Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative del Governo in relazione agli incendi che hanno distrutto ampie porzioni del patrimonio boschivo, con particolare riferimento alle regioni meridionali - n. 2-00792)
PRESIDENTE. Il deputato Bordo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00792, concernente iniziative del Governo in relazione agli incendi che hanno distrutto ampie porzioni del patrimonio boschivo, con particolare riferimento alle regioni meridionali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
MICHELE BORDO. Signor Presidente, il territorio italiano - in particolare le regioni meridionali - è stato flagellato, questa estate, da una catena di incendi che hanno distrutto o semidistrutto parti del nostro patrimonio boschivo e agricolo. Infatti, si stima che circa 10 mila ettari di bosco e di vegetazione di pregio siano stati distrutti all'interno delle aree protette italiane.
Particolarmente grave è quanto si è registrato nel territorio del Gargano, dove vi sono state tre vittime, centinaia di feriti, almeno 4 mila sfollati e gli incendi hanno distrutto una decina di strutture ricettive tra cui alberghi, villaggi turistici e campeggi. Inoltre, gli stessi incendi hanno distrutto o seriamente danneggiato decine di abitazioni private, anche all'interno dei centri abitati, aziende agricole, infrastrutture varie, urbane ed extraurbane, e in qualche realtà è addirittura mancata l'energia elettrica.
Le imprese turistiche che sono state coinvolte dagli incendi hanno dovuto compiere uno sforzo finanziario straordinario anche per promuovere il proprio territorio e la loro offerta sul piano internazionale, per mantenere le prenotazioni che già avevano nelle proprie strutture e per evitare di subire una sofferenza bancaria elevata.
Pur lodando l'impegno dimostrato in quella circostanza e anche successivamente da parte degli apparati dello Stato e il sacrificio degli uomini impegnati nell'attività di prevenzione e contrasto del fenomeno, l'emergenza che si è verificata ha evidenziato l'opportunità di una diversa e più efficace organizzazione logistica del sistema di intervento aereo della protezione civile. Il Governo ha nominato, subito dopo, commissario straordinario per l'emergenza incendi il capo del dipartimento della protezione civile e ha anchePag. 55stanziato 5 milioni di euro per interventi sull'intero territorio nazionale.
Noi chiediamo al Governo di fornire indicazioni precise in ordine ai soggetti destinatari degli interventi di risarcimento e sostegno finanziario, da farsi valere sul fondo citato, perché tale circostanza, fino ad oggi, non è sufficientemente chiara, e se intenda stanziare ulteriori risorse finanziarie, considerata l'insufficienza del fondo prima citato.
Inoltre, vogliamo sapere se il Governo intenda dare indicazioni precise in ordine alle attività programmate di rimboschimento e contrasto al dissesto idrogeologico e di valutare l'opportunità di attivare una base aerea destinata ad ospitare i canadair della protezione civile all'interno dell'ex base dell'Aeronautica militare per idrovolanti del lago di Varano. Tale fatto si ritiene necessario perché spesso, anche a causa della lontananza dei canadair dai luoghi in cui si sviluppano gli incendi e, in modo particolare, nel Gargano, che è una terra soggetta, almeno in questi anni, a fenomeni di tale tipo, gli interventi possono anche giungere con ritardo, mentre l'esigenza di avere un luogo che assicuri la presenza dei canadair sul territorio, a livello locale, gioverebbe molto di più, sia nell'attività di prevenzione, sia nell'attività di spegnimento degli incendi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Giampaolo Vittorio D'Andrea, ha facoltà di rispondere.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'interpellanza testé illustrata dall'onorevole Bordo, concernente l'emergenza degli incendi boschivi, sollecita il Governo a fare il punto della situazione sugli interventi nel frattempo posti in essere.
Si ricorda che il territorio nazionale, il 27 luglio 2007, è stato colpito da una grave emergenza incendi tale da determinare la dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi della legge n. 225 del 1992. Successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, sono state emanate le ordinanze di protezione civile n. 3606 del 28 agosto 2007 e n. 3624 del 22 ottobre 2007, entrambe recanti disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza nei territori delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e nei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Marche, Molise, Sardegna ed Umbria in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione di incendi e fenomeni di combustione.
Per fronteggiare l'emergenza è stato nominato commissario delegato il capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, coadiuvato dai prefetti delle province colpite, ovvero dai presidenti delle regioni, in qualità di soggetti attuatori.
Tali interventi sono stati adottati sia per ripristinare le normali condizioni di vita delle popolazioni colpite e per porre rimedio agli ingenti danni causati sul territorio, sia per attuare rigorose misure volte a prevenire tali fenomeni.
Per l'emergenza è stato previsto complessivamente lo stanziamento di 10 milioni di euro, dei quali 5 milioni sono stati destinati alle finalità di cui all'ordinanza n. 3606, mentre gli altri 5 milioni alle finalità descritte con l'ordinanza n. 3624.
Ciascuna delle predette ordinanze ha previsto contributi per i nuclei familiari colpiti dagli eventi calamitosi per l'autonoma sistemazione, per favorire il rapido rientro nelle unità immobiliari distrutte o danneggiate, per i traslochi effettuati, nonché per l'acquisto o il ripristino dei beni mobili registrati di carattere indispensabile danneggiati dagli incendi.
Per quanto riguarda, invece, le attività produttive, sono stati previsti indennizzi, fino ad un massimo di 30 mila euro, a favore dei titolari di attività industriali, agricole, commerciali, artigianali, professionali e turistico-ricettive che abbiano subito gravi danni. Inoltre, per favorire la ripresa economica delle aree danneggiate dagli incendi, sono stati previsti contributi, fino ad un massimo di 1.000 euro, anche a favore dei titolari delle suddette attività,Pag. 56per la locazione di immobili temporaneamente utilizzati in sostituzione di quelli distrutti, danneggiati o sgomberati e non più agibili.
Per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati, per i dipendenti e i soci lavoratori, dipendenti e non, delle cooperative di lavoro, per gli apprendisti, i lavoratori interinali con contratti di missione in corso, i dipendenti e i soci lavoratori, dipendenti e non, delle cooperative sociali, che non rientrerebbero nel campo di applicazione degli interventi ordinari di cassa integrazione, nonché per i lavoratori assunti per periodi limitati che prestano o hanno prestato servizio presso i comuni colpiti, è stata disposta un'indennità pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, compresa la contribuzione figurativa, ai sensi delle vigenti disposizioni, ovvero proporzionata alla riduzione dell'orario e, ove spettante, anche l'assegno per il nucleo familiare.
Sulla base delle indicazioni fornite dai presidenti delle regioni, il commissario delegato ha il compito di provvedere all'individuazione dei comuni, alla ricognizione e alla quantificazione dei danni subiti dalle infrastrutture dai beni pubblici e privati, alla ricognizione del patrimonio agroforestale, anche avvalendosi del Corpo forestale dello Stato o regionale e in coordinamento con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Il commissario ha, inoltre, il compito di promuovere presso gli enti competenti le opportune iniziative volte a ripristinare le condizioni di sicurezza delle infrastrutture pubbliche danneggiate, pianificando gli interventi di prevenzione e mitigazione del rischio incendi.
Per quanto riguarda le regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, oggetto dell'ordinanza n. 3606, il commissario ha nominato, con decreto commissariale n. 1 del 7 settembre 2007, i presidenti delle regioni Lazio e Campania e i prefetti delle province appartenenti alle regioni interessate «soggetti attuatori».
Spetterà a questi ultimi l'adozione di tutte le iniziative necessarie al superamento dell'emergenza e alla realizzazione di una stima delle risorse necessarie per attuare le disposizioni normative contenute nella predetta ordinanza. In tal modo, il commissario, sulla base di tali iniziative, potrà predisporre un quadro di priorità nell'erogazione dei contributi, di cui agli articoli 3, 4 e 5 dell'ordinanza n. 3606, tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili. Ad oggi, benché le comunicazioni da parte dei soggetti attuatori debbano pervenire al commissario entro e non oltre quaranta giorni dalla data del decreto commissariale, non risultano ancora pervenute informazioni in merito.
Inoltre, con decreto commissariale n. 2 del 18 ottobre 2007, il commissario delegato ha trasmesso ai prefetti le indicazioni per l'organizzazione delle attività necessarie alla realizzazione dei piani comunali di emergenza, previsti con l'articolo 1 dell'ordinanza n. 3606, con richiesta di notifica alle amministrazioni interessate. Il decreto citato fa riferimento al «manuale operativo per la predisposizione di un piano comunale o intercomunale di protezione civile» predisposto da tecnici del dipartimento della protezione civile e concordato con le direzioni regionali di protezione civile interessate. Detto manuale reca elementi e metodologie utili ad adottare o, laddove vi abbiano già provveduto, ad aggiornare gli indirizzi e le linee guida regionali per la pianificazione di emergenza, con particolare riferimento al rischio idrogeologico ed idraulico e al rischio di incendio e di interfaccia (tipologia di incendio che interessa le zone nelle quali l'interconnessione tra i centri abitati e la vegetazione adiacente è molto stretta).
Lo stesso verrà illustrato dal dipartimento della protezione civile nel corso delle riunioni che i prefetti di capoluogo di regione, d'intesa con le regioni, vorranno convocare a partire dal 24 ottobre 2007. In queste occasioni è prevista la partecipazione dei rappresentanti delle prefetture, delle amministrazioni regionali e provinciali, delle direzioni regionali dei vigili del fuoco, dei comandi regionali del Corpo forestale dello Stato e del Corpo forestale della regione siciliana e verranno stabilite le modalità operative per l'attuazione dell'articolo 1, comma 9, della predetta ordinanzaPag. 57n. 3606. Infine, si fa presente che, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 ottobre 2007, lo stato di emergenza è stato comunque prorogato fino al 31 marzo 2008.
In relazione al dissesto idrogeologico, si fa presente che la stima indicativa, a livello nazionale, di superficie percorsa da incendi boschivi nel 2007 nelle aree protette risulta pari a circa il doppio di quella indicata di 10 mila ettari, secondo i dati pervenuti dei parchi nazionali.
Riguardo al promontorio del Gargano, il coordinamento territoriale per l'ambiente ha rilevato circa 123 incendi nel 2007, pari ad una superficie percorsa dal fuoco di circa 4.900 ettari. Tra le motivazioni, oltre alla carenza di organico delle forze di controllo, anche l'eccezionalità delle condizioni climatiche e la mancata manutenzione dei boschi. Tra le attività del post incendio sul promontorio del Gargano, l'ente parco del Gargano ha riferito che si sono svolte già due riunioni presso la prefettura di Foggia con tutti gli enti locali e le parti sociali interessate.
Le tipologie di intervento sono quelle previste nel piano antincendi boschivi del parco che, nell'ultima stesura approvata per il 2004-2006, attualmente in fase di aggiornamento anche a seguito degli eventi, risulta essere dettagliato anche nella parte relativa ai possibili interventi di ricostruzione boschiva.
Le due ordinanze di protezione civile hanno anche previsto azioni di impulso utili a favorire la predisposizione, da parte dei comuni esposti al rischio idrogeologico ed idraulico elevato e molto elevato, entro la cessazione dello stato di emergenza, della relativa pianificazione di emergenza, tenendo conto, ove possibile, degli effetti indotti sui soprassuoli percorsi dai fuochi.
In proposito, si richiama la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 ottobre 2007 concernente indirizzi operativi per prevedere, prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di emergenza connesse a fenomeni idrogeologici e idraulici.
In relazione all'opportunità di attivare una base aerea destinata ad ospitare canadair della protezione civile all'interno dell'ex base dell'Aeronautica militare per idrovolanti del lago di Varano e della presunta concentrazione di mezzi aerei della protezione civile a Pratica di Mare, il Dipartimento della protezione civile fa presente che nessun mezzo del Dipartimento medesimo ha come base di schieramento Pratica di Mare, in quanto la flotta dei velivoli viene distribuita su tutto il territorio nazionale nelle vicinanze delle zone a maggior rischio di incendi, in modo da intervenire, quando richiesto, nel più breve tempo possibile.
L'ex stazione idrovolanti «Ivo Monti», sul lago del Varano, invece, è un immobile attualmente in uso alla Marina militare incluso nell'elenco dei beni che sono nella disponibilità dell'amministrazione della difesa, non più necessari ai fini istituzionali e da alienare per le finalità di cui all'articolo 3, comma 112, della legge n. 662 della 1996, relativa alle misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
Allo stato attuale, peraltro, è in corso di perfezionamento la vendita del bene ad un soggetto privato, che si è aggiudicato l'immobile nell'ambito di una specifica procedura pubblica nella quale gli enti locali non hanno esercitato il loro diritto di prelazione, e si è in attesa del rilascio, da parte del comune di Cagnano Varano, del certificato di destinazione urbanistica per il definitivo perfezionamento dell'atto di compravendita.
Gli idroscali erano e sono utilizzati essenzialmente da idrovolanti che, non avendo il carrello di atterraggio, non possono operare da aeroporti. In Italia l'unico idroscalo certificato ed attivo è, per ora, dislocato sul lago di Como. Il canadair CL-415 è un veicolo anfibio e, quindi, è preferibilmente dislocabile negli aeroporti dove può sfruttare i relativi servizi.
Del resto, la Puglia dispone di adeguate strutture da cui far operare velivoli ed elicotteri presenti nelle zone di Amendola-Foggia, Gino Lisa, Bari, Brindisi, Lecce e Gioia del Colle. Pertanto, l'idroscalo di Varano, ancorché storicamente di notevole valore, secondo il dipartimento della protezionePag. 58civile non riveste interesse per un'eventuale impiego operativo dei canadair.
PRESIDENTE. Il deputato Bordo ha facoltà di replicare.
MICHELE BORDO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario D'Andrea per la puntualità e la completezza delle informazioni che ha fornito all'interpellanza che abbiamo presentato. È evidente che l'estate che abbiamo alle spalle è stata drammatica: ci sono stati tanti incendi e il promontorio del Gargano è stato tra quelli più colpiti da questa emergenza.
Riconosco il lavoro e i risultati prodotti dall'azione del Governo subito dopo che l'emergenza cui stiamo facendo riferimento è scoppiata. Tuttavia credo che bisognerà fare uno sforzo nei prossimi mesi: verificheremo se vi sarà la possibilità di farlo attraverso la legge finanziaria che in questi giorni è in discussione alla Camera dei deputati, per fare in modo che aumentino le risorse che il Governo ha messo a disposizione attraverso il fondo cui si faceva riferimento, proprio per andare incontro all'emergenza ed aiutare i cittadini e le imprese che sono stati colpiti dagli incendi. Infatti, i contributi cui si fa riferimento (sia quelli che riguardano i nuclei familiari sia i contributi previsti - fino a 30 mila euro, se non ho capito male - che varrebbero come indennizzo per le attività produttive) obiettivamente sono assolutamente insufficienti.
