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Discussione del disegno di legge e del documento: S. 1448 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2007 (Approvato dal Senato) (A.C. 3062-A); Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n. 2) (ore 16,05).
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3062-A e Doc. LXXXVII, n. 2)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Bimbi, presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, relatrice sul disegno di legge n. 3062.
FRANCA BIMBI, Relatore sul disegno di legge n. 3062. Signor Presidente, intervengo molto brevemente poiché vorrei lasciare un po' del mio tempo all'onorevole Frigato.
Innanzitutto, desidero ringraziare tutti i colleghi di maggioranza e opposizione, perché credo che la discussione abbia dimostrato che in Commissione, indipendentemente dai meriti personali, stiamo lavorando su tutti e due i versanti: il tema dell'identità nazionale e degli interessi nazionali, sollevato dall'onorevole Pini, e quello della democratizzazione, sollevato dall'onorevole Falomi.
Non mi sembra che questa sia una «piccola comunitaria». Infatti, è vero che nei 20 articoli che riguardano misure specifiche vi sono le tettarelle e le uova (che, peraltro, rappresentano un capitolo importante della nostra alimentazione), tuttavia mi sembra che il Governo stia lavorando essenzialmente per rendere sempre più diligente l'Italia, non nell'obbedienza alla burocrazia europea, ma nell'essere un partner attendibile dell'Europa, proprio puntualizzando gli interessi nazionali.
Tuttavia, quando diciamo «interessi nazionali» - credo che l'onorevole Pili lo abbia detto - ritengo che tali interessi vadano considerati a partire dai livelli locali, come ha detto anche l'onorevole Tondo. Pertanto, proprio in questo disegno di legge comunitaria, facendo attenzione al coordinamento tra norme di tipo nazionale e rispetto degli statuti, abbiamo richiamato il Governo alla necessità di costruire un percorso federalista che sia sostanzialmente un vero modello di integrazione europea e di democratizzazione. Infatti, poiché rispetto alla democratizzazione tutti abbiamo dato importanza alla Carta dei diritti, occorre che la stessa sia presente, come nelle misure di tipo nazionale, anche nel più piccolo dei municipi italiani e delle circoscrizioni.
Ritengo sia importante lavorare insieme affinché il Parlamento abbia più forza nel processo ascendente, a partire dall'utilizzo degli strumenti che già ci sono, come l'early warning, nonché da un sostegno al rafforzamento del CIACE che dia la possibilità di un controllo maggiore sul Governo, ottenendo da quest'ultimo un'efficacia sostanziale e non formale.
Non voglio aprire una polemica dicendo che la vera politica europea si fa con il piano strategico nazionale, con le misure di risparmio energetico, con le misure di pari opportunità e così via. Democratizzazione significa anche la ricerca di un'associazione che vada dai poteri locali al livello nazionale nel percorso della decisione europea.
Ritengo che in questa specificità della legge comunitaria abbiamo molti punti in comune per poter continuare il lavoro al quale richiamiamo non solo l'attenzione del Governo, ma anche del Parlamento. Cambiare il Regolamento parlamentare non è competenza di una sola Commissione, tuttavia è quanto a noi sembra più importante e su cui ci siamo tutti espressi. La distinzione tra la relazione e la legge comunitaria è un altro tra i punti da noi acquisito e, al di là del merito nei confronti dei contenuti della legge comunitaria, è contenuto nel percorso da noi fatto dall'anno scorso a quest'anno. Vorrei ora lasciare, signor Presidente, qualche momento per la replica dell'onorevole Frigato che prima ho indegnamente sostituito.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore sul Doc. LXXXVII, n. 2, deputato Frigato.
GABRIELE FRIGATO, Relatore sul Doc. LXXXVII, n.2. Vorrei lasciare agli atti le mie scuse per il mio ritardo dovuto ad un disservizio ferroviario. Vorrei aggiungere, oltre al ringraziamento alla presidente Bimbi per la puntuale sostituzione, solo qualche brevissima riflessione, raccogliendo certamente le preoccupazioni espresse da più parti. Stiamo esaminando una relazione rispetto alla partecipazione del nostro Paese all'Unione europea che porta la data del 2006, mentre oggi siamo nel 2008; questo solo elemento ci porta a considerare che l'idea, da più parti emersa anche in questa occasione, ma che in sede di Commissione abbiamo più volte sottolineato, che il Parlamento possa distinguere il proprio lavoro in due fasi, una relativa alla legge comunitaria ed un'altra alla relazione della nostra partecipazione all'Unione europea, possa trovare velocemente concretezza.
