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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 febbraio 2008, n. 24, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative nell'anno 2008 (A.C. 3431-A) (ore 21,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 febbraio 2008, n. 24, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative nell'anno 2008.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3431-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Amici, ha facoltà di svolgere la relazione.
SESA AMICI, Relatore. Signor Presidente, il testo che perviene all'Aula reca delle disposizioni urgenti relative allo svolgimento contestuale delle elezioni politiche e di un turno ordinario delle elezioni amministrative ed interviene anche con urgenza in riferimento ad alcuni degli inconvenienti emersi nelle consultazioni politiche del 2006.
La I Commissione affari costituzionali già questa mattina ha avuto modo di avere una discussione anche di merito sugli otto articoli che costituiscono il decreto-legge. In particolare, vorrei sottolineare, anche per la brevità con cui vorrei affrontare questa relazione, tre aspetti. Da un lato, si è teso ad agire sul procedimento di tipo elettorale e, dall'altro lato, a dare una coerenza costituzionale all'esercizio del diritto al voto intervenendo su alcune forme specifiche: all'articolo 1 si prevede un procedimento elettorale funzionale soprattutto per il voto degli italiani residenti all'estero; all'articolo 2 si prevede la possibilità di garantire l'esercizio del voto dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio e per missioni internazionali.
L'articolo 1, che disciplina il diritto di voto all'estero, modifica in alcune parti anche in maniera sostanziale la legge n. 459 del 2001. Le modifiche riguardano: l'elevazione da tre a sei del numero dei magistrati dell'ufficio centrale; una specifica modalità di spedizione del plico con una busta per mezzo di posta raccomandata; soprattutto, un aumento dei seggi elettorali. Per favorire un migliore accesso da parte dei cittadini italiani residenti all'estero i seggi vengono infatti previsti per un minimo di duemila ed un massimo di tremila elettori, anziché ogni cinquemila come prevedeva la legge n. 459 del 2001. Si è anche stabilita una diversa composizione dell'ufficio elettorale, dove viene ammessa la figura del segretario in aggiunta ai quattro scrutatori. Viene eliminata nella scheda, allegata al decreto-legge, la dicitura della firma dello scrutatore nel retro che era contemplata dalla legge n. 459 del 2001.
L'articolo 2 regolamenta l'esercizio del diritto di voto dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio e in missione internazionale. Questo articolo mette ordine - mi permetto di usarePag. 111questa espressione - ad una serie di questioni che si sono presentate più volte nel corso delle consultazioni elettorali in caso di cittadini italiani impegnati nello svolgimento di missioni (in particolare gli appartenenti alle Forze armate e alle forze di polizia in missione internazionale). Il testo agisce sull'aspetto organizzativo e, soprattutto, di procedura e permette, dentro questa dinamica, di avere due tipi di certezza. Da un lato, le Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, se sono già effettive sul territorio in grandi unità (reggimenti, battaglioni o unità navali) esercitano il diritto di voto per corrispondenza per la circoscrizione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in cui è compreso il comune in cui hanno sede i rispettivi battaglioni nazionali. Per tutti gli altri componenti delle Forze armate viene prevista una domanda di comando: essi possono esercitare il diritto di voto, sempre per corrispondenza, relativamente alla circoscrizione che comprende il comune di Roma.
Per quanto riguarda, invece, i dipendenti delle amministrazioni dello Stato, il voto viene esercitato per corrispondenza con una domanda che permette anche una precisa anagrafe delle persone che risiedono per motivi di lavoro all'estero. È previsto che l'incarico sia superiore a sei mesi e che possano esercitare il diritto di voto qualora si trovino all'estero nei tre mesi antecedenti alle elezioni.
Saranno gli uffici consolari ad adottare una procedura molto precisa, non solo per le modalità di esercizio del voto, ma anche a garanzia della segretezza dello stesso e, soprattutto, della parte dello scrutinio.
L'articolo 3 prevede la presenza negli uffici elettorali degli osservatori elettorali internazionali, che, in conformità agli impegni assunti dall'Italia nell'ambito dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, non possono in alcun modo interferire con le operazioni di svolgimento del voto e hanno, quindi, una funzione di verifica della legittimità delle operazioni.
L'articolo 4 è uno degli articoli che presenta una serie di elementi di problematicità, rilevati anche dal Comitato per la legislazione, e proprio durante la discussione in Commissione si è voluto sottolinare che, nella discussione sulle linee generali, ma anche nel corso dell'esame degli emendamenti, vi sarebbe stata la possibilità di ritornare nel merito.
In particolare, l'articolo 4 introduce ed amplia in maniera diversa l'articolazione dell'articolo 18-bis, comma 2, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati per quanto riguarda la sottoscrizione da parte di alcuni soggetti.
L'articolo 4 prevede esclusivamente per le elezioni politiche per il 2008 - sembra volersi limitare esclusivamente a questa scadenza - che nessuna sottoscrizione è richiesta per liste presentate da partiti o gruppi politici presenti in una delle due Camere o al Parlamento europeo alla data di entrata in vigore del decreto-legge e che abbiano al proprio interno almeno due componenti.
È del tutto evidente che questo articolo riguarda un tema più volte discusso prima della modifica di questa disciplina: il provvedimento non deve costituire in alcun modo un privilegio o determinare elementi di disuguaglianza tra i partiti e i gruppi politici; ma nella discussione che abbiamo svolto, mi sembra che il decreto-legge, intervenendo proprio su quel comma che aveva già modificato la disciplina relativa alla sottoscrizione, a giudizio anche della relatrice che ha questo mandato, tenda invece a prendere atto di una «costituzione materiale», che è quella dei partiti che sono costituiti in gruppi parlamentari, ma anche della presenza di una rappresentatività di ordine politico.
È del tutto evidente che sono stati presentati alcuni emendamenti e ci riserveremo nel corso della discussione un elemento importante di valutazione, sapendo - lo voglio ricordare - che questo decreto-legge nasce anche da un richiamo non solo formale, ma molto sostanziale del Presidente della Repubblica, che ha sempre voluto che, su queste materie, ci fosse una condivisione piena da parte delle forze di maggioranza e di opposizione,Pag. 112nella consapevolezza che stiamo agendo a Camere sciolte e che proprio l'equilibrio di questo testo deve contemplare al suo interno un elemento di lealtà politica - voglio chiamarla così - nell'assunzione delle responsabilità di fronte a un provvedimento di urgenza.
