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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 12,15).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative in materia di assegnazione di quote latte ai produttori italiani - n. 2-00869)
PRESIDENTE. L'onorevole Marcazzan ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00869, concernente iniziative in materia di assegnazione di quote latte ai produttori italiani (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
PIETRO MARCAZZAN. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, credo di interpretare i sentimenti di tutti quando dico che la nostra agricoltura vive una fase di profondo disagio (è dinanzi agli occhi di tutti, purtroppo). Tale disagio dipende, probabilmente, anche dalla distanza e dalla poca volontà politica che si è voluta riservare a questo settore, così importante.
Tuttavia, nutro ancora la certezza che si possa - anzi, si debba - restituire alla nostra agricoltura il ruolo principe che le spetta e sono anche convinto che in futuro riusciremo veramente ad intraprendere questo cammino. Pertanto, non entreròPag. 4nei dettagli dell'interpellanza, perché sicuramente il rappresentante del Governo ha già avuto modo di leggerli precedentemente. Tuttavia, vorrei sottolineare che probabilmente siamo nelle condizioni, oggi, di porre fine ad almeno uno dei gravosissimi problemi che attanagliano il mondo agricolo: le quote latte. Ciò grazie alla decisione della Commissione europea, che ha deciso di innalzare del 2 per cento i quantitativi globali di ogni Paese membro. Mi domando, quindi, se non sia opportuno agire con tempestività per trovare una soluzione ottimale al purtroppo irrisolto problema delle quote latte, che ha suscitato tante e tante carenze nella nostra agricoltura e che ha procurato tante difficoltà ai nostri agricoltori, e, così operando, cominciare, quantomeno, a restituire alla nostra agricoltura un ruolo di vitale importanza, non solo per il nostro Paese, ma per l'Europa e per il mondo intero.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Guido Tampieri, ha facoltà di rispondere.
GUIDO TAMPIERI, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, grazie al cielo il disagio dell'agricoltura cui ha fatto riferimento l'onorevole Marcazzan è in fase di attenuazione. Da conoscitore attento del settore, quale egli è, saprà che siamo di fronte ad una lievitazione dei prezzi dei beni agricoli, che può essere variamente interpretata, nel rapporto tra la dimensione dell'agricoltura, e quindi del riconoscimento e della remunerazione del lavoro svolto dagli agricoltori, e la fase terminale del costo per gli italiani e per le famiglie.
Ciò non toglie che siamo in una fase di nuova tensione tra domanda e offerta, che deriva da fattori di pressione internazionale con un carattere e un'accelerazione decisamente inusitati e che ci fanno ragionevolmente presumere che i margini operativi per le imprese agricole possano strutturalmente trovare un beneficio nella nuova condizione che stiamo attraversando.
Per quanto riguarda invece il problema specifico che è stato sollevato in questa interpellanza, relativamente allo stato di disagio di una serie operatori, in primis di coloro cui ad un certo tempo venne tagliata una parte della quota B, ai medesimi originariamente attribuita, devo riconoscere che la ricostruzione degli eventi rappresentata nell'interpellanza stessa è assolutamente giusta, come mi pare corretta l'interpretazione del disagio che viene manifestato. Oggi anche in questo campo stiamo entrando in una fase diversa, determinata, come ho testé affermato, dal nuovo rapporto tra domanda e offerta. Assistiamo ad un'entrata in campo di Paesi importanti, di grande consistenza demografica. Assistiamo peraltro anche ad un mutamento significativo nel mix dei fattori di produzione di tali Paesi, e quindi anche nel settore del latte siamo di fronte ad una domanda esplosa nei confronti della dimensione dell'offerta; un'offerta che in Europa, come l'onorevole Marcazzan sa, era stata contenuta attraverso il sistema delle quote latte dal 1985. Si tratta di un sistema che aveva trovato precaria, problematica e talora incongrua applicazione nel nostro Paese, e che ha determinato una situazione di disagio tra tanti operatori.
Di fronte alla nuova situazione che si sta prospettando, appropriatamente e opportunamente l'Unione europea ha deciso di riconsiderare il problema. Essa, come la Commissaria Fischer Boel ci ha illustrato nella recente iniziativa di Brescia, comporta, allo stato delle cose, una piena liberalizzazione del settore dal 2015. Quindi, ogni imprenditore potrà liberamente determinarsi in rapporto alla domanda di mercato, e vi sarà una fase di avvicinamento, se così si può definirla, a quella condizione di liberalizzazione che prevede progressivi incrementi di quote e pertanto un processo che gradualmente vada nella nuova dimensione competitiva. Come esattamente è stato riportato nell'atto di sindacato ispettivo al nostro esame, si pensa di dar vita, a partire dalla prossima campagna lattiero-casearia, ad un innalzamento lineare del 2 per centoPag. 5dei quantitativi globali per ogni Paese membro. Devo dire che insiste tuttora sul tavolo dell'Unione europea una richiesta del nostro Paese intesa a non avere un incremento lineare, poiché siamo di fronte ad una condizione nella quale altri Paesi, come ad esempio la Danimarca, producono il 240 per cento del loro fabbisogno interno, e altri Paesi come l'Italia, grazie all'esito negoziale non felice di vent'anni fa, sono invece compressi in una dimensione produttiva che si aggira attorno al 60 per cento del proprio fabbisogno interno; quindi un incremento lineare non avrebbe un grande significato, anche perché la tensione alla produzione nel nostro sistema ci induce quasi sistematicamente a superare i limiti che ci sono stati assegnati, mentre vi sono altri Paesi che non raggiungono nemmeno la quota che è stata ad essi attribuita.
In ogni caso, pur persistendo la ricordata situazione, i rapporti di forza attualmente presenti all'interno dell'Unione europea lasciano presumere che il predetto 2 per cento sia l'innalzamento su cui si troverà una convergenza da parte di tutti gli Stati membri. Quindi, è appropriato il richiamo che ci viene rivolto, ad avere grande attenzione per tale situazione. Vorrei far presente che, ai sensi della legge n. 119 del 2003, il Governo dovrà codeterminare le proprie decisioni in materia, nel senso che la decisione passerà attraverso una disamina della Conferenza Stato-regioni, e dovrà esserci un'attribuzione alle singole regioni proporzionata alla dimensione produttiva che già vige all'interno dei territori.
Vi è già una scaletta di priorità, la prima fra le quali coincide esattamente con l'ipotesi sottoposta all'attenzione del Governo dall'onorevole Marcazzan, ossia privilegiare il recupero di coloro che, in precedenza, si sono visti ridurre la quota B. Vi sono poi altri criteri, come l'attribuzione delle quote ai giovani, ed altro. Dunque, dal punto di vista dell'orientamento generale manifestato, non posso che riprodurre il senso delle iniziative che il Ministro ha messo in campo, che presentano un orientamento marcatamente riferito alla quota B: una determinazione di carattere conclusivo, però, potrà essere desunta solo dal rapporto che instaureremo con le regioni, così come è previsto per legge, e dunque dalle determinazioni ultime della Conferenza Stato-regioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Marcazzan ha facoltà di replicare.
PIETRO MARCAZZAN. Signor Presidente, sono soddisfatto e ringrazio il sottosegretario per la chiarezza con la quale ha voluto rispondere a questa interpellanza urgente: confido naturalmente che continui con incondizionati interesse, entusiasmo e passione a trovare risposte opportune ai problemi che abbiamo evidenziato.
(Misure a favore dei comuni sardi di Padru, Lodè e Budoni colpiti da un'eccezionale ondata di maltempo nei giorni 27 e 28 novembre 2007 - n. 2-00878)
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00878, concernente misure a favore dei comuni sardi di Padru, Lodè e Budoni colpiti da un'eccezionale ondata di maltempo nei giorni 27 e 28 novembre 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, debbo anzitutto lamentare il fatto che alla richiesta di un'informativa del Governo (in Aula o quantomeno in Commissione), presentata all'indomani dell'evento calamitoso che ha colpito i comuni citati in questa interpellanza (comuni che rivestono un'importanza strategica in Sardegna), non è stato dato neppure un cenno di risposta. Da ciò è derivata l'esigenza di presentare un'interpellanza urgente, volta a fare chiarezza sull'atteggiamento nei confronti di un problema che si è verificato in una regione povera come la Sardegna, che oggi si trova, sotto ogni aspetto, in una crisi senza precedenti (industria, lavoro, disoccupazione,Pag. 6servizi: davvero il momento è difficile). Occorre infatti ricordare a chi ci ascolta che la Sardegna non è solo Porto Cervo o Cala di Volpe: è una realtà difficile, sotto ogni aspetto, che richiede attenzione da parte dello Stato, così come da parte della regione.
Nel presentare questa interpellanza urgente, non mi illudo che vi siano risposte di chissà quale portata: voglio soltanto sapere - lo vogliono sapere i sardi e gli abitanti dei centri menzionati, colpiti da un'alluvione di così grave portata che occorre ricordare gli anni Cinquanta per trovarne una analoga - se verso comunità messe così in ginocchio vi sia l'attenzione dello Stato. Desideriamo altresì conoscere la misura di quest'attenzione, ossia - per esser molto chiari - se vi siano risorse per far fronte ai danni enormi ed ingenti che la predetta ondata di maltempo, così imponente, ha provocato. Ciò riguarda particolarmente il comune di Padru, fra l'altro uno dei più «giovani» comuni d'Italia, di cui ho avuto anche l'onore di essere il primo sindaco e poi di essere riconfermato. Si tratta di un comune che vive oggi un momento difficile: vi è infatti addirittura una borgata, denominata Sotza, che è stata isolata in quanto l'enorme ondata d'acqua dei giorni di cui si è detto ha fatto crollare un ponte, per non parlare poi dei danni alle campagne (ciò riguarda dunque anche il sottosegretario per le politiche agricole, alimentari e forestali): sono state distrutti coltivazioni, piante, muri, in generale tutto quel che si trova nelle campagne (si tratta infatti di realtà rurali). È pertanto questa la risposta che aspettiamo: una risposta che il Governo dovrebbe dare non al sottoscritto ma alle predette comunità, che hanno vissuto un momento davvero drammatico.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Guido Tampieri, ha facoltà di rispondere.
