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Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, oggi il problema di Malpensa è diventato il problema di Alitalia. Il problema di Alitalia, signor sottosegretario, è un problema del Governo. Lei stesso, ieri, nell'esprimere il parere del Governo non avrebbe potuto dire: «Tali pareri» - leggo testualmente - «sono forniti, in particolare, con riferimento all'autonomia di Alitalia e del suo consiglio di amministrazione, in merito alle scelte gestionali e alla tempistica delle stesse scelte, che devono tutelare gli interessi dell'azienda, di tutti gli azionisti e non soltanto dell'azionista di maggioranza relativa».
Nel corso di quest'anno, nessuno si è accorto del fatto che una parola detta da un Ministro o da un sottosegretario stava influenzando l'andamento del titolo in Borsa. Nessuno se ne è accorto! Nessuno si è accorto che le decisioni che riguardano Alitalia, come confermato dall'ultimo piano presentato dal consiglio di amministrazione, non sono ispirate a logiche industriali, bensì unicamente a logiche politiche. Allora, se le logiche sono politiche, andiamo a vedere cosa ci propongono il Governo e il consiglio di amministrazione, come è giusto che sia. Alitalia, non da oggi, perde un milione e mezzo di euro al giorno. Ormai, sono migliaia i miliardi di vecchie lire e i milioni di euro persi da tale società, sottratti ad altri investimenti maggiormente redditizi e alle infrastrutture per il Paese. Ora, il Governo afferma che è necessario effettuare il risanamento. Non è la prima volta che ascoltiamo queste parole. Ovviamente, due possono essere le strade da percorrere optando per la scelta del risanamento.
Da un lato le logiche industriali e di mercato, dall'altro la logica politica; ma le logiche per riportare in linea di galleggiamento, di pareggio un'azienda in crisi, come lo è Alitalia, sono semplicemente due: tagliare i costi e aumentare i ricavi.
Se bisogna tagliare i costi occorre agire su quelli di politica clientelare e di politiche del personale, attuate in passato in maniera non troppo avveduta, e che ancora continuano ad essere adottate nel presente, che portano questa società ad avere un abnorme numero di dipendenti, probabilmente sovrapagati rispetto alla concorrenza.
Probabilmente, per rispondere alle logiche di mercato, dopo aver tagliato tali tipi di costi bisogna aumentare i ricavi e per farlo occorre vendere biglietti, specialmente quelli che rendono all'azienda. Casualmente i biglietti che rendono all'azienda Alitalia sono venduti in prevalenza nell'area del nord: il 70 per cento dei biglietti business sono infatti venduti nell'areaPag. 10di Malpensa, al nord! Questa sarebbe la logica industriale ed aziendale! Invece il piano industriale (o di grande industriosità politica), che viene portato avanti dal consiglio di amministrazione di Alitalia e, quindi, dal Governo, risponde ad una logica antiaziendale, antimercato, antindustriale. È la logica politica! Una logica che fa esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare un consiglio di amministrazione che ha cura degli interessi dei suoi azionisti, di maggioranza e di minoranza. Una logica che non va - come dovrebbe - a incidere sui costi, se non in modo irrisorio e marginale, e rinuncia a vendere biglietti e a produrre ricavi proprio nelle zone dove il mercato esiste: questo è il problema!
Siamo pertanto di fronte ad una scelta tipicamente ed esclusivamente politica e neppure troppo illuminata, perché se fosse una scelta politica illuminata potremmo anche discuterne. Il problema è che a tali scelte si arriva dopo dichiarazioni esilaranti di alcuni esponenti di questo Governo, di un Ministro dei trasporti che ha affermato che l'aeroporto di Malpensa non può funzionare perché per trecento giorni all'anno c'è la nebbia! La nebbia c'è nel cervello del Ministro Bianchi, signor sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Campa) che non è mai stato a Malpensa e non conosce quella realtà! Sarebbe sufficiente prendere un bollettino meteorologico per controllare tali affermazioni!
Si tratta, lo ripeto ancora una volta, di una logica politica che si piega alle convenienze del momento: poiché il futuro Premier arriva da Roma, - è il sindaco di Roma - questi deve essere sensibile alle ragioni addotte dai dipendenti di Alitalia i quali per oltre il 90 per cento risiedono a Roma.
Tale logica politica è di brevissimo respiro e produce - per stessa ammissione del consiglio di amministrazione - un piano di sopravvivenza e di transizione, che si traduce, nel linguaggio della strada, in un « tiriamo a campare e vediamo che cosa succede». Ciò è quanto abbiamo visto anche nella gestione scellerata della presunta gara per la vendita del pacchetto di riferimento di Alitalia, che ha fatto registrare continui cambiamenti delle condizioni di gara che, in altre realtà e in altri momenti, avrebbero ispirato l'intervento di qualche altro organo dello Stato, ma lasciamo perdere.
Piano di sopravvivenza e di transizione che significa tirare a campare qualche mese; ciò non sarebbe grave in sé - quella del tirare a campare è infatti una logica invalsa nella politica italiana - ma produce un effetto collaterale: uccide Malpensa, uccide cioè la possibilità per un'area, che fornisce un terzo del prodotto italiano lordo, le potenzialità di sviluppo economico e di ricchezza, con evidenti effetti negativi per il Paese.
Ritenete forse che per andare negli Stati Uniti o in Asia tramite le rotte polari qualcuno dal nord possa pensare di venire a imbarcarsi a Roma facendo un'ora e mezzo per spostarsi verso sud ed un'ulteriore ora e mezzo per tornare verso nord? Volete costringere tutti i padani ad imbarcarsi a Parigi, Monaco o a Francoforte per andare nel mondo? Quella che si vuole mettere in pratica è una logica politica di sopravvivenza che ha come effetto collaterale, lo ripeto, quello di uccidere Malpensa.
Ma per incoscienza, ci chiediamo noi? No, neppure per incoscienza, ma deliberatamente! Noi crediamo, se si considera quanto si è appreso dagli organi di stampa su un possibile ingresso nel capitale di Alitalia di compagnie aeree estere, che questa sia una scelta deliberata.
Qualcuno ha detto: Alitalia rinunci agli slot, rinunci alle rotte intercontinentali, rinunci alle rotte più redditizie, visto che non le interessa sviluppare Malpensa, e lasci spazio a qualcun altro. No! Non si deve lasciare spazio a nessun altro, perché il baratto è proprio questo! L'unica cosa interessante che Alitalia ha in pancia sono le rotte redditizie del nord, che devono essere portate in dote e, magari, controbilanciare mancati tagli che non si possono fare per ragioni di ordine politico contingente e, a breve termine, elettorale.Pag. 11Pertanto, no, gli slot non si possono mettere all'asta per dare la possibilità a qualcun altro di entrare.
Dico di più: in questi giorni, in questi mesi, Milano si candida, come sarà noto, spero, ai colleghi e anche ai membri del Governo, ad ospitare nel 2015 l'Expo universale. Come è possibile per Milano andare a sostenere questa candidatura nel momento stesso in cui il Governo toglie all'aeroporto di riferimento di Malpensa la possibilità di collegarsi con il mondo? Con che credibilità, a questo punto, il sindaco Moratti, grandemente impegnata su questo fronte, può andare a sostenere questa candidatura? Non ritenete che questa scelta sia gravemente lesiva degli interessi di Milano, della Lombardia e del nord?
Per tutti questi motivi, noi sosteniamo che quella operata è una scelta incosciente e deliberatamente pregiudizievole degli interessi del nord. È una scelta di Roma contro il nord! Ha un bel dire il Ministro Bersani, che rispetto per tutto quello che ha fatto in passato, anche con riferimento a Malpensa, sulla base di scelte frutto di valutazioni ponderate, ma egli non può dire al nord di stare tranquilli, di lasciar perdere, di rassegnarsi, perché così devono andare le cose. Noi non ci rassegniamo! Noi al nord, la Lega Nord non si rassegna e siamo qui a dare battaglia in Parlamento, nei consigli regionali, ovunque sul territorio e a mettere sul banco degli accusati questo Governo il quale ciò che fa lo fa contro il nord (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi del Movimento per l'Autonomia molto spesso siamo stati accusati di avere una visione troppo meridionale o meridionalistica delle vicende che riguardano il Paese. Così non è, almeno nell'accezione che si vuole dare a questa impostazione.
La verità è che oggi siamo di fronte ad una rispettabilissima presa di posizione di molti colleghi, che rappresentano una parte importante del territorio italiano, perché, di fatto, ci si avvia, per una dissennata scelta, verso una forma di declassamento dell'aeroporto di Malpensa.
A questo punto, proprio perché sono siciliano, devo avvertire la gran parte di coloro che magari non hanno avuto né il modo né l'occasione per conoscere questo evento, che ieri la collega parlamentare Anna Donati, presidente della Commissione lavori pubblici e comunicazioni del Senato, ha annunciato che nel piano industriale delle Ferrovie dello Stato è previsto niente di meno che i treni adibiti al trasporto passeggeri si fermino a Villa San Giovanni, i passeggeri discendano con i bagagli, attraversino lo Stretto non più all'interno dei vagoni dove erano alloggiati e riprendano altri vagoni a Messina.
Non è assolutamente possibile tacere l'indignazione che ho provato, come siciliano e come parlamentare; e, come me, così l'hanno provata anche moltissimi siciliani. Mi auguro che i parlamentari di ogni colore politico che rappresentano la mia terra, in questa aula e in quella del Senato, provino altrettanto nei confronti di una situazione abnorme e paradossale. Non più dunque il ponte, ma un arretramento ai primi accordi della formazione dello Stato unitario. Si vuole rendere la Sicilia ancor più isola.
Noi siamo qui a discutere di una fase di passaggio, sia pur difficile, importante e significativa, dello sviluppo dell'aeroporto di Malpensa, ma non ci rendiamo conto che, in una visione più generale e complessiva degli interessi del Paese e in una visione più vera del suo sistema di trasporto (non solo aereo e ferroviario ma anche gommato), si sta perpetrando l'ennesima beffa nei confronti dei siciliani e meridionali in genere. Ove questo fosse vero (poiché vi è stata una sorta, non dico di smentita, ma di chiarimento), noi metteremo in atto tutte le forme di lotta e di protesta che la civiltà e la democrazia impongono; e, attraverso una mozione, chiameremo anche qui i deputati siciliani ad esprimersi con chiarezza. Sia chiaro che non cadremo nell'errore di farci distrarrePag. 12dalla manfrina, già da qualche mese posta in essere da taluni, per la quale, in ogni caso, nella pratica occorrerà comunque una convenzione con la regione siciliana: tutte sciocchezze!
