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DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI IACOPO VENIER, SANDRA CIOFFI, ALESSANDRO FORLANI E CARMELO BRIGUGLIO SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2549
IACOPO VENIER. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore del finanziamento triennale della Delegazione generale palestinese in Italia.
Noi comunisti lo faremo in coerenza con un'antica solidarietà ed empatia verso le sofferenze di un popolo che soffre l'occupazione e la guerra per colpe non sue.
È infatti importante sottolineare il fatto che questo voto non è affatto un voto ordinario o scontato. Finanziare le attività della Delegazione generale palestinese è un dovere politico imprescindibile per un Paese come il nostro che ha prodotto tanta parte dell'antisemitismo antico e moderno, che ha partecipato al colonialismo più becero, che ha combattuto insieme ai nazisti e cioè per un Paese che ha una responsabilità storica nei confronti di quella criminale persecuzione antisemita che ha portato il mondo a volere la nascita dello Stato di Israele.
Dico questo perché è sempre importante ricordare che sono stati i palestinesi a vedersi sottrarre le proprie terre, a subire l'occupazione ed il terrorismo, a venire espulsi e deportati, in nome di una «giustizia superiore» che voleva rispondere in qualche modo ad un crimine infinito, l'Olocausto, di cui i palestinesi, però, non portavano alcuna responsabilità.
Le Nazioni Unite decisero nel 1947 che la nascita dello Stato di Israele fosse contestuale alla nascita dello Stato di Palestina.
Dopo sessant'anni dobbiamo registrare che lo Stato di Israele esiste, al punto da essere una delle grandi potenze militari e nucleari del pianeta, mentre i palestinesi continuano il loro martirio in Palestina, sotto occupazione o nei campi profughi, dove con la nuova diaspora si vive in situazioni inumane.
Di fronte a queste tragedie l'Italia, consapevole della propria collocazione al centro del Mediterraneo, nel passato ha saputo darsi una politica saggia e coraggiosa. Il riconoscimento dell'OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese, e quindi come necessario partner di una pace giusta, è della metà degli anni settanta.
L'Italia, cioè, ha saputo riconoscere che i palestinesi, sotto la guida di Arafat, erano stati in grado di trasformare una massa di profughi in un popolo in armi pronto e capace di combattere una guerra di liberazione. Nessuno si spaventò allora a parlare con coloro che USA e Israele consideravano terroristi e che nel giro di pochi anni ricevettero il Nobel per la pace.
Il voto che la Camera si appresta a dare, quindi, si inserisce nel solco di quella che è stata chiamata la politica dell'equivicinanza, cioè la capacità di riconoscere assieme il diritto all'esistenza nella sicurezza dello Stato di Israele e quello alla lotta di liberazione nazionale palestinese fino alla conquista del diritto ad un proprio Stato.
Noi, quindi, con questo voto ribadiamo che per l'Italia nessuna soluzione sarà mai possibile senza che i palestinesi vedano riconosciuti i loro diritti, nel quadro di quella legalità internazionale che, ormai da decenni, solo Israele viola in modo sistematico.
Riconoscere quindi, anche con un contributo finanziario, la necessità di una rappresentanza diplomatica palestinese è un segno, piccolo ma importante, del fatto che noi, italiani ed europei, non permetteremo che la questione palestinese si trasformi da grande questione politica in problema umanitario, non permetteremo cioè che i palestinesi siano cancellati come popolo e riportati alla condizione di profughi senza futuro.
Per fare questo è necessario, signor Presidente, che l'Italia non commetta più i gravissimi errori che sono seguiti all'inizio della seconda intifada. La destra italiana, subalterna come non mai agli ordini che provenivano da Washington, ha abbandonatoPag. 108la nostra storica posizione per schiacciare anche l'Italia sulle posizioni del Governo di Israele.
Così, ad un passo dalla pace, è stato consentito ad Israele di delegittimare la dirigenza palestinese, di rioccupare l'intera Cisgiordania, di trasformare Gaza in una immensa prigione dove sono intrappolate un milione di persone senza speranza. Si sono quindi imposte elezioni senza poi riconoscerne il risultato, si è chiesto un Governo di unità nazionale senza però cancellare le sanzioni ed ora Bush immagina una conferenza internazionale senza coinvolgere tutti i soggetti necessari alla pace. Si tratta di gravi errori che non ci consentono di fare passi in avanti.
