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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione - Doc. LVII, n. 2-bis)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
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LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI vuole fornire un contributo a questa rivisitazione al ribasso delle previsioni, non senza rivolgere un appunto al Governo sul ritardo gravissimo nella presentazione della nota di aggiornamento al DPEF, che avrebbe dovuto essere consegnata almeno venti giorni prima, visto che il disegno di legge finanziaria è già stato depositato al Senato. Quindi, si vuole giocare la partita economica di sviluppo del nostro Paese a tempo scaduto.
Ciò implica che l'esame della nota di aggiornamento da parte del Parlamento sarà solo un aspetto burocratico, che nulla incide e inciderà sull'aspetto legislativo della manovra finanziaria, decisa altrove, nelle segrete stanze, con i poteri forti e non certamente con i rappresentanti del popolo.
La nota di aggiornamento conferma l'insufficienza della legge finanziaria per risolvere le sorti del Paese, a causa del bassissimo tasso di crescita previsto per il prossimo anno (1,3-1,5 per cento), ma riteniamo che esso sia inferiore e che ci sia una bugia anche su tali dati. Inoltre, vi è la forte pressione fiscale che nel 2007 raggiungerà il 43,1 per cento del PIL, per ridursi il prossimo anno dello 0,1 per cento, secondo le previsioni del Governo. Noi, invece, crediamo che aumenterà.
Le leggi finanziarie vanno lette fino in fondo e con molta attenzione per dare un giudizio compiuto, in particolare quelle dell'Unione, che spesso contengono norme che nemmeno il Governo conosce, come è accaduto nella «legge finanziaria mostro» dello scorso anno. Detto questo, è sin d'ora possibile capire quale sia l'impatto della manovra economica approvata, la sua direzione di marcia e i suoi obiettivi.
Diciamo subito che dietro le norme del decreto-legge collegato e della legge finanziaria manca del tutto una linea politica economica capace di farsi carico della vera emergenza del Paese: il basso tasso di crescita che da dieci anni affligge la nostra economia. Aggiungo che ieri al Senato vi abbiamo dato una occasione storica, cioè togliere il Viceministro Visco, vero elemento deleterio di tutte le manovre economiche che state facendo, ma non l'avete colta!
Quest'anno il nostro prodotto interno lordo aumenterà dell'1,7 - 1,8 per cento; l'anno prossimo, a giudizio dello stesso Governo, l'aumento sarà dell'1,3 - 1,5 per cento. L'Italia continuerà così ad essere uno degli ultimi tra i Paesi della zona euro, che nel 2008 cresceranno in media del 2,3 per cento.
Un rappresentante della maggioranza poc'anzi ci ha detto che cresciamo la metà degli USA, un quarto dell'economia tedesca, un terzo di quella spagnola. Bisognerebbe vergognarsi a sentire autorevoli esponenti che appoggiano un Governo che ci porta in serie B, anzi in serie C1 o C2!
L'attuale guida della nostra economia, il banchiere centrale Tommaso Padoa-Schioppa, al termine del Consiglio dei Ministri ha recitato un altro dei suoi sonetti, dichiarando che l'economia italiana ha una potenzialità di crescita del 3 per cento. Cosa abbia voluto dire non lo si sa, è difficile riuscire a capirlo, ma se le parole hanno un senso, c'è da chiedersi: chi se non il Governo e la maggioranza dovrebbero trasformare questa potenzialità in realtà? Chi deve governare per far si che si possano concretizzare le nostre potenzialità intrinseche, caratteristiche della nostra economia e del nostro Paese, se non il Governo? Si tratta di una chiara dimostrazione dell'inefficienza, dell'inefficacia e dell'incapacità di questa maggioranza e di questo Governo, a detta del Governo stesso.
Veniamo alle ragioni del nostro giudizio negativo sulla manovra. L'operazione tanto sbandierata della riduzione di cinque punti dell'IRES, la tassa sui redditi delle imprese, è per la finanza pubblica a costo zero. In parole povere, il gettito tributario proveniente dalle aziende non diminuirà, ma vengono solo modificate le sue componenti attraverso l'ampliamento della base imponibile, che compensa così la riduzione delle aliquote. In termini macroeconomici, dunque, e considerando l'universo produttivo, non c'è alcuna sostanzialePag. 8agevolazione per le imprese, ma c'è di peggio! Se si scende nel merito, certamente ci saranno imprese che otterranno qualche vantaggio, ma anche altre che saranno penalizzate.
Al di là di chi perde e di chi guadagna, ciò che ci appare più grave è la riduzione della deducibilità degli interessi passivi e la soppressione della possibilità per le aziende di operare ammortamenti anticipati e accelerati su beni immateriali. Insomma, in questa manovra si colpiscono gli investimenti privati, che richiedono, come si sa, linee di credito e capacità di spesare in tempi rapidissimi, come si dice in gergo tecnico, i costi dell'ammodernamento tecnologico dell'intero processo produttivo. Come si vede, è l'esatto contrario di ciò di cui l'Italia avrebbe bisogno, visto che, se la domanda di consumi in qualche maniera regge, sono gli investimenti privati e pubblici a languire e a tenere basso il nostro tasso di crescita.
Inoltre, abbiamo l'impressione che saranno proprio le piccole e medie imprese, in particolare quelle esportatrici, a soffrire maggiormente, vale a dire quelle che sono più legate al bisogno del credito e a continui ammodernamenti per mantenere alta la propria competitività sui mercati internazionali.
Sull'altro versante, quello degli investimenti pubblici, la musica non cambia, sia per la modestia delle somme stanziate - valgano per tutti i 450 milioni per il piano casa - sia per la dimenticanza di alcuni fondamentali questioni, come il risanamento delle periferie delle grandi aree metropolitane ove allignano, sempre di più, miseria e criminalità.
Infine, una pressione fiscale, che nel 2007 si colloca al 43,1 per cento del PIL, per ridursi solo dello 0,1 per cento il prossimo anno, è la drammatica conferma che il Governo sa che il Paese non crescerà più di tanto; diversamente, infatti, un punto in più del PIL - tanto per fare una simulazione - avrebbe garantito un gettito di 6 miliardi di euro, che avrebbe potuto consentire reali riduzioni del prelievo tributario.
Naturalmente, non siamo tanto sciocchi da non ravvisare anche alcune norme utili, come le disposizioni sulla semplificazione fiscale per le microimprese e il piccolo sollievo concesso ai meno abbienti; ma il profilo di una manovra economica è dato dagli obiettivi che la stessa si pone e dagli strumenti che adotta per raggiungerli.
Nella manovra finanziaria manca del tutto l'obiettivo di crescita al 3 per cento, come affermato dal Ministro Padoa Schioppa: questa era la nostra potenzialità, la nostra forza essenziale per il risanamento dei conti pubblici e per una maggiore coesione sociale; anzi, gli strumenti adottati, come quelli ricordati, vanno nella direzione opposta, dimenticando che si può redistribuire una ricchezza che si produce; diversamente, saranno tutti più eguali nella povertà e nell'affanno.