GUIDO TAMPIERI, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, in effetti nei giorni richiamati dall'interpellante - tra il 27 e il 29 novembre 2007 - il settore orientale della regione Sardegna è stato interessato da precipitazioni meteoriche che, localmente, hanno assunto carattere di notevole intensità. Dai dati pluviometrici raccolti dal Centro funzionale centrale risulta che le precipitazioni hanno avuto inizio nelle prime ore del giorno 27 e si sono intensificate notevolmente alle ore 21 circa per poi assumere, dalle ore 13 del giorno successivo, carattere di precipitazione diffusa, talora intermittente.
In particolare, tra le ore 21 del 27 novembre e le ore 9 del 28 novembre sono stati registrati circa 90 millimetri dalla stazione di Sa Pianedda, distante dagli abitati di Budoni e Padru, rispettivamente diciannove chilometri e quattro chilometri, e 40 millimetri dalla stazione di Siniscola, che dista sedici chilometri da Budoni. I tempi di ritorno delle precipitazioni sono stati stimati inferiori a cinque anni e, quindi, corrispondenti ad una criticità ordinaria (questi sono i report che ci sono pervenuti).
Negli stessi giorni, nell'area di Monte Tului - Genna Silvana, alcune decine di chilometri più a sud, le elaborazioni effettuate dalle stazioni pluviometriche hanno evidenziato cumulate con valori superiori e le precipitazioni sono state maggiormente concentrate nel tempo.
Nel corso dell'evento, la Sala Situazioni Italia ha raccolto molte segnalazioni di effetti al suolo che hanno interessato la Sardegna orientale. Alle ore 9 del 28 novembre il Centro operativo nazionale dei vigili del fuoco ha comunicato il crollo, verificatosi nel territorio del comune di Padru, località Sotza, in provincia di Sassari, di un ponte di collegamento con il centro abitato, portato via completamente dalla forza del corso d'acqua, che ha determinato il blocco dell'adiacente strada provinciale e l'isolamento, per alcune ore, di circa quindici famiglie.
Come evidenziato dai successivi contatti intercorsi nell'arco della stessa giornata tra la Sala Situazioni Italia, la prefettura di Sassari e le locali stazioniPag. 7dei carabinieri, in attesa della ricostruzione del ponte è stato aperto un percorso alternativo.
Da quanto comunicato dalla regione Sardegna, sul territorio di Budoni, nel primo pomeriggio del 29 novembre, sono stati registrati allagamenti di numerose cantine e abitazioni, concentrati all'interno dell'abitato, aggravati dalle difficoltà di deflusso a mare delle acque di scolo, con danni diffusi alle proprietà private, agli impianti elettrici ed alle suppellettili, nonché alcuni episodi di cedimento di piccoli muri di sostegno di infrastrutture pubbliche.
Anche nel territorio del comune di Lodè si è verificato un notevole innalzamento idrometrico del rio Minore, originato dalle elevate portate idriche del reticolo idrografico secondario che lo alimenta, il cui livello ha superato gli argini preesistenti e le infrastrutture di attraversamento di circa due metri rispetto agli impalcati dei ponti, provocando, a causa della propagazione dell'onda di piena che ha divelto e trasportato a valle le rampe di accesso dei predetti attraversamenti, l'isolamento della zona in sinistra idraulica dell'asta fluviale, sede della maggioranza delle attività agricole e zootecniche del paese. Inoltre, la rete stradale extraurbana, in particolare la viabilità sterrata posta a sud-est e circoscritta dalla strada provinciale 50 e dalla vecchia strada per il comune di Lula, ha subito danni in prossimità degli attraversamenti e fenomeni di erosione della carreggiata.
Peraltro, sulla base dell'analisi dei dati pluviometrici - ed è la circostanza che mi premeva rappresentare all'onorevole interpellante - e dei dati informativi pervenuti al Dipartimento della protezione civile, si evince che l'evento meteorologico in sé è stato caratterizzato da un'intensità realmente moderata e localmente elevata delle precipitazioni, tale da generare effetti al suolo di una criticità - questa è la definizione - generalmente ordinaria, tendente a moderata, aggravata, come nel territorio comunale di Budoni, dal precario stato di manutenzione delle opere idrauliche idonee all'allontanamento delle acque piovane.
Inoltre, i danni subiti dalle aziende agricole e dalle infrastrutture e, quindi, dalle produzioni e dalle attività agricole e pastorali, evidenziano la necessità di interventi di mitigazione permanente del rischio e di manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio. Ed è in tal senso - rispondo all'interpellante - che verosimilmente occorrerà intervenire con gli strumenti propri assicurati dalla legislazione vigente. Si fa infine presente che al Dipartimento della protezione civile - così come del resto sollecitato giustamente da parte dell'interpellante - non risulta pervenuta alcuna istanza, da parte della regione autonoma della Sardegna, volta a conseguire la dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per fronteggiare i danni provocati dall'ondata di maltempo.
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di replicare.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, devo dire che non ho compiuto studi idrogeologici ma comunque stamattina ho assistito ad una bella lezione di meteorologia necessaria per comprendere che forse le alluvioni sono avvenute quasi per colpa di tali comuni, che non hanno avuto neanche l'attenzione di puntualmente ripulire tutti i canali o i fiumi che scorrono nei propri territori, dimenticando che tali comuni - tutti i comuni italiani - ogni anno vedono diminuire le risorse a loro disposizione.
Devo ammettere comunque, signor sottosegretario, che la sua conclusione sembra di speranza e devo dirle anche che i tre comuni interessati hanno chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale, che hanno inviato la documentazione richiesta alla regione autonoma Sardegna e hanno trasmesso le relative delibere anche alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della protezione civile. Quindi, la documentazione da unPag. 8punto di vista formale è presente. Pertanto, o davvero si mette mano al portafoglio, se realmente vi sono ancora risorse, per sistemare la situazione veramente pericolosa presente nei tre comuni colpiti così fortemente da questa gravissima e pesante ondata di maltempo, oppure accadrà che la prossima calamità, anche di dimensioni più ridotte, produrrà danni ancora più gravi.
Le debbo dire che i sindaci operano nel territorio con grande sacrificio e soprattutto agiscono in realtà rurali. Faccio l'esempio del sindaco di Lodè, un paese forse ancora non abbandonato del tutto da Dio ma sicuramente dagli uomini e il cui sindaco, che è farmacista, in questo momento si è prestato alla politica. Ebbene, quando è in farmacia vende le medicine perché prescritte dalle ricette, ma quando è in comune vorrebbe dare la ricetta, ma mancano le risorse. Questo comune è completamente abbandonato.
Allora, è necessario uno sforzo non soltanto da parte della regione, che deve necessariamente compierlo, ma da parte dello Stato, anche quando si tratta di piccole realtà rurali, come quella di Padru, che mette in gioco il proprio futuro proprio salvaguardando l'ambiente e ricordo che i danni sono anche e soprattutto di natura ambientale, dopo tali alluvioni. Gli amministratori di Padru, di Budoni, che con tanto sacrificio cercano di portare avanti le proprie amministrazioni facendo i conti della serva con soli 4 euro, hanno bisogno di un impegno forte da parte dello Stato per fronteggiare tali emergenze. In assenza di tale impegno nessun parlamentare, neppure il sottoscritto che vive in quel territorio, in Sardegna, e che conosce bene tali luoghi, può ritenersi soddisfatto.
Mi auguro, signor sottosegretario, che la speranza da lei tratteggiata nella parte finale del suo intervento possa veramente trovare una concreta attuazione, in modo da poter veramente conoscere quali e quante risorse la protezione civile voglia mettere a disposizione per tentare di districare almeno i più importanti nodi in ordine a strutture, infrastrutture e a tutti gli altri danni che si sono verificati nelle campagne di tali comuni.
(Processo di unificazione degli ordini professionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri, con particolare riferimento all'unificazione delle relative casse previdenziali - n. 2-00876)
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare l'interpellanza Catone n. 2-00876, concernente il processo di unificazione degli ordini professionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri, con particolare riferimento all'unificazione delle relative casse previdenziali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmatario.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, come sicuramente le è ben noto, il 30 novembre 2007 - solo qualche giorno fa - i consigli territoriali dei dottori commercialisti e dei ragionieri hanno proceduto alla elezione del consiglio nazionale dell'ordine unificato, denominato ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, giusto quanto disposto da un decreto ministeriale del 31 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 7 agosto 2007.
La legge 24 febbraio 2005 n. 34 prevedeva all'articolo 4 l'esercizio della delega da parte del Governo che avrebbe dovuto emanare misure volte a sostenere l'iniziativa dei competenti organi di amministrazione delle due casse di previdenza finalizzata alla eventuale unificazione degli enti in questione, nel rispetto dei principi e criteri direttivi già previsti dal citato articolo 4. La delega, signor sottosegretario, è scaduta il 30 marzo 2007 e non è stata esercitata secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro del lavoro e della previdenza sociale per l'assenza, per le casse di previdenza interessate, di progetti condivisi di unificazione.
La situazione che si sta profilando è la seguente: avvio del processo di unificazione degli ordini dei dottori commercialistiPag. 9e dei ragionieri, con l'elezione di un unico consiglio nazionale come ho testè indicato e di unici consigli territoriali, pure già eletti, ma non ancora insediati, e confusione sul destino previdenziale dei nuovi iscritti all'ordine unificato a partire dal 1o gennaio 2008.
L'inesistenza di un'intesa sulla gestione della previdenza delle due casse, che in concreto operano separatamente, non consente di fare chiarezza in ordine a quale delle due casse debbano iscriversi i nuovi professionisti, rischiando così di ingenerare confusione e conflittualità crescenti. Peraltro, i regimi previdenziali delle due categorie professionali, se pur lineari e coerenti nelle coordinate fondamentali che li determinano, presentano trend storici e prospettici caratterizzati da profonde differenze con riguardo, soprattutto, alle dinamiche demografiche e alle correlate implicazioni in termini di sostenibilità di ciascuno di essi.
La cassa dei ragionieri, infatti, presenta un saldo negativo tra nuovi iscritti e pensionati, che risulta oramai cronico e a tal proposito ha adottato una riforma volta alla autoliquidazione del proprio debito latente.