Il piano industriale è all'esame del Ministro dell'economia e delle finanze, Padoa Schioppa, cui chiederemo formalmente un incontro affinché ci dia al riguardo i necessari chiarimenti. Ben venga, dunque, un'azione di risoluzione dei problemi di Malpensa. Dico ciò perché noi abbiamo una visione generale degli interessi del Paese; nel contempo, chiediamo ai parlamentari che con tanto impegno si stanno muovendo in questa direzione di darci una mano e di ergersi in quest'aula come difensori degli interessi di tutti gli italiani, non solo di quelli di una parte del territorio del nostro Paese. Quando ci troveremo a discutere con voi più dettagliatamente di questo argomento, ci auguriamo di trovare nella coscienza civile unitaria, che ogni deputato in quest'aula deve possedere, un forte impegno ed una forte determinazione per far sì che eventi come questi non solo siano del tutto scongiurati, ma siano confinati per sempre alla storia del medioevo del nostro Paese.
Animati da questo spirito e da questa attenzione nei confronti dei problemi generali del Paese, preannuncio, a nome dei deputati del Movimento per l'Autonomia, il nostro voto a favore delle mozioni presentate. Altrettanto, però, ci aspettiamo che il Parlamento faccia con riferimento ai problemi della Sicilia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.
RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il rilancio di Alitalia attraverso la riduzione drastica dell'attività e del traffico aereo dello scalo milanese di Malpensa è una scelta ingiustificata ed irresponsabile, che finirà per danneggiare non solo le maestranze della società aeroportuale - come è stato annunciato ieri dal sindaco di Milano - ma ancor di più la compagnia di bandiera e la stessa economia del Paese, producendo un danno economico irreparabile.
Un danno che è stato stimato, secondo una ricerca dello studio Ambrosetti, nell'ordine di circa 3 miliardi di euro per l'intero sistema Paese; e tale orientamento rischia di diventare ancor più fallimentare se il Governo non interverrà al più presto affinché Alitalia, qualora non fosse più interessata alle rotte su Malpensa, liberi prima possibile gli slot; un intervento, quest'ultimo, che perlomeno permetterebbe a Malpensa di ottenere giustizia dal mercato.
Lo scenario è complesso e richiede decisioni: è necessario, insomma, adottare tutti quei provvedimenti opportuni affinché venga ripensato il piano industriale per l'Alitalia senza compromettere nel lungo periodo il futuro della compagnia, ma soprattutto senza penalizzare né Malpensa né l'Italia.
Il Governo, nella sua funzione di azionista di riferimento, deve uscire da questo silenzio assordante e assumersi le proprie responsabilità. E proprio in questa direzione va il senso della mozione che Alleanza Nazionale ha presentato per sottoporre all'attenzione del Governo e dell'Assemblea una situazione che rischia un epilogo rovinoso per l'Italia, poiché stiamo parlando del sacrificio ingiustificato di Malpensa, che - lo ricordo, signor rappresentante del Governo - è il quinto hub d'Europa, con 38 destinazioni servite.
Noi vorremmo capire se, qualora non vi fosse più interesse su Malpensa, Alitalia libererà gli slot di questo aeroporto ed hub internazionale. Il Governo ha il dovere di intervenire per far sì che l'hub lombardo sia depotenziato del traffico di Alitalia, in modo da prendere almeno in considerazione, senza limitazioni, le proposte che il mercato vorrà offrire. Diversamente, dovremmo pensare che il Governo sta avallando una strategia del fallimento che affonderà, insieme all'Alitalia, anche il maggior aeroporto milanese.
Il nord Italia - come lei, signor rappresentante del Governo, sa molto bene - rappresenta una delle aree più ricche edPag. 13attrattive d'Europa dal punto di vista della domanda di trasporto aereo a livello nazionale. La Lombardia, in particolare, è un punto di intersezione strategico tra più direttrici europee, e Malpensa è l'hub naturale di tale grande bacino. Essendo questi i presupposti, è evidente che il vettore nazionale non può che rafforzare il suo ruolo su Malpensa, anche per uscire da una crisi che, diversamente, rischia di diventare irreversibile.
Non voglio dilungarmi sui dati, ma ne bastano pochi a dimostrare l'insensata, assurda, aberrante scelta di Alitalia e l'inspiegabile silenzio del Governo. La forza di un hub si vede soprattutto dal numero dei passeggeri in transito: per Fiumicino questi sono il 26 per cento, per Malpensa siamo oltre il 34 per cento. Le tratte polari più significative, ovvero quelle per America ed Asia, fanno capo a Malpensa e non a Fiumicino: nell'aeroporto milanese, lo ricordo, operano le maggiori compagnie aeree di tutto il mondo e negli ultimi tre mesi si sono aggiunti i grandi vettori dell'Estremo Oriente, del Nord America e del Sudamerica.
È a Malpensa che si concentra, su frequenza settimanale, il 55,6 per cento di tutti i voli intercontinentali italiani; il 62 per cento delle prenotazioni di business class è realizzato al nord (di cui il 40 per cento a Milano), mentre un terzo dei biglietti per voli internazionali viene emesso nell'area di Milano. Nel 2005, il numero dei passeggeri al nord è stato di circa 52,6 milioni, con una distribuzione nel Paese che vede concentrarsi il 46 per cento del totale al nord, il 33 per cento al centro ed il 21 per cento al sud. Tali dati risultano ancora più significativi se pensiamo che gli studi relativi alle previsioni di crescita del trasporto aereo sostengono che il traffico passeggeri del nord Italia passerà da 49 milioni (dati del 2004) a 101 milioni (stima del 2021).
Senza dubbio Malpensa ha le carte in regola per sostenere questa imponente crescita. Non dimentichiamo che la SEA, la società aeroportuale, nel suo piano industriale ha stanziato, dal 2007 al 2012, circa 800 milioni di euro per l'ampliamento del terminal 1, delle infrastrutture di volo e di cargo city, investimenti che potenzieranno ulteriormente la qualità dei servizi per tempo e sicurezza e di cui beneficia, per il 75 per cento, proprio l'Alitalia.
Anche dal punto di vista dei servizi Malpensa spicca per puntualità, customer service e affidabilità contrattuale. I dati relativi alla puntualità delle partenze e ai bagagli disguidati evidenziano una netta differenza rispetto ai servizi offerti da Fiumicino. Infatti, nel 2006 l'aeroporto lombardo ha ricevuto il premio Air cargo of excellence per la qualità dei servizi, da parte dell'European air cargo.
Alla luce di questi numeri - sono solo alcuni dei dati che avrei potuto elencare - è evidente quanto sia irresponsabile la scelta di Alitalia e quanto sia scandaloso, anche a confronto del panorama internazionale, che l'aeroporto di una città importante come Milano debba essere declassato. Il capoluogo lombardo e il Nord d'Italia hanno bisogno di una grande struttura aeroportuale che risponda alle esigenze di un intenso traffico internazionale e intercontinentale, soprattutto di natura commerciale. L'accessibilità di un'area è fattore di successo determinante rispetto ad altri territori. L'aeroporto deve poter offrire un servizio sempre più valido e strategico, al fine di competere nel modo migliore a livello mondiale.
Alla luce di tutto ciò, chiediamo che il Governo esca dal silenzio, faccia fronte alle proprie responsabilità e respinga gli orientamenti previsti dal piano industriale di Alitalia. Si tratta di una risposta che deve arrivare presto, non solo per Milano e per il Nord, ma per tutta l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soffritti. Ne ha facoltà.
ROBERTO SOFFRITTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo a distanza di sette mesi dalla volta precedente, a discutere e ad affrontare i problemiPag. 14e le vicende dell'Alitalia. In questa occasione stiamo affrontando tali problemi in un'ottica specifica e particolare, in quanto si sta soprattutto discutendo della sopravvivenza di Malpensa, del numero di voli che debbono rimanere in quella sede e del ruolo che deve svolgere sull'intero territorio nazionale.
Si tratta di una circostanza che, da un certo punto di vista, rende difficile la nostra discussione, anche perché avremmo avuto bisogno di disporre di maggiori elementi sul piano di sviluppo industriale che è stato predisposto e che ancora non abbiamo a disposizione. Perciò, diventa sufficientemente fuorviante affrontare la questione dell'Alitalia solo in tale ottica.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 10,10)
ROBERTO SOFFRITTI. Tutto ciò non favorisce lo sviluppo di un ragionamento più complessivo che ci tolga dalle difficoltà nelle quali ci troviamo, in questo momento, ad affrontare i problemi dell'Alitalia. Essa, per un lungo periodo di tempo, nel nostro Paese, è stata tutto. Infatti, avevamo una grande fiducia in questa grande compagnia nazionale, che ha rappresentato, per tanti anni, un punto di riferimento all'interno e all'esterno del nostro Paese. Era forte la sensazione che le situazioni finanziarie della società ed il piano industriale fossero contrassegnati da elementi positivi e, nello stesso tempo, molto probabilmente, non ci siamo accorti che sono mutati gli scenari internazionali e che stava cambiando rapidamente la legislazione europea a proposito delle liberalizzazioni.
A tale proposito non vi è stata, a nostro avviso, una programmazione capace di adeguarsi ai mutamenti profondi che stavano intervenendo sul mercato mondiale e un piano industriale capace di adeguarsi ai processi di liberalizzazione che la legislazione europea imponeva. Dunque, abbiamo cominciato ad avvertire i segni concreti della crisi dell'Alitalia e le difficoltà di questa nuova compagnia.
Vedete, sarebbe semplice, in questo momento, ritornare ai ragionamenti che si fecero quando venne costruito l'aeroporto di Malpensa: so che costò un sacco di quattrini, che consentì moltissimo lavoro; però, so anche che la realizzazione di quell'aeroporto, dal punto di vista ambientale, determinò dei problemi piuttosto seri ed acuti.
