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Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali (A.C. 1288) (Discussione degli articoli; votazione degli articoli, degli emendamenti e degli ordini del giorno) (ore 11,40).
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 3).
Ha chiesto di parlare il deputato Galante. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi voteremo a favore degli emendamenti della maggioranza, come è ovvio, e voteremo contro tutti gli emendamenti dell'opposizione. Lo faremo, in maniera particolare, con favore per quanto riguarda la proposta emendativa che introduce il codice di pace per tutte le nostre missioni, perché essa rappresenta un successo della nostra forza politica e del movimento per la pace, che si esprime nel nostro paese.
Il testo del disegno di legge che ci accingiamo ad approvare è, a nostro giudizio, fortemente apprezzabile. Sull'argomento è stato espresso un giudizio da parte del deputato Venier, che tutti insieme abbiamo condiviso.
Quello del Governo è un impegno a restituire dignità e coerenza agli indirizzi fondamentali della nostra politica estera. Valutiamo l'uso degli strumenti militari e delle scelte di politica di sicurezza all'interno della cornice dell'innovativa politica estera del Governo. Inquadriamo le scelte e la cornice a partire dai fondamenti costituzionali e, in particolare, dalla rete composta dagli articoli 10, 11, 52 e 78 della Costituzione. Sulla base di questi parametri, vi è da parte nostra un alto apprezzamento per la decisione di far rientrare i nostri soldati dell'Iraq. Usciamo dal teatro di una guerra illegittima fatta in spregio del diritto internazionale. Usciamo dal teatro di una guerra che sta producendo effetti opposti a quelli che i suoi autori dichiaravano di perseguire. Dunque, usciamo da una guerra che si avvia ad essere perduta da chi l'ha scatenata.
La consapevolezza di questa scelta politica e, tra virgolette, tecnica in esecuzione di quella politica, rappresenta una vittoria del movimento per la pace. Con essa l'Italia ripudia l'opzione militare irachena compiuta dal centrodestra; quel centrodestra che oggi è costretto a rimangiarsela.
Con questa scelta, le bandiere arcobaleno che, scolorite, sventolano ancora da tanti balconi divengono finalmente indirizzo di Governo. Per questa profonda coerenza tra diritto, volontà popolare e scelte politiche, noi approviamo la decisione del Governo sull'Iraq.
Per lo stesso motivo, perché vi ravvisiamo una profonda incoerenza, continuiamo a non condividere la scelta di proseguire le missioni militari italiane in Afghanistan. Infatti, nessuna delle due missioni ha solide fondamenta nel diritto internazionale, né in quello costituzionale e neppure in quello di altre organizzazioniPag. 26internazionali. Anch'esse sono incardinate in un teatro di guerra in cui si stanno producendo effetti opposti a quelli che si dichiarano di perseguire. Dunque, restare in Afghanistan significa contribuire ad una guerra destinata ad essere persa; e che, anzi, si sta già perdendo.
Si afferma che l'operazione Enduring freedom risponderebbe a tutti i crismi della legalità internazionale. Si è già argomentato nel corso del dibattito in Assemblea che così non è: si tratta di un'operazione che progressivamente è scivolata al di fuori del controllo dell'ONU e di qualsiasi soggetto internazionale, che va contro gli orientamenti di fondo del diritto internazionale. Si afferma che l'Italia parteciperebbe a Enduring freedom perché le nostre navi stazionerebbero lontanissime dal teatro di guerra.
Ministro D'Alema, lei ha usato una battuta nei confronti di un senatore del nostro partito, chiedendogli se sapesse dove sta l'Afghanistan. Capita che io sappia dov'è l'Afghanistan, come è fatto e qual è la sua storia: e possiamo discuterne. Ma spero lei sappia dov'è Tampa: è assai più lontana dell'Afghanistan e del Golfo Persico! Si può negare che essa sia il centro nevralgico della missione che si svolge a decine di migliaia di chilometri dagli Stati Uniti? Si può negare che le navi italiane operanti nel Golfo Persico siano parte integrante del complessivo dispositivo bellico che, partendo da Tampa, arriva, attraverso una serie di passaggi, al soldato che schiaccia il grilletto alle pendici dell'Hindukush o lungo il corso dell'Ural?