Voglio ricordare che ci sono state strutture ricettive nel territorio del Gargano - a Peschici, a Vieste e in altre realtà - che hanno subito danni per centinaia di migliaia di euro. Alcune strutture sono state chiuse, molte hanno messo a repentaglio la loro stagione turistica e avranno sicuramente difficoltà, per i danni che hanno subito a causa degli incendi dell'estate scorsa, ad operare anche per la prossima estate. Insomma, il rischio è che il Gargano, questa parte del territorio nazionale così pregevole dal punto di vista delle coste, del territorio e di ciò che può offrire, rischi la prossima estate di continuare a subire i danni e le conseguenze che ha già dovuto pagare per gli incendi della fine di luglio di quest'anno.
Per questo motivo, è fondamentale che da parte del Governo ci sia un impegno ancora più forte di quello che c'è stato finora, per andare realmente incontro alle esigenze e alle richieste che si sollevano attraverso questa interpellanza urgente.
Prendo atto, infine, della difficoltà di individuare l'area di Varano come luogo nel quale far sostare i canadair per il riferimento svolto dal sottosegretario D'Andrea all'esistenza di un atto di compravendita di quel sito a favore di privati, stipulato in seguito ad una procedura attivata con un bando di pubblico.
Tuttavia, lo stesso sottosegretario, ricordava giustamente che la provincia di Foggia dispone comunque di due aeroporti, entrambi attrezzati - l'aeroporto militare di Amendola e l'aeroporto civile Gino Lisa - che comunque potremmo utilizzare per ospitare un canadair. In questo modo, se malauguratamente si verificasse un'altra emergenza come quella verificatasi l'anno scorso, si potrebbe predisporre, ancor più tempestivamente di quanto non sia accaduto in occasione dell'incendio dell'estate di quest'anno, un intervento di spegnimento e volto a limitare i danni.
Per il resto, mi ritengo assolutamente soddisfatto dalla risposta. Verificheremo, comunque, gli impegni che il Governo ha assunto e, soprattutto, gli sforzi che intenderà compiere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per soddisfare maggiormente le richieste che provengono dal territorio, dalle regioni meridionali e, in particolare, dal Gargano.
(Intendimenti del Governo in relazione all'ammodernamento e alla messa in sicurezza dell'autodromo di Monza - n. 2-00818)
PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00818, concernente intendimenti del Governo in relazione all'ammodernamentoPag. 59e alla messa in sicurezza dell'autodromo di Monza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, l'autodromo nazionale di Monza, che rappresenta il più importante complesso sportivo motoristico d'Italia, gode di una grande fama a livello mondiale conseguita nei decenni, avendo ospitato il Gran premio d'Italia della Formula 1 quasi ininterrottamente dal 1922. Nelle giornate in cui si tiene il Gran premio d'Italia, nell'autodromo nazionale di Monza le televisioni di quasi tutto il pianeta proiettano le immagini del nostro circuito e nella città giunge un pubblico di circa 200 - 250 mila persone, così da rappresentare la vetrina del nostro Paese a livello mondiale durante la tre giorni della gara automobilistica.
Contestualmente a quanto ho affermato, i cosiddetti Paesi emergenti, primi fra tutti la Cina, l'India e la Corea (per non parlare anche dei nostri vicini europei) hanno investito molto sui propri circuiti nazionali di Formula 1, rendendoli un biglietto da visita, che viene poi trasmesso a livello mondiale attraverso il circuito televisivo o turistico degli spettatori.
L'autodromo di Monza, invece, non riceve più una lira dal 1956 sotto forma di contributo pubblico. Quindi, vorremmo capire se, come affermato in occasione dello svolgimento di un'interpellanza che presentammo l'anno scorso, il Governo intenda dar seguito alla volontà manifestata in modo chiaro di reperire le risorse necessarie per l'ammodernamento e la messa in sicurezza del circuito che rappresenta il palcoscenico nazionale della Formula 1.
Sottolineo, inoltre, un dettaglio che ritengo importante: l'autodromo di Monza gode di un'immagine molto particolare perché ha una peculiarità tutta sua che è quella di essere inserito nel parco cintato più grande d'Europa. Credo, dunque, che sia importante trovare le risorse per migliorarlo e far sì che il biglietto da visita del nostro Paese sia migliorato e abbia i finanziamenti necessari per realizzare quelle infrastrutture che ancora necessitano al circuito e all'autodromo nazionale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Giampaolo Vittorio D'Andrea, ha facoltà di rispondere.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, non ho difficoltà a confermare all'onorevole Grimoldi, da parte del Governo, tutta l'attenzione per le questioni sollevate dall'interpellanza urgente, anche in considerazione del fatto che l'autodromo nazionale di Monza è stato ripetutamente considerato opera di interesse pubblico della regione Lombardia e definito «impianto sportivo di interesse nazionale» e, quindi, è assoggettato ad una disciplina specifica mirata al mantenimento in esercizio.
L'onorevole Grimoldi sa meglio di me che l'autodromo nazionale di Monza è stato realizzato dalla società senza scopo di lucro Sias Spa (partecipata dall'Automobilclub di Milano) e che la società medesima ha investito notevoli risorse in questi anni per impianti, fabbricati, piste aeree e viabilità. Sono state anche realizzate delle opere di adeguamento per mettere l'autodromo nella condizione di rispettare le prescrizioni della Federazione internazionale automobilistica e mantenere a Monza la sede del Gran premio d'Italia, evento mondiale di grande rilevanza che si svolge ogni anno.
Tutti questi beni, tra l'altro, rimangono di proprietà comunale, e sono legati ad una procedura d'ammortamento nell'ambito del periodo concessorio, e questa situazione fa sì che si possa determinare una forma di intervento da parte del Governo, compatibilmente con le proprie risorse finanziarie, in realtà solo su richiesta o su iniziativa della società concessionaria.
D'altra parte, non possiamo intervenire come Governo nemmeno in ordine alle decisioni degli organi direttivi della FederazionePag. 60internazionale automobilistica. Semmai, una volta assunte queste determinazioni, si potrebbe prevedere un intervento ad adiuvandum del Governo per porre gli impianti nella condizione di rispettare le prescrizioni, così come, peraltro, è stato fatto per il circuito di Imola.
In conclusione, desidero ribadire che, sicuramente, se vi saranno iniziative in tal senso o da parte della società concessionaria o anche in sede parlamentare, il Governo potrà tenerle nella massima considerazione mano a mano che matureranno le condizioni. Non è questo un ambito in cui l'iniziativa del Governo possa essere direttamente assunta nella direzione auspicata dall'onorevole interpellante.
PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario delle sue parole. Mi ritengo solo parzialmente soddisfatto, in quanto registro una disponibilità, tuttavia nei fatti, ad oggi, non vi è nulla di concreto.
Ricordo che nella risposta all'interpellanza n. 2-00260 era stata manifestata la chiara volontà di reperire le risorse necessarie per l'ammodernamento e la messa in sicurezza di questo circuito che rappresenta il palcoscenico nazionale della Formula 1.
L'interpellanza odierna è contestuale all'iter della finanziaria, in quanto in quella sede si possono determinare delle risorse. Non è che ho sognato la notte il motivo della mia interpellanza e, poi, ho deciso di presentarla. Sono stato sollecitato, infatti, dagli enti gestori del circuito, i quali denunciano che dal 1956 non arriva più una lira.
In ordine a quanto lei ha affermato - e in buona parte ho condiviso le sue parole - aggiungo un'altra osservazione. Nella ripartizione dei fondi anche per i circuiti nazionali non vi è stato alcun parametro di meritocrazia. Per quale motivo? Perché, come giustamente lei ha affermato, il circuito nazionale di Monza è riuscito a mantenersi al passo e ad adeguarsi alle normative a livello internazionale per detenere la Formula 1.
L'autodromo di Imola, invece (che, a differenza di quello di Monza, ha ricevuto due o tre anni fa - non ricordo esattamente - fondi pubblici per il suo ammodernamento) è riuscito persino a perdere il Gran Premio di San Marino! L'autodromo di Monza, che al contrario non ha ricevuto alcun finanziamento, detiene a tutt'oggi il Gran Premio d'Italia e ci permette di fare un'ottima figura.
Non mancheremo di far pervenire le richieste, che lei consiglia di avanzare per ottenere i fondi, sia da parte degli enti gestori, sia in termini di attività parlamentare. Vorremmo però avere, signor sottosegretario, la certezza che l'anno prossimo, in questo periodo, non sarà presentata un'altra interpellanza parlamentare sul tema e non si finisca ancora «a tarallucci e vino», con molte belle promesse ma - lo affermo con tanto pragmatismo brianzolo - con nessuno stanziamento di risorse per il circuito nazionale che detiene il Gran Premio d'Italia e che non riceve risorse pubbliche dal 1956.
Ciò avviene, tra l'altro, in una città, come Monza, che è la terza città della Lombardia e che, da sola, tra imposte dirette e indirette, versa un miliardo di euro all'anno: come lei ben sa, però, il comune (considerato che nel nostro Paese non vi è alcuna forma di federalismo e le risorse non restano sul territorio in modo cospicuo) non ha alcuna possibilità di intervenire e di supportare concretamente il circuito nazionale.
(Orientamenti del Ministro dell'università e della ricerca in merito alla data di pubblicazione dei bandi di concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica e chirurgica per l'anno 2008 - n. 2-00854)
PRESIDENTE. Il deputato Stradella ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00854, concernente orientamenti del Ministro dell'università e della ricerca in merito alla data di pubblicazione dei bandiPag. 61di concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica e chirurgica per l'anno 2008 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, desidero sapere se la notizia richiamata nell'interpellanza corrisponda a verità e, pertanto, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Giampaolo Vittorio D'Andrea, ha facoltà di rispondere.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, la questione riproposta dall'interpellanza Stradella 2-00854 è ormai annosa e si è complicata nel corso del tempo per ragioni strutturali. Non esiste, infatti, alcuna possibilità di armonizzare, dal punto di vista temporale - attraverso forme di contestualizzazione - gli esami di abilitazione e quelli di ammissione alle scuole di specializzazione, perché ogni anno le sessioni di laurea sono tre, gli esami di abilitazione due e l'esame di ammissione solo uno: il problema, pertanto, è di difficile soluzione.
Ciò che possiamo realizzare a partire da quest'anno è un primo tentativo di armonizzare tali scadenze attraverso procedure amministrative. Il Ministro Mussi allo scopo ha deciso con riferimento all'anno accademico 2007-2008 di emanare due decreti. Con il primo si dispone di anticipare lo svolgimento dell'esame di abilitazione alla professione medica al 6 febbraio 2008, in luogo del 15 febbraio. Ciò evidentemente allo scopo di consentire a coloro che devono presentare domanda per l'ammissione ai corsi delle scuole di specializzazione di poterlo fare avendo già acquisito l'indispensabile titolo di abilitazione (richiesto, peraltro, dal decreto ministeriale n. 172 del 2006 adottato dal Governo che ci ha preceduto, anche in conformità con alcuni indirizzi dell'Unione europea).
Con il secondo decreto è stato stabilito l'avvio dei corsi delle scuole di specializzazione al 10 marzo 2008. Queste misure consentono il recupero delle disarmonie di calendario registrate nelle sessioni degli anni precedenti.
A regime il Governo è intenzionato a proporre al Parlamento una norma legislativa, con la quale si disporrà che agli esami di ammissione alle scuole di specializzazione possano essere ammessi con riserva anche gli studenti dell'ultimo anno di corso di laurea in medicina e chirurgia, consentendo loro il conseguimento della laurea e dell'abilitazione entro la data di inizio dei corsi.
Questa può rappresentare l'unica strada per superare la disarmonia strutturale, di calendario, tra i tre livelli di prova che vengono previsti. Questo risultato, però, si potrà conseguire solo per via legislativa; mentre sulle date che riguardano rispettivamente la sessione per gli esami di abilitazione alla professione medica e l'avvio dei corsi delle scuole di specializzazione è stato possibile intervenire - così come è stato fatto appunto oggi, con decreto che, tra l'altro, credo che il Ministro abbia ufficializzato nelle ultime ore.
Per la verità, eravamo già intenzionati a proporre la succitata iniziativa normativa nel corso dell'iter del disegno di legge finanziaria per l'anno 2008 al Senato; per ragioni meramente attinenti alla scadenza dei termini, non è stato possibile realizzare in quella sede tale obiettivo: spero che invece sia possibile conseguirlo nella sessione di bilancio appena avviata alla Camera.
PRESIDENTE. Il deputato Stradella ha facoltà di replicare.
FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario di Stato per la risposta e per le spiegazioni che, dal punto di vista della procedura, sono esaurienti, nel senso che ha illustrato in modo corretto quale sia l'iter della vicenda e quali siano gli elementi che l'hanno determinata.Pag. 62
Dalla risposta credo di poter desumere che la data per l'ammissione ai corsi di specializzazione resterà quella di gennaio, quindi antecedente alla data di acquisizione del titolo professionale e, quindi, alla possibilità di esercitare la professione da parte dei giovani laureatisi nelle sessioni del 2007.
A questo punto, con disappunto e sorpresa, mi stupisce il fatto che il Ministro - che, secondo quanto sottolineato dal sottosegretario, ha compreso perfettamente quale sia la situazione - non si renda conto del fatto che, non avendo predisposto la possibilità, per i neolaureati in attesa di ottenere la prescritta abilitazione all'esercizio della professione, di accedere ai concorsi per l'ammissione alle scuole di specializzazione, per un anno preclude loro l'accesso a tale tipo di concorso.
Ciò comporta che cinquemila ragazzi laureati, i più bravi, coloro che si sono laureati in corso e che hanno dimostrato più diligenza e maggior attaccamento allo studio, per un anno si troveranno in un limbo, non potranno fare altro che aggiungersi alla massa, che voi sostenete esserci nel Paese, dei lavoratori precari, non avendo alcuna possibilità di accedere a quello che dovrebbe essere un diritto, con un risvolto ancora più singolare, costituito dal fatto che le scuole di specializzazione che non raggiungessero il prescritto numero di specializzandi nel corso di due anni potrebbero essere chiuse.
Quindi, cinquemila giovani, laureatisi entro la durata legale dei corsi, e quindi studiosi e diligenti, resteranno in una sorta di limbo che non consentirà loro, se non fra un anno, di partecipare al concorso di ammissione alle scuole di specializzazione.
La procedura individuata e descritta dal sottosegretario mi pare che non nasconda insidie particolari e che non abbia bisogno di confronti: credo assolutamente che si possa realizzare in poco tempo.
Se queste sono le ragioni della misura adottata penso che il Ministro avrebbe potuto tranquillamente predisporre un provvedimento che consentisse la partecipazione sub iudice dei neolaureati. Il Ministro avrebbe potuto, infatti, impedire che si commettesse un atto di ingiustizia nei confronti di cinquemila giovani neolaureati a cui di fatto vengono tolte delle possibilità. Un ingiustizia che priva il Paese di un supporto importante al servizio sanitario.
L'altro aspetto che ho già sottolineato e che voglio ribadire riguarda la questione delle scuole di specializzazione che potrebbero trovarsi, al sud come al nord, su tutto il territorio nazionale, nelle condizioni di essere chiuse per non avere raggiunto il numero di specializzandi necessari per la loro funzionalità. Tutto ciò avviene perché una norma di legge «sciagurata», che sicuramente non si è rivelata né attenta né corretta nei confronti delle aspettative e delle esigenze del Paese, ha impedito a un numero congruo di neolaureati di partecipare ai concorsi.
