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Si riprende la discussione.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3178-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Per dare ordine ai nostri lavori avverto i colleghi che il voto non avrà luogo prima delle ore 14.
Ricordo sin d'ora che dopo la votazione finale di questo provvedimento sono previsti all'ordine del giorno altri punti con votazioni, che dovranno comunque svolgersi nel pomeriggio di oggi. Si tratta in particolare dei seguenti argomenti: votazione per l'elezione di un segretario di Presidenza; seguito della discussione del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge in materia di autorizzazione integrata ambientale; seguito della discussione delle mozioni sullo status del Kosovo.
Ricordo, inoltre, che nell'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo era stato convenuto di esaurire tali argomenti nella giornata odierna, ed eventualmente in quella di domani, al fine di non prevedere sedute dell'Assemblea con votazioni la prossima settimana, per consentire alla V Commissione di procedere all'esame dei documenti di bilancio e alla I Commissione di procedere all'esame del decreto-legge in materia di sicurezza.
Hanno capito bene i colleghi? L'impegno assunto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è di esaurire l'esame di queste materie, compreso il disegno di legge di conversione del decreto-legge e la mozione sul Kosovo, per consentire la settimana prossima alle Commissioni di esaminare il disegno di legge finanziaria e sospendere contestualmente i lavori d'Aula. Credo che vi sia una condivisione su questa decisione e, quindi, sul senso di responsabilità conseguente in ognuno di noi.
Ricordo ancora che si svolgeranno votazioni importanti a partire dalle 14, in primo luogo la votazione finale sul provvedimento in esame.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere una conferma sulla comunicazione da lei appena letta, in quanto vi era confusione. Lei ha confermato quello che si è deciso in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo: la Commissione bilancio è convocata per tutta la prossima settimana, la I Commissione (Affari Costituzionali) è convocata ad esclusivo interesse per l'esame del decreto-legge in materia di sicurezza e le altre Commissioni non sono convocate se non per l'Ufficio di Presidenza e non, invece, per l'esame di provvedimenti diversi dai primi due citati. A me risulta invece...
PRESIDENTE. Onorevole Volontè, in sede di Conferenza dei presidenti dei gruppi questo non è stato stabilito.
LUCA VOLONTÈ. Non è stato stabilito in quanto si è deciso ciò che ha detto lei e non altro. Non si è deciso che le diverse Commissioni siano convocate per esprimere pareri che non attengano ai due provvedimenti sopra citati. Altrimenti, dobbiamo cercare di capire meglio in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo da convocarsi urgentemente.
La Commissione bilancio e la I Commissione (Affari costituzionali) sono convocate per consentire ai deputati membri (o a chi li sostituisce) di approfondire le proposte emendative e il testo del provvedimento. Se il testo, invece, è indisponibile, perché si è deciso qualcos'altro, a questa decisione i presidenti di gruppo non hanno partecipato e io lo comunico a lei. Se questa è l'interpretazione che a lei sembra possa essere data, le chiedo urgentemente di convocare un'altra Conferenza dei presidenti di gruppo, affinché si decidano i lavori per la prossima settimana.
PRESIDENTE. Ho dato lettura delle conclusioni della Conferenza dei presidenti di gruppo così come sono state a me rappresentate. Mi impegno a rappresentarePag. 56 al Presidente della Camera l'interpretazione delle conclusioni a cui lei ha fatto riferimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, voteremo contro il disegno di legge in esame. Dato che oggi i punti all'ordine del giorno sono numerosi, per snellire i lavori dell'Aula, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto. Ricordo ai colleghi che successivamente si svolgeranno le votazioni per l'elezione del segretario di Presidenza del nostro gruppo e vi chiediamo l'impegno ad essere presenti ai fini del numero legale.
PRESIDENTE. Onorevole Barani, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna della sua dichiarazione di voto sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, ridurrò la mia dichiarazione di voto ai minimi termini e consegnerò il testo della mia dichiarazione di voto.
Svolta questa premessa, dichiaro che voteremo a favore del provvedimento in esame, ma ribadiamo l'insoddisfazione e l'amarezza per il modo in cui il Governo è venuto meno agli impegni assunti in ordine al trattamento dei collaboratori continuativi a progetto nel momento in cui perdono il lavoro.
Vi era un impegno preciso, ovvero istituire una forma di indennità collegata ad un percorso formativo di reinserimento nel lavoro, ma è stato totalmente cancellato con un tratto di penna all'ultimo minuto.
Eppure, si sarebbe trattato della norma più innovativa all'interno del disegno di legge di attuazione del Protocollo sul welfare, che, complessivamente non va oltre la manutenzione dell'esistente. Manca un respiro riformatore adeguato all'interno del Protocollo, sopratutto in materia di riforma del mercato del lavoro, mentre si continua a procedere in una dialettica forzata fra coloro che esaltano la flessibilità così com'è, senza tutele (anche perché, in generale, riguarda gli altri), e coloro che invece ritengono che si possa tornare ad un mercato del lavoro secondo le regole e le rigidità del passato.
Abbiamo cercato di proporre - e insisteremo nel farlo - una linea di riforma del mercato del lavoro secondo il principio dell'equità e della flessibilità, ma anche secondo le nuove tutele e sicurezze, anche al fine di superare l'attuale dualismo nel mercato del lavoro, di cui restano vittime prima di tutto i giovani, le donne ed i lavoratori più deboli. Su questo tema, la nostra sfida - vorrei ribadirlo - non è solo alle posizioni tradizionali del conservatorismo della sinistra massimalista o alle posizioni dei conservatori dell'esistente tout court, ma è, prima di tutto, alla forza più importante della nostra coalizione, il Partito Democratico, che, per un verso, si presenta con idee fortemente innovative, per l'altro, nella prassi, ci sembra riprodurre la situazione di sempre. Questo è il senso della nostra posizione, che illustrerò meglio con il testo che consegnerò agli atti.
Signor Presidente, chiedo pertanto che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Turci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, prima del voto finale sul disegno di legge sul welfare, vogliamo sottolineare e far conoscere all'opinione pubblica (sarà nostro onere), oltre che ricordarlo a tutta l'Assemblea, la memoria storica del sistema della previdenza nel nostro Paese: prima della legge Maroni, infatti, anche le riforme e gli interventi precedenti in materiaPag. 57 di pensioni (nel 1992 le legge Amato, nel 1993 la legge Ciampi, nel 1995 la legge Dini e nel 1997 la legge Prodi) sono state necessarie per gli stessi motivi per i quali è stata necessaria la legge Maroni.
Il primo motivo è il fatto che la vita si è allungata: si tratta, quindi, di un motivo positivo.
Il secondo, sicuramente meno positivo, consiste nelle cosiddette «baby pensioni», nello sperpero e nelle iniquità della classe politica dagli anni Settanta fino alla fine della prima Repubblica, la quale impose politiche di sicurezza sociale che, però, in realtà erano politiche assistenziali e clientelari a favore del sud. Furono spesi miliardi in pensioni di invalidità, che quasi sempre erano false (favorendo ulteriormente il clientelismo) e che dissanguarono le allora floride casse dell'INPS. Floride grazie ai contributi pagati soprattutto dai lavoratori del nord.
Arrivando all'oggi, lo scalone viene trasformato in scalini. Certo, si rischia di uscire dal solco della sostenibilità: il rischio reale è che non vi sarà mai una pensione per i giovani. Nel 2050 vi sarà un pensionato per ogni lavoratore: ciò è evidentemente contro ogni legge di gravità. Ma la denuncia politica che oggi vogliamo inoltrare è un'altra: sapevate benissimo che all'obiettivo della cosiddetta legge Maroni si sarebbe dovuti comunque arrivare (nell'accordo fra Governo e sindacati, infatti, prevedevate fin dall'inizio l'identico risultato finale della legge Maroni).
Se oggi siete stati obbligati ad esautorare il Parlamento con il voto di fiducia, il motivo è il fatto che, quando a suo tempo eravate all'opposizione, non avete riconosciuto che il Ministro Maroni stava andando nella direzione giusta; quando eravate opposizione avete fatto facile demagogia, affermando che l'età pensionabile non si doveva alzare, sparando contro la riforma Maroni e l'innalzamento stesso dell'età. Oggi, che siete al Governo, giungete all'identico risultato e, per tener vagamente fede - anche se solo in misera parte - ai vostri errori passati, usate miliardi di euro per trasformare lo scalone in «scalini» (favorendo circa 120 mila lavoratori rispetto ai milioni di lavoratori di questo Paese) e non usate quei dieci miliardi di euro per politiche che potevano essere veramente di sinistra (come ad esempio, prima fra tutte, aiutare i salari più bassi), oppure per politiche che noi per primi avremmo apprezzato (come quelle a sostegno degli anziani, dei genitori dei portatori di handicap). In Commissione lavoro, infatti, sono depositati progetti di legge che attendono la copertura finanziaria.