Spiace dirlo, ma più che una manovra di politica economica, quella di finanza pubblica sembra una piccola manovra ragionieristica, senza respiro e senza orizzonti (e non suoni come un'offesa, ovviamente, per i ragionieri).
Concludo affermando che disponiamo di potenzialità di crescita al di sopra della zona euro, ma dobbiamo portare avanti la mobilità vera e seria, come quella realizzata nel 1988 da quei Ministri, che a detta di tutti rappresentavano un'Italietta, mentre hanno portato l'Italia ad alti livelli.
Bisogna puntare sulle risorse umane e sulle intelligenze, cioè sulla meritocrazia (altro che burocrazia!) e, ovviamente, bisogna dissociarsi dalle indicazioni delle organizzazioni sindacali e della sinistra massimalista: bisogna fare l'opposto. Bisogna battersi contro l'evasione fiscale e puntare soprattutto sulla ricerca. Basti dire che, aumentando di un anno la scolarità media in Italia, si aumenta dell'1 per cento il PIL, quindi si aumentano di 6 miliardi di euro le entrate fiscali nel Paese, fatto utile per abbassare la pressione fiscale.
Ciò detto, esprimiamo un giudizio fortemente negativo: il Governo sta attuandoPag. 9proprio l'opposto di ciò che sarebbe necessario e crediamo che questo non faccia bene al Paese.
La manovra di finanza pubblica sottoposta alla nostra attenzione è arrivata «dopo che l'arbitro ha fischiato»: fuori tempo massimo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo La Destra per bocciare completamente la nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni e 2008-2011, che conferma in tutta la sua gravità la totale assenza di un progetto politico dell'attuale Governo.
Già all'inizio della legislatura, la totale assenza di un programma e di un'indicazione di rotta, dal punto di vista dell'economia e dello sviluppo della nazione, aveva in qualche maniera destato preoccupazione. Abbiamo atteso, da maggio, circa tre o quattro mesi per conoscere un primo orientamento del Ministro dell'economia, relativo alle misure da adottare in materia di imposte, di tasse, di sviluppo, di modernizzazione e di risorse da mettere a disposizione: sono occorsi tre mesi!
Vorrei ricordare, invece, che nel 2001 il Governo di centrodestra, esattamente venti o trenta giorni dopo la vittoria elettorale, presentava il «Pacchetto dei cento giorni», contemplandovi le grandi opere, la detassazione degli utili reinvestiti nelle imprese, la modernizzazione del Paese e così via, inclusi i primi punti di abbassamento reale delle imposte.
Nel 2006, al contrario, abbiamo aspettato circa tre o quattro mesi per ottenere un'indicazione, che è subito risultata agli atti come caratterizzata da una totale insufficienza e carenza di progetto.
Nella nota di aggiornamento al nostro esame l'unico dato che vale la pena rilevare, cari colleghi, è esattamente il merito degli italiani, il merito dell'aumento di gettito, non derivante da imposte una tantum o da condoni, ma proprio dall'autotassazione, ovverosia dalla maggiore responsabilità dei contribuenti italiani.
Come ha risposto, invece, il Governo di fronte a tale aumento di gettito, che - devo ricordarlo - è quantificato in quasi 13 miliardi di euro nel 2006, oggi sottostimato in 10,9 miliardi di euro? Ipotizzo, con una normale analisi dei conti che, mancando l'autotassazione del 30 novembre, arriveremo nuovamente a conseguire un maggior gettito di 13-14 miliardi di euro, che è una somma straordinaria e che vale di per sé un'intera manovra finanziaria.
Allora, si tratta del merito dei contribuenti italiani, a cui non corrisponde un analogo impegno progettuale, fattuale, che preveda interventi efficaci da parte del Governo. Basti rilevare che nel disegno di legge finanziaria per il 2008 per la sicurezza vengono stanziati 300 milioni di euro. Bisogna avere la forza del ridicolo per presentare una manovra finanziaria di questo genere!
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO SALERNO. Oltre a tali manovre - concludo Presidente - va rilevato il caos di misure, tutte parcellizzate, di piccolo cabotaggio, tra le quali vi è l'eliminazione di gabelle di scarso rilievo, le quali però non costituiscono soluzioni né rappresentano un vero quadro di sviluppo.
Per quanto riguarda, infine, la modernizzazione, rilevo che le grandi opere - signor Presidente, cari colleghi - sono ferme.
Quando parliamo di costi della politica, cominciamo a discutere del fatto che i veri costi della politica sono rappresentati proprio dal blocco della modernizzazione e della competitività del Paese!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, nell'affrontare il dibattito penso sia utile e opportuno svolgere una riflessione sullo stato dell'arte, ovverosia sul punto da cui siamo partiti. In caso contrario - miPag. 10riferisco ad alcuni interventi dei colleghi dell'opposizione - perderemmo di vista il punto di partenza, con il quale ci si è dovuti confrontare e che abbiamo ereditato dalla precedente legislatura: una situazione drammatica.
Poco fa ho ascoltato il riferimento alla possibilità di una crescita al di sopra dei valori percentuali della zona euro. Tuttavia, se ciò era possibile l'anno scorso - come lo è adesso - avrebbe dovuto risultare possibile anche in precedenza.
In passato si accampava ogni genere di pretesti, scuse e giustificazioni. Chiaramente l'attentato dell'11 settembre 2001 ha rappresentato un evento tragico, tante volte invocato per giustificare una mancata crescita del nostro Paese.
Oggi vediamo quanto anche la finanza influisca, forse in maniera più immediata, sull'economia e talvolta sulla politica, perché quanto è accaduto negli Stati Uniti - mi riferisco alla vicenda della crisi dei mutui subprime - ha avuto immediate ripercussioni su tutte le economie collegate a quel Paese.
Questo fattore di rischio ha portato responsabilmente il nostro Governo a rivedere delle stime, che comunque rimangono nell'ottica della crescita. Si tratta, però, di una crescita che, ritornando al punto di partenza, non può trascurare una pesante eredità, quella dei deficit e delle situazioni compromesse, con le quali ci siamo dovuti confrontare all'inizio della legislatura e dalle quali non siamo ancora usciti.
È vero: vi è stata una forte sensibilità nel far capire agli italiani la necessità di un forte impegno e di un maggiore contributo da parte di tutti. Forse questo messaggio è stato recepito, perché la straordinarietà delle entrate tributarie ha aiutato il Governo nella sua azione volta a superare le difficoltà. Non dimentichiamo anche le procedure comunitarie d'infrazione, la questione della non detraibilità dell'IVA sulle autovetture e tanti altri problemi, che l'Esecutivo ha dovuto prendere in carico, affrontare e cercare di risolvere.