Noi ci accorgemmo che, mentre veniva potenziato questo aeroporto, le autorità milanesi (comunali, provinciali e regionali) spingevano fortemente perché vi fosse un rafforzamento di quello di Linate e, contemporaneamente, in tutte le zone dell'alta Italia sorgevano aeroporti importanti - è sotto gli occhi di tutti - e tutto ciò avveniva senza che vi fosse una programmazione completa del settore e nella convinzione che il mercato, da solo, avrebbe risolto tutti i problemi.
La realtà è che il mercato ha risolto alcuni problemi per qualcuno e i contraccolpi più forti sono ricaduti sulla compagnia di bandiera. Proviamo a prendere alcuni esempi. Sapete bene, colleghi, come so io, che Alitalia dispone di 170-180 aerei nella propria flotta, che avrebbe bisogno di rinnovare perché la metà di questi sono fermi e sono necessarie cifre che corrispondono a circa 3 miliardi di euro. Se si dovesse fare tale operazione su entrambi gli aeroporti, la cifra diventerebbe di 6 miliardi di euro.
Pertanto, o noi entriamo nell'ordine di idee di ragionare su questi aspetti del problema, altrimenti vuol dire che non ci accorgiamo di ciò che sta succedendo in Alitalia, dove ci sono dei problemi occupazionali e sindacali, con tensioni fortissime.
Dovremmo quindi cercare di coniugare queste esigenze e a noi pare che tale elemento non sia emerso con forza. Noi Comunisti Italiani non abbiamo la convinzione che Malpensa debba cessare integralmente le funzioni che sta svolgendo, però riteniamo che nel settore debbano essere portati un po' di ordine e di programmazione. Linate deve costituire l'aeroporto della città di Milano, l'altro si deve occupare dei voli charter, mentre TorinoPag. 15potrebbe svolgere il servizio per il cargo. Insomma, ci vuole un po' di riorganizzazione dell'intero sistema ed un adeguato sistema di sviluppo industriale dell'azienda per darle prospettive concrete, altrimenti non ne usciamo.
È semplice cavalcare la protesta. Abbiamo assistito, per Malpensa, a due tipi di proteste: quando è stato costruito, se vi ricordate, vi furono proteste fortissime da parte della gente; adesso autorità della Lombardia alimentano la protesta della gente, come se stessero avvenendo fatti sconvolgenti rispetto alla realtà.
Noi non pensiamo che si tratti di fatti sconvolgenti, ma pensiamo che sia finalmente giunto il momento che, nel Paese, vi siano un piano integrato dei trasporti e un piano di sviluppo industriale per dare delle prospettive concrete a questa nostra azienda. Altrimenti, con i mutamenti avvenuti nel mercato internazionale e nella legislazione europea, possiamo anche continuare ad auspicare che le cose rimangano come prima ma, purtroppo, queste cambiano e sono sotto gli occhi di tutti.
Per questo motivo noi, evidentemente, votiamo contro le mozioni che sono state presentate dalla minoranza, non riteniamo soddisfacente la mozione predisposta dalla maggioranza e preannunciamo un nostro voto di astensione, perché vogliamo ribadire con forza, ancora una volta, questa esigenza: il mercato si è mosso da solo, specialmente nel Nord, e il risultato purtroppo è quello al quale ora stiamo assistendo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà per un minuto.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nel minuto che ho a disposizione vorrei rilevare che il collega Salerno ha espresso alcuni giudizi positivi su alcune parti delle mozioni in esame, in particolare quelle di condanna della politica del Governo.
Vorrei aggiungere alle sue considerazioni - che ci porteranno al voto finale di astensione - che, a nostro avviso, c'è una operazione che va ben oltre sia gli interessi di Fiumicino, sia quelli di Malpensa.
Riteniamo che ci sia una manovra concentrata per mettere in difficoltà l'Alitalia e guadagnare il più possibile da tali difficoltà, strappando quote di mercato nella speranza di riuscire ad acquisire la proprietà di parte o di buona parte della compagnia.
Ricordiamo le manovre sulla centrale del latte di Roma, che prima venne messa in crisi da manager felloni e poi svenduta agli amici degli amici e poi rivenduta a un prezzo triplo di quello che era stato pagato, grazie anche alla protezione del sindaco di allora, che oggi è un leader del centrosinistra.
Ricordiamo le manovre intorno alla Telecom, con le quali, senza esclusione di colpi, si riuscì a cacciare manager e proprietà per venderne una quota a degli stranieri.
PRESIDENTE. Deputato Buontempo, la prego di concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Concludo, signor Presidente.
Ricordiamo quelle vicende perché oggi il conflitto Malpensa-Fiumicino nasconde semplicemente le responsabilità di coloro che non fecero mai decollare Malpensa e che oggi, mettendo definitivamente in crisi l'Alitalia, dopo il tentativo del precedente Governo di salvarla, si vuole solo far pagare meno le azioni dell'Alitalia all'alta finanza e ai complici dei partiti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Destra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dionisi. Ne ha facoltà.
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, il piano di sopravvivenza e transizione varato dal consiglio di amministrazione di Alitalia il 30 agosto scorso sta destando numerose critiche e preoccupazioni.
Certamente, le condizioni della compagnia non lasciano molto spazio alla fantasia:Pag. 16mentre i principali vettori europei migliorano i profitti ed espandono la flotta, Alitalia non compra aeromobili e mantiene inalterato il suo volo in profondo rosso.
La perdita netta del gruppo nel primo semestre è scesa di poco, da 220 a 211 milioni di euro, solo per il cambiamento dei principi contabili. Al 30 giugno le disponibilità liquide ammontavano a 562 milioni di euro, rispetto ai 706 milioni di fine 2006.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 10,20)
ARMANDO DIONISI. Inoltre, per evitare il rischio di una crisi di liquidità, oltre ad una serie di beni da dismettere, tra gli interventi previsti dal piano industriale c'è anche la vendita degli slot di Alitalia a Londra-Heathrow.
Oltre all'aspetto economico, c'è quello tecnico. Nel primo semestre sono aumentati i ritardi di Alitalia, con una puntualità in arrivo entro 15 minuti scesa al 75,1 per cento dei voli (il 5,1 per cento in meno rispetto al 2006).
Le difficoltà del management ad individuare un affidabile partner industriale e finanziario cui cedere la sua quota azionaria sono sotto gli occhi di tutti ed implicano anche la necessità di preparare la compagnia a tale cessione, con tutto quello che ne consegue in termini di strategie future.
Senza che ce ne fosse bisogno, inoltre, negli ultimi giorni abbiamo assistito nuovamente ad una riedizione del dilemma Fiumicino-Malpensa, acuito anche dalle dichiarazioni del patron della Ryanair che vuole investire sull'aeroporto milanese. In questo caso, non si tratta più di un dualismo tra Fiumicino e Malpensa, di una lotta fra campanili: abbiamo sempre prospettato di avviare una collaborazione e una complementarietà tra i due aeroporti, non solo come aeroporti di interesse nazionale, ma anche per il loro ruolo internazionale e per cercare di ottimizzare il traffico del nostro Paese. Occorre, come già in passato avevamo evidenziato, valorizzare l'interconnessione tra i due aeroporti, ma anche potenziare le infrastrutture che ad essi servono.
Gli amministratori locali dovrebbero creare le condizioni per attirare le compagnie aeree nei loro aeroporti invece di cercare di distorcere le scelte di mercato di una compagnia già stremata da decenni di distorsioni, tra l'altro arrogandosi prerogative regolatorie appartenenti ad altri soggetti.
Sono di questa mattina le dichiarazioni sulla stampa di una disputa di campanile: da una parte il presidente Formigoni (che rilancia il ruolo di Malpensa, addirittura ipotizzando la nascita di una compagnia con la partecipazione finanziaria della regione) e il sindaco Moratti.
Dall'altra parte, assistiamo a dichiarazioni del presidente Marrazzo a difesa di in Fiumicino; poi chi più ne ha più ne metta: il presidente Galan si dichiara non favorevole a nessuno dei due hub, Fiumicino e Malpensa e addirittura rilancia il problema di Verona.
Io ritengo che oggi il nuovo piano riposizioni la compagnia aerea prevalentemente sullo scalo di Roma-Fiumicino, prevedendo un taglio di oltre 150 voli al giorno, da e per Malpensa, ossia quasi un dimezzamento se si considerano i 340 voli Alitalia, tra arrivi e partenze su Malpensa. La stima dei 150 voli si riferisce ai cosiddetti collegamenti di feederaggio, ovvero quelli che servono ad alimentare una quindicina di voli intercontinentali in ipotesi di taglio. Nello scalo lombardo, però, verrebbero inseriti nuovi voli di collegamento con le maggiori città europee, rivolti soprattutto alla clientela business.
I maggiori timori sono quelli di chi ritiene che Alitalia, ristretta nelle rotte, nel numero dei velivoli e nel personale, sia costretta per sempre ad una simile ridotta dimensione. È vero, però, che una compagnia piccola, ma sana, e dotata di ottimi slot nei migliori aeroporti in Italia e in Europa e, soprattutto, ben inserita in un gruppo che opera in un network globale,Pag. 17può crescere più rapidamente di una compagnia di maggiori dimensioni, ma economicamente fragile.
Cari colleghi, ci dobbiamo muovere sulla scia dell'Europa, stimolati non dalla garanzia di mantenere una compagnia di bandiera, ma dalla possibilità di avere un operatore nazionale che sia sul mercato con la capacità di perseguire l'interesse primario e di garantire al consumatore un servizio di qualità ad un prezzo sempre più equo. Gli italiani hanno il diritto di veder aumentata, e non ridotta, la possibilità di spostarsi all'interno del proprio Paese e a livello internazionale con tariffe adeguate.
Ho letto con molta preoccupazione stamattina l'intervista del Vicepremier Rutelli su Il Messaggero, dove ipotizza una scelta a favore di un operatore. Ritengo che la questione della scelta dell'operatore rientri nell'ambito di un piano industriale credibile e compatibile, che rappresenta una premessa necessaria, e non nelle considerazioni di ordine politico per rilanciare la possibilità di questa azienda di continuare ad operare sul mercato.
Il compito del Governo - ricordo al vicepremier Rutelli - è quello di garantire regole, concorrenza e, soprattutto, favorire le liberalizzazioni e l'aspetto sociale dell'occupazione, evitando tra l'altro che l'operatore nazionale diventi un operatore marginalizzato rispetto agli interessi generali del Paese.
Se è vero che oggi non possiamo continuare a mantenere la compagnia di bandiera, non possiamo nemmeno immaginare di farla diventare una succursale di qualche compagnia internazionale.