Si afferma che la missione ISAF è voluta e autorizzata dall'ONU: questo non lo contesto. Contesto, invece, che quella voluta dall'ONU sia «questa» ISAF che, passaggio dopo passaggio, dal momento in cui si è costituita come coalizione di singole nazioni volenterose, si è via via trasformata in una realtà completamente diversa, infiltrata - se così posso dire - da parte della NATO e trasformata in un organismo politico geneticamente modificato, divenuta cosa completamente diversa da ciò che era alle origini.
Soprattutto, si afferma che bisogna lasciare i soldati italiani insieme a quelli di altri paesi per costruire un nuovo Stato, garantire la sicurezza, eliminare il terrorismo e così via, insomma per vincere la guerra. Si crede davvero che questa guerra si possa vincere? Quale guerra poi, in realtà? Le guerre che si stanno combattendo in Afghanistan sono più di una, sono numerose, e si intrecciano fra di loro. Sono guerre che hanno a che fare con aspetti diversi e molteplici; sono guerre che mettono insieme problemi di sicurezza, di dominio, problemi legati agli scontri tra ideologie e culture, problemi di potenza, legati all'oppio. Si tratta di una miriade di guerre civili dentro le quali anche i nostri soldati vengono via via trascinati, senza avere - ribadisco il concetto - alcuna possibilità di successo. Lo dico, infatti, al ministro degli esteri, lo dico soprattutto al ministro della difesa: le guerre, se si fanno, quando si fanno, si fanno per vincerle.
Vorrei sapere e avere dati certi da parte del Governo circa la possibilità concreta e reale che chi ha scatenato tale guerra o ad essa partecipi abbia effettivamente la possibilità di vincerla. Vincerla significherebbe stabilizzare l'Afghanistan, ma stabilizzare l'Afghanistan è un obiettivo irraggiungibile dopo le sistematiche destabilizzazioni di tanti anni.
Per tale motivo su questo punto sono d'accordo con il senatore Cossiga: Forze armate che non sono in grado di raggiungere gli obiettivi politici loro assegnati dovrebbero farlo capire ai responsabili del Governo e preparare, su loro stessa richiesta, il rientro.
Gli interventi militari come questo, viceversa, producono soltanto effetti devastanti ulteriori. D'altro canto, occorre sottolineare il fatto che l'Afghanistan non è né la culla né l'epicentro dell'instabilità del mondo, della sua insicurezza, né della pace del mondo, e tanto meno dell'insicurezza e della pace del nostro paese.
Non è in Afghanistan che si difende l'interesse nazionale italiano, né l'interesse dell'Unione europea. Ciò che avviene in questi giorni in Medio Oriente è più eloquentePag. 27di un intero trattato di relazioni internazionali circa le origini - uso l'espressione al plurale poiché ve ne sono più d'una - degli sconvolgimenti che investono il mondo attuale. Quella principale sta nella volontà dell'unica iperpotenza rimasta di aumentare, allargare e perpetuare il divario di potenza che squilibra il sistema delle relazioni internazionali.
È questo il punto nodale della situazione, il nodo da sciogliere, quello su cui un Governo responsabile, quale è quello attuale, può e deve agire in tutte le occasioni e in tutte le sedi. Abbiamo cominciato a farlo nel caso iracheno, abbiamo continuato a farlo in queste ore nel caso della Palestina. Noi Comunisti italiani continueremo ad argomentare e ad agire affinché lo si faccia anche in tutti gli altri casi, ad iniziare proprio da quello dell'Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, anche dopo aver ascoltato il collega che mi ha preceduto, prendiamo atto che, a questo punto, all'interno della maggioranza vi sono quattro diversi punti di vista.
Innanzitutto, abbiamo quattro anime che si contraddicono profondamente. Prima abbiamo ascoltato il collega Mellano (all'amico Mellano faccio i complimenti per il debutto come deputato), che rappresenta quella parte del centrosinistra che comprende che le missioni costituiscono una necessità, che non fanno piacere a nessuno, ma che, proprio perché sono una necessità, vanno affrontate con senso di responsabilità. Si tratta di persone che, anche nel precedente Governo con la precedente maggioranza, spesso hanno votato a favore proprio di questo tipo di interventi, laddove fossero necessari. Poi, abbiamo un altro tipo di sinistra, quella che, tendenzialmente, è pacifista, ma si rende conto che è cambiata la maggioranza: si è nella maggioranza, bisogna ubbidire, vi sono responsabilità di Governo e, governando la nazione, si votano le missioni.
