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Sull'ordine dei lavori (ore 11,13).
MARCO BELTRANDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, intervengo per richiamare la sua attenzione ePag. 4quella dell'Assemblea su un fatto di stretta attualità politica accaduto nei giorni scorsi, che è meritevole di qualche spiegazione nonché - come preciserò alla fine del discorso - di un intervento di questa Assemblea.
Mentre la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato, Franco Marini, sta conducendo consultazioni su mandato del Capo dello Stato, per verificare se sia possibile assicurare una continuità a questa legislatura, il Presidente della Camera - lei, Presidente Bertinotti, la terza carica dello Stato italiano - provvedeva a dichiarare ripetutamente la propria opinione, secondo la quale la legislatura sarebbe politicamente morta. A parte la singolare ed inedita distonia con le altre cariche dello Stato, impegnate nel tentativo che ho ricordato, a lasciarci veramente - noi, Radicali della Rosa del pugno - basiti e perplessi è che a pronunciare questa frase sia stato proprio il Presidente della Camera, che ha tra le sue funzioni istituzionali la difesa e la valorizzazione dell'attività di questo organo parlamentare, in ogni frangente e situazione.
Non vi è dubbio che difendere e valorizzare l'attività della Camera dei deputati significa farlo oggi con riferimento alla legislatura in corso e non con riferimento a possibili altre eventuali legislature. Lei, Presidente, ha recentemente e pubblicamente qualificato il suo ruolo come diverso da quello dello Speaker inglese, e ha rivendicato il suo diritto ad esprimere opinioni e valutazioni politiche, diritto che ovviamente non è minimamente - né potrebbe esserlo - in discussione.
Anche ammettendo come propria del nostro ordinamento questa interpretazione del ruolo del Presidente della Camera, tuttavia tale manifestazione del pensiero non può entrare in palese contrasto, come a nostro avviso è accaduto nei giorni scorsi, con i doveri e gli obblighi connessi con la carica di Presidente della Camera. Non si capisce quindi a che titolo abbia pronunciato queste parole, mentre si comprende l'esistenza di un'insanabile contraddizione tra queste opinione politiche espresse e le funzioni e doveri di Presidente della Camera.
Chiedo pertanto, che il Presidente voglia chiarire al più presto in questa sede (che è quella propria) il significato delle sue affermazioni, precisando se e come le ritenga compatibili con il proprio mandato e ruolo istituzionale, oppure se non ritenga di doverle smentire o rettificare. Ritengo che, comunque, quest'Aula abbia il diritto di dibattere e discutere sull'attuale crisi politica e sulle prospettive di questa legislatura che, a nostro modo di vedere, è tutt'altro che morta, anche solo politicamente (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).
LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, ritengo che questo ramo del Parlamento avrebbe dovuto discutere intorno all'articolo 88 della Costituzione, laddove prevede che il Presidente della Repubblica possa sciogliere un ramo del Parlamento. La Camera dei deputati, in altri termini, avrebbe dovuto indagare in quali circostanze possa o non possa essere sciolto un ramo del Parlamento.
Sappiamo che vi sono due precedenti, ma con una Costituzione che prevedeva un diverso assetto dei due rami del Parlamento. Pertanto, essi vanno presi in considerazione, ma con dei limiti. In due circostanze (se non ricordo male una risale al 1958, mentre l'altra non la ricordo, di conseguenza non la cito per non essere inesatto), il Presidente della Repubblica sciolse il Senato della Repubblica permanendo la Camera dei deputati.