L'articolo 5, relativo al cosiddetto election day, permette di accorpare il turno ordinario delle elezioni amministrative, che in genere cade tra il 1o aprile e il 15 giugno, con l'anticipo della consultazione politica.
In questo articolo sono poste due questioni. Da un lato, c'è l'accorpamento, che risponde a una domanda, credo, importante da parte degli enti locali: evitare, nel momento in cui si apre la possibilità di questa finestra, che ci sia un lungo commissariamento per le elezioni e, soprattutto, evitare che i cittadini trovino proprio nell'ente locale un elemento di mancata risposta in lunghi periodi di commissariamento prefettizio; dall'altro, c'è un tentativo, anche in questa occasione, pur in presenza di modalità di voto diverse, di avere un risparmio, che non è semplicemente una risposta demagogica, ma una riduzione concreta di spesa per quanto riguarda le consultazioni.
Questo articolo disciplina, inoltre, in maniera netta e precisa il fatto che le dimissioni dei sindaci e dei presidenti di provincia che vogliano candidarsi debbono essere rassegnate entro il 27 febbraio e che quelle presentate entro i sette giorni successivi alla data di scioglimento delle Camere divengano efficaci ed irrevocabili il 26 febbraio. Infine, l'ultimo comma si occupa dei comuni sciolti per mafia.
L'articolo 7 delinea, invece, la copertura finanziaria del provvedimento: in proposito, nella discussione di questa mattina in Commissione è stata assunta da parte del relatore una condizione posta dalla Commissione bilancio che quantifica nel fondo ordinario, dai fondi da ripartire, una quota molto precisa (da questo punto di vista, vi è il bisogno di rendere più esplicito il costo complessivo).
L'articolo 8 disciplina, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge, fissandola per il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ALESSANDRO PAJNO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'illustrazione del contenuto del provvedimento è stata fatta in modo efficace dal relatore, onorevole Amici, cosicché posso limitarmi a rilevare taluni profili sistemici che esso presenta.
Nel suo complesso, questo provvedimento - come si ricordava poc'anzi - è volto a superare taluni inconvenienti emersi in occasione delle precedenti consultazioni politiche del 2006, e, nel contempo, a disciplinare lo svolgimento contestuale delle elezioni politiche e del turno ordinario annuale delle elezioni amministrative del 2008.
Già l'impostazione del provvedimento evidenzia il fatto che il suo oggetto specifico è quello di produrre un miglioramento della funzionalità del procedimento elettorale, senza che per questo vi sia un intervento oggettivo sulla materia elettorale in senso stretto, cioè sul procedimento di trasformazione dei voti in seggi (che, secondo la dottrina, costituendo il nocciolo duro della materia elettorale, ricade nella riserva d'Assemblea).
Lo scopo del provvedimento è, dunque, da una parte, quello di incrementare l'effettività del diritto costituzionale all'esercizio del voto e, dall'altra, quello di calare tale diritto nella particolare situazione che si è venuta a creare a seguito dello scioglimento delle Camere e delle conseguenti elezioni anticipate: in altri termini, si tratta di storicizzare e rendere concreto tale diritto anche nella presente circostanza.
Proprio al miglioramento qualitativo dell'esercizio del diritto di voto, con riferimento a specifiche categorie di cittadini, mirano le prime due norme contenute nel provvedimento. La prima - lo si è ricordato -Pag. 113è quella riguardante i cittadini italiani residenti all'estero: vengono, infatti, eliminate alcune anomalie che erano contenute nella legge n. 459 del 2001 e talune altre che si erano manifestate in relazione al corretto esercizio del voto. La seconda è quella contenuta nell'articolo 2, che regolamenta l'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio o per missioni internazionali. Questa possibilità viene concessa alle categorie di soggetti già ricordate dal relatore attraverso una griglia duplice: da una parte, si prevede la possibilità del voto per corrispondenza per i militari presenti all'estero per certi periodi di tempo, se già effettivi a grandi unità, reggimenti, battaglioni e equivalenti o unità navali; dall'altra parte, si prevede la possibilità dell'esercizio del voto per corrispondenza per coloro che, alla data della convocazione dei comizi, si trovino in determinate situazioni, in modo tale che questi soggetti, se desiderino avvalersi di tale diritto, possano fare tempestivamente presente questa indicazione.
Vengono, altresì, previsti taluni adempimenti da parte degli uffici consolari e altri adempimenti finalizzati a rendere effettivamente certo l'esercizio del diritto di voto, facendo sì che ai cittadini pervenga il materiale elettorale necessario: in proposito, vengono previste norme direttive per quanto riguarda le notifiche e le comunicazioni effettuate mediante gli uffici postali.
L'articolo 3 ammette, invece, la presenza, presso gli uffici elettorali di sezione, degli osservatori elettorali internazionali, in conformità agli impegni assunti dal nostro Paese in sede OSCE.
L'articolo 4, dal canto suo, adegua le condizioni per l'esercizio del diritto elettorale alla situazione oggi esistente, stabilendo - esclusivamente per le elezioni politiche del 2008 (si tratta, dunque, di una norma che viene dettata specificamente per la prossima consultazione elettorale) - che nessuna sottoscrizione venga richiesta per le liste presentate da partiti o da gruppi politici presenti in una delle due Camere o al Parlamento europeo al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge.
Tale previsione di deroga alla disciplina vigente - deroga limitata alle elezioni del 2008 - è motivata dal contestuale svolgimento delle elezioni politiche e delle elezioni amministrative, dall'avvenuto scioglimento anticipato delle Camere e dal conseguente incremento di adempimenti connessi ai procedimenti elettorali che i partiti politici o i gruppi politici sono chiamati ad espletare.