Anche il fatto che questo Parlamento possa darsi una sessione proprio rispetto alle tematiche, al sentire e all'agire europeo mi pare un elemento che debba emergere dai nostri dibattiti, ma nella misura in cui venga tradotto in qualche atto ed in qualche procedura concreta.
Anch'io, se devo essere sincero, ho ascoltato delle parole che mi hanno lasciato perplesso: l'Europa non è solo burocrazia, collega Pili, ma è un qualcosa che, dal mio punto di vista, negli anni passati - l'ho affermato altre volte in quest'Aula durante il Governo Berlusconi - veniva considerato un qualcosa che purtroppo avevamo tra i piedi.
Noi siamo dalla parte di chi pensa che l'Europa sia stata, nel dopoguerra, una grande intuizione che ha avuto anche momenti di difficoltà, che continua ad avere qualche passaggio che tutti vorremmo fosse più veloce e più pregnante, ma che rappresenta un grande momento di democrazia, è una grande regione dei diritti e l'area che maggiormente e velocemente si è sviluppata in un quadro di grandi opportunità offerte a tutte le cittadine ed a tutti cittadini europei.
Credo che nessuno di noi potrebbe e sarebbe in grado di immaginare cosa sarebbe successo nei Paesi dell'ex Unione sovietica se non ci fosse stata l'Europa, oggi apprezzata nei suoi valori tanto nell'ovest - nei Paesi storicamente europei, diciamo così - quanto nell'est europeo.
Tale integrazione, che probabilmente presenta anche difficoltà e lentezze, è tuttavia il percorso, il sentire, la direzione di marcia che ci convince che siamo nella giusta direzione.
D'altronde consentitemi di ricordare che in Europa mettiamo in gioco la credibilità internazionale del nostro Paese: è stata l'Italia, per prima insieme all'Europa - il Ministro Bonino lo sa certamente meglio di me -, ad essere protagonista sulla moratoria sulla pena di morte: siamo stati protagonisti noi come italiani, ma anche come europei.
Ricordo un'altra questione sicuramente importante: i numeri delle infrazioni, se prendiamo come riferimento novembre, sono di una certa entità, che è diversa se ci riferiamo a gennaio. Tuttavia anche in questo caso c'è una tendenza da valutare: con il Governo Prodi e con il Ministro Bonino c'è stata una costante diminuzione del numero delle infrazioni, elemento che non riguarda solo la maggioranza e non l'opposizione, ma il lavoro di questo Parlamento e la credibilità del nostro Paese.
Anche con riferimento al grande tema della pace nell'area del Mediterraneo, nel Medio oriente, l'Italia è stata in prima fila per fare la propria parte, non da sola, come Europa in Libano, e noi oggi ci siamo - ripeto, non da soli - con una volontà che ha avuto un punto di riferimento essenziale nell'Unione europea.
Consentitemi di dire che anche la migliorata situazione dei nostri conti pubblici mostra che riteniamo che l'Europa non sia un peso che ci portiamo appresso, ma un elemento che ci aiuta, che qualifica, che ci consente di essere meglio e più chiaramente presenti nello scenario nazionale.
Lasciatemi ricordare che nel 2007 abbiamo celebrato con diverse manifestazioniPag. 42il programma Erasmus. Che cos'è stato Erasmus? Non è stato un dato burocratico perché decine di migliaia di studenti - il numero esatto non lo conosco e chiedo scusa - oggi in Europa hanno un'apertura diversa.
Questi studenti conoscono la cultura del proprio Paese, ma la hanno accostata a quella di altri Paesi. Hanno certamente una propria filosofia di vita, ma hanno avuto modo di verificarla insieme ad altri. Magari hanno una fede religiosa, ma hanno avuto l'opportunità di conoscere e di rispettare altre fedi religiose. Questa è l'Europa, con tutte le difficoltà del caso e i problemi che conosciamo, ma noi - lo ribadisco - apparteniamo a quell'area e a quelle forze politiche che non solo vi hanno creduto in passato ma che vi continuano a credere, non per non riconoscere problemi e situazioni da migliorare, ma per essere dentro un grande cammino che è quello dell'Europa, che ha una responsabilità da giocare sul piano internazionale.