Oggi, tra l'altro, nel provvedimento in esame, sono contenute nuove tasse (vi è, infatti, l'aumento delle contribuzioni); come se non bastasse, avete previsto, nella cosiddetta clausola di salvaguardia, che, se non vi saranno risparmi derivanti dall'unificazione degli enti previdenziali (3,5 miliardi di euro), vi sarà ancora un altro - l'ennesimo - aumento contributivo generalizzato.
La Lega Nord è contraria all'ennesimo aumento della pressione fiscale a causa di malagestione e sprechi. Oggi, però, viene pagato il dazio anche sulla cosiddetta legge Biagi. L'indagine conoscitiva della Commissione lavoro della Camera ha ampiamente dimostrato - numeri alla mano - non solo che il fine della legge Biagi di offrire più opportunità è divenuto realtà, ma che le maggiori opportunità si sono trasformate nel record storico di occupati nel nostro Paese, ricordando, tra l'altro, che la legge Biagi nasce dall'esperienza positiva di altri Paesi europei. Infatti, è la stessa Europa che nel Libro verde ci ricorda che il lavoro intermittente è parte integrante dei mercati del lavoro europei.
Sulla legge Biagi avete puntato a un gioco al ribasso, rischiando di lasciare i lavoratori senza lavoro e di penalizzare turismo e servizi. Ciò che sapete anche voi, ma che non volete ammettere per errori politici passati contro la precedente maggioranza di Governo, è che, penalizzando la legge Biagi, favorite il lavoro sommerso e il lavoro nero.
Peraltro, anche sulla legge Biagi l'osservazione politica da farsi è sugli errori che avete commesso in passato. Infatti, solo un anno fa, i partiti che oggi sono Pag. 58maggioranza di Governo, decretavano che la legge Biagi fosse da cancellare. Nel vostro programma, affermate che è da superare, come primo ostacolo da abbattere sulla via della nuova politica del lavoro. Invece essa rimane, come rimane lo scalone, che viene solo dilazionato. Nella passata legislatura, contestualmente ai provvedimenti di cui parliamo oggi, Cofferati, da segretario della CGIL, disse «no» al libro bianco di Maroni, senza neanche averlo letto, come lui stesso ammise.
Durante la passata legislatura, per la prima volta nella storia di questo Paese, CGIL CISL e UIL chiesero udienza e si recarono dal Presidente della Repubblica per chiedere di intervenire sui provvedimenti in questione. Ma, ora, voi quegli stessi provvedimenti li mantenete. Durante la passata legislatura, ci sono stati sette scioperi generali contro i provvedimenti del Governo Berlusconi e ora voi non modificate quei «terribili» provvedimenti proprio su lavoro e pensioni.
La domanda è: cosa accadrà quando CGIL CISL e UIL organizzeranno, non dico uno sciopero, ma un presidio o un picchetto, visto che le tanto odiate legge Biagi e l'innalzamento dell'età pensionabile rimangono, con la differenza che in più voi vi siete anche occupati di portare via il TFR ai lavoratori?
È troppo facile gridare al lupo quando si è opposizione. Per questo motivo, viene gettato alle ortiche il testo uscito dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati. Il dato evidente è sotto gli occhi di tutti: in tutta la maggioranza di Governo, vi è un'unica persona per la quale si devono avere parole di apprezzamento, per coerenza politica, levatura istituzionale e solidarietà umana, ossia il presidente dimissionario della Commissione lavoro della Camera, l'onorevole Pagliarini, che è l'unica persona che, dimettendosi, è rimasta coerente con le proprie idee (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Non avete avuto rispetto del lavoro svolto dalla Commissione a livello istituzionale, proponendo un altro testo, su cui avete posto la questione di fiducia. Avete dovuto farlo a causa delle falsità da voi raccontate contro il passato Governo e i suoi provvedimenti. Non raccontateci del referendum nelle fabbriche, perché sappiamo benissimo che avete fatto votare i pensionati per il loro aumento quotidiano di un euro e che questi hanno votato in numero molto più cospicuo dei lavoratori.
È troppo comodo dire oggi: mani libere, apriremo una verifica a gennaio o forse a febbraio, riscriviamo il programma, valuteremo caso per caso, si è ceduto al ricatto, serve uno scatto. Ieri, Fassino è stato fantastico quando ha affermato che il contrasto alla precarietà non è un impegno di un giorno. La fantasia insomma non è mancata, ma l'unico dato reale, signor Presidente, è che sette scioperi generali sono stati dimenticati per tenersi le poltrone.
Questo è l'unico dato di fatto! Coloro che dovrebbero dimettersi per coerenza, come ha fatto il presidente della Commissione lavoro, sono il Ministro Ferrero, il Ministro Pecoraro Scanio, e il Presidente della Camera Bertinotti, che per cinque anni di opposizione hanno chiacchierato contro questi provvedimenti, mentre oggi li votano per tenersi il posto. Ripeto, questo è l'unico dato di fatto!
All'onorevole Giordano, che ha chiesto cosa andremo a raccontare adesso nelle fabbriche, rispondiamo che nelle fabbriche ci andrà chi tiene al lavoro e al territorio, cioè la Lega Nord Padania. Andremo noi dai lavoratori del nord a spiegare i provvedimenti che sono stati varati, a cominciare da quello sul TFR.
Per questi motivi, il 16 dicembre, manifesteremo a Milano e scenderemo in piazza, e per questi e molti altri motivi preannuncio il voto convintamente contrario della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, preannuncio il voto favorevole del Pag. 59gruppo dei Verdi sul provvedimento in esame, riservandomi eventualmente di consegnare un testo scritto.
PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente e colleghi, preannuncio il voto favorevole dell'Italia dei Valori sul provvedimento in esame, come sarà confermato dal nostro vicepresidente Evangelisti.
Vorrei soltanto rapidamente completare quanto non sono riuscito a terminare nel mio intervento di stamani, in sede di esame degli ordini del giorno.
È fondamentale che i provvedimenti che assume l'attuale Parlamento e che ha assunto il precedente Parlamento vengano realizzati. Ad esempio, il decreto legislativo n. 276 del 2003, all'articolo 83, avrebbe superato le questioni che erano oggi al nostro esame in ordine al lavoro cooperativo.
Purtroppo tale decreto legislativo, e in particolare l'articolo 83, non è stato attuato dal Governo, perché sarebbero state le province a doverlo attuare: esse non lo hanno fatto e quindi il provvedimento si è bloccato.
Sottosegretario Montagnino, dobbiamo superare tale situazione, tant'è vero che come gruppo Italia dei Valori abbiamo presentato una mozione, approvata dal Governo e dal Parlamento, che ne prevede il superamento, al fine di rendere agibile il lavoro cooperativo.
Purtroppo, la cultura che pervade il nostro Paese e un po' tutto l'occidente - forse maggiormente l'occidente - è quella della visione unifocale dell'impegno economico e lavorativo. In altre parole, abbiamo un neocapitalismo e quello dobbiamo attuare.
Sappiamo che precedentemente vi erano altri indirizzi ed altre vie, seppure ideologiche, ma anche adesso vi è un'altra via, quella dell'economia sociale, delle mutue, delle cooperative, del no profit e così via.
Non concediamo però la possibilità - lo ho sostenuto stamani - di un'idonea formazione: il lavoratore, in quanto tale, è preparato al suo lavoro, ma non è preparato ad essere un coimprenditore. Dobbiamo fornirgli gli strumenti e le conoscenze necessari, affinché sia anche l'imprenditore di se stesso: lo prevede l'articolo 45 della Costituzione, largamente disatteso in tema di tutela e sviluppo delle cooperative.
Dunque, sosteniamo che tutto va considerato nell'insieme: non possiamo trascurare una parte. Ecco perché richiamiamo l'articolo 83 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
Ho ascoltato molta propaganda da parte dell'opposizione. Ci dimentichiamo che l'attuale Governo e l'attuale maggioranza hanno fatto ripartire il PIL, che abbiamo una disoccupazione ai minimi storici e un'occupazione che cresce, che abbiamo un risanamento della finanza pubblica.
Cari colleghi, signor Presidente e signor sottosegretario, la verità è che nel secondo semestre dell'anno corrente - l'ho già detto, ma torno a sottolinearlo - la massa del debito pubblico è diminuita di 12 miliardi in soli due mesi!
Registro che il centrodestra fa propaganda, perché non prende atto che il PIL cresce, mentre prima era fermo. Non prende atto che l'occupazione cresce e la disoccupazione diminuisce (non è la stessa cosa, attenzione, purtroppo non ho il tempo per spiegarlo).
Il centrodestra non prende atto che stiamo risanando la finanza pubblica e fa solo propaganda; stiamo perennemente in campagna elettorale. Questo Governo, questa maggioranza in mezzo a mille difficoltà - non le elenco perché le conosciamo tutti - sta facendo il proprio dovere.