Poi abbiamo una terza sinistra, quella più estrema, quella rappresentata dal collega, quella che diceva: le bandiere con i colori dell'arcobaleno sventolano, sia pure un po' stinte, perché sono diventate scelte di Governo. Questa sinistra più estrema resta, come abbiamo sentito, profondamente contraria. Allora, va blandita con le parole: si inventano, dunque, mozioni come quella che abbiamo esaminato poco fa, nelle quali si dice di tutto e di più, si allunga il brodo e si mette molta ipocrisia. Tuttavia, le cose scritte nelle mozioni non sono ripetute nel testo che approveremo, con gli emendamenti presentati: nel testo del provvedimento in esame c'è, di fatto, il testo del provvedimento votato dal Parlamento nella precedente legislatura. Questa sinistra estrema va «affrontata», perché è importante e determinante nei numeri, con mozioni come quelle esaminate in precedenza.
Poi abbiamo la quarta parte della maggioranza, quella ancora più estrema. Si tratta di coloro che sono contrari alla guerra senza «se» e senza «ma» (così dicono). Al Senato, dipenderà forse da loro l'esito delle votazioni. Questa è la sinistra che si dimette: mi pare di avere compreso, poco fa, che un collega si dimetterà addirittura da deputato per coerenza. Se tali dimissioni saranno confermate, ci sarà, da parte mia, un segno di omaggio e di riconoscimento della sua correttezza: chi rinuncia a fare il deputato perché crede in qualche cosa, comunque sia, merita rispetto!
Ciò detto, non mi piace, come ho detto ieri, il fatto che questo nuovo provvedimento sia caratterizzato da una notevole ipocrisia. Ad esempio, i colleghi dei Verdi facevano un discorso del seguente tipo: per sette volte, abbiamo votato contro; ora ci siamo pentiti e, siccome è cambiato il fondamento e c'è una discontinuità, stavolta votiamo a favore. Già ieri ho detto che questa mi sembra veramente ipocrisia. La prova più lampante del fatto che il provvedimento è del tutto simile a quelloPag. 28precedente è data dal fatto che la Casa delle libertà ha presentato pochissime proposte emendative: alcune di forma, altre di sostanza, soltanto per puntualizzare alcuni aspetti lasciati nel vago, ma sicuramente non ha presentato proposte emendative contro il disegno di legge (tanto è vero che ci accingiamo ad approvarlo proprio perché esso si pone in esatta continuità con quello precedente).
La grande differenza starebbe nel fatto che è indicata una data di uscita dall'Iraq. Ma che si dovesse uscire dall'Iraq l'avevamo già detto sei mesi fa, quando abbiamo approvato il precedente provvedimento e l'abbiamo ripetuto tutti in campagna elettorale. Insomma, questo era un dato acquisito. Scopriamo ora che il grande cambiamento consiste nel fatto che stavolta c'è scritto: usciremo dall'Iraq prima dell'autunno! A parte il fatto che era molto meglio precisare una data - dire «entro l'autunno», stagione che termina, avendo riguardo al tempo astronomico, il 21 o il 22 dicembre, considerato che il 31 dicembre corrisponde al termine dell'esercizio finanziario dello Stato, è obiettivamente molto demagogico -, rimane pur sempre aperto il problema di sapere cosa si farà dopo il 21 dicembre. Perciò, non prendiamoci in giro e ciascuno si assuma le sue responsabilità: non sosteniamo che la sostanza è cambiata quando, al massimo, è cambiato il titolo di quella parte dell'intervento per quanto riguarda l'Iraq!
Per quanto riguarda, invece, l'Afghanistan, paese in cui la nostra presenza è importante dal punto di vista numerico e della spesa (spendiamo di più per l'Afghanistan che per l'Iraq), indeboliamo moralmente la nostra presenza: non è scritto nel provvedimento, ma temo che sia questo, alla prova dei fatti, il dato più importante. Indeboliamo la presenza, innanzitutto, mettendola a rischio dal punto di vista degli obiettivi e, soprattutto, come ha dimostrato il precedente dibattito sulle mozioni, dando adito a molte interpretazioni diverse.
Allora, io penso che la mozione che abbiamo esaminato stamani non dia effettivamente una linea per gli interventi indicati nel disegno di legge che ci accingiamo a votare: è la situazione sul campo che dà la linea; sono i problemi che danno la linea; sono gli attentati, purtroppo, che danno la linea!