Pertanto, consentitemi di dire che molti dei problemi qui sottolineati sono obiettivamente di natura politica e faremmo un «giochino» non positivo se mettessimo insieme aspetti tecnici, burocratici e istituzionali con situazioni e passaggi di natura politica.
Ebbene, se è vero quanto è stato più volte affermato da tutti, che vogliamo migliorare tale percorso, credo che le elezioni europee della primavera del 2009 costituiranno davvero il banco di prova e allora misureremo la nostra volontà democratica e quanto vogliamo condividere i valori e i diritti e quale Europa abbiamo in testa e vogliamo realizzare.
Non voglio addentrarmi nello specifico. Nella giornata di domani ci addenteremo nella riflessione e nel confronto sui singoli articoli e sugli emendamenti presentati, ma penso che il dibattito di oggi sia stato importante perché esprime quanto l'Europa rappresenti parte della nostra storia e al contempo quanto l'Europa possa - e penso che sicuramente rappresenterà - in buona parte anche il futuro del nostro Paese e quello dei nostri ragazzi.
Signor Presidente, con riferimento alla presentazione della risoluzione sulla relazione annuale relativa alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2006, sperando di non disturbare i lavori e i tempi di nessuno, necessiterei di cinque, dieci minuti al massimo, di sospensione dei lavori, al fine di presentare una risoluzione che, come mi auguro, possa raccogliere il consenso di molti presidenti di gruppo e molti gruppi presenti in Aula.
PRESIDENTE. È stata avanzata dal relatore una richiesta di sospensione di dieci minuti per presentare la risoluzione. La Presidenza la accorda. In seguito vi sarà l'intervento in replica del Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee con cui si concluderà il dibattito odierno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 19,30.
La seduta, sospesa alle 19,20, è ripresa alle 19,35.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora relatrice, volevo fare soltanto poche osservazioni a conclusione di questo dibattito, partendo dalla constatazione che in realtà, da quando ero deputata (giovane, e poi meno giovane) e sedevo sui vostri banchi, in occasione della «discussione comunitaria» - comunque si sia articolata o definita nei trent'anni scorsi - si ripetono gli stessi problemi.
Le diverse amministrazioni, quando cambiano, si accusano di essere in ritardo e sempre ci si trova nella stessa situazione. Da tempi immemorabili il recepimento delle direttive e l'approvazione della legge comunitaria (o come si chiamava prima lo strumento legislativo deputato a tale fine) avvenivano sempre in situazioni come quelle odierne: completamente fuori fase ed in ritardo, rispetto non tanto al recepimento delle direttive quanto, soprattutto,Pag. 43alla relazione annuale e quindi al dibattito politico che sarebbe invece utile ed è invocato da tutte le parti politiche.
Certamente non è competenza del Governo sollecitare le modifiche o procedere alle modifiche dei Regolamenti parlamentari che, peraltro, vengono invocate da un largo spettro di forze politiche per disgiungere, perlomeno, l'esame della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea da quello del disegno di legge comunitaria in modo da poter consentire un dibattito sulla relazione, cioè sugli impegni del Governo, in tempo utile e non così «fuori fase».
Rimane, però, il fatto che forse una soluzione pragmatica potrebbe presentarsi già nelle prossime settimane nel senso che, come sapete, secondo i termini di legge, in qualità di Ministro competente, ho già portato nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso la bozza del disegno di legge comunitaria e della relazione per il 2007, la quale sarà sottoposta al parere della Conferenza Stato-regioni (spero già nella seduta del 24 gennaio) per tornare poi in Consiglio dei Ministri. Quindi, ho la speranza che possa arrivare sui vostri banchi agli inizi di febbraio.
Si potrebbe pensare ad un impegno politico per evitare che, in occasione dell'esame del disegno di legge comunitaria 2008, si ripeta la stessa situazione ovvero che ci si ritrovi, a gennaio 2009, a rivolgersi reciprocamente le accuse di ritardo. Ciò, non tanto per quanto riguarda le direttive, ma soprattutto con riferimento al dibattito sulla relazione e quindi sugli indirizzi da fornire al Governo.
Un'altra questione che volevo sottolineare è che voglio considerare le critiche mosse e la frustrazione espressa, almeno per certi aspetti, come un dato positivo, ovvero nel senso che lo stesso Parlamento, da febbraio, avrà gli strumenti sia per accelerare i tempi della discussione in oggetto sia per accelerare altre discussioni che riguardano l'Europa.
