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Discussione del disegno di legge: Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale (A.C. 1041) (ore 19).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1041)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Ruggeri, al quale mi permetto di segnalare che il tempo a sua disposizione è già stato consumato.
RUGGERO RUGGERI, Relatore. Signor Presidente, desidero ringraziarla per essere stato molto cortese e per avere evitato di essere «fiscale».
Penso di non dover replicare perché sul tema specifico c'è la condivisione di molti colleghi. In particolare, la Commissione ha sempre lavorato in modo bipartisan su questioni che meritavano, in precedenza ed anche oggi, un lavoro comune. Grazie.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, anche se brevemente, in considerazione dell'ora, ritengo doveroso svolgere qualche considerazione poiché gli onorevoli colleghi hanno più volte richiesto l'esplicitazione di un nostro punto di vista su argomenti da loro trattati.
Naturalmente, siamo di fronte ad un disegno di legge dalla portata molto limitata non solo dal punto di vista quantitativo, il che è ovvio, ma anche da quello qualitativo. Originariamente, esso faceva parte di un provvedimento più ampio che ha cominciato il suoi iter parlamentare presso il Senato. Si tratta di un disegno di legge delega che ci permetterà di discutere l'argomento dell'energia, nei due rami del Parlamento, in maniera certamente più ampia e più appropriata di quanto non ci consenta di fare l'esame del disegno di legge n. 1041.
Tuttavia, va precisato che, mediante il disegno di legge in esame, rispondiamo positivamente ad una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee: lo facciamo con urgenza, considerati anche i tempi che sono stati fissati dalla medesima Corte, per evitare di pagare pesanti sanzioni che ricadrebbero sull'erario e, di conseguenza, sui cittadini; lo facciamo nell'unico modo possibile, che è quello di abrogare quanto era stato previsto dal decreto-legge del 2001 e successivamente modificato, con temperamenti, nel 2005. Proprio il tentativo di temperare la norma, operato nel 2005, non è stato considerato sufficiente da parte della Corte di giustizia per far cadere le sue obiezioni. Quindi, l'idea di riproporre una normativa solamente modificativa e non abrogatoria non avrebbe risposto all'emergenza di far fronte alle sanzioni della Corte europea.
È corretto, dunque, dire, come hanno detto alcuni colleghi, che l'approvazione di questo disegno di legge praticamente si presenta come un atto dovuto, il che significa, per ragioni logiche - ma lo voglio sottolineare - che la sua approvazione non pregiudica in alcun modo, né in negativo né in positivo, una più ampia discussione, che va fatta, sulla politica energetica del nostro paese nel contesto internazionale. Questa discussione che dobbiamo fare e che più opportunamente Pag. 135e proficuamente comincerà a prendere corpo sull'altro disegno di legge delega che il nostro Ministero ha già presentato (ed attualmente è al Senato) riguardante la liberalizzazione della fornitura del gas e misure per lo sviluppo della produzione energetica tramite fonti rinnovabili, ci permetterà di entrare nel vivo in un percorso a coronamento del quale, a mio parere, bisognerà giungere a determinare una conferenza nazionale sull'energia, cosa che il precedente Governo non ha fatto, in modo tale da valutare con i diversi soggetti interessati l'effettiva necessità per il nostro paese nonché quanto serve per essere presenti nel mercato internazionale e, quindi, definire un piano energetico nazionale nel rispetto del Protocollo di Kyoto che costituisce un impegno sovradimensionante per tutti i paesi - o almeno dovrebbe esserlo per tutti i paesi -, certamente per il nostro che lo approva.
Dico questo non per sottrarmi a tutti gli stimoli emersi nella discussione, ma per cercare di ricollocarli in un ambito dove possano trovare una migliore soddisfazione. Vorrei però sottolineare che, anche se un po' apoditticamente, non c'è dubbio che la questione energetica è la questione centrale per le politiche dello sviluppo economico su scala mondiale, che diversi soggetti pubblici e privati si stanno riposizionando nel mercato mondiale dell'energia e che il nostro Governo non può stare a guardare passivamente questi fenomeni.