Di contro, invece, la cassa dei dottori commercialisti segnala, già da molti anni, una importante implementazione della platea degli iscritti che, in prospettiva, non potrà che aumentare ulteriormente, stante l'esistenza di oltre 60 mila iscritti al registro dei praticanti e nella conseguente certezza che i nuovi professionisti dovranno aderire a quest'ultima cassa (ex lege n. 21 del 1986), situazione anche questa fotografata nei termini di cui sopra dal citato rapporto della Commissione parlamentare.
Con la presente interpellanza urgente si intende chiedere quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire un ordinato avvio del processo di unificazione dei due ordini professionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri e dell'andamento delle successive iscrizioni alle rispettive casse e quali provvedimenti intenda assumere per evitare che il mancato esercizio della delega e il mancato raggiungimento dell'intesa tra le due casse di previdenza, possa ripercuotersi negativamente sulla gestione della previdenza dei dottori commercialisti e sulle loro pensioni presenti e future.
Si chiede, inoltre, quali iniziative intenda adottare per confermare l'iscrizione alla cassa dei dottori commercialisti dei nuovi iscritti all'albo unificato, a partire dall'1o gennaio 2008 e se non ritenga opportuno, stante la complessità delle questioni rappresentate, esaminare l'intera problematica previdenziale degli enti in questione, all'interno del disegno di legge di riforma delle professioni.
Questo, signor sottosegretario, potrebbe essere un banco di prova della difficoltà di applicazione che si incontrerà nell'unificare gli enti previdenziali per ottenere quel famoso risparmio - non condiviso dal sottoscritto né dal gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI che rappresento - previsto nel Protocollo sul welfare, legge approvata la scorsa settimana da questo ramo del Parlamento (in quel provvedimento, lo ricordo, si fa riferimento a 3,5 miliardi di euro). Se per un solo ente unificato la situazione è questa, possiamo immaginare cosa succederà per gli altri.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, rispondo all'interpellanza relativa all'attuale situazione delle due casse di previdenza privatizzate dei dottori commercialisti e dei ragionieri, alla luce delle previsioni della legge n. 34 del 2005, recante Delega al Governo per l'istituzione dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
In particolare, come appena ricordato, l'articolo 4 della legge predetta conferisce delega al Governo ad adottare, entro due anni dalla sua entrata in vigore, uno o più decreti legislativi volti - questo è importante - a «sostenere l'iniziativa dei competenti organi di amministrazione» dellePag. 10casse di cui stiamo trattando, sostenendo, quindi, l'iniziativa degli organi di amministrazione.
In via preliminare, vorrei far presente che, come peraltro già rappresentato in occasione della risposta fornita ad una recente interrogazione a risposta immediata avente lo stesso oggetto, il Governo non ha potuto esercitare la delega, scaduta il 30 marzo 2007, in quanto le casse interessate, pur avendo svolto nel corso di vigenza della delega incontri ed approfondimenti volti alla verifica delle condizioni per pervenire alla redazione di un progetto di fusione da sottoporre all'approvazione degli organi competenti di ciascuna di esse, non sono pervenute alla condivisione dei parametri e criteri indicati all'articolo 4 della predetta legge.
In particolare, le difficoltà incontrate nella redazione di un progetto condiviso di unificazione sono legate sostanzialmente alle differenti situazioni patrimoniali e tecnico-attuariali delle casse interessate. Come sottolineato nell'interpellanza in discussione, la cassa dei ragionieri presenta un saldo negativo tra i nuovi iscritti e i pensionati. Tale circostanza è stata, peraltro, richiamata nel rapporto della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Di segno opposto risulta, invece, l'andamento demografico per la cassa dottori commercialisti, che vede crescere da oltre un decennio le nuove iscrizioni (oltre duemila l'anno).
Le differenti situazioni rappresentate non hanno, quindi, favorito la condivisione di un progetto comune, presupposto, ai sensi del più volte citato articolo 4 della legge n. 34 del 2005 per l'esercizio stesso della delega. Tale articolo prevede, infatti, in armonia con le disposizioni del decreto legislativo n. 509 del 1994 - che attribuisce alle cosiddette casse privatizzate autonomia gestionale, organizzativa e contabile - la «previa adozione di progetti di unificazione da parte dei competenti organi di amministrazione» delle casse in argomento, come momento propedeutico alla predisposizione del decreto legislativo attuativo.
La vigilanza esercitata dal Ministero che rappresento, nonché dal Ministero dell'economia, e delle finanze non può in tal senso dar luogo ad un potere sostitutivo in caso di inerzia. La legge delega, inoltre, non ha previsto le conseguenze originate dalla mancata unificazione in termini di copertura previdenziale degli iscritti al nuovo albo.
Dal 1o gennaio 2008, come è noto agli onorevoli interpellanti, saranno soppressi gli ordini locali e i consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, che confluiranno, ai sensi del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, nel nuovo ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nel consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili.
A fronte della situazione prospettata, derivante sostanzialmente come ricordato dalla mancata adozione di un progetto comune da parte delle due casse nel periodo di vigenza delle delega (ovvero due anni a far data dal marzo 2005), sono in grado di garantire che il Governo intende percorrere tutte le strade praticabili, compresa la possibilità di intervenire normativamente, per poter giungere ad una soluzione condivisa della problematica in attenzione, coinvolgendo, nel rispetto dell'autonomia loro propria, gli enti di riferimento. In questo senso, quindi, già a partire dalle prossime giornate sarà nostra cura cominciare a mettere all'ordine del giorno una verifica in tal senso.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Rosa Rinaldi per la puntuale relazione che ha svolto. Credo che anche lei si sia resa conto che dal 1o gennaio permane l'incertezza di questi dottori commercialisti e ragionieri che, nel rispetto di una legge, si sono uniti quanto all'ordine professionale, mentre le loro casse previdenziali sono rimaste separate.Pag. 11Siamo d'accordo sul fatto che, essendo state privatizzate, ci dovevano pensare le loro amministrazioni, ma il Governo aveva il potere di esercitare la delega e aveva due anni di tempo. Lo poteva fare e non l'ha fatto, e adesso, in «zona Cesarini» o a tempo scaduto, sostiene che dal 1o gennaio si vedrà quello si potrà fare.
Certo è che ci troviamo di fronte ad un'incertezza, ad un'indeterminazione per cui un albo prestigioso, come quello dei ragionieri, si trova in un trend sia storico sia prospettico ormai negativo; una volta era florido come adesso è quello dei dottori commercialisti. I due ordini si sono uniti e si trovano in una situazione di indeterminazione oggettiva, non solo latente.
Da quanto ho capito, adesso l'iscrizione avverrà nella cassa dei dottori commercialisti, non certo in quella dei non più presenti, ma una volta prestigiosi, ragionieri, i quali negli anni Sessanta e Settanta tanto hanno dato a questa nazione e si trovano in auto-liquidazione del proprio debito latente.
C'era e c'è la necessità di un intervento forte del Governo in questo senso, anche perché potrebbe essere la «prova provata» che quanto previsto nel welfare ha difficoltà di applicazione in merito all'accorpamento delle casse previdenziali, anche se ciò non è stato realizzato in un progetto comune.
Ho sentito dal sottosegretario che non si sono raggiunti gli obiettivi per poter istituire una cassa unica, ma se una legge - e termino, signor Presidente - stabilisce che si devono unire i due ordini e viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, lo Stato deve anche pensare a tutto quello che c'è attorno, comprese le casse previdenziali, comprese le pensioni che questi dottori commercialisti e soprattutto questi ragionieri si sono pagati negli anni.
Siamo in presenza di un saldo negativo in cui, se Dio vuole, ci sono meno ragionieri e più dottori commercialisti; dico «se Dio vuole» in quanto chi ha fatto ragioneria, e poi si è laureato, è diventato un dottore commercialista: lei mi insegna che ad ogni anno di scolarità in più corrisponde un punto percentuale in più di PIL e quindi di crescita e di sviluppo della nostra nazione.
Con questa raccomandazione, ringraziandola della puntualità con cui ha risposto, esprimo un'insoddisfazione attuale e mi auguro che sia tramutata in soddisfazione pensando che dal 1o gennaio il Governo riuscirà a risolvere questo dilemma e a far sì che, oltre ad un'unificazione di fatto di questi due ordini, ci sia anche l'unificazione dei loro, ancorché privati, enti previdenziali e ci sia una sanatoria. Questo è l'invito che rivolgo al sottosegretario e, naturalmente per il suo tramite, al Governo.
(Tempi di presentazione dei disegni di legge del Governo relativi alle intese con alcune confessioni religiose firmate il 4 aprile 2007 - n. 2-00873)
PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00873, concernente tempi di presentazione dei disegni di legge del Governo relativi alle intese con alcune confessioni religiose firmate il 4 aprile 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
VALDO SPINI. Signor Presidente, è appena il caso di ricordare che sul tema dei rapporti Stato-Chiese la nostra Costituzione è organizzata secondo un sistema che, ricorrendo ad un'immagine, potrei definire un edificio a tre piani: vi è il piano nobile rappresentato dal Concordato, ossia un trattato internazionale che regola i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica; vi sono le intese che possono essere stipulate a norma dell'articolo 8 della Costituzione con le Chiese diverse dalla cattolica e, infine, vi dovrebbe essere una legge generale a tutela della libertà religiosa applicabile a tutte le altre confessioni religiose. Tuttavia, come è noto, tale legge sta ancora giacendo presso la Commissione affari costituzionali della Camera perché non è stato ancora possibile approvarla.Pag. 12
La mia interpellanza si occupa del primo piano di questo edificio, ossia delle chiese diverse dalla cattolica che, avendone i requisiti, possono chiedere allo Stato italiano di stipulare delle intese. Gli otto documenti ai quali faccio riferimento - sei dei quali relativi a nuove intese e due contenenti modifiche a intese previamente stipulate - sono stati stipulati, firmati o comunque definiti nelle precedenti legislature dai Governi D'Alema, Amato e Berlusconi, ma non sono stati ratificati dal Parlamento a causa di difficoltà politiche o dello scioglimento della legislatura.
Nell'attuale legislatura la Presidenza del Consiglio, con il Governo Prodi - di questo glie ne do atto - ha ripreso in mano tali documenti, ha condotto le trattative laddove si è manifestata la necessità di apportare alcuni aggiornamenti e, infine, il 4 aprile scorso ha proceduto alla firma con le relative rappresentanze.