Il messaggio che passa al Paese, però, è un altro e su questo siamo carenti, perché come maggioranza e come Governo dovremmo rivendicare da dove siamo partiti e quali risultati stiamo portando. Stiamo facendo una manovra complessiva, il Governo Prodi ha disegnato e sta portando avanti un quadro complessivo.Pag. 60
Quando parliamo del welfare non possiamo, infatti, non parlare anche della legge finanziaria e del decreto fiscale. Tutto ciò è tanto vero che, se andiamo ad analizzare i vari provvedimenti, troveremo una serie di misure auspicate anche dalla destra come la detassazione del lavoro straordinario e gli incentivi ai giovani. Tutti si riempiono la bocca con i giovani ma noi dobbiamo rivendicare che nel provvedimento sul welfare, che recepisce l'accordo del 23 luglio, vi sono provvedimenti efficaci per i giovani.
L'opposizione bisogna farla in maniera intelligente per il bene del Paese. Qui siamo di fronte a un'opposizione strumentale e propagandistica. Tutto ciò non è accettabile e l'Italia dei Valori non lo accetta.
Anche l'Italia dei Valori ha delle critiche da rivolgere al Governo. Potremmo fare molto meglio - non c'è mai fine alle cose fatte bene -, però non possiamo accettare che si affermi che stiamo a ricoprire le poltrone e che operiamo in maniera inefficace quando tutti i dati sono in favore di questa maggioranza e di questo Governo.
Signor Presidente, come affermerà anche il nostro vicecapogruppo Evangelisti esprimeremo un voto favorevole convinto perché siamo sicuri che stiamo operando per il bene del Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per l'Autonomia ha già avuto modo in occasione della dichiarazione di voto per la questione di fiducia di esprimere il proprio dissenso rispetto al provvedimento, dissenso che confermiamo convintamente in sede di voto finale soprattutto dopo aver ascoltato il collega che ci ha preceduti.
Ci domandiamo a volte se quest'Assemblea vuole davvero essere lo specchio del Paese che riporta nelle sedi istituzionali ciò che il Paese sente, intende, vuole e auspica o se all'interno di quest'aula, come si ama dire con un linguaggio giovanile che rende perfettamente l'idea, un po' «ce la raccontiamo».
LUCIANO D'ULIZIA. Propaganda!
SEBASTIANO NERI. Non si può il giorno prima, unanimemente, riconoscere che vi è per la maggior parte delle famiglie italiane una generale esistenza del problema della quarta settimana e, poi, venire il giorno dopo ad affermare che abbiamo realizzato una sorta di miracolo economico rispetto al quale impallidirebbe anche quello vero realizzato negli anni Sessanta.
In quale contesto si inquadra il provvedimento sul welfare (come si è detto a volte in modo poco comprensibile per chi veramente vuole capire ciò di cui stiamo parlando)? Questo provvedimento nasce all'indomani della scoperta di un «tesoretto» Al collega che mi ha preceduto vorrei ricordare che, se un «tesoretto» è stato trovato, qualcuno probabilmente l'ha lasciato. Fin da subito le discussioni su questo provvedimento sono sorte circa le modalità d'impegno di quel «tesoretto».
Tutto ciò avveniva mentre gli organismi internazionali, l'Unione europea, il Fondo monetario internazionale, la Banca d'Italia, coloro i quali di economia davvero si occupano perché davvero vorrebbero che l'economia fosse un elemento concreto di rinascita e prospettiva per questo Paese, ci dicevano che quel «tesoretto» avrebbe dovuto essere utilizzato per ridurre il deficit, per intaccare la forte passività che ci pone nominalmente ai margini del rispetto dei parametri europei di stabilità, ma che sostanzialmente ci pone fuori.
Invece no! La sinistra radicale, ha inteso e preteso che quel «tesoretto» fosse utilizzato per una demagogica operazione di elemosina - è quanto rappresentano le entità economiche messe a disposizione di chi ne beneficerà -, dichiarando che la copertura finanziaria proveniva da quel «tesoretto», non dando risposte esaurienti sull'effettiva consistenza della copertura finanziaria - ancora oggi non si sa se davvero tale copertura sussiste -, ma Pag. 61soprattutto creando un'ipoteca ed imponendo un debito definitivo a carico delle nuove generazioni.
Infatti, se anche fosse vero che sussiste la copertura finanziaria in questo esercizio di bilancio per sostenere il provvedimento, comunque con le misure in esso contenute si metteranno a regime fisso spese che, per i prossimi anni, non avranno copertura finanziaria e che, per ottenerla, comporteranno nuovi carichi da far affrontare ai cittadini italiani.
In altre parole, non solo non ci siamo preoccupati di dare una prospettiva di lavoro e di benessere alle giovani generazioni, ma stiamo anche comunicando alle stesse che per le regalie demagogiche della sinistra radicale gli stessi giovani dovranno, nei prossimi decenni, continuare a pagare in nome e per conto di chi con i soldi degli italiani fa i comodi propri.
Che senso ha? Perché siamo contrari e perché, tutto sommato, abbiamo manifestato scarso interesse per il provvedimento? Perché parlare di «scalone» o di «scalini», per esempio in un contesto territoriale come quello del Mezzogiorno, nel quale è difficile parlare di lavoro e dire a chi non riesce nemmeno a trovare lavoro come sarà regolato il suo trattamento di quiescenza - la pensione per intenderci -, sembrerebbe quasi voler offendere la sua dignità prima ancora della sua intelligenza.
Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, ogni anno - sono dati del rapporto SVIMEZ - dal Mezzogiorno emigrano 250 mila giovani che non riescono a trovare lavoro, per la maggior parte diplomati di scuola media secondaria e laureati. Dallo stesso rapporto si trae il dato allarmante che, su 50 mila laureati nel Mezzogiorno, dopo tre anni dal conseguimento della laurea, 10 mila sono dovuti emigrare (il 20 per cento dei laureati) e 20 mila dei 40 mila rimasti sono ancora in cerca di prima occupazione. Ci sfugge il dato sulla sottoccupazione dei 20 mila che, viceversa, sarebbero formalmente usciti dal circuito della disoccupazione.
Di fronte al fatto che si impegnano presunte risorse, che sarebbero collegate al cosiddetto «tesoretto», in regalie da incoscienti, con un debito posto a carico delle nuove generazioni e dell'intero Paese nei prossimi anni, mentre al Mezzogiorno viene detto che non vi sono le disponibilità - perché bisogna risanare non si sa più che cosa - per le opere infrastrutturali, per creare occasioni di lavoro, per dare una prospettiva di certezza, di speranza fondata e di ottimismo a popolazioni che ancora oggi sono costrette a subire la miopia e a volte - mi si consenta - l'idiozia di questo Governo che ritiene con la tracotanza e l'arroganza delle argomentazioni di poter continuare a negare i diritti del Mezzogiorno, di fronte a questo scempio dunque, cosa diciamo ai padri di famiglia del Mezzogiorno? Diciamo più o meno quello che saremo costretti a dire alle forze dell'ordine, e che saremo costretti a dire a tutti coloro i quali davvero hanno pensato, un anno e mezzo fa, di poter avere un segnale dal Governo nazionale che puntasse davvero, oltre che al risanamento dei conti pubblici, lontano da venire e forse impossibile da perseguire, anche alla creazione di condizioni di crescita e di sviluppo che sono invece qui pervicacemente negate.
Signori del Governo, voi regalate sotto i diktat delle frange più estremiste della vostra maggioranza ciò che volete a chi comunque non apprezzerà, perché chi chiede l'elemosina non sarà mai grato a chi pensa di poter comprare il consenso di chi riceve quell'elemosina.
Viceversa, voi vi dovrete preoccupare dell'ulteriore colpo che state assestando alle prospettive del Paese.
In nome del Mezzogiorno, ancora una volta tradito dall'ennesimo provvedimento «carogna» di questo Governo e in nome del Paese tutto, il Movimento per l'Autonomia esprime convintissimamente il proprio voto contrario a questa ennesima «porcheria».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.
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FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo brevemente per sottolineare un aspetto di questo provvedimento che non ci soddisfa. Soprattutto la parte dell'articolo 1 comma 6 che riguarda le forze dell'ordine e le Forze Armate.
Forse non vi siete resi conto fino in fondo cosa rappresenti. Con la riforma pensionistica del 1995 le forze dell'ordine, i militari e anche i magistrati, sono stati assoggettati ad un regime pensionistico diverso non per un beneficio o un regalo che volevamo fare a queste benemerite categorie, ma semplicemente perché è dimostrato dai fatti, nel corso di tutti gli anni passati, che costoro svolgono un'attività fatta di disagi, di responsabilità e di rischi, e svolta con un'usura fisica che è indiscutibile. Infatti, se l'attività svolta da un militare o da un poliziotto - per 24 ore al giorno esposto alle intemperie, alle modifiche ambientali, agli inquinamenti e anche ad un forte stress - non è considerata usurante, allora mi chiedo cosa possa essere usurante.
