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Informativa urgente del Governo sulla situazione in Myanmar.
(Intervento del Viceministro degli affari esteri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Viceministro degli affari esteri, Ugo Intini.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, i drammatici sviluppi della situazione in Myanmar destano, nel Governo come in tutti voi, la più viva preoccupazione. Lo scenario è in continua evoluzione e ha catalizzato, nelle ultime ore, l'attenzione dell'intera comunità internazionale. Cercherò, dunque, di fornire un quadro quanto più completo e aggiornato.
Innanzitutto, vorrei ripercorrere brevemente i passaggi dei quaranta giorni di proteste popolari contro la giunta militare di Myanmar, che hanno portato agli eventi drammatici delle ultime ore.
Il 15 agosto: raddoppiato, senza preavviso, il prezzo del diesel e quintuplicato quello del gas naturale. Paralizzato il trasporto pubblico nell'ex capitale Yangon.
Il 23 agosto: arrestati tredici dissidenti, rischiano fino a vent'anni di carcere.
Il 28 agosto: dopo due settimane di proteste organizzate da attivisti e gruppi di opposizione al regime, per la prima volta si uniscono alle manifestazioni anche i monaci buddhisti, che si mettono alla testa di un corteo nella città nordoccidentale di Sittwe.
Il 5 settembre: militari sparano colpi di avvertimento per fermare cinquecento monaci che manifestavano a Pakokku, 600 chilometri a nordovest di Yangon.Pag. 60
Il 6 settembre: diverse centinaia di monaci tengono in ostaggio quattro funzionari governativi e bruciano la loro auto.
L'11 settembre: i monaci minacciano di continuare la protesta fino a quando la giunta non chiederà scusa per l'intervento di Pakokku.
Il 16 settembre: arrestati a Sittwe due monaci.
Il 23 settembre: i monaci in corteo sostano davanti alla casa del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, icona del movimento democratico, che da anni agli arresti domiciliari si mostra in pubblico e prega con i buddhisti.
Il 20 settembre: dopo tre giorni di barricate, a circa cinquecento monaci è permesso di entrare a pregare nella pagoda di Shwedagon, a Yangon, il luogo dove sono custodite le reliquie più sacre del Myanmar.
Il 23 settembre: anche monache buddhiste aderiscono, per la prima volta, alla protesta dei confratelli nella pagoda di Shwedagon.
Il 24 settembre: in centomila manifestano nell'ex capitale. È la più grande dimostrazione dal 1988, quando la giunta militare prese il potere, stroncando nel sangue una rivolta studentesca.
Mentre sino a qualche giorno fa le autorità birmane avevano preferito mantenere un controllo a distanza delle proteste - limitandosi a filmare i cortei e a compiere arresti sporadici di dimostranti - negli ultimi tre-quattro giorni (e oggi) l'ampliarsi della protesta popolare, dopo l'introduzione del coprifuoco, ha portato a una degenerazione violenta delle repressioni, benché il movimento popolare stesso fosse dichiaratamente ispirato a una sostanziale adesione - anche per volere degli stessi monaci - ai principi della non violenza.
L'Italia ha adottato, fin dal mese di settembre, un atteggiamento coerente di rigore di fronte a questi eventi.
In sede bilaterale, già all'inizio di settembre, siamo stati tra i primi Paesi dell'Unione europea a effettuare un passo formale con l'ambasciata di Myanmar a Roma. Un passo in cui, anche sulla base di quanto comunicato da parte dei capi missione dell'Unione europea residenti a Yangon, abbiamo sottolineato il rammarico e la preoccupazione per il sostanziale fallimento della Convenzione nazionale in Myanmar, nata con l'obiettivo di dare avvio a un reale processo di riconciliazione nazionale e di apertura democratica nel Paese.
Nello stesso tempo, avevamo espresso la nostra condanna per le repressioni allora attuate dalla giunta militare al potere, deplorato gli arresti di cittadini birmani avvenuti nel corso delle dimostrazioni pacifiche e protestato per la perdurante detenzione del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, così come di altri dirigenti dell'opposizione e prigionieri politici.
Il 25 settembre il sottosegretario per gli affari esteri competente, Gianni Vernetti, ha convocato alla Farnesina l'incaricato di affari dell'ambasciata di Myanmar a Roma, titolare della stessa rappresentanza diplomatica in assenza dell'ambasciatore, al quale a nome del Governo ha chiesto dei trasmettere alla giunta militare al potere in Birmania la richiesta del Governo italiano di aprire un dialogo immediato con i monaci, con i membri della National League for Democracy e con tutta l'opposizione birmana e di non far corso ad alcuna forma di violenza nei confronti delle dimostrazioni pacifiche e non violente di questi giorni.