Signor Presidente, noi ci troviamo di fronte ad una situazione in cui questo ramo del Parlamento avrebbe dovuto perlomeno prendere in esame tale evenienza. Ritengo, altresì, che lei avrebbe dovuto farlo ed in questo mi trovo d'accordo con il collega che mi ha preceduto (non vi è alcun accordo ed inoltre intervengo a titolo puramente personale, vorrei precisarlo,Pag. 5senza coinvolgere minimamente né il gruppo dell'Italia dei Valori, né quelle che erano le forze del centrosinistra). Ritengo che questa Camera abbia sempre svolto il proprio dovere. Pertanto, secondo la mia modestissima opinione, lei, Presidente, avrebbe dovuto in qualche modo rappresentare questa evenienza, rivendicando alla Camera dei deputati la possibilità di restare al di là del Senato della Repubblica, perché ci troviamo in un periodo di estrema vulnerabilità della politica: quest'ultima, infatti, esercita un ruolo diverso rispetto agli interessi del Paese. Ciò si evidenzia con le prese di posizione di tutte le forze sociali che si rivolgono alla politica ovvero al Parlamento, al Governo ed alle istituzioni dello Stato per chiedere di approvare prima una legge elettorale e poi, eventualmente, andare alle elezioni. Tuttavia, il problema rimane: questo ramo del Parlamento, signor Presidente, ha espresso una maggioranza, mentre il Senato non l'ha espressa.
Pertanto, dovremmo capire ed indagare sulla previsione dell'articolo 88 della Costituzione, ove si prevede lo scioglimento anche di un solo ramo del Parlamento, in questo caso il Senato della Repubblica. Questo lavoro, purtroppo, non lo abbiamo svolto e non ritengo - lo dico pacatamente, rivolgendomi a lei, signor Presidente - che ciò rientri solo nella sua responsabilità, ma anche nella nostra, che non l'abbiamo sollecitata né abbiamo fatto in modo - e vi erano gli strumenti - perché questo dibattito si aprisse nel Paese.
Ritengo che oggi non si possa lasciare il Paese così, in una situazione indefinita e pericolosa. Attenzione: la Corte costituzionale, signor Presidente, ha affermato che l'attuale legge elettorale contiene diversi profili di incostituzionalità.
Pertanto, se il Parlamento non pone rimedio immediatamente a tale situazione rischieremo di insinuare un vulnus istituzionale pericolosissimo, che lascerebbe il Paese in balia di situazioni imprevedibili.
Signor Presidente, la prego di rappresentare tale messaggio (so che potrebbe anche condividerlo, sebbene provenga da un singolo deputato), affinché si guardi a fondo l'articolo 88 della Costituzione e si preveda eventualmente lo scioglimento solo dal Senato della Repubblica e non della Camera dei Deputati.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non intendo muovere alcun rilievo polemico. Mi sembra che la discussione in oggetto sia stata svolta qualche mese fa, quando addirittura un sottosegretario - la cui attività è rivolta generalmente ai servizi segreti - ebbe modo di adoperare termini poco cortesi nei confronti della carica istituzionale che lei rappresenta - quella di Presidente della Camera - oltre che della sua persona, quale onorevole Fausto Bertinotti.
Signor Presidente, lei, come nel caso dei suoi predecessori, da sempre (e non dall'inizio della seconda Repubblica), ha avuto modo di dire - ribadendolo anche nei giorni scorsi - che a suo avviso se non fosse possibile costituire un'ampia maggioranza si dovrebbe ritenere «chiusa» la legislatura. Mi sembra che tali affermazioni siano state già pronunciate dal Presidente Marini, che è il Presidente incaricato, non intendo, quindi, attribuire al Presidente della Repubblica affermazioni simili a queste, che sarebbe semplice andare a trovare.
Ritengo che tali osservazioni siano parte di una polemica politica all'interno di una campagna elettorale che si sta avviando. Tuttavia, credo che esse presentino, in realtà, una sostenibilità ridotta sia rispetto alla lettera, cioè alle affermazioni che lei stesso ha compiuto, sia al diritto che lei, in qualità di Presidente della Camera e di deputato e anche di futuro leader di una coalizione che si contenderà la maggioranza dei voti, ha il diritto e la possibilità di compiere.
SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
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SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, voglio ricordare al collega Volontè che siamo in un regime parlamentare nel quale vi sono due Camere e le prerogative del Parlamento e di un suo ramo vanno salvaguardate anche rispetto a quelle dell'altro ramo del Parlamento. Per quanto ci riguarda, non si apre alcuna campagna elettorale. Noi siamo per la difesa dell'attuale legislatura, delle prerogative del Parlamento, della Camera dei deputati, e direi anche dei singoli deputati che, a norma di Costituzione, siedono in questa Aula (come nell'altro ramo del Parlamento) senza vincolo di mandato.
Ringrazio il collega D'Ulizia per aver ricordato e richiamato una questione posta al Presidente della Camera da un altro collega. Faccio presente che tale questione è stata sollevata in tempo. Infatti, il 25 gennaio scorso, prima delle consultazioni del Capo dello Stato alle quali ha partecipato anche il Presidente della Camera, il collega Bianco ha sollecitato una riflessione sull'opportunità di fare in modo che l'Assemblea discutesse di una questione di grande rilievo che il collega poneva con il richiamo all'articolo 88 della Costituzione, oggi ricordato anche dal collega D'Ulizia.
Il Presidente ha ricevuto quella lettera, così come tutti gli altri deputati. Il collega Bianco sollecitava tale dibattito non perché da esso potesse derivare un atto di indirizzo al Presidente della Camera allorché si recava al Quirinale per le consultazioni, ma perché dal dibattito di questa Assemblea potesse scaturire un consiglio. Ma già il dibattito in sé sarebbe stato opportuno ed è lo stesso che oggi sollecitiamo si svolga in questa sede.
Guardate, colleghi, si sarebbe detto una volta - e anzi è stato detto - che questa è un'Aula vuota e sorda: ci sono pochissimi deputati. Ebbene, stiamo attenti al fatto che quando, in momenti così importanti - mentre una crisi di Governo rischia di portare ad elezioni politiche anticipate e una crisi sta attraversando il Paese e le sue istituzioni -, il Parlamento è vuoto ed è sordo, ciò rischia di essere il preludio per un esautoramento dei Parlamenti, un preludio di fascismi.
C'è già una campagna «sfascista» nel nostro Paese per cui tutti, all'unisono, dicono: «Alle urne! Alle urne!» mentre, in questo momento sarebbe, forse, il caso che il Parlamento discutesse di cosa significhi andare alle urne in un momento in cui sono in crisi non soltanto le istituzioni, ma anche il sistema-Paese.
Signor Presidente, il rispetto dovuto a lei in quanto Presidente della Camera, la stima e, se mi consente, anche l'amicizia personale, che credo reciproca, nei suoi confronti, non possono costituire per me velo a riproporre una questione come quella posta dal collega Beltrandi.
Credo che si tratti di una questione che ha non «una certa» valenza politica e istituzionale, ma una valenza politica e istituzionale certa e che riguarda le prerogative della Camera dei deputati ed anche il suo ruolo, Presidente, come garante di tali prerogative e, lo ripeto, soprattutto quelle dei singoli deputati che operano in questa sede e sono eletti senza vincolo di mandato.
Nel corso dell'ultima settimana, signor Presidente, lei ha preso la parola due volte...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SERGIO D'ELIA. Mi avvio alla conclusione. Ha preso la parola due volte per dire non solo quanto richiamato dal collega Beltrandi, che la legislatura è politicamente finita, con ciò - uso un espressione da lei usata due giorni fa - impropriamente interferendo in un tentativo che la seconda carica dello Stato stava facendo per tentare di trovare una soluzione a questa crisi...
PRESIDENTE. La prego: malgrado la posizione critica nei miei confronti, deve restare nei tempi.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, lei ha anche detto, due giorni fa, che sarebbe improprio - nel caso in cui fallisse il tentativo del Presidente Marini - che vi fosse un altro tentativo. Credo che simili affermazioni le possa fare come presidentePag. 7di un partito politico, ma non come Presidente della Camera dei deputati. Sono un'interferenza anche...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere, sta parlando da oltre un minuto oltre il tempo a sua disposizione.