Quindi, tale azione, che procede lentamente e progressivamente verso un segno positivo - anche se riusciamo a spiegarlo male e, talvolta, addirittura non lo spieghiamo per niente agli italiani -, porta ad un sensazionale risultato, perché considerando da dove eravamo partiti e fin dove siamo arrivati si è fatta molta strada. Infatti, abbiamo cercato di privilegiare e di ridare impulso a quei settori che avevano subito forti penalizzazioni.
In qualche intervento precedente si è parlato anche dello splendido programma del precedente Governo finalizzato a ridare impulso alle infrastrutture e far ripartire i cantieri. Al di là di qualche spot televisivo, non ho avuto modo di riscontrare che questi cantieri siano ripartiti e, soprattutto, ho avuto modo di constatare che, senza supporto finanziario, cioè senza soldi, è difficile che i cantieri ripartano.
Per tale motivo, nel documento in esame abbiamo indicato una priorità ed è stata elaborata una linea di intervento per lo sviluppo economico: da un lato, si finanziano gli investimenti in infrastrutture nei settori del trasporto ferroviario e autostradale, dall'altro, abbiamo previsto l'adozione di misure nell'area della fiscalità con riguardo anche alle famiglie.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,40)
DANTE D'ELPIDIO. Tale azione diventa difficile perché deve intervenire in diversi settori che avevano subito forti penalizzazioni. Poi, ognuno mette del proprio: ogni Governo si caratterizza e offre il proprio contributo per la crescita del Paese, mostrando attenzione nei confronti di determinate categorie.
Noi del gruppo Popolari-Udeur in questo quadro non possiamo non riconoscere tale forte impegno con i disegni di legge collegati alla manovra di bilancio che intervengono sui costi della politica, sulla riforma del welfare nonché sulle politiche di sostegno ai non autosufficienti e sulle politiche sociali e della famiglia. Sono settori che a noi stanno particolarmente aPag. 11cuore, anche perché si interviene a favore di categorie deboli, per troppo tempo dimenticate e che hanno estremamente bisogno di essere poste non tanto in una condizione di privilegio ma al pari di tante altre categorie che, invece, hanno la possibilità di registrare una crescita, un tenore e un livello di vita accettabile.
Nel documento al nostro esame ho colto tutti questi provvedimenti e l'impegno del Governo a promuovere un'azione di risanamento che tende chiaramente a ridare impulso all'economia e allo sviluppo, nonché a ridurre i costi sui quali si incentra la nostra attenzione. Si può fare tanto e di più, ma non dimenticando che in quest'aula e in questo consesso, noi decidiamo su una minima parte del bilancio dello Stato.
Ripeto spesso che la migliore testimonianza è l'esempio: noi in questa sede possiamo dare l'esempio, ma poi non dobbiamo sottrarci all'obbligo di chiedere a tanti altri amministratori, anche in sede periferica - mi riferisco alle regioni, ai comuni, alle province, a tutti quegli enti e quelle comunità che spendono soldi pubblici, qualche volta senza eccessive forme di controllo -, di fornire anche loro un esempio, seguendo quanto noi cercheremo di fare.
Non andiamo a inseguire la demagogia. Quando più in generale si parla di costi della politica, forse qualcuno pensa che sforbiciando qualche indennità, eliminando qualche privilegio si risani e si risolva il problema del deficit di crescita del nostro Paese.
Penso che questo deficit possa essere colmato - forse è una delle questioni che a noi sta particolarmente a cuore - anche con l'efficienza e con il merito, che purtroppo non entrano nel nostro vocabolario. Siamo convinti che i cittadini si accontenteranno se sacrificheremo qualche amministratore; tuttavia, penso che i cittadini si accontenteranno se daremo risposte certe, immediate e concrete, ormai non più rinviabili.
Nell'ottica di tale efficienza e di tale merito, inviterei per quanto possibile, anche attraverso i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria e con la legge finanziaria stessa, a porre l'accento su una riforma che deve essere promossa e che deve tendere a riconoscere i meriti, l'efficienza, la produttività di chi amministra la cosa pubblica e il bene comune.
Anche se si considerassero cento amministratori in più, che svolgono tuttavia il proprio dovere offrendo un servizio di qualità ai cittadini, meritando i propri compensi, forse il cittadino comprenderebbe le ragioni per cui la politica ha assunto determinate scelte e ha proposto al Paese alcune soluzioni. Si tratta di soluzioni rispetto alla cui adozione non ci siamo tirati indietro, anche con il rischio di una impopolarità - che paghiamo, lo sappiamo bene - perché quando si chiedono dei sacrifici non si è ben voluti: nessuno è disposto a farli e tutti sono orientati a chiedere il sacrificio al proprio vicino di casa, cercando di sottrarsi dal compiere il proprio dovere.
Noi del gruppo dei Popolari-Udeur, invece, abbiamo sempre sostenuto convintamente che tale sacrificio deve essere compiuto da tutti per il bene del Paese e che deve essere redistribuito in egual misura, affinché non vi sia chi dà di più e chi dà di meno. Solo in quest'ottica potremo rimettere questo nostro Paese in un binario di crescita, di sviluppo e di competitività, che passa - come affermavo - non solo attraverso il merito di alcuni nostri uomini politici (che pur abbiamo), che possono esprimere al meglio le proprie potenzialità e le proprie idee, ma anche attraverso l'efficienza di una macchina amministrativa che deve essere in grado di dare delle risposte.
Se il cittadino, infatti, ottiene risposte è soddisfatto e non si lamenta, ma non è così se assiste ad un balletto in cui si rimpallano le responsabilità tra i politici e si cerca di addossare ad altri colpe che, invece, più in generale, al di là dei distinti ruoli tra maggioranza e opposizione, appartengono all'intera classe politica. Solo in questo modo ritroveremo il giusto senso e la direzione da imprimere alla nostraPag. 12marcia volta a restituire competitività e a favorire crescita e sviluppo nel nostro Paese.
Questo è il nostro impegno; proseguiremo il nostro sforzo dando il nostro contributo nei successivi passaggi, curando con particolare attenzione tutte le fasi legate all'approvazione del disegno di legge finanziaria, auspicando che esso non sia - come è accaduto nel passato - qualcosa da prendere al volo e con cui cercare di ottenere di tutto e di più, ma un provvedimento attento alle esigenze concrete e alle realtà che oggi dobbiamo affrontare.