Quando ci si viene a dire che gli interventi vanno bene perché sono nell'ambito dell'ONU, ricordiamoci che la politica estera italiana del Governo Berlusconi, per esempio, ha impedito nel Consiglio di sicurezza dell'ONU l'ingresso della Germania, difendendo la posizione dell'Unione europea e quindi potenzialmente dell'Italia. Questi sono i successi di politica estera che qualche volta ci dimentichiamo. Nello stesso tempo vogliamo renderci conto che o si riforma l'organizzazione delle Nazioni Unite o l'ONU è sempre più impotente? Quali saranno le regole di ingaggio future? Questo è il dibattito politico che dobbiamo svolgere! Quali sono le regole di ingaggio dei contingenti ONU (forse domani anche nel vicino Medio Oriente)?
D'altronde, l'ONU al suo interno - giusto e nello stesso tempo sbagliato - è debole. Le isole Figi votano come l'Italia, contano come l'Italia, il Burkina Faso conta come la Germania; ci rendiamo conto di queste obiettive contraddizioni? Però poi leggiamo che per una parte della maggioranza neppure l'ONU va bene; per esempio, stamattina l' onorevole Cento ha detto che l'ONU non va bene in Libano perché troppo filoamericano.
Tornando al complesso degli emendamenti, penso che vadano approvati e votati quelli proposti dai colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale, quelli, per intenderci, che portano al 31 dicembre il termine della missione in Iraq, perché è molto più logico anche dal punto di vista della contabilità dello Stato, rispetto all'autunno che di per se stesso è un dato assolutamente aleatorio. Ma il vero problema, colleghi, è che cosa faremo dopo, come lo faremo, con chi faremo determinate operazioni. Non basta dire che c'è la discontinuità, perché adesso in Iraq ci saranno solo interventi umanitari di stabilizzazione, di ricostruzione e di cooperazione;Pag. 29su questo siamo tutti d'accordo, ma dalla fine dell'autunno o dal 31 dicembre, colleghi della sinistra, l'Italia cosa farà per svolgere concretamente queste operazioni? Rinuncerà alla sua presenza? In questo caso, allora penso che rinuncerà anche alla propria dignità (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, intendo cogliere l'occasione della discussione sugli emendamenti, alla luce dell'intervento del rappresentante dei Comunisti Italiani, per porre non già una questione regolamentare o procedurale, ma una questione di dignità di questo ramo del Parlamento.
Rispetto e ritengo legittima la posizione espressa di assoluta contrarietà alla missione Enduring freedom e alla missione ISAF, all'interno della quale è presente il nostro contingente militare. Quello che non ritengo politicamente accettabile è che da un lato ci si dissoci nel merito in modo così vistoso da queste missioni e dall'altro ci si appresti ad approvare un disegno di legge che le rifinanzia. Questo mi pare assolutamente scorretto politicamente, e, se questo gruppo politico intende manifestare la sua contrarietà rispetto a tali missioni, deve a mio giudizio trarne le logiche conseguenze. Non si può inventare per la prima volta in questo Parlamento il voto dissociato, un voto favorevole per opportunità politica e un voto contrario nel merito del provvedimento! Non ho mai visto il Parlamento della Repubblica affrontare un dibattito che si concluda con una atteggiamento simile. Per cui pongo un problema di dignità e di correttezza all'insieme di questo Parlamento della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo soltanto su un aspetto del complesso degli emendamenti. Pongo al Governo una domanda per sollecitare una risposta che può essere utile nel corso dell'esame degli emendamenti. Questa mattina in Commissione bilancio abbiamo esaminato un emendamento del Governo, il 2.101, che modifica una postazione prevista al comma 1 dell'articolo 2.
La questione che abbiamo esaminato era accompagnata da una nota molto curiosa del Ministero della difesa, che è stata distribuita ai parlamentari, nella quale si spiega che l'emendamento del Governo era dovuto alla correzione di un errore contenuto nel disegno di legge, cioè all'erroneo inserimento della voce di spesa Predator relativamente alla missione ISAF in Afghanistan.
Che cosa sia l'aereo o l'elicottero Predator io non so, ma so soltanto che nei giorni scorsi il Corriere della sera aveva riportato una scambio di opinioni tra il ministro degli esteri e un esponente di Rifondazione Comunista circa l'utilizzazione di elicotteri in Afghanistan e l'espressione era «elicotteri Predator». Non so se si tratti di elicotteri, non so se si tratti di aerei senza pilota, però quello che mi sembra evidente è che non si tratta di un errore tecnico, ma di una decisione politica.