SERGIO D'ELIA. ...nelle prerogative del Presidente della Repubblica al quale spetta l'ultima parola riguardo al fatto se...
PRESIDENTE. Mi scusi, non perché lei parla criticamente ha perciò diritto a violare il Regolamento! Deve concludere, la prego.
SERGIO D'ELIA. Ho concluso. Ritengo che la sua affermazione di giorni fa secondo la quale sarebbe improprio fare un altro tentativo nel caso fallisse quello di Marini sia un'interferenza nelle prerogative del Presidente della Repubblica, al quale appunto spetta valutare se sia opportuno o meno fare un altro tentativo.
PRESIDENTE. Prego coloro che intervengono di attenersi al Regolamento. Il fatto di esercitare un diritto critico non consente loro di parlare due minuti più del tempo necessario. Naturalmente le critiche possono essere svolte anche nel modo più radicale e forte, ma nel tempo consentito a tutti.
ANTONELLO FALOMI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, a me sembra che si voglia contestare al Presidente della Camera non tanto il diritto di esprimere una valutazione politico-istituzionale, quanto una specifica valutazione, quella, ricordata dal collega Beltrandi, circa una legislatura politicamente morta.
A me sembra che si tratti di una constatazione, di un dato della realtà, il fatto che questa legislatura sia politicamente morta, nel senso che non si intravede la possibilità che si costituisca una maggioranza politica in grado di dare la fiducia ad un Governo in tutte e due le Camere che compongono il nostro Parlamento.
Questo è un dato di realtà - non una valutazione politica - e lo è a tal punto che il Presidente della Repubblica ha assegnato alla seconda carica dello Stato il compito di formare un Governo con un mandato molto preciso e specifico, legato alla possibilità di varare una legge elettorale. Già questo mandato affidato dal Capo dello Stato al Presidente del Senato è la testimonianza che non ci sono le condizioni per una maggioranza politica in questo Parlamento. Si tratta di un dato di fatto nel quale non vedo alcuna violazione di compiti, di prerogative, di funzioni, e non vedo neppure alcuna interferenza nella vicenda della crisi; si tratta semplicemente della constatazione di un fatto, vale a dire il fatto che non esiste la possibilità di costituire una maggioranza politica.
Se voi pensate che questa maggioranza politica esista dite qual è! Però, allo stato, non mi sembra che questa sia la condizione nella quale noi stiamo lavorando. Pertanto ritengo che sostenere che questa legislatura è politicamente morta sia semplicemente la constatazione di un dato di realtà.
BRUNO MELLANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, quanto tempo ho a disposizione?
PRESIDENTE. Cinque minuti, come tutti; non credo che lei faccia eccezione.
BRUNO MELLANO. L'eccezione è nel fatto che glielo chiedo prima per potermi regolare, visto che non ricordavo quanto tempo avessi a disposizione.
Desidero testimoniare in questa sede il disagio di un deputato, di un singolo deputato, che in questi giorni ha seguito le sue dichiarazioni sui mezzi di comunicazionePag. 8di massa. Nell'ultima settimana lei è stato molte volte intervistato, ha avuto molte occasioni di parlare. Ricordo bene il tentativo difficile da lei fatto in una trasmissione di RAI3, Che tempo che fa, circa dieci giorni fa, dove ripetutamente ha tentato di mantenere la «giacca» del Presidente della Camera quando l'intervistatore cercava di farle fare dichiarazioni più politiche e più partitiche. Devo però registrare che nell'ultima settimana lei invece è scivolato nell'errore che non voleva commettere e sempre di più ha espresso dichiarazioni da leader di partito. Ieri sera ho ascoltato dagli importanti «megafoni» del TG5 un estratto della sua dichiarazione resa nella trasmissione in 1/2 h condotta dalla giornalista Lucia Annunziata; lei ha detto che tutti i partiti politici sono per andare alle elezioni immediate perché tutti ritengono che non ci sono più margini. La mia memoria può essere fallace, ma è quanto ricordo di aver sentito ieri sera.
