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Seguito della discussione della relazione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (Doc. XVI, n. 1) (ore 15,02).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici.
Ricordo che nella seduta di lunedì 17 settembre 2007 si è conclusa la discussione e che sono state presentate le risoluzioni Realacci ed altri n. 6-00021, Barani ed altri n. 6-00022, Leone ed altri n. 6-00023 e Volontè ed altri n. 6-00024
(Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
Ricordo altresì che è intervenuto il rappresentante del Governo, esprimendo parere favorevole sulla risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 e parere contrario sulle restanti risoluzioni.
(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI, n.1)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, la risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 che, per il gruppo della Rosa nel Pugno, è stata sottoscritta dal collega Lello Di Gioia, è, nella sua sintetica precisione, il resoconto del dibattito svolto in Assemblea e la presa d'atto della relazione che la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) ha prodotto con un lavoro ed una perizia che già, ieri, nel dibattito generale, ho avuto occasione di sottolineare e valorizzare.
Nell'intervento di ieri, durante la discussione, ho focalizzato la mia attenzione in particolare sui paragrafi riguardanti l'acqua e il risparmio idrico, il suolo e la difesa del suolo come nuova frontiera di iniziativa politica e di terreno - è davvero il caso di dirlo - su cui confrontarsi e misurare le politiche attive, puntuali e precise, di iniziativa di questo nostro Governo e della politica italiana. Ho, inoltre, focalizzato ulteriormente la mia attenzione sul settore dell'agricoltura come elemento decisivo per la costruzione di un nuovo rapporto che porti l'agricoltura ad essere davvero elemento amico del clima, del territorio e del paesaggio, superando, così, un'impostazione che vede, ancora adesso, l'agricoltura italiana puntare sulle coltivazioni intensive e, quindi, a grande consumo idrico e di territorio. Queste ultime rappresentano, obiettivamente, per molti aspetti, un problema nella gestione del territorio e delle risorse sempre più scarse, dovute anche al cambiamento climatico, per esempio, dell'acqua.
Si calcola - ciò è stato affermato anche nella Conferenza nazionale organizzata dal Ministero dell'ambiente - che l'acqua è una risorsa decisiva, un elemento focale su cui misurare anche la nostra capacità di intervento politico, nel costruire politiche alternative di gestione del territorio.
Oggi, in sede di dichiarazione di voto favorevole dei Radicali e dei Socialisti della Rosa nel Pugno, vorrei focalizzare l'attenzione sull'altro aspetto decisivo che impegna questa relazione: quello dell'energia. Si tratta di un elemento veramente imprescindibile rispetto all'attività di un grande Paese industrializzato qual è il nostro.
Il risparmio energetico viene, giustamente, individuato nella relazione come la nuova vera fonte energetica su cui misurare la nostra capacità innovativa e di essere all'altezza dei tempi e delle sfide che questa fase della storia, del clima e dell'evoluzione dell'uomo pone alle società avanzate. Il risparmio energetico viene, pertanto, individuato come la vera nuova fonte di energia per il futuro. Non si tratta di un ritorno al passato e ad una società idilliaca o agreste; le nostre società industrializzate ed avanzate si misureranno sulla capacità innovativa di costruzione tecnologica, di ricerca scientifica e di capacità di produrre e consumare, con efficienza, l'energia.
A tale aspetto la relazione in discussione riserva un'attenzione particolare. Inoltre, vi è un apprezzamento anche per le parole affermate ieri sera dal Ministro Pecoraro Scanio in sede di replica, dopo la discussione, rispetto alla politica, a mio giudizio sciagurata, attuata negli anni passati rispetto ai CIP 6 e alle politiche energetiche innovative rinnovabili, che hanno fatto sì che l'Italia le abbia finanziate e continui ancora a farlo. Tuttavia, sappiamo che a breve riusciremo ad invertire la tendenza, finanziando,Pag. 51quindi, mediante contributi specifici, non le energie rinnovabili, bensì quelle assimilate.
Dobbiamo focalizzare la nostra attenzione su tale aspetto, consapevoli che non sempre, non solo e non in tutti i casi le energie rinnovabili possono essere prese a garanzia di un buon impatto ambientale. Da parte di alcuni colleghi - mi riferisco in particolare all'onorevole Maurizio Turco, ma anche al gruppo dei radicali La Rosa nel Pugno, è stata posta un'attenzione critica, per esempio, sui grandi impianti eolici.
Quindi, in merito all'eolico industriale - che nella relazione in discussione viene indicato come un settore in grande espansione - vorremmo lanciare un allarme e richiamare l'attenzione sull'impatto pesante che quest'ultimo potrà avere sul territorio.
Non tutti i territori e i paesaggi italiani sono in grado di accogliere, subire e tollerare un impatto pesante rispetto all'eolico industriale. Per tale motivo, vorremmo sottolineare l'importanza di una politica di microgenerazione - come ha affermato anche il Ministro Pecoraro Scanio - diffusa sul territorio, sia per il solare, sia per l'eolico. Quindi, bisogna costruire e puntare su un vero nuovo Piano energetico nazionale che sappia compiere una sintesi e tenere insieme le indicazioni e le attività provenienti dalle regioni, evitando che vi sia un proliferare di venti piani energetici regionali, spesso in contraddizione tra loro, spesso spinti da lobby locali, che, in sede locale, possono avere un maggiore impatto e una maggiore forza di intervento rispetto alle dimensioni politiche regionali.
Pertanto, occorre un Piano energetico nazionale che sappia indicare le linee su cui è necessario mobilitarsi. Il Ministro Emma Bonino ieri ha apprezzato - io stesso vorrei farlo, riportandole in questa sede - le aperture che, dal punto di vista teorico-scientifico, vi sono state da parte del Ministro Pecoraro Scanio rispetto alla necessità di ricerca e di studio innovativo anche nei settori maggiormente delicati e all'ordine del giorno in questa fase in Italia, rispetto al nucleare. Tuttavia, vorrei far presente - credo sia la posizione storica dei radicali - che il nucleare non si discute se non si cambia. Il nucleare attuale è assolutamente vecchio e superato. Abbiamo avuto la possibilità, grazie ad un'iniziativa referendaria dei radicali, verdi e ambientalisti, di non avere sulle spalle il peso, il fardello di un nucleare vecchio e inquinante, di cui ancor oggi non si sa dove collocare le scorie radioattive.