Se vogliamo invece immaginare un nuovo processo di pace, dobbiamo riconoscere e rispettare le dinamiche politiche interne ai palestinesi, dobbiamo riconoscere e favorire in ogni modo l'unità nazionale di quel popolo e sostenerne la lotta politica ed anche il diritto alla resistenza di fronte al permanere di una occupazione illegale e criminale della propria terra.
Per tutte queste ragioni il voto dei Comunisti Italiani certo non potrà mancare.
SANDRA CIOFFI. Onorevoli colleghi, il disegno di legge oggi al nostro esame stabilisce il rinnovo, per il triennio 2007-2009, della concessione di un contributo alla Delegazione generale palestinese in Italia per il proprio funzionamento, contributo che il nostro Paese eroga fin dal 1996.
Si tratta di una questione solo apparentemente marginale, ma che è invece di estrema importanza perché investe il problema della situazione mediorientale e il contributo concreto, anche sotto il profilo economico, che l'Italia può offrire alla soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese.
Il contributo su cui siamo chiamati a pronunciarci, infatti, può e deve costituire uno strumento che incentivi l'Autorità nazionale palestinese, da cui direttamente dipendono le delegazioni palestinesi all'estero, a continuare ad impegnarsi seriamente in vista del processo di pace con Israele. Non a caso - come segnalato dal Governo nella relazione illustrativa al disegno di legge - proprio la necessità di sostenere il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen nella volontà di proseguire seriamente in questo processo di pace ha costituito una delle ragioni fondanti della decisione di rinnovare la concessione del contributo, in piena sintonia con l'orientamento della comunità internazionale.
In particolare, nell'attuale delicata fase del conflitto in Medio Oriente e della crisi economica in cui versa l'ANP, il contributo è necessario per poter continuare ad ospitare in Italia il Delegato generale palestinese, in quanto 1'ANP non avrebbe, da sola, mezzi sufficienti a provvedere al funzionamento dei suoi uffici all'estero.
D'altra parte, l'Italia ha sempre sostenuto l'ANP nel suo processo di riforme interne, per cui questo disegno di legge è in linea con le scelte finora operate in un quadro più ampio di cooperazione bilaterale italo-palestinese. Detta cooperazione trascende le divisioni politiche interne tra maggioranza e opposizione, tanto che il disegno di legge in esame riprende essenzialmente l'iniziativa avviata dal precedente Governo alla fine della scorsa legislatura, e il provvedimento è stato accolto con favore bipartisan di tutte le parti politiche in Commissione esteri.
Per tali ragioni, a nome di tutto il mio gruppo, i Popolari-Udeur, esprimo il nostro voto favorevole all'adozione del provvedimento.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo provvedimento viene prevista la concessione di un contributo finanziario alla Delegazione generale palestinese per il funzionamento della sede in Italia. Un atto normativo quasi rituale che ormai si ripete di triennio in triennio e che quindi potrebbe in sostanza ascriversi alla categoria degli atti dovuti, ma la sua discussione si verifica in un contesto particolarmente delicato in cui versa l'ANP, il popoloPag. 109palestinese e la terra stessa che da decenni questo popolo rivendica come patria.
Dopo anni di drammatiche battute d'arresto e cicliche intensificazioni degli attentati e delle violenze, il processo di pace sembra recuperare terreno e la Conferenza di Washington convocata dal Presidente Bush per il mese di novembre apre una prospettiva di soluzione negoziata e condivisa che configuri quell'obiettivo da lungo tempo perseguito dalla comunità internazionale dei due Stati indipendenti entro confini certi, pienamente rispettosi della rispettiva sovranità, pacificamente coesistenti e possibilmente cooperanti per la stabilità e prosperità di un'area da sessant'anni gravata da guerre, da devastazioni e da violenze.
Una Conferenza convocata in una fase in cui l'area è ancora destabilizzata da trame persistenti e conflitti irrisolti, con la guerriglia che tuttora insanguina l'Iraq, l'ambigua e minacciosa iniziativa iraniana nel campo nucleare, la crisi istituzionale del Libano ancora presidiato dalla missione internazionale e resa precaria dalla serie di omicidi politici verificatisi negli ultimi due anni.
