali requisiti di interesse generale: l'identità nazionale, intesa come mantenimento della sede legale principale della società in Italia; il mantenimento sostanziale; la salvaguardia del marchio e del logo attualmente in essere di Alitalia e del portafoglio di diritti di traffico e il loro sfruttamento in coerenza con gli impegni di copertura territoriale del servizio.
E ancora, tra i requisiti di interesse generale, figurava il livello quantitativo e qualitativo del servizio, inteso come garanzia di un livello adeguato in termini qualitativi e quantitativi su tratte nazionaliPag. 64e internazionali. Anche con riferimento a tale punto occorre un chiarimento: il Ministero non ha mai imposto ai partecipanti alla procedura un livello minimo di rotte e frequenze da e per l'Italia, ma si è riservato solo la facoltà di verificare, con il proprio advisor industriale, che le iniziative declinate nel piano industriale presentato dei potenziali acquirenti garantissero un'adeguata copertura del territorio. Peraltro, ricordo che, relativamente ai tre piani presentati dai potenziali acquirenti in sede di offerte preliminari, tale verifica ha dato esito positivo.
Ed ancora, tra i paletti, vi era un impegno a non cedere la partecipazione acquisita per un periodo di tre anni e, infine, un impegno a mantenere i livelli occupazionali indicati nei piani industriali. Anche a tal proposito è necessario un chiarimento importante: si trattava di un impegno a mantenere non i livelli occupazionali attuali o quelli minimi che il Ministero avrebbe potuto indicare in via autonoma, ma proprio quelli che lo stesso acquirente avrebbe ritenuto congrui in relazione alle iniziative previste nel piano e, quindi, tali da risultare coerenti con gli obiettivi di risanamento e di rilancio dell'azienda.
Se, quindi, si ripercorrono e si analizzano con serenità e obiettività i vincoli che il Ministero ha ritenuto di prevedere nell'ambito della precedente procedura di privatizzazione, spero che ciascuno di voi possa non soltanto convenire sul fatto che questi paletti non appaiono tali da risultare inaccettabili per il mercato, ma anche sull'opportunità e sulla legittimità delle finalità sottostanti. Il mantenimento dell'identità nazionale, di un'adeguata copertura territoriale e la garanzia di una stabilità azionaria sono probabilmente il minimo che si potesse prevedere nel momento in cui si doveva privatizzare una società d'impatto così rilevante per la nostra economia e per la vita quotidiana del Paese.
Purtroppo, però, l'esito della procedura è stato, come detto e noto, negativo. Non solo i principali operatori europei del settore hanno ritenuto di non partecipare alla procedura ma, soprattutto, tra i soggetti che, invece, vi hanno preso parte, nessuno ha presentato un'offerta vincolante. Ciò nonostante il Governo confermi - come dicevo prima - la ferma intenzione di realizzare tempestivamente la privatizzazione di Alitalia, proprio perché la privatizzazione appare l'unico percorso capace di condurre ad un risanamento stabile dell'azienda, sotto il profilo sia competitivo sia finanziario.
Sulla base di tale convincimento, in data 31 luglio 2007, il Ministero dell'economia e delle finanze ha designato il dottore Maurizio Prato quale nuovo presidente di Alitalia e, nel confermare, inoltre, nuovamente la decisione del Governo di cedere il controllo dell'azienda, il Dicastero esprimeva l'auspicio che il nuovo vertice aziendale - cito quanto comunicato all'epoca - «provveda ad individuare tempestivamente soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società. Tali soggetti dovranno essere impegnati a promuovere il risanamento, lo sviluppo e il rilancio di Alitalia, tenendo conto dei profili di interesse generale ritenuti imprescindibili da parte del Governo, in un'ottica di continuità e adeguatezza di servizio del trasporto aereo in Italia», riservandosi di valutare «con piena disponibilità, le modalità tecniche di cessione del controllo che la società formulerà ai propri azionisti».
Allo stesso tempo, ed anche allo scopo di creare le necessarie condizioni di contesto, il Governo ribadisce la propria disponibilità ad intraprendere le più opportune iniziative per rendere maggiormente appetibile l'operazione, sia con riferimento alla particolare situazione dell'azienda - e si pensi, in tal senso, all'effettiva concessione di ammortizzatori sociali come annunciato, peraltro, lo scorso mese di maggio - sia con riferimento alla specifica situazione del settore industriale di riferimento, avviando una politica di sviluppo razionale che riguardi tutti i protagonisti del settore, ad iniziare dal sistema aeroportuale.