Il mio intervento in questa sede è per ricordarle che quasi tutti i partiti politici ritengono esaurita, forse, questa fase per aprirne un'altra, di disastro e di tragedia istituzionale. La situazione, infatti, ci vedrà forse chiudere anticipatamente questa legislatura per aprirne un'altra, con questa legge elettorale, prevedibilmente altrettanto breve e travagliata. Voglio ricordare a quest'Aula, e da quest'Aula, che il Presidente Prodi ha chiesto ed ottenuto in questa Assemblea una maggioranza ampia; che il Presidente Prodi ha parlamentarizzato la crisi anche contro il volere del proprio partito e di importanti rappresentanti della maggioranza di centrosinistra; che ha reso al Parlamento questo servizio sicché, da parlamentare, io vorrei che quest'Aula, dove esiste una maggioranza, si potesse esprimere.
Ebbene, avrei voluto che la forza e la capacità di intervento che il mio Presidente della Camera ha avuto in questa fase delicata l'avesse utilizzata, come Presidente del Parlamento riunito, per segnalare che il Senato, questo Senato dove è mancata la fiducia al Governo Prodi, è un Senato illegalmente costituito. Lei lo sa bene, c'è un ricorso che è stato deciso nella settimana della crisi in modo inverosimile: tutti i senatori con cui ho parlato confermano che avevamo ragione nel nostro ricorso - ricorso presentato da La Rosa nel Pugno e dagli altri partiti minori, anche contro alcuni senatori eletti nel suo partito - che avrebbe permesso al Senato di avere una maggioranza, risicata ma favorevole al Governo Prodi.
Segnalo a lei il disagio di questa Aula vuota, di questi deputati. Quasi tutti i deputati sono già in giro a fare campagna elettorale, mentre noi siamo qui a ricordare all'Aula i propri diritti e i propri doveri, anche - mi spiace, mi spiace davvero - in contrasto con lei, Presidente della Camera.
DONATELLA PORETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, mi voglio davvero appellare al suo senso dello Stato, che sono certa che lei ha e che però, in questi giorni, almeno apparentemente, è sembrato venire meno.
Credo davvero che il rispetto delle istituzioni, in primis, debba arrivare proprio da quelle istituzioni e da quelle donne e da quegli uomini che, seppur momentaneamente, si trovano a rivestire dei ruoli per rappresentarle.
Il rischio, che mi sembra davvero già evidente uscendo fuori da queste aule, camminando per strada e parlando con le persone, ovunque ci si trovi, è che ci sia uno scollamento davvero pesante tra le istituzioni e i cittadini, che diventerà sempre più grave, proprio per lo Stato di diritto. Il non riconoscersi nelle istituzioni da parte dei cittadini può creare questa situazione.
Che questa legislatura sia politicamente morta può essere certamente detto da qualsiasi leader di partito, da qualsiasi deputato e da qualsiasi senatore. Credo che se a dirlo, invece, è il Presidente di uno dei due rami del Parlamento (quel ramo che, tra l'altro, esprime una maggioranza,Pag. 9e l'ha dimostrato pochi giorni fa), ciò possa costituire una dichiarazione grave.
Sono invece certa che lei, anche per rispondere all'appello che le abbiamo fatto come deputati radicali, che le ha fatto per primo il collega Beltrandi, ma al quale poi si sono aggiunti anche gli altri deputati, vorrà rappresentare il lavoro della Camera dei deputati, quel lavoro che verrebbe interrotto e che verrebbe, per così dire, «buttato a mare».
Sono certa che vorrà appellarsi al senso di responsabilità dei deputati affinché questo lavoro, che abbiamo avviato in questi pochi mesi di legislatura, venga, invece, portato a termine. La ringrazio.