In questa direzione, sosteniamo e diamo il nostro plauso e la nostra approvazione alla nota di aggiornamento, continuando nel nostro percorso di rinnovamento del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori una delegazione di alunni, insegnanti e dirigenti dell'istituto comprensivo Francesco Petrarca di Deiva Marina (provincia di La Spezia). La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, per quanto riguarda le argomentazioni che ci portano a esprimere il parere favorevole sulla nota di aggiornamento al DPEF, mi riferisco a quanto esposto dal relatore, il collega Ventura, che ne ha illustrato tutti gli aspetti. Egli è partito da un'analisi dettagliata della nota e, nella risoluzione a firma congiunta presentata dai presidenti dei gruppi appartenenti alla maggioranza presenti in Commissione bilancio, si riporta in sintesi il giudizio sulla medesima.
È del tutto evidente che forse non è questo il momento per discutere sulla manovra finanziaria. La nota di aggiornamento è quasi un atto dovuto - anzi è un atto dovuto - in relazione ad alcune modifiche che sono intervenute a livello di macroeconomia. Pertanto, la discussione oggi rischia di anticipare impropriamente il dibattito sul disegno di legge finanziaria che non abbiamo avuto ancora modo di conoscere nei dettagli e negli aspetti necessari per poter formulare un giudizio congruo.
Si tratta di una legge che sta iniziando proprio in queste ore - come è noto - il suo iter in Parlamento. Ritengo, quindi, che la sessione di bilancio sia la sede appropriata per la discussione e l'approfondimento della manovra economica per il 2008 predisposta dal Governo.
In questa sede, tuttavia, desidero ricordare - rispondendo anche ai colleghi che mi hanno preceduto e che non appartengono alla coalizione di Governo - come l'impegno dell'Esecutivo in campo economico sia stato, sin dal primo momento del suo insediamento, quello di voler conciliare risanamento (indispensabile, perché i conti erano fuori controllo), equità e sviluppo. Con questa linea, finora, l'Esecutivo è sempre stato coerente.
Per quanto riguarda il primo aspetto, ossia il risanamento della finanza pubblica, quest'ultimo è indiscutibile ed è sotto gli occhi di tutti. Lo dimostra il fatto che, dopo molti anni, questa sarà una manovra finanziaria che non chiede nulla, ma inizia a restituire risorse agli italiani, con particolare riguardo alle fasce di reddito più basse. Vale la pena ricordare che l'ultima volta che una manovra economica non è stata correttiva, ma di reale redistribuzione di risorse - senza chiedere, cioè, alcun sacrificio ulteriore ai cittadini - risale all'ultima legge finanziaria approvata dal centrosinistra nella XIII legislatura.
La manovra economica per il 2008 - così com'è stato anticipato dal Governo - punta, soprattutto, a mettere in campo interventi relativi ad altri aspetti, ossia equità e sviluppo, con particolare attenzione ad interventi che vadano verso l'ecocompatibilità dello sviluppo. Così è stato con il decreto-legge di luglio sul cosiddetto tesoretto, così è con il disegno di legge finanziaria e con il contestuale decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007 recante: «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale».Pag. 13
Per quanto riguarda la nota di aggiornamento al DPEF, essa si è resa necessaria - come dicevo - per tenere conto degli effetti prodotti sull'economia mondiale dalla crisi dei mercati internazionali conseguenti alla crisi dei mutui immobiliari negli Stati Uniti, come è stato già osservato negli interventi che mi hanno preceduto. Tali effetti si sono tradotti in una riduzione delle stime di crescita del prodotto interno lordo, indicato all'1,9 per cento per il 2007 e all'1,5 per cento per il 2008, contro l'1,9 per cento stimato nel DPEF di luglio.
Migliora anche la stima del rapporto deficit/PIL per l'anno in corso, che scende dal 2,4 per cento al 2,5 per cento previsto nell'ultimo DPEF approvato, e questo è un segnale molto importante. Inoltre, l'andamento più che positivo delle entrate continua a migliorare, tanto che la nota di aggiornamento in esame valuta in circa 6 miliardi di euro in più il gettito tributario rispetto al Documento di programmazione economico-finanziaria.
Ciò, peraltro, ha reso possibili nuovi e importanti interventi di spesa, come quelli contenuti nel decreto-legge n. 81 del 2007, approvato dal Parlamento prima dell'estate, e quelli presenti nel decreto-legge n. 159 del 2007, presentato in questi giorni.
Desidero, inoltre, sottolineare come questo sensibile incremento delle entrate tributarie sia, in buona parte, il risultato conseguente ad un cambiamento di 180 gradi rispetto al precedente Governo.
Tale incremento è frutto, principalmente, di una politica credibile ed efficace di lotta all'evasione fiscale che sta finalmente consentendo di allargare la base imponibile.
Nella nota di aggiornamento, infine, vengono indicati i provvedimenti collegati alla manovra, che il Governo si impegna a presentare al Parlamento entro il prossimo 15 novembre, che riguardano le politiche sociali, il sistema sanitario nazionale, le infrastrutture, ambiente e mobilità. Naturalmente, su tali contenuti si svolgerà un ampio dibattito e noi come gruppo dei Verdi, con grande impegno, porteremo avanti i punti programmatici che devono essere assolutamente rispettati.
Valuteremo, quindi, in modo attento questi provvedimenti perché vorremmo, ovviamente, che recassero interventi forti, tali da determinare le condizioni affinché il Paese possa crescere e si possa sì fornire un impulso allo sviluppo, ma in modo sostenibile, dando risposte di equità ai ceti meno abbienti del nostro Paese. La nota di aggiornamento fornisce già indicazioni positive in tal senso e anche per tale ragione il voto dei Verdi sarà favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, signori del Governo, i socialisti e i radicali voteranno con convinzione la risoluzione presentata dall'onorevole Ventura e condividono la sua relazione.
Crediamo che la nota di aggiornamento al DPEF in discussione dimostri ancora una volta come le scelte di politica economica e finanziaria del Governo già avvenute nello scorso anno presentino una direzione corretta e continua.
Eravamo partiti da una situazione economica e finanziaria estremamente difficile - ritengo che ciò non possa essere assolutamente confutato - e, nello scorso anno, abbiamo dovuto chiedere ai cittadini italiani di fare notevoli sacrifici. Infatti l'ultima legge finanziaria approvata è stata tra le più pesanti dagli anni Novanta agli anni Duemila.
Inoltre, abbiamo dovuto rimettere i conti in ordine e fare in modo che i saldi di finanza pubblica rientrassero nei limiti prestabiliti e definiti dall'Unione europea. Credo sia opportuno, necessario e doveroso - non soltanto per il Parlamento, ma per i cittadini italiani che ci ascoltano - ricordare che abbiamo ricevuto in eredità un debito che, sistematicamente, andava verso il 110 per cento del PIL e un rapporto indebitamento netto/PIL estremamente elevato.
Sappiamo tutti che, anche con la sentenza dell'Unione europea, l'indebitamentoPag. 14si aggirava intorno al 4,8 per cento del PIL. In sostanza, la situazione dell'economia italiana era totalmente ferma e rischiava realmente di mettere il nostro Paese in grandissime difficoltà.