Ciò che sorprende, però, considerato che dal 4 aprile ad oggi sono trascorsi molti mesi, è che tali intese non sono state ancora formalizzate seguendo la procedura di rito in base alla quale le intese vengono tradotte in un disegno di legge che è sottoposto all'esame del Parlamento, perché spetta a quest'ultimo approvarlo; così è avvenuto nel passato.
La circostanza che mi ha portato a presentare l'interpellanza in esame è che gli otto documenti citati, ossia le due modifiche alle intese stipulate con la Chiesa valdese e con la Chiesa cristiana avventista e le sei nuove intese stipulate con la Chiesa apostolica (che è una delle confessioni pentecostali), la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (a volte conosciuta con il nome di mormoni), i testimoni di Geova, la Sacra Arcidiocesi d'Italia e l'Esercato per l'Europa meridionale (che sono ortodossi), l'Unione buddista italiana e l'Unione induista italiana, non sono stati tradotti in disegni di legge. Ne consegue che il calendario parlamentare del prossimo trimestre dei lavori della Camera non li comprende e non potrebbe comprenderli perché non esistono ancora.
Stiamo per iniziare l'esame in Assemblea del disegno di legge finanziaria e la mia interpellanza è diretta a sapere se queste intese non sono state tradotte in disegni di legge per un problema politico, anche se mi sorprenderebbe se vi fosse stata una revisione delle intenzioni del Governo, dal momento che la Presidenza del Consiglio aveva già assunto una sua posizione e devo dare atto ai suoi uffici di essersi mossi con grande perizia e sollecitudine. Forse si tratta di problemi di copertura, ma è evidente che non possiamo trovarci alla fine dell'esame del disegno di legge finanziaria senza sapere se questa copertura vi sia o meno. Il Governo, oggi, dovrebbe almeno fissare questo aspetto per capire cosa sta avvenendo.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, non siamo in una monade leibniziana, leggiamo i giornali e perciò sappiamo che vi sono problemi di Governo, voci sulla sua fine, sul fallimento, sulle verifiche e quant'altro (anche se mi auguro che ciò non avvenga e auspico la sopravvivenza e la continuazione dell'attuale legislatura) e se il Governo non si affretta a presentare tali provvedimenti potremmo andare anche incontro a periodi piuttosto procellosi. Considerato che tutti i documenti citati nell'interpellanza sono vecchi perché, nonostante gli aggiornamenti, risalgono a precedenti legislature, non mi sembra consono al prestigio e all'efficienza dello Stato italiano mostrare tanta lentezza nell'attuare quello che, dopo tutto, è un precetto costituzionale di grande rilievo.
Sono consapevole che, spesso, occuparsi di piccole minoranze politicamente non è molto fruttuoso e mi accorgo che non sempre le assemblee parlamentari hanno dedicato al tema tutta l'importanza che meriterebbe. Tuttavia, credo che parlare di tali temi sia molto nobile, in quanto si nobilita il Parlamento italiano.
Proprio l'attuazione della Costituzione in un tema così delicato (come la libertà religiosa, il pluralismo e il rapporto Stato-Chiese) rappresenta certamente uno dei punti fondamentali della nostra convivenza e anche qualcosa che ci deve qualificare in Europa e nel mondo come unPag. 13Paese (così come avviene per altre democrazie) in grado di strutturare il proprio pluralismo religioso e di trovare un modello di convivenza civile ed avanzato.
Credo, quindi, che aver sollevato questo problema sia doveroso non solo verso l'interpellante, ma verso tutta l'Assemblea, la quale avrà giustamente a cuore (spero unanimemente) l'attuazione della Costituzione in questo delicato settore.
Questo, pertanto, è il motivo dell'interpellanza al Governo e della via dell'urgenza. È con questo spirito, inoltre, che ci accingiamo a sentire le risposte del Governo, sperando che questa volta siano conclusive, definitive e si possa veramente giungere all'approvazione di questi documenti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, in relazione all'atto di sindacato ispettivo in oggetto specificato si osserva quanto segue. Il Presidente del Consiglio dei ministri, come riportato dallo stesso onorevole Spini, ha firmato in data 4 aprile 2007 otto nuove intese, così come sono state appena illustrate.
L'efficacia delle intese nell'ordinamento giuridico italiano è vincolata all'approvazione dei relativi disegni di legge, così come stabilito dall'articolo 8 della Costituzione. In considerazione della previsione di un minor gettito per lo Stato, determinato dalla previsione della possibilità, da parte delle persone fisiche, di dedurre le erogazioni liberali a favore delle confessioni religiose dal proprio reddito complessivo, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si è reso necessario individuare la copertura finanziaria per le sei nuove intese.
Problemi connessi al reperimento dei fondi necessari hanno, purtroppo, ritardato la predisposizione dei relativi schemi di disegni di legge da iscrivere all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri e la loro successiva presentazione al Parlamento. Di recente, il Ministro dell'economia e delle finanze ha informato la Presidenza del Consiglio dei ministri che le risorse necessarie potevano essere individuate nell'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia e delle finanze previsto per il triennio 2008-2010, nell'ambito del disegno di legge finanziaria per l'anno 2008.
Pertanto, l'iter di approvazione delle intese potrà riprendere il suo corso immediatamente dopo l'entrata in vigore della nuova legge finanziaria.
PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di replicare.
VALDO SPINI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Rosa Rinaldi e mi dichiaro parzialmente soddisfatto, in quanto si sarebbe dovuto risolvere il problema nel momento in cui si sono firmate le intese. Tuttavia, come si usa dire: è inutile parlare del passato, parliamo del presente e del futuro. Ritengo che sia stato opportuno sollevare il problema ora, in modo tale che il Parlamento sia a conoscenza che all'interno del disegno di legge finanziaria vi è questo problema e, quindi, l'accantonamento non deve essere messo in questione.
Avendo una così gentile e autorevole rappresentante del Governo, siccome si sente parlare - anche su tale aspetto non viviamo in una monade leibniziana - di una possibile ed eventuale fiducia che il Governo potrebbe chiedere, l'occasione è propizia per sottolineare che in questo caso sarebbe opportuno che il testo su cui si chiede la fiducia possa essere esaustivo del problema.
Ringrazio il sottosegretario Rosa Rinaldi e i presenti, con l'augurio che questa legislatura non sia come altre e che «non vada a vuoto» nel processo di attuazione della Costituzione sui rapporti Stato-Chiese, ma che su questo terreno e sull'altro appena evocato (in ordine ad una legge generale per la libertà religiosa per chi non ha né Concordato, né intese) si possa giungere ad una realizzazione. TuttoPag. 14ciò farebbe onore al Parlamento italiano e a tutti coloro che hanno a cuore la Costituzione della Repubblica che regge il nostro ordinamento.
(Iniziative in relazione a presunte irregolarità nella gestione del comune di Catania - n. 2-00861)
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00861, concernente iniziative in relazione a presunte irregolarità nella gestione del comune di Catania (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, si tratta di un'ulteriore interpellanza, che fa seguito ad altre analoghe, diretta a innalzare l'attenzione del Governo sulla drammatica situazione finanziaria - e direi anche sociale - della città di Catania, la nona città d'Italia.
Le dissennate politiche di gestione di bilancio condotte dalle giunte comunali negli ultimi sette anni hanno prodotto una situazione di estrema sofferenza finanziaria per l'ente. Non si tratta di un'opinione riconducibile a una parte politica, ma dell'accertamento della situazione, operata grazie all'invio, nei mesi scorsi, di due ispettori da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
Tutto ha avuto origine dalla costituzione di una società, Catania risorse Srl, interamente controllata dal comune di Catania, cui era stato trasferito un cospicuo numero di beni immobili, anche di pregio e rilevanza storico, artistica e architettonica enorme, sottoposti a una disciplina giuridica diversa rispetto agli altri, che non ne consente l'immediata commerciabilità, allo scopo di assicurare al comune di Catania, entro il 31 dicembre 2006, la liquidità necessaria per portare in pareggio il disavanzo accertato sino al 2003, così come prescrive la legge.
Questa operazione conteneva diversi profili di illegittimità, alcuni anche molto gravi, denunciati opportunamente in ogni sede e oggetto di censura anche degli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze. Peraltro, nonostante la relazione ministeriale, gli amministratori del comune di Catania sono andati avanti, tenendo in piedi una situazione divenuta ormai davvero esplosiva.
Il comune di Catania è, di fatto, in una situazione di dissesto. Sono state aumentate vertiginosamente le tariffe dei servizi e il livello di imposizione locale, ma non è stata dichiarata formalmente la situazione di dissesto, consentendo all'amministrazione di continuare a perseguire linee di politica e di governo certamente non rigorose e non orientate al risanamento della situazione.
Nel luglio scorso, oltre alla relazione degli ispettori, era intervenuta una relazione di censura altrettanto dura da parte della Corte dei conti, che invitava il consiglio comunale ad adottare tempestivi e strutturali interventi. Anche di questo non vi è traccia.
Signor sottosegretario, il bilancio preventivo per l'anno 2007 è stato approvato soltanto il 29 settembre scorso - quindi qualche mese fa - a termini ampiamente scaduti. Non è l'unico caso. In Sicilia, ormai, è divenuta una prassi consolidata disattendere e violare termini e prescrizioni di legge molto precise come queste.
Anche questo, signor sottosegretario, è esplicitamente descritto nella relazione dei due ispettori, che peraltro, con inusitata durezza, hanno rilevato che l'amministrazione comunale di Catania ha sovente violato norme e principi in materia di contabilità degli enti locali.
La situazione, come affermavo, è esplosiva anche sul piano sociale; Catania ha vissuto due proteste formidabili: quella dei netturbini (che non avevano percepito lo stipendio da sette mesi), che ha prodotto fortissimo disagio e dunque anche rischi per la salute pubblica; un'altra protesta, altrettanto violenta e pronta ad esplodere nuovamente (come oggi possiamo leggere sui quotidiani locali), da parte delle cooperative sociali, anch'esse martoriate da questa pessima gestione amministrativa, la peggiore che la nona città d'Italia abbia registrato dal dopoguerra ad oggi.Pag. 15
Pertanto, sapendo bene che esiste uno schermo quasi invalicabile, costituito dall'autonomia speciale, e che è competenza dell'assessorato regionale competente per gli enti locali intervenire, adottando quelli che sarebbero i più naturali ed immediati provvedimenti, chiediamo che il Governo attivi tutti i suoi canali e tutti gli strumenti affinché la Sicilia non sia considerata una zona franca: è parte del territorio italiano, parte della Repubblica, e merita ed esige il rispetto delle leggi.