Senza dubbio, laicamente, non bisogna chiudere le possibili porte dello sviluppo scientifico e di ricerca. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ci troviamo in questa fase. Rispetto al nucleare, sinora nessun paese ha trovato la risposta. Inoltre, vediamo come la Germania e la Francia stiano ridiscutendo le proprie posizioni e valutando con assoluta serietà le prospettive anche in tal campo. L'Italia può svolgere tali ragionamenti per capire dove è indirizzata la ricerca scientifica, ripeto, senza avere sulle spalle il «groppone» delle scorie radioattive che non si sa ancora dove sistemare.
L'energia è un elemento cardine per valutare le politiche che costruiremo sulla spinta, su suggerimento ed e sull'emergenza dei cambiamenti climatici e delle avvertenze che si stanno manifestando. Noi stessi, come legislatori e ciascuno di noi, in qualità di cittadini, dobbiamo modificare le nostre abitudini e riuscire ad apprezzare l'opportunità di essere maggiormente efficienti nella nostra gestione familiare e domestica.
Lo deve fare anche il nostro Paese: soprattutto nel settore pubblico può compiere molti passi in avanti sul versante del risparmio energetico, dell'utilizzo del teleriscaldamento e della grande fonte solare rispetto alla quale paradossalmente l'Italia si trova in una condizione molto arretrata se viene posta a confronto con altri Paesi che non sono dotati come noi della ricchezza «sole» (di cui godiamo in modo addirittura paradigmatico in quanto «Paese del sole»).
Pertanto, preannunzio l'espressione del voto favorevole su una risoluzione chePag. 52prende spunto da una relazione che è originata da un'attività importante della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, nonché dai suggerimenti giunti alla medesima dalle altre Commissioni parlamentari; sono stati proposti elementi di ragionamento e di valutazione, ma - ripeto in modo concreto, laico e pragmatico - questa risoluzione e questa relazione devono essere alla base della politica del nostro Governo; deve trattarsi di una politica alternativa alla gestione o alla non gestione riscontrata in questi anni di tutti i problemi connessi al clima, al territorio, al suolo, all'acqua e all'aria del nostro Paese.
PRESIDENTE. Onorevole Mellano, concluda.
BRUNO MELLANO. Concludo, Presidente, preannunziando il voto convintamente favorevole del nostro gruppo su una risoluzione che, nella sua sintesi, richiama la completezza della relazione, sapendo, però, che, in questo momento, il Governo e il Parlamento devono definire i passi puntuali per il risparmio idrico, per il risparmio energetico, per il risparmio del suolo e di quelle fonti non rinnovabili che si consumano con l'attività umana. Su tale aspetto possiamo incidere, mentre non possiamo farlo sui cambiamenti millenaristici e, quindi, lasciamo ad altri tale responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire, in primo luogo, che il gruppo dei Popolari-UDEUR condivide pienamente la relazione svolta dalla VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) in materia di cambiamenti climatici e, quindi, preannunzio il nostro voto favorevole.
Oggi il problema dei cambiamenti climatici si pone soprattutto in termini di problema dell'energia e credo che occorra affrontarlo con uno spirito un po' critico rispetto alle risoluzioni del passato. Non siamo fautori sic et simpliciter del nucleare, perché riteniamo che vi siano dei rischi connessi, ma ci rendiamo anche conto che non possiamo far fronte al problema, in relazione al nostro sistema elettrico, che è un sistema moderno, esclusivamente con le fonti rinnovabili, le centrali eoliche, le centrali termiche solari, le centrali idroelettriche, anche perché l'acqua diventa un bene sempre più prezioso soprattutto per l'agricoltura. Dobbiamo pensare al futuro grazie alla ricerca e alle agrobiotecnologie che rappresentano sicuramente il domani dell'agricoltura, perché consentono produzioni più abbondanti, costi più bassi e, soprattutto, risparmi notevoli per quanto riguarda il prezioso bene acqua.
Dobbiamo, pertanto, pensare che il clima sta cambiando, ma che il nucleare moderno - certamente il nucleare di terza generazione, non quello che inquina - ci offre alcune possibilità se esiste una ricerca molto avanzata. Penso che il sistema nucleare attuale debba farci riflettere: abbiamo avuto il caso di Chernobyl che ha causato i maggiori danni non tanto all'Ucraina, ma alla Bielorussia e alla parte della Russia meridionale, perché il vento ha trasportato le radiazioni.
Pensiamo anche che le centrali nucleari francesi sono vicine e quindi paghiamo il 50 per cento in più dell'energia e il rischio per l'Italia è comunque molto alto. Ciò non significa, però, che dobbiamo sposare l'attuale sistema nucleare (penso al sistema della fissione) e ci auguriamo che la fusione di Rubbia prosegua e abbia successo (esistono al riguardo ricerche internazionali); ma anche con la fissione comunque possiamo parlare di centrali molto più moderne, ad uranio impoverito, con acceleratori di energia che possono offrirci una certa sicurezza soprattutto con riferimento alle scorie. Esse, infatti, costituiscono il vero problema: oggi ne abbiamo oltre 300 tonnellate al Caorso, tra le quali vi è ilPag. 53titanio che è altamente radioattivo e ci vogliono ben 2.500 anni perché esso perda la sua radioattività.
A fronte di questo problema, dobbiamo investire nella ricerca e non pensiamo che il nostro impianto elettrico possa funzionare con l'eolico; a fronte dei 55.000 megawatt allo spunto non esiste impianto elettrico ed idrico che possa reggere.
Bisogna pensare ad impianti stabili: il carbone, il gas o il petrolio. Nemmeno queste riserve sono eterne! Anche in questo caso, bisogna capire se la scelta per il carbone alla fine sia vincente, perché anche questa riserva energetica andrà ad esaurirsi, atteso che tutti i Paesi del terzo mondo, Cina inclusa, stanno sfruttando questa risorsa.
Dobbiamo pensare anche che questa risorsa inquina, perché l'anidride carbonica prodotta dalle centrali a carbone è notevole, per cui si sta pensando di imprigionarla, ma questo processo ancora non è perfezionato. Il problema energetico, quindi, è molto serio e dobbiamo investire nella ricerca. Così anche per il parco macchine, perché un'altra grande fonte di inquinamento è la circolazione. Anche in questo caso, in Italia in questi anni si è preferita una politica delle autostrade anziché una politica del trasporto pubblico che potenzi le vie del mare e le ferrovie.