Il sottosegretario auspicava una remota possibilità di soluzione in tempi brevi. Mi auguro allora che si possa ancora ovviare a questa problematica e che il Ministro abbia momentaneamente soprasseduto alla decretazione che stabilisce la data per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica e chirurgica. Capisco tutti gli inconvenienti dovuti all'articolazione delle successive fasi dell'ottenimento della laurea, dell'abilitazione professionale e della specializzazione, però bisogna anche comprendere che non si può far pagare ai cittadini una difficoltà posta da una previsione legislativa, il cui superamento dovrebbe essere appunto nei poteri proprio del legislatore, che dovrebbe perciò intervenire per consentire la soddisfazione delle giuste aspettative di questi ragazzi.
(Problematiche inerenti al Centro Mediterraneo di attività di informazione e comunicazione ambientale - n. 2-00840)
PRESIDENTE. Il deputato Ruvolo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00840, concernente problematiche inerenti al Centro Mediterraneo di attività di informazione e comunicazione ambientale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
Pag. 63
GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, desidero illustrare la mia interpellanza che peraltro era stata preceduta da un'interrogazione parlamentare.
L'interpellanza riguarda il Centro mediterraneo di attività d'informazione e comunicazione ambientale ospitato a Palermo, peraltro componente del Programma ambiente delle Nazioni unite-Piano d'azione mediterraneo. Il Centro è stato stabilito in Sicilia a seguito di una decisione unanime assunta da ventuno Governi mediterranei e dalla Comunità europea nel 1993, nel corso dell'ottava riunione ordinaria delle parti contraenti la Convenzione di Barcellona organizzata in Turchia. Voglio sottolineare altresì che il Centro ha avuto riconoscimenti importanti e certificati. Malgrado ciò nella data del 16 ottobre 2007 un rappresentante del Ministro per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare presentava una proposta di trasferimento delle competenze maturate dal Centro INFO-RAC di Palermo all'ICRAM di Roma. Dato che l'istituto ICRAM non presenta la specializzazione posseduta dall'INFO-RAC, non si comprende come con una assoluta leggerezza questo rappresentante del Ministro possa aver potuto cancellare con un colpo di penna la storia di questo Centro ormai lunga quattordici anni.
Vorrei ricordare peraltro che nella stessa data del 16 ottobre 2007 il sottosegretario Dettori rispondeva all'interrogazione n. 5-01603 esattamente in questi termini: «È intenzione del Ministero dell'ambiente rafforzare il ruolo e l'efficacia del Centro posizionato in Italia, dando certezza agli strumenti amministrativi idonei e creando tutte le necessarie sinergie per la massima realizzazione dell'intervento italiano a favore della Convenzione (...)».
Allora non si comprende questa forte conflittualità tra un rappresentante del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il sottosegretario del medesimo dicastero, che ha risposto nei termini che ho illustrato. Pertanto chiediamo al Governo se non ritenga necessario e improrogabile convocare una riunione immediata con gli organi istituzionali, a partire dalla regione Sicilia, per conoscere davvero quali sono le ragioni della soppressione di questo Centro in Sicilia e del suo trasferimento all'ICRAM di Roma. Si tratta di un'esigenza forte che ci riguarda e che pretendiamo sia soddisfatta dal Governo, e chiediamo allo stesso se non ritenga, prima della riunione con l'UNEP, fissata il prossimo 28 novembre, di organizzare un ulteriore tavolo che veda coinvolte le istituzioni dell'organismo oggetto dell'interpellanza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito all'interpellanza dell'onorevole Ruvolo rappresento che la questione relativa al ritardo dei trasferimenti dei fondi dell'UNEP è stata, come ha già ricordato l'interpellante, ampiamente illustrata nell'interrogazione n. 5-01603 dell'onorevole Adolfo in Commissione ambiente della Camera, che si intende interamente richiamata nella presente sede. Giova comunque ricordare che, su insistenza di Italia, Francia, Spagna e della Commissione europea, nel corso della prossima Conferenza delle parti del gennaio 2008, si provvederà ad una revisione complessiva della governance della Convenzione, che prevede anche una ridefinizione del mandato del Segretariato e dei singoli centri regionali di attività (i RAC).
Il Ministero dell'ambiente e della tutela territorio e del mare si è preparato a questo importante appuntamento, svolgendo, sin dal giugno 2006, un ruolo di primo piano nel Mediterraneo. Infatti, dopo aver più volte sostenuto un percorso di riforma dell'intero sistema - per esigenze di razionalizzazione e di maggiore trasparenza finanziaria, e per tener conto degli sviluppi avvenuti a livello regionale e globale - nel corso della riunione dei rappresentanti del MAP, svoltasi a CataniaPag. 64nel novembre 2006, l'Italia è stata scelta dai delegati dei ventidue Paesi del bacino del Mediterraneo per guidare la leadership del processo di revisione della governance della Convenzione.
D'accordo con gli altri Paesi, l'Italia ha quindi dettato tempi e ripartizione dei compiti di un comitato di redazione - composto anche da Francia, Spagna, Marocco, Commissione europea, Israele ed altri Paesi - che nel corso di otto mesi, senza alcun costo per l'amministrazione, ha elaborato tre documenti di riforma discussi. Nel corso della riunione dei punti focali del MAP, svoltasi a Madrid dal 16 al 19 ottobre scorsi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha poi ribadito l'interesse italiano verso un concreto funzionamento della Convenzione di Barcellona e delle sue componenti, sostenendo il riconoscimento internazionale del ruolo dei precisi mandati dei centri regionali di attività, e chiedendo maggiore efficienza e trasparenza.
In quella sede è stata inoltre annunciata l'intenzione di rafforzare il ruolo e l'efficacia del RAC presente in Italia, attualmente impegnato nel progetto Mediterranean Sea Large Ecosystem del Fondo mondiale per l'ambiente (il GEF) per un contributo di 50 mila dollari USA, il cui cofinanziamento, ad oggi, non è tuttavia stato ancora approvato dal direttore del GEF.
Si ribadisce, pertanto, sempre nella prospettiva di dare autorevolezza e peso internazionale al centro ospitato in Italia e di fornire certezze agli strumenti amministrativi, che il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare intende creare un centro di eccellenza in seno all'ICRAM, l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, istituto di natura pubblica in grado di attuare le necessarie sinergie per la massima realizzazione dell'intervento italiano nella Convenzione e nelle politiche di tutela del bacino mediterraneo.
Infine, con nota dello scorso 12 novembre il Ministero che rappresento ha convocato proprio in data odierna (22 novembre), ovvero prima dell'incontro dell'UNEP del 28 novembre prossimo, una riunione con la regione siciliana al fine di discutere delle questioni attualmente riguardanti INFO-RAC e per concordare istituzionalmente modalità e tempi per il rilancio del centro anche in vista dell'imminente COP 15.
PRESIDENTE. Il deputato Ruvolo ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatto. Ringrazio il sottosegretario per la puntualità con la quale ha articolato il suo intervento. Avrei gradito almeno un impegno a convocare tutte le parti - a parte la convocazione odierna - per stabilire qual è il percorso da seguire.
Ho la percezione che non stiamo facendo una battaglia soltanto per mantenere il centro, ma stiamo impegnandoci per affermare che quel centro, che ha fatto certamente della buona amministrazione, anche nell'ottica di una rivisitazione che noi comprendiamo per costituire un polo di eccellenza, possa comunque rimanere in Sicilia e, in particolare, a Palermo.
Quella odierna era l'occasione per fornirci una risposta concreta, di collaborazione. Vogliamo assolutamente metterci nelle condizioni di lavorare bene in prospettiva, sapendo che questo Governo non rapina ancora una volta qualcosa alla Sicilia, come ha già fatto in altri ambiti e in altri campi.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Buemi n. 2-00796)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Buemi n. 2-00796 concernente iniziative, anche normative, in merito al fenomeno dell'indebitamento degli enti locali che hanno fatto ricorso alla finanza derivata strutturata, è rinviato ad altra seduta.
Pag. 65(Tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia - n. 2-00814)
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00814, concernente tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, oltre ad illustrare brevemente l'interpellanza, desidero richiamare l'attenzione del Governo sulle numerose questioni previdenziali e fiscali che gravano sui cittadini italiani emigrati allorché raggiungono l'età pensionabile.
Mesi fa, ad esempio, sono insorte accese polemiche a causa delle gravi inefficienze del sistema di pagamento delle pensioni all'estero. Ma vorrei a questo proposito ricordare anche l'annosa questione della sanatoria relativa agli indebiti pensionistici oppure il mancato pagamento dell'importo aggiuntivo, che si profila per i pensionati residenti all'estero laddove abbiano chiesto la detassazione della loro pensione italiana avvalendosi di una convenzione sulla doppia imposizione fiscale.
Credo che i nostri connazionali - tutti siamo convinti di ciò - che sono emigrati, sono cittadini a tutti gli effetti, quindi con gli stessi diritti garantiti dalla nostra Costituzione agli italiani che vivono in Italia.
Credo, inoltre, che sia compito del Parlamento e del Governo adottare i provvedimenti opportuni modificando, se necessario, le leggi vigenti per eliminare le sperequazioni che ledono tali diritti.
L'interpellanza urgente si colloca nel quadro sopra descritto e riguarda la tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia, regolata dalla Convenzione bilaterale ratificata con la legge n. 20 del 7 gennaio 1992. Il problema qui sollevato nasce dall'interpretazione contraddittoria dei commi 1 e 2 dell'articolo 18 di tale legge.
Il primo comma prevede la tassazione da parte del Paese di residenza delle pensioni e delle altre remunerazioni analoghe pagate a seguito della cessazione di un impiego, mentre il secondo comma consente al Paese erogatore la tassazione delle somme quando si tratta di pensioni ed altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato. Sulla base del secondo comma citato, l'Agenzia delle entrate, basandosi sulla circolare dell'INPS n. 176 del 1999, ha tassato le pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia, con l'effetto di creare una doppia imposizione dei redditi dei nostri connazionali in Francia.
La corretta interpretazione dei due commi, a nostro vedere, avrebbe richiesto la detassazione delle pensioni in Italia e la riscossione delle relative tasse in Francia, distinguendo, inoltre, tra pensioni ed erogazioni di altra natura, quali sono quelle che trovano fondamento nella legislazione sulla sicurezza sociale.
Considerando anche le moltissime lettere di protesta che giungono dai nostri concittadini all'estero, ci sentiamo spinti a chiedere al Governo di emanare disposizioni certe e raccordate tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate, tenuto conto, peraltro, del danno già prodotto dalla tassazione indebita, per il cui recupero vi sono delle prescrizioni.
Si chiede, altresì, di interpretare la Convenzione bilaterale con la Francia alla stessa stregua della generalità degli altri Stati, con la possibilità di detassazione delle pensioni erogate dall'INPS ai connazionali residenti in Francia.
Infine, si chiede di dare seguito urgente per i cittadini italiani residenti in Francia, come pure per la generalità dei cittadini italiani residenti all'estero, all'attuazione delle norme contenute nel comma 1234 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), che ha previsto il diritto alle detrazioni di imposta per i familiari a carico, previa presentazione di documentazione probante la loro situazione reddituale da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che non risulta ancora emanato.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'interpellanza riguarda l'applicazione dell'articolo 18 della Convenzione tra Italia e Francia, ratificata con la legge 7 gennaio 1992, n. 20, al fine di evitare le doppie imposizioni per quanto concerne la tassazione delle pensioni erogate dall'INPS ai cittadini italiani residenti in Francia.
In particolare, si fa rilevare che, mentre il paragrafo 1 dell'articolo 18 prevede la tassazione esclusiva degli emolumenti pensionistici, non erogati dallo Stato o dagli enti locali, nel Paese di residenza del pensionato, il paragrafo 2 prevede, come eccezione, il caso dei trattamenti corrisposti in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale, sui quali è applicata la tassazione concorrente in entrambi gli Stati.
Viene segnalato, inoltre, che l'INPS a decorrere dal 1999 ha provveduto ad operare la ritenuta alla fonte sulla generalità delle pensioni erogate dallo stesso ente previdenziale a residenti in Francia, facendo quindi rientrare le stesse nell'ambito della sicurezza sociale di cui all'articolo 18, paragrafo 2, della vigente Convenzione tra i due Stati per evitare le doppie imposizioni. Tale interpretazione, ad avviso degli interpellanti, non è fondata - come, del resto è stato ricordato poco fa - in quanto il predetto paragrafo 2 rappresenta un'eccezione alla regola generale contenuta nell'articolo 18.
Viene, altresì, rilevato che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 41 del 21 luglio 2003, riferita alla tassazione dei trattamenti pensionistici previsti dalle Convenzioni con Lussemburgo, Svezia e Finlandia, ha ricompreso nell'ambito della sicurezza sociale solo le pensioni sociali a carattere non contributivo erogate a soggetti privi di tutela e che, pertanto, anche nel caso della Francia la generalità dei trattamenti a carattere contributivo corrisposti dall'INPS dovrebbe rientrare nell'ambito applicativo del paragrafo 1 dell'articolo 18, con conseguente tassazione esclusiva degli stessi nello Stato di residenza.
La circostanza che le pensioni INPS siano assoggettate, invece, a tassazione concorrente in Italia e Francia comporta poi, a giudizio degli interpellanti, un effetto penalizzante nei confronti dei pensionati residenti in tale Stato, in quanto, in base alla normativa interna francese, non possono ottenere un credito d'imposta per l'intera ritenuta alla fonte operata in Italia.
Per ovviare a tale situazione, l'Agenzia delle entrate e l'INPS vengono invitate ad emanare norme certe, detassando le pensioni in Italia e consentendo ai pensionati residenti in Francia di usufruire della tassazione più favorevole prevista dalla normativa vigente nello Stato di residenza.
Ciò premesso, in merito alla questione prospettata, per quanto riguarda l'Agenzia delle entrate si rappresenta che, in data 20 dicembre 2000, è stato stipulato un Accordo amichevole con la Francia, in base al quale tutte le pensioni di vecchiaia, anzianità, reversibilità e invalidità, erogate dagli enti, tra i quali ovviamente l'INPS, elencati nello stesso Accordo, rientrano nell'ambito applicativo del paragrafo 2 dell'articolo 18, con conseguente tassazione concorrente in Italia e in Francia.
Da quanto precede, consegue che l'INPS risulta sempre obbligato ad applicare alle pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità, corrisposte ai residenti in Francia, la ritenuta dell'imposta con le modalità previste dall'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Le autorità fiscali francesi sono a loro volta tenute ad eliminare la doppia imposizione per quanto riguarda le imposte pagate a titolo definitivo in Italia sui redditi in questione, applicando le disposizioni contenute nell'articolo 24, paragrafo 2, lettera a), della citata Convenzione.