Il Governo ha l'obbligo giuridico, ma anche morale, di intervenire sulla questione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza urgente ora illustrata si fa presente quanto segue.
Ai fini della razionalizzazione e della gestione del patrimonio immobiliare, il consiglio comunale di Catania, con atto deliberativo del 24 ottobre 2006, ha autorizzato la costituzione della società a responsabilità limitata Catania Risorse, approvando contestualmente lo statuto societario.
Successivamente, con provvedimento del 30 dicembre 2006, lo stesso consiglio comunale ha autorizzato il trasferimento alla predetta società di quattordici immobili.
Il 31 dicembre, avendo i rappresentanti dell'ente dichiarato l'appartenenza di tutti gli immobili al patrimonio disponibile del comune e l'insussistenza di motivi ostativi all'alienazione di questi, si è proceduto alla stipula di un atto di compravendita tra il comune di Catania e la società Catania Risorse.
In data 22 febbraio 2007 la locale soprintendenza per i beni culturali ed ambientali ha eccepito che otto degli immobili, oggetto di trasferimento, fossero inalienabili, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali), fintanto che non venisse concluso il procedimento volto a verificare l'interesse culturale dei beni.
Le predette operazioni di trasferimento sono state finalizzate, oltre che alla razionalizzazione e gestione del patrimonio del comune, anche all'acquisizione di risorse finanziarie per ridurre la cospicua situazione debitoria dell'ente.
Pertanto, nel caso in cui le operazioni di trasferimento non potessero essere perfezionate, ricorrerebbero i presupposti per la dichiarazione dello stato di dissenso finanziario, ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
In relazione alle competenze riguardanti il controllo sugli organi degli enti locali in Sicilia, queste - come lei ha appena ricordato - sono riservate alla regione, che vi provvede mediante un apposito assessorato regionale.
Inoltre, la normativa vigente non riserva al Ministero dell'interno l'esercizio di forme di controllo sugli atti degli enti locali, i quali, dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, hanno visto estendere la loro autonomia e capacità di autodeterminazione, anche a seguito dell'abolizione del controllo preventivo di legittimità prima esercitato dal comitato regionale di controllo.
Anche eventuali iniziative per accertare l'effettiva sussistenza di gravi e persistenti violazioni di legge, di cui all'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ai fini dello scioglimento degli organi amministrativi, rientrano nelle attribuzioni della regione siciliana.
Infatti, la legge regionale n. 44 dell'11 dicembre 1991 prevede che il consiglio comunale venga sciolto con provvedimento emesso dal presidente della regione, su proposta dell'assessore regionale per gli enti locali, previo parere del Consiglio di giustizia amministrativa.
Ciò premesso, con una nota del 15 marzo 2007, la prefettura di Catania ha segnalato al competente assessorato regionale le presunte irregolarità relative alla costituzione della società Catania Risorse e al trasferimento degli immobili, richiedendo un'apposita indagine ispettiva aiPag. 16sensi dell'articolo 25 della legge regionale n. 44 del 1991 per verificare l'esatta osservanza delle leggi. Analoga segnalazione è stata inoltrata al presidente della sezione regionale della Corte dei conti. La relazione dei dirigenti dei servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze, ai quali è affidata la verifica dell'andamento delle spese dei bilanci degli enti pubblici, sugli accertamenti svolti nel corso del corrente anno presso il comune di Catania, unitamente all'elenco delle irregolarità e delle carenze riscontrate, è stata inviata il 23 luglio 2007 dal Ragioniere generale dello Stato al sindaco di Catania, al Ministero dell'economia e delle finanze (dipartimento del tesoro) alla procura regionale presso la sezione giurisdizionale per la regione Sicilia della Corte di conti, alla sezione regionale di controllo della Corte di conti per la Sicilia e anche alla regione siciliana (giunta regionale - affari istituzionali).
Dai dati trasmessi dal comune di Catania per effetto degli obblighi di monitoraggio (ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 e successivi decreti attuativi) e da quelli pervenuti dalla Cassa depositi e prestiti risulta che il valore nominale dell'indebitamento complessivo contratto dal predetto comune e ancora in ammortamento al 30 settembre 2007, è pari a quasi 508 milioni di euro, di cui il 25 per cento circa già ammortizzato. Inoltre l'attività di monitoraggio ha evidenziato che sussistono al momento tre contratti derivati stipulati nell'aprile 2003, con scadenza dicembre 2017, per circa 416,4 milioni di euro.
Si fa presente tuttavia che gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze hanno più volte sollecitato un aggiornamento dei dati anche attraverso contatti telefonici e messaggi di posta elettronica (l'ultimo risale al 6 settembre 2007) ai quali, però, il comune di Catania non ha ancora dato seguito. Anche l'assessorato della famiglia, politiche sociali e delle autonomie locali della regione Sicilia debitamente informato sulla situazione riscontrata dai suddetti ispettori ha valutato l'opportunità di esercitare i poteri di controllo di competenza. In seguito a tali osservazioni, l'assessore regionale ha invitato il competente dirigente dell'assessorato a porre in essere gli adempimenti necessari per un intervento ispettivo presso il comune di Catania.
Infine si fa presente che l'adozione della delibera di dissesto finanziario ai sensi del predetto decreto legislativo n. 267 delle 2000 è di competenza del consiglio comunale o, laddove ne ricorrano i presupposti, di un commissario, come dianzi detto, ad acta espressamente nominato dall'assessorato regionale delle autonomie locali, peraltro già interessato dalla prefettura di Catania.
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di replicare.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono solo parzialmente soddisfatto della risposta. Purtroppo, dalla risposta fornita dal Governo, si evince una conferma inquietante delle nostre preoccupazioni. Dalle sue parole emerge, infatti, quale sia l'atteggiamento dell'amministrazione comunale di Catania nonostante i continui interventi, le sollecitazioni nei confronti del Governo e del Governo nei confronti dell'amministrazione comunale di Catania e degli organi preposti ai controlli. Si tratta di un atteggiamento che supera di gran lunga la singola questione specifica e denota il disprezzo del rispetto delle leggi e della legalità.
Ci è noto quanto affermato dal signor sottosegretario in quanto conosciamo bene la disciplina e le competenze della regione siciliana. Inoltre, sappiamo bene quanto sia forte e assorbente lo schermo protettivo dell'autonomia speciale, e non ho alcuna esitazione ad affermare in questa Aula che, per certi versi, l'autonomia speciale in Sicilia ha prodotto danni peggiori persino di quelli prodotti dalla mafia. Il comune di Catania è, sul piano fattuale, in una situazione di dissesto finanziario che i cittadini stanno micidialmente pagando con aumenti del 100, 200 e persino del 300 per cento dell'entità di tariffe relative aPag. 17servizi importanti; servizi che misurano proprio la qualità del buon governo e la vicinanza dell'ente nei confronti dei più deboli e dei portatori del disagio.
Accennavo alle proteste dei lavoratori delle cooperative sociali; ebbene, si pongono, al riguardo, due profili: da un lato, il diritto sacrosanto dei lavoratori ai quali da sette-otto mesi non viene pagato lo stipendio - ma come si fa a tirare avanti? -; dall'altro, la caduta verticale delle prestazioni e dei servizi sociali.
Torno a dire che siamo dinanzi ad una vera e propria emergenza rispetto alla quale non vi è elemento o schermo che possa spingere o condurre un Governo ad allargare le braccia o a voltare la testa da un'altra parte. Lei, signor sottosegretario, ha passato in rassegna molto sinteticamente tutta la vicenda di Catania Risorse Srl, che costituisce il nodo fondamentale della questione. Ha ricordato la delibera del 30 dicembre 2006; ebbene, a mio avviso, si cerca di sostenere una deliberazione del consiglio comunale illegittima in quanto quell'atto del comune riguarda il contratto di compravendita degli immobili concluso, signor sottosegretario, in data 31 dicembre, di domenica mattina - quando gli italiani, normalmente, preparano il «cenone» - in uno studio notarile importante. Si tratta di un'operazione che è stata realizzata perché il 31 dicembre doveva essere ripianato il disavanzo del 2003. Dunque si tratta di una chiara operazione elusiva, di aggiramento di un principio, anche costituzionale; operazione tesa ad ottenere la concessione di mutui non per effettuare investimenti, non per realizzare strade, scuole e ospedali ma per ripianare il disavanzo, ovverosia i risultati della pessima e deteriore amministrazione.
Quella deliberazione è illegittima. Il 31 dicembre del 2003 non si è pareggiato il bilancio perché otto dei quattordici immobili oggetto dell'operazione erano vincolati in quanto rispetto ad essi non era stata avviata la procedura di sdemanializzazione. Ex impianti conventuali e monastici, espressione del barocco siciliano, del XVI e XVII secolo, che appartengono al patrimonio dell'UNESCO: signor sottosegretario, li avevano venduti! Hanno superato davvero la fiction; mi riferisco a Totò e Peppino nell'episodio della vendita della fontana di Trevi. Hanno potuto realizzare tale operazione, e continuano nel loro intento. Sono stati costretti dai nostri interventi a scorporare quegli immobili, ma vanno avanti nell'operazione; quella delibera è illegittima, ma la si è mantenuta in piedi con una seconda e poi ancora con una terza deliberazione.
Le faccio notare, signor sottosegretario, che siamo al 5 dicembre e non vi è ancora alcun istituto bancario che abbia dato il via libera a tale operazione perché i profili oscuri e poco trasparenti sono enormi e noi abbiamo temuto che si aprisse il varco per un'operazione formidabile di speculazione immobiliare. Per tale ragione ritengo che il Governo debba continuare a pressare, magari non attraverso e-mail.