L'articolo 5 prevede poi lo svolgimento contestuale delle elezioni politiche con il turno annuale ordinario delle elezioni amministrative 2008, stabilendo che queste possano svolgersi tra il 1o aprile e il 15 giugno del 2008. L'accorpamento delle elezioni, che è una pratica conosciuta spesso anche in Paesi diversi dal nostro, corrisponde non soltanto ad un'esigenza di risparmio, ma anche all'esigenza di semplificazione del procedimento elettorale, attraverso l'indicazione di un election day, ed all'esigenza sostanzialmente di limitare al massimo l'utilizzazione degli edifici scolastici, in modo da sottrarli per il minor tempo possibile al loro uso naturale; si tratta, infatti, di edifici dedicati appunto alle esigenze del sistema di istruzione.
Vengono, poi, disciplinate le conseguenze di tale accorpamento e vengono chiarite - come è stato già ribadito dall'onorevole Amici - le conseguenze con riferimento alle questioni legate alle dimissioni del sindaco o del presidente di provincia che vogliano eventualmente candidarsi e in sostanza la disciplina prevista per i comuni sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso.
Pare rilevante anche la disciplina che è volta ad evitare l'esistenza di lunghi commissariamenti prefettizi, e quindi a favorire che il periodo di commissariamento sia limitato al più breve tempo possibile.
Al fine poi di consentire un miglior funzionamento delle commissioni elettorali circondariali, l'articolo 6 prevede che il prefetto designi al presidente della corte di appello, per assicurare comunque il quorum funzionale alla predette commissioniPag. 114elettorali, funzionari statali da nominare componenti aggiunti, che possano partecipare ai lavori in caso di assenza o di impedimento dei componenti titolari o supplenti.
L'articolo 7 riguarda invece, come è stato detto, la disciplina finanziaria. Nel complesso si tratta di norme che, o rendendo più certo il diritto costituzionale di voto per alcuni cittadini e per alcune categorie di cittadini, o rendendo più facili i procedimenti organizzativi e gli adempimenti necessari, mirano - come ho detto - a garantire in modo più sostanziale l'effettività di un diritto costituzionale qual è il diritto di voto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Forgia.
Ne ha facoltà.
ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, abuserò nella misura minima possibile della vostra pazienza, e quindi mi limiterò ad esprimere alcuni apprezzamenti circa le diverse, molteplici disposizioni contenute in questo decreto-legge, che sono state con tanta precisione or ora illustrate e commentate dalla relatrice Amici e dal sottosegretario Pajno.
La mia prima considerazione ovviamente si riferisce alla decisione più rilevante e più visibile: quella di accorpare in un'unica tornata le elezioni politiche del prossimo aprile ed il rinnovo delle amministrazioni locali previsto, o da prevedersi, per la primavera del 2008.
Questa scelta fu indicata con favore e fu suggerita insistentemente dalle forze della maggioranza sin dal momento dello scioglimento delle Camere, ma è importante, in materia così delicata, che il Governo abbia potuto giungere all'approvazione del decreto-legge potendo contare anche sull'assenso dell'opposizione.
Gli effetti virtuosi dell'accorpamento sono molteplici ed evidenti, tra cui, certamente, un abbattimento dei costi in misura tutt'altro che irrilevante: per citare solo il riferimento dell'accorpamento delle elezioni amministrative ed europee nel 2004, ricordo che il Ministro Pisanu ebbe allora a stimare il risparmio in oltre 400 milioni.
Questi sono sicuramente costi della democrazia, e non una voce dei costi, talora discutibili e in generale assai discussi, della politica. Tuttavia, possiamo valutare molto positivamente questo risparmio giacché esso viene ottenuto senza danno, ma anzi con vantaggio per il procedimento elettorale; gli elettori potranno concentrare in unico atto l'esercizio del diritto-dovere di voto e certamente dall'accorpamento si avvantaggerà lo svolgimento delle attività scolastiche.
Vi sono ulteriori aspetti positivi che desidero sottolineare: mi riferisco, innanzitutto, alla modifica delle modalità di svolgimento del voto dei cittadini italiani residenti all'estero, introdotte al fine di rimuovere le difficoltà organizzative che si sono manifestate nelle circoscrizioni Estero in occasione delle precedenti elezioni politiche. Si tratta, in questa materia, dell'unica ipotesi in cui il provvedimento in esame apporta delle modifiche, per così dire, a regime del procedimento elettorale, intervenendo direttamente sulla legge n. 459 del 2001.
Inoltre, esprimo apprezzamento per quanto concerne il voto dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio in missioni internazionali: il decreto-legge interviene in una materia in cui manca un'organica disciplina legislativa e, così facendo, il Governo ha agito non soltanto opportunamente, ma direi doverosamente, tutelando il diritto di voto dei connazionali che si trovano temporaneamente all'estero. Ovviamente, in primo luogo, tutti noi pensiamo ai militari impegnati nelle missioni internazionali nell'esercizio del loro dovere di cui abbiamo ragionato sino a poco fa nella precedente discussione sulle linee generali.
Considero altrettanto importanti le misure volte a ridurre la durata dei commissariamenti degli enti locali, in particolare, nel caso in cui le cause di scioglimento siano diverse dalla scadenza del mandato.Pag. 115
Accanto ai numerosi profili positivi del decreto-legge vi è, forse, un elemento critico che vale la pena di affrontare esplicitamente: mi riferisco alla possibile obiezione circa l'illegittimità di un decreto-legge concernente la materia elettorale. Per guadagnare tempo e anche per assumere un punto di riferimento che credo sia per tutti noi rilevante, a questo proposito richiamo il fatto che negli ultimi due anni della precedente legislatura il Comitato per la legislazione ha espresso il proprio parere su diversi decreti-legge attinenti la materia elettorale, fissando alcuni orientamenti in materia ed affermando - cito testualmente - che «disposizioni aventi una finalità limitata volta a regolare aspetti di carattere organizzativo non appaiono in contrasto, anche sulla base di numerosi precedenti, con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988». Detto con parole riferite al caso nostro e più brutali, una cosa è adottare una decretazione d'urgenza in materia di formule elettorali e di meccanismi di conversione di voti in seggi - che è impossibile - altra cosa è regolamentare aspetti procedurali ed organizzativi finalizzati al corretto e più efficace svolgimento delle operazioni elettorali. A tal riguardo, la scelta di indire un'unica tornata elettorale rientra sicuramente sotto questa caratterizzazione. Ma al tempo stesso il Comitato per la legislazione ha affermato - cito nuovamente - che «disposizioni che incidono più in profondità sulla materia elettorale presentano profili invece problematici e suscitano perplessità»; in particolare, il Comitato per la legislazione ha espresso perplessità circa la presenza anche di disposizioni che disciplinino aspetti quali la presentazione delle liste e delle candidature, nonché le cause di ineleggibilità.