Oggi, ci troviamo in presenza di un quadro di riferimento sostanzialmente diverso, ovviamente in termini positivi. Il debito sta scendendo e l'indebitamento netto è sceso nonostante le manovre che vi sono state nel luglio scorso e quella che è stata già presentata al Senato della Repubblica. Mediante la nota di aggiornamento al DPEF l'indebitamento è stato rivisto al ribasso. Infatti, mentre in precedenza si prevedeva un indebitamento netto pari al del 2,5 per cento del PIL, attualmente si prevede che lo stesso si chiuda al 2,4 per cento.
Certo vi sono dei problemi. Abbiamo ben chiari i problemi della nostra economia, collegati ovviamente, alle difficoltà finanziarie che si stanno verificando in questo momento nel sistema finanziario internazionale, anche per ciò che riguarda - come tutti quanti sappiamo - l'elevato aumento del rapporto di cambio tra il dollaro e la moneta europea.
Ciononostante, la nostra economia cresce: abbiamo sicuramente dovuto rivedere al ribasso dello 0,1 per cento il prodotto interno lordo, che porteremo all'1,9 per cento, ma vorrei ricordare a tutti i colleghi che, nella discussione che abbiamo sviluppato sia in aula, sia nel confronto con il Ministro dell'economia e delle finanze nelle Commissioni, vi è stata (e in ciò si sostanzia la responsabilità di un Ministro dell'economia) la tendenza ad un'estrema prudenza, sia nel definire i parametri dei saldi, sia per ciò che riguarda il problema della crescita del nostro Paese.
Credo, però, che dobbiamo sottolineare, con altrettanta dovizia di particolari e con soddisfazione, un altro aspetto. La nostra crescita si è sostanzialmente ridotta perché vi sono state delle congiunture negative che hanno riguardato soprattutto il livello dell'esportazione e degli investimenti, ma nonostante ciò, al di là di quello che sta accadendo nella società italiana e che, credo, dobbiamo guardare con estrema attenzione, i consumi nei nostri connazionali si sono mantenuti invariati.
Non per niente nella nota di aggiornamento al nostro esame e nei provvedimenti che discuteremo nel prossimo futuro si sono sostanziati alcuni interventi importanti, come, ad esempio, i disegni di legge che saranno presentati entro il 15 novembre concernenti la questione delle spese della politica, l'ammodernamento infrastrutturale del nostro Paese e le questioni sociali relative agli incapienti. In sostanza, si tratta di interventi che vanno certamente nella direzione di fare in modo che le istituzioni possano avere più credibilità da parte dei cittadini italiani.
Il fatto che i consumi si siano comunque mantenuti stabili dimostra che vi è stata, da parte di questo Governo, in questi anni, la possibilità di contare su un reddito disponibile e spendibile e vi sono stati anche interventi che hanno determinato un mantenimento dell'inflazione a livelli estremamente bassi.
Certo, dobbiamo operare su altri fronti, perché crediamo che, per esempio, la pressione fiscale, che oggi si mantiene sul 43 per cento, non possa essere così elevata; nei prossimi anni è prevista una sua diminuzione sistematica, ma non sostanziosa. Nei prossimi anni dobbiamo intervenire, invece, grazie anche agli interventi di extragettito, perché questo Governo ha avuto la grande capacità di combattere l'evasione e l'elusione fiscale. Dobbiamo intervenire, inoltre, sui meccanismi della riduzione dell'IRPEF per i lavoratori dipendenti.
Vorrei, però, sottolineare, con grande puntualità, alcuni aspetti contenuti nel secondo e nel terzo punto, che hanno espresso l'impostazione programmatica economica e finanziaria di questo Governo e che riguardano l'equità e, soprattutto, la competitività delle aziende del sistema Italia.
Con la manovra che andremo ad approvare nei prossimi mesi abbiamo ricominciato a costruire un sistema sociale che era sostanzialmente ormai allo sbando. Abbiamo ricominciato a ridistribuire ai ceti più deboli delle somme, che sicuramentePag. 15non sono eccessive, ma che danno il chiaro segnale di un'impostazione politica che riguarda questo Governo, volte cioè a riequilibrare il sistema sociale di questo Paese.
Credo che non si possa sottovalutare non soltanto il decreto-legge dello scorso luglio, che ha cominciato a ridistribuire i redditi, ma nemmeno ciò che realizziamo con questa manovra nel momento in cui guardiamo non semplicemente ed esclusivamente ai problemi che concernono il riassetto dei conti pubblici.
Ci sono interventi che riguardano le famiglie, gli affitti; ci sono interventi importanti che non erano previsti da dieci anni in questo Paese, volti a rimettere in moto l'edilizia popolare economica, che costituisce uno sfogo importante ai grandi problemi sociali che esistono in grandi città della nostra Nazione.
In sostanza, riavviamo un processo, riaggreghiamo uno Stato che era sfilacciato e una società che creava sempre più poveri e sempre meno ricchi. Credo che anche il secondo punto del nostro programma di intervento sulle manovre economiche e finanziarie del Governo stia andando nella direzione giusta.
Il terzo punto riguarda la competitività delle aziende: credo che anche su questo aspetto il Governo stia dando delle risposte importanti. Non per niente, mi pare che le dichiarazioni che i massimi esponenti della Confindustria rilasciano in questi giorni contengano un giudizio positivo per la manovra nel suo complesso.
Abbiamo abbassato, come dicevano già i colleghi precedentemente, di 5 punti percentuali l'IRES; abbiamo abbassato di una percentuale importante l'IRAP. Siamo, cioè, intervenuti su quei meccanismi che andavano a penalizzare le aziende.
Dobbiamo fare di più! Dobbiamo costruire un sistema in cui questo nostro Paese diventi sempre più competitivo dal punto di vista industriale nel rapporto con il mondo.
Ma siamo anche intervenuti sulle piccole e medie aziende, cioè su quei settori che sono trainanti per la nostra economia, e credo che la semplificazione in atto dia grandi risposte ai problemi nati non certamente ed esclusivamente con la finanziaria del Governo scorso, ma che già esistevano precedentemente con altri Governi.
Credo, signor Presidente, signori del Governo, che questo Esecutivo in prospettiva possa dare delle risposte importanti al Paese. Vi è semplicemente una questione che vorrei sottolineare prima di avviarmi alle conclusioni.
Rivolgo questo appello con grande umiltà e con grande senso di responsabilità: abbiamo fatto molto in questo anno e mezzo di Governo, abbiamo costruito delle prospettive, abbiamo dato risposte alla gente. Credo che sia arrivato il momento - lo dico ai colleghi del centrosinistra - di smettere di litigare e di fare in modo che insieme possiamo governare questo Paese per il bene di tutti i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aurisicchio. Ne ha facoltà.