Che possiamo fare? Nel brevissimo periodo vi sono incentivi fiscali per cambiare il parco macchine: il nostro è, infatti, quello più vetusto d'Europa; ha una media di dieci anni di vita ed è quello a più alta intensità per abitante. Dobbiamo ricorrere a rimedi immediati per limitare l'anidride carbonica. Potremmo pensare alle filovie, ai filobus, ad una serie di provvedimenti che le città devono adottare in questo momento, perché il problema esiste!
Condividiamo in pieno la relazione svolta dal collega Realacci e dalla Commissione ambiente, ma pensiamo che bisogna osare un po' di più: occorre pensare alla ricerca, al nucleare di terza generazione e alle biotecnologie con più convinzione. Preannunzio, comunque, il voto favorevole del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, vorrei, in primo luogo, cogliere questa occasione per ringraziare la Presidenza della Camera che ha voluto affidare alla VIII Commissione il compito di questa impegnativa relazione, che sicuramente rende onore alla migliore tradizione del Parlamento e della Camera; attraverso il contributo, arricchito dall'esperienza del presidente, della Commissione e di tutti i componenti della Commissione, si sono realmente conseguiti alcuni risultati che, in termini di conoscenza e di approfondimento scientifico, coinvolgendo molti attori all'interno della stessa discussione, possono comportare per il Parlamento e per il Paese un avanzamento che invece non registriamo nella spesso banale e approssimativa discussione che si è determinata sui mutamenti climatici e sull'impatto straordinariamente drammatico che questi hanno sulla nostra vita.
Credo che si debba avere la consapevolezza di un dibattito politico che langue per ritardi, timidezze e veri e propri blocchi culturali. Mi farebbe piacere iniziare il mio intervento citando testualmente un passaggio del mio collega e compagno Paolo Cacciari, che nell'intervento di ieri ha affermato - cito testualmente - che «il successo biologico della specie umana è andato a discapito di altre specie e ora anche degli equilibri climatici. L'homo sapiens ha dimenticato che in ultima istanza è pur sempre la natura la fonte di ogni valore d'uso e che la produzione industriale e l'economia tutta sono sottosistemi dell'economia terrestre». Al di là della distrazione presente in questo momento in aula...
LUCA VOLONTÈ. Stiamo ascoltando, signor Presidente.
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GENNARO MIGLIORE. ... e sarebbe il meno perché la distrazione più grave è quella che si manifesta nel Paese rispetto a temi di questo tipo, potremmo essere all'altezza - è importante - di queste sfide, di questi problemi, se fossimo consapevoli della nostra stessa natura.
Ed è per questo motivo che l'ordine dei problemi in campo non può essere affrontato semplicemente con l'egoismo di chi ritiene che questa nostra Terra è quella che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri genitori, ma deve essere affrontato con la lungimiranza e la responsabilità di chi pensa, come io faccio, che questa Terra l'abbiamo in prestito dai nostri figli, e che a loro dovremo dare, qualitativamente e quantitativamente, delle risposte che non possono scaricare sulle future generazioni ciò che oggi invece sistematicamente viene prodotto in termini di degrado e pericolosità delle variazioni dell'ecosistema. Va per questo elogiato l'approccio non solamente scientifico ma anche economico-sociale, oltre che ambientale, ovviamente, che è stato adottato nella Conferenza per il clima che recentemente il Governo ha organizzato. Al Ministro Pecoraro Scanio, che ringrazio per questa iniziativa, vorrei però dire che l'intervento del Governo non ci sembra altrettanto coerente nella sua interezza e che abbiamo bisogno di far corrispondere e seguire alle parole i fatti sia per quanto riguarda le iniziative del suo Dicastero, sia per quanto riguarda l'autorevole relazione che oggi ci apprestiamo ad approvare.
In questo momento il nostro Paese ha un ruolo marginale, rispetto ad altri che costituiscono il cuore della discussione sui cambiamenti climatici in Europa. Coalizioni certamente non più avanzate della nostra, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, determinano passi molto più significativi nell'applicazione del famoso «20 20 20», in relazione sia alla riduzione dei consumi sia all'utilizzazione di nuove fonti di energia rinnovabili. E se la Germania, con una grande coalizione, ha deciso in maniera bipartisan di elevare al 40 per cento, e non al 20, questi parametri, penso che dovremmo sentirci anche un po' ridicoli a pensare che il nostro Paese, il Paese del sole, possa acquistare magari l'energia solare dalla Germania, per i tanti ritardi che si sono determinati nel corso di questi anni. In tal modo, si dimostrerebbe anche un'incapacità di mettere a valore la nostra esperienza nel rifiutare la tecnologia nucleare, che riguarda il dibattito recente, anche di alcuni settori della maggioranza, e su cui tra breve mi soffermerò.
Intendo rivolgere un appello ai colleghi della destra: per quale motivo, dopo aver votato all'unanimità in Commissione, state cercando di predisporre un atteggiamento «negazionista», disconoscendo risultati scientifici dell'International panel on climate change, che è la sede intergovernativa, oppure delle agenzie dell'ONU, dell'UNEP, o della stessa Unione Europea? Pensate davvero di essere in grado di motivare scientificamente ciò che tutte le agenzie internazionali e la comunità scientifica da molti anni sostengono in maniera così semplice, e cioè che l'ecosistema è stato alterato fortemente dalla presenza dell'uomo e che oggi, in particolare, due aree del pianeta, l'Africa e il Mediterraneo, sono le più esposte sul terreno delle variazioni clamorose che si produrranno dal punto di vista climatico? Noi, che avevamo apprezzato sinceramente l'intento unitario prodottosi in Commissione, non capiamo, e penso che tale atteggiamento forse sia dovuto a un generico e miope codismo nei confronti di alcuni settori dell'impresa, rispetto ai quali volete probabilmente mantenere dei rapporti e degli interessi comuni. Non voglio andare oltre, anche perché le aziende e le imprese italiane non dimostrano alcuna attenzione relativamente ai vantaggi competitivi che può determinare l'utilizzo di energia a basso contenuto di emissioni di anidride carbonica, oppure a che cosa significa realmente risparmio energetico (oltre, con tutto il rispetto, a cambiare le lampadine), all'efficientamento dei sistemi, ai processi che determinano un'innovazione tecnologica e che investonoPag. 55anche le migliori qualità che potrebbe esprimere il nostro sistema universitario, che su questo terreno non si è adeguatamente misurato in termini di spin-off e di applicazione dei brevetti.