Ebbene, onorevoli colleghi, secondo giudizi ricorrenti che vengono formulati da osservatori qualificati e che si percepiscono nei colloqui internazionali con rappresentanti dei paesi arabi, il conflitto arabo-israeliano in terra di Palestina costituisce l'epicentro delle tensioni dell'area, l'elemento critico all'origine delle altre crisi, rimuovendo il quale più rapido risulterebbe il complesso superamento degli altri conflitti e dello stesso fenomeno terroristico.
La Conferenza sembrerebbe aperta ai principali attori statuali della regione o che siano comunque coinvolti dalle implicazioni del conflitto stesso. Sarà necessario promuovere un'intesa ampia su un chiaro percorso del processo di pace che vincoli al suo rispetto tutti quei partecipanti che oggi in qualche modo interagiscono negli equilibri mediorientali. Un'intesa chiara sui tempi dei riassetti territoriali, sui confini, sullo status di Gerusalemme, sulla piena accettazione di Israele quale Stato, quale entità storico-istituzionale di pieno diritto.
In questa prospettiva deve essere incoraggiato e consolidato l'attuale gruppo dirigente dell'ANP, guidato dal presidente Abu Mazen, orientato alla pace e al negoziato con Israele. Oggi questo gruppo dirigente è reso più debole dalla sostanziale secessione di Hamas che ha assunto il controllo di Gaza, ma resta l'unico interlocutore idoneo a trattare con Israele, perché con esso condivide il principio dei due Stati entro confini certi. Per questo oggi l'ANP ha grande necessità del nostro sostegno e della nostra collaborazione, che possono contribuire alla sua maggiore legittimazione presso il popolo palestinese e al progressivo isolamento degli estremisti intenti a sabotare il processo di pace.
In questo quadro il nostro contributo, pur costituendo ormai una reiterazione quasi rituale di una scelta già adottata da tempo, assume un valore particolare di solidarietà e di supporto. Quindi, esprimo il voto favorevole del gruppo dell'UDC.
CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nonostante riserve e perplessità, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore di questo provvedimento con cui si concede un contributo alla delegazione generale palestinese per il funzionamento della sede in Italia. Le perplessità sono di ordine politico e tecnico. Quelle politiche sono in un certo qual senso rivelate dalla sottolineatura, sia nella relazione che accompagna il disegno di legge governativo sia nella illustrazione da parte del relatore, che si tratta di contributo destinato a delegazione che come tutte le delegazioni estere dipende dal moderato Presidente Abu Mazen. Come dire: non c'entra Hamas, non c'entrano le fazioni che vogliono la distruzione di Israele. Una sottolineatura opportuna quanto inopportune e gravi sono state le aperture di credito che il Governo italiano, e segnatamente il ministro degli affari esteri, ha fatto ad Hamas. Sotto il profilo tecnico anche questa legge si mostra molto generosa nei confronti dei beneficiari inPag. 110quanto - a differenza di quanto accade in altri Paesi - è molto lacunosa nei controlli sulla effettiva e corretta utilizzazione delle risorse trasferite, dato che non prevede obbligo di rendiconto. E sappiamo bene quanto opportuno sarebbe stato prevederlo a fronte di fenomeni estesi di corruzione e persino di utilizzo di fondi a fini privati che sono venuti alla luce intorno a dirigenti palestinesi, particolari scandalosi emersi non da ultimo in occasione della morte di Arafat. Ma questa legge, che riproduce provvedimenti analoghi adottati dai governi precedenti, nonostante lacune e riserve, in un giorno come questo in cui si svolge l'incontro tra Olmert e Abu Mazen per preparare la Conferenza internazionale di pace che si terrà a novembre negli Stati Uniti, riveste un minimo valore simbolico e positivo; può valere come minimo sostegno al dialogo di pace che vede impegnato Abu Mazen e i palestinesi che in lui si riconoscono. Per quanto ci riguarda, questa nostra posizione di apertura e disponibilità è anche un modo concreto per marcare l'interesse nazionale del nostro Paese, evidenziato dalla continuità della politica estera dell'Italia laddove, come in Medio Oriente e nel Mediterraneo, sono in gioco gli interessi vitali dell'Italia. Una continuità che passa per il riconoscimento del popolo palestinese ad avere un proprio Stato sovrano ma parimenti per lo Stato d'Israele ad esistere, a vivere in pace e senza minacce terroristiche e militari dentro e fuori dai propri confini.