Come abbiamo ascoltato e come sappiamo, accade effettivamente che il provvedimento in esame preveda che per la presentazione delle liste di candidati la sottoscrizione non sia richiesta per le liste rappresentative di partiti o di gruppi politici già presenti con due rappresentanti in una delle due Camere, ovvero presenti con due rappresentanti del Parlamento europeo alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Questa norma - come sappiamo - è stata oggetto di una notevole attenzione da parte del Governo, discussa dai mass media e dall'opinione pubblica. Il Consiglio dei Ministri aveva inizialmente previsto una norma più restrittiva, poi su sollecitazione di forze politiche - come ha detto l'onorevole Amici, anche in qualche modo sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica - la regola dei due parlamentari europei è stata per continuità estesa anche alla presenza nelle due Camere nazionali esclusivamente per le elezioni politiche di quest'anno. Si tratta di una limitata deroga alla disciplina in vigore che pare a me sufficientemente motivata dallo svolgimento contestuale delle elezioni politiche e amministrative e dall'incremento inevitabile degli adempimenti connessi ai procedimenti elettorali che i partiti e le organizzazioni politiche sono chiamati ad affrontare.
In ogni caso deve essere sottolineato - questo mi convince molto - che la norma risponde ad una logica inclusiva, dettata dalla condivisibile volontà di ampliare il numero dei soggetti esentati dalla raccolta delle firme, agevolando in questo modo la partecipazione e la non discriminazione tra i soggetti politici, nel rispetto (si potrebbe persino dire) del dettato costituzionale, in particolare degli articoli 3 e 51 della nostra Costituzione.
Svolgo solo queste considerazioni per esprimere, a nome del mio gruppo, l'atteggiamento di piena condivisione al disegno di legge di conversione sottoposto al nostro esame (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, l'onorevole Amici, il sottosegretario Pajno e, da ultimo, il collega La Forgia hanno espresso delle considerazioni convincenti in relazione al disegno di legge di conversionePag. 116del decreto-legge relativo a norme in materia elettorale. Trovo convincenti le considerazioni relative, ad esempio, all'accorpamento delle elezioni amministrative e politiche, non solo per una possibilità di risparmio del denaro pubblico (motivo molto importante), ma anche perché - come ricordava l'onorevole La Forgia -, disciplinando in maniera differenziata rispetto al passato le date in cui si potevano svolgere le elezioni amministrative, si consentirà, con successivi provvedimenti da parte del Governo, questo accorpamento denominato «election day».
L'onorevole Boato in Commissione giustamente ha ricordato che il disegno di legge in esame non istituisce già l'election day, ma semplicemente consente la possibilità per il Governo di accorpare le elezioni stesse con ulteriori interventi.
Voglio richiamare la seconda considerazione svolta dall'onorevole La Forgia perché la condivido, ovvero l'intenzione di evitare il commissariamento, che non sarebbe dovuto a motivi eccezionali ma semplicemente al fatto che i sindaci o i presidenti delle province decidono di candidarsi alle elezioni. Quindi, in tal modo non si infligge ai comuni e alle province un anno di commissariamento.
Pertanto, da questo punto di vista, rispetto all'obiezione che ho ascoltato in Commissione stamattina circa la differenziazione dei sistemi elettorali per quanto riguarda comuni, province e Parlamento, credo che tale differenziazione non impedirà al popolo italiano, ai cittadini e alle cittadine italiane - che io credo persone assolutamente mature, in grado di distinguere le schede e di non incorrere in errori dovuti al moltiplicarsi delle schede elettorali, come succederà sicuramente - di esprimere il voto correttamente. Quindi, a mio avviso, possiamo essere sicuri che la cittadinanza sarà in grado di esprimere, anzi probabilmente di utilizzare in maniera bilanciata ed equilibrata le diverse schede elettorali.
Il secondo argomento che vorrei trattare riguarda l'utilizzazione del voto per corrispondenza per gli italiani momentaneamente all'estero, che ritengo corretta.
Vorrei richiamare un aspetto relativo alla disciplina riguardante gli italiani residenti permanentemente all'estero: ricordo che l'onorevole Boato, nella discussione del provvedimento volto a riconoscere agli italiani residenti all'estero il diritto di voto, suggerì di utilizzare lo strumento del voto per corrispondenza onde evitare quelle molteplici disfunzioni che puntualmente si sono realizzate nel corso delle passate elezioni del 2006 (quando la questione sull'utilizzazione delle schede, su chi dovesse possederle e su come si dovesse votare ha suscitato moltissimi problemi, fino a porre in discussione la legittimità delle votazioni che si sono svolte all'estero).
Voglio ribadirlo, perché Rifondazione Comunista ha assunto, nei confronti della disciplina del voto degli italiani all'estero, una posizione critica, che non vuole contestare la legittimità dell'esercizio del diritto di voto da parte dei nostri connazionali residenti all'estero, ma che vorrebbe che esso fosse esercitato per corrispondenza e, in secondo luogo, che si verificassero nuovamente i titoli che gli italiani residenti all'estero possiedono per partecipare alle nostre elezioni.
Ritengo che questa materia debba essere complessivamente riconsiderata, perché il legame tra diritto di voto e residenza deve essere molto stretto. Comunque, anche l'aspetto tecnico delle modalità con le quali esprimere il voto testimonia che la nostra disciplina in merito al voto degli italiani all'estero richiede un ripensamento complessivo: non riesco a capire perché si possa utilizzare il voto per corrispondenza per gli italiani temporaneamente all'estero e non anche per quelli permanentemente residenti all'estero.