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, avremo modo di tornare più approfonditamente sui contenuti della manovra proposta dal Governo in occasione dell'imminente confronto parlamentare sul disegno di legge finanziaria. Sarà quella la sede per esprimere un giudizio più complessivo e anche una valutazione sulle specifiche misure in essa contenute.
La nota di aggiornamento al DPEF per il 2008-2011, che in questa Camera abbiamo approvato agli inizi di agosto, ci consente di operare un'ulteriore valutazione in corso d'opera dell'andamento dell'economia e dei conti pubblici e di esprimere un primo giudizio sull'impostazione della manovra economica del Governo. Il gruppo della Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo è favorevole all'approvazione della nota di aggiornamento, perché era già stato d'accordo con l'impostazione del DPEF e perché sono oggettivamente condivisibili le variazioni che essa propone. Rispetto a luglio scorso,Pag. 16risulta modificato l'andamento dell'economia mondiale ed europea per effetto delle turbolenze registratesi sui mercati finanziari internazionali a causa della crisi che ha investito il mercato dei mutui statunitensi. Ne consegue un rallentamento dell'economia, e conseguentemente la nota rivede lievemente al ribasso la stima di crescita del prodotto interno lordo per il 2007, indicandolo all'1,9 per cento, e, conseguentemente, anche per il 2008 ed il 2009. Vengono corretti in leggero ribasso gli altri indici macroeconomici, senza però che risulti modificato il percorso di consolidamento dei conti pubblici che nel 2011 deve condurci al pareggio di bilancio. È questo un primo punto di valutazione: l'ingente manovra correttiva realizzata lo scorso anno ha consentito al nostro Paese di mettersi in carreggiata e di reggere con maggiore serenità le difficoltà dell'andamento dell'economia sul piano globale. L'azione per il risanamento è in grado di reggere e di conseguire gli obiettivi prefissati.
Non si è trattato però e non si tratta di un'impostazione tutta recessiva: cumulando gli importi del decreto-legge n. 81 del 2007 e del decreto di spesa contenuto nella manovra economica proposta dal Governo si determina un'azione espansiva consistente, di importo pari a circa 11 miliardi, oltre cioè un punto del prodotto interno lordo.
Questa manovra espansiva ha consentito di far fronte alle gravi emergenze del Paese: dalla necessità di operare per un miglioramento delle condizioni di vita degli anziani ultrasessantaquattrenni con pensioni sotto il minimo, alla necessità di venire incontro ai problemi delle giovani generazioni, di far ripartire i cantieri, di offrire, soprattutto con questa ulteriore parte della manovra di spesa, un bonus per le famiglie più deboli, per le vittime del dovere e del terrorismo, a sostegno delle famiglie per l'acquisto dei libri scolastici, interventi per Ferrovie, ANAS, infrastrutture e mobilità urbana, aiuto alla cooperazione internazionale e allo sviluppo, fondi per il contratto del pubblico impiego, anche se questi appaiono essere palesemente insufficienti rispetto agli obblighi derivanti dal rinnovo del contratto, tanto che è stato già annunciato uno sciopero generale del pubblico impiego. C'è però l'assicurazione del Ministro della funzione pubblica a reperire le risorse necessarie.
Ci pare necessario andare in questa direzione, per tenere fede agli impegni assunti, per confermare la validità e l'importanza della contrattazione collettiva e soprattutto per non lanciare un segnale negativo in vista della stagione dei rinnovi contrattuali anche nel settore privato e nell'industria.
Questa stagione parte dal dato oggettivo dell'attuale insufficienza delle retribuzioni, degli stipendi e dei salari: un dato che, assieme alla precarietà dei rapporti di lavoro, produce una condizione di grave incertezza e di grande difficoltà.
Come si è già affermato, sono state attivate risorse cospicue - pari ad oltre l'1 per cento del PIL - che sono diventate disponibili ed utilizzabili grazie all'efficace battaglia per contrastare l'elusione e l'evasione fiscale. La linea del rigore e del rifiuto dei condoni, che è stata la linea di questa maggioranza e di questo Governo, non solo non ha depresso l'economia - come spesso le cassandre della destra liberista avevano annunciato - ma ha prodotto buoni frutti, fino a consentire un recupero di risorse pari ad oltre il 15 per cento del monte complessivo dell'evasione fiscale (che non ha eguali nel panorama europeo). I «tesoretti» non si sono, infatti, prodotti per effetto di una crescita della pressione fiscale, ma in virtù di una impostazione politica virtuosa e dell'impegno delle amministrazioni e degli apparati preposti. Tale azione deve continuare per un obbligo di giustizia nei confronti di tutti i contribuenti onesti ed anche perché essa è la sola via possibile per conseguire fin dai prossimi mesi un abbassamento della pressione fiscale, com'è nelle intenzioni della maggioranza e del Governo.
È dunque in atto un'azione per il risanamento del bilancio e per la sistemazione dei conti che, nei prossimi anni, fino al 2011, produrrà gli effetti previsti; èPag. 17parimenti in atto un'azione di contrasto all'elusione e all'evasione fiscale; sono stati poi messi in campo provvedimenti per le imprese, in particolare al fine della semplificazione degli adempimenti cui essi sono sottoposte (vorrei in proposito segnalare il provvedimento, contenuto nel disegno di legge finanziaria, per la semplificazione anche fiscale per le imprese con reddito complessivo inferiore a 30 mila euro). Inoltre, si sono prodotti interventi in favore della ripresa dell'economia per far ripartire i cantieri, per rilanciare la competitività e per permettere l'abbassamento del costo del lavoro a favore delle imprese. Non è ancora delineata una politica industriale per lo sviluppo, ma sono stati assunti e prodotti atti significativi in questa direzione.
Resta da mettere in campo un'organica azione per l'equità. È stata avviata, infatti, l'azione per il risanamento e lo sviluppo: resta da mettere in campo quella per l'equità sociale, al fine di spostare risorse verso i ceti più deboli. In questo senso, sono importanti i provvedimenti che prevedono l'aumento delle pensioni più basse ed i meccanismi di ammortizzazione a favore dei giovani: ma ciò non basta. Occorre intensificare la lotta al precariato e correggere quelle parti del protocollo sul welfare che non sono in linea con questa impostazione: confidiamo che ciò avvenga nell'insieme della manovra economica del Governo e con il concorso convergente della maggioranza. Per queste ragioni, il gruppo di Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo sostiene e condivide questa nota di aggiornamento e voterà a favore della sua approvazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, nel corso degli interventi precedenti si è avuto modo di ascoltare molte cifre, molti commenti, molti indici. Tuttavia, è già difficile capirci qualcosa per chi è dentro il palazzo: figuriamoci per chi è a casa. Ciò, peraltro, anche a causa del fatto che si tratta di indici percentuali calcolati su basi che cambiano mese per mese e giorno per giorno.