Per queste ragioni, il gruppo dell'UDC ritiene che queste motivazioni siano contenute in parte nella mozione presentata dall'onorevole Leone ed altri n. 1-00220 e, pertanto, ritengo opportuno sostenere con il voto favorevole tale mozione, mentre sulle altre mozioni ritengo che il gruppo si debba astenere (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Signor Presidente, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea è intervenuto compiutamente nel dibattito generale mettendo in evidenza posizioni politiche e culturali che hanno affrontato il tema all'ordine del giorno con un approfondimento di alcuni aspetti di fondo, che riguardano soprattutto il rapporto Malpensa-Fiumicino e il sistema aeroportuale nel nostro Paese, che è stato abbandonato e che richiede una seria programmazione da parte del Governo.
Da tali impostazioni generali consegue un voto contrario del gruppo del partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sulle tre mozioni della Casa delle libertà per ragioni molto semplici. Tali mozioni tentano di separare la pur importante vicenda dello scalo di Malpensa, da un contesto di sistema segnato da una crisi profonda che, invece, richiede una rivisitazione programmatica molto stringente dell'intero sistema aeroportuale italiano.
Su questo terreno non si può cavalcare la contrapposizione Fiumicino-Malpensa quando il problema è noto a tutti; dal monopolio della compagnia di bandiera, che ha sviluppato per trent'anni la sua attività e la sua iniziativa nel trasporto aereo, si è passati all'anarchia più assoluta nel settore. È come dire che da parte dei raggruppamenti politici che hanno presentato le rispettive mozioni si vede il dito e non la luna!
Per tali motivi esprimiamo, dunque, un voto contrario perché ci sembra che anche con queste mozioni si tenti di «coltivare la pancia» dei cittadini e delle cittadine. Ci asteniamo, altresì, sulla mozione Barbi ed altri n. 1-00219 perché, in primo luogo, la riteniamo generica - e persino ambigua - sul tema del rapporto Fiumicino-Malpensa e il sistema aeroportuale italiano ma, soprattutto, perché a noi sembra che tale mozione si pieghi eccessivamente sul processo di privatizzazione di Alitalia...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARIO RICCI. ...cancellando anche quella pur minima presenza pubblica nei futuri assetti societari di capitale dell'Alitalia, che erano stati messi a base della mozione approvata dalla Camera dei deputati il 6 dicembre 2006...
PRESIDENTE. Onorevole Ricci, deve concludere.
MARIO RICCI. Concludo, Presidente. Si tratta di una modesta presenza pubblica che aiuterebbe la gestione di un piano industriale senza massacri sociali come, invece, appare che si delineino andando in tale direzione (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Onorevole Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, definire un piano industriale un piano di sopravvivenza, credo sia di per sé sufficiente per capire lo stato comatoso in cui langue Alitalia. Ci troviamo, ormai da qualche tempo, di fronte a dichiarazioni inutili, a ricette incerte e miracolose, a colpi assolutamente inconcludenti rispetto al destino della compagnia di bandiera. E ci troviamo anche di fronte a iter che con riferimento all'auspicabile, ma mai concretamente prefigurata, privatizzazione di Alitalia, lasciano il tempo che trovano.
Cari colleghi, ai dati che puntualmente e tenacemente il collega Airaghi nel suo intervento dell'altro ieri, ha posto all'attenzione del Parlamento sullo stato di Malpensa, sulla capacità espansiva di questo hub che, in qualche misura, viene oggi messa di fronte a una soluzione di depotenziamento, vorrei aggiungere, rapidamente, soltanto qualche altro dato per capire di cosa stiamo parlando.
Pochi dati di raffronto che riguardano Alitalia, sui quali ritengo che il Parlamento debba esprimere una parola definitiva. Dati che riguardano i 24 milioni di passeggeri trasportati nel 2006, che sono esattamente gli stessi che Alitalia trasportava nel 2001; il fatturato di 4,7 miliardi che è dello stesso livello di quattro anni fa, così come tale è l'incasso per i biglietti venduti; per non parlare della borsa, sulla quale mi soffermerò brevemente più avanti perché rappresenta un aspetto del problema.
Agli inizi del millennio l'Alitalia valeva in Borsa il 400 per cento in più rispetto ad ora. A ciò si devono aggiungere il miliardo di euro che è stato immesso nel capitale di Alitalia all'epoca della ricapitalizzazione del 2005, i fondi stanziati all'indomani dell'11 settembre e le tante donazioni statali che, oggi, non possono più essere erogate a causa del vincolo europeo.
Nonostante tutto ciò noi e Alitalia siamo andati avanti, con un deficit che ha raggiunto i 3,3 miliardi di perdite. Ma non è tutto. Alitalia, infatti, è rimasta ferma, mentre nel mondo l'aviazione civile cambiava complessivamente i suoi piani e le sue strategie, soprattutto sotto l'influsso delle grandi trasformazioni che, dal dopoguerra ad oggi, hanno interessato il mondo dell'aviazione e che riguardano la rivoluzione delle compagnie a basso costo, l'influenza e l'intervento del terrorismo internazionale, il costo del carburante ai massimi storici, l'andamento delle fusioni che hanno, di fatto, superato il vecchio paradigma in base al quale vi era «un Paese, una compagnia».
Ognuno di tali fattori, signor sottosegretario, come lei ha affermato nella sua relazione, andrebbe analizzato e scandagliato per capire complessivamente quali sono le responsabilità e dove risiedono e residuano; capire perché mai, rispetto a tutto il panorama di cambiamento e di trasformazione, per Alitalia vi è stato soltanto l'avvio verso una progressiva disgregazione.
La verità è che Alitalia rappresenta, nel contesto europeo e mondiale, una vera e propria anomalia, ovvero una società che non è stata in grado di far fronte ad una capacità competitiva e che, quindi, ha ridotto la sua redditività che è precipitata.Pag. 19
Il confronto con l'estero è assolutamente agghiacciante. Air France, oggi, vale in Borsa nove volte di più. Abbiamo, inoltre, dati industriali - per non parlare della Borsa - che mostrano francamente quale abisso vi sia tra le compagnie europee e la nostra cosiddetta compagnia di bandiera. Oggi Air France, dopo la fusione, con l'assorbimento di KLM, ha un fatturato di 19,8 miliardi, un utile di 845 milioni e una flotta di 592 aerei rispetto ai 177 italiani. Lo stesso vale per la compagnia Lufthansa. La vera vergogna, tuttavia, riguarda il raffronto con gli spagnoli che, fino a dieci anni fa, erano molto indietro rispetto noi e che oggi, invece, ci hanno abbondantemente superato.
Signor sottosegretario, lei ha affermato nel suo intervento - ripeto le sue parole - che la situazione di gravissima difficoltà in cui versa Alitalia è l'effetto di molte cause che, nel tempo, si sono venute a sovrapporre e ad accentuare. Ha affermato che anni di risposte inadeguate da parte del Governo, dei sindacati, dell'azienda e del management hanno creato una fuoriuscita dal mercato. Inoltre, un sistema dell'assetto aeroportuale caratterizzato da un numero molto elevato di aeroporti, in alcuni casi carenti anche di infrastrutture, ha reso ancora più inefficiente il panorama.
Concordo con le sue analisi, tuttavia, mi permetta di sottolineare, signor sottosegretario, che quando lei ha tracciato il percorso della cosiddetta privatizzazione e vendita delle quote statali di Alitalia, ha dimenticato di illustrare alcuni aspetti importanti. Ad esempio, non ha ricordato all'Assemblea quanto è costato, in termini speculativi, l'altalenante andamento borsistico delle azioni Alitalia, in concomitanza, sempre e comunque, con le varie esternazioni di molti ministri del suo Governo, proprio mente la gara era in corso.
Non ha affermato, ad esempio, che Alitalia aveva un valore borsistico, all'inizio della gara, di circa 1.900 milioni di euro al momento della ricapitalizzazione e che si era ridotto a più di 500 milioni già dodici giorni dopo la ricapitalizzazione, facendo, quindi, confluire il denaro pubblico nelle tasche di chi ha speculato su questo titolo.
Nel dicembre del 2006, quando anche l'allora amministratore delegato Cimoli venne audito in Commissione, dove si ribadì l'importanza di sottrarsi al clima dualistico in base al quale si doveva scegliere tra l'aeroporto di Fiumicino e quello di Malpensa e si confermò l'importanza di valorizzare i due hub (di Roma e di Milano), in quella circostanza, quando il Governo Prodi ha annunziato l'intenzione di privatizzare, Alitalia valeva in Borsa circa 1.180 milioni, il 49 per cento in meno rispetto all'anno precedente.
Da quel momento, come era purtroppo prevedibile, è iniziata la catena delle oscillazioni del titolo in termini vistosi. Secondo alcune valutazioni svolte da esperti, l'azione speculativa ha significato far finire circa 230 milioni di euro nelle tasche di qualcuno. Perciò avevamo chiesto l'intervento della Consob: mi domando perché, ancora oggi, non vi sia un'indagine di tale organismo su questa fluttuazione dei titoli! Questo avrebbe dovuto chiedere il Parlamento e questo torna a chiedere il gruppo di Alleanza Nazionale!
Vi è un altro dato importantissimo, che è sfuggito alla sua ricostruzione, che riguarda il nucleo della gara, laddove non vi è stata separazione tra l'oggetto ed i soggetti che avrebbero eventualmente dovuto subentrare allo Stato come azionista. L'oggetto riguardava il rilancio strategico della compagnia; era fuor di dubbio che sul soggetto subentrante non bastasse soltanto effettuare una valutazione di solvibilità e di solidità finanziaria, ma bisognasse anche concentrarsi sul fatto se quel denaro venisse investito in proprio dalle aziende che volevano entrare in Alitalia o se invece si trattasse soltanto del frutto dell'utilizzazione del sistema creditizio, bancario o di altro. Questo il Governo avrebbe dovuto dire con grande chiarezza!
Nel bando di gara vi è una profonda anomalia: sostanzialmente si chiede ai soggetti di dichiarare un interesse nell'acquisto di Alitalia - con garanzie occupazionali e quant'altro - e poi, soltanto in unPag. 20secondo momento, si chiede di presentare il proprio interesse all'analisi di un piano industriale. Oggi il tema di Malpensa ritorna prepotentemente in auge, proprio perché in Italia finora il problema degli aeroporti è stato affrontato in un'ottica monopolistica e di sostegno al vettore di riferimento, che fino agli anni Novanta ha dominato la scena e condizionato le strategie del sistema del trasporto aereo.