Infatti, al collega Pili e agli altri vorrei far osservare che bisogna augurarsi che il dibattito relativo alle materie europee - che sono trasversali perché, come è stato fatto notare, attengono all'energia, ai trasporti, alle infrastrutture, a Lisbona e a quant'altro - non rimanga confinato solamente alla discussione annuale sulla legge comunitaria o solamente alla sede della XIV Commissione, ma possa diventare di interesse anche per le altre Commissioni di merito (congiuntamente alla XIV Commissione, per esempio) in modo da consentire un rapporto con il Governo e le varie amministrazioni governative più puntuale rispetto ad una serie di dossier.
Ad esempio, è chiaro che presentando la relazione a febbraio dell'anno scorso, nel 2007, era assolutamente non pensabile che fosse di attualità la decisione dei Vertici europei sul «venti-venti-venti» di energie rinnovabili, efficienza energetica e riduzione della CO2.
Perché l'Europa sarà pure lenta, però sta al passo con i tempi, e non è detto che quello che presentiamo a gennaio esaurisca tutte le iniziative che poi l'Unione europea prenderà nel corso dell'anno; ritengo anzi che attivare le Commissioni di merito, insieme con la Commissione XIV, potrebbe consentire anche uno scambio in fase ascendente più puntuale rispetto a vari temi di grande rilevanza. Da questo punto di vista saluto con piacere la richiesta fatta dalle Commissioni ambiente, sviluppo economico ed affari europei del Senato per un'audizione, prevista la settimana prossima, per quanto riguarda la posizione assunta dal Governo italiano sulle riduzioni delle emissioni di CO2, proprio perché la Commissione ancora non si è espressa con una proposta di direttiva ma, come tutti sappiamo, la sta discutendo. Si tratta di un tema che vede le posizioni dei vari Stati membri molto diversificate, perché è chiaro che anche gli interessi dei vari Stati sono diversi a seconda della loro struttura industriale.
Pertanto, in attesa che si arrivi ad accelerare il processo per renderlo più efficace, mi permetto di dire al Parlamento che un'interlocuzione nel merito sui vari temi più diretta con il Governo può anche avvenire a livello di Commissioni competenti, coordinate con la Commissione XIV. Ciò consentirebbe un'informazionePag. 44più puntuale, anche nei tempi. Non è con un unico strumento e con un unico dibattito annuale che si risolve e si esaurisce il nostro rapporto dinamico e dialettico - non succube, ma dinamico e dialettico - con la casa comune europea.
È piuttosto facile fare delle ironie, peraltro a volte a ragione, sul livello di micro-legislazione che in alcune occasioni arriva dall'Unione europea. Faccio però presente, anche per esperienza diretta, che spesso queste micro-legislazioni sono spinte in modo forte da categorie specifiche, a volte da Stati membri specifici, e non sono il risultato folle di qualche burocrate, perché molto spesso hanno a che vedere con l'armonizzazione di regole di mercato interno. Si può fare dell'ironia sulla lunghezza dei cetrioli o sulla grandezza delle mele, rimane però il fatto che, a ben vedere, queste decisioni hanno un'influenza abbastanza evidente sulle regole del mercato interno.
In ogni caso, la Commissione stessa e noi con lei siamo convinti che le grandi regole quadro del mercato interno sono ormai stabilite ed è in corso, a partire dall'Unione europea, una procedura, come i colleghi sanno, di semplificazione e anche di delegificazione. Infatti, ad esempio, spesso, grazie all'evoluzione tecnologica, alcune direttive che erano adeguate e ottime negli anni Ottanta sono oggi completamente obsolete, perché magari sono disponibili strumenti tecnologici all'epoca non pensabili.
Dico questo perché la delegificazione costituisce un fattore importante, serve anche a diminuire i costi amministrativi (come è noto, ogni Stato membro è chiamato a contribuire, da questo punto di vista). Il nostro Paese si trova in una situazione un po' particolare: noi siamo culturalmente abituati a introdurre norme per via di legge. Stiamo imparando dall'Unione europea, ma siamo poco abituati a decreti di natura amministrativa o di altro tipo, e anche quando li adottiamo poi li carichiamo di procedure per cui persino i decreti legislativi diventano più pesanti di una norma primaria.