Capisco il cosiddetto «villaggio globale» e le nuove tecnologie, ma dobbiamo essere più rigorosi di fronte a fatti di questa portata! Infatti, se Catania si fosse trovata in qualunque angolo del resto della penisola - come Taranto, per molto meno - sarebbe già stata raggiunta da provvedimenti duri e drastici. Infatti, si stanno colpendo i cittadini e personalmente, per quanto si muove in Sicilia, per gli equilibri politici, per i sistemi di potere, per gli interessi in gioco, non credo che il Governo regionale compirà mai un atto forte.
Assistiamo da sette anni al balletto - francamente stucchevole, e non uso altri aggettivi - dei commissari ad acta che vengono inviati perché il comune non rispetta mai il termine prescritto dalla legge. È da almeno cinque anni che i bilanci preventivi vengono approvati a fine anno, sotto l'albero, a chiusura dell'esercizio finanziario, davvero in barba e in spregio alle più elementari norme di legge e ai principi della contabilità pubblica.
Nella relazione dei due ispettori, il dottor Cimbolini e il dottor Vallante, è scritto, nero su bianco, che la situazione è così seria e drammatica da poter produrre serie ripercussioni sulla credibilità dell'intero settore della finanza pubblica nazionale.Pag. 18
Il bilancio preventivo per il 2007, come ricordavo dianzi, signor sottosegretario, è stato approvato a fine settembre, con un parere sostanzialmente negativo persino del collegio dei revisori dei conti, che, com'è noto, ha una composizione politicamente vicina a chi governa.
Il parere del collegio dei revisori dei conti è negativo: sostanzialmente, non hanno potuto dare il via libera perché, come prescrive la legge, bisogna dare il via libera se il bilancio è attendibile, congruo e in pareggio. Dunque, il parere dell'intero collegio dei revisori dei conti, che ovviamente si guarda bene dall'assumersi responsabilità che non gli competono, è quello che concerne un bilancio preventivo a fine anno, non attendibile, non congruo e non in pareggio.
Dunque, vi è una responsabilità enorme degli organi preposti al controllo, almeno di legittimità, a cominciare dal segretario generale. Vi è un'esigenza forte, insuperabile di razionalizzazione e moralizzazione della spesa pubblica nel comune di Catania. Vi è una responsabilità davvero pesante del governo regionale, dell'assessorato regionale competente per gli enti locali.
Ritengo che il Governo, al di là di mere sollecitazioni, debba prendere atto di una grande questione politica che grava sulla Sicilia e su una città che non è di piccole o medie proporzioni, ma rappresenta la nona città d'Italia.
(Iniziative in merito all'emergenza umanitaria ed alla grave situazione politico-sociale in Somalia - n. 2-00872)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00872, concernente iniziative in merito all'emergenza umanitaria ed alla grave situazione politico-sociale in Somalia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro degli affari esteri Ugo Intini che è qui presente in aula per rispondere alla mia e nostra interpellanza urgente, sottoscritta dall'intero gruppo dei Verdi. È qui presente anche il collega Cassola che ringrazio.
Abbiamo inteso presentare questa interpellanza urgente proprio perché, come ha detto lei, signor Presidente, leggendo il titolo che riassume il contenuto del nostro atto di sindacato ispettivo, in Somalia siamo di fronte a una spaventosa emergenza umanitaria che è strettamente connessa e correlata ad una emergenza di carattere militare e di carattere politico interno e internazionale.
Pochi giorni fa una serie di ONG italiane, che sono impegnate su questo terreno da molto tempo, quali il Cesvi, il Cisp, il Coopi, il Cosv, Intersos, Movimondo e altri, hanno rivolto un appello per far crollare il muro del silenzio che circonda il dramma somalo. Pacatamente, perché non occorre gridare (gridano già i fatti), questo è, da parte nostra, un tentativo parlamentare di far crollare il muro di silenzio che, in gran parte, si è alzato attorno alla Somalia, in una situazione, da una parte, di terribile indifferenza e, dall'altra, di spaventosa, drammatica e tragica emergenza. Nella nostra interpellanza - non lo ripeto, ovviamente, in questa sede, perché non avrei il tempo di farlo - abbiamo anche ricostruito puntualmente le vicende somale, che, come il Viceministro Intini sa perfettamente, sono lunghe e complesse, con una situazione sostanziale di guerra civile che dura fin dalla caduta della dittatura di Siad Barre, all'inizio del 1991. Tutte queste vicende, che vanno dal 1991 al 2007, ci dovrebbero tenere in quest'Aula per ore, ovviamente, per cercare di ricostruirle, di capirle e di analizzarle, ma non è questa la sede per farlo. Le abbiamo ricostruite sinteticamente nel testo dell'interpellanza al nostro esame, ma basti dire che ci sono state quattordici Conferenze di pace, una dopo l'altra, purtroppo fallite, anche se alcune con esiti da valutare diversamente.
Tutti noi ricordiamo anche l'intervento militare dell'ONU e degli Stati Uniti, di cui fece parte anche l'Italia, nel 1993-1994: anch'esso fu un fallimento, proprio perché fu, soprattutto, un intervento militare piùPag. 19che un intervento politico e di ricostruzione del tessuto civile e istituzionale somalo. Ciò su cui vogliamo attirare l'attenzione del Parlamento, del Governo e dell'opinione pubblica è che, ormai da alcuni mesi, in particolare negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, la situazione già storicamente gravissima, come ho ricordato, si è ulteriormente aggravata. Siamo di fronte ad esodi di proporzioni bibliche: le organizzazioni internazionali parlano di circa un milione di persone, di alcune centinaia di migliaia di persone che sono scappate e fuggite dalla capitale, da Mogadiscio. In particolare, le notizie che ho raccolto da parte di un'associazione umanitaria proprio negli ultimi giorni - il Governo sarà sicuramente più informato di me - parlano di 5.960 persone morte soltanto dall'inizio dell'anno, di 7.980 rimaste ferite e di oltre settecentomila che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni (altre fonti parlano, addirittura, di un milione complessivo per quanto riguarda la Somalia e di varie centinaia di migliaia per quanto riguarda Mogadiscio).
Tutte queste vicende presentano numeri tali che non si riesce nemmeno a capire che riguardano singole persone, singole realtà, singole famiglie, singole iniziative. Pochi giorni fa - cito solo un esempio, per far capire anche le connessioni umanitarie che ci sono con la realtà italiana - la signora Gabriella Groff di Trento, che ha dato vita insieme a Sareda Cali, una cittadina italiana di origine somala, e a tante altre persone, all'associazione Una scuola per la vita, che aveva realizzato a Mogadiscio la scuola Madina Warsame, mi ha mandato le foto terrificanti che testimoniano come tale istituto, una scuola materna, sia stata distrutta dalle truppe etiopi, che l'hanno aggredita, buttando giù anche il cancello, il 16 novembre 2007, dopo che era già stata bombardata, nel marzo scorso. Ho con me le fotografie: sono drammatiche, perché si vede un'opera umanitaria di cooperazione internazionale fra il Trentino e la Somalia distrutta in modo vandalico, ma di tali episodi ce sono centinaia, migliaia, decine di migliaia. Ne ho citato uno solo per dare un nome e un cognome a questa vicenda.
Ci troviamo di fronte, signor Viceministro, ad una situazione in cui non possiamo ovviamente immaginare che l'Italia da sola possa assumersi responsabilità di intervento; ma, come tutti sappiamo, l'Italia ha responsabilità e legami di carattere storico con la Somalia che non sto a riassumere, che tutti conoscono, che danno sicuramente al nostro Paese un ruolo di primo piano a livello internazionale ed a livello sia bilaterale sia multilaterale su queste vicende. C'è, come ho già detto, prima di tutto una gravissima emergenza umanitaria cui bisogna cercare di far fronte, perché tutte le notizie che arrivano sono terribili. Sussiste la possibilità, anche con la partecipazione italiana - lo ripeto, non immagino che l'Italia da sola possa risolvere un problema di tal genere - di ripristinare l'ordine e un minimo di sicurezza per far cessare le violenze in quel martoriato Paese. C'è (ed è un aspetto che cito per ultimo, ma che ha, in qualche modo, un'importanza parallela agli altri due che ho menzionato) la necessità di riprendere e sostenere un dialogo politico tra tutte le parti, per arrivare ad una reale riconciliazione nazionale attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti in causa. Abbiamo, fra l'altro, un rappresentante speciale dell'Italia per la Somalia, il nostro ex-collega Mario Raffaelli, che ha avuto anche un ruolo molto importante a suo tempo nel processo di pace del Mozambico; però anche da tale fonte arrivano notizie allarmanti e la richiesta (è apparsa in questi giorni una sua breve intervista su L'espresso) di una svolta politica e una road map per far uscire la Somalia da questa terribile situazione.
Fra pochi giorni (forse il Viceministro ne parlerà), l'8 e il 9 dicembre, è previsto a Lisbona un vertice fra Unione europea e Africa in cui si affronteranno varie situazioni africane, non soltanto quella della Somalia. Paradossalmente, a tutti questi aspetti se n'è aggiunto un altro, che leggo sulle agenzie di stampa (non so se il Viceministro ne parlerà o lo confermerà,Pag. 20ovviamente non è presente nel testo dell'interpellanza): il Presidente somalo Yusuf è stato ieri ricoverato d'urgenza al Nairobi Hospital, in una grave situazione di salute; quindi egli, che avrebbe dovuto essere a Lisbona e avere alcuni colloqui con il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, probabilmente, se le notizie da Nairobi dell'agenzia Reuters datata 4 dicembre sono fondate, non potrà essere presente, e anche questa occasione di confronto e di dialogo purtroppo verrà meno. Sappiamo che da pochissimi giorni era entrato in carica, domenica scorsa credo, un nuovo Governo di transizione, un nuovo Governo provvisorio, dopo le dimissioni del precedente Primo Ministro. Il nuovo Primo Ministro Hassan Hussein, conosciuto come Nur Adde, ha cercato, da ciò che si capisce, di formare un Governo provvisorio plurale ed aperto, ma notizie del giorno successivo riportano che già 4 dimissioni da esso sono state presentate nel giro di ventiquattro ore. Quindi, la situazione, anche da tale punto di vista, continua ad essere difficile ed instabile, aggravata dal perdurare, in Somalia, della presenza militare etiope, che si è scatenata a partire dal 24 dicembre dell'anno scorso, se non ricordo male la data, e che continua ormai da quasi un anno; presenza militare che, in modo incauto, credo sia stata a suo tempo sostenuta e sollecitata dagli Stati Uniti d'America contro le cosiddette corti islamiche, dando però un carattere di occupazione militare e di contrapposizione ideologica alla vicenda somala che forse sarebbe stato opportuno evitare.