Ebbene, questo provvedimento poneva, come in passato, il consolidamento del caposaldo del rispetto nei confronti dei servitori dello Stato, soprattutto quelli che indossano una divisa. Anche la cosiddetta legge Maroni, benché guardasse al privato, non ha inserito in un contesto generale le forze dell'ordine, i magistrati e i militari, ma li ha tenuti proprio a parte nel riconoscere questa loro specificità e peculiarità. Oggi voi al comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, pensate di delegare il Governo ad elevare l'età media di accesso al pensionamento con decreti legislativi, ferme restando le specificità. Però, in questo comma 6 dell'articolo 1 inserite le forze dell'ordine. Quindi, la vostra intenzione è quella di far aumentare i limiti di età. Dunque, caro Presidente e caro sottosegretario, vi sembra normale che un esponente delle forze dell'ordine a 55 o a 60 anni possa contrastare una criminalità organizzata e comune, altamente agguerrita? Ritenete forse possibile che una persona di una certa età possa affrontare le esigenze nello scenario internazionale delle missioni di pace? Sicuramente no!
È un errore a cui dovete porre rimedio, perché non si può modificare ciò che è stato modificato nel 1995, ed è andato già oltre quelle che sono le esigenze istituzionali (anche le istituzioni hanno bisogno di giovani). Tuttavia, occorre anche tenere presente le esigenze fisiche e morali e - diciamo pure - anche spirituali delle persone che svolgono questo delicato servizio di difesa del cittadino.
Vi esorto, dunque, a riflettere su ciò. Questo aspetto, quindi, al Senato andrebbe modificato. Non possiamo assolutamente pensare ad un futuro diverso da quello attuale.
Sottosegretario non so quale sia la sua scorta, ma penso che lei...
ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Non ho scorta!
FILIPPO ASCIERTO. Se non ha una scorta, avrà un autista del Ministero. Comunque, quanti del Governo hanno la scorta, quanti hanno una scorta anche per necessità di tutela, vedrebbero dei sessantenni a difendere la sicurezza di un'istituzione o di una parte dell'istituzione o di un uomo delle istituzioni?
Dobbiamo riflettere attentamente: si tratta di uomini che danno molto allo Stato e vanno tutelati, ma non è il sistema previsto dal provvedimento in discussione a tutelare le forze dell'ordine e i militari.
Si tratta di un monito perché, altrimenti, al Senato, tra proteste che provengono dall'esterno (si svolgerà una manifestazione delle forze dell'ordine proprio sabato prossimo), tra quelle che avanzeremo noi della Casa della libertà, tra la difficoltà di mettere insieme la vostra maggioranza, questa sarà per voi una delle questioni più rischiose. Riflettete e modificate!
Noi esprimeremo un «no» incondizionato a tutto l'impianto del provvedimento le cui motivazioni saranno illustrate in seguito dall'onorevole Lo Presti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, la discussione di oggi avrebbe potuto e dovuto essere diversa nei metodi, nei contenuti, nello spirito e anche nel clima di quest'Assemblea.
Il Protocollo sul welfare è un argomento che, evidentemente, interessa tutto il Paese, le sue parti più deboli e, soprattutto, il suo futuro, cioè i giovani. Oggi ci troviamo in questa sede a svolgere una dichiarazione di voto: farla o meno non cambierebbe molto, visto come sono andate le cose.
Sul Protocollo del 23 luglio 2007 avremmo dovuto fare un percorso ancora più lungo e più approfondito al fine di cercare la convergenza della maggior parte delle forze politiche. Invece, il citato Protocollo è nato in modo sbagliato per le componenti riduttive che lo hanno stilato e per i tempi che si sono dati (che non erano tempi dovuti a scadenze particolari, bensì a far cadere la cosiddetta riforma Maroni).
Il protocollo avrebbe dovuto far riflettere ancora di più su quello che è stata (ed è) la cosiddetta legge Biagi, cioè sulla flessibilità e sulla precarietà, parlando di riforma del mercato del lavoro in modo molto più serio. Tutto ciò non è avvenuto e oggi svolgiamo il nostro compito, che fa parte del copione di quest'Assemblea: dopo le dichiarazioni di voto sulla fiducia che ieri hanno avuto il momento più alto dell'espressione politica di tutti, oggi abbiamo più che altro impiegato il tempo in un rapporto con il Governo su un'ottantina di ordini del giorno. Il Governo, nella persona del sottosegretario Montagnino, sia in Commissione (per quel poco che si è potuto lavorare) sia in Assemblea, si è comportato con grande rispetto e dignità, ma questo giudizio riguarda solo la sua persona; su tutto il resto la nostra valutazione sarà espressa in termini diversi.
Non siamo riusciti a parlare di ciò che la cosiddetta legge Biagi ha prodotto dopo tante criminalizzazioni e, cioè, milioni di posti di lavoro. Soprattutto, avremmo dovuto approfondire il significato del voto dei cinque milioni di lavoratori sul citato Protocollo. Esso ha avuto un consenso, ribadito più volte in quest'Assemblea, di una parte importante, ma certamente limitata, del mondo complessivo del lavoro.
Il Protocollo ha trovato la contrarietà ed il contrasto di molti lavoratori, in sede di voto sul referendum che si è svolto su di esso: non è stato, infatti, sottoscritto da rappresentanti di attività produttive e di categorie non secondarie. Una rappresentanza pari quasi al 60 per cento di esse non ha aderito: questa parte rappresenta, in linea di massima, circa il 60 per cento del prodotto interno lordo del Paese, con una presenza lavorativa, in termini di addetti, di oltre il 40 per cento.
Pertanto, a fronte di questo, la revisione dello scalone è andata avanti su questa strada, operando una vera discriminazione e non certo privilegiando l'equità, soprattutto - come dicevo poc'anzi - per queste categorie che, in questo settore, avrebbero dovuto essere tenute in prima considerazione.
Vi è poi la questione della grande diversità e disparità, a parità di livelli o attribuzioni, tra lavoratori dipendenti e autonomi, cosa che, in effetti, non è sicuramente la strada migliore per dare un segnale uniforme al nostro Paese. Non parliamo poi (questione che è già stata richiamata) della copertura economica e finanziaria - oserei dire precaria - dopo che è stata presentata, a seguito della posizione della questione di fiducia, l'ultima versione del testo del provvedimento (dopo le prime due).
Per quanto riguarda i lavori usuranti, ad esempio, abbiamo visto come vi siano state aperture e chiusure, ma evidentemente, i costi - così come ventilati - saranno quelli dell'aumento della pressione contributiva sugli stessi lavoratori, soprattutto sui parasubordinati.
Sono tutte questioni la cui delicatezza (nonché la possibilità che sulle stesse si potesse, avendo pareri diversi, anche sbagliare) richiedeva un approfondimento veramente diverso. Anche nel caso dei beneficiPag. 64 pensionistici, la differenza fra autonomi e dipendenti (e si potrebbe andare avanti) è evidente e chiara.
Vi è stato, sicuramente, un tentativo di recuperare il lavoro a chiamata - job on call - tuttavia solo per alcune parti, solo per alcuni settori, senza tener conto che recuperare questo, ma avendo lasciato fuori altro, significa ricreare un sommerso molto più vasto e non avere in testa le idee che vi sono e vanno avanti in tutta Europa (come il contratto a tempo determinato, se riprendiamo anche il libro verde). Soprattutto, vi sono situazioni (come quella dei trentasei mesi) che hanno avuto un passaggio delicato anche in Commissione, dove credo che l'ultima scelta compiuta dal Governo - su pressioni certamente non del Parlamento né della Commissione - alla fine si ritorcerà contro, perché vi è il rischio vero che i nuovi contratti di lavoro a tempo determinato vengano prorogati, anziché terminati.
Un altro degli aspetti che sono di difficile comprensione, riguarda il part time sotto le dodici ore. Molte realtà hanno solo quelle possibilità di operare e in molte di esse non vi è la possibilità - temporale e fisica - di poter effettuare spostamenti tali per il tipo di servizio che si va a svolgere (pensiamo alla montagna o alle periferie distanti).
Alla fine, se ciò non viene valutato e approfondito bene e se non viene preso nella giusta considerazione a tutti i livelli, rappresenta un'ulteriore dimostrazione che si va ad incentivare - perché così sarà - il lavoro nero. Il sommerso, quindi, ricomparirà ancora di più, perché i lavoratori, piuttosto che stare senza lavorare, accetteranno di fare in nero le otto, dieci ore, o quant'altro. Tale aspetto - non certo per esaltare eventuali soluzioni di questo tipo - necessitava di un approfondimento, di un confronto che non doveva essere prioritariamente tempistico in ordine alla non entrata in vigore della riforma Maroni; invece, alla fine, abbiamo osservato proprio questo.