È possibile essere ancora vincolati al ciclo auto-autostrade, invece di pensare alla mobilità sostenibile? È possibile non pensare invece a quali formidabili risorse si possono realizzare con l'utilizzo di tecnologie a basso impatto ambientale? Andate a chiederlo noi lo faremo sicuramente a coloro i quali in Val di Susa - oltre a dire no alla perforazione di una montagna per avere un'alta velocità che, in quei termini, non serve - chiedono anche un sistema più integrato dal punto di vista dell'efficienza della mobilità. Andate a chiederlo a coloro i quali pensano che, nel corso di questi anni, non abbiamo ottenuto sufficienti risultati in termini di integrazione dei sistemi di mobilità e di capacità di produzione energetica.
Questo è il motivo per il quale giudico ridicola la discussione sull'impiego di tecnologie nucleari: voglio dirlo sinceramente, anche in base ad una qualche esperienza che mi proviene da tanti anni di studio in questo settore. Non credo che si possa parlare seriamente di nucleare di terza, quarta o quinta generazione, se in quest'aula - che non è un'aula universitaria - non sappiamo che il processo di produzione di energia a mezzo di fissione, scoperto negli anni Venti e - ahimè! - tragicamente sperimentato anzitutto come tecnologia militare attraverso la bomba atomica (non è un caso che le centrali nucleari si trovino nei paesi dotati di arsenali atomici), da quell'epoca è ancora lo stesso, e che non vi sono forme di utilizzazione di altre risorse che non producono scorie. Peraltro, a proposito dell'acqua, di cui si è parlato, occorre tener presente che, come affermava ieri il Ministro Pecoraro Scanio, il 55 per cento dell'acqua in Francia è utilizzata per l'energia nucleare. Inoltre, il fatto che non si producano più nuove centrali non vi fa pensare che ciò è probabilmente dovuto ai problemi delle scorie, dell'ammortamento dei costi, del rischio insito nel processo di fissione (non certamente di fusione: chi parla di fusione nucleare dice una cosa che, in questo momento, dal punto di vista della produzione energetica, non sta né in cielo né in terra)?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GENNARO MIGLIORE. Concludo, signor Presidente. Credo che dovremmo avere maggiore responsabilità: approvare questa relazione significa anche guardare a quali sono i processi di sviluppo economico nel nostro Paese. Se infatti non saremo all'avanguardia e non saremo capaci di utilizzare le energie rinnovabili e di parlare finalmente di un nuovo modello di sviluppo, sicuramente non solo saremo arretrati, ma probabilmente non saremo neanche in grado di sostenere i nostri stessi fabbisogni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, il lavoro svolto dalla Commissione ambiente rappresenta senz'altro un importante momento di verifica parlamentare, a dieci anni dalla firma del Protocollo di Kyoto. Emerge innanzitutto la presa di coscienza da parte dei governi del fatto che il fenomeno dei cambiamenti climatici esiste, e che esso deve essere affrontato come uno dei punti cardine dell'azione politica.
A voler utilizzare una frase tanto sentita in quest'ultimo periodo, è necessario passare ad una politica del fare. L'Italia è in forte ritardo rispetto agli obiettivi del Protocollo di Kyoto; occorre perciò realizzare un serio sforzo per il rispetto degli impegni assunti, anche alla luce dei nuovi orientamenti adottati dall'Unione Europea. Si tratta di una vera e propria sfida politica, rilevante per l'intero continente. Al pari della Germania e del Regno Unito, che sull'argomento hanno promosso riforme recenti, il ruolo dell'Italia non può essere da meno.Pag. 56
Sono apprezzabili le strategie di intervento indicate nel testo al nostro esame, riconducibili sostanzialmente a politiche di mitigazione e a politiche di adattamento. Il documento, inoltre, non sottovaluta quanto possa essere importante la ricerca scientifica, da cui potrebbe arrivare qualche innovazione in grado di attenuare la gravità del fenomeno. Nuove tecnologie, quindi: ma anche più ricerca, più cultura e più educazione per il nostro futuro.
Pochi giorni fa si è conclusa, presso il palazzo della FAO a Roma, la prima Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, con un manifesto di buone intenzioni e con la promessa, da parte del premier, che la legge finanziaria per il 2008 conterrà misure specifiche per l'attuazione ed il completamento del Piano per l'efficienza energetica, già individuato dalla Commissione europea.
Un manifesto per il new deal è la sintesi di questa convention climatica che si racchiude in una serie di interventi legati alla tutela dell'ambiente: tredici buone azioni da mettere in campo per sferrare un colpo all'emergenza del clima, tredici punti chiave rivolti al Governo, affinché si avvii un programma di tutela dell'ambiente e di prevenzione dei disastri causati dai cambiamenti climatici.
La relazione alla nostra attenzione non poteva risultare più tempestiva. Il tema ambientale è diventato un tema cruciale, ed auspico che siano realmente adottate misure stringenti per affrontare tempestivamente l'emergenza climatica, considerato che gli scenari per il nostro pianeta, anche per chi è meno pessimista, sono a dir poco inquietanti.
Nell'esprimere apprezzamento per l'impegno ed il lavoro svolto dalla Commissione su tale delicatissimo tema, preannunzio il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lomaglio. Ne ha facoltà.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, il dibattito che si è svolto in quest'aula per affrontare le tematiche relative ai cambiamenti climatici sulla base della relazione della VIII Commissione dimostra l'attualità e la giustezza della scelta compiuta dalla Commissione stessa su mandato del Presidente della Camera e della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Nell'impostazione della Commissione, che come Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo abbiamo condiviso e contribuito ad elaborare, non vi è soltanto la condivisione delle opinioni delle agenzie dell'ONU e di larga parte della comunità scientifica internazionale, ormai ampiamente confermate, sull'evidenza dei cambiamenti climatici e sulle sue cause. Vi è, soprattutto, la consapevolezza della necessità che la comunità internazionale - ed il nostro Paese in particolare - si doti di politiche adeguate a colmare gli allarmanti ritardi che, sinora, sono stati accumulati relativamente all'esigenza di rispettare gli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto.