Quindi, tentiamo di fare un po' di chiarezza e di semplificare il ragionamento, anche perché fuori da quest'aula gli operai e gli impiegati non sono pagati in percentuale del PIL, bensì in valore assoluto (dunque sanno bene quanto prendono e quanto spendono). Cerchiamo, allora, di fare la stessa cosa con il bilancio dello Stato (operazione, in definitiva, neanche così complicata).
In primo luogo, per quanto riguarda le uscite, nel DPEF dello scorso anno, posto a base della legge finanziaria, si prevedevano uscite per l'anno in corso (il 2007) pari a 739 miliardi di euro. Se andiamo ora a leggere la nota di aggiornamento essi sono diventati 757. In pratica, l'anno scorso il Governo prevedeva di spendere, nel 2007, 740 miliardi di euro circa, mentre quest'anno ne ha spesi 18 in più. La spesa è cresciuta di 18 miliardi, questo è il dato.
Cosa è accaduto sul fronte delle entrate? Nella legge finanziaria approvata alla Camera prima di Natale era prevista un'entrata per il 2007 di 703 miliardi di euro, ma, in seguito ad aggiornamenti costanti, siamo arrivati adesso a prevedere un'entrata totale di 720 miliardi di euro. Quindi, rispetto a quanto previsto l'anno scorso, incassiamo adesso 17 miliardi in più. Traducendo il tutto in un ragionamento molto semplice, sono stati spesi 17-18 miliardi di euro in più e ne sono entrati 17-18 in più: pari e patta.
Tutto ciò che è stato incassato in più è stato speso. È questa la ragione per la quale noi diciamo che la politica economica realizzata dal Governo quest'anno è demenziale: perché spremere il limone e poi buttare via tutta la limonata? Tutto ciò che è stato incassato - ripeto - è stato speso; vi è poi il problema che la spesa diventa rigida, per cui negli anni prossimi sarà anche difficile andare sotto, una volta innalzata l'asticella, ma questo è un altro discorso.
Quanto alle entrate bisogna riflettere da dove esse arrivano, perché tanti hanno parlato di evasione fiscale, ma occorre fare chiarezza anche a tale proposito.Pag. 18
Circa 5 miliardi di euro di entrate in più derivano da un incremento di quasi quattro punti - o meglio quattro, in generale - di contributi che avete posto in capo ai cosiddetti precari, i parasubordinati: in pratica, avete tassato quegli stessi precari che tutti i giorni voi dite di voler tutelare, aiutare e via dicendo, incassando 5 miliardi di euro in più.
Quindi, nel disegno di legge finanziaria per l'anno prossimo i 6 miliardi e mezzo di euro che avete previsto come entrata consolidata di extragettito sono quasi tutti rappresentati dai contributi che voi avete previsto in capo ai precari (e non credo ne saranno così contenti).
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 12,20)
MASSIMO GARAVAGLIA. Più in generale, sempre con riferimento alle entrate, sappiamo che sono aumentate le tasse un po' per tutti. Se pensiamo alla manovra dell'IRPEF, ricorderemo, l'anno scorso, la grande rimodulazione delle aliquote, salvo poi vedere a settembre gli operai recarsi alla CGIL a chiedere come mai la busta paga fosse divenuta più piccola dell'anno precedente.
Necessariamente - come dicemmo fin da subito -, passando dal sistema delle deduzioni alle detrazioni si è allargata la base imponibile, e con le addizionali regionali e comunali, necessarie dal momento che avete tagliato le risorse per i comuni, il risultato è che in capo ai redditi più bassi, anche sotto la soglia dei famosi 25 mila euro, si registrano meno soldi in netto in busta paga.
Per quanto riguarda le imprese, vi è poco da dire: la tassazione viaggia tranquillamente sopra il 60 per cento di tassazione (uno studio dell'API della provincia di Torino stima addirittura nel 77 per cento il prelievo in capo alle imprese).
È chiaro che si tratta di una situazione che non può stare in piedi. Infatti, la pressione fiscale - lo dicono tutti - si è alzata: quella apparente è del 43,1 per cento, ma quella effettiva viaggia oltre il 52 per cento (i termini «apparente» ed «effettiva» derivano dall'ufficio studi dell'Agenzia delle entrate e non appartengono, quindi, alla Lega).
Quindi, più della metà del reddito si traduce in tasse per coloro che le tasse le pagano, ma vi sono anche coloro che non le pagano. Parliamo quindi di evasione fiscale, anche perché rispetto a questo tema qualcuno «ciurla nel manico».
Si dice che vi è stato un gran recupero, che si sta andando ad incidere, recuperando l'evasione fiscale e saremmo tutti contenti se lo si facesse in maniera giusta ed equa in tutto il Paese. Ebbene, i dati dell'Agenzia delle entrate sono impressionanti. Prendiamo il caso dell'evasione IRAP. In Lombardia, l'evasione IRAP, l'imposta sulle imprese, si attesta al 13 per cento. Cosa accade nel resto del mondo? In Francia si attesta al 15,3; in Germania al 16,3 e nella civilissima Svezia al 19,1. Quindi, se qualcuno pensa di venire ancora in Lombardia a spremere le imprese, che sono le più virtuose dei Paesi più virtuosi del mondo, è chiaro che è fuori dal mondo!
Ma andiamo a vedere cosa succede nel resto d'Italia, perché la Guardia di finanza dovrebbe lavorare in tutta Italia, così ci hanno insegnato a scuola. In Umbria l'evasione fiscale è al 44,5 per cento, in Campania al 60,6 e in Calabria al 93,9, diciamo al 94 per cento. In Calabria, la Guardia di finanza non esiste. È chiaro che una situazione del genere non è sostenibile. Non vi dovete, quindi, stupire se prende corpo la rivolta fiscale e va in porto davvero, perché non è sostenibile un'ingiustizia di tal genere. È un'ovvia questione di autodifesa e autosopravvivenza. Ma le distorsioni non si ravvisano solo in capo alle imprese. Basta guardare un altro settore, quello del lavoro nero. Anche in questo caso i dati sono impressionanti. Sempre nella mia Lombardia, l'evasione per il lavoro nero è pari a 500 euro pro capite, nel Lazio 1.000 e in Calabria il triplo, 1.500 euro. Ma tutti i controlli, che competono agli uffici del Ministero delPag. 19lavoro, vengono compiuti davvero o anche questa è una finzione? Quanto detto vale per le entrate.
Per quanto riguarda la spesa, che vi sia incapacità da parte del Governo Prodi di tagliare la spesa ormai è un dato manifesto. Come abbiamo affermato prima, la spesa è salita di 18 miliardi; è un dato semplice e chiaro. Nella precedente legge finanziaria era previsto un bel 4,5 miliardi, circa, di taglio alla spesa. Ebbene, arriviamo a luglio, i ministeri non riescono a tagliare e con il «tesoretto» vengono restituiti 2 miliardi. Con la legge finanziaria viene restituito il resto. Il taglio della spesa, stabilito nella legge finanziaria lo scorso anno, effettivo è pari a zero. Questo è il dato di fatto.