Negli ultimi tempi, nel nostro Paese, si è fatta coincidere la crisi di un modello industriale con una supposta crisi del settore del trasporto aereo. Quest'ultimo settore, invece, non è in crisi in Europa e ha avuto un'importante crescita anche in Italia. La crisi del monopolio del vettore di riferimento e l'avvio di una politica concorrenziale tra vettori e tra gli stessi aeroporti hanno posto in risalto l'importanza dello sviluppo di un sistema aeroportuale. Mi domando, quindi, cosa il Governo pensi rispetto al tema della liberalizzazione degli slot.
È stato accennato poco fa che nel Libro bianco la Commissione europea ha ribadito la necessità di una revisione della regolamentazione in vigore, riconducibile alla disciplina del grandfather's right contenuta in un regolamento della CEE del 1995.
PRESIDENTE. Onorevole Moffa, concluda.
SILVANO MOFFA. Concludo, Presidente. La stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato ha recentemente osservato che la distribuzione degli slot in un contesto di scarsità rappresenta un elemento chiave nella definizione della capacità aeroportuale, di conseguenza della possibilità per i vettori di operare determinati collegamenti.
Signor sottosegretario, se il Governo non pronuncia parole chiare riguardo a questa legittima richiesta concernente la liberalizzazione degli slot, come potete pretendere di uscire da quello stato di crisi in cui ormai affoga l'Alitalia e in cui rischia di affogare il «sistema-Paese», nel quadro della competitività internazionale? Forse, alla fine, sarebbe stato più opportuno - almeno per uno scatto di dignità - portare i libri in tribunale, invece di stare qui ad assistere all'agonia di Alitalia e alla morte di una capacità competitiva del nostro Paese in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gelmini. Ne ha facoltà.
MARIASTELLA GELMINI. Signor Presidente, la mozione Leone ed altri n. 1-00220 porta in calce non solo la firma di tutti i parlamentari di Forza Italia, ma reca il grido di dolore di tutto il Paese. Discutere delle linee guida del piano industriale di Alitalia significa, infatti, porre al centro del dibattito il domani del «sistema-Italia».
È indiscutibile che il ridimensionamento della rete di collegamento a lungo raggio, che gravita intorno a Malpensa, rappresenterebbe un grave ostacolo al rilancio del nostro Paese. Il futuro dell'aeroporto di Malpensa deve interessare tutte le forze politiche italiane. Si parla tanto in questo momento di una stanchezza della politica e della necessità di una ritrovata credibilità e di una nuova capacità progettuale della stessa. Se quest'Assemblea vuole essere credibile, ha il dovere di opporsi con fermezza al depotenziamento di Malpensa e lo deve fare alla luce di una lettura attenta e veritiera della realtà.
Marginalizzare Malpensa rappresenterebbe un danno incalcolabile per l'Italia sotto almeno tre profili. In primo luogo, sarebbe un danno alla nostra economia, quella stessa economia che nel 2008, come ci hanno annunciato sabato scorso il Ministro dell'economia e delle finanze e il Governatore di Bankitalia alla riunione dell'Ecofin, rallenterà. In un momento storico in cui il comune obiettivo deve essere quello della crescita e dello sviluppo, il declassamento di Malpensa da hub a semplice aeroporto si tradurrebbe in un danno economico stimabile intorno all'1,2 per cento del PIL, pari all'ammontarePag. 21complessivo della finanziaria 2007, «lacrime e sangue», del Governo Prodi.
Sappiamo bene, infatti, come l'hub di Malpensa serva un sistema economico, commerciale e imprenditoriale ben più ampio della Lombardia. Non è un caso che l'area di Malpensa produca il 31 per cento del PIL, abbia il 20 per cento delle imprese attive in Italia e generi il 47 per cento dell'import e il 41 per cento dell'export nazionale.
In secondo luogo, sarebbe un danno alle infrastrutture e alla libertà di muoversi, di lavorare, di fare impresa, di produrre ricchezza e benessere degli italiani. Sotto questo aspetto, il Governo, paladino a parole del Corridoio 5 e della TAV, è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità.
Non è possibile, infatti, che, da un lato, sostenga una serie di iniziative per potenziare le infrastrutture intorno a Malpensa e, al contempo, approvi un piano industriale che va nella direzione opposta. Non è ammissibile, cioè, che nel DPEF 2007-2011 il Governo Prodi abbia investito risorse su Malpensa e oggi non scenda in campo a suo favore.
Non è ammissibile che il 31 marzo 2008 coincida con l'inaugurazione della Malpensa-Boffalora e con il taglio di centocinquanta voli sullo scalo lombardo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e del deputato Goisis). Non è pensabile, ancora, che ad affossare Malpensa sia l'attuale Presidente del Consiglio Prodi, che proprio il 25 ottobre del 1998 inaugurò questo scalo.
In terzo luogo, sarebbe un danno alla vocazione internazionale del nostro Paese, se è vero, com'è vero, che il 76 per cento dei voli diretti al di fuori dell'Unione europea gravitano intorno a Malpensa. Questo solo aereoporto, infatti, garantisce il 42 per cento degli scambi con Asia e Oceania e sempre in esso operano le principali compagnie di tutto il mondo. Si tratta di rotte intercontinentali, che, come sappiamo, non si inventano da un giorno all'altro e che sono basate su precisi accordi bilaterali tra Stati e Governi.
Credo che queste osservazioni siano sufficienti per dimostrare come la questione dello scalo di Malpensa non sia riconducibile ad una mera questione di campanili, a un braccio di ferro tra il Nord e il Sud, tra Malpensa e Fiumicino. La questione è, invece, ben più ampia e riguarda la difesa della nostra società, quella stessa che ci ha chiamati a rappresentarla.
Sotto questo aspetto, non è ammissibile il silenzio del Governo, azionista di controllo ed ente regolatore, e del Premier Prodi sul piano di Alitalia. È un silenzio che danneggia pesantemente l'economia dell'intero Paese.
Finora l'impegno dell'attuale esecutivo non ha marciato al ritmo necessario. Per questa ragione, i rappresentanti delle istituzioni lombarde hanno giustamente chiesto e ottenuto la convocazione a palazzo Chigi, tra pochi giorni, di un tavolo di lavoro sui temi della mobilità e del trasporto pubblico.
A quel tavolo siederanno il sindaco di Milano, Letizia Moratti, e il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, che da settimane si battono, in splendida solitudine, affinché non si permetta di mandare in rovina lo scalo di Malpensa, in nome degli interessi di qualche lobby. Saranno proprio loro a chiedere al Governo di raccontare la verità sul fallimento del bando di privatizzazione di Alitalia e sugli indirizzi politici impartiti alla compagnia di bandiera, compreso il piano del network e l'utilizzo degli slot, di cui intende modificare la destinazione.
La mozione da noi presentata è un vero e proprio manifesto a difesa del sistema Italia, così come lo è il documento presentato una settimana fa dal sindaco Moratti e che ha visto, fra i moltissimi firmatari, il vicepresidente di Confindustria, il presidente della Camera di commercio di Milano, il presidente della Consob, il professor Veronesi.
L'investimento su Malpensa era, e resta, una priorità nazionale. Non sostenere la nostra mozione significherebbe voltare le spalle alle aspettative del mondo sociale,Pag. 22economico, imprenditoriale e amministrativo, che in queste ore si è generosamente speso a favore di Malpensa.
La politica, da Montecitorio a Palazzo Chigi, non può voltare le spalle a tale mondo e ha il dovere di fornire risposte precise, ora (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontiamo la questione, che è posta dalle mozioni che sono in discussione oggi, innanzitutto come una grande questione nazionale, rifuggendo dal tentativo di voler dimostrare che vi è una parte del Parlamento, cioè l'opposizione, che difende gli interessi di una parte del Paese, cioè il Nord, e un'altra parte del Parlamento, cioè la maggioranza, che non difende quegli interessi. Non è così. Noi affrontiamo questa discussione con lo stesso spirito con cui l'affrontammo qualche mese fa, a novembre-dicembre dello scorso anno: l'affrontiamo come una grande questione nazionale, consapevoli - al contrario di voi - di avere ereditato, da chi ha governato il nostro Paese fino all'anno scorso, una fallimentare gestione del problema Alitalia e una totalmente insufficiente gestione del problema Malpensa e del sistema aeroportuale del Nord.
Potrei citare, fra i molti esempi che si possono portare a conforto di tale opinione, ciò che afferma oggi Franco Tamburini, presidente dell'Associazione industriale bresciana: «La sacrosanta battaglia per difendere gli interessi di Malpensa, nella contesa con Alitalia, non deve far perdere di vista lo storico tallone d'Achille dello scalo: l'insufficiente accessibilità stradale e ferroviaria dello stesso».
Allora, per me è facile rivolgermi ad alcuni di coloro che sono intervenuti oggi: l'onorevole De Corato, vicesindaco di Milano, a cui chiedo dov'era - io lo so, perché ero anch'io consigliere comunale - quando il consiglio comunale di Milano, negli anni scorsi, operava le scelte sulla questione del city airport di Linate, danneggiando il traffico di Malpensa. Potrei chiedere agli onorevoli Maroni e all'onorevole Letizia Moratti, sindaco di Milano, dov'era il Governo di cui voi facevate parte negli anni scorsi, quando la situazione di Alitalia deteriorava sino al punto in cui è arrivata oggi e quando la questione della progettazione tecnica dello scalo di Malpensa era del tutto aperta. Non mi pare che gli estensori delle mozioni di opposizione - della minoranza - possano chiamarsi fuori dalle responsabilità, che negli anni scorsi hanno portato alla situazione di fronte alla quale ci troviamo oggi.
Noi che sosteniamo il Governo abbiamo l'obbligo di affrontare l'oggi e le sue problematiche, con lo spirito di risolvere i problemi. Vi sono tre questioni fondamentali in gioco: il futuro di Alitalia, il futuro di Fiumicino e di Malpensa, il futuro del sistema del trasporto aereo in Italia. Noi siamo in quest'aula a discuterne consapevolmente, dopo l'insuccesso della prima prova di privatizzazione di Alitalia e dopo che il nuovo amministratore delegato, presidente della società, ha presentato un piano industriale che viene denominato «di sopravvivenza» (che ancora non conosciamo nel dettaglio, ma del quale sono emerse alcune linee di principio).