Per quel che riguarda la «medicazione» del cambiamento climatico, il Protocollo di Kyoto rappresenta il primo strumento negoziale della riduzione concordata, a livello internazionale, delle emissioni di gas a effetto serra. Il Protocollo assegna all'Italia un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, da realizzarsi entro il 2012, del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990. In realtà, nel nostro Paese le emissioni invece di diminuire sono aumentate del 13 per cento, con una lieve inversione di rotta nell'ultimo anno, portando a circa il 20 per cento la riduzione da realizzarsi da oggi al 2012. Gli aumenti più consistenti di emissioni hanno riguardato i trasporti (più 27,5 per cento) e la produzione dell'energia termoelettrica (più 17 per cento).
Alla luce di questi dati appare evidente che per conseguire gli obiettivi di Kyoto occorra mettere in campo politiche che consentano una riduzione del consumo di combustibili fossili dal 15 al 20 per cento, con una conseguente significativa riduzione della fattura energetica per il nostro Paese di circa 5-7 miliardiPag. 57di euro l'anno. Se, al contrario, dovesse perdurare l'attuale situazione, il mancato raggiungimento dell'obiettivo di riduzione di gas serra comporterebbe per l'Italia un esborso calcolato in circa 1,5 miliardi di euro l'anno, tra acquisti di diritti di emissione e progetti di cooperazione per realizzare tale riduzione all'estero.
Credo che abbia fatto bene il presidente Realacci a sottolineare nel suo intervento che gli obiettivi ambiziosi, che l'Unione Europea si è posta relativamente alla riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2020 e gli ancora più coraggiosi traguardi fissati dalla Germania e dalla Gran Bretagna, evidenzino che su tale questione si prefigura, ormai, un terreno primario di competizione economica.
Si è opportunamente compreso che la sfida che riguarda non solo la produzione dell'energia, ma sopratutto il risparmio energetico, l'innovazione di processo e di prodotto e la valorizzazione del patrimonio di conoscenza di quella che è stata definita la maggiore fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l'intelligenza umana, rappresenti per l'Europa un'occasione politica ed economica, una grande opportunità per assumere un ruolo assai rilevante nel mondo, anche in riferimento alla quantità e alla qualità dei processi di sviluppo delle grandi potenze economiche emergenti, Cina ed India innanzitutto, al rapporto fra il nord e il sud del mondo e alle conseguenze che i fenomeni di desertificazione produrranno, innestando ulteriori e ampi flussi migratori e il rischio di nuovi conflitti e di nuove guerre per il controllo e la gestione delle risorse idriche in alcune aree strategiche del pianeta.
La comunità internazionale non può non affrontare una doppia sfida: la necessità di reperire ed assicurare le risorse energetiche necessarie a sostenere lo sviluppo economico dei paesi con più alto tenore di vita e, con ancora maggiore convinzione, quello dei paesi in difetto di sviluppo; il dovere, che non può più conoscere infingimenti e sottovalutazioni, di mitigare i processi di cambiamento climatico, che sono in atto, garantendo la protezione dell'ambiente in cui viviamo.
L'Unione Europea, con la decisione del 9 marzo 2007, ha scelto il campo di quanti sanno che i popoli e i governi hanno il dovere di trovare un equilibrio tra queste esigenze, mettendo in atto tutte le politiche e le azioni necessarie per cambiare il modo di produrre e gli stili di vita, a cui ci siamo abituati, avviando la transizione verso un sistema energetico e uno sviluppo più sostenibile. Non abbiamo molto tempo per farlo. Per tale ragione mi stupisce, non poco, anche nel dibattito di questi giorni, che vi sia chi nel centrodestra continua a negare la gravità della situazione, contestando addirittura la relazione dell'VIII Commissione, in quanto risentirebbe troppo delle tesi sostenute dall'IPCC dell'ONU. In particolare, ho sentito in quest'aula la dichiarazione dell'onorevole Tortoli, che contesta la tesi dell'IPCC, cioè che il clima della terra stia attraversando un periodo di riscaldamento e che esso sia dovuto ai gas serra originati dall'attività antropica. A queste osservazioni non si può che rispondere con il resoconto metodico, puntuale e persino noioso degli effetti che nel nostro Paese il riscaldamento del pianeta sta già producendo sui ghiacciai, riscontrabile nella minore quantità della neve sulle Alpi, negli effetti drammatici sul bacino del Po, nell'aumento della temperatura del mare.
La Conferenza nazionale sul clima ha delineato uno scenario, che ritiene scientificamente probabile che l'innalzamento delle temperature, in questi anni assestatosi sui quattro gradi sopra la media, porti alla sommersione di 4.500 chilometri quadrati di pianura costiera e conduca alla desertificazione di più di metà del territorio nazionale, in particolare nel sud d'Italia. Per questo appaiono assolutamente strumentali le astiose critiche, alcune davvero al di sopra delle righe, che ha dovuto sopportare il Ministro Pecoraro Scanio, per la Conferenza che ha inteso organizzare e che ha rappresentato, per il nostro Paese, un momentoPag. 58importante di consapevolezza e un confronto utile tra la comunità scientifica, quella politica e l'opinione pubblica del nostro Paese. Inoltre, il Ministro Pecoraro Scanio ha inserito, a mio avviso opportunamente, elementi di chiarezza anche in riferimento ad alcuni temi come quello dell'utilizzo dei contributi a favore del CIP 6, che sono oggettivamente uno scandalo, perché invece di essere rivolti alle risorse e alle energie rinnovabili sono stati destinati, come giustamente ha affermato, a favore delle grandi compagnie petrolifere per bruciare, con il CIP 6, i residui delle raffinerie e ciò rappresenta veramente un insulto all'intelligenza delle persone.
Credo che la discussione in atto, a partire dall'approvazione - che noi auspichiamo - della relazione della Commissione ambiente sia utile, a condizione che non si facciano passi indietro. Avvertiamo anche all'interno del centrosinistra, in contrasto con ciò che è stato concordato nel programma elettorale dell'Unione, troppi dubbi e troppi ritorni all'idea del nucleare. Il nucleare non è stato sconfitto, nelle forme che conosciamo, dal referendum del 1987 soltanto, ma anche dai problemi (tuttora irrisolti) che riguardano i costi, le scorie e la sicurezza. Per queste ragioni - senza alcuna scelta ideologica - riteniamo sia possibile lavorare su programmi internazionali di ricerca che riguardino anche il nucleare, mentre altro è riproporre sic et simpliciter il ritorno a tale forma di energia.