Comunque siamo andati avanti per anni con norme primarie, vale a dire con leggi. Per delegificare serva un'altra legge: è chiaro, quindi, che ci troviamo in una situazione piuttosto complicata, ma è impegno del Governo andare in questa direzione.
Aggiungo due ulteriori considerazioni. Da una parte, la legge comunitaria non è la sede - se non nella relazione, se fosse nei tempi giusti - del grande dibattito politico di indirizzo europeo. La legge comunitaria è uno strumento di recepimento di direttive, e l'idea era di accompagnarla con la relazione perché, essa sì, doveva essere il forum di dibattito di prospettiva. Questo abbinamento oggi risulta controproducente ed inefficace per le ragioni che abbiamo appena ricordato; scorporare i due strumenti è sicuramente una proposta utile.
Si può anche ovviare utilizzando nel frattempo altri strumenti. Esistono mozioni di indirizzo, di politica estera o in qualunque altra materia, che possono supplire nelle more di una decisione regolamentare che non so quando verrà. Per esempio, sulle prospettive future del Trattato, piuttosto che su altri temi rilevanti, anche mozioni di indirizzo specifiche, al di là della relazione annuale, possono in questo momento e in questo periodo essere usate, e il Governo si presterà molto volentieri a questo tipo di esercizio.
Voglio anche fare chiarezza su una serie di cifre. Immagino che l'impegno di tutti i colleghi relativo alla finanziaria nell'ultima fase del 2007 sia stato particolarmente assorbente, e quindi, probabilmente, è passata sotto silenzio la situazione delle infrazioni, e ciò determina una disparità di cifre. Colgo questa occasione per fare il punto della situazione. Alcuni di voi si sono riferiti ai dati di ottobre 2007. Vi ho comunicato che nell'ultima decisione del dicembre 2007 abbiamo avuto un altro passo positivo. Dunque, a fronte delle 275 infrazioni ereditate a maggio 2006 siamo oggi a 198: 35 per mancata attuazione delle direttive (questa legge comunitaria, peraltro, sarebbe di aiuto, perché attua una serie di direttive)Pag. 45e 163 per violazione del diritto comunitario. Le abbiamo anche classificate per settori ed è stata inviata un'informativa alle varie amministrazioni, perché procedano e prestino attenzione per le infrazioni di loro competenza, anche se molte, in particolare quelle ambientali, attengono alle regioni (la competenza regionale pone un altro tipo ancora di problematica).
Spero che lo strumento, che abbiamo presentato insieme e che sarà a disposizione delle amministrazioni e dei deputati, possa aiutare, nel suo obiettivo di trasparenza, ad avere un quadro monitorato quasi giorno per giorno, per sapere esattamente a che punto siamo.
Sempre per quanto riguarda questo argomento, non ho l'ossessione delle infrazioni, però va detto che se si vuole andare a negoziare in Europa su temi di vario tipo - credo sia capitato anche a voi nella legislatura precedente - o si è credibili o non lo si è. Non è proprio pensabile - lo dico per esperienza - che si vada a negoziare l'antidumping, o altre questioni importanti come ad esempio le emissioni di CO2, in una situazione in cui poi non si è credibili per quanto concerne il recepimento.
È un dato semplicemente di credibilità, né ho il feticismo delle direttive, per le ragioni che dicevo prima. Constato, però, che questa legge comunitaria recepisce le direttive negoziate dall'amministrazione precedente: sono quasi tutte dell'amministrazione precedente o negoziate dall'amministrazione precedente e portate a termine nella seconda parte del 2006. Posso assicurare i colleghi che non c'è nessuna deriva ossessiva burocratica dell'Unione europea.
Onorevoli colleghi, a me non pare che il vero problema dell'Europa sia l'ossessione burocratica. Badate bene che stabilire delle regole di mercato interno per 500 milioni di persone, con una diversità così evidente tra 27 Paesi e tra regioni dello stesso Paese, implica obiettivamente una legislazione abbastanza «puntuta» e non fatta solo di leggi quadro. Il problema non è se si tratta diversamente l'agricoltore di serie A, B o C, ma è che la politica di coesione, per quanto riguarda le aree come il nostro Sud, prevede una legislazione diversa rispetto a quella di un'altra parte del territorio nazionale. Ciò vale per i fondi strutturali di cui ha beneficiato, ad esempio, la Sardegna, piuttosto che altre zone, quindi non si tratta di una differenziazione di categoria di lavoratore, ma di territorio dove si trova ad operare. Non dico che sia giusto o sbagliato, sottolineo solo la complessità di una normativa che deve tenere conto non solo di 500 milioni di persone, ma anche del fatto che queste producono in situazioni e in territori completamente diversi, per cui lo sforzo di armonizzazione certamente non è semplicissimo.