Veniamo poi a quanto è stato fatto per quanto riguarda i giovani. In questa sede qualcuno mi ha preceduto e ha parlato in maniera tale che mi sembrava di essere nel Paese del Bengodi. Credo che costui abbia una visione del nostro Paese molto diversa e distante dalla realtà. Biagi e Maroni guardavano ai giovani e avevano stretto un patto fra generazioni che poteva non piacere, ma che, certamente, guardava lontano. Infatti, il nostro impegno non può essere solo quello di salvaguardare il presente e quanto è stato fatto, ma soprattutto il nostro dovere è quello di impegnarci, anche sostenendo dei costi, per il futuro del nostro Paese, che è rappresentato dai giovani, verso i quali ci vuole serietà e responsabilità.
Potremmo andare avanti così su molte di queste situazioni, ma il vero problema è politico. Se tutti questi argomenti non sono stati approfonditi, se il provvedimento ha proceduto per parti separate - chiamiamole così - con consenso da parte di alcuni e non di altri, è perché il problema è, come detto, tutto politico.
È difficile comprendere quello che è successo ieri in quest'Aula dove grandissima parte della maggioranza nei suoi interventi ha demolito completamente il Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, concluda.
ANGELO COMPAGNON. Ancora due minuti, signor Presidente.
PRESIDENTE. Due minuti non glieli posso concedere: cerchi di concludere onorevole Compagnon.
ANGELO COMPAGNON. Quindi, per ventitré volte è stata posta la questione di fiducia ed è stata totalmente eliminata la possibilità di discutere in questo Parlamento, in questa Repubblica ancora parlamentare. Noi crediamo che questo Governo sia cieco e non si renda conto che il Paese è in rivolta. Se si ferma una persona per strada e le si chiede se vuole votare per la caduta del Governo Prodi, questa persona lo farà e non si tratta solo - come qualcuno pensa - di persone appartenenti ad un certo partito, ma di tutta l'Italia.Pag. 65
Credo che a questo punto il Governo abbia dimostrato che crede poco nell'interesse del Paese, ma crede soprattutto nel mantenimento dei suoi posti e ciò ci porta a dire...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Compagnon.
ANGELO COMPAGNON. ...con tranquillità e coerenza che voteremo contro questo provvedimento [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, annuncio, a nome della componente politica Socialisti per la Costituente del gruppo Misto, il voto favorevole sul provvedimento sul welfare al nostro esame, non senza difficoltà.
Facciamo, infatti, fatica a capire come sia conciliabile la necessità di dar vita ad una riforma importante, votata e sostenuta dalla stragrande maggioranza dei lavoratori (il Protocollo è stato sottoscritto anche dalle parti sociali), con l'esigenza avvertita di apportare al testo del provvedimento dei correttivi migliorativi che avrebbero potuto mettere in sintonia il Governo con il Paese.
Tra le proposte dei socialisti abbiamo scelto, in particolare, di sostenere il reddito dei giovani tra un contratto e l'altro, consentendo, quindi, loro di avere dignità e risorse che rendano possibile vivere e credere nel futuro. I socialisti non intendono rinunciare a questa battaglia e riteniamo, infatti, doveroso riprendere il tema in altre occasioni e momenti della vita politica e parlamentare. Anche per tale motivo crediamo che, per rimettere in pista il Paese dopo cinque anni di Governo del centrodestra, serva certamente tempo, ma anche autorevolezza.
Per questo è opportuno e necessario, superata questa fase, riordinare le idee e dar vita ad un nuovo Esecutivo più snello e capace di interpretare i bisogni reali dei cittadini ed affrontare adeguatamente il tema della crescita.
Daremo il nostro contributo con lealtà e determinazione. Non ci piace il giochino del «risiko», per alzare continuamente la posta del gioco o per prefigurare altre maggioranze. Riteniamo di avere un vincolo di fedeltà non tanto verso i partiti che ci hanno consentito l'elezione e che in gran parte non esistono più, ma verso gli elettori che in noi hanno riposto le loro speranze e a noi hanno dato fiducia: verso gli elettori sì.
Ci rendiamo partecipi e disponibili, anche con questo voto, ma pretendiamo più attenzione e considerazione non per un problema - come si dice in politica - di visibilità, che pure esiste, ma per le ragioni che sosteniamo, per fare modo che il patto di legislatura sia vero, lungo, leale e solidale fra tutti. Si tratta di buone ragioni che i socialisti mettono in campo; sino ad oggi non siamo stati ascoltati, ma è tempo che, anche da questa parte, si volga lo sguardo.
La sinistra siamo anche noi, forse a maggior titolo di altri soggetti politici. Per essere chiari vogliamo stare in Europa, vogliamo stare nel PSE con le sue politiche, senza «se» e senza «ma» (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti per la Costituente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, sottosegretario Montagnino, colleghi e colleghe, nell'intervento di ieri l'onorevole Giordano ha illustrato compiutamente le valutazioni del nostro gruppo preannunziando, alla fine, un voto favorevole sulla questione di fiducia posta dal Governo. In ordine al mio intervento, desidero entrare nel merito di alcuni aspetti per interloquire, rispondere e chiarire alcune questioni che sono state sollevate, cominciando da un punto ispiratore che mi è stato insegnato tante volte nella mia attività Pag. 66precedente. In base a tale criterio, i lavoratori preferiscono ascoltare un'amara verità, piuttosto che sentirsi raccontare bugie e promesse che successivamente, allorché verificano i fatti, non trovano rispondenza.
Come sosteneva il collega Giordano ieri, abbiamo espresso un profondo giudizio critico in ordine all'Accordo del 23 luglio scorso. Non voglio tornare su tali ragioni, ma dico solo all'onorevole Fassino, che ieri cercava di interloquire in ordine a tale punto, che è stato abolito lo «scalone» della cosiddetta riforma Maroni, come egli sosteneva. Pertanto, quanto sarebbe successo improvvisamente il 1o gennaio del 2008 avverrà, scaglionato in tre anni, ma avverrà. Inoltre, si è elevata obbligatoriamente l'età pensionabile, però con una piccola aggiunta. Nell'Accordo si è stabilito un doppio incastro, di quote e di età. Quale giustizia vi è in ciò? Lo chiedo seriamente: quale giustizia? Provate a discutere in un luogo di lavoro sul fatto che se sono meno vecchio - magari di un anno - ma ho lavorato più a lungo non posso andare in pensione perché, ad esempio, ho 58 anni d'età e 38 anni di contributi, mentre se un'altra persona è più vecchia di me, ma ha lavorato per minor tempo può andare in pensione! Si è fatta un'operazione in cui non solo si sono riviste le quote - ciò avrebbe costituito anche un sistema equo, perché si stabiliva una sommatoria neutra, che avrebbe tutelato chi aveva cominciato a lavorare prima - ma si è aggiunto l'obbligo dell'innalzamento dell'età (questo è il punto di ingiustizia in ordine al tema pensionistico). Non abbiamo cambiato giudizio, ma non abbiamo riproposto, nella discussione sulle linee generali, tali punti come discriminanti. Abbiamo preso atto del voto del referendum tra i lavoratori, in ordine al quale vi sono stati alcuni lavoratori favorevoli e altri contrari, ed entrambi vanno rispettati. Non vi sono lavoratori di «serie A» o di «serie B», in base a come si sono espressi in occasione del suddetto referendum. Bisognava tenere conto di tale dato e lo abbiamo fatto.
In realtà, abbiamo ritenuto di intervenire nel merito per rendere certi alcuni aspetti. Lo dico senza temere di essere smentito. L'unica certezza che il provvedimento in esame presenta, e che approveremo, è quanto previsto in ordine alle modifiche sull'età e sul pensionamento. Il resto sono auspici, spesso ambigui, che possono determinare peggioramenti di condizione. Faccio un esempio molto semplice. Abito in una città, Sesto San Giovanni, e provengo da una storia di persone che del lavoro di fabbrica ne ha piena la vita. Una mattina di una settimana fa alcuni operai mi hanno fermato, proprio mentre in questa sede si discuteva, e mi hanno detto: Augusto, ho votato in occasione del referendum e ho espresso tale voto perché mi hanno detto, in qualche modo, che la gravosità del mio lavoro - poiché lavoro su tre turni - mi è stata riconosciuta, così come il diritto di andare in pensione con il vecchio regime, proprio a causa della gravosità del mio lavoro, dei tre turni e perché ho lavorato di notte. Ho fatto leggere loro il testo del provvedimento. A quel punto, mi hanno chiesto una spiegazione: cosa significa che il Governo ha una delega che si deve ispirare ai criteri indicati nel decreto legislativo n. 66 del 2003? Ho risposto nell'unico modo sincero che potevo fare, cioè che se si applicano i criteri indicati in tale provvedimento non si andrà in pensione con il vecchio regime, perché esso indica 80 giornate di lavoro notturno. A proposito di verità, onorevole Fassino!