Alla luce di tutto ciò è utile ricordare lo spirito con cui la relazione è stata approvata all'unanimità in VIII Commissione, ricercando le ragioni per le quali è necessario che, anche in Italia, si ponga riparo ai ritardi colpevoli e insensati accumulatisi in dieci anni...
PRESIDENTE. Onorevole Lomaglio, concluda.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO.... per cominciare ad operare concretamente, recuperando il tempo perduto. In tale direzione vanno le proposte formulate dalla Commissione per l'Italia e le dieci linee di intervento individuate, che, per il nostro Paese comportano la realizzazione di un impegno serio e rigoroso per l'innovazione del nostro tessuto economico e produttivo con l'introduzione di modifiche fondamentali negli assetti infrastrutturali dei trasporti e dei combustibili.
Il nostro voto favorevole alla relazione della VIII Commissione comporta, a nostro modo di vedere, l'esigenza che il Governo e la maggioranza che lo sostiene segnino la costruzione della prossima legge finanziaria...
PRESIDENTE. La pregherei di concludere.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Mi sto avviando a concludere...
PRESIDENTE. No, deve concludere, non avviarsi a concludere.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. ... con l'accettazione di una sfida ambientalista ed umanista, che obbliga alla discontinuità, al cambio di marcia, alla capacità di investire sulla parte migliore del nostro tessuto economico e produttivo, su una buona politica che sappia distinguere gli interessi del grande capitale dagli interessi di milioni di cittadini del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'UDC ha voluto proporre una sua risoluzione facendo seguito anche a ciò che il presidente Casini, con una certa preveggenza anticipatrice, aveva sollevato con una sua intervista già fin dalla settimana scorsa. Il Protocollo di Kyoto, a cui l'Italia aderisce, importa obblighi stringenti se lo si vuol prendere sul serio. Tra detti obblighi ci sono scelte di politica energetica moltoPag. 59chiare e molto alternative: bisogna ridurre drasticamente le emissioni di gas-serra.
Tutti sappiamo, se vogliamo affrontare questo tema in buona fede, che per ridurre in modo rilevante le emissioni di gas-serra bisogna fare inevitabilmente ricorso a un mix di energie bilanciate senza esclusioni, laddove «senza esclusioni» vuol dire anche comprendendovi l'energia nucleare perché il solo ricorso alle energie cosiddette rinnovabili rappresenterebbe una compensazione assolutamente insufficiente. È noto che la situazione del nostro Paese, quanto ad approvvigionamento energetico, è assolutamente squilibrata verso l'olio e il gas (in una percentuale che arriva al 70 per cento) e dipendente, anche per quanto riguarda le fonti di energia primaria (eolica, solare, idroelettrica, geotermica e delle biomasse) dalle importazioni dall'estero. Nel frattempo, i costi dei combustibili fossili sono in costante aumento; è di oggi la notizia che il Brent ha sfondato il muro degli 80 dollari al barile.
A fronte di ciò, mi spiace contraddire l'onorevole Migliore, ma considerato che quest'ultimo invocava citazioni autorevoli, mi limito a ricordare l'intervista del premio Nobel Rubbia sul Corriere della Sera di oggi. In tale intervista - lo scienziato sostiene che l'energia atomica è oggi certamente più economica, in quanto il costo del combustibile incide solo per il 15 per cento sui costi di generazione; è certamente sostenibile, perché l'uranio è a disposizione in misura sufficiente; è certamente più pulita, non comportando emissione di gas-serra, diossidi di azoto e di zolfo, che danno luogo - come è noto - alle piogge acide. Tuttavia, soprattutto la condizione del nostro Paese ci mette oggi in uno stato di handicap grave di competitività rispetto agli altri Paesi europei, che a suo tempo hanno compiuto una scelta di mix di fonti energetiche alternative in cui hanno ricompreso anche quella nucleare, dunque hanno un costo dell'energia per le famiglie - e soprattutto per le imprese - decisamente più competitivo di quello che debbono sopportare gli italiani.
Il Consiglio europeo, nel marzo del 2007 - lo voglio ricordare, altrimenti rischiamo di sembrare marziani che non parlano la lingua europea, mentre credo che questa sia la lingua europea - ha ritenuto fondamentale il contributo dell'energia nucleare per ridurre le emissioni di CO2, per far fronte alle carenze di approvvigionamento energetico. Abbiamo certamente alle nostre spalle un referendum, quello del 1987, che ha determinato una moratoria sui programmi nucleari, che per la verità avrebbe dovuto essere di cinque anni, ma che poi, di fatto, è divenuta definitiva. Quel referendum fu votato - lo ricordiamo - sull'onda emotiva di Chernobyl, cioè maturò in condizioni di pendenza di un evento, che le tecnologie attuali e i nuovi standard di sicurezza renderebbero assolutamente irripetibili. Purtroppo, quella scelta miope ha determinato l'abbandono di tutte le conoscenze e le competenze che il nostro Paese aveva accumulato negli anni. Alla data del suddetto referendum l'Italia era la terza potenza nucleare del mondo, dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, con un sistema di tecnologie e di centrali assolutamente differenziate e all'avanguardia.
Credo che per riprendere quel cammino, per la verità, non ci sarebbe bisogno di provvedimenti legislativi. Vi è certamente bisogno di una volontà politica, che la nostra risoluzione in questa sede sollecita. Sono certamente in corso le messe a punto e a regime dei reattori di terza e quarta generazione, per le quali ci vorrà ancora qualche anno: nel frattempo non dobbiamo perdere l'opportunità di ricostruire il know how che il nostro Paese aveva all'avanguardia su tale materia. Ridisegnamo il ruolo dell'ENEA - lo richiama anche Rubbia nell'intervista che ho citato in precedenza - come motore della ricerca sul nucleare sicuro. Rilanciamo nei nostri atenei corsi universitari e post-universitari sull'energia nucleare, promuoviamo una corretta inPag. 60formazione dell'opinione pubblica sul tema dell'energia, senza allarmismi ingiustificati e terrorismi in proposito. La scorsa estate avremmo dovuto vedere i cammelli aggirarsi nelle nostre pianure, per la verità è nevicato sul Gran Paradiso e ci sono state addirittura inondazioni al nord, dunque certe previsioni un po' apocalittiche sono alquanto campate in aria.
Vorrei, infine, dire al Governo e alla maggioranza che abbiamo notato con soddisfazione che ci sono posizioni aperte e illuminate in materia. Cito, tra tutti, il ministro Bersani, che non solo in un'intervista ha dichiarato che non dobbiamo perdere il treno tecnologico del nucleare, seppure un po' ipocritamente poi ne immagina le ricadute in decenni.