Noi chiediamo al Governo che questo piano sia di breve durata. Sappiamo che in esso si preannunciano scelte drastiche e che, comunque, si operano o si propongono scelte. È questo che critichiamo nelle altre mozioni che si discutono oggi. Nell'attuale situazione è necessario avere il coraggio delle scelte e - come ha affermato l'onorevole Barbi, presentando la mozione a sua firma n. 00219 - se la scelta industriale sosterrà che il principale vettore nazionale - la compagnia Alitalia - non può reggere il peso di due aeroporti internazionali, noi chiediamo che, comunque, le scelte che si operano permettano a Malpensa di mantenere la sua vocazione internazionale. Non è possibile, d'altra parte, chiudere gli occhi di fronte alla situazione di Alitalia: essa possiede oggi 22 o 23 aerei a lunga percorrenza su tratte internazionali e non può competere con iPag. 23grandi vettori internazionali che sostengono i grandi hub europei, che viaggiano su flotte che superano di molto i 100 velivoli di pari percorrenza. Si deve voltare pagina, razionalizzare, scegliere.
Per questo motivo, la mozione Barbi n. 1-00219 specifica che se il management di Alitalia deve operare scelte o indicare indirizzi che non preferiscano Malpensa per le tratte internazionali, il Governo, anche tramite lo strumento prezioso ed innovativo che ha messo in campo - il tavolo per Milano che, peraltro, anche la collega Gelmini citava - deve ribadire l'esistenza di un interesse di tutto il Paese (non solo di una parte) a preservare le caratteristiche e la vocazione internazionale di Malpensa, il suo ruolo nazionale e ad affrontare la questione del sistema aeroportuale del Nord nell'ambito menzionato, per fornire le risposte necessarie allo sviluppo del sistema infrastrutturale, per il completamento dello scalo e della sua accessibilità e anche per le prospettive occupazionali degli addetti dei nuovi scenari.
Noi, tuttavia, chiediamo che Alitalia operi le scelte più giuste per affrontare il mercato, che il Governo lavori insieme agli enti locali - come è stato sollecitato poc'anzi in questa sede - perché Malpensa ed il territorio del Nord e di Milano non debbano rinunciare ad uno scalo che offra anche voli intercontinentali. Anche noi, infatti, riteniamo che Malpensa sia fondamentale per l'intero sistema Paese, per la sua posizione strategica nel Corridoio 5, per essere uno snodo intermodale nevralgico.
Non possiamo, tuttavia, dimenticare - lo dico anche con riferimento alle richieste che, per esempio, anche ieri il sindaco di Milano ha svolto nei confronti del Governo, quando ha chiesto un'attenzione dello stesso alla valorizzazione dell'aeroporto di Malpensa - ciò che è stato ed è il motivo per cui siamo giunti alla situazione attuale. Non possiamo, altresì, dimenticare che tra i primi atti del Governo Prodi vi è stato un interesse specifico, significativo e rapido ad investire sulle infrastrutture di sostegno che servono al sistema del Nord e al sistema Malpensa (si pensi solo agli interventi e ai finanziamenti previsti per la Pedemontana).
Non è vero che qualcuno, in splendida solitudine, stia difendendo il Nord e Malpensa: lo dimostrano anche le votazioni che si sono svolte nei giorni scorsi sia nel consiglio comunale di Milano, sia nel consiglio regionale della Lombardia. Non è questo il punto. Il punto è che la sensibilità che anche noi nutriamo per il problema del Nord e di Malpensa deve associarsi con scelte drastiche e razionali, ma necessarie, per il futuro di Alitalia, che seguono la logica di mercato, ponendo al centro dell'attenzione l'interesse collettivo e nazionale.
Per questo motivo, riteniamo che la mozione a prima firma Barbi n. 1-00219
(Nuova formulazione), sottoscritta anche da colleghi di altri numerosi gruppi della maggioranza, venga incontro contemporaneamente a due esigenze: quella di salvaguardare le necessità di sviluppo di una parte nevralgica del Paese e quella di una logica razionale - che non c'è stata fino ad oggi e, certamente, non c'è stata nell'ultimo Governo - ossia valutare quale possa essere il futuro possibile di Alitalia, senza pensare ad impossibili salvataggi e senza neanche pensare che la bocciatura di un piano industriale, che ancora non si conosce, possa da sola rappresentare la salvezza della nostra compagnia aerea.
Pensiamo, quindi, che una logica di governo dei problemi, e non puramente di opposizione o di protesta, che si prenda carico anche delle responsabilità di altri - di chi ha governato il Paese, la regione, la città più importante dell'area su cui insiste l'aeroporto di Malpensa - la logica, quindi, di chi si prende carico anche di quelle responsabilità, debba guardare oggi, insieme, al futuro di Alitalia, alla salvaguardia dello scalo di Malpensa e al suo ruolo nevralgico per il Paese.
Pertanto, crediamo - lo dico rivolgendomi a tutte le forze della maggioranza - che questo sia il testo di mozione più equilibrato, che possa garantire che qualcuno sta pensando all'interesse complessivo del Paese, senza dimenticare nessunaPag. 24parte dell'Italia e le esigenze del nord ed applicando, finalmente, scelte logiche, razionali e di mercato per il futuro di Alitalia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.
DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, per decenni la strategia del trasporto aereo nel nostro Paese è stata decisa da Alitalia. Qual è il bilancio? Oggi Alitalia perde un milione e mezzo di euro al giorno e un grande Paese come il nostro rischia di svolgere un ruolo marginale nel più moderno sistema dei trasporti. Serve una scelta! Le strategie per il trasporto aereo devono essere decise dal Governo. Saranno poi, in quel contesto, aziende pubbliche e private, nazionali o internazionali, a decidere come agire. Ciò vale per il trasporto aereo e per quello ferroviario, così come per qualsiasi altro settore strategico.
Alitalia oggi è in condizioni gestionali e finanziarie difficili. Non conosciamo i dettagli dell'ennesimo piano industriale. Sembra che si vogliano concentrare i voli intercontinentali a Fiumicino. Posto che né Fiumicino né Malpensa sono due veri e propri hub - nulla di paragonabile, per intenderci, a Dubai o a Francoforte - l'efficienza di questi due aeroporti è indispensabile per l'Italia. Ben venga, allora, un'operazione verità! Lasciamo stare le recriminazioni. Il comune di Milano - oggi giustamente preoccupato - per anni ha difeso «a catenaccio» Linate e ha largamente utilizzato i dividendi della società di gestione SEA per alimentare la propria spesa corrente, sacrificando gli investimenti sull'aeroporto. Si lasci perdere anche l'accusa al Governo di tradire il nord! Nella scorsa legislatura il centrodestra ha espresso nove ministri del nord e, in questo campo, la catena di comando era completamente lombarda: Berlusconi, Tremonti, Lunardi, Maroni. La Lega Nord Padania ha persino avuto il presidente di Alitalia, giova ricordarlo! Non mi sembra, oggettivamente, che tutto ciò abbia prodotto risultati eclatanti. Al contrario, nel 2003, Alitalia ha perso 520 milioni di euro e, nel 2004, 858 milioni.
Non mi sembra - mi rivolgo all'amabile collega Gelmini che, pure, ha detto cose condivisibili citando dati esatti - che la stessa regione Lombardia, finora, abbia saputo definire una proposta convincente sul sistema aeroportuale lombardo! È anche giusto ricordare che, se l'aeroporto è stato aperto il 25 ottobre 1998, solo cinque mesi dopo è stata approvata la legge regionale della Lombardia su tale tema, lo ricordo perfettamente perché ero correlatore di quel progetto di legge.
È anche giusto dire che non è vero che Malpensa è la causa dei dissesti di Alitalia! Infatti, se l'area economico-finanziaria più importante del Paese è causa di questi problemi, non si capisce perché, dal 1998, tutte le compagnie aeree, prima si sono battute contro lo spostamento dei voli di Linate e poi hanno aumentato del 500 per cento i collegamenti dal nord Italia verso gli hub europei. La fascia dei passeggeri business che - come si è ricordato - è pari al 25 per cento del totale, determina circa il 70 per cento dei ricavi delle compagnie aeree di bandiera! La struttura economica, geografica, industriale, finanziaria e di reddito del nostro Paese, concentra nel mercato del nord Italia, quello più ricco che riguarda lo sviluppo del trasporto aereo.
Quindi, per concludere, guardiamo in faccia la realtà se vogliamo dare un contributo positivo anche a questo clima di antipolitica!
L'Italia paga 70 miliardi l'anno di interessi passivi sul proprio debito pubblico, una palla al piede enorme. O si verifica la crescita di due o tre punti l'anno o non sapremo vincere le sfide competitive con gli altri paesi. È difficile vincere tali sfide prescindendo dall'apporto del nord. La sola Lombardia esporta il 28 per cento sul totale delle esportazioni dell'intero paese. Una piccola provincia come quella di Varese nel 2006 ha esportato 8.500 milioni di euro. Come si sa, le merci ad altissimoPag. 25valore aggiunto, viaggiano all'interno degli aerei che effettuano i voli intercontinentali.
Se tali merci non partiranno da nord, è bene saperlo, per ovvie ragioni non partiranno mai da Fiumicino, bensì da Francoforte. Il sistema Alitalia può permettersi che questo accada, appesantendo del 15-20 per cento il costo dei prodotti ricordati, inquinando le Alpi e i valichi alpini e ingrassando gli interessi tedeschi (mi si perdoni il termine non proprio elegante)? Non credo che l'Italia possa permettersi ciò.
Quindi, Malpensa, pur essendo cresciuta del 25 per cento in termini di passeggeri e merci non ha risolto i problemi di accessibilità: è bene saperlo. Tuttavia, il Governo ha assunto decisioni rilevanti su questo punto (come la realizzazione della Pedemontana, destinando a quest'ultima rilevanti investimenti). E non si dica che per mesi a Malpensa c'è la nebbia, perché in questo caso ci copriremmo realmente di ridicolo! Le mozioni non compiono miracoli, non li hanno mai compiuti. Magari ciò fosse possibile! Tuttavia, è giusto che il Parlamento fornisca indicazioni al Governo. Abbiamo tutti interesse che avvenga ciò che, insisto, rappresenta anche un contributo robusto all'antipolitica. Mi sarei aspettato peraltro una presenza più robusta da parte del Governo ad una discussione così impegnativa.