Quei lavoratori con i quali si è parlato nelle assemblee ed ai quali si è chiesto il voto, affermando che l'accordo conteneva un elemento di giustizia e che la loro condizione precaria di lavoro sarebbe stata tutelata, in verità, non hanno la certezza che, lavorando 76 giornate di notte, durante l'anno, su tre turni e magari in ciclo continuo, come nei settori chimico e metalmeccanico, avranno il diritto di andare in pensione con il vecchio regime, come gli era stato raccontato. Cosa dite quando si parla di lotta alla precarietà e quando, invece di considerarla in linea teorica, si affrontano questioni concrete? Pag. 67Stiamo discutendo seriamente tra noi? Qualcuno di voi è disposto a spiegarmi come un datore di lavoro possa chiedere un'ulteriore deroga indefinita nel tempo ad un giovane ragazzo (o ad una ragazza) che lavora per 36 mesi nella stessa mansione dipendente, perché il suo è un lavoro temporaneo? Ma voi quali luoghi di lavoro conoscete dove per 44-50 mesi (cioè per cinque o sei anni) si copre la stessa mansione in un lavoro che possa definirsi temporaneo? La corretta forma di assunzione di quel ragazzo o di quella ragazza è un contratto a tempo determinato? O mi volete spiegare che nel core business di un'azienda - non in parti occasionali, ma nella sua struttura economica e produttiva, che è strutturata in mansioni che non sono variabili, poiché sono quelle senza le quali non esisterebbe quell'impresa - si può assumere un ragazzo o una ragazza con un contratto di collaborazione, come se non fosse, invece, un punto di lavoro strutturalmente subordinato? Di cosa parliamo? Parliamo della vita concreta di persone, di ragazzi e di ragazze in carne ed ossa. In precedenza vi ponevo il problema del riconoscimento della pensione per il lavoro usurante, che riguarda sia i vecchi lavoratori sia i giovani lavoratori (vi sono ancora persone che vanno a lavorare a 15-16 anni), che si troveranno penalizzati dalla predetta situazione, oltre a coloro che hanno lavorato nel passato.
Parliamo, inoltre, di tanti figli, ragazze e ragazzi, che con i sacrifici della famiglia e con impegno personale, hanno studiato e si sono laureati e oggi, dal fare il ricercatore si ritrovano a lavorare anche in posizioni tecnico-impiegatizie, quando va bene, con un lavoro incerto, precario e senza garanzie. È questo l'investimento di un Paese sul suo futuro, sul futuro delle proprie giovani generazioni e sulla qualità del proprio sviluppo? Davanti a ciò, si può uscire dal Parlamento e dire che la legge che abbiamo votato ha risolto (in un modo o nell'altro) il problema, dato che si parla di risultati? Penso di no. Così non è nei fatti. Abbiamo lavorato, in Commissione, per rendere effettivi gli aspetti ricordati. Sono state proposte anche modifiche positive, che non sono state cancellate dal maxiemendamento. Penso che il presidente della Commissione lavoro, la maggioranza dei componenti e la sinistra presente nella Commissione stessa debbano ancora essere orgogliosi del lavoro svolto per una legge che poteva essere attuata, in grado di dare garanzie e risposte certe ai problemi ricordati. Chissà perché, lo ripeto, di un lavoro unanimemente svolto dalla maggioranza è stata cancellata una parte. Si tratta di una coincidenza strana che ciò sia avvenuto il giorno dopo che il presidente di Confindustria ha chiesto un incontro al Presidente del Consiglio e che ci siamo trovati ad esprimere un voto di fiducia su un provvedimento che la maggioranza, in Commissione, aveva migliorato ed integrato? Qualcuno è in grado di sostenere che ciò non ha nulla a che fare con l'autonomia di questo Governo dai poteri suddetti?
Di fronte ai fatti che sono accaduti, penso che il presidente della Commissione abbia fatto un gesto di grande nobiltà e una certa solidarietà nei suoi confronti sia ipocrita. Invece della solidarietà ci vogliono atti politici, che sanino la frattura avvenuta. Le dimissioni - concludo - non sono state date dal presidente Pagliarini perché ha un'opinione di merito diversa da quella di qualcun altro, ma perché è stato svilito il ruolo del Parlamento e il lavoro nel Parlamento, anche della maggioranza che sostiene questo Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Rocchi, concluda.
AUGUSTO ROCCHI. Concludo, signor Presidente. Di questi fatti bisogna rispondere! Noi abbiamo votato la fiducia e voteremo a favore dell'approvazione del provvedimento in esame, ma i nostri giudizi non cambiano. Ci vuole una svolta o questo Governo ha veramente esaurito il suo ruolo (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
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FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei svolgere due semplici considerazioni, richiamandomi all'intervento che ha fatto il collega D'Ulizia in quest'Aula e, soprattutto, alla dichiarazione sul voto di fiducia del presidente Donadi. Ci tenevo a sottolineare un mio personale apprezzamento e anche un elemento di soddisfazione per il senso e il gesto di responsabilità politica e di maturità mostrato da molti colleghi della sinistra, iniziando - l'abbiamo appena ascoltato - da quelli dei gruppi di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, nella decisione di optare per la fiducia, mettendo da parte le pur legittime richieste e posizioni politiche, sacrificate, in qualche modo - perché negarlo? - sull'altare di una coesione di maggioranza che, com'è accaduto in altri momenti, non può che premiare nel lungo periodo.
Tale spirito di coalizione, che in passato ha visto coinvolte altre forze politiche e la stessa Italia dei Valori, a nome della quale parlo, porta, poi, a situazioni e scelte, qualche volta, anche di sofferto compromesso, mai in senso deteriore, ovviamente, ma ciò può e deve rappresentare per il Paese un segnale di serietà, che non può e non deve essere degradato ad una sconfitta o, tanto meno, ad una sorta di Caporetto del Governo di fronte alle pressioni di componenti politiche o di parti sociali, né ad una sconfitta dei gruppi che in quest'Aula non hanno condiviso fino in fondo l'atteggiamento e le scelte del Governo. Bisogna prendere atto di questo passaggio difficile per la coalizione, ma non possiamo che ripartire da ciò per offrire al Paese l'opportunità di continuare insieme sulla strada della completa realizzazione del programma sottoscritto alla vigilia delle elezioni del 2006 e di adattarne, in maniera condivisa, quei punti che hanno potuto o potranno risentire dei mutamenti che il tempo potrà comportare nel sistema Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Signor Presidente, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo di considerazioni integrative della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la posizione del gruppo dei Popolari-Udeur rispetto all'approvazione di questo provvedimento è assolutamente chiara: riteniamo che sia nostra precisa responsabilità portare a termine quanto è stato deciso dalle parti sociali attraverso l'Accordo del 23 luglio scorso, che condividiamo appieno e che ha avuto l'approvazione anche dei molti lavoratori che hanno partecipato al referendum. In tal modo il Governo ha inteso rilanciare il metodo della concertazione come strumento fondamentale in un Paese avanzato, al fine di contemperare le ragioni del lavoro e dell'impresa in un orizzonte comune di crescita della competitività. Si tratta di un atto che costituisce un passo importante verso un Paese che vuole essere competitivo e solidale e che non intende abbandonare le categorie più deboli, dopo avere chiesto, ad oltre cinque milioni di persone con un apposito referendum, di esprimere il proprio parere.
Il Protocollo e il disegno di legge che lo recepisce partono, inoltre, dal presupposto che, per essere veramente competitivo, il sistema Paese dovrà cercare di utilizzare al meglio tutte le sue risorse, tramite il coinvolgimento nel mercato del lavoro dei soggetti che oggi sono più svantaggiati, come i giovani - i più penalizzati dal lavoro flessibile e, talvolta, da forme di vero e proprio precariato - per i quali il provvedimento in discussione si preoccupa di creare i presupposti per la realizzazione di maggiori opportunità di lavoro stabile e di prospettive pensionistiche più adeguate.
Altrettanto vale per le donne, il cui livello di occupazione rimane ancora, soprattutto nel Mezzogiorno, troppo basso rispetto alla media europea e agli obiettivi della strategia di Lisbona. Per le donne, infatti, il provvedimento in esame prevede interventi volti ad incrementare le opportunità di occupazione, rendendo più facile Pag. 69la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e rafforzando le garanzie per l'effettiva parità di trattamento sul lavoro tra uomini e donne. Lo stesso si può dire per le persone con disabilità, che incontrano ancora grandi difficoltà per un effettivo accesso al lavoro, per le quali il provvedimento prevede appositi interventi volti a rendere effettive le opportunità di inserimento o reinserimento lavorativo, tra cui la concessione al datore di lavoro di un contributo per l'assunzione di soggetti disabili volto a coprire una parte del costo salariale di tali lavoratori.