Signor Presidente, ho chiesto di parlare soprattutto per esprimere la posizione di Rifondazione Comunista in relazione all'articolo 4 del decreto-legge di cui il Governo richiede la conversione in legge. Avanzo alcune riserve in merito all'interpretazione di cosa costituisca «materia elettorale», per le affermazioni del sottosegretario Pajno e anche per quelle pronunciate stamattina da alcuni membriPag. 117della Commissione affari costituzionali. Si è affermato, infatti, che il nucleo delle procedure elettorali che non deve essere toccato consiste semplicemente nella traduzione dei voti in seggi e non anche nelle procedure che sono definite «organizzative» ma che, a mio avviso, non sono lo sono assolutamente.
L'articolo 51 della nostra Carta costituzionale, infatti, disciplina, garantendone l'uguaglianza di accesso, l'elettorato passivo (ossia la possibilità di essere eletto da parte di qualsiasi cittadino e cittadina italiani); l'articolo 72, quarto comma, della nostra Carta costituzionale - che sottrae alla potestà del Governo, attraverso lo strumento dei decreti-legge, di intervenire sulla disciplina elettorale - a mio avviso, non riguarda semplicemente la traduzione dei voti in seggi, ma anche le condizioni attraverso le quali debba essere esercitato l'elettorato passivo, ossia in condizioni di uguaglianza (come afferma, appunto, l'articolo 51 della Costituzione). Tutto l'apparato e le disposizioni che possano incidere sulle condizioni di uguaglianza per l'elettorato passivo, a mio avviso, toccano e riguardano il nucleo centrale delle procedure elettorali, perché altrimenti non si capirebbe perché l'articolo 51 della Costituzione parli di uguaglianza nella possibilità di essere eletti.
In questo ambito, l'elemento più importante e significativo è la possibilità di presentare le liste (ossia chi sia abilitato e abbia diritto a presentarle e come le liste medesime debbano essere presentate). Da questo punto di vista, sottolineo il termine «lista» e non «partiti»: la disciplina elettorale consente a qualsiasi cittadino e cittadina e a qualsiasi organismo, anche non partitico, di costruire e formare la propria lista e di accedere alla competizione elettorale.
In ogni tornata elettorale vi è stata la presenza non solo di liste che fossero espressione dei partiti, ma anche di forze sociali o addirittura di singole persone, come sta avvenendo in questo momento in Italia con la proposta della lista Ferrara monotematica.
Quindi, penso che questa sia una garanzia che vada offerta a tutti i cittadini e a tutte le cittadine, ossia di poter organizzare una propria lista e accedere, a parità di condizioni con le forze politiche già presenti in Parlamento, organizzati in partiti o meno.
Se non lo prevedessimo, a mio avviso, lederemmo l'articolo 51 della nostra Carta costituzionale e, soprattutto, consentiremmo alle forze già presenti in Parlamento una sorta di monopolio sulle procedure elettorali, erigendo barriere di ingresso a soggetti nuovi, i quali dovrebbero ricorrere ad escamotage - è il caso, ad esempio, di Giuliano Ferrara, che ricorre a tre senatori - per poter partecipare alla competizione elettorale senza la raccolta delle firme.
La posizione di Rifondazione Comunista è molto semplice e lineare: pensiamo che tutti i soggetti che si presentano alle elezioni debbano raccogliere le firme, perché parte una nuova tornata elettorale, una nuova competizione elettorale, e non vi devono essere forze privilegiate escluse dalla raccolta delle firme perché già presenti in Parlamento o perché ricorrono a marchingegni, che prima ho ricordato, per evitare la raccolta delle firme.
La raccolta delle firme, come ci ha detto stamattina Marco Boato, riferendosi all'esperienza del 1993, era stata introdotta per la prima volta in Italia in maniera generalizzata perché bisognava avere un primo titolo di legittimità per poter partecipare alla competizione elettorale, sancita dalla raccolta delle firme, con cui i cittadini e le cittadine italiani dicevano che quella proposta o quella lista andava bene e la volevano sostenere.
Se non evitiamo la raccolta delle firme o privilegiamo, escludendo alcuni soggetti e caricando l'onere della raccolta delle firme solo su altri, penso che lediamo, con un atto discriminatorio, il principio di eguaglianza nella partecipazione alla competizione elettorale.
Quindi, a me pare che abbiamo un'unica via maestra davanti a noi, cioè prevedere la raccolta delle firme per tutti i soggetti che vogliano presentarsi allaPag. 118prossima competizione elettorale, ovviamente con il limite del numero delle firme, già previsto dalla legge che ha regolato l'elezione del 2006, che deve essere ridotto alla metà in caso di scioglimento anticipato delle Camere, come in questo caso.
Ciò che non funziona dell'articolo 4 è la norma ad hoc e lo voglio dire espressamente. Infatti, giustamente il Presidente Napolitano - non possiamo che apprezzarlo - si è richiamato all'accordo tra maggioranza e opposizione nel caso in cui si volesse intervenire sulle norme elettorali. Anche sullo stesso election day il Presidente Napolitano ha fatto chiaramente intendere che, senza un accordo di tutto il Parlamento o della stragrande maggioranza delle forze parlamentari, non sarebbe stato opportuno accorpare le tornate elettorali. Peraltro, con l'articolo 4 si concede proprio un privilegio alle forze presenti in uno dei rami del Parlamento, con due parlamentari, colpendo in verità semplicemente la componente - lo dico molto apertamente, sarà una competizione che avverrà a sinistra - di Sinistra Critica. Non riteniamo che discriminare un'unica componente sia una operazione corretta e sostenibile.
È una norma che ha facilitato al Senato Manzione o altre forze che si volessero presentare. Qui alla Camera facilita la Santanchè e Buontempo e, dunque, generalizza in verità un privilegio e coopta nell'oligarchia delle forze parlamentari anche altre forze.
Come gruppo di Rifondazione Comunista pensiamo che non vada dato alcun adito a una polemica oligarchica nei confronti delle forze parlamentari, già sottoposte a critiche per quanto riguarda i costi della politica.