Per quanto concerne, infine, il quesito circa l'urgenza di dare attuazione alla norma contenuta nell'articolo 1, comma 1234, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l'anno 2007), che haPag. 67disposto il riconoscimento ai soggetti non residenti, limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, previa presentazione della documentazione probante la situazione reddituale, si osserva che con il decreto ministeriale 2 agosto 2007, n. 149, è stata data attuazione alla predetta disposizione.
In particolare, si evidenzia che con il citato decreto ministeriale n. 149 del 2007, concernente le detrazioni per carichi di famiglia ai soggetti non residenti, è stato previsto che le suddette detrazioni per carichi di famiglia spettino in presenza delle seguenti condizioni: che il familiare per il quale si intende fruire della detrazione possieda un reddito complessivo non superiore, al lordo degli oneri deducibili, a 2.840,51 euro, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato; che nel Paese di residenza non si goda di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale per quanto di competenza, sulla base delle osservazioni formulate dall'INPS, ha rappresentato che l'articolo 18 della Convenzione citata, al paragrafo 1, dispone che «le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato», ovvero il Paese di residenza del beneficiario. Il successivo paragrafo 2, invece, prevede che «le pensioni e le altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato non sono imponibili in detto Stato».
È opportuno precisare che, nel linguaggio convenzionale, le locuzioni contenute nei paragrafi sopraindicati -«sono imponibili soltanto» e «sono imponibili»- designano rispettivamente la tassazione esclusiva e quella concorrente, rispetto ad una determinata categoria di reddito.
Ne consegue che, per quanto riguarda le pensioni, il paragrafo 1 dell' articolo 18 citato prevede che la potestà impositiva spetti al solo Stato di residenza del pensionato, mentre il paragrafo 2 sottopone le pensioni pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale ad una potestà impositiva concorrente sia dello Stato che eroga il trattamento sia dello Stato di residenza del beneficiario.
Secondo quanto fatto presente dall'amministrazione finanziaria nel 1998 all'INPS, in sede di interpretazione dell'articolo 18 della Convenzione in argomento, si è ritenuto che la «sicurezza sociale» indicasse le prestazioni non derivanti da un rapporto di lavoro, bensì quelle garantite a tutti i cittadini che si trovano in determinate condizioni, a prescindere dal loro status di lavoratori, ed a completo carico del bilancio statale.
Successivamente, a seguito di vari quesiti, è emersa la diversa interpretazione che alla locuzione «sicurezza sociale» è attribuita dalla Francia. In tale Paese, infatti, la suddetta espressione «sicurezza sociale» è usata per indicare i regimi previdenziali obbligatori e si riferisce alla quasi totalità delle prestazioni pensionistiche derivanti da un cessato rapporto di lavoro. Le divergenze interpretative sull'applicazione della normativa sono state risolte con un Accordo di procedura amichevole, previsto dall'articolo 26 della Convenzione, formalizzato con uno scambio di lettere tra Francia e Italia avvenuto nel dicembre 2000.
Con tale Accordo, infatti, le autorità competenti dei due Paesi hanno definito consensualmente l'interpretazione da dare all'espressione «sicurezza sociale», di cui al paragrafo 2 dell'articolo 18, ed hanno concordato, sulla base di una ricognizione effettuata, sia da parte italiana che da parte francese, un elenco di prestazioni pensionistiche da considerarsi ricomprese nei regimi di sicurezza sociale previsti dalle rispettive legislazioni nazionali. Rientrano nella suddetta elencazione le pensioni di vecchiaia, invalidità e superstiti erogate dall'INPS, che conseguentemente sono soggette alla potestà impositiva concorrentePag. 68sia dello Stato che eroga il trattamento che dello Stato di residenza del titolare.
In merito alla previsione di un regime di tassazione concorrente, si osserva che tale regime non equivale ad assoggettare i redditi ad una doppia imposizione fiscale. Infatti, l'articolo 24, punto 2, lettera a), della Convenzione consente al pensionato, all'atto della presentazione della dichiarazione dei redditi in Francia, di scomputare dal proprio debito di imposta la tassazione già subita in Italia. Tale credito di imposta è pari all'ammontare dell'imposta francese applicata a tale reddito.
Di conseguenza la tassazione definitiva è sempre applicata nel Paese di residenza fiscale del beneficiario del reddito, secondo la legislazione vigente in quel Paese. Tuttavia, nel caso in cui le aliquote previste dal regime fiscale italiano siano più elevate, il pensionato può recuperare in Francia parte dell'imposizione subita sulla pensione, restando acquisito all'amministrazione finanziaria italiana l'importo corrispondente alla differenza di aliquota.
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di replicare.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, innanzitutto desidero ringraziare il sottosegretario Grandi per la risposta estremamente precisa ed articolata, che sicuramente potrà aiutare anche tutti i nostri operatori, non solo della rete consolare, ma anche dei patronati, che si fanno carico dei problemi dei cittadini italiani all'estero.
Devo peraltro sottolineare che sono in parte sorpreso perché, proprio per la rilevanza fondamentale ai fini dell'applicazione del paragrafo 2 dell'articolo 18 della Convenzione, mi sono adoperato a fondo per studiare l'intera materia e le posso assicurare, signor sottosegretario, di non aver trovato traccia di questo Accordo, di cui ho sentito parlare qui per la prima volta: un accordo amichevole che, se ho capito bene, è stato stipulato in data 20 dicembre 2000.
Francamente devo ritenere che esso non sia reperibile, almeno nelle fonti ufficiali (si deve poi tener conto che la difficoltà esiste, a maggior ragione, per coloro che risiedono all'estero). Infatti non ve ne è traccia, ad esempio, sui siti Internet dell'Agenzia delle entrate, quali Fisconelmondo e Fisco oggi, nella guida alla dichiarazione dei redditi per i residenti all'estero, distribuita dall'Agenzia delle entrate, anche nel 2006, e nemmeno nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi (proprio perché mi sono documentato, ho redatto un elenco dei documenti consultati).
Devo anche aggiungere che l'opportunità di emanare norme che tassino le pensioni private sempre e soltanto nel Paese di residenza permane, come confermato dalla risposta fornita dal Governo laddove afferma che, nel caso di tassazione francese inferiore rispetto a quella italiana, il pensionato residente in Francia subisce un maggior onere fiscale rispetto a quello degli altri contribuenti ivi residenti.
Pertanto, signor Presidente, ringraziando ancora una volta il sottosegretario, mi dichiaro parzialmente soddisfatto, e chiedo al Governo di adoperarsi perché queste ingiustizie lamentate dai nostri concittadini vengano chiarite o, in qualche modo, sanate. Osservo, infine, che è necessario disporre del testo di questo accordo amichevole, che non ho reperito, nemmeno nella documentazione relativa alle cause - numerose, come lei saprà - intentate in questa materia.
(Ipotesi di vendita da parte dell'Eni di stazioni di servizio Agip - n. 2-00826)
PRESIDENTE. Il deputato Dionisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00826, concernente ipotesi di vendita da parte dell'Eni di stazioni di servizio Agip (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, la rete di distribuzione dell'Agip in Italia consta di oltre 4 mila stazioni di servizio e copre una quota di mercato pari circa al 30 per cento. Dopo una profondaPag. 69ristrutturazione, che ha visto la progressiva riduzione del numero delle stazioni di servizio della rete Agip e che si è praticamente conclusa con la vendita dell'IP all'Api, i risultati economici di questa rete di distribuzione sono ormai positivi da anni.
Talune notizie comparse recentemente sulla stampa specializzata nel settore petrolifero nazionale indicano un'ipotesi di vendita di circa mille stazioni di servizio e di una quota di capacità di raffinazione ad uno o più acquirenti non meglio precisati. È importante sottolineare che queste notizie, non essendo mai state smentite dall'ENI, che è proprietaria della rete Agip, hanno creato un grave allarme fra i lavoratori dell'Agip, con conseguenti forti tensioni sindacali che hanno portato all'annuncio di uno sciopero (poi rientrato) e all'avvio di incontri fra sindacato ed azienda. Tali incontri sono stati legati alla necessità di chiarire il futuro di un'azienda che rappresenta una fra le più grandi realtà industriali e commerciali del nostro Paese e che - fra dipendenti Agip addetti alle stazioni di servizio e lavoratori dell'indotto - occupa oltre 20 mila persone.
Ciò che sfugge ai lavoratori dell'Agip e che, a nostro avviso, deve essere oggetto di grande attenzione, sono le motivazioni che sarebbero alla base dell'eventuale vendita delle mille stazioni di servizio e della quota di capacità di raffinazione. Si tratta di motivazioni di carattere economico oppure di carattere strategico? E, in questo secondo caso, in quale strategia complessiva dell'azienda va inquadrata l'operazione?
Il Governo e il Parlamento non possono rimanere all'oscuro di un eventuale progetto di vendita di una parte significativa di una grande azienda che rappresenta un patrimonio di tutto il Paese e nella quale lo Stato italiano detiene - direttamente o indirettamente - una partecipazione del 30 per cento. Del resto, tutti gli azionisti delle società quotate in borsa ricevono regolarmente informazioni dettagliate e circostanziate sulle strategie e sui più importanti avvenimenti riguardanti la loro gestione.
In questo caso, dunque, tenuto conto della particolare rilevanza di una vendita come quella di cui ci stiamo occupando, è lecito presumere che il Governo - prima di tutto in quanto tale, e in secondo luogo in quanto organo dello Stato, che detiene una partecipazione rilevante nell'ENI - sia stato compiutamente informato dell'eventuale prospettata vendita delle mille stazioni di servizio e della quota di capacità di raffinazione. Pertanto, pur nella dovuta considerazione per l'autonomia della dirigenza della società, chiediamo ad esso se le ipotesi di vendita riportate dalla stampa siano fondate.
In caso negativo, chiediamo se il Governo non intenda sollecitare l'ENI a provvedere ad una smentita definitiva, volta a restituire tranquillità ai lavoratori dell'Agip. In caso affermativo, invece, chiediamo se il Governo era stato preventivamente informato dell'eventuale vendita e quali sono state le sue valutazioni sull'operazione; qualora non lo sia stato, domandiamo quali sono oggi le valutazioni che esso propone al Parlamento, di fronte alla mai smentita operazione di vendita.
Chiediamo, inoltre, quali sono le motivazioni addotte dall'azienda a supporto della decisione di procedere alla vendita e quali gli obiettivi economici e strategici che l'ENI intenderebbe raggiungere attraverso di essa. Infine, domandiamo in quale strategia complessiva dell'ENI andrebbe inquadrata l'operazione, che peraltro non mancherebbe di avere pesanti ripercussioni sui livelli occupazionali e di generare squilibri complessivi nel sistema di distribuzione petrolifera del nostro Paese.
Non vi è alcun dubbio sul fatto che su una questione di tale rilevanza le informazioni e le delucidazioni che ci attendiamo dovranno essere complete, esaurienti e, soprattutto, convincenti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.
Pag. 70
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, all'onorevole Dionisi, che pone il problema della vendita da parte di ENI di un numero rilevante di stazioni della rete di distribuzione Agip e di quote di capacità di raffinazione, rispondo anzitutto che il Governo non è stato informato né preventivamente né successivamente di operazioni di questa natura.
Naturalmente l'interpellanza ha consentito al Governo di accertare la situazione e sulla base di questa richiesta di informazione il dipartimento del tesoro ha chiesto informazioni dirette, attraverso ENI Spa, che ha comunicato che i fatti esposti nell'atto di sindacato ispettivo sono destituiti di fondamento in quanto non trovano alcuna rispondenza nei piani industriali della società.
Posso assicurare l'onorevole interpellante che il Governo, naturalmente, non mancherà di prestare attenzione sui fatti oggetto dell'interpellanza anche se, allo stato dei fatti e in assenza di ulteriori informazioni, prendiamo atto della risposta di ENI Spa.
PRESIDENTE. Il deputato Dionisi ha facoltà di replicare.
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta. Prendo atto che il Governo non era informato e che ENI Spa ritiene che tali informazioni siano destituite di ogni fondamento. Invito il Governo a vigilare su tali circostanze e a prestare grande attenzione su una vicenda che riveste grande interesse per migliaia di lavoratori.
Ritengo che tale situazione vada seguita con molta attenzione perché allorché si parla, nei giornali specializzati, di vendita, nelle organizzazioni sindacali scatta l'allarme, minacciando anche uno sciopero. Si tratta, dunque, di questioni che ritengo non siano destituite di fondamento rispetto alle quali, probabilmente, assisteremo ad un cambio di strategia da parte di ENI Spa. Ne prendiamo atto ma, ripeto, saremo attenti nel seguire l'evoluzione di tale vicenda.
(Iniziative in relazione al contenzioso tra la ditta Sacaim e la Tav sul progetto di realizzazione della stazione di Porta di Napoli-Afragola - n. 2-00817)
PRESIDENTE. Il deputato Tuccillo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00817, concernente iniziative in relazione al contenzioso tra la ditta Sacaim e la Tav sul progetto di realizzazione della stazione di Porta di Napoli-Afragola (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
DOMENICO TUCCILLO. Signor Presidente, qualche giorno fa sul quotidiano la Repubblica, edizione di Napoli, è apparso un articolo che annunciava, con qualche enfasi, che era in corso un contenzioso tra la ditta Sacaim, aggiudicatrice dell'appalto per la realizzazione della stazione dell'alta velocità Napoli-Afragola, e la Tav. Con enfasi giornalistica si diceva che «Il treno c'è ma manca la stazione». La realizzazione della stazione è oggetto di grande interesse e rappresenta effettivamente uno snodo cruciale del sistema dei trasporti su ferro nella regione Campania.
Al di là del fatto giornalistico bisogna registrare che, in base al programma di attività, era previsto che i lavori fossero già attivati, in quanto la fase di realizzazione della stazione doveva iniziare nel 2008.
L'interpellanza in esame è finalizzata a comprendere effettivamente quale sia lo stato di tale contenzioso, quali sono i contorni di questa vicenda e ad avere rassicurazioni adeguate in merito alla realizzazione di questa fondamentale infrastruttura per il territorio campano. Tale infrastruttura non è solo fondamentale per il sistema dei trasporti ma rappresenta anche un'occasione e un volano di sviluppo di un'area, quella della provincia a nord di Napoli, particolarmente disagiata. Nei programmi del Governo la stazione in questione svolge da sempre questa funzione e serve anche alla riqualificazione di un territorio estremamente compromesso dal punto di vista urbanistico, dello sviluppo e del complesso delle questioni che attengono alle problematiche territoriali. Pertanto, siamo dinanzi ad una grandePag. 71opportunità di cui la regione Campania e la provincia di Napoli non possono fare assolutamente a meno e a cui non possono rinunciare. In ordine a tale vicenda chiediamo al Governo adeguate rassicurazioni.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Tommaso Casillo, ha facoltà di rispondere.
TOMMASO CASILLO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, in relazione allo stato dell'arte delle attività inerenti la stazione alta velocità Napoli-Afragola si forniscono gli elementi informativi qui di seguito riportati.
In data 8 agosto 2005 è stata bandita, ai sensi della legge n. 109 del 1994, la gara europea per l'affidamento dell'appalto integrato di progettazione e lavori della stazione Alta Velocità Napoli-Afragola, per l'importo di 70 milioni di euro e il soggetto aggiudicatario è risultato l'Associazione Temporanea di Imprese Sacaim, per un importo di 59 milioni di euro.
