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TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO RICCARDO PEDRIZZI SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1287
RICCARDO PEDRIZZI. Gianfranco Fabi su Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa ha ricordato che nel 1748, Charles-Louis de Secondat barone de La Brède, più noto come Montesquieu, aveva posto questo principio al centro di quello «spirito delle leggi» che costituisce la base della moderna divisione dei poteri e di quell'equilibrio che deve essere la spina dorsale della democrazia: «in uno Stato libero il potere legislativo ha il diritto e deve avere la facoltà di esaminare in qual modo le leggi che ha emanato siano state eseguite». A 250 anni di distanza la lezione del filosofo francese si è completamente perduta di fronte ai voti di fiducia di questo Governo. Di fatto il continuo ricorso alla fiducia rischia di tradursi in una palese «elusione» costituzionale. Il potere esecutivo di fatto tiene sotto scacco un potere legislativo con le mani legate di fronte a provvedimenti blindati così come blindati sono gli emendamenti di correzione. Il ruolo del Parlamento in questo primo scorcio di legislatura appare sempre più formale e notarile.
È indubbiamente il frutto avvelenato di un risultato elettorale che non ha visto nessuna delle due coalizioni vincenti e che vede nella coalizione di centro sinistra una conflittualità mai registratasi nel passato. Ma Montesquieu, purtroppo, non l'aveva previsto.
Il ricorso alla fiducia pare stia diventando una prassi cui il Governo Prodi sembra ricorrere con estrema disinvoltura.
Per far passare il testo sul cosiddetto «spacchettamento» dei ministeri - una moltiplicazione indebita di poltrone e posti di sottopotere, a volerlo chiamare con il suo vero nome - il professor Prodi ha posto nell'aula di Montecitorio la fiducia attraverso il ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti. Il decreto è già stato licenziato dal Senato con voto di fiducia ottenuto peraltro alla chetichella, a poche ore da un evento mediatico sportivo che attirava l'attenzione di tutti come la semifinale di coppa dei campioni Italia-Germania. Mezzucci? Certo: scorciatoie che si aggiungono ai mezzucci. Ma è con questi mezzi che è stato fatto passare il maxiemendamento sullo «spacchettamento» dei ministeri.
Un inizio pessimo quello del Governo Prodi. Un inizio di legislatura che non promette nulla di buono. Prodi del resto ha chiesto la fiducia per poter moltiplicare la rendita politica del Governo, per poterPag. 55ottenere dalle risorse dello Stato una quota ancora maggiore di potere e di mezzi da ridistribuire alla sua alleanza variopinta e multicolore, alla sua armata Brancaleone, insomma. È inutile nasconderselo, Prodi ha avuto la necessità di accontentare le richieste provenienti dai partiti della coalizione. Ed è stato «costretto» a rivedere la struttura dell'esecutivo, ridefinendo con questo decreto-legge le competenze di quasi tutti i ministeri e, soprattutto, ripristinandone alcuni che proprio il centrosinistra, nella sua prima esperienza a Palazzo Chigi, aveva deciso di accorpare.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad esempio, torna in mano a due singoli ministri (Di Pietro e Bianchi); resuscita anche il Ministero del commercio internazionale (Bonino) prima rinchiuso in quello delle attività produttive, ora rinominato dello sviluppo e al quale è stato «sottratto» anche il turismo. In compenso, il dicastero guidato da Pierluigi Bersani ha ottenuto parte delle competenze sul Mezzogiorno prima affidate all'economia. Inoltre il decreto sposta anche il Cipe, fino alla scorsa legislatura affidato alle cure di Via XX Settembre. D'ora in poi ad occuparsene sarà direttamente la Presidenza del Consiglio che così avrà una maggiore vicinanza alla ripartizione e assegnazione delle risorse e all'approvazione dei progetti da finanziare. Altra novità è lo spacchettamento dell'ex Ministero del Welfare. Accanto al ministro del lavoro di cui è titolare Cesare Damiano, il decreto istituisce il Ministero della solidarietà sociale guidato dall'unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferraro. Nasce anche il Ministero delle politiche giovanili che assorbe anche le attività sportive (Melandri) prima di competenza dei beni culturali (Rutelli).