Proprio oggi ho presentato in Commissione bilancio un'interrogazione su due punti esemplificativi di tali tagli alla spesa. Mi riferisco al comma 605: in base ai parametri che voi avete approvato nella legge finanziaria all'unanimità, era necessario tagliare circa 1.400 classi nella scuola. Ebbene, siamo a circa 3.000, forse, ed il risultato è che mancano all'appello - ma sono stime, perché il Governo non ci ha risposto - più o meno 250 milioni di euro.
Il colmo è rappresentato dal Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministro Padoa Schioppa, il rigorista che predica che tutti devono tagliare. Ebbene, il Ministero dell'economia e delle finanze doveva tagliare le sedi distaccate e non ne ha tagliata una. Il risparmio, quindi, in capo al Ministero dell'economia, come taglio della spesa, è pari a zero.
Pertanto, è incredibile vedere sancito nel nuovo disegno di legge finanziaria ancora un taglio di 4,7. Non è concepibile che questo Governo non riesca a tagliare la spesa. Addirittura, vi sono operazioni al limite del demenziale. Infatti, vi è quella sul limite delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio. Si mette un tetto alle spese di manutenzione del patrimonio e si dice che da tale ambito si vogliono recuperare 400 milioni. A questo punto, siamo veramente «alla canna del gas». Quale azienda decide di non mettere più a posto il proprio patrimonio, gli immobili e le attrezzature? Un'azienda che ha deciso di chiudere, una in liquidazione. Questa è la fotografia dello Stato governato da voi. Un'azienda in liquidazione!
Se vogliamo poi dirla tutta, è facile anche pensare di tagliare la spesa. Alla fine si sa da una vita che le componenti importanti sono tre: le pensioni, la pubblica amministrazione e la sanità.
Sulle pensioni è in campo un'operazione - vedremo poi cosa succederà il 12 ottobre - di rivisitazione dello scalone Maroni, dai sette ai dieci miliardi di spesa in più. Quindi, sulle pensioni, si spenderà di più.
Sulla pubblica amministrazione, nonostante i quattro miliardi in più di spesa che sono arrivati quest'anno, i travet non sono contenti e faranno sciopero generale a fine ottobre e non sappiamo, ad oggi, quanto sarà l'incremento della spesa. Tuttavia, vi è sempre un incremento della spesa, mai un taglio.
Sulla sanità rasentiamo il ridicolo. Le famose «regioni canaglia», quelle che non rispettano il tetto di spesa sanitaria, ricevono un altro regalo: altri 9,1 miliardi di mutuo per aiutarle; siccome abbiamo dato loro un sacco di soldi, diamogliene ancora un po'.
Al di là del fatto che è incostituzionale, perché nella Costituzione è chiaramente previsto che i mutui si fanno per le spese di investimento e non per la spesa corrente, per pagare i debiti (però la Costituzione è intoccabile quando serve, ma quando non fa comodo è carta straccia), ciò significa che sappiamo già benissimo oggi che né Bassolino, né Marrazzo riusciranno a stare nel cosiddetto patto della salute stipulato quest'anno, nonostante le regalie date anche nel 2007, perché altrimenti non si spiegherebbe questo ulteriore regalo.
Che almeno si accolga il suggerimento del collega Filippi, il quale giustamente fa un'affermazione sacrosanta: vogliono un mutuo? Ebbene, presentino le garanzie reali. Un'azienda che va in banca e chiede un mutuo ipoteca il capannone; un comunePag. 20che chiede un mutuo per fare la piscina, ipotechi la piscina, almeno al doppio del valore.
Va bene, diamo 5 miliardi alla regione Lazio, non c'è problema: ipotechiamo il Colosseo, così sappiamo che del Colosseo una parte è dei lombardi, una parte dei piemontesi, una parte dei veneti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Lo stesso facciamo con il Maschio Angioino: ce ne prendiamo una fetta noi lombardi, una fetta la diamo ai piemontesi e un'altra ai veneti. Potrebbe essere un'idea.
Che cosa, invece, doveva esser fatto secondo noi? Semplicemente si sarebbe dovuta spingere la crescita dell'economia. Lo stesso Governo Prodi prevedeva una crescita del 2 per cento, poi diventata dell'1,5 per cento, e probabilmente cresceremo dell'1,3 per cento. Perché un simile crollo della spesa? Mezzo punto ce lo siamo giocato con la crisi dei mutui americani e mezzo punto con la stupida e demenziale legge finanziaria dell'anno scorso, eccessiva e inutile. A ciò si aggiungano i tassi di interesse alti ed il cambio euro-dollaro che mette in estrema difficoltà le nostre imprese.
Cosa bisognava fare? È semplicissimo: abbassare le tasse e ridurre la spesa pubblica. Sarebbe facilissimo abbassare le tasse visto che abbiamo la pressione fiscale al 52 per cento. Sarebbe bastato, ad esempio, non fare un'operazione demenziale come quella contenuta nella legge finanziaria, dalla cui relazione tecnica si evince che tagliando le aliquote IRES e IRAP si incassano 1,3 miliardi in più. Quindi, tagliando le tasse si incassa di più. Ci stupisce che la Confindustria accetti una simile misura, ma ormai sappiamo che Confindustria non rappresenta più le imprese, bensì soltanto qualcuno che vuole far politica.
Tuttavia, cosa bisognava fare? Era semplicissimo: ad esempio rendere deducibile l'IRAP dalla base IRES.
PRESIDENTE. Deputato Garavaglia, concluda.
MASSIMO GARAVAGLIA. Concludo, Presidente.
Sarebbe bastato tagliare la spesa. Facciamo due esempi molto brevi. Abbiamo il Quirinale che costa il doppio di Bush, dieci volte rispetto alla Germania, trenta volte più di Juan Carlos. Possibile non si riesca a fare niente? Abbiamo i comuni e le regioni ed è evidente che vi sia uno spreco.
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.
MASSIMO GARAVAGLIA. Concludo velocemente.
PRESIDENTE. Le ricordo che ha superato il tempo previsto per il suo intervento.
MASSIMO GARAVAGLIA. La proposta è semplicissima: aboliamo le prefetture che, ormai, non servono più niente, oppure mettiamo i dipendenti di tutte le regioni ai livelli delle regioni del nord. È semplicissimo.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
MASSIMO GARAVAGLIA. Concludo con un dato, signor Presidente: al nord e in Lombardia ci sono 0,6 dipendenti ogni mille lavoratori, al centro 1,5 e al Sud 2,25. Ecco, facciamo tutti come il nord e la Lombardia e i conti dello Stato andranno a posto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).