Il 15 giugno 2006 l'ATI aggiudicataria ha sottoscritto la convenzione dichiarando, tra l'altro, di aver verificato la completezza del progetto definitivo e la realizzabilità delle opere in esso previste e di averne tenuto conto nella propria offerta. Successivamente, in data 4 luglio 2006 sono state consegnate all'ATI medesima le prestazioni di cui all'appalto integrato e da tale data ha avuto avvio il termine di centocinquanta giorni, fissato dalla convenzione con l'appaltatore, per la presentazione del progetto esecutivo.
Tale termine è stato quindi prorogato, a seguito di istanza presentata dall'ATI e accolta dalla committenza, dal 2 dicembre 2006 al 13 gennaio 2007.
A valle di consegne del progetto esecutivo differite nel tempo ed incomplete, l'ATI ha ultimato la trasmissione degli elaborati in data 3 agosto 2007, con un ritardo di 202 giorni dal termine previsto. Il progetto consegnato è stato quindi istruito e giudicato non approvabile da parte della committenza, sia per l'infondatezza delle motivazioni addotte dall'appaltatore a giustificazione delle varianti tecnico-economiche presentate, sia per la mancanza dei requisiti richiesti per un progetto esecutivo dalla legge e dalla convenzione.
Coerentemente con quanto stabilito nella convenzione, la committenza ha quindi trasmesso all'ATI gli esiti dell'istruttoria effettuata, chiedendo di recepire integralmente le osservazioni evidenziate entro e non oltre 30 giorni a decorrere dal 4 ottobre 2007, data di ricevimento dell'istruttoria.
In data 5 ottobre 2007, l'ATI ha comunicato la contestazione dei contenuti dell'istruttoria e successivamente, in data 6 novembre, l'ATI ha formulato le proprie controdeduzioni che sono attualmente in corso di esame da parte della committenza.
Qualora il riscontro dell'ATI non risultasse corrispondente alle richieste della committenza, questa provvederà a richiedere all'ATI di adeguare il progetto entro il termine contrattualmente previsto pari a quindici giorni; decorso vanamente il termine suddetto, il contratto si intenderà risolto di diritto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1454 del codice civile, nonché dell'articolo 1721 e dell'articolo 29 della convenzione stessa. In caso di risoluzione del contratto si provvederà ad un nuovo affidamento dell'appalto in accordo alla vigente normativa con previsione di stipula della convenzione a marzo 2008.
Tale grave situazione di inadempienza da parte dell'ATI sta causando ingenti danni alla committenza, incidendo significativamente sui tempi di realizzazione della stazione. È comunque confermato l'impegno alla realizzazione della stazione per la quale, in caso di nuovo affidamento, sarà necessaria una riprogrammazione delle attività al fine di contenere al massimo il ritardo per il completamento delle opere prevedendo l'attivazione di una prima fase funzionale nei primi mesi del 2010.
Nell'ambito dei lavori di realizzazione della tratta alta velocità-alta capacità Roma-Napoli, è prevista la costruzione della galleria Santa Chiara per una lunghezza di 1,3 chilometri. Nella Conferenza di serviziPag. 72del 31 luglio 1999 ed in particolare nell'accordo procedimentale dell'8 aprile 1999 tra TAV, regione Campania, provincia di Napoli, comune di Afragola, TAV si è impegnata ad elaborare il progetto e realizzare, nell'ambito dei lavori di tratta, un parco attrezzato sopra la galleria Santa Chiara. Nel parco dovranno inoltre essere realizzate alcune strutture di interesse pubblico da parte del comune, con un contributo da parte di TAV. Successivamente, il comune di Afragola ha chiesto formalmente a TAV che la progettazione del parco e delle relative strutture di interesse pubblico venisse sviluppata tramite procedura di concorso internazionale.
Nel mese di aprile del 2007 si è quindi tenuto un primo incontro di start-up con la commissione straordinaria del comune, al fine di avviare le attività necessarie ad identificare e precisare le esigenze dell'amministrazione di Afragola in termini di opere da porre all'interno del progetto del parco.
Sono quindi seguiti altri incontri, da ultimo quello di ottobre 2007, nel corso del quale il comune ha informato TAV di avere acquisito tutti gli elementi necessari per determinare gli input da porre a base del progetto e TAV sta quindi definendo la documentazione per avviare, nei primi mesi del 2008, la procedura di concorso internazionale.
PRESIDENTE. Il deputato Tuccillo ha facoltà di replicare.
DOMENICO TUCCILLO. Signor Presidente, da un lato mi dichiaro negativamente sorpreso. Infatti, registriamo la farraginosità delle nostre procedure e di come sia ancora possibile per una ditta vincitrice di un appalto ritardare di 200 giorni la consegna, senza considerare i rilievi della committenza, le controdeduzioni e quant'altro, con un ritardo dei lavori che a volte diventa addirittura pregiudizievole rispetto alla tempistica e all'efficienza delle cose da fare.
Dall'altro mi dichiaro abbastanza soddisfatto della risposta del Governo e ringrazio il sottosegretario Casillo, che dimostra, a nome del Governo, anche una spiccata sensibilità nei confronti di un territorio che conosce bene. Assumiamo le cose dette come impegno preciso e puntuale da parte del Governo a vigilare e a monitorare in modo tempestivo ed efficiente quanto attualmente occorra porre in atto per fare sì che queste procedure vengano espletate nel tempo più rapido possibile.
Ci sono state date indicazioni anche precise dal punto di vista della tempistica. Apprezziamo ciò, in quanto si tratta di una risposta non generica, né burocratica. L'indicazione, quindi, che nel giro di alcune settimane si verificherà definitivamente la possibilità che la ditta appaltatrice vincitrice corregga quanto da correggere o diversamente si proceda ad una nuova assegnazione, così come viene precisato con previsione di stipula della convenzione a marzo 2008. In questo modo si ha certezza circa i tempi.
Parimenti, è importante l'altra questione concernente la riqualificazione territoriale, tenuto conto che vi è una galleria che attraversa per più di un chilometro il corpo vivo della città: è una ferita profonda sul territorio, che necessita di una adeguata riqualificazione dal punto di vista urbanistico. È, inoltre, necessaria una procedura concorsuale che faccia sì che si possa realizzare su quell'area un progetto di ricucitura della città, degli spazi urbani. Anche in questo caso, abbiamo un'indicazione precisa dal punto di vista della tempistica che ci viene assicurata dal Governo, in base alla quale registriamo, come ha dichiarato il sottosegretario Casillo, che la documentazione è stata approntata e che nei primi mesi del 2008 si darà il via alla procedura concorsuale.
Si tratta di ritardi che debbono essere colmati con un'accelerazione delle procedure - una volta superati questi scogli, queste difficoltà - che ci viene assicurata dal Governo. Allo stesso modo, ci viene assicurata la determinazione e la ferma volontà a fare in modo che questa grande opera infrastrutturale venga realizzata e che nel 2010 si possa finalmente avere giàPag. 73un primo momento di attività e di inizio di funzioni. Tutto ciò affinché il sistema dei trasporti regionale veda nella realizzazione della stazione uno snodo fondamentale del proprio sistema di trasporto su ferro. Tale grande opera consentirebbe, inoltre, una grande riqualificazione territoriale e sarebbe un volano importante per lo sviluppo di tutta l'area a nord di Napoli.
(Tutela dei livelli occupazionali e condizioni di sicurezza presso l'aeroporto «Arlotta» di Grottaglie - n. 2-00691)
PRESIDENTE. Il deputato Franzoso ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00691, concernente tutela dei livelli occupazionali e condizioni di sicurezza presso l'aeroporto «Arlotta» di Grottaglie (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, a seguito di notevoli investimenti e finanziamenti posti in essere dai precedenti governi, nazionale e regionale, finalmente si riapriva l'aeroporto «Arlotta» di Grottaglie dopo circa vent'anni di chiusura.
A prescindere da quanto recentemente riportato dagli organi di stampa, si vuole che tale aerostazione venga riaperta anche ai voli civili di linea. Di ciò, tuttavia, dubito profondamente. Con l'effettuazione dei voli di linea si prometteva anche una notevole ricaduta occupazionale.
A prescindere dalle incapacità degli enti locali del territorio nel recepire in tempo utile le esigenze di un moderno polo produttivo aeronautico qual è l'Alenia, (infatti, nulla hanno fatto le realtà locali per dare corpo ad uno sviluppo dell'indotto locale), non si è neanche consentita la piena occupazione dell'esistente; tanto che il 5 giugno del 2007 tre lavoratori che da circa venti anni lavoravano nella manutenzione degli impianti AVL (aiuti visivi e luminosi) venivano licenziati per effetto di poco trasparenti accordi intercorsi nel dicembre del 2006 tra enti pubblici quali l'ENAC, l'ENAV e l'AdP (Aeroporti di Puglia Spa). Già nel mese di maggio 2007 l'incapacità di risolvere un problema tecnico da parte dei dipendenti dell'AdP ha costretto lo scalo aeroportuale ad una ridotta operatività per alcuni giorni.
Di fronte a queste problematiche, che hanno anche un'incidenza notevole sui problemi occupazionali del Mezzogiorno, mi chiedo come si può immaginare di licenziare lavoratori con venti anni di lavoro alle spalle, che tra l'altro hanno raggiunto un'età di 50 anni e quindi hanno difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro, senza individuare alcuno sbocco occupazionale per essi. Pertanto, chiedo come si intenda operare nella direzione della tutela dei livelli occupazionali e dei diritti dei lavoratori, a meno che non dobbiamo ritenere che, trattandosi di soli tre lavoratori, vengano a cadere tutti i diritti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le comunicazioni, Luigi Vimercati, ha facoltà di rispondere.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in esame, avente per oggetto la situazione dell'aeroporto «Arlotta» di Grottaglie, passo ad illustrare i dati forniti dalla competente direzione provinciale del lavoro di Taranto.
Alla data del 3 settembre scorso l'organico in forza allo stabilimento Alenia Composite di Grottaglie era di complessive 680 unità, di cui 316 in distacco da Alenia Aeronautica, provenienti dagli stabilimenti di Pomigliano d'Arco, Nola, Casoria, Foggia e Torino, e le restanti 364 persone assunte da Alenia Composite dal 1o novembre 2006 in poi.
Di queste ultime, circa 70 unità erano dipendenti della società Alitech, in forza allo stabilimento di Grottaglie, transitate dal 1o gennaio 2006 per cessione del ramo d'azienda alla Alenia Aeronautica, mentre le restanti, provenienti fondamentalmente dalle province di Taranto e Brindisi, sono state assunte direttamente da Alenia Composite,Pag. 74tramite inserzioni sui giornali e selezione eseguita dalla SHL Italia Srl, società specializzata nel settore. L'Alenia Composite ha avviato ulteriori selezioni, non ancora concluse, per l'assunzione di altro personale.
Per quanto riguarda invece i tre lavoratori della ditta SME Spa, dagli accertamenti effettuati è emerso quanto segue. Fino a dicembre del 2006 la manutenzione degli impianti AVL dell'aeroporto di Grottaglie era effettuata in parte dalla AdP Spa ed in parte dall'ENAV che, a sua volta, aveva affidato la sua esecuzione ad una ditta appaltatrice, la SME Impianti di Bari-Carbonara.
In data 15 dicembre 2006, ENAV, ENAC ed AdP, allo scopo di disciplinare la gestione dei predetti impianti, hanno sottoscritto una convenzione per la gestione in comodato d'uso gratuito di aiuti visivi e luminosi, radioassistenze ed apparati meteo presso l'aeroporto di Grottaglie, con cui tra l'altro la manutenzione, gestione e conduzione degli impianti AVL di proprietà ENAV dell'aeroporto di Grottaglie veniva affidata, dalla stessa data, solo alla società AdP la quale, ha deciso di effettuarla con proprio personale dipendente in numero pari a tre unità.
Contestualmente l'ENAV, sempre a decorrere dal 15 dicembre 2006, in attuazione della predetta convenzione, nelle more della familiarizzazione da parte del predetto personale tecnico preposto da AdP, ha invitato la ditta Sme impianti Spa a continuare a svolgere, per un periodo di sei mesi e a titolo gratuito, l'attività di supporto nella gestione, conduzione e manutenzione degli impianti AVL di proprietà della stessa ENAV. Pertanto, nei sei mesi successivi al passaggio di consegne degli impianti, previa definizione e sottoscrizione tra le parti dei coordinamenti in termini di sicurezza, la società Sme impianti, ha affiancato il personale AdP nello svolgimento delle normali attività di manutenzione e conduzione. Il 27 giugno scorso, decorsi i sei mesi previsti, l'ENAV ha provveduto a stralciare, dal contratto con la Sme, la manutenzione dell'impianto AVL dell'aeroporto di Grottaglie. Faccio presente, infine, che l'amministrazione che rappresento non ha ricevuto, fino ad oggi, alcuna richiesta di intervento relativamente alla vicenda descritta. Posso comunque assicurare che, qualora richiesto, la situazione sarà seguita con l'attenzione che merita ai fini di una sua positiva soluzione.
PRESIDENTE. Il deputato Franzoso ha facoltà di replicare.
PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatto, perché credo che la risposta testé fornita non abbia dato seguito alla parte essenziale della mia interpellanza, volta a conoscere quale iniziativa intendano assumere gli enti pubblici coinvolti nella vicenda (quindi anche il Governo, atteso che ENAV e ENAC sono enti di emanazione statale) con riferimento ai tre lavoratori che dall'oggi al domani si ritrovano in mezzo a una strada ad ampliare quell'esercito di disoccupati che vi è nel Mezzogiorno. Mi meraviglia che si affermi che il Governo non è mai stato portato a conoscenza di ciò che stava accadendo. Signor sottosegretario, le posso assicurare che i sindacati di categoria del territorio, a partire dal 29 dicembre 2006, con diverse lettere, informavano dell'evoluzione dei fatti il prefetto di Taranto, quindi l'organo di rappresentanza del Governo sul territorio che, molto probabilmente, era anche tenuto ad avviare un tavolo di discussione e di concertazione che era stato richiesto. Malgrado ciò, il prefetto si è mostrato sempre insensibile alle richieste sindacali, talvolta senza neanche fornire una risposta.
Il 4 luglio 2007 (quindi, dopo un anno e mezzo), è stata recapitata una lettera da parte del prefetto che faceva riferimento ad una risposta della società aeroporti di Puglia, nella quale si dichiarava che per i predetti tre lavoratori non vi era alcuna possibilità di assunzione. Come lei stesso ha affermato, signor sottosegretario, voglio ricordare che tali tre lavoratori hanno impartito la formazione al predetto personale assunto dalla Società aeroporti diPag. 75Puglia, perché evidentemente quest'ultimo non possedeva le qualifiche o i profili professionali necessari per assolvere all'impegno della manutenzione degli impianti. Le chiedo, dunque, come si possa pensare di lasciare a se stesse le famiglie dei tre lavoratori che oggi, all'età di cinquanta anni sono totalmente allo sbando perché disoccupati, considerata l'impossibilità di immettersi nel mercato del lavoro, in una realtà, qual è quella rappresentata dall'Alenia che, come lei stesso ha affermato, continua ad assumere personale diretto, prescindendo dalla questione dell'indotto, sul quale credo vada fatta una riflessione a parte, data l'incapacità delle istituzioni locali nel cercare di coinvolgere l'indotto del territorio.