Egli ha anche aggiunto che non bisogna contrapporre i temi della sicurezza energetica con quelli ambientali, perché il risultato sarebbe quello di far soccombere questi ultimi. Ebbene, siamo d'accordo con il Ministro Bersani; siamo d'accordo con quanto ha affermato il professor Prodi, non il Presidente del Consiglio, ma il fratello -, siamo d'accordo in parte con ciò che ha affermato il Ministro Bonino; siamo d'accordo con ciò che Bersani non solo ha dichiarato nelle interviste, ma ha scritto nella position paper che ha inviato al Commissario europeo per l'energia, in qualche modo allineando il nostro Paese con la politica energetica degli altri Paesi europei. Però chiediamo coerenza a tali componenti della maggioranza, che hanno mostrato sensibilità politica sui temi ricordati. La coerenza impone di scegliere se essere lineari e andare avanti su questa posizione annunciata oppure, ancora una volta, far prevalere logiche di solidarietà di maggioranza, cioè di solidarietà con quella sinistra massimalista e «ambientalista», che in realtà in modo ideologico demonizza il nucleare, condannando di fatto il nostro Paese a pagare lo scotto di un inquinamento e di una compromissione dell'ambiente, che si fa sempre più pericolosa e che, soprattutto, ci mette con le spalle al muro di fronte alle scelte future, che l'Europa e il mondo ci chiedono di intraprendere sulle fonti alternative della politica energetica.
Noi chiediamo a tali componenti della maggioranza di scegliere tra la solidarietà di coalizione, di Governo, e quella con i problemi del Paese. A noi, che non facciamo, come qualcuno ha affermato, i portavoce delle «lobby atomiche» (perché, per la verità, neppure sappiamo dove si trovino), stanno a cuore i problemi del Paese. Pertanto chiediamo a tutte le componenti politiche, su un tema che ritengo né di destra né di sinistra, perché è un argomento cui ci interpella il senso di responsabilità non tanto verso di noi ma verso le generazioni future, di essere coerenti, coraggiose e lungimiranti (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, dobbiamo affrontare quest'oggi, alla luce della relazione dell'VIII Commissione e delle diverse risoluzioni presentate in Assemblea da alcuni gruppi parlamentari, tra i quali il mio, una duplice questione, che però è collegata. Si tratta dell'emergenza energetica e del problema relativo ai cambiamenti climatici, di cui la produzione dell'energia è certamente la causa fondamentale. L'Italia è il Paese che più di ogni altro dipende dalla produzione e dall'importazione di gas. Il Corriere della Sera di oggi, in un'apposita tabella, riporta dati eloquenti. L'Italia ha un consumo che riguarda il gas pari al 44,4 per cento del mix delle centrali, contro l'11,5 per cento della Germania, il 20,2 per cento della Spagna e il solo 1 per cento della Francia. È giusto affrontare questo problema in termini comunitari. Leggo che domani l'Unione europea proporrà un maxi-pacchetto su gas ed elettricità: si prevede di creare un'agenzia comunitaria per l'energia e di studiare come mettere in piedi riservePag. 61strategiche di gas, in modo da mettere fine ai black out energetici, specialmente a quelli che provengono dall'estero, in modo particolare dalla Russia.
L'Italia però ha un problema in più, che riguarda la necessità di diversificare il proprio consumo energetico. Non so se abbia ragione il sindaco di Venezia, Cacciari, a dirsi ormai convinto catastrofista, e non più riformista, a proposito dell'andamento della situazione internazionale per ciò che riguarda questa emergenza. Si tratta di un'emergenza di fabbisogno, ma anche di un'emergenza climatica.
Penso che non basti proclamare le emergenze: occorre affrontarle e occorrono decisioni conseguenti. Pertanto, mi limito ad avanzare tre richieste di chiarimento al Ministro Pecoraro Scanio, che opportunamente ha ritenuto di essere presente a questa discussione.
La prima precisazione riguarda i dati che egli ha voluto esporre e rilevare nel corso della sua recente conferenza di Firenze, per ciò che riguarda il riscaldamento dell'Italia, che sarebbe superiore di quattro volte alla media mondiale. Tali dati, come è noto, sono stati contestati da un esimio meteorologo come il professor Franco Prodi, fratello del Presidente del Consiglio, e abbiamo avuto modo di conoscere tale precisazione assistendo alla trasmissione televisiva Porta a Porta di ieri sera, in cui era ospite il Presidente del Consiglio, il quale però non ha fornito una risposta alla questione se siano validi i dati forniti dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Pecoraro Scanio, o se siano valide le obiezioni, che rispetto a tali dati ha avanzato il professor Franco Prodi.
Per quanto riguarda la seconda precisazione, è giusto affermare che il Protocollo di Kyoto propone la riduzione - lo ha ricordato prima di me l'onorevole Vietti - dei gas-serra e, in particolare per l'Italia, la riduzione avrebbe dovuto essere pari al 6,5 per cento. Il Ministro Pecoraro Scanio, molto sinceramente e lealmente, ammette che l'Italia è ben lontana da tale parametro e che, rispetto al Protocollo di Kyoto, l'aumento - non la diminuzione - è stato pari al 12,5 per cento. Di questa responsabilità non faccio certamente carico all'attuale Governo e all'attuale Ministro, ma nel corso degli ultimi anni quali tipi di iniziative sono state adottate dai Governi di centrodestra e di centrosinistra, per fare in modo di rientrare pienamente nelle indicazioni fissate dal Protocollo di Kyoto? Anche in merito a ciò non basta denunciare: bisogna fare, agire, proporre soluzioni, perché per combattere l'emergenza energetica e climatica non bastano le parole, ma bisogna assumere atti e decisioni conseguenti.
La terza precisazione riguarda la decisione del Governo italiano - non so se collegiale o assunta esclusivamente da un Ministro - di prendere parte, per la prima volta, alla riunione del Global nuclear energy partnership, che si è riunito proprio in questi giorni a Vienna. È la prima volta che l'Italia partecipa a quest'assemblea, che ha il compito di studiare un nucleare, che viene definito di nuova, seconda o terza generazione e che, ancora più nel particolare, viene definito sicuro, senza scorie radioattive e senza la possibilità che sia convertito in armi nucleari.