Non vi è alcun privilegio da difendere: noi vogliamo, per esempio, creare e presentare la lista La Sinistra-L'Arcobaleno e vogliamo chiedere ai cittadini italiani di sottoscrivere le nostre liste. Per questo, abbiamo presentato un unico emendamento al decreto-legge in esame, relativo all'articolo 4, che non è solo di soppressione dell'articolo, ma anche di abrogazione del comma 2 dell'articolo 18-bis della legge che regolamenta la disciplina elettorale, perché - e ringrazio in proposito l'onorevole Boato per aver richiamato la nostra attenzione su tale punto - in essa già sono contenute delle eccezioni a favore delle forze che hanno già costituito un loro gruppo parlamentare all'inizio della legislatura.
Noi pensiamo che la strada maestra dovrebbe essere quella di prevedere che tutti quanti debbano raccogliere liberamente e democraticamente le firme, in maniera che qualsiasi gruppo, associazione o singolo che voglia presentare una propria lista si sottoponga appunto alla raccolta delle firme come primo passaggio per legittimare la propria presenza in Parlamento.
Comunque, sicuramente è inaccettabile la previsione di norme ad hoc che mirino ad escludere appunto alcune forze politiche, piccole o grandi che siano, agenti all'interno del nostro Parlamento.
Tuttavia, formulo anche un appello a Sinistra Critica, nel senso di non voler essere cooptata a fruire di un privilegio, ma di restaurare un principio di democrazia.
Con questo spirito ci disponiamo alla discussione parlamentare; ovviamente, sia nel Comitato dei nove sia domani, in sede di discussione in Assemblea, faremo valere queste nostre motivazioni, naturalmente disponibili ad ascoltare le ragioni altrui, se mai ci convincessero che l'intervento proposto dal Governo è ragionevole e qualora si dovesse trovare una formulazione che, però, non leda i principi fondamentali che ho voluto richiamare (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Partito Democratico-L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, a quest'ora siamo pochi in Aula: cercherò di non dilungarmi troppo, anche per via di impegni personali e di alcuni colleghi.
Vorrei ringraziare la collega Amici - l'ho già fatto in Commissione e lo ripeto inPag. 119Assemblea - per il suo puntuale lavoro di relatrice, che ha svolto anche in questa circostanza, con tempi rapidissimi, come tutti noi sappiamo, in Commissione e in Assemblea, del decreto-legge in esame.
Mi permetto - se me lo consente - di ringraziare anche il rappresentante del Governo, il sottosegretario e consigliere di Stato Alessandro Pajno, perché anche in questo caso ha dimostrato un grande rispetto per il Parlamento: siamo pochi in Aula in questo momento, ma vi sono i resoconti parlamentari e, qualche volta, vi è anche qualcuno che ascolta dall'esterno; devo dire che anche il sottosegretario Pajno - come fa sempre - ha onorato il lavoro parlamentare in una materia così delicata come quella in esame.
Forse sarà l'ultima volta nell'attuale legislatura, o forse per sempre, che ci che capiterà di interloquire in Aula e, siccome l'abbiamo sempre fatto, negli ultimi due anni, con grande rispetto, con grande collaborazione e con grande competenza, mi fa piacere rimarcarlo in questa probabilmente ultima occasione.
Voglio anche ringraziare - mi scusi, signor Presidente, se faccio una lunga premessa, ma poi non mi dilungherò - il collega Franco Russo, perché anche su questa materia ha interloquito, sia con me, sia con la relatrice, sia col Governo, sia con il collega della Sinistra Critica - che non interviene, ma che è presente e che ha una presenza politica, in questo momento, per la contestazione di alcuni aspetti dell'articolo 4 - e lo ha fatto con il rispetto e la competenza noti e che ci siamo reciprocamente riconosciuti in questi anni.
A me dispiace che i colleghi dell'opposizione - già usare il termine «opposizione» a Camere sciolte è un modo improprio di esprimersi, in regime di prorogatio: intendo riferirmi ai colleghi che rappresentano altri gruppi rispetto ai nostri - abbiano disertato il dibattito, pur essendosi iscritti a parlare; infatti anche con loro, in questi due anni, abbiamo comunque colloquiato, dialogato e penso che, nelle prossime ore e nei prossimi giorni, arriveremo a convertire in legge il decreto-legge in esame con consonanza pressoché unanime, salvo eventuali dissensi su singoli punti.
Credo che sia stato giusto richiamare poco fa, da parte del collega La Forgia, la questione della legittimità del decreto-legge in esame. Non essendo infatti materia che incide direttamente sui meccanismi di trasformazione dei voti in seggi, si tratta di materia elettorale in senso lato e non in senso costituzionalmente rigoroso. Come ha detto giustamente il collega La Forgia, quindi, non esiste un'incompatibilità con quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), dalla legge n. 400 del 1988 sulla Presidenza del Consiglio che definisce anche questi aspetti normativi.
Ritengo che sia utile aggiungere un rilievo critico eventualmente il Governo volesse replicare (magari non questa sera, visto che i tempi sono stretti, ma in un altro momento). Forse sarebbe stato utile scegliere anche per altri aspetti di questo decreto-legge che noi condividiamo - a nome dei Verdi annuncio infatti che voteremo a favore - la strada adottata all'articolo 1. Sarebbe stato opportuno adottare questa strada anche in altri articoli. L'articolo 1 reca modifiche alle norme sull'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero contenute nella legge n. 459 del 27 dicembre 2001, più volte citata dal collega Franco Russo. Queste modifiche che sono opportune e condivisibili sono introdotte come novelle nella legge e quindi hanno un impianto stabile e da qui in avanti, salvo ulteriori modifiche in futuro, saranno norme permanenti. Il Governo invece ha scelto la strada di dare un carattere transitorio a quasi tutte le altre norme in particolare a quelle contenute all'articolo 2 in materia di esercizio di voto da parte dei cittadini temporaneamente all'estero per motivi di servizio o missioni internazionali, in particolare le forze di polizia, le Forze armate, i dipendenti dell'amministrazione dello Stato all'estero per servizio e tutte le categorie della docenza universitaria. In questo articolo vi sono norme molto ampie e dettagliate che privilegiano la strada, come ha insistito molto il collegaPag. 120Franco Russo, del voto per corrispondenza e forse proprio perché si tratta di una materia così ampia e dettagliata, in qualche modo già consolidata, sarebbe stato opportuno intervenire con il metodo della novellazione e non con disposizioni che riguardano solamente il 2008. È ovvio che l'articolo 3 che riguarda l'ammissione ai seggi elettorali degli osservatori OSCE abbia una sua specificità e peculiarità. È anche comprensibile che abbia una sua peculiarità, datata, l'articolo 4 inerente l'esonero dalle sottoscrizioni delle liste ma non altrettanto l'articolo 5 che non introduce, come qualcuno ha detto giustamente sul piano sostanziale ma impropriamente sul piano formale, l'election day, ma i presupposti normativi affinché il Governo fra qualche giorno possa avere, una volta che questo decreto-legge sia convertito in legge, gli spazi temporali e normativi per poter realizzare l'election day. Anche queste modifiche temporali che permettono l'election day, forse sarebbe stato bene introdurle novellando la normativa in materia e non modificando in modo contingente le date e l'arco temporale soltanto per l'anno 2008. Sull'aspetto dei cittadini residenti temporaneamente all'estero mi permetto di segnalare all'amica e collega relatrice Sesa Amici e al Governo il parere favorevole con condizione dato dalla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) laddove si fa riferimento all'opportunità di integrare la norma all'articolo 2 comma 1 lettera c), e conseguentemente anche quella al comma 4, facendo riferimento anche agli studenti universitari temporaneamente iscritti a università straniere nel quadro del programma europeo Erasmus.