DANTE D'ELPIDIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, intervengo per fare qualche precisazione, perché quando ascolto in quest'Aula che c'è una maggioranza politica, almeno in un ramo del Parlamento, mi interrogo, in qualità di rappresentante di un partito politico, i Popolari-Udeur, che ha inteso ritirare quella fiducia che aveva espresso all'epoca della formazione di questo Governo, sul senso di una maggioranza che, all'epoca, si è formata anche grazie al contributo di un piccolo partito; un piccolo partito che subito dopo le elezioni magari viene ignorato, trattato male, poco considerato, ma - ricordiamo - è un partito che ha contribuito, con circa 600 mila voti, al successo del centrosinistra, che ha vinto con uno scarto minimo, ridotto.
Se questa maggioranza è anche frutto, in questo ramo del Parlamento, di un premio di maggioranza che è stato raggiunto grazie anche al nostro contributo, ci si deve interrogare su cosa accada in termini di maggioranza politica quando un partito ritira la propria fiducia.
Non voglio fare il matematico, ma ritengo che in seguito all'uscita dalla maggioranza di un partito che ha contribuito fortemente alla vittoria elettorale, visti gli scarti ridotti e il modo con il quale questa vittoria è stata conseguita, almeno alla Camera, ci si debba interrogare su cosa significhi oggi maggioranza politica.
Anche noi, poi, possiamo concordare - e concordiamo - sul fatto che ci sia bisogno di una legge elettorale nuova, diversa; ma penso che, se facessimo una verifica, potremmo trovarci tutti quanti d'accordo sul fatto che ci voglia una nuova legge elettorale.
Se oggi avvenisse il miracolo - e da abruzzese faccio il tifo per il Presidente Marini -, non basterebbe comunque, perché ci si dovrebbe confrontare su un altro tema, cioè su quale riforma elettorale adottare. Potrei dire che sono d'accordo come rappresentante dei Popolari-Udeur su una nuova riforma elettorale, ma certamente non posso essere d'accordo e votare favorevolmente su tutte le proposte di riforma elettorale che mi si dovessero presentare ovvero quelle che abbiamo esaminato, dalla bozza Chiti alla bozza Bianco a tutte quelle proposte che per alcuni versi erano convincenti e per altri, almeno per il nostro modo di vedere, per la nostra realtà, per il nostro partito, completamente inaccettabili.
Concludo quindi affermando che non basta una maggioranza per fare la riforma elettorale: ci vuole una maggioranza per approvare una riforma elettorale che vada bene un po' a tutti, con i numeri di cui una riforma, se la si vuole fare con una gran parte dei rappresentanti che siedono in questo Parlamento, necessita per essere condivisa, accettata e andare bene. Su ciò abbiamo le perplessità che abbiamo sempre manifestato: non vediamo all'orizzonte una proposta di riforma elettorale della cui bontà possiamo convincerci. E quindi, nostro malgrado, prendendo atto di tutte le difficoltà e sperando in una maggiore capacità successiva, in una prossima legislatura, di prendere in mano seriamente il problema, affermiamo che nel momento in cui non intravediamo all'orizzonte una maggioranza politica capace di approvare una legge elettorale che soddisfi un po' tutti (e in questo caso parlo almeno per ilPag. 10mio partito) è meglio che si torni a dare voce agli elettori, che così potranno regolarsi di conseguenza.
MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono d'accordo, molto d'accordo con il metodo utilizzato dal collega Falomi, pur non essendo d'accordo nel merito. Egli afferma: «constatiamo». Ebbene, facciamolo dunque in un dibattito pubblico in quest'Aula del Parlamento che, come è stato ricordato, ha dato una maggioranza al Presidente Prodi. E allora forse, se c'è chi è interessato a constatare con quale legge elettorale andare alle elezioni, noi vorremmo fare altre constatazioni e un altro dibattito: per esempio, vorremmo constatare se sia vero che queste elezioni anticipate costano trecento milioni di euro, grazie al fatto che con una leggina approvata all'unanimità da questa Camera, da questo Parlamento, e dal Senato quando i radicali non erano presenti, al termine della scorsa legislatura, comunque, anche se la legislatura viene interrotta, i partiti continueranno a prendere il finanziamento pubblico. Noi vorremmo constatare, in un dibattito politico in quest'Aula, cosa vogliano dire le affermazioni del Commissario europeo Almunia dell'altro giorno, quale sarà il costo per il nostro Paese di una legislatura interrotta a due anni da un tentativo minimo di risanamento, ma che a detta delle istituzioni europee, sempre ipercritiche nei confronti del nostro Paese, è necessario portare avanti. Ecco, noi decidiamo che ciò non è più necessità del Paese: diventa necessità di dibattito e di scontro politico.