Leggo che anche da parte degli Stati Uniti d'America, dopo alcuni mesi da ciò che probabilmente è un errore, vi è stato qualche ripensamento, come emerge dalle parole della signora Jendayi Fresar, Assistente segretario di Stato statunitense per gli affari africani. Vi è stato, cioè, un tentativo di frenare l'Etiopia e di cercare di uscire da questa situazione che ha visto tale Paese, sostenuto dagli Stati Uniti, intervenire in contrapposizione alle cosiddette corti islamiche, col risultato di restituire un ruolo fondamentale ai cosiddetti signori della guerra. Si è così annullato l'intero lavoro svolto in precedenza dal gruppo internazionale di contatto (di cui fa parte anche l'Italia), finalizzato a cercare di trovare una soluzione politica alla situazione: ciò attraverso il Governo di transizione, il dialogo anche con l'ala moderata delle corti islamiche, nonché la ricostruzione di un tessuto civile e amministrativo e di un minimo di configurazione politico-istituzionale in quello che, di fatto, è da moltissimi anni uno Stato senza Stato.
Constato altresì che lo stesso sommo Pontefice Benedetto XVI - nell'udienza del 21 novembre scorso - ha rivolto un appello drammatico «a quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché si trovino soluzioni pacifiche e si rechi sollievo a quella cara popolazione» (si riferisce alla Somalia). I giornali hanno, in quei giorni, affrontato la questione: cito Avvenire ma potrei citare L'Osservatore Romano per quanto riguarda il pontefice; il 23 novembre, poi, sulle pagine de la Repubblica, è uscito un lungo articolo di Giampaolo Visetti da Mogadiscio intitolato «Mattatoio Mogadiscio». Ciononostante, il predetto muro di silenzio e di indifferenza, in realtà, rimane. La tragedia somala continua giorno dopo giorno a farsi più grave, e credo sia assolutamente necessario intervenire al più presto. Ripeto che è già in corso un'iniziativa da parte dell'Italia: ma probabilmente tutto ciò non è sufficiente, sia per quanto riguarda l'aspetto umanitario sia per quanto riguarda il ripristino di un minimo di ordine e di sicurezza, poiché siamo di fronte ad una situazione che vede ogni giorno decine, centinaia di morti e di feriti. È una situazione di violenza sistematica e soprattutto, se non vi è una ripresa del dialogo per la ricostruzione politica dell'assetto istituzionale del Paese, è destinata ovviamente a perpetuarsi. Signor Viceministro, la ringrazio della sua attenzione ed ascolterò con altrettanta attenzione la sua risposta.
PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Ugo Intini, ha facoltà di rispondere.
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UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, come gli onorevoli interpellanti hanno correttamente rilevato, la situazione in Somalia resta, ad oggi, avvelenata da tre fattori di forte criticità e circondata da un muro di silenzio (che gli stessi interpellanti hanno contribuito a rompere). Vi è una crisi umanitaria, che il rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU ha definito «la più grave in Africa», e che ha assunto proporzioni tali da richiamare l'attenzione internazionale ai più alti livelli. Vi è una difficile situazione della sicurezza che - a fronte della persistente insufficienza numerica della missione di pace africana Amisom (ancora ben lungi dalle previste 8 mila unità) e della sua mancata transizione (re-hatting) sotto egida ONU - registra atti di quotidiana violenza, rendendo difficilmente praticabile una exit-strategy delle truppe etiopiche di sostegno alle istituzioni federali transitorie. Vi è, infine, un faticoso processo di pace che, ad oltre tre mesi dalla conclusione del congresso di riconciliazione nazionale di Mogadiscio, è tuttora bloccato dal perdurare dei dissidi ai vertici delle stesse istituzioni federali transitorie, come l'onorevole Boato ha ricordato in precedenza. Il Governo è naturalmente attento ai sofferti sviluppi della situazione in un Paese al quale siamo storicamente legati da un rapporto speciale. Per questo motivo, abbiamo assunto, e continuiamo a portare avanti, una serie di iniziative concernenti tutti e tre i profili predetti, con l'obiettivo prioritario di favorire il ritorno alla pace di tale tormentato Paese del Corno d'Africa. Ci stiamo da tempo adoperando, infatti, per ridare la dovuta priorità alla Somalia, sia in sede di Unione Europea sia in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Nel primo contesto, si deve all'iniziativa italiana che la Somalia abbia formato oggetto, ultimamente, di uno specifico dibattito al Comitato politico e sicurezza (COPS) del 6 novembre. Anche a seguito delle pressioni che abbiamo mantenuto in tutte le competenti istanze comunitarie, il prossimo Consiglio affari generali (CAGRE) del 10 dicembre adotterà sulla Somalia «Conclusioni» aggiornate dei Ministri degli esteri dell'Unione europea. Parallelamente, manteniamo alta anche in sede ONU l'attenzione sulla gravissima crisi somala, anche per sollecitare il re-hatting di Amisom sotto l'egida delle Nazioni Unite, in linea con quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1772 del 20 agosto scorso, alla cui elaborazione abbiamo attivamente contribuito.
Sempre sul piano multilaterale, abbiamo ospitato, il 10 settembre a Roma, aperta dal Viceministro Sentinelli, la nona riunione del Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, un foro periodico di consultazioni tra gli attori internazionali maggiormente impegnati a favore del processo di pace (vi hanno partecipato, oltre all'Italia, Norvegia, Svezia, Tanzania, Regno Unito, Stati Uniti, Unione europea, Unione africana, Igad e Presidenza del Kenya, Lega Araba, Nazioni Unite, nonché Canada, Egitto, Francia e Yemen in qualità di osservatori). La riunione di Roma si è conclusa con un comunicato finale di forte impatto, che impegna i membri del Gruppo di contatto e le stesse istituzioni federali transitorie somale a promuovere il processo di riconciliazione nazionale e il superamento del problema della sicurezza e dell'emergenza umanitaria. Le azioni svolte nelle sedi multilaterali sono ovviamente complementari alle iniziative adottate dall'Italia sul piano bilaterale. In tale contesto avevamo già assunto una forte iniziativa politica con la visita compiuta a Mogadiscio, il 19 maggio, dal Viceministro degli esteri Patrizia Sentinelli, delegata per l'Africa e per la cooperazione (prima missione in Somalia di un rappresentante di un Governo straniero negli ultimi anni). Con tale iniziativa abbiamo voluto esprimere al Governo transitorio la duplice volontà di porre un argine alla difficile situazione umanitaria e di dare segnali concreti di avvio del processo di pace e di preparazione del congresso di riconciliazione nazionale. Vorrei ricordare che detta assise - che abbiamo sostenuto anche finanziariamente con un contributo di 400Pag. 22mila dollari attraverso l'UNDP - ha poi in effetti avuto luogo (per la prima volta dal 1991 ha avuto luogo a Mogadiscio, svolgendosi dal 15 luglio al 30 agosto scorsi).
L'Italia non ha lesinato poi gli sforzi sul piano della cooperazione allo sviluppo, come confermano le statistiche dell'OCSE, in cui il nostro Paese risulta al quarto posto tra i donatori, dopo Stati Uniti, Norvegia e Lega Araba. Bisogna però essere consapevoli dei limiti che l'azione della cooperazione internazionale incontra in Somalia, principalmente a causa della difficile situazione della sicurezza. Dunque, fino a quando non cambierà l'attuale contesto politico somalo, l'azione della cooperazione italiana si focalizzerà soprattutto su interventi umanitari e di emergenza. Ragioni di sicurezza, la mancanza di strutture italiane in loco e l'assenza di una controparte governativa, hanno spinto per lungo tempo l'Italia ad operare prevalentemente attraverso il canale multilaterale. Negli ultimi anni, abbiamo però ripreso ad operare anche sul canale bilaterale. In assenza di accordi specifici di cooperazione (per i quali sono mancati, fino a tempi recenti, gli interlocutori), gli interventi che rispondono a situazioni di emergenza e quelli delle Ong sono, di volta in volta, concordati con le parti sociali del territorio, previo assenso delle autorità locali. Solo di recente (seconda metà del 2005) è iniziata una forma di coordinamento con il Governo di transizione.
Tutte le iniziative in corso e quelle in programmazione - tanto sul canale bilaterale quanto sul canale multilaterale - sono coerenti con le grandi priorità della cooperazione italiana. I principali obiettivi delle attività di cooperazione in Somalia sono: il ripristino della pace e delle condizioni di sicurezza; la promozione delle capacità produttive; il rafforzamento delle istituzioni emergenti; il miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle popolazioni somale. I principali settori di intervento sono perciò: formazione, risorse idriche, sanità, energia e infrastrutture. Le aree di intervento sono state prescelte in base al livello di sicurezza ed in modo da valorizzare le esperienze passate, soprattutto in considerazione del radicamento delle Ong italiane sul territorio. Anche nella consapevolezza di quanto tale aspetto condizioni la situazione umanitaria nel Paese, il Governo ha poi consacrato una particolare attenzione al tema della sicurezza.
L'Italia ha sostenuto la missione di pace africana Amisom con un finanziamento di 10 milioni di euro all'Unione africana. Questo contributo - il più consistente contributo nazionale, cui si aggiunge la quota italiana di quello di 15 milioni di euro dell'Unione europea - mira, in particolare, a migliorare l'operatività di Amisom. Un requisito necessario anche per consentire il ritiro delle truppe etiopiche. Le nostre ambasciate nei Paesi africani hanno inoltre ricevuto istruzioni di appoggiare gli sforzi della stessa Unione africana per promuovere un maggiore coinvolgimento di altri potenziali donatori e per sensibilizzare quei Paesi africani dai quali ci si attende un concreto concorso di truppe ad Amisom.
Naturalmente tutte queste iniziative trovano riscontro e alimento nel quotidiano rapporto che intratteniamo con le autorità transitorie somale e gli esponenti più rilevanti della Somalia per la ripresa di un costruttivo dialogo intra-somalo. In questo contesto l'Italia è stato il primo Paese a rivolgere un messaggio di forte incoraggiamento e solidarietà al nuovo Primo Ministro Hassan Hussein, che ha sostituito il dimissionario Gedi.