Nonostante le varie vicissitudini che il provvedimento ha subito durante l'iter parlamentare e che hanno costretto il Governo a ricorrere allo strumento della fiducia, ci troviamo oggi di fronte ad un testo che noi Popolari-Udeur non possiamo che condividere, anche perché contiene tutte le modifiche di iniziativa del nostro gruppo parlamentare. In particolare, mi riferisco alle disposizioni in favore del mondo femminile, come quella diretta a recuperare le esperienze e le competenze delle donne che, avendo privilegiato gli impegni familiari e la cura e la crescita dei figli, oggi si trovano escluse dal mondo del lavoro. Altro intervento di nostra iniziativa a favore delle donne è quello che restituisce loro la possibilità di effettuare versamenti non soltanto fissi, ma anche saltuari sulla propria posizione previdenziale. Le disposizioni che ho appena citato dimostrano, a nostro avviso, grande sensibilità verso una categoria di persone che non godono di un reddito fisso, pur dedicandosi quotidianamente al lavoro domestico al quale noi, Popolari-Udeur, riconosciamo una grande importanza, poiché contribuisce in maniera sostanziale alla difesa e alla crescita dei veri valori della famiglia. A tal proposito, vorrei ricordare che è stato recentemente dimostrato che il lavoro delle donne all'interno delle mura domestiche è il vero motore dell'economia italiana.
Altro tema fortemente richiamato dal nostro gruppo è quello relativo alla possibilità, per taluni settori, di stipulare contratti di lavoro a chiamata (job on call) perché riteniamo che soprattutto in alcuni ambiti, come quello turistico e quello dello spettacolo, l'abrogazione dello strumento legale del lavoro intermittente avrebbe certamente incentivato il lavoro sommerso, con grave danno sia per i lavoratori sia per lo Stato, considerato che il lavoro nero è equiparabile all'evasione fiscale.
Su tali problematiche avevamo già iniziato un lavoro costante nel tempo, che abbiamo portato avanti con particolare determinazione: infatti abbiamo rivolto un'interpellanza urgente al Governo e abbiamo avanzato una precisa proposta che ha costituito la base dell'intesa nella maggioranza e, poi, del testo definitivo di attuazione del Protocollo. Per tutte queste ragioni, noi Popolari-Udeur daremo convintamente il nostro voto favorevole all'approvazione di questo provvedimento che costituisce, per noi e per il Paese, una grande conquista (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buffo. Ne ha facoltà.
GLORIA BUFFO. Signor Presidente, a volte le vicende politiche sono semplici e non possono essere annebbiate dalle parole difficili. Questo è uno di quei casi: i fatti parlano da soli. Il primo fatto che parla da solo è che cinque anni di Governo Berlusconi hanno lasciato un segno pesante: chi lavora oggi è più precario e molto spesso sottopagato, in un Paese in cui la vita è cara e il diritto alla casa è carissimo. La destra non ha inventato certo la precarietà, ma le ha spalancato le porte, e intanto ha varato una riforma delle pensioni iniqua ed aggravata dalla viltà di rimandarne l'attuazione dopo la fine del suo Governo. Così stando le cose (l'antefatto è importante perché riguarda milioni di italiani), il 31 dicembre di quest'anno per molti l'età pensionabile si sposterebbe in avanti di tre anni in un colpo solo.
È dunque un'eredità difficile quella del centrosinistra che ha vinto le elezioni, perché si è impegnato a voltare pagina.Pag. 70
Il secondo fatto è il seguente. Si è concluso un accordo con le parti sociali raggiungendo un risultato sulle pensioni che per noi di Sinistra Democratica è condivisibile, perché non vi è più il «salto» di tre anni, non si «tocca» l'età pensionabile delle donne, si alzano (anche se di poco) le pensioni basse e si rendono meno difficili le carriere previdenziali dei giovani. Si è inoltre introdotta una distinzione, a nostro avviso decisiva, che tiene conto dei lavori più pesanti, i quali non possono essere trattati, ai fini dell'età pensionabile, come tutti gli altri. Sulla lotta alla precarietà, invece, il risultato non è stato buono e non occorre spendere molte parole per spiegarne il perché: la sproporzione tra le misure decise e la realtà è troppo grande.
Vengo così al terzo fatto. Vi è stata una consultazione importantissima che noi, per cultura e per scelta politica, consideriamo un grande evento democratico voluto dai sindacati e, in particolare, dalla CGIL.
Infine, si è giunti all'esame del Parlamento e sotto questo aspetto le cose sono andate decisamente male. Non sono andate male all'inizio perché in Commissione, con un compromesso difficile ma utile, non si è stravolto il Protocollo, anzi tutt'altro. Si è chiarito, però, che dopo trentasei mesi non vi è un'indistinta possibilità di fare una proroga del contratto a termine, perché essa incontra un limite del tutto ragionevole.
Si è migliorato qualche aspetto della disciplina dell'apprendistato; in tema di lavoro usurante si è chiarito che non vi sarà chi per contratto potrà usufruire di uno sconto, contando cinquanta notti, e chi, invece, dovrà raggiungerne ottanta e si è data, ragionevolmente, una delega al Governo con la libertà di scegliere insieme alle parti sociali un criterio equo. Non si è trattato, quindi, di qualcosa di clamoroso, ma solamente di chiedere delle garanzie che l'accordo non venisse svuotato o piegato agli interessi di chi è più forte.
Durante l'esame del provvedimento sul welfare svolto in sede di Commissione - vorrei ricordarlo perché è molto importante - nessuno ha assunto una posizione radicale né ha alzato le bandiere; anzi, non ci si è impuntati nemmeno su tutto ciò che, invece, sarebbe stato necessario modificare. Per voltare pagina, infatti, occorrerebbe introdurre le causali per il ricorso al contratto a tempo determinato (non mi soffermo in questa sede ad argomentare perché oggi, invece, vi è un abuso di questa forma contrattuale), e una norma che distingua in modo serio e moderno il lavoro economicamente dipendente da quello autonomo, considerato che oggi, con le regole ancora vigenti, il mercato del lavoro in Italia si fonda su un imbroglio, e lo sanno tutti in quest'Aula.
Il testo esaminato dalla Commissione comprendeva anche la reintroduzione in alcuni settori del lavoro a chiamata - fortemente voluto dal Partito Democratico e da noi, invece, avversato - il quale non era parte del Protocollo. Nell'insieme risultava, comunque, un testo che corrispondeva all'accordo con qualche miglioramento e un cambiamento peggiorativo. In Commissione ci si è fatti quindi carico del problema politico della maggioranza; non vi è stato qualcuno che si è limitato ad agitare dei vessilli propagandistici; la maggioranza ha lavorato e discusso, nelle sedi competenti, alla presenza del Ministro del lavoro; non vi è stato un accordo della maggioranza in Parlamento per affrontare i lavori in Commissione senza la partecipazione del Governo, che infatti ha assistito alle discussioni. Avevamo lavorato così; poi però è intervenuto uno strappo, non solo verso il Parlamento e verso la maggioranza, e in particolare nei confronti di una parte di essa, cinquanta volte più numerosa dei tre senatori che obiettavano.
Vi è stato un cambiamento e uno strappo persino sull'accordo tra le parti sociali. Ricordo, infatti, ancora una volta ai distratti che il testo su cui abbiamo votato la fiducia non coincide con quello votato da cinque milioni di persone, in quanto è reintrodotto il lavoro a chiamata che, a detta del Ministro da quando è in carica, era una delle misure peggiori prePag. 71viste dalla legge n. 30 del 2003, misura di cui sarebbe stato bene liberarsi il prima possibile. Questi sono i fatti.
Ieri ho sentito in Aula l'intervento di un esponente del Partito Democratico che ha chiesto - immagino rivolgendosi ai gruppi delle sinistre - se il testo risultante dal voto fiduciario fosse migliore o peggiore delle leggi varate dal centrodestra. Certo che è migliore, onorevole Fassino, ma non ci hanno votato sperando solo che non facessimo peggio. Se vi è carestia, non basta uno spuntino!
Credo che i riformisti, di cui vogliamo essere alleati, «agguantino» i problemi e non li aggirino. Ma in Italia vi sono cinque milioni di persone che lavorano precariamente, un'enormità: questo è il problema sociale del nostro tempo (di cui parlano tutti), che segna la società e che neanche regala competitività al nostro Paese.
Come Sinistra Democratica abbiamo sempre tenuto un comportamento sobrio nel lavoro parlamentare, nei giudizi politici e nelle dichiarazioni. Manterremo questo tono perché è il nostro, perché la sinistra a cui lavoriamo è concreta, ferma, mai agitatoria. Se esiste una tale carestia di lavoro sicuro, dignitoso, stabile, retribuito il giusto, noi, tuttavia, non proponiamo un banchetto per tutti, bensì ciò che è giusto e possibile.
In questi mesi di Governo del centrosinistra quasi ogni giorno siamo stati chiamati, a volte in modo burbanzoso, al rigore dei conti. Nel testo approvato dalla Commissione erano contenute - e sono in discussione - alcune norme che non costano, ma servono, sono giuste e niente affatto radicali. Noi sappiamo, perché siamo adulti e persone serie, che poco è meglio di niente per alcuni milioni di italiani e perciò voteremo a favore. Tuttavia, quando il poco è meno di ciò che hanno votato le lavoratrici e i lavoratori e meno di quanto deciso dal Parlamento, il problema politico è aperto ed è molto serio (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giacomoni. Ne ha facoltà.