Come si può pensare che non si possano inserire nell'ipotesi di assunzione (cui la stessa Alenia sta procedendo) tre dipendenti che, peraltro, hanno profili professionali probabilmente simili a quelli dei tre dipendenti licenziati? Di fronte a questa mancanza e a questa insensibilità sicuramente non mi posso dichiarare soddisfatto. Anzi, sono totalmente insoddisfatto per la inerte e insensibile posizione che, di fronte a un tale e grave problema, ha avuto prima l'istituzione massima locale (ovvero la regione Puglia), e, successivamente, il Governo, per le considerazioni svolte precedentemente. L'ENAC e l'ENAV, infatti, sono organi rappresentanti del Governo e di riferimento dello stesso, mentre la società Aeroporti di Puglia è di riferimento della regione Puglia per il 98 per cento. Ho la sensazione che molto probabilmente qualcuno avrebbe accelerato e trovato alcune soluzioni se, anziché tre i licenziati fossero stati trenta (quindi, con una maggior possibilità di incidere dal punto di vista della protesta). Evidentemente, tre persone non possono avere quell'incidenza di natura politica che trenta persone, invece, potrebbero possedere.
Se questo è il Governo - sia a livello regionale, sia oggi a livello nazionale - che è vicino al mondo del lavoro in una zona particolarmente difficile quale il Mezzogiorno, con una percentuale di disoccupazione alta e in aumento, mi chiedo quali risposte possiamo fornire alla gente che attende non solo il lavoro. Non siamo in grado di fornire, infatti, adeguate risposte a chi, ormai, ha raggiunto i 50 anni e viene licenziato, dopo vent'anni, dall'oggi al domani, non perché la ditta di appartenenza ha svolto una regolare gara di appalto e l'ha persa, ma perché, a causa di una forma di consociativismo tra istituzioni pubbliche, queste ultime si mettono d'accordo, estromettono, dall'oggi al domani un'azienda che da sempre esercitava un certo lavoro e creano anche dei disservizi. Questi sono i problemi reali in ordine a cui devo prendere atto, anche se con rammarico, che il Governo non è stato in grado di fornire un'adeguata risposta alle tre famiglie ricordate, ovvero a tutta la società del Mezzogiorno e, in particolare, della Puglia.
(Problematiche relative alla diffusione della «banda larga» sul territorio nazionale - n. 2-00833)
PRESIDENTE. Il deputato Aurisicchio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00833, concernente problematiche relative alla diffusione della «banda larga» sul territorio nazionale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, questa interpellanza urgente prende le mosse dalla trasmissione al Parlamento dell'indagine conclusiva di controllo sulla gestione concernente interventi per infrastrutture a banda larga nelle aree depresse che ha svolto la Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato. L'indagine ha riguardato gli interventi già oggetto di un'iniziativa del Ministero delle comunicazioni, il quale aveva predisposto, al fine di superare il divario tecnologico esistente tra le diverse aree del Paese, un programma operativo per lo sviluppo delle infrastrutture per un importo complessivo pari a 900 milioni di euro, che fu approvato dal CIPE con la delibera del 9 maggio 2003.Pag. 76Successivamente il CIPE, con altra delibera, ha approvato uno stralcio del programma per uno stanziamento di 150 milioni di euro, che sono serviti ad attuare la parte del programma riguardante il potenziamento della dotazione infrastrutturale per la banda larga nel Mezzogiorno. Il programma fu affidato alla società Sviluppo Italia Spa, che diede vita appositamente ad un'altra società, la Infratel Italia Spa, per il 99 per cento posseduta da Sviluppo Italia e per l'1 per cento dalla società Svi Lazio Spa, con la quale il Ministero delle comunicazioni ha successivamente stipulato un accordo di programma.
Tale stanziamento di 150 milioni di euro ha riguardato alcune regioni del Mezzogiorno: vi è stato anche un cofinanziamento, a vario titolo, da parte di tali regioni, alcune con cifre abbastanza consistenti e altre con uno stanziamento pari a zero. Come ho richiamato in precedenza, su tale programma si è svolta l'indagine della Corte dei conti, le cui risultanze hanno dimostrato che vi è un ritardo consistente nell'esecuzione dei lavori; si sono palesate, altresì, alcune irregolarità nell'esecuzione del lavoro stesso, che hanno provocato una lievitazione dei costi, anche a causa dell'eccessiva l'incidenza delle consulenze, acquisite tutte intuitu personae e, quindi, in violazione dei principi di pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa. Tale aumento dei costi è stato causato anche - e soprattutto - dall'esorbitante costo del personale manageriale della Infratel Italia Spa, che è stato rendicontato in modo forfetario, con tariffe individuali che hanno raggiunto i 1.200 euro al giorno, al netto delle spese di viaggio e soggiorno. Vi è stata una forte lievitazione dei residui passivi, perché i lavori potevano essere pagati e invece ciò non è accaduto: vi è, allo stato, un ritardo nell'esecuzione dei lavori.
Complessivamente, la Corte dei conti ha giudicato l'insieme dei risultati conseguiti non soddisfacente. Da ciò deriva la nostra interpellanza urgente, che è stata presentata per conoscere quale sia l'intendimento del Ministero delle comunicazioni con riferimento alle irregolarità e alle incongruenze segnalate dalla suddetta relazione della Corte dei conti (come lo stesso Ministero, cioè, intenda rimuoverle) e, in secondo luogo, quali iniziative il Ministero intenda assumere per accelerare la realizzazione delle opere previste nel piano di rete per il complessivo importo di 150 milioni di euro e per garantire che siano conseguiti, entro i tempi stabiliti, gli obiettivi prefissati.
Interpelliamo il Ministero, altresì, per conoscere come il Governo e il Ministero delle comunicazioni intendano affrontare il grande divario esistente in questa materia riguardo alle connessioni a banda larga: nel Mezzogiorno vi è un elevato numero di aree che non sono raggiunte da alcun collegamento di questo tipo. Riteniamo che su tale aspetto si debba intervenire e che, quindi, sia necessario un programma. Ciò che è previsto nella legge finanziaria - al nostro esame nelle prossime settimane - ci sembra insufficiente. Riteniamo che su tale partita il Governo debba e possa fare di più (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le comunicazioni, Luigi Vimercati, ha facoltà di rispondere.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, in relazione all'atto parlamentare presentato, si ritiene opportuno far rilevare che l'attività di investimento in infrastrutture di telecomunicazioni - in particolare per quelle a larga banda - è stata orientata in modo da non duplicare le infrastrutture esistenti, ottimizzando le risorse disponibili. Ciò comporta un'elevata attività di collaborazione con gli enti locali nella condivisione dei progetti di infrastrutture nel territorio, che subordina l'attuazione pratica a numerosi passaggi amministrativi di natura autorizzativa che possono condizionare la tempistica delle diverse fasi operative dei lavori da realizzare. Ai fini di una corretta valutazione dei dati relativi agli indici di coperturaPag. 77della banda larga nel Paese, si deve tenere conto - come peraltro chiaramente evidenziato nella relazione della Corte dei conti (nella tabella n. 11) - che le risorse inizialmente assegnate al «Programma banda larga» erano pari a 325 milioni di euro, stanziamento che successive rimodulazioni operate dalle leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006 hanno ridotto a 136,1 milioni di euro, mentre la reale dotazione finanziaria disponibile è stata di 62 milioni 329 mila euro.
Così come è facilmente deducibile dall'attenta e compiuta lettura dei dati suddetti, la potenzialità degli investimenti per le infrastrutture a banda larga ha subito, in corso d'opera, un abbattimento dell'80 per cento. Ne discende che, poiché a livello di copertura della banda larga nel territorio non può prescindere dall'entità e dalla stabilità delle risorse impiegate, il processo di attuazione ha subito dei rallentamenti, le cui cause vanno verosimilmente ricercate nelle probabili difficoltà incontrate nella fase di avvio dei lavori. Tuttavia, il programma di interventi è in avanzata fase di esecuzione, in quanto è stata completata integralmente la progettazione preliminare dei chilometri di rete di telecomunicazioni abilitanti alla banda larga, in fibra ottica, previsti nella programmazione di intervento consolidata, (pari a circa 1.725 chilometri) e, nell'ottica di prosecuzione degli interventi, è stata effettuata la progettazione preliminare di circa 70 chilometri ulteriori di infrastrutture in fibra ottica.
A testimonianza della bontà degli interventi avviati, la società Infratel ha riferito che gli investimenti allocati alla cooperazione di intervento da parte delle amministrazioni regionali sono aumentati rispetto a quelli iniziali, ed ha indicato, a titolo di esempio, la regione Basilicata (che li ha aumentati di ben 7 milioni di euro) e l'Emilia-Romagna (che ha recentemente previsto l'apporto di 4,3 milioni di euro). Segnatamente alle modalità di affidamento degli incarichi tecnici di consulenza effettuati dalla società Infratel Spa e alla «carente formulazione dell'accordo di programma con la suddetta società Infratel Spa», si precisa che tale accordo di programma è stato stipulato (il 22 dicembre 2005) tra la precedente gestione amministrativa del Ministero delle comunicazioni ed Infratel Spa e regolarmente registrato dalla Corte dei conti (in data 15 febbraio 2006). Tuttavia, la stessa Corte dei conti, che ha anche audito il segretario generale del Ministero delle comunicazioni (il 28 settembre scorso), dà atto che il Ministero, avendo riscontrato un contesto di norme e accordi non sempre coerente e adeguato, intende ridiscutere l'accordo in questione. In particolare, questa amministrazione ha già comunicato, a partire dallo scorso mese di maggio, ai vertici amministrativi della società capogruppo di Infratel (ex Sviluppo Italia Spa, ora ridenominata Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa) la necessità urgente di revisionare il citato accordo di programma per riformularne l'intera struttura, che presenta numerose incongruenze.
La stessa relazione della Corte dei conti prende atto di tali anomalie, sia per quanto riguarda la composizione del Comitato di indirizzo, organo previsto dall'articolo 11 dell'accordo di programma con funzione di indirizzo, coordinamento, monitoraggio e verifica dell'attuazione della convenzione stessa, sia per la facoltà di avvalersi, da parte del Ministero, di consulenze esterne ai fini della valutazione delle rendicontazioni presentate da Infratel Spa (in controtendenza con la necessità, più volte espressa dal legislatore, di contenimento della spesa pubblica). Nella stessa sede, la Corte dei conti mette in luce l'assenza delle procedure di scelta da parte di Infratel Spa nell'affidamento degli incarichi di consulenza esterna e le modalità di destinazione degli utili di gestione, sottolineando che, nella pubblica adunanza, l'amministrazione ha condiviso la necessità di una puntualizzazione in merito.
Per quanto riguarda il quadro finanziario, la relazione ha evidenziato che l'ingente accumulo dei residui sul capitolo del Ministero destinato ai pagamenti (capitolo 7230) è stato determinato dalle riduzioni delle dotazioni di cassa stabilitePag. 78dalle leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006. Tale ridotta capacità di cassa, determinatasi per cause indipendenti dall'operare del Ministero, non ha comunque finora comportato pregiudizi alla realizzazione delle opere, in quanto la società Infratel ha potuto disporre di un anticipo del 15 per cento dell'ammontare stanziato per ogni annualità.
È bene ribadire che l'allungamento dei tempi di pagamento è stato causato da una più puntuale attività di controllo precedentemente non compiutamente esercitata. Il Ministero, infatti, ha già rappresentato alla società Infratel che le rendicontazioni presentate non consentivano di verificare la corrispondenza tra i dati risultanti dalla contabilità e dai documenti giustificativi e le risultanze di fatto. A tale proposito sono state inoltrate richieste di documentazione integrativa riguardante la descrizione analitica delle attività svolte relativamente al personale (elenco nominativi, specificazione qualifica e professionale, specificazione del ruolo e della funzione), all'elenco delle spese sostenute per servizi e consulenze di società o organismi (con le inerenti specificazioni delle motivazioni dell'incarico, l'avvenuta valutazione di professionalità qualificate all'interno dell'azienda, l'oggetto, la durata e il costo di ogni singola prestazione), i costi analitici di viaggi e spese di missione, costi di funzionamento degli organi sociali, costi di locazione, arredo e gestione degli uffici, costi riconducibili alla realizzazione delle opere (servizi connessi alla realizzazione delle opere, costi accessori quali assicurazione depositi cauzionali, attività di progettazione e direzione lavori), nonché specificazione delle spese sostenute per ogni singola tratta delle opere da realizzare.
Nel far presente che tale documentazione non veniva richiesta nella precedente gestione amministrativa, è evidente come la descritta puntuale attività di controllo posta in essere abbia allungato i tempi e le modalità di pagamento evidenziate dalla relazione della Corte dei conti. Sulla nuova tipologia di documentazione richiesta il Ministero delle comunicazioni disporrà d'intesa con i rinnovati vertici di Infratel Spa controlli a campione finalizzati al concreto accertamento della piena ed efficace realizzazione delle opere e dei progetti.
Nel contesto evidenziato, il Ministero non ha liquidato nessun report relativo ad attività ma ha solo corrisposto gli acconti annuali previsti dall'articolo 10 dell'accordo di programma per un totale di 6.446.739 euro (2.512.418 come saldo anticipo per il 2006 e 3.934.321 come anticipo per il 2007).
Questi tempi di pagamento potranno essere ridotti già nei prossimi giorni valutando la documentazione presentata e procedendo quindi alla liquidazione di somme per totali 19.782.068 euro.
Per concludere non può sottacersi che i rilievi critici evidenziati dalla Corte di conti erano già stati oggetto di comunicazione anche di natura formale da parte del Ministero delle comunicazioni ai vertici della società Infratel Spa e Sviluppo Italia Spa nonché al presidente del comitato di indirizzo (note allegate del 16 maggio 2007 protocollo n. 34225, del 22 maggio 2007 protocollo n. 35909 e del 31 maggio 2007 protocollo n. 38969) mentre è da segnalare che tutta la nuova reportistica prodotta dalla società Infratel Spa relativa all'anno 2007 è conforme alle nuove indicazioni.
PRESIDENTE. Il deputato Scotto, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor sottosegretario, possiamo ritenerci soddisfatti della risposta soprattutto perché veniamo a conoscenza che, nonostante una fase iniziale di rallentamento dell'avvio dei lavori, oggi possiamo considerarci a pieno regime.
Riteniamo importante che si annunci - è una notizia di poche settimane fa - da parte del Governo la urgente necessità di revisionare l'accordo di programma e l'idea di effettuare controlli a campione rispetto alla reale realizzazione dell'opera infrastrutturale. È, altresì, importante anche che si preveda una vigilanza rispetto alPag. 79capitolo, forse più negativo e più odioso, degli sprechi di fronte a una questione enorme come è quella della riduzione del digital divide tra territori interni nel nostro Paese.