Ancora, con una visione vetero-statalista si fa ritornare accanto alla dizione Ministero dell'istruzione l'aggettivo «pubblica» voluto dall'attuale ministro Fioroni: lui, sedicente cattolico, ha così cassato la scelta precedente di Moratti e ha vanificato anni di lotta del mondo cattolico contraddicendo quello che proprio ieri ha sostenuto il cardinale Scala sulla libertà di educazione.
Va ricordato oltretutto che la prima versione del decreto ribattezzato «spacchetta-ministeri» uscita dal Consiglio dei ministri, è assai diversa da quella che stiamo votando. Basti pensare, ad esempio, che ora ad occuparsi di «politiche previdenziali» è esclusivamente il ministro del lavoro e non quello della solidarietà sociale e che al ministro dello sviluppo è andata oltre che la delega sul sud, come previsto dalla prima versione, anche la gestione diretta del Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate. Altrettanto è avvenuto per il passaggio del turismo ai beni culturali.
Tutta questa vicenda rappresenta un passaggio che per il merito e il metodo rivela due cose. Anzitutto la debolezza, la fragilità e la disunione di questo esecutivo costretto a ricorrere al voto di fiducia fin dai suoi primi passi. E poi l'adesione a una logica di spartizione e lottizzazione partitocratica, che naturalmente non risponde all'interesse dei cittadini ma solo a quello dei partiti di governo e delle loro segreterie. Prodi non ha ammesso discussioni con l'opposizione, ha chiesto alla sua esile maggioranza un'esibizione muscolare, rivelando una prepotenza di fondo che contraddice quella volontà di dialogo sbandierata in mesi di campagna elettorale. Ma non è passata nemmeno una settimana da quel voto di fiducia che ecco si affaccia la possibilità che Prodi sia costretto a ricorrere alla fiducia anche sull'Afghanistan.
Il Parlamento è ormai fuori gioco!
E questa combinazione infernale e fatale di decreto-legge più voto di fiducia ridurrà al minimo vitale le funzioni delle Camere! Questa debolezza parlamentare è solo un riflesso della debolezza - non solo politica - del Governo. «Il punto è questo: che l'esecutivo ha un'iniziativa legislativa debole e la corsia privilegiata diventa il decreto: è questa l'anomalia di questo Governo rispetto alle altre democrazie parlamentari di tutto il mondo. Questa debolezza ha trovato uno sbocco - come il decreto - cioè una strada che si sovrapponePag. 56a quella costituzionale. Si stanno creando così delle regole di fatto. Diciamo, "in nero"».
E non basta dire come Giulio Santagata, ministro per l'attuazione del programma, «È nostra intenzione smetterla», che spiega come il ricorso ai decreti corrisponda a «un avvio complicato ma ora» - come ha detto Romano Prodi alla riunione del capigruppo l'altro ieri - «c'è l'impegno a cambiare strada». Anzi, a quest'impasse, il Governo ha pensato a come porre rimedio. «L'uso sistematico delle leggi delega: consentono il dibattito - dice Santagata - ma anche un adeguato controllo alle Camere. E poi c'è la via amministrativa, l'esempio del cacciavite di Prodi». Come si vede il Parlamento viene completamente bypassato.
La fase complicata, però, non si chiuderà con l'estate, con il rush finale sulla manovrina, le liberalizzazioni, il decretone sull'Afghanistan. No, perché l'autunno è la stagione della finanziaria da 35 miliardi.
Prevedibilmente, continuerà una lunga stagione di nuovi decreti e di nuovi voti di fiducia.
Prodi ricorrerà sempre alla fiducia nei passaggi nodali del suo esecutivo. Ma quella della fiducia non è una corda che può essere troppo tirata, perché prima o poi è una corda che si spezza. La destra sta dimostrando di avere una concezione alta e responsabile del suo ruolo di opposizione. Ma quando la corda cui è appeso Prodi si spezzerà, noi ci saremo.