Comunque, in conclusione, al di là di ogni valutazione, ritengo sia giusto - come si afferma nell'ambito della mozione - che il Governo, a prescindere dalle scelte relative ad Alitalia possa lavorare affinché Malpensa dispieghi le sue potenzialità nell'interesse del Paese. Ritengo che ciò stia a cuore a tutti. Per questa ragione, è utile che nei prossimi giorni vi sia il suddetto confronto con le istituzioni lombarde, affinché l'obiettivo del quale tutti abbiamo discusso in questa sede venga realizzato positivamente nell'interesse del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.
ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi di Alitalia rappresenta, senza dubbio, una delle vicende più amare della storia delle partecipazioni statali del nostro Paese.
È una crisi che deriva dalla somma di una serie di errori politici, gestionali e dai quali nessuno schieramento politico presente in quest'aula può chiamarsi fuori. Anni di piani industriali sistematicamente disattesi e occasioni perdute di scelte mancate hanno prodotto la situazione drammatica che oggi è sotto gli occhi del Paese e in discussione in quest'aula. Alitalia ha perso 626 milioni di euro nel 2006, 211 nei primi sei mesi di quest'anno. Ha un indebitamento che, nel 2007, supererà il miliardo di euro. È una compagnia che negli anni Settanta si collocava al settimo posto nel mondo ed oggi è ridotta a dimensioni regionali, con le condizioni economiche e finanziarie che conosciamo e con un'unica possibilità di sopravvivenza: la cessione ad un partner europeo di primarie dimensioni.
Poche settimane fa il consiglio di amministrazione ha varato un piano industriale definito di sopravvivenza e transizione. Ne conosciamo solo le linee guida. È stato criticato sotto molti aspetti, ma parte dalla realtà di una compagnia che oggi mette in campo 23 velivoli per il lungo raggio su due cosiddetti hub che oggi totalizzano 30 milioni di passeggeri a Fiumicino e poco meno di 22 milioni a Malpensa. Il confronto con i competitori europei è impietoso. Air France-KLM possiede 170 aerei a lungo raggio, Lufthansa 134 e British Airways 130. Gli hub sui quali ci confrontiamo e su cui gravitano tali grandi compagnie europee, muovono 68 milioni di passeggeri a Londra, 57 milioni a Parigi, 53 milioni a Francoforte, 46 milioni ad Amsterdam, a fronte, ripeto, di 30 milioni a Fiumicino e di 22 a Malpensa.Pag. 26
Dal 1997 ad oggi Governi di diverso colore politico hanno fornito ad Alitalia miliardi di euro di denaro pubblico.
Credo sia venuto il tempo di lasciare più spazio - il giusto spazio - alle ragioni del mercato nel momento in cui si discute il futuro di questa compagnia, completando la procedura di vendita, chiudendo la stagione delle interferenze, assumendo tutti (le forze istituzionali, i sindacati, tutti i portatori di interessi coinvolti nel futuro della compagnia) le proprie responsabilità in una fase in cui sono richieste scelte difficili se vogliamo difendere il patrimonio occupazionale industriale rappresentato da Alitalia per il nostro Paese.
L'Italia per due motivi non può più permettersi di impegnare ulteriori mezzi finanziari pubblici in questa compagnia. Il primo motivo è la necessità di destinare risorse alle infrastrutture, alla scuola e ai centri di ricerca; non possiamo permetterci di ripetere le scelte fatte nel passato per Alitalia. Il secondo è che la presenza di un pagatore di ultima istanza ha sempre impedito di operare - dobbiamo riconoscerlo con onestà - scelte dolorose che già in passato erano indispensabili per salvare quella azienda. Alitalia deve, quindi, provare a camminare con le proprie forze, se ce la farà sarà un bene per il nostro Paese. Questo deve essere l'impegno del Parlamento e delle istituzioni nel momento in cui discutiamo la grave crisi in cui versa la società.
Oggi si discute anche il tema di Malpensa, che è chiaramente legato al destino di Alitalia. Nei giorni scorsi le istituzioni locali lombarde hanno prodotto manifesti per Malpensa ed hanno assunto varie prese di posizione che evidenziano - ed è giusto farlo - i risultati positivi conseguiti da questo hub aeroportuale, che è il più puntuale d'Europa, che nel 2007 ha vinto il premio Air cargo of excellence e che, negli anni più recenti, risulta in crescita come volume di traffico e di passeggeri. Dobbiamo, però, ricordare con oggettività quanto sia travagliata la storia di Malpensa. Un aeroporto che nel 2000 muoveva meno di 21 milioni di passeggeri, pari al 22 per cento del totale degli aeroporti italiani; quota di mercato che, nel giro di pochi anni, per il cumularsi di una serie di errori e di scelte sbagliate, si è ridotta rapidamente fino al 17,2 per cento, per poi risalire nuovamente negli ultimi due anni. Tali dati, che è necessario ricordare nel momento in cui discutiamo le ragioni e il futuro di Malpensa, esemplificano bene i problemi che questo grande hub aeroportuale ha vissuto dalla sua nascita fino ad oggi. Eppure parliamo di un aeroporto che è al centro di un grande bacino di riferimento, che produce il 31 per cento del prodotto interno lordo di questo Paese, che raccoglie il 24 per cento delle imprese, che fa registrare il 47 per cento delle importazioni ed il 41 per cento delle esportazioni nazionali: è il cuore economico e produttivo dell'Italia! Parliamo di un'area - il nord Italia - in cui si concentrano il 50 per cento dei movimenti, il 47 per cento del traffico passeggeri ed il 75 per cento del traffico merci dell'intero Paese.
Il divorzio di Alitalia da Malpensa è una scelta di enorme impatto sul futuro, non solo dell'aeroporto, ma del sistema produttivo del nord Italia. Lo è per Malpensa, naturalmente, perché Alitalia gestisce il 51 per cento del traffico di quell'aeroporto; lo è per Alitalia, per come intende riorganizzare la propria rete di trasporto, ma lo è - lo sottolineo ancora una volta - per l'intero nord Italia che in Malpensa, pur con tutti i limiti di quella infrastruttura aeroportuale, ha uno snodo fondamentale per l'accessibilità intercontinentale di una delle aree più globalizzate del nostro Paese.
Le domande cui noi siamo chiamati a rispondere sono quindi le seguenti: l'Italia può permettersi di lasciare questo enorme mercato, questa enorme domanda di mobilità internazionale ed intercontinentale ad altri hub europei, a Monaco, a Francoforte, a Parigi, piuttosto che a infrastrutture localizzate nel nostro Paese? L'Italia può permettersi di privarsi di un hub nel nord Italia, nell'area più avanzata e più esposta alle sfide economiche del nostro Paese? Queste sono le domande a cui siamo chiamati a rispondere e chePag. 27riguardano il Governo nazionale e il Parlamento, le istituzioni locali della Lombardia e naturalmente anche Alitalia.
Il Governo deve considerare Malpensa e Alitalia come una grande questione nazionale. Deve riconfermare la centralità di Malpensa nel sistema aeroportuale della Lombardia e del nord Italia e deve affrontare questo tema nella sede opportuna. A tale riguardo ricordo che, nel novembre del 2006, è stato istituito, per discutere i problemi del nord e della Lombardia, il tavolo per Milano e per la Lombardia, di cui chiediamo la convocazione per discutere del nodo di Alitalia e del futuro di Malpensa nell'ambito del sistema aeroportuale del nord.
Le istituzioni locali e territoriali devono anch'esse fare la loro parte. È tempo di abbandonare le strumentalizzazioni politiche che abbiamo troppo spesso ascoltato su questa vicenda, perché su Malpensa le responsabilità sono diffuse. Nessuno può chiamarsi fuori! Gli enti territoriali non possono chiamarsi fuori dai ritardi che si sono accumulati nell'accessibilità di quell'aeroporto, dalle scelte effettuate su Linate, dal fatto che altri scali in questi anni sono cresciuti - ed è un bene - ma spesso hanno fatto concorrenza, in un sistema non coordinato, all'hub di Malpensa. C'è una responsabilità diffusa, quindi, e una grande necessità di mettere da parte le polemiche, se vogliamo raggiungere i risultati concreti che il nord Italia, ma l'intero Paese, chiede alle istituzioni pubbliche.
Una nuova e diversa prospettiva per Malpensa dipende naturalmente anche delle scelte di Alitalia. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà la sorte del piano di sopravvivenza e di transizione e, soprattutto, del procedimento di privatizzazione della compagnia di bandiera. Se quel piano verrà confermato e Alitalia procederà nella riorganizzazione del proprio network di trasporto, una cosa è certa: il tema degli slot si pone e va discusso con forza, se vogliamo che Malpensa, che il territorio lombardo e il nord costruiscano con le proprie forze una prospettiva diversa per riaffermare la centralità dello snodo aeroportuale di Malpensa.
In conclusione, i contenuti su cui noi vogliamo insistere in questa sede sono i seguenti: una posizione netta sulla crisi di Alitalia, che guardi agli interessi del Paese; la riaffermazione della centralità di Malpensa nel sistema aeroportuale del nord e del Paese; il tema della riorganizzazione del traffico aereo, nel caso in cui Alitalia prosegua nelle scelte preannunciate; infine, una piena assunzione di responsabilità da parte del Governo in questa delicata vicenda (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che i temi che affrontiamo oggi con queste mozioni, quelli del futuro di Alitalia e di Malpensa, non debbano interessare solo i deputati lombardi, di cui faccio parte, anche con orgoglio, ma tutto il Parlamento italiano, perché si parla del futuro economico del nostro Paese.
Onestamente, condivido la mozione a prima firma del collega Barbi, perché tenta di uscire dalle tante strumentalizzazioni che altre mozioni recano o che il dibattito di questi giorni contribuisce ad aumentare. Quando si critica il soccorso economico prestato ad Alitalia, ritengo che nessun partito, probabilmente, in questo Parlamento, negli ultimi quindici anni, possa considerarsi immune da questo soccorso, condiviso o meno. Inoltre, quando si parla di piano industriale per Alitalia per il prossimo triennio, realisticamente denominato piano di sopravvivenza o di transizione, di fatto si accetta la legge del mercato, la quale dovrebbe essere condivisa da tutti in quest'Assemblea, soprattutto dai colleghi del centrodestra. Quando poi si parla di classe politica che dimentica Malpensa, vorrei far notare che il comune di Milano è retto dal 1993 da sindaci del centrodestra e che il governatore attualePag. 28della regione Lombardia, Formigoni, si è insediato nel 1995.