Tuttavia, credo che il problema più grande sia un altro. La ratifica del Trattato non ha entusiasmato molti, neanche in Italia, a livello governativo o parlamentare, ma si è deciso un po' di fare di necessità virtù. Ritengo che oggi sia arrivato il tempo di una pausa dei trattati e, forse, di dedicarsi di più alle politiche, che sono quelle che interessano i cittadini; è necessaria, insomma, una politica di risultati. La preoccupazione che sento più forte a livello politico generale è quella di una ripresa, a tamburo battente e con grande forza, dei nazionalismi, e di vederci avviare con grande forza verso un'Europa delle patrie di degaulliana memoria, invece che verso la costruzione della patria europea. Credo che questo ci debba in qualche modo tenere attenti, al fine di dare il nostro contributo, per quanto possiamo.
L'Unione europea rappresenta una famiglia che, almeno per quanto riguarda le regole, decide all'unanimità, quindi ognuno deve fare la sua parte anche in termini di rapporti di forza e di pressione, facendo però attenzione a non bloccare il processo. Non è vero, infatti, che l'Europa ormai è costruita e non esiste alternativa; ritengo, invece, che la preoccupazione dei nazionalismi, dei protezionismi e del gioco delle capitali (come si vede, ad esempio, in politica estera, ma non solo) sia una preoccupazione che ci deve tenere svegli.
Ringrazio il Parlamento per averci consentito di rafforzare il Comitato intergovernativoPag. 46CIACE (che, peraltro, è stato istituito dalla cosiddetta legge Buttiglione), che stiamo cercando di far funzionare e che credo stia dando risultati notevoli in funzione di coordinamento, ad esempio, dei documenti relativi al risparmio energetico, alle fonti rinnovabili e alle emissioni di CO2. È uno strumento sufficientemente nuovo, che solo ora sarà rafforzato da risorse umane di alta specializzazione, perché - anche sotto questo profilo ha ragione il collega Cassola - un funzionario, magari bravissimo su tutti gli altri temi, ma con scarsa dimestichezza con le istituzioni europee, non ci può aiutare in questa direzione.
Abbiamo anche provveduto ad un'iniziativa che ritengo importante, la cosiddetta «bollinatura» europea dei disegni di legge di iniziativa governativa. A tal riguardo, vi sarà ed è già in atto uno screening di «aderenza» europea, che verrà effettuato prima che un disegno di legge arrivi in Parlamento, analogamente a quanto si verifica con riguardo alla tesoreria e, quindi, alla copertura finanziaria. Credo che si tratti di uno strumento di prevenzione di violazioni comunitarie piuttosto importante.
Informo anche che abbiamo rivitalizzato il Comitato antifrode, il quale comincerà, a mio avviso, a dare buoni risultati già da marzo. Probabilmente riusciremo a chiudere un centinaio di procedure di frode (o meglio di denunce, in quanto le procedure non si aprono mai), con un recupero finanziario di una certa entità.
La casa europea è complessa, in quanto per funzionare necessita dell'apporto di tutti: del Parlamento, delle regioni (come è stato sottolineato), dell'opinione pubblica e del Governo. Credo che ci stiamo muovendo nella giusta direzione, cercando contemporaneamente di far valere le nostre ragioni e di mantenere vivo l'ideale europeo.
Qualunque cosa si voglia dire, io non conosco altro progetto in giro per il mondo che sia stato portatore di pace, nella sicurezza e nello Stato di diritto: ciò con tutti i limiti e l'imperfezione che sono tipici del mondo (non conosco cose perfette!), tuttavia non conosco altro progetto in giro per il mondo che abbia dato questi risultati con lo strumento del diritto e non della potenza, dell'arroganza e della soverchieria.
Questo dobbiamo amare, questo dobbiamo curare, sebbene a volte ci secchi a causa delle sanzioni, delle quote latte e quant'altro. Tuttavia, credo che lo spirito di fondo sia quello cooperativo, che dobbiamo davvero tenere prezioso come elemento costitutivo di una cittadinanza europea (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Verdi e Italia dei Valori).