Il sottosegretario ha, inoltre, deplorato gli episodi di repressione che hanno portato all'arresto di decine di manifestanti e alle condanne arbitrarie di numerosi sindacalisti e oppositori del regime ripetendo la richiesta di libertà immediata del premio Nobel per la pace San Suu Kyi da anni segregata agli arresti domiciliari insieme a quella del rilascio dei prigionieri politici detenuti in modo arbitrario. All'incaricato d'affari birmano è stato anche fatto presente la grande attenzione con cui il Parlamento italiano segue le vicende del suo Paese. Un'attenzione confermata, fra le altre cose, dalle interrogazioni a risposta immediata presentate proprio in questi giorni dagli onorevoli Mattarella, Ranieri ePag. 61Mellano in Commissione affari esteri e dagli altri atti di sindacato ispettivo che sono stati rivolti al Governo.
Alla luce degli ultimi sviluppi abbiamo poi deciso di sospendere la partecipazione di due diplomatici birmani ad un corso di formazione in materia di institution building destinato a Paesi della regione che si terrà il mese di ottobre in Italia.
Il Presidente del Consiglio Prodi ed il Ministro degli esteri D'Alema, a New York per l'Assemblea generale dell'ONU, hanno espresso ripetutamente nei giorni scorsi la solidarietà del nostro Paese alle manifestazioni per la democrazia in corso a Myanmar e chiesto alla giunta militare di rispettare il diritto del suo popolo di esprimersi e di protestare.
Infine, nella giornata di ieri hanno esplicitamente ripetuto che il nostro Paese si impegnerà in tutti i fori multilaterali e all'interno dell'Unione europea affinché le violazioni dei diritti umani in atto in Myanmar cessino immediatamente.
In questo spirito il nostro Paese si sta muovendo per promuovere negli ambiti opportuni, dalle Nazioni Unite all'Unione europea, tutte le iniziative necessarie per sostenere il desiderio di libertà del popolo birmano e per indurre il regime di Yangon ad avviare finalmente un dialogo con l'opposizione democratica.
L'Italia ha sostenuto la dichiarazione della Presidenza dell'Unione europea che ha riaffermato nei giorni scorsi, a nome dell'Unione, l'intenzione di continuare ad esercitare ogni possibile pressione sul regime di Myanmar in stretto coordinamento tra i Paesi europei.
Tra le prossime tappe in sede di Unione europea vi è un piano di azione che dovrà contenere l'inasprimento delle sanzioni nei confronti della Birmania, un elenco di iniziative politiche da mettere in atto a livello dell'Unione europea, misure volte a spingere la giunta militare di Yangon ad attenersi alle esortazioni provenienti dall'Unione nonché un appello a Cina, India ed ASEAN (l'Unione degli stati asiatici), affinché cessino di sostenere Yangon ed esercitino sulla giunta birmana un'influenza moderatrice.
Sono di queste ore i nuovi sviluppi in sede ONU. L'Unione europea e gli Stati Uniti hanno concordato nella giornata di ieri una dichiarazione congiunta in cui si chiede una immediata iniziativa all'ONU e al Consiglio di sicurezza con il superamento delle resistenze che nel febbraio scorso avevano impedito l'adozione di un progetto di risoluzione su Myanmar.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato, quindi, convocato in una riunione straordinaria ieri notte (26 settembre) a New York per permettere all'inviato speciale del Segretario generale per Myanmar, Gambari, di riferire al Consiglio sugli ultimi sviluppi prima della sua prevista partenza alla volta di Yangon su richiesta di Ban Ki Moon.
Al termine della riunione, la Presidenza di turno francese, a nome del Consiglio di sicurezza, ha reso una dichiarazione in cui ha espresso grande preoccupazione per gli ultimi sviluppi, invocando una ripresa del dialogo politico, ha chiesto alle autorità birmane di dare prova di moderazione (show restraint) ed espresso pieno sostegno ai buoni uffici del Segretario generale e di Gambari.
La situazione è in continua evoluzione, anche in queste ore. È di oggi la riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti dell'Unione europea, il cosiddetto COREPER, che su istruzione delle capitali, ha immediatamente affrontato il tema del rafforzamento delle sanzioni.
Lo stesso Parlamento europeo ha condannato quasi all'unanimità (563 voti a favore, 3 contrari e 4 astenuti) in queste ore la risposta brutale - così è stata definita - delle autorità birmane, esprimendo orrore per le uccisioni dei manifestanti pacifici, e sollecitando Cina e Russia a sostenere al Consiglio di sicurezza dell'ONU la condanna dell'uso della forza da parte della giunta a Myanmar.
L'intenzione del Governo è di seguire con la massima attenzione questi sviluppi, incoraggiando una presa di coscienza e un maggiore attivismo della comunità internazionale su una vicenda che potrebbe prendere i contorni di un vero e proprio dramma umanitario.Pag. 62
Nel far ciò il Governo non mancherà naturalmente di tenere costantemente aggiornato il Parlamento sugli sviluppi sul terreno e sui negoziati in corso nelle istanze internazionali.