Cerchiamo tutti di uscire dagli stereotipi per cui siamo uno contro l'altro a difendere le ragioni del Nord. Queste per Malpensa, si difendono anzitutto comprendendo che con quell'aeroporto si difendono strategicamente le ragioni di tutto il Paese: non quelle di un partito, di una provincia, di una regione o di un'area, per quanto si tratti dell'area produttiva più ricca di risorse del Paese.
Vorrei ripercorrere con voi gli impegni che chiediamo di assumere con la nostra mozione. È necessario innanzitutto completare le procedure di privatizzazione di Alitalia, con l'auspicio di un futuro della compagnia inserito in un contesto di alleanze con vettori nazionali ed internazionali, costruito su un modello aziendale più agile e più efficiente. È, infine, necessario costruire un polo manutentivo di eccellenza in grado di vendere i propri servizi anche a terzi. Tutto ciò è mancato in questi anni ad Alitalia. Credo che non sia serio attribuire al Governo del centrosinistra la responsabilità dell'attuale situazione, come se nessun Governo precedente avesse avuto rapporti con essa e come se, negli ultimi anni, non vi fosse stata nomina di manager da parte del Governo Berlusconi.
Attraverso la mozione presentata, noi riaffermiamo l'impegno a ribadire l'esistenza di un interesse del Paese a preservare le caratteristiche e la vocazione dell'aeroporto di Malpensa e ad affrontare la questione del sistema aeroportuale del Nord e del ruolo nazionale di Malpensa nell'ambito del «tavolo per Milano», che preferirei anzi definire «tavolo per Milano e per la Lombardia», poiché, senza nulla togliere al ruolo della capitale economica del nostro Paese, credo che tutta la Lombardia meriti di essere il primo interlocutore del Governo.
Chiediamo, quindi, che lo scalo di Malpensa venga valorizzato e che insieme si avvii una politica organica e complessiva sul sistema del trasporto aereo italiano, che riguardi tutti gli attori del sistema e che sia capace di intervenire, anche a livello legislativo, sulle questioni e sulle criticità tuttora presenti, muovendo, sulla base del già citato piano degli aeroporti, dalla ricerca di un nuovo equilibrio e dalla piena valorizzazione delle aree del Paese.
In conclusione, credo che dovremmo tutti uscire dagli stereotipi secondo cui ci siamo confrontati in questi giorni, poiché questa questione riguarda il futuro del benessere e delle risorse economiche di tutto il Paese. Malpensa non rappresenta né solo Lombardia né solo il Nord; rappresenta invece il riferimento più importante di quell'area del Nord Europa, cui si guarda con grande interesse da parte dell'economia di tutto il mondo. Dare una risposta non strumentale vuol dunque dire dare una risposta importante ed autorevole alla parte più ricca e produttiva di questo Paese e dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.
MARIO BARBI. Signor Presidente, il dibattito che stiamo conducendo sulla questione del trasporto aereo in questi giorni - a partire dalle mozioni presentate dai gruppi dell'opposizione, nonché da quella presentata dall'Ulivo - dimostra, a mio avviso, un'ancora insufficiente consapevolezza del fatto che abbiamo raggiunto un punto oltre il quale non possiamo rinviare decisioni, che sono da considerare come fondamentali. Non possiamo, infatti, far finta di nulla, ma questa consapevolezza a me pare sia ancora scarsa ed insufficiente.
Da molte parti si continua ad insistere sulla necessità di riportare indietro il tempo, come se questo fosse possibile, evocando impegni disattesi. Si parla del fatto che l'aeroporto di Malpensa - che è un bene del Paese e che è una necessità sviluppare - possa riprendere il proprio cammino come se gli otto anni che sono passati non fossero trascorsi; come se gli impegni assunti non fossero stati disattesi; come se la compagnia di bandiera, che versa in una condizione insostenibile, potessePag. 29continuare a conciliare - come possiamo fare noi nelle parole che pronunciamo - fatti tra loro inconciliabili.
Come ho detto nell'intervento illustrativo della mozione n. 1-00219 a mia prima firma, Alitalia - non possiamo non dircelo, né tantomeno non sostenerlo all'esterno - non può continuare ad essere immaginata come una compagnia in grado di alimentare principalmente sia l'aeroporto internazionale di Fiumicino, sia quello di Malpensa. Non possiamo disconoscere questa situazione, questo dato di fatto, così come non possiamo nemmeno immaginare di potere realizzare oggi ciò che non abbiamo fatto negli anni passati.
Negli anni passati - è stato ricordato dal collega Fiano - non abbiamo compiuto le scelte fondamentali che andavano operate in Lombardia. Non sono state assunte, in particolare, le scelte che riguardavano Linate e non è stato mantenuto l'accordo che prevedeva il trasferimento di personale Alitalia a Malpensa. Non possiamo continuare ad illuderci!
Lasciatemi citare un episodio, un aneddoto, qualche cosa di minimo, che però dà il segno del tipo di reputazione e della mancanza di considerazione alla quale è giunta Alitalia nel nostro Paese. Penso ad un ragazzo di diciannove anni, compagno di scuola di mio figlio, che ha seguito una scuola internazionale, conosce quattro lingue e vive a Fregene, il quale aveva presentato domanda di assunzione presso una delle compagnie facenti capo ad Alitalia. Era stato accettato, perché ha talento e conoscenze linguistiche rilevanti ed importanti. Aveva presentato anche un'altra domanda ad una compagnia di navigazione ed anch'essa è stata accettata. Egli deve ora trasferirsi a Genova a svolgere un lavoro impegnativo e faticoso, ma dovendo scegliere tra le due opzioni ha deciso di non andare in Alitalia, perché, a causa dell'immagine che ha oggi la nostra compagnia di bandiera, non vi vedeva un futuro. Questo a me pare un episodio minimo e forse secondario, ma significativo. Pensiamo a che cosa avrebbe fatto questo ragazzo dieci, quindici o venti anni fa. Non ho dubbi sulla scelta che egli avrebbe compiuto.
Tornando, allora, al punto di partenza, la questione è che la compagnia di bandiera non ce la fa e devono essere assunte delle decisioni. Il piano industriale - che non conosciamo nella completezza, ma solo per alcuni aspetti, insomma nelle linee essenziali - almeno una cosa la fa: decide e credo che dobbiamo apprezzare questa decisione. Mentre l'apprezziamo questa decisione, però, dobbiamo avere presente che l'Italia - che è, comunque, un grande Paese, un Paese industriale importante, che ha una vocazione esportativa e turistica ed è inserito al centro del Mediterraneo e nel cuore dell'Europa - deve farsi carico anche delle scelte che ha compiuto in passato e di una prospettiva di crescita dell'aeroporto di Malpensa, nel quadro di una riorganizzazione nazionale del sistema del trasporto aereo.
In questo senso va anche l'integrazione, che abbiamo introdotto nella riformulazione della mozione di cui sono primo firmatario, relativa all'assunzione da parte del Governo di un impegno (che era già previsto, ma viene ora sottolineato) e della responsabilità di farsi carico delle conseguenze, che le decisioni prese da Alitalia e gli sviluppi contestuali alla cessione del controllo pubblico della compagnia di bandiera comporteranno per lo scalo lombardo. Il Governo deve farsene carico, insieme agli enti locali lombardi, alla regione Lombardia, al comune di Milano ed al concessionario aeroportuale, in modo che tutte le possibilità consentite dal mercato e tutte le offerte che vengono rivolte ad uno scalo come quello di Malpensa, che giustamente deve poter mantenere la propria vocazione non solo internazionale ma anche di collegamenti intercontinentali, possano essere preservate e sviluppate.
È in questo senso, quindi, che la nostra discussione dovrebbe tendere a concludersi, decidere, voltare pagina, dare un futuro ad Alitalia, a Fiumicino, a Malpensa e al trasporto aereo italiano attraverso una riorganizzazione del sistema.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la vicenda di Malpensa ha origini lontane ed è al centro del nostro cuore, oltre che della nostra azione politica, perché non possiamo immaginare che il nord del Paese, il nord produttivo, non abbia un hub internazionale, un grande aeroporto adeguato al trasporto delle merci e anche al grande traffico internazionale su lungo raggio, non solo europeo.
L'aeroporto di Malpensa è nato con grandi ambizioni, ma ha avuto una gestione, anche di tipo infrastrutturale, che non è stata all'altezza delle aspettative. Lo sappiamo e abbiamo seguito, cercato di contribuire e di correggere anche gli aspetti di malagestione. Non ne abbiamo condiviso l'azione allorché la SEA, ad esempio, intraprese avventure argentine, quando la presenza pubblica nella gestione aeroportuale si è estesa ad attività, che invece dovrebbero competere solo a soggetti operatori di mercato. Abbiamo sofferto per i ritardi infrastrutturali per la mancata attuazione del piano territoriale di Varese, che per molti anni è rimasto sulla carta. Solo nei tempi più recenti vi è stato un collegamento ferroviario di qualche natura con Milano, ancora non così efficiente e all'altezza delle necessità. Per troppo tempo si è lamentata la difficoltà nel raggiungere Malpensa. Infatti, si riusciva ad atterrare a Malpensa, ma si perdeva moltissimo tempo per raggiungere Milano o i collegamenti necessari.
Pertanto, vi sono stati profili di malagestione, ma oggi il tema è del tutto diverso. Si tratta di stabilire la funzione di tale aeroporto per lo sviluppo del Nord, della parte più produttiva del Paese, per non aumentare i costi che gravano su di esso. Non vogliamo pagare nuovi dazi all'economia tedesca - lo diceva bene prima il collega Marantelli - ma dobbiamo fare tutto ciò che è necessario, a partire naturalmente anche dalla liberazione degli slot da parte di Alitalia e da un serio concorso tra i soggetti interessati a intervenire su Malpensa, affinché sia garantita l'efficienza di questo grande aeroporto internazionale.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.