Nello stesso tempo, a me appare chiaro che non si può affrontare la questione energetica con vecchie strumentazioni analitiche, peggio ancora ideologiche. Lo dimostra la vicenda qui richiamata da diversi colleghi del Governo francese e del Governo spagnolo, l'uno per difendere il proprio campione nazionale e l'altro idem, nel caso della Spagna, Endesa.
Richiamo questa circostanza perché i due Governi hanno un colore politico diverso (secondo la logica dell'alternanza, si potrebbe dire persino opposto); eppure entrambi, e con una significativa contemporaneità, hanno deciso di adottare misure forti e in alcuni casi di carattere legislativo per difendere i loro campioni nazionali da tentativi di scalata che derivavano da altri campioni nazionali di altri paesi europei.
Comprendo perciò la preoccupazione che, in modo generale, diversi colleghi hanno espresso, ossia che il provvedimento n. 1041, doveroso per le ragioni che abbiamo già detto, possa disarmare il nostro paese da tentativi di scalata nei confronti delle aziende produttrici di energia. Allora, su questo devo cercare di essere obiettivo e preciso.
L'onorevole Saglia ci ha chiesto come ci comporteremo con la Francia. Salvo invitare gli onorevoli colleghi che desiderano maggiori approfondimenti ad interrogare specificatamente il Governo su questo punto, come ho già fatto in Commissione, posso solo rispondere che sono in corso rapporti tra Enel e Suez e che le azioni intervenute da parte del Governo francese non hanno creato situazioni particolarmente drammatiche nelle relazioni tra i nostri paesi.
Non vi è ombra di dubbio che il provvedimento che vi chiediamo di approvare ha proprio quelle caratteristiche che permettono alle nostre imprese di agire sul mercato internazionale in una condizione di piena e totale legittimità e di acquisire - se riescono - quote o partecipazioni in società estere. Quindi, ciò che oggi facciamo è funzionale a una presenza più attiva dell'Italia nel mercato internazionale.
Nello stesso tempo, l'approvazione di questo disegno di legge non disarma il nostro paese per quanto riguarda la situazione interna. Infatti, come ha ricordato il collega D'Agrò, rimane in vita la norma prevista nella cosiddetta legge Marzano bis: faccio riferimento al comma 29, dell'articolo 1, della legge n. 239 del 2004, che permette al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, entro 30 giorni dalla comunicazione dell'operazione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di definire condizioni e vincoli cui devono conformarsi le imprese o gli enti degli Stati membri interessati allo Pag. 136scopo di tutelare esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti nazionali di energia ovvero la concorrenza dei mercati.
Per onestà, devo dire che vi è anche chi in campo giuridico ritiene - ma non è il parere personale di chi vi parla, se mi è permesso esprimerne uno - che una norma di questo genere non potrebbe essere «agita», senza incorrere in obiezioni, ai sensi del Trattato costituzionale europeo. Tuttavia, la norma rimane in vigore. Essa è, comunque, un deterrente e rappresenta un'eventualità cui possiamo ricorrere e che ci permette, nelle pieghe di una legislazione più ampia e solida, di non rimanere senza la dovuta protezione.
Certamente, concordo sulla necessità di adottare altri provvedimenti all'interno di un piano energetico nazionale, ma evidentemente ciò richiede un'ulteriore discussione e riflessione che consiste esattamente nel governare prestando attenzione ai problemi reali del nostro paese e alla sua collocazione nella politica internazionale.
Detto ciò - come affermava il collega Zipponi, riferendosi con una battuta alla situazione francese - richiamando la norma contenuta nella cosiddetta legge Marzano bis - non pretendiamo di riportare la Gioconda in Italia. D'altro canto, ciò è già stato fatto circa cento anni fa da parte di un imbianchino italiano che la rubò e tentò di venderla in quel di Firenze, nell'hotel che allora si chiamava Tre Scalini e che ora si chiama La Gioconda. L'operazione di questo nostro astuto compatriota è esattamente il valore aggiunto che ha permesso alla Gioconda di essere il quadro più bello del mondo, probabilmente non essendolo di suo, ma a causa di questi avvenimenti storici che hanno arricchito la curiosità mondiale. Ciò per dire che il Governo non intende competere con quello storico imbianchino cui rimarrà per l'eternità questo merito unico e irripetibile.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.