Stiamo anche lavorando in stretto contatto con il rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU per la Somalia, Ould Abdallah, che da tempo sosteniamo nelle funzioni di coordinamento internazionale attribuitegli dalla prima ricordata risoluzione n. 1772, per l'elaborazione di un piano d'azione ONU per la Somalia che dovrebbe essere sottoposto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel corso del corrente mese di Presidenza italiana.
L'Italia resta, inoltre, impegnata ad organizzare a Roma, di intesa con la Svezia, una Conferenza internazionale dei donatori per la Somalia, non appena ne matureranno le condizioni.Pag. 23
Ricordiamo, infine, la recente decisione di istituire un fondo italiano denominato «Africa Peace Facility», con una dotazione iniziale di 40 milioni di euro, specificamente destinato a collaborare con l'Unione africana per il mantenimento della pace e della sicurezza nel continente. Un'intesa con l'Unione africana sulle modalità di utilizzo verrà firmata dai Presidenti Prodi e Konarè in occasione dell'imminente vertice di Lisbona fra l'Unione europea e l'Unione africana (preceduto proprio in questi giorni da una riunione ministeriale a Sharm-el-Sheik). Fra di esse vi è una chiara indicazione di priorità di utilizzo per gli interventi nel Corno d'Africa, inclusa in primo luogo la Somalia.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è quello che vogliamo e che possiamo fare. Nel 1991 la caduta di Siad Barre era stata vista da molti come una svolta positiva ed epocale. È caduto un dittatore, si è detto. Purtroppo è stato l'inizio di un disastro senza fine perché dal 1991 ad oggi un vero Stato somalo non è esistito più. Prima che l'infezione somala si estenda dobbiamo trasformare il failed State per eccellenza (uno Stato fallito) in uno Stato vero, credibile, con il controllo del territorio e la capacità di imporre la legge. È interesse del popolo somalo, ma anche di tutti noi. È questo l'obiettivo al quale lavora anche l'onorevole Raffaelli, il cui consiglio e il cui impegno si dimostra prezioso.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Viceministro Ugo Intini, ringrazio il Governo per la sua risposta perché come abbiamo udito - e ho ascoltato con molta attenzione - non si è trattato di una risposta di carattere rituale, come a volte succede durante lo svolgimento delle interpellanze. Sono contento di ciò ed anche che il Governo si sia reso conto della gravità, della complessità, della drammaticità e dell'importanza dei problemi che ho e abbiamo sollevato e che sia stata colta questa occasione parlamentare, anche da parte del Governo - e pertanto ringrazio l'onorevole Intini di averlo fatto presente - per rompere quello abbiamo definito, insieme alle ONG umanitarie italiane, un muro di silenzio.
In ordine a tali profili devo ammettere che la risposta fornita è adeguata e soddisfacente, poiché ha ripercorso il ruolo dell'Italia sui diversi aspetti della crisi umanitaria, sicurezza e possibile ripresa di un processo di pace che attualmente è, in sostanza, del tutto bloccato.
Inoltre, da parte del rappresentante del Governo è stata effettuata anche una ricognizione puntuale di tutte le vicende che hanno visto svolgere un importante ruolo alle Nazioni Unite, all'Unione europea, all'Unione africana e all'Italia. Ricordo, fra l'altro, che al momento presente l'Italia fa parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro pro tempore. Tutto questo credo che sia importante. Forse da parte mia aggiungerei, per completezza del dibattito, un'ulteriore considerazione. Giustamente il rappresentante del Governo ha fatto riferimento alla riunione in sede comunitaria del 6 novembre e alla prossima riunione del 10 dicembre (fra cinque giorni) dove dovrebbero essere assunte le conclusioni. Il 10 dicembre cade il giorno successivo al Vertice dell'Unione europea di Lisbona avente per tema «Unione europea e Africa».
Desidero inoltre ricordare, se riesco a ritrovarla tra le mie carte, ma comunque l'ho citata ampiamente nel testo dell'interpellanza urgente che ho presentato, il ruolo che ha avuto il Parlamento europeo il quale, meno di un mese fa, ha svolto un importantissimo e drammatico dibattito sulla questione della Somalia. Al termine di esso il Parlamento europeo, nella seduta di Strasburgo del 15 novembre scorso (quindi circa 20 giorni fa), ha approvato un'importante risoluzione che in parte ho sintetizzato nell'interpellanza urgente e in parte richiamo in quest'Aula. Infatti, oltre ad una serie di premesse che ricostruiscono le vicende che sia io, sia il rappresentante del Governo, abbiamo sinteticamente richiamato, la risoluzione contiene una serie di impegni e di decisioni riguardo alla condanna delle violazioni del diritto umanitario,Pag. 24alla necessità di proteggere la popolazione civile, di evitare il rischio reale che il conflitto somalo si trasformi in una guerra regionale con il coinvolgimento dell'intero Corno d'Africa e di intensificare gli sforzi diplomatici. Vi è, inoltre, l'invito al Governo federale di transizione - che era ancora il precedente Governo poiché, come abbiamo appreso, adesso ve n'é un altro - per riprendere il processo delineato dalla Carta federale transitoria del 2004 e arrivare a elezioni libere ed eque nel 2009. Tuttavia, parlare di elezioni libere ed eque nel 2009 in questo momento, con la spaventosa situazione presente in Somalia, sembra quasi un paradosso.
Il Parlamento europeo chiede che sia posto termine ad ogni intervento militare straniero in Somalia. Si tratta di un riferimento preciso al ruolo che l'Etiopia ha assunto in Somalia dal 24 dicembre dell'anno scorso, purtroppo, lo ripeto, con l'appoggio degli Stati Uniti d'America.
Si chiede il rafforzamento del ruolo della società civile, in particolare delle donne, e si affronta un tema al quale anche il Viceministro Intini poco fa ha fatto cenno, cioè quello di rafforzare la forza di pace da parte dell'Unione africana perché degli 8 mila militari previsti, allo stato, ci sarebbero soltanto 1600 militari dislocati. Ciò rende impossibile raggiungere quegli obiettivi che la forza di pace dell'Unione africana dovrebbe realizzare, primo fra tutti la creazione delle condizioni per l'uscita dal territorio somalo delle truppe etiopi.
Trovo interessante che in questa risoluzione del Parlamento europeo si inviti anche ad evitare interpretazioni troppo semplicistiche relativamente alla minaccia di terrorismo nel Corno d'Africa. Infatti (il Governo non l'ha detto e lo ringrazio per non averlo fatto) la tesi sostenuta per un certo periodo dall'Etiopia e dagli Stati Uniti ha tramutato il conflitto somalo in una sorta di nuova vicenda di contrapposizione con Al Qaeda. È un'interpretazione che sappiamo essere semplicistica, che non fa i conti con la realtà più complessa delle cosiddette «corti islamiche» e che rischia di ideologizzare la contrapposizione spaventosa già in corso.
Vi è anche un appello al gruppo internazionale di contatto per la Somalia ad incoraggiare gli sviluppi politici positivi e la fattiva cooperazione con gli attori presenti in Somalia - il Viceministro Intini ne ha fatto riferimento - e si chiede di rafforzare l'assistenza umanitaria e di rendere effettivo e rigoroso quell'embargo delle armi che risale al 1992, ma che non è stato mai rispettato.
Da ultimo, si chiede anche di proteggere i giornalisti perché un'informazione indipendente è fondamentale. Da questo punto di vista, fino ad ora lo stesso Governo transitorio non ha purtroppo fornito alcuna garanzia e sappiamo quali tragiche vicende giornalistiche hanno riguardato anche il nostro Paese.
Come vede, signor rappresentante del Governo, più che una dichiarazione di soddisfazione ho svolto un'ulteriore interlocuzione, dando atto positivamente di ciò che lei ha detto. Debbo dire che, per la serietà che l'ha sempre contraddistinta in questo ruolo istituzionale, non mi aspettavo nulla di diverso. Lei ha anche fatto bene a ricordare il ruolo del Viceministro Patrizia Sentinelli, che ha una competenza specifica su tale materia. All'inizio di quest'anno, l'8 gennaio, il Viceministro in questione ha svolto un'amplissima audizione presso la Commissione esteri della Camera, in cui moltissimi dei problemi, poi esplosi, erano già evidenziati (eravamo a pochi giorni dall'inizio dell'intervento militare e dell'occupazione dell'Etiopia in Somalia).
Condivido anche il giudizio di apprezzamento dell'ex deputato, oggi inviato speciale dell'Italia, Mario Raffaelli, che ha dimostrato nella vicenda mozambicana una grande capacità di interprete della volontà, del Governo italiano e della comunità internazionale, di realizzare un processo di pace. Oggi la situazione somala è ancora più difficile di quella del Mozambico, però credo che il Governo, sia per la parte istituzionale, sia per quella diplomatica, sia per il ruolo dell'inviato speciale, abbia tutti gli strumenti per affrontare adeguatamente la situazione.
Resta soltanto un'amarezza - e concludo - sul fatto che, anche dette tuttePag. 25queste cose da parte del Governo e da parte mia e nostra, si ha il senso di una spaventosa sproporzione rispetto a ciò che è la realtà effettiva della Somalia: rispetto al milione di profughi, alle migliaia di persone assassinate, alle migliaia di persone ferite, alla catastrofe umanitaria in corso, alla difficoltà di intervenire. Pertanto, non mi dichiaro soddisfatto; da questo punto di vista sarebbe persino ipocrita da parte mia anche perché il Governo italiano non ha la bacchetta magica per risolvere quei problemi. Posso soltanto - ringraziando il signor Presidente per la pazienza - invitare il Governo italiano a rafforzare e intensificare le iniziative politiche, diplomatiche, istituzionali, bilaterali e multilaterali citate, che vanno nella direzione giusta e, soprattutto, di rafforzare nell'immediato l'intervento di carattere umanitario, perché ovviamente non da soli, abbiamo una responsabilità non diretta ma storica (cui lei stesso ha fatto anche riferimento), che ci attribuisce un ruolo particolare rispetto alla martoriata popolazione somala.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle ulteriori interpellanze urgenti all'ordine del giorno è rinviato al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.