Su questo argomento annunciamo fin d'ora che Sinistra Democratica ha intenzione di presentare in sede di esame del disegno di legge finanziaria degli emendamenti per incrementare il fondo per la banda larga.
D'altra parte questa è una delle grandi questioni del nostro tempo. Desidero soltanto sottolineare un aspetto. È chiaro che su questo terreno occorre uno scatto da parte del Governo e da parte di tutta la politica. Berlusconi aveva realizzato una campagna elettorale molto forte sul tema delle tre «i», in particolare, dell'innovazione tecnologica e di Internet, tuttavia i dati della riduzione tra il 2005 e il 2006 degli investimenti in banda larga ci fanno comprendere quanto quella promessa elettorale si sia rivelata in realtà una promessa non mantenuta, una bugia.
Ci troviamo di fronte ad una delle grandi questioni del nostro tempo, ad una delle sfide fondamentali che consentirebbe alle aree più povere e arretrate del mondo di emanciparsi dalla povertà e dal sottosviluppo, ovverosia da quella gabbia che non consente a interi continenti di emergere e rispondere alle sfide di una globalizzazione predatoria, che, oltre a sottrarre e a privatizzare risorse, elimina anche la possibilità di accedere alla conoscenza, al sapere, che è anche lo strumento fondamentale per poter crescere in democrazia e sotto il profilo culturale. Tutto ciò vale, a maggior ragione, anche nel Mezzogiorno d'Italia, dove gli elementi di sottosviluppo, di arretramento della crescita e di impossibilità, oggi, di competere con altre aree del Paese e di raccogliere le sfide dell'Unione europea sono più forti, e dove gli strumenti per accedere alla conoscenza e ai mezzi di comunicazione fondamentali e sempre più essenziali sono minori.
La domanda sorge spontanea: ci chiediamo perché un ragazzo di Atena Lucana, che aspetta da tempo la banda larga, non possa avere a disposizione gli stessi mezzi di un ragazzo di Brescia, e quindi la possibilità, da questo punto di vista, di essere alla pari di quello, di accedere a informazioni, di costruirsi una competenza per il lavoro, e non esser quindi costretto, come dicono tutti i rapporti degli ultimi tempi, compreso quello Svimez, a dover emigrare e a dover fare una scelta lontana dal proprio territorio.
Questa è la nostra richiesta, per cui siamo soddisfatti della risposta che abbiamo ricevuto e annunciamo che continueremo nell'impegno e nella sfida perché questo tipo di infrastruttura, che è fondamentale, possa essere appannaggio di tutti i cittadini nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
(Iniziative per la piena attuazione della legge n. 482 del 1999, al fine di garantire l'avvio delle trasmissioni radio-televisive in lingua friulana - n. 2-00851)
PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00851, concernente iniziative per la piena attuazione della legge n. 482 del 1999, al fine di garantire l'avvio delle trasmissioni radio-televisive in lingua friulana (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, numerose istituzioni pubbliche e private del Friuli e ovviamente anche i Socialisti del Nuovo PSI, che rappresento in questa Camera dei deputati, hanno manifestato un fortissimo disagio riguardo alla mancata applicazione, in sede di sottoscrizione del nuovo contratto nazionale di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI 2007-2009, di quanto previsto dalla legge citata, la n. 482 del 1999, in tema di tutela delle minoranze linguistiche storiche, con particolare riferimento all'avvio delle trasmissioni radiotelevisive in lingua friulana.
Nel corso degli ultimi anni si sono susseguiti numerosi incontri con i presidenti della RAI e con i Ministri dellePag. 80comunicazioni e importanti esponenti delle istituzioni locali su tale argomento, e sono stati formulati numerosi appelli al riguardo da parte del presidente della regione, dal presidente della provincia di Udine, dal sindaco di Udine, dal presidente della Confemili, da autorevoli esponenti della chiesa friulana, dalla stampa locale, dai sindacati dei giornalisti e da esponenti dell'associazionismo friulano.
Negli appelli sopracitati si richiedeva che il contratto in parola recepisse i precisi adempimenti previsti dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 345 del 2001, recante il regolamento attuativo della legge n. 482 delle 1999.
Secondo quest'ultimo «La convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e il conseguente contratto di servizio individuano, di preferenza nel territorio di appartenenza di ciascuna minoranza, la sede della società stessa cui sono attribuite le attività di tutela della minoranza, nonché il contenuto minimo della tutela, attraverso la prevista attuazione per ciascuna lingua minoritaria di una delle misure oggetto delle previsioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie».
La norma della Carta europea prevede, a sua volta tre livelli di tutela, a seconda della pur consistente diffusione delle minoranze linguistiche coinvolte: assicurare la creazione di almeno una emittente radiofonica e di un canale televisivo nelle lingue regionali o minoritarie, oppure incoraggiare e/o facilitare la creazione di almeno una emittente radiofonica o di un canale televisivo nelle lingue regionali o minoritarie, oppure ancora prendere adeguati provvedimenti affinché gli enti radiotelevisivi programmino delle trasmissioni nelle lingue regionali o minoritarie. Solamente l'effettiva attuazione di quanto previsto dal regolamento attuativo della legge n. 482 del 1999 può permettere il concreto avvio delle trasmissioni nelle lingue minoritarie riconosciute dallo Stato italiano e, in particolare, la definizione di una programmazione stabile e strutturata in lingua friulana presso la sede regionale della RAI, come richiesto dalle citate istituzioni friulane e, soprattutto, da migliaia e migliaia di cittadini di cui noi della Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI abbiamo raccolto le proteste: la invito a interpellarli, signor sottosegretario.
Al contrario, nel nuovo contratto di servizio non viene data attuazione alla citata normativa sul principio di tutela delle minoranze linguistiche. Tale decisione ha creato molto malcontento nell'opinione pubblica friulana, non solo perché perpetua la completa disapplicazione di una legge, già verificatasi in occasione del precedente contratto di servizio, ma anche perché disattende completamente il parere formulato all'unanimità nella seduta del 14 febbraio 2007 dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, dove si chiedeva la piena attuazione della legge n. 482 del 1999.
Quindi, quali sono, signor sottosegretario, le iniziative che il suo Ministero intende avviare per concordare con le istituzioni di riferimento le misure da porre in essere al fine di garantire l'avvio delle trasmissioni radio-televisive in lingua friulana, giungendo finalmente all'attuazione della legge n. 482 del 1999?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le comunicazioni, Luigi Vimercati, ha facoltà di rispondere.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, in proposito si fa presente che la legge n. 482 del 1999, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, prevede, all'articolo 12, che la convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria RAI, assicuri la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza oltre alla possibilità, per le regioni interessate, di stipulare apposite convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ovvero appositiPag. 81accordi con le emittenti locali, al fine di diffondere trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a tutela.
Nell'evidenziare che l'articolo 11 del nuovo contratto di servizio 2007/2009 (approvato con decreto del Ministro delle comunicazioni del 6 aprile 2007) fa specifico riferimento alle disposizioni della legge n. 482 del 1999 nell'ottica della valorizzazione delle istituzioni e delle culture locali, si fa presente che lo stesso articolo prevede che tra la RAI e le regioni e le province autonome possano essere stipulate specifiche convenzioni. È, inoltre, previsto che la RAI effettui, per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri e sulla base di apposite convenzioni, servizi per le minoranze culturali e linguistiche, come previsto dalla legge n. 103 del 1975, con l'impegno ad assicurare una programmazione rispettosa dei diritti delle minoranze stesse nelle zone di appartenenza. Con riferimento alle suddette convenzioni, la RAI si è impegnata, in particolare, ad effettuare trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
Si ritiene utile ricordare, inoltre, che l'articolo 17, comma 2, lettera f) della legge n. 112 del 2004 prevede che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve garantire la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (con ciò riproducendo la previsione dell'articolo 19 della legge n. 103 del 1975).
La stessa legge n. 112 del 2004, all'articolo 16, comma 2, lettera e), prevede la definizione, da parte della legislazione regionale, di specifici compiti di pubblico servizio che la società RAI è tenuta ad adempiere nell'orario e nella rete di programmazione destinati alla diffusione di contenuti in ambito regionale, contemplando la possibilità di stipulare specifici contratti di servizio con la RAI non più solo su base nazionale, ma anche su base regionale.
Per quanto riguarda le emittenti private, va precisato che l'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo n. 177 del 2005, recante il testo unico della radiotelevisione, prevede che l'esercizio della radiodiffusione nell'ambito del territorio in cui risiedono le minoranze linguistiche riconosciute, è consentito previo rilascio dell'autorizzazione da parte del Ministero delle comunicazioni, che assegna le frequenze per il funzionamento dei suddetti impianti alle stesse condizioni stabilite per le emittenti televisive a carattere comunitario.
Ne discende che le domande per l'autorizzazione a trasmettere programmi in lingua storica riconosciuta possono essere avanzate da associazioni riconosciute o non riconosciute, fondazioni e cooperative senza scopo di lucro, che si impegnano a trasmettere programmi originali autoprodotti a carattere culturale, etnico, politico e religioso per almeno il 50 per cento dell'orario di trasmissione giornaliero compreso fra le ore 7 e le ore 21, con non più del cinque per cento di pubblicità per ogni ora di diffusione.
Tutto ciò premesso, si fa presente che agli atti del Ministero risulta pervenuta una sola richiesta di autorizzazione per la trasmissione in lingua friulana (a fronte di undici richieste pervenute dalle altre zone dove insistono le minoranze linguistiche storiche).
Per completezza di informazione si comunica che, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 11 del Contratto di servizio, la Commissione paritetica Ministero delle comunicazioni-RAI, cui è attribuito il compito di definire le più efficaci modalità operative per l'applicazione della citata disposizione, nel corso di due riunioni tenutesi con i rappresentanti delle istituzioni friulane nello scorso mese di ottobre, ha preso atto di un documento presentato dalla RAI, che espone un progetto pilota sperimentale e innovativo per le trasmissioni in lingua friulana. In particolare, si delinea un potenziamento e sviluppo, siaPag. 82in termini quantitativi che qualitativi, delle trasmissioni radiofoniche e televisive della RAI in lingua friulana. Il progetto, già condiviso da rappresentanti delle istituzioni della regione Friuli-Venezia Giulia, sarà oggetto di una riunione risolutiva, che si svolgerà la prossima settimana ad Udine con i rappresentanti della RAI e del Ministero per definire le ultime modalità attuative (tra cui la possibile data di inizio della sperimentazione: 1o gennaio 2008), di realizzazione e messa in opera del suddetto progetto
Tutto ciò, ovviamente in attesa della definitiva approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge di ratifica della Carta europea delle lingue minoritarie, che consentirà la stipula di apposite convenzioni, sul modello di quanto già avviene per le lingue minoritarie di cui alla legge n. 103 del 1975.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la meticolosa e precisa risposta - soprattutto per il riferimento alla data del 1o gennaio 2008 - e per aver ricordato - anche se lo avevo già fatto io - la norma della Carta europea che prevede i tre livelli di tutela in base alla consistenza delle minoranze linguistiche: ci auguriamo che il Parlamento l'approvi quanto prima.
È significativo che questa interpellanza urgente provenga da un toscano, ossia da chi è nato dove è nata la lingua italiana. Pertanto, potrebbe essere abbastanza paradossale che si chieda che anche le minoranze linguistiche, soprattutto quelle considerate storiche e riconosciute, debbano essere tutelate. Tuttavia l'ho presentata, perché le leggi devono essere applicate e non solo interpretate. È inutile che ci sforziamo di approvare leggi volte alla tutela e al riconoscimento di lingue storiche, quando poi la Rai - che in questo caso è il soggetto «cattivo»- non si conforma a ciò che fa il Parlamento, ma è un organo a se stante che fa ciò che vuole, come dimostrano ampiamente la mia interpellanza urgente e il comportamento di tale azienda. Lei stesso, giustamente, ha affermato che ce la si può fare dal 1o gennaio 2008. Io, invece, sono sicuro che non sarà cosi, neanche del 1o gennaio 2009. Comunque, nel concludere vorrei far presente che, già nel corso della seduta, poc'anzi citata, del 14 febbraio 2007 (ossia meno di sei mesi fa) la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, ha richiesto, all'unanimità, l'attuazione della legge n. 482 del 1999, facendo anche riferimento (nella stessa riunione) alla tutela delle minoranze linguistiche e ovviamente a quelle che parlano lingue riconosciute storiche.
Invece, la Rai non lo sta facendo, anche contro le richieste legittime di presidenti di regioni, province autonome e sindaci, che si stanno battendo per applicare una legge approvata dal Parlamento. Ci auguriamo che la norma della Carta europea venga attuata: essa, infatti, prevede altri tre livelli di tutela cui sono interessati anche alcuni dialetti (compreso quello toscano), di cui non devono essere perdute le radici, né ovviamente deve essere tralasciato il nostro retaggio storico-culturale. Questo è senso della mia interpellanza urgente. Comunque, signor sottosegretario, la ringrazio: lei ce l'ha messa tutta, ma la Rai è bocciata. Credo che la maggioranza degli italiani la stia bocciando in questo momento. Pertanto, non ho detto sicuramente una novità!
(Ritiro dell'interpellanza urgente Barani n. 2-00852)
PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza urgente Barani e Cirino Pomicino n. 2-00852, concernente iniziative per l'applicazione delle procedure di stabilizzazione previste dalla legge finanziaria per il 2007 al personale militare del Ministero della difesa, è stata ritirata in data odierna dai presentatori.
Pag. 83(Modalità di assegnazione dei fondi previsti dalla legge finanziaria 2007 per il finanziamento di progetti relativi alla ricerca sulle malattie rare e sulle cellule staminali - n. 2-00850)
PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00850, concernente modalità di assegnazione dei fondi previsti dalla legge finanziaria 2007 per il finanziamento di progetti relativi alla ricerca sulle malattie rare e sulle cellule esaminati (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11).
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, questa interpellanza urgente riprende, in parte, le richieste fatte da tre ricercatori che avevano inviato una lettera al Ministro della salute. Non avendo ricevuto risposta direttamente dal Ministero, tale lettera è stata pubblicata dagli organi di stampa. Pertanto, ho ritenuto utile che, perlomeno in questa sede istituzionale, la stessa trovasse una risposta. Questa è la vicenda: Elena Cattaneo, Paolo Bianco e Ranieri Cancedda - illustri ricercatori italiani noti a livello mondiale - hanno inviato una lettera riguardo ai finanziamenti previsti nella legge finanziaria per l'anno 2007, con la quale sono stati stanziati tre milioni di euro per la ricerca sulle malattie rare e sulle cellule staminali, denunciando al Ministro della salute Livia Turco che vi sono «circostanze che destano grande preoccupazione, rivestono significato generale e necessitano, a nostro giudizio, di intervento autorevole e correttivo».
Nella lettera si precisa che i tre milioni di euro, a quel che risulta, sono gestiti «direttamente dal Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità e sono già stati assegnati, per ammissione anche pubblica di alcuni ricercatori» (Angelo Vescovi su Avvenire), «ma non risulta che sia stato pubblicato un bando o che singoli ricercatori o istituzioni abbiano potuto liberamente presentare progetti o domande di finanziamento».