Evidentemente il Governo in una prima fase aveva deciso di inviare in Afghanistan dei velivoli - chiamiamoli così - mentre in una seconda fase ha deciso di non mandare questi velivoli; quindi, questo è l'effetto del negoziato interno alla maggioranza. Presentare una simile decisione come un fatto tecnico o affermare addirittura che si è trattato di un errore nella stesura del disegno di legge mi pare sfidi il buon senso del Parlamento.
Noi abbiamo l'impressione di uno slittamento progressivo delle posizione del Governo sulle posizioni della sua ala pacifista; questo spiega, infatti, la conversione di alcuni voti precedentemente annunziati come voti contrari. Deve essere chiaroPag. 30al nostro paese che la politica estera del Governo si va spostando progressivamente.
Per questo motivo vorrei chiedere al Governo di precisare, al di là di ogni dubbio, che cosa rappresenta l'emendamento 2.101 (Applausi).
PRESIDENTE. Il Governo ha chiesto di intervenire sulle questioni poste in un precedente intervento.
Ha pertanto facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la difesa, Govanni Lorenzo Forcieri.
GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole La Malfa che ha sollevato un problema che ci consente di chiarire un equivoco, anzi più di un equivoco, che si è creato su tale questione.
Innanzitutto i Predator non sono elicotteri, ma aerei da ricognizione senza pilota Unmanned Aerial Vehicle (questa è la loro sigla); sono attualmente impegnati in Iraq, ma non è mai stata prevista la loro utilizzazione in Afghanistan. Questi velivoli di sorveglianza stanno svolgendo il loro compito in Iraq e, quindi, è corretto che il relativo onere di spesa sia imputato alla missione irachena e non a quella afghana.
Per errore è stato calcolato questo onere nella missione afghana e il Governo, senza alcuna trattativa interna, senza alcuna richiesta particolare, ma soltanto - lo ribadisco all'onorevole La Malfa - per un errore di contabilizzazione, ha provveduto con un apposito emendamento a riportare l'onere relativo all'utilizzazione di questi velivoli nell'ambito della missione in cui sono impegnati, cioè nella missione irachena.
Non c'è stato alcun tipo di contrattazione, si è trattato soltanto di un errore contabile e abbiamo provveduto a correggerlo con l'emendamento 2.101 che l'onorevole La Malfa ha richiamato.
GIUSEPPE COSSIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, deputato Cossiga.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, intervengo ai sensi dell'articolo 96-bis e dell'articolo 89 del regolamento in particolare sulla inammissibilità dei miei emendamenti 1.15 e 1.16, e non sul complesso degli emendamenti.
Mi consenta un'annotazione, signor Presidente. Non è la prima volta che intervengo, ma vorrei innovare. Lei mi ha chiamato «deputato», vocabolo legittimo ed innovativo dato che in Assemblea ci si è sempre rivolti ai deputati chiamandoli «onorevoli», termine che apprezzo in Assemblea e non gradisco fuori. Spero che lei non si offenderà, conoscendo la sua sensibilità, se da ora in poi mi rivolgerò alla Presidenza con la definizione di «cittadino Presidente» e non «deputato Presidente» (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Ai sensi dell'articolo 89 del regolamento, gli emendamenti 1.15 e 1.16 a mia firma sono stati dichiarati inammissibili. In realtà, i due emendamenti sono diversi. Il secondo è, in effetti, innovativo e non riproduce integralmente il testo del disegno di legge e vi sono parti sostanzialmente diverse. L'emendamento 1.15, invece, è il testo del disegno di legge presentato dal Governo, che ho inteso ripresentare in Assemblea per sottolineare che siamo, tuttora, in una situazione di estrema anomalia. Esiste un solo precedente in cui un Governo non presenti prima un decreto-legge e poi un disegno di legge. Ricordo che il decreto-legge è stato presentato dopo che in Assemblea sono state fatte osservazioni sulla gravità di questo fatto.