SESTINO GIACOMONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito odierno è qualcosa di veramente surreale, in quanto il Governo si è presentato in Parlamento sostanzialmente con il testo di un accordo sottoscritto con le parti sociali e ha preteso da noi una mera ratifica. Siamo tutti consapevoli che oggi, nostro malgrado, stiamo solo perdendo del tempo.
Il nostro lavoro in Aula (come del resto quello in Commissione, come testimoniano le dimissioni del presidente Pagliarini) è ritenuto inutile e forse anche dannoso dal Governo, interessato solamente alla propria sopravvivenza e non certo a risolvere i problemi reali del Paese.
Con questo provvedimento abbiamo avuto la certificazione che ormai l'Italia non è più una Repubblica parlamentare ma una Repubblica sindacale. Oggi, in piena Repubblica sindacale e sotto dettatura e dittatura della CGIL, ci troviamo di fronte al paradosso per il quale, se l'Assemblea provasse liberamente a legiferare in materia di pensioni e di lavoro, il sindacato non esiterebbe ad indire uno sciopero generale contro il Parlamento italiano.
È ormai vicino il giorno in cui il Governo, il vostro Governo, dovrà rimettere il mandato direttamente nelle mani dei sindacati e se non fossero in gioco il futuro dei nostri figli e delle nostre imprese potremmo dire che lo spettacolo offerto dal Governo Prodi sul welfare è quasi comico. Trattative chiuse e riaperte, svariate riunioni del Consiglio dei ministri tra ricatti, divisioni e distinguo per partorire, infine, un brutto compromesso disconosciuto da tutti e incomprensibile, tant'è vero che Prodi, come Totò, è arrivato a porre la fiducia «a prescindere»: non si era mai vista una fiducia posta a prescindere dal testo!
L'unica certezza è che la fiducia è stata posta non a causa dell'ostruzionismo dell'opposizione (che, anzi, ha avuto un atteggiamentoPag. 72 serio e costruttivo), bensì per superare le divisioni della vostra maggioranza.
Dopo averne tanto parlato in campagna elettorale, ora, con il vostro immobilismo, state veramente condannando l'Italia a un lento - ma inesorabile - declino. La vostra azione politica, dettata da un'estrema sinistra massimalista, che controlla cinquanta senatori su centocinquantotto, ha finora prodotto solo tasse e controriforme, la più eclatante delle quali è proprio quella contenuta nel provvedimento che oggi stiamo esaminando: la «controriforma» delle pensioni, che, con il passaggio dallo «scalone» agli «scalini», rappresenta sicuramente l'unica opera «infrastrutturale» realizzata dal vostro Governo.
Purtroppo, però, sui vostri «scalini» rischia di scivolare rovinosamente il futuro dei nostri figli. Con i 23 miliardi di euro (la vostra «controriforma» costa tanto) si sarebbero potute avviare serie ed efficaci misure di politica attiva del mercato del lavoro e si sarebbe potuta approvare una vera riforma dello Stato sociale.
Per tale motivo un Governo deve stabilire le priorità: non può pensare di mandare in pensione i cinquantenni e, contemporaneamente, di trovare le risorse per accompagnare i giovani verso il lavoro. La priorità del Governo Berlusconi era chiara: creare milioni di posti di lavoro. Siamo convinti che questa è la vera politica sociale che un vero Governo deve perseguire: abbiamo raggiunto, infatti, il record storico di 23 milioni di occupati.
Durante i cinque anni del Governo precedente, avete lanciato anatemi contro la nostra riforma del mercato del lavoro, salvo poi scoprire, con cinque anni di ritardo - e solo dopo l'assassinio del professor Marco Biagi (unico vero martire) - che, grazie alla buona flessibilità introdotta dalla nostra legge, sono stati creati, in Italia, oltre due milioni di posti di lavoro. Mi auguro che oggi, con i dati ISTAT alla mano - e all'esito dell'indagine conoscitiva sulla precarietà - abbiate finalmente capito che flessibilità non è sinonimo di precarietà, bensì di opportunità di ingresso nel mondo del lavoro. Con la buona flessibilità abbiamo aperto ai giovani la porta di accesso al mercato del lavoro: oggi, con le restrizioni che state inserendo, state di fatto sbarrando quella porta.
Il dibattito odierno, in realtà, certifica il fallimento delle politiche sociali e di sviluppo del vostro Governo. Oltre al danno, questo Esecutivo riserva ai giovani anche la beffa: fa promesse che non potrà mantenere. La clausola che prevede che le pensioni future siano pari al 60 per cento dell'ultima retribuzione, infatti, non ha alcun fondamento giuridico: lo sapete bene, considerato che, con la riforma Dini del 1995, il sistema di calcolo delle pensioni non si basa sulla retribuzione, ma sui contributi versati.
Il testo che state approvando rompe definitivamente il patto di solidarietà generazionale tra lavoratori attivi e pensionati, tra giovani e anziani. Oggi i trentenni devono versare contributi sempre più alti, per pagare pensionati sempre più giovani. Lo «scalone» che state demolendo garantiva la tenuta dei conti pensionistici e serviva proprio per rinsaldare il patto generazionale. La vostra «controriforma» costerà agli italiani, nel complesso, oltre 23 miliardi di euro e non dieci, come calcolato nel testo che state approvando.
Ma, almeno, vi siete chiesti chi paga? Pagheranno i cittadini, con continui aumenti delle tasse e dei contributi, ma pagheranno soprattutto i giovani, che, con l'aumento delle aliquote contributive, percepiranno meno soldi in busta paga e perderanno occasioni di lavoro. Del resto, mentre il Governo trattava con le parti sociali su pensioni e lavoro, nessuno ha rappresentato i giovani al tavolo. Lo stesso Governo, in realtà, era interessato non tanto al tavolo quanto alle sedie o, meglio, alle poltrone da occupare!
Questo è il vostro concetto di piena occupazione, molto diverso dal nostro e da quello di Keynes. Il ritratto della sinistra massimalista costerà caro al nostro Paese. Quella dei lavori usuranti sarà una bomba ad orologeria, destinata ad esplodere nel tempo. Per non parlare, poi, dei dubbi Pag. 73sull'incostituzionalità di questa norma: ci dovete spiegare, infatti, perché un lavoro notturno è usurante se è svolto da un lavoratore sindacalizzato e non lo è più se a svolgerlo è un lavoratore autonomo.
Come potete pensare che un autotrasportatore (che guida tutta la notte), un fornaio o un commerciante che lavora ai mercati generali non siano usurati dal loro lavoro? Come potete pensare che fare il poliziotto o il carabiniere non sia un lavoro usurante? Avete una strana idea dei diritti! In realtà, se parliamo di diritti soggettivi, o sussistono per tutti o per nessuno.
Il provvedimento in esame, inoltre, sempre con la complicità dei sindacati - e, purtroppo, con l'accondiscendenza di Confindustria - non fa nulla a sostegno delle imprese e, anzi, aumenta i vincoli allo sviluppo. Anche la detassazione e la decontribuzione, se non inserite in un processo di libera contrattazione aziendale, possono rivelarsi una mera illusione. L'unica certezza del vostro Protocollo è la dilatazione della spesa pensionistica. Tutto ciò accade mentre il Governatore Draghi denuncia i rischi per l'economia del «sistema Paese»: frenata dei consumi e salari troppo bassi.
Credo, dunque, di un non poter essere smentito nell'affermare che il Governo ha sostenuto una trattativa sbagliata e che, ancora peggio, ha firmato un accordo dannoso per il Paese. Di fronte a questa vostra incapacità a governare, acquista ancora più risalto la forza riformatrice del Governo Berlusconi: sarebbe bastato per voi ripartire dal Patto per l'Italia sottoscritto dal Governo Berlusconi con i sindacati, ed oggi noi avremmo sostenuto con convinzione una seria riforma dello Stato sociale.
Purtroppo, la vostra finta disponibilità al dialogo sulle riforme si scontra con la triste realtà di ciò che sta avvenendo in quest'Aula su una riforma, come quella dello Stato sociale, che è di gran lunga la più importante per il futuro dei nostri figli, perché - come diceva Ralf Dahrendorf - lo Stato sociale è il più grande successo della politica moderna.
Oggi dobbiamo prendere definitivamente atto che con questo Governo non è possibile alcun dialogo. Ci chiediamo allora ad alta voce: dove sono finiti i presunti riformisti del Partito Democratico? Cari amici riformisti, se ci siete, battete un colpo! Non ho sentito nulla... Noi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità, certi che le nostre idee e le nostre proposte diventeranno le leggi e le riforme del domani. Per tutto ciò, oggi Forza Italia dice «no» a un provvedimento frutto di un compromesso brutto, sbagliato e dannoso per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).