I tre ricercatori hanno fatto presente al Ministro interpellato, quindi, che «richieste di informazioni rivolte al direttore dell'Istituto superiore di sanità da più membri della comunità scientifica, al fine di conoscere chi avesse definito e valutato la destinazione dei fondi e secondo quale procedura, sono rimaste eluse, pur ottenendo obliquo quanto inequivocabile riscontro di una procedura di assegnazione di risorse che non appare accettabile».
Per quanto riguarda le «richieste di informazioni rivolte al direttore dell'Istituto superiore di sanità» si fa riferimento a quanto richiesto dai ricercatori, precedentemente alla lettera al Ministro interpellato, direttamente al presidente dell'Istituto superiore di sanità, Enrico Garaci, e alla sua risposta, secondo la quale i finanziamenti «rappresentano una piccola percentuale dei fondi dell'ex articolo 12, ma il più delle volte essi vanno a coprire esigenze pressanti o argomenti di particolare interesse politico e sanitario in questi progetti pure per l'esiguità delle risorse vengono limitati gli obiettivi e individuate le strutture da coinvolgere sempre nell'ambito dei destinatari istituzionali».
Garaci ha anche scritto: «faccio presente che la valutazione di tale progetto è in corso perché nel frattempo è intervenuta la nomina di una nuova commissione: alcune informazioni richieste quindi non sono, al momento, disponibili». Quindi si conferma che vi siano assegnazioni in corso, in assenza di adeguata e trasparente pubblicità.
I tre ricercatori, nella lettera al Ministro interpellato, precisano che tale comportamento e modo di finanziare la ricerca sulle staminali è sintetizzato nel neo-anglismo top-down. In realtà questa procedura, che non appartiene ad alcuna realtà scientifica internazionale, «consisterebbe nella attribuzione» anomala e aberrante «di risorse lungo una catena che, dalla commissione ministeriale, procederebbe verso una singola istituzione e singoli ricercatori, a loro volta investiti della facoltà di cooptare nell'accesso al finanziamento altre istituzioni e altri ricercatori di loro personale scelta, anche nell'ambito del mondo universitario».Pag. 84
Potremmo definirlo un meccanismo di cooptazione, di passaparola tra ricercatori che si avvertono dell'esistenza di un progetto, di finanziamenti e delle modalità per accedervi. Secondo quanto scritto nella lettera, per i ricercatori «in base alle informazioni disponibili, la situazione descritta configurerebbe un caso esemplare di impropria attribuzione di finanziamenti pubblici per la ricerca, secondo una prassi distante anni luce dalle normali procedure di assegnazione di risorse per la ricerca (peer-review), storicamente concepite proprio per escludere qualunque forma (o parvenza) di diretta negoziazione tra pubblica amministrazione e singoli ricercatori o istituzioni scientifiche».
Tralascio altre parti della lettera, per ricordare come lo stesso sottosegretario Zucchelli rispose ad un'interrogazione che cercava di fare chiarezza su una commissione del 2001 sulle cellule staminali. Grazie a tale interrogazione ed alle risposte fornite dal Ministero della salute è venuto alla luce che, effettivamente, quei metodi poco trasparenti erano utilizzati per una vera e propria spartizione di fondi pubblici. Esistevano, cioè, dei bandi di concorso, ma anche delle commissioni, che valutavano i progetti che chiedevano i finanziamenti, ed i componenti di tali commissioni erano anche i presentatori di studi e ricerche per i quali si chiedevano i finanziamenti: dunque, le persone che chiedevano i soldi erano le stesse che decidevano a chi assegnarli, e va da sé che se li assegnavano.
Rispondendo a queste interrogazioni, lo stesso sottosegretario Zucchelli dichiarò: «a nostro avviso la disciplina della procedura seguita non garantisce adeguatamente la trasparenza». Egli preannunciò che, da allora in poi, tale metodo non si sarebbe più potuto utilizzare.
Ricordo però che quel metodo era in vigore grazie alle decisioni della Commissione sulle cellule staminali presieduta da Enrico Garaci, il quale, allo stesso tempo, era anche presidente dell'Istituto superiore della sanità. Oggi ci troviamo nella medesima situazione: Enrico Garaci è infatti ancora presidente dell'Istituto, ove è stato confermato proprio nei giorni scorsi, nonostante le molte polemiche da parte dei ricercatori, nonostante le votazioni contrarie da parte di un ramo del Parlamento (mi riferisco alla Commissione igiene e sanità del Senato), e nonostante alcune situazioni non chiare (tanto che vi sono denunce in procura e relazioni della Corte dei conti) che segnalano di trovarsi anche questa volta - dal momento che a presiedere l'Istituto superiore della sanità è ancora la stessa persona che lo presiedeva nel 2001, e considerate anche le risposte che il presidente Garaci faceva circolare - di fronte ad una spartizione di soldi pubblici.
In breve, dunque, con l'interpellanza in discussione si chiede anzitutto se i finanziamenti in oggetto siano stati effettivamente assegnati, a chi e secondo quale procedura siano stati assegnati, e quali siano stati i progetti finanziati. Soprattutto, nel caso in cui le risposte fossero positive, se cioè effettivamente i fondi previsti sono stati assegnati, si domanda se non sia il caso di sospendere la procedura per ripartire dall'impegno originariamente assunto dal Ministero e dal sottosegretario Zucchelli di adottare altri tipi di procedure per assegnare i soldi pubblici.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Serafino Zucchelli, ha facoltà di rispondere.
SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, i tre quesiti posti dagli onorevoli interpellanti offrono l'occasione per fare piena chiarezza su una vicenda che ha trovato vasta eco nel mondo scientifico italiano e nell'opinione pubblica, relativamente ad una presunta mancanza di trasparenza nelle modalità di attribuzione dei finanziamenti pubblici per la ricerca scientifica. Gli onorevoli interpellanti hanno citato la legge finanziaria per l'anno 2007 che, all'articolo 1, comma 813, ha previsto per gli anni 2007, 2008 e 2009 - nell'utilizzazione delle risorse previste nella Tabella C, allegata alla stessa legge, destinate al finanziamento diPag. 85progetti di ricerca sanitaria ai sensi degli articoli 12 e 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - lo stanziamento per ciascun anno di 3 milioni di euro, vincolati al finanziamento, fra gli altri, di progetti per l'utilizzazione di cellule staminali.
Si rileva che tutti i finanziamenti previsti dalla norma citata sono indirizzati esclusivamente ai destinatari istituzionali dei fondi per la ricerca assegnati al Ministero della salute (regioni, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, Istituto superiore di sanità, Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, istituti zooprofilattici, Agenzia per i servizi sanitari regionali), allo scopo di implementare una ricerca che garantisca una significativa ricaduta sul servizio sanitario nazionale con il conseguimento degli obiettivi prefissati dal piano sanitario. Possono inoltre concorrere alla realizzazione di tali progetti anche soggetti diversi dai suddetti destinatari istituzionali - quali università, enti di ricerca pubblici e privati, aziende pubbliche e private - sulla base però di specifici accordi.
Quanto lamentato dagli interpellanti si fonda su un presupposto inesistente, ossia che i finanziamenti citati siano stati già assegnati in mancanza di un regolare bando pubblico. Tale presupposto viene formalmente, e con fermezza, smentito dal Ministero della salute. Preciso che l'ormai soppressa Commissione nazionale della ricerca sanitaria, nel marzo 2007, si era limitata ad individuare l'Istituto superiore di sanità - nella sua qualità di organo di vertice tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale - quale soggetto coordinatore per la definizione di un progetto di fattibilità in materia di ricerca sulle cellule staminali: progetto che, in quanto tale, esclude qualsiasi possibile individuazione di destinatari di stanziamenti. Successivamente, nello scorso mese di settembre, il Ministro ha istituito la nuova Commissione, presieduta dallo stesso Ministro, nella cui seduta di insediamento l'organo politico ha fornito una precisa disposizione al riguardo della questione in oggetto, richiedendo che l'assegnazione dei fondi avvenga con bando pubblico e con una procedura di valutazione dei progetti pervenuti da parte di referee esterni, in conformità con i principi di imparzialità e trasparenza che vengono invocati nell'atto parlamentare.
Sottolineo che in qualità di vicepresidente della commissione è stato nominato il professor Alessandro Liberati, da anni alla guida del Cochrane italiano, che è l'ente di valutazione delle ricerche cliniche e della medicina basata sull'evidenza, tra i più quotati nel mondo anche per la propria totale estraneità rispetto al mondo dell'industria farmaceutica.
Preciso anche che, nella prossima seduta del 5 dicembre, la commissione dovrà individuare la metodologia da seguire secondo l'indicazione del Ministro di pervenire, nei tempi più rapidi possibili e fatto ovviamente salvo il rispetto del regolare svolgimento delle procedure di bando, all'assegnazione delle risorse economiche previste.
E proprio a questo riguardo sottolineo che la somma complessiva è salita a 8 milioni di euro, in quanto nelle more dell'assegnazione dei 3 milioni stanziati per il 2007 dall'articolo 1, comma 813, della legge finanziaria vigente il Ministero della salute ha, nel frattempo, acquisito la disponibilità di altri cinque milioni di euro, finalizzati alla ricerca sulle cellule staminali.
Merita di essere ricordato, a testimonianza di un impegno mantenuto, che tra i primi provvedimenti del Ministro Livia Turco vi è stata la revoca del decreto ministeriale 23 febbraio 2006, con il quale il Ministro della salute pro tempore aveva erogato finanziamenti per la ricerca finalizzata con un'assegnazione diretta ad alcuni centri di ricerca.
Il decreto del Ministro Livia Turco del 21 luglio 2006 ha invece introdotto il criterio del bando pubblico, con la previsione di una commissione esterna per la valutazione dei progetti pervenuti. Secondo quanto previsto dal suddetto decreto nel 2006 sono state assegnati 100 milioni di euro per la ricerca finalizzata e, proprio nei giorni scorsi, è stato pubblicatoPag. 86sul sito istituzionale del Ministero il bando per la ricerca finalizzata 2007, per un totale di 76 milioni di euro.
Ricordo, inoltre, che la legge finanziaria del 2006 ha riservato 15 milioni di euro ai ricercatori italiani con età inferiore ai quarant'anni. A breve termine sarà pubblicato sul sito istituzionale anche questo bando. Inoltre, aggiungo che nel disegno di legge finanziaria in discussione la percentuale del 5 per cento del fondo per la ricerca del Servizio sanitario nazionale destinato ai ricercatori al di sotto dei quarant'anni sarà aumentato al 10 per cento. Tale disposizione è stata già approvata. Un'analoga percentuale è stata ottenuta dal Fondo per la ricerca universitaria, per cui le somme a favore dei giovani ricercatori sono fortissimamente incrementate.
Quanto detto fornisce un'ulteriore conferma a quanto era stato garantito in occasione delle precedenti risposte fornite sull'argomento all'onorevole Poretti, relativamente al fermo intendimento del Ministro della salute di garantire la massima trasparenza nelle metodologie e procedure di assegnazione dei fondi nel settore della ricerca. Appare evidente che tale intendimento ha trovato concreta applicazione nelle iniziative finora adottate.
PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di replicare.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, mi posso dichiarare soddisfatta e se potessi esprimermi con una battuta direi che forse, questa volta, il colpo è stato sventato. Infatti, ricordo che insieme al sottosegretario ci siamo esercitati in interrogazioni e risposte perché, sia tale questione, sia l'impegno del Ministro, risalivano all'episodio della commissione sulle cellule staminali del 2001, che ho precedentemente citato.
All'epoca, purtroppo, i riflettori si sono accesi troppo tardi, sicuramente grazie ad un cambio di Governo e ad alcune interrogazioni che hanno ricevuto risposte. In questa occasione i riflettori si sono accesi molto prima e credo che sia il chiarimento, sia l'impegno, rinnovati anche oggi da parte del sottosegretario, siano stati davvero utilissimi. Tuttavia, non posso non notare un aspetto. Al momento siamo in aula ma stamattina abbiamo tutti letto purtroppo le notizie riportate dai giornali.
In un'intervista apparsa sul quotidiano La Stampa il Ministro Turco rivolge un attacco durissimo ai nostri tre ricercatori che chiedevano chiarimenti. Se è vero che i chiarimenti giustamente sono stati offerti oggi dal sottosegretario in risposta all'interpellanza urgente da me presentata, il Ministro Turco ha attaccato, a mio avviso, in modo troppo forte - forse era troppo arrabbiata per essere lucida e rispondere in maniera misurata - i ricercatori definendoli «bande in guerra». I nostri tre ricercatori, citati nella lettera, domandavano chiarimenti e chiedevano che i fondi fossero assegnati seguendo regole di trasparenza, le stesse sulle quali si sta impegnando il Ministero. Ebbene, a fronte di tali richieste, il Ministro ha messo tutti nello stesso calderone «guerre per bande» di chi, evidentemente, vuole spartirsi una parte di soldi pubblici. Credo che se il Ministro avesse risposto a suo tempo, in maniera calma e non così arrabbiata come nell'intervista di oggi, forse ci saremmo anche risparmiati questa interpellanza urgente. Evidentemente però, un motivo c'è stato se, fin dall'inizio, non è stata data una risposta alle richieste che provenivano dal mondo scientifico. Probabilmente, questo tempo è stato anche impiegato per cercare di capire quanto stesse accadendo all'interno dell'Istituto superiore di sanità.
Di sicuro, oggi si afferma che l'Istituto superiore di sanità non stava assegnando fondi o che comunque essi non sono stati e non saranno assegnati con i noti metodi del 2001. Ovviamente rimane un interrogativo lasciato aperto dal Ministro che, nell'intervista a La Stampa, loda solo ed esclusivamente l'unica persona che aveva applicato metodi non trasparenti. Infatti, l'unica persona che, per l'appunto, è degna di essere lodata dal Ministro, in questo frangente, è Enrico Garaci, confermato alla presidenza dell'Istituto superiore di sanità, lo stesso che, grazie anche ai provvedimentiPag. 87del Governo e del Ministro precedenti, ha potuto spartire soldi pubblici. Oggi non vi sono più tali provvedimenti e vi sono altri metodi.
Confermare sempre le stesse persone, che hanno adottato metodi non trasparenti, forse non è la migliore misura cautelativa che si potesse adottare. Forse non sarebbe stato male cambiare. È inutile ricordare gli articoli di giornale che hanno definito il predetto come un «inaffondabile», un uomo di Comunione e Liberazione prima e di Scienza e Vita oggi che, per l'appunto, ha spartito e destinato soldi pubblici agli amici fin dal 2001. Forse davvero oggi poteva essere una buona occasione per dare un cambio a tale vertice, con il metodo che ha riconfermato oggi il sottosegretario Zucchelli. Forse anche un cambio negli uomini sarebbe stato davvero utile.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Sperandio n. 2-00853)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Sperandio n. 2-00853, concernente gestione del Centro di permanenza temporanea di Lamezia Terme e iniziative per il superamento di tali strutture è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.