Questa era la ragione per cui ho voluto presentare l'emendamento 1.15, cioè stigmatizzare ancora una volta il fatto che per ragioni politiche il Governo aveva deciso per un determinato periodo di tempo (un giorno, tre o novanta, non ha importanza) di farsi carico, di prendersi il rischio di lasciare senza copertura i nostri soldati impegnati in missione all'estero.Pag. 31
Questa - ripeto - è la ragione per cui ho presentato gli emendamenti 1.15 e 1.16. Non ritengo che le motivazioni addotte, in particolare sull'emendamento 1.16, sulla loro inammissibilità siano corrette. Tuttavia, essendo stati presentati emendamenti che, nella sostanza, riproducono le modificazioni da me considerate nell'emendamento 1.16, per economia di procedura li ritiro entrambi.
PRESIDENTE. La ringrazio per la correttezza con cui si è rivolto a me come Presidente.
Non ho nulla da dire sulle sue valutazioni politiche. Lei riconoscerà le argomentazioni formali con le quali sono stati considerati inammissibili gli emendamenti da lei presentati.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la IV Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni sugli emendamenti presentati all'articolo 1.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Gamba 1.18 e Cossiga 1.2. Sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27, abbiamo discusso in seno al Comitato dei nove e vi è la proposta di una riformulazione, che non lede il senso dell'emendamento, ma formalmente si attaglia maggiormente al fatto che stiamo esaminando un disegno di legge.
La formulazione è la seguente: «Gli incarichi ed i contratti di cui al precedente periodo sono affidati ad enti od organismi e stipulati con persone di nazionalità irachena ovvero di nazionalità italiana o di altri paesi, a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistono le professionalità richieste».
PRESIDENTE. Mi scusi, la riformulazione va intesa che al comma 5 vadano aggiunte, infine, le parole da lei pronunciate?
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il Governo?
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
GIUSEPPE COSSIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, ritiro l'emendamento a mia firma 1.2.
PRESIDENTE. Faccio notare che dobbiamo prima votare l'emendamento Gamba 1.18.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 1.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 525
Maggioranza 263
Hanno votato sì 241
Hanno votato no 284).
Prendo atto che il deputato Bandoli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Visto il precedente intervento dell'onorevole Cossiga, considero il suo emendamento 1.2 come ritirato.
Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27.
Ricordo che le Commissioni ed il Governo hanno espresso parere favorevole su tale emendamento purché riformulato nel modo seguente: Al comma 5, aggiungere infine le parole «Gli incarichi e i contratti di cui al precedente periodo sono affidati ad enti od organismi e stipulati con persone di nazionalità irachena, ovvero diPag. 32nazionalità italiana o di altri paesi a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistono le professionalità richieste».
Onorevole Paoletti Tangheroni, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, su questo emendamento c'è stata una convergenza molto ampia. Si tratta - lei sicuramente se ne rende conto - di un emendamento assai importante perché dà il senso di una vera missione di pace, dato che chiede di utilizzare il personale locale.
Chiedo se sia possibile nella riformulazione accogliere questa precisazione: in luogo delle parole «che il Ministero degli affari esteri abbia escluso» sostituire la dizione «che sia escluso che localmente esistono le professionalità richieste». Vorrei, cioè, che fosse una situazione di fatto acclarata, non che si spostasse la valutazione al Ministero degli affari esteri.
PRESIDENTE. Chiedo al relatore di esprimersi in ordine a questa ulteriore proposta di riformulazione.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Il problema sta nella differenza tra gli ordini del giorno e quello che decidiamo, attraverso gli emendamenti, che la legge stabilisca. Se non diciamo chi lo fa, quindi il Ministero degli affari esteri, rimane un'entità indistinta. Si tratta di una formula che potremmo utilizzare in un ordine del giorno, con il quale si chiede genericamente un impegno. Se invece vogliamo inserire la previsione nella legge, cosa più forte, dobbiamo indicare anche chi lo fa. Ritengo pertanto che debba essere confermata la formulazione che ho proposto.
PRESIDENTE. Onorevole Paoletti Tangheroni, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Sì, signor Presidente, dato che ho presentato un ordine del giorno che precisa le predette richieste.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere il mio consenso all'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27 proprio per la validità ed il pregio delle tematiche che introduce ai fini della ripresa economica, occupazionale ed anche psicologica di quelle aree. Dichiaro quindi di voler aggiungere la mia firma all'emendamento stesso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 545
Votanti 544
Astenuti 1
Maggioranza 273
Hanno votato sì 540
Hanno votato no 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 555
Votanti 554
Astenuti 1
Maggioranza 278
Hanno votato sì 552
Hanno votato no 2).