Contemporaneamente, sempre sulla stampa di oggi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sostiene che «l'energia prodotta dal nucleare costa molto di più di quella ottenuta dalle fonti rinnovabili». È questo un diktat? È questa un'opinione contraria rispetto a quella assunta dal Governo italiano, di cui egli pure fa parte, di iniziare una ricerca collegiale con altri Paesi europei, per un nucleare di nuova generazione, sicuro, senza scorie radioattive, che tanto portarono alla discussione sul nucleare in passato e a quel famoso referendum (al quale anch'io, come l'allora intero gruppo dirigente del PSI, aderii con entusiasmo, non solo alla luce del dramma di Chernobyl dell'anno prima, ossia del 1986, ma anche del fatto che l'Italia non doveva porsi il problema se continuare nell'attività di produzione di energia nucleare, ma se iniziare l'attività di produzione di energia nucleare,Pag. 62cioè se varare o no il piano che avrebbe dovuto portare alla costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro Paese). Allora si disse che: con questo tipo di nucleare l'Italia non entrava, ma oggi, a venti anni di distanza da quegli avvenimenti, non bisogna affrontare la questione - mi permetta di osservarlo, onorevole Migliore - in termini esclusivamente ideologici (siamo contrari o favorevoli al nucleare): discutiamo concretamente di quale tipo di nucleare si tratti, dato che l'Italia è l'unico Paese europeo - l'unica potenza europea - a rimanere escluso dalla produzione di un'energia, che certamente porterebbe, se sicura e se realizzata con le garanzie previste, al risparmio energetico di gas-serra e di produzione di energie dannose per l'ambiente.
Teniamo presente che in questo momento, mentre l'Italia produce zero in termini di energia nucleare, la Francia produce il 78,4 per cento del fabbisogno nazionale, la Spagna il 22,7 per cento, la Germania il 27,5 per cento e il Regno Unito il 20,3. Noi vogliamo distinguerci sempre dagli altri Paesi europei. Vi sono tante distinzioni, che potrei richiamare e che rendono l'Italia un Paese anomalo: solo in Italia manca un partito socialista, non vi è la separazione delle carriere dei magistrati, manca una legge sulle coppie di fatto e solo in Italia non vi è l'energia nucleare.
Possiamo rientrare in un programma di energia nucleare sicura e garantita? Io penso che il Governo abbia fatto bene a scommettere su tale opportunità e abbia compiuto un passo nella direzione di una ricerca aperta, laica, disponibile e, se tale ricerca produrrà soluzioni concrete e accettabili, da parte nostra non mancherà tutto l'appoggio necessario (Applausi dei deputati del gruppo DC-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, non voglio ripetere molte delle considerazioni che sono state svolte, in particolare ciò che è stato detto dall'onorevole Vietti e dall'onorevole amico Mario Del Bue, ma siccome aleggia l'ipotesi che l'opposizione sia soggetta alla lobby atomica - anche se sarebbe più facile pensare di essere soggetti alla lobby del petrolio - prescindendo da appartenenze alla destra o alla sinistra, all'opposizione o alla maggioranza, vorrei citare nel mio intervento quello che ho letto sulla stampa in questi giorni. Carlo Stagnaro, dell'Istituto Bruno Leoni, afferma: «I numeri citati dal Ministro dell'ambiente sono buoni al massimo per giocarli al lotto»; Sandro Ovi, consigliere per l'innovazione a Palazzo Chigi, sostiene: «Il dato sul riscaldamento è falso»; Franco Prodi, massimo climatologo in Italia, precisa: «É stata una conferenza impostata male, che di scientifico non aveva nulla ed hanno pure sbagliato a leggere i dati»; Renato Ricci, presidente onorario della società di fisica e presidente dell'associazione Galileo 2001, afferma: «Il Ministro Pecoraro Scanio ha fatto due affermazioni gravi, che ci squalificano di fronte alla comunità scientifica internazionale»; Franco Battaglia, ordinario di fisica Modena, aggiunge: «Per produrre energia nucleare da una centrale nucleare servono 5 o 6 miliardi di euro; per produrre la stessa energia con il solare di miliardi ne servono 60»; il professor Tullio Regge, scienziato - che se ricordo bene in passato è stato anche deputato europeo del gruppo dei Verdi - afferma: «L'unica via per ridurre le emissioni di CO2 è il nucleare» e anche sul volume di informazione elaborato dello studio Ambrosetti, che tutti i colleghi hanno già ricevuto, si legge: «Il nucleare è una delle opzioni che devono essere prese in considerazione». Con qualche ovvia cautela dovuta a motivi politici aprono al nucleare anche il sottosegretario Letta e il Ministro Bersani e quest'ultimo afferma di essere concorde e discorde col Ministro Pecoraro Scanio, facendo così impallidire la vecchia espressione delle «convergenze parallele».Pag. 63
Amici e colleghi dei DS, dovete stabilire voi se abbia ragione il Ministro Pecoraro Scanio o il Ministro Bersani! Colleghi della Margherita, dovete stabilire voi se abbia ragione il sottosegretario Letta oppure il Ministro Pecoraro Scanio!
Voglio aggiungere una sola considerazione, signor Ministro. Ero presente alla conferenza e ho ascoltato ciò che si diceva: ebbene, pensare che col non mangiare più i bianchetti si possano risolvere i problemi del mar Adriatico mi è sembrata una battuta infelice, ma è più grave ciò che è stato sostenuto sulla sicurezza del distretto idrogeologico del fiume Arno. Non è possibile che il piano di riassetto idrogeologico approvato dalla regione Toscana sia un abbaglio quale quello che lei ci ha descritto: se fosse vero, mi riprometto di richiedere un'indagine conoscitiva sulla difesa del suolo in Italia a partire dall'approvazione della legge n. 183 del 1989, che è un'ottima legge di livello europeo una delle più importanti che questo Paese ha prodotto.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
FRANCESCO NUCARA. Le preannuncio che verificherò se i piani di assetto idrogeologico siano sbagliati e se sia vero che lei, come ha sostenuto, è riuscito ad effettuare la messa in sicurezza del distretto idrogeologico del fiume Arno (inizialmente prevista con una spesa di un miliardo e 300 milioni di euro) con solo 200 milioni di euro.
Ciò vuol dire che tutti i piani di assetto idrogeologico potrebbero essere sbagliati. Faremo quindi la richiesta per un'indagine conoscitiva per verificare se quello che lei ha detto è vero (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).