Ci sono poi altri aspetti meno importanti, ma comunque importanti. Signor Presidente, a proposito dei Regolamenti, lei ricorderà bene quanto ci aveva detto l'anno scorso riguardo alla legge finanziaria: abbiamo ripetuto l'errore. Dobbiamo parlare della Giunta delle elezioni? Le potrei dire che alcuni giorni fa un senatore, che da due anni sedeva sia nel consiglio di amministrazione dell'ENI sia sugli scranni del Senato della Repubblica, si è dimesso dopo una nostra iniziativa politica, non certo perché la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari gli ha fatto presente che c'era una incompatibilità manifesta. Peraltro, a richiesta ci è stato risposto che il dossier era segretato da parte di quella Giunta. Dovremmo fare l'elenco di quello che ancora oggi, a due anni dalle elezioni, è in calendario presso la Giunta delle elezioni di questa Camera, e vorremmo ripetere subito questi errori uno dietro l'altro?
Signor Presidente, la necessità di questo dibattito viene proprio dalle sue parole. Lei ha affermato che, se il Presidente Marini dovesse fallire, sarebbe improprio far seguire un altro tentativo; noi pensiamo che il tentativo sia quello della politica, non quello delle oligarchie, e che ciò significhi svolgere un dibattito in questa sede e far dibattere deputati.
È passato molto tempo da quando in quest'Aula si è compiuto il tentativo di svolgere un dibattito, come quello che abbiamo cercato di instaurare questa mattina, con delle riflessioni svolte su fatti e costi concreti che riguardano il Paese. Tale riflessione non può essere lasciata alle dieci persone che hanno nominato questo Parlamento, con l'interesse prioritario di essere le stesse dieci che nomineranno il prossimo, non per consentire ai cittadini di scegliere, ma per creare le premesse affinché il successivo Parlamento sia ancora più sotto controllo e al fine di permettere ai due grandi gruppi di svolgere un dibattito a due, realizzando quel tentativo - non vogliamo chiamarlo inciucio, ma compromesso storico - di rendere pubblico ciò che accade normalmente; ossia che in pubblico si litiga ma poi nel privato si trovano gli accordi, le spartizioni continuano e questo Parlamento viene, di fatto, esautorato non solo dei propri poteri, ma anche della rappresentazione, attraverso il voto, di una volontà politica (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
Pag. 11PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, vorrei ringraziarla per le parole usate nei confronti del presidente Berlusconi, dandole atto di una sensibilità umana che abbiamo apprezzato molto.
Il dibattito breve che si è svolto in quest'Aula, seppure legittimo, nasce da un attacco che in qualche misura, signor Presidente, consideriamo strumentale nei suoi confronti, e dà un po' la misura della situazione politica che abbiamo di fronte. La posizione del mio gruppo al riguardo è nota; peraltro, in una seduta come questa, con questa presenza di deputati e con l'ordine del giorno che reca le comunicazioni del Presidente, non ritengo opportuno intervenire nel merito, considerato anche che le consultazioni sono in corso e le decisioni sul da farsi dal punto di vista costituzionale spettano al Capo dello Stato. Ciò detto, sta di fatto che nei circa otto interventi che abbiamo ascoltato sono state espresse posizioni diverse; anche questo dà la misura di una situazione politica sulle cui valutazioni vi possono essere opinioni divergenti, e dal punto di vista politico anche confliggenti, sull'esito della durata legislatura, sull'opportunità o meno di prolungarla, sull'interesse di alcuni movimenti, partiti e schieramenti di portare avanti la legislatura e su quello di altri che ritengono più opportuno per il Paese andare alle urne. Certamente vi è la differenza sana tra coloro che hanno opinioni diverse su quale sia l'interesse generale; vi è chi crede nell'interesse generale a portare il Paese alle urne, e chi, invece, la pensa in maniera diversa (o può avere un interesse diverso, peraltro legittimo) e ritiene che vi sia un interesse generale a mantenere in piedi la legislatura.