So che questa materia è complessa - me lo diceva anche privatamente la collega Amici, dopo aver colloquiato con il Governo - e intendo porre pubblicamente tale questione perché è bene che si sappia che il Parlamento almeno si è posto tale problema. Ciò è accaduto in Commissione cultura e ripropongo la questione in questa Aula. So che la materia è complessa - lo ripeto - ma sarebbe bene che si desse almeno una risposta puntuale a questa segnalazione opportuna, anzi, a questa condizione opportuna indicata dalla VII Commissione.
Si è discusso sia dell'articolo 4 sia dell'articolo 5 del provvedimento in esame. L'articolo 5 è quello che crea le premesse per l'election day e - ha fatto bene l'onorevole Franco Russo a ricordarlo - ha visto anche un intervento del Presidente della Repubblica in termini di moral suasion preventiva, ammonendo il Governo sul fatto che se si annuncia la volontà di emanare un decreto-legge in questa materia - se ciò avviene da parte di un Governo in carica per l'ordinaria amministrazione, a Camere sciolte, con il Parlamento in regime di prorogatio - sostanzialmente occorre acquisire prima il consenso delle forze dell'opposizione. È stato opportuno questo intervento, garbatissimo ma fermo, da parte del Presidente della Repubblica, e altrettanto opportuno e corretto è stato il comportamento del Governo che, prima di varare il decreto-legge, ha acquisito il consenso delle forze politiche dei gruppi dell'opposizione.
Su questo argomento non aggiungo altro. Io sono favorevolissimo all'election day. Tale scelta non presenta solamente aspetti positivi, in quanto può avere anche qualche aspetto di criticità, però gli aspetti positivi - come ha ricordato la relatrice Amici, in termini di risparmio, di concentrazione, anche dell'attenzione degli elettori, e di non abuso dell'ospitalità delle scuole, considerata la sospensione dell'attività scolastica determinata dalle elezioni - sono sicuramente prevalenti su alcuni aspetti di preoccupazione che riguardano quei casi in cui (qualche caso, ovviamente non in tutta Italia) l'elettore si troverà in mano una pluralità di schede.
Il collega Franco Russo ha fatto appello alla consapevolezza e all'intelligenza critica dei cittadini elettori che sanno tanto bene come votare, che - qualcuno poco fa me lo diceva a bassa voce - votando contestualmente con tre, quattro o cinque schede, a volte lo fanno in modo differenziato tra l'una e l'altra scheda, il che vuol dire che ci hanno ragionato sopra e, quindi, non si tratta di un voto ideologico,Pag. 121di appartenenza e rappresentativo o, per così dire, di un automatismo politico.
In conclusione, affronto il tema delicatissimo dell'esonero della sottoscrizione delle liste, il quale presenta due aspetti. Anzitutto, tratto quello «più banale». La maggior parte dei militanti politici (quelli che poi procedono alla raccolta delle firme) hanno tirato un sospiro di sollievo e ciò riguarda tutte le forze, grandi, medie e piccole: «Beh, questa volta non si raccolgono le firme, un lavoro in meno». Tuttavia, chi riflette politicamente - il collega Franco Russo giustamente lo ha fatto poco fa e io l'ho fatto dal 1993 - riconosce in questa materia una problematicità.
Nel 1993, per la prima volta (proprio nel momento della crisi del sistema dei partiti, del dopo referendum del 18 aprile), in sede di varo della legge Mattarella, abbiamo deciso - io spinsi molto in quella direzione in I Commissione (Affari costituzionali) - che tutte le forze politiche, secondo una concezione autenticamente liberale, in occasione delle elezioni politiche devono essere uguali ai blocchi di partenza. Quindi tutte, grandi, piccole, o medie, storiche o nuove, devono legittimarsi attraverso la sottoscrizione dei cittadini elettori, per poi potersi presentare alle elezioni.
Rimango di questa opinione. Qualche amico e collega del mio partito o del mio gruppo o di altri partiti vicini o lontani ovviamente non è felicissimo di sentirmi dire queste parole e potrebbe dire: «Come, ci vuoi caricare di un peso al quale questa volta per fortuna ci ha sottratto il Governo»?
Io non voglio caricare nessuno di alcun peso, perché sono tra quelli che, quando occorre raccogliere le firme, vanno a raccoglierle personalmente, anche perché questo è già un modo di avere un contatto con i cittadini, di essere sulle strade, sui marciapiedi, nelle piazze e di parlare prima della partenza della vera e propria campagna elettorale. Ma - lo ripeto - si tratta di una previa legittimazione nel concorrere alle elezioni in condizione di uguaglianza.