In tale ambito il Governo è impegnato alla tempestiva definizione dell'annunciatoPag. 65piano degli aeroporti e alla realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari per lo sviluppo del sistema aeroportuale italiano e, in primo luogo, di Malpensa. Il Governo conferma, altresì, la piena disponibilità a riconsiderare, in qualche misura, i requisiti richiesti nell'ambito dell'operazione di privatizzazione, non potendo, tuttavia, prescindere dalla finalità di salvaguardare gli interessi generali.
Nel passare, nello specifico, al piano industriale recentemente approvato dal consiglio d'amministrazione di Alitalia ovvero alle linee guida del 30 agosto e, poi, ai contenuti più quantitativi che sono stati oggetto di un comunicato stampa del 7 settembre, ritengo sia opportuno soffermarmi sulle motivazioni che hanno indotto la società a predisporre un nuovo piano industriale, ritenendo che tale adempimento non fosse ulteriormente procrastinabile. Fino allo scorso mese di giugno, infatti, l'azienda, considerata la procedura di vendita in corso da parte del Ministero dell'economia, non aveva ritenuto di effettuare la revisione del precedente piano industriale e aveva rinviato ogni ulteriore valutazione al riguardo a data successiva all'acquisizione di tutti gli elementi necessari.
In seguito però, preso atto del mancato esito della procedura di privatizzazione da parte del Ministero dell'economia, la società, già prima del rinnovo del vertice aziendale, aveva ritenuto ormai non più procrastinabile l'impostazione di un nuovo documento programmatico che, da un lato, definisse tempestivamente le più opportune iniziative in grado di contenere l'emorragia patrimoniale e finanziaria che continua ad indebolire l'azienda e, dall'altro, assicurasse l'imprescindibile mantenimento dei presupposti di continuità aziendale, il cui venir meno determinerebbe una rapida accelerazione in una già grave situazione finanziaria di Alitalia.
Nell'impostazione delle linee guida del nuovo piano industriale, l'azienda, e in particolare il nuovo management, ha comunque sempre evidenziato come lo stesso piano si incardina nel più volte confermato intendimento del Governo di cedere il controllo di Alitalia, risultando, quindi, come lo ha definito la società, un piano di transizione e sopravvivenza, in attesa che si realizzi l'ingresso del nuovo azionista di controllo.
Consentitemi, prima di esporre alcune considerazioni in merito al contenuto del piano, di menzionare brevemente quali siano, nella nostra prospettiva evidentemente, i diversi ruoli che rivestono la società e il Ministero azionista.
Alitalia è una società quotata e, in quanto tale, è soggetta ad obblighi informativi e ad un comportamento vigilato dalla Consob: informative periodiche e continue, regole di governo societario e di organizzazione.
Se, quindi, il Ministero, nel rispetto delle regole di mercato, deve necessariamente limitarsi all'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione detenuta - sebbene la stessa sia di maggioranza relativa - da parte loro, gli amministratori di Alitalia devono operare per il perseguimento degli interessi non del solo socio pubblico di riferimento, ma esclusivamente della società e, quindi, di tutti gli azionisti. Essi, pertanto sono tenuti, con responsabilità diretta e personale, a rispettare i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e a perseguire unicamente finalità economiche di sana e corretta gestione e, ove possibile, di creazione di valore per gli azionisti. Tengo a rilevare, in questa sede, che il Ministero non esercita, ai sensi della normativa vigente, attività di direzione e coordinamento né su Alitalia né sulle altre società controllate e, in quanto soggetto pubblico, è tenuto al rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria (ad esempio, in tema di trasparenza e non discriminazione per quanto attiene alle procedure di dismissione di partecipazione e, in tema di aiuti di Stato, relativamente al fabbisogno, al sostegno finanziario che intende assicurare alle società partecipate).
Ritengo che poche precisazioni siano essenziali per precisare in modo chiaro quanto l'intervento del Ministero - ma direi dell'intero Governo - in tema diPag. 66partecipazioni pubbliche, specie se quotate, debba necessariamente e obbligatoriamente mantenersi in una logica di pieno e totale rispetto del mercato e di scelte gestionali che competono agli amministratori, che sono eletti dagli azionisti e che, con il loro operato, agli stessi azionisti - e non ad uno solo di loro, anche se di maggioranza - devono rispondere.
Tornando, quindi, ai contenuti del piano industriale di Alitalia, rilevo che gli obiettivi di fondo che lo stesso intende perseguire sono senz'altro condivisibili. Tali obiettivi possono così essere riassunti: innanzitutto, modificare e ridimensionare l'assetto di business della compagnia nel periodo transitorio, in modo da renderlo più sostenibile da un punto di vista economico, in un contesto di migliore efficienza operativa; in secondo luogo, preservare il valore del brand Alitalia, attraverso la ridefinizione della missione industriale e di un profilo competitivo distinto; infine, realizzare un miglior posizionamento industriale, in grado di favorire l'ingresso di soggetti terzi in possesso di competenza specifica e risorse finanziarie da destinare allo sviluppo della compagnia.
È confermata, inoltre, l'esigenza di un consistente apporto di risorse finanziarie mediante aumento di capitale. In tale visione complessiva, quindi, il piano appare del tutto coerente sia con l'esigenza di definire le più opportune iniziative, da avviare nel più breve tempo possibile, per preservare il ruolo della azienda e rallentare il trend di perdita e di erosione della liquidità, sia con il percorso di privatizzazione, confermato dal Governo, per la tempestiva individuazione di soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società.
La finalità sottesa è, infatti, perseguire prioritariamente condizioni di sostenibilità e continuità dell'attività aziendale nel breve e nel medio periodo, con le sole risorse disponibili e gli interventi attuabili con immediatezza, per realizzare un modello aziendale più efficiente e flessibile, in un contesto di relazioni industriali orientate al massimo sforzo comune di management e lavoratori. Tutto ciò in attesa di decisioni in ordine al futuro assetto proprietario della compagnia ed al conseguente assetto industriale definitivo.
Come la società lo ha correttamente definito, il piano industriale è un piano di sopravvivenza e transizione, caratterizzato, come ricordavo prima, dalle esigenze improcrastinabili e prioritarie di contenimento delle perdite e dell'assorbimento di cassa. Deve essere chiaro che l'alternativa ad un intervento di questo genere è molto più penalizzante di quello che stiamo qui contemplando sul contesto sociale ed economico del nostro Paese.
Le azioni previste, quindi, derivano da scelte obbligate - dettate da aspetti di carattere tecnico-economico dell'azienda - sulle quali spero che tutti possano convenire. In primo luogo, il trend di perdite accumulate e prospettiche di Alitalia, nell'attuale assetto, è assolutamente insostenibile; in secondo luogo, la compagnia, nell'attuale stato, non può, sotto il profilo competitivo ed economico, alimentare in modo efficiente e produttivo due hub; infine, è conseguentemente indifferibile l'esigenza di ridimensionamento del posizionamento della società e di modifica del suo assetto industriale, attraverso interventi sulla rete, sulla qualità del prodotto, sui costi operativi e sull'organizzazione dell'azienda.
Naturalmente, alla luce della confermata volontà del Ministero dell'economia e delle finanze di procedere in tempi brevissimi alla dismissione della partecipazione e del controllo ed alla luce della connessa volontà dell'azienda di individuare soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire tale controllo, il piano potrà e dovrà essere oggetto di modifiche e affinamenti in relazione alle scelte di tipo industriale che l'acquirente del controllo del capitale di Alitalia intenderà effettuare, ferma restando - ripeto - l'irrinunciabile esigenza per il Governo che le stesse scelte siano in grado di perseguire requisiti di interesse generale che risultano irrinunciabili per lo Stato.Pag. 67
Del resto, va sottolineato come il piano, ad eccezione di alcune prime e propedeutiche azioni, si avvierà sostanzialmente dalla prossima summer season, ovvero a partire dall'aprile 2008.
In conclusione, alla luce delle considerazioni fin qui svolte - che spero abbiano evidenziato in particolare come il piano di Alitalia sia volto prioritariamente a consentire il contenimento delle perdite e, quindi, ad assicurare la sopravvivenza dell'azienda, nell'attesa che si completi il processo di privatizzazione -, il Governo esprime parere contrario sulle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216 e Airaghi ed altri n. 1-00217, mentre esprime parere favorevole sulla mozione Barbi ed altri n. 1-00219. Non ho, invece, ancora esaminato la mozione Leone ed altri n. 1-00220 testè presentata e quindi mi riservo, sulla medesima, di esprimere il parere.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.