Credo che in questo momento ciò non sia oggetto di una deliberazione da parte di quest'Aula, e che, rispettosamente, dovremmo attendere l'esito delle consultazioni che sono state avviate dal Presidente del Senato e che, peraltro, sono in corso proprio in queste ore. In questo senso ritengo rispettoso, non solo nei confronti della Presidenza della Repubblica, ma anche nei confronti della Presidenza della Camera, non unirmi alle considerazioni che sono state svolte da alcuni colleghi, seppure in maniera legittima, ma con un metodo, nonché, per altri aspetti - come si è colto in alcuni interventi - con un merito, che non condivido. Questa, signor Presidente, questa è la mia posizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Certamente il Parlamento e la Camera dei deputati in particolare possono discutere dell'articolo 88 della Costituzione, ma ciò nell'ambito delle proprie prerogative, ovvero per valutare eventuali modifiche alle disposizioni costituzionali attraverso il procedimento di revisione costituzionale. Quanto, invece, all'esercizio del potere di cui all'articolo 88, esso, come è noto, rientra nell'esclusiva prerogativa del Capo dello Stato che la esercita al di fuori di qualsiasi dialettica con le Camere, che sono il soggetto passivo delle valutazioni relative allo scioglimento.
In questo quadro il parere dei Presidenti della Camera prescinde, per norma e per prassi costituzionale assolutamente costante, dalla definizione degli indirizzi da parte dell'Assemblea, essendo tale responsabilità (quella cioè di parere nella consultazione) rimessa ai Presidenti della Camera e del Senato. Ci siamo così attenuti ad una regola di pieno rispetto delle prerogative del Presidente della Repubblica in merito allo scioglimento delle Camere, una forma di rispetto che si è manifestata anche ripetutamente nell'apprezzamento per la linea di condotta del Presidente della Repubblica, alla cui saggezza istituzionale è affidata la scelta in questione.
Del resto, la mia personale posizione nella consultazione, al di fuori dal sostegno al tentativo del Presidente del Senato, è stata più volte manifesta ed espressa. Posso assicurare anche in questo luogo che nessuna differenza di opinione si è mai appalesata tra i Presidenti della Camera e del Senato. Anzi, penso che anche in questa vicenda la totale consonanza reciprocamente manifestata, anche informalmentePag. 12nei giorni scorsi, tra le due Presidenze, costituisce un elemento utile al corso degli eventi dal punto di vista anche della correttezza istituzionale e della capacità di offrire al Paese un punto di riferimento solido in un momento di crisi come questo.
Ritengo che a coloro che hanno criticato la posizione da me espressa sia sfuggita la differenza tra «politicamente» e «istituzionalmente». Potrei argomentare diffusamente l'affermazione in ordine alla conclusione della legislatura dal punto di vista politico, ma mi sembra che valga la constatazione di fatto: a conferma di ciò, è stato affidato un incarico per valutare l'ipotesi di un Governo istituzionale, questione ancora aperta, che il Presidente Marini dovrà verificare con il Presidente della Repubblica.
Ritengo, pertanto, di avere assunto una posizione del tutto compatibile con il ruolo di Presidente della Camera e coerente con l'ispirazione che fin dall'inizio ho assegnato a tale ruolo e considero la polemica del tutto infondata, seppur legittima. Anche per tale ragione ringrazio gli esponenti di maggioranza e di opposizione che hanno riconosciuto la correttezza del mio ruolo.