Tuttavia, purtroppo, sia l'articolo 18-bis del testo unico delle leggi elettorali, per quanto riguarda la Camera, sia l'articolo 9 del testo unico per le leggi recanti norme per le elezioni del Senato sono già stati novellati dalla legge cosiddetta Calderoli, che ha introdotto, modificando la legge del 1993, una serie di deroghe per la raccolta delle firme. Quindi, anche la mera soppressione, che qualcuno ipotizza, dell'articolo 4 manterrebbe in piedi l'articolo 18-bis vigente per la Camera (è la legge del n. 361 del 1957 e le molte successive modificazioni) e l'articolo 9 del decreto legislativo 20 dicembre del 1993, n. 533, per quanto riguarda il Senato, norme che già contengono al loro interno una serie di deroghe.
Sotto questo profilo è giusto - lo vorrei riaffermare in quest'Aula - il principio secondo cui sarebbe necessario arrivare tutti alla sottoscrizione delle liste, senza nessuna deroga per alcuno. Ma, nel momento in cui le deroghe si fanno (si facevano già con la cosiddetta legge Calderoli) e si sono ulteriormente ampliate con l'articolo 4, è giusta l'osservazione critica avanzata da alcuni esponenti politici di sinistra, che chiedono perché si vogliano penalizzare solo alcuni rispetto ad altri, quando si prevede che si è esonerati dalla raccolta delle firme se si hanno due rappresentanti in una delle due Camere, oppure due componenti al Parlamento europeo. Non si capisce che differenza vi sia fra avere due senatori o, viceversa, due deputati, e avere un deputato e un senatore come soglia minima.
Non presenterò neppure questo emendamento e mi affido alla collega, la relatrice Amici, che ha già affermato pubblicamente, in modo trasparente, di condividere questo principio di ragionevolezza (come diremmo in termini costituzionali). Ritengo, pertanto, che questa norma sarà adeguata. Ovviamente, essa non risolverà il problema di principio a monte sulla sottoscrizione delle liste da parte tutte le forze politiche, ma a valle tale disposizione, di fatto già recepita dalle forze politiche di tutto il Paese (perché ormai l'effetto-annuncio già vi è stato e ha prodottoPag. 122le sue conseguenze pratiche), almeno introdurrà un principio di ragionevolezza.
Vi sarebbero altre considerazioni che si potrebbero svolgere, ma - lo ripeto - l'ora è tarda e alcuni colleghi hanno anche fretta di tornare a impegni familiari. Pertanto, rinnovo il ringraziamento alla Presidente, al rappresentante del Governo, alla collega Amici e ai colleghi che hanno partecipato a questo dibattito in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, sarò molto breve, perché gli interventi che mi hanno preceduto hanno in gran parte argomentato la mia determinazione a presentare un emendamento su questo argomento - in particolare sull'articolo 4 - che è l'unico tema del decreto-legge che intendo trattare.
Riallacciandomi proprio alle ultime affermazioni dell'onorevole Boato, che condivido in pieno, vorrei solo precisare due aspetti. Mi associo a quanti hanno già sostenuto che sarebbe molto opportuno che si arrivasse ad una condizione per cui le forze politiche presenti in Parlamento si rimettessero in gioco e, nel momento in cui si aprono le danze, si mettessero a raccogliere le firme.
Vorrei, però, solo sottolineare un aspetto: sarebbe stato molto opportuno che questo principio fosse stato ribadito, in questi ultimi giorni e nelle scorse settimane, in quella che è sembrata essere stata una grande consultazione, anche sotto l'auspicio e l'autorità del Capo dello Stato e che, quindi, il decreto-legge adottato dal Governo avesse previsto questa misura. Pensate che forza politica oggi adottare da parte del Governo un decreto-legge che preveda che tutti quanti debbano raccogliere le firme!
L'effetto-annuncio del decreto-legge è stato un altro e in parte condivisibile, perché di fronte ai molteplici adempimenti che prevedono l'election day e la rottura traumatica della legislatura, è evidente che vi è stata un'altra valutazione.
Sarebbe stato molto opportuno che le forze politiche, che anche qui correttamente difendono questo principio, l'avessero difeso e avessero cercato di farlo rispettare nel momento in cui vi è stata una discussione informale - ma comunque corretta e, credo, anche giusta - sotto l'auspicio del Presidente della Repubblica.
Pertanto, di fronte alla situazione che si è venuta a determinare, vorrei precisare qual è l'elemento di sostanza dell'emendamento che ho presentato. L'onorevole Boato ha già specificato la disparità che si introduce nel momento in cui si fa riferimento a due parlamentari di una sola Camera: l'articolo 67 della Costituzione, infatti, prevede che il parlamentare rappresenta la nazione. Tutti i parlamentari, quindi, sono uguali e, in qualche modo, devono poter godere degli stessi diritti e delle stesse prerogative: due senatori oggi godrebbero di un privilegio o, comunque, di una prerogativa di cui non godrebbero un deputato e un senatore.
In questo caso, la norma che si propone di cancellare l'emendamento che porta la mia firma non chiede di modificare la soglia minima per accedere alla deroga nella sottoscrizione delle liste. Non si propone, quindi, di modificare il numero di due portandolo, ad esempio, ad un numero di uno; ma di mantenere il numero di due, indicando espressamente che tale numero si riferisce al Parlamento italiano e non ad una delle sue Camere.
Ciò appunto per fare riferimento all'articolo 67, ad un principio di uguaglianza e per evitare ogni sospetto di qualsiasi sgradevole discriminazione che certo non è nelle intenzioni di chi ha redatto il testo e meno che mai nelle intenzioni del Presidente della Repubblica, dei cui auspici sono certo.
In tale direzione si dirige il senso dell'emendamento e credo che corrisponda agli auspici e allo spirito di tutto il Parlamento e non penso che possa essere additata come una proposta di parte. Ovviamente si mira a sanare una discriminazione che appare evidente. Ma la proposta di modifica è avanzata non in base alla motivazione di una discriminazionePag. 123subita ma per la constatazione che il Parlamento, in qualche modo, deve salvaguardare le proprie prerogative e soprattutto quelle dei suoi componenti, i parlamentari, siano deputati o senatori.
Questo è il senso dell'emendamento che domani sarà posto in discussione e in votazione; credo sia l'unico modo per garantire un'effettiva parità e uguaglianza di diritti e prerogative.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3431-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